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Cousteau, «Noi dimentichiamo che il ciclo dell’acqua e il ciclo della vita sono una cosa sola»

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Academic year: 2021

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Introduzione

L’attività industriale, i cui scarichi contengono una gran quantità di sostanze nocive per la salute umana e per l’ambiente, costituisce certamente una delle principali cause dell’inquinamento idrico. L’acqua è un bene comune fondamentale, una risorsa indispensabile, ma anche un patrimonio ereditario del pianeta da tutelare. Come osservato dal famoso scienziato ed esploratore francese J. Cousteau, «Noi dimentichiamo che il ciclo dell’acqua e il ciclo della vita sono una cosa sola».

La sensibilità per le questioni connesse alla disponibilità e alla tutela delle risorse idriche è particolarmente avvertita a livello mondiale, soprattutto a partire dalla prima Conferenza ONU sull’acqua che si svolge nel 1977 a Mar de la Plata (Argentina), dove si afferma il principio per cui «tutti hanno diritto di accedere all’acqua potabile in quantità e qualità corrispondenti ai propri bisogni fondamentali».

Numerose, poi, sono le Convenzioni internazionali che hanno ad oggetto la tutela delle acque, fra le quali spicca la Convenzione di Helsinki del 1992, sulla protezione e l’uso dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali.

Peraltro, la tutela delle risorse idriche costituisce uno dei primi settori di intervento in materia di tutela ambientale da parte della Comunità europea, che comincia ad occuparsi dell’acqua come bene da gestire e salvaguardare già all’inizio degli anni ’70. Infatti, il sistema legislativo nazionale sulla tutela qualitativa delle acque deriva anche dal recepimento di numerose direttive comunitarie, ad esempio in materia di sostanze pericolose, produzione di acqua potabile, balneazione, vita dei pesci, molluschicoltura, ecc.

Spostando l’attenzione a livello nazionale, si nota che per molto tempo le norme sull’inquinamento idrico risultano disseminate nelle

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varie leggi in materia di igiene e sanità, acque e impianti elettrici, bonifiche, miniere e pesca.

Solo con la legge 10 maggio 1976, n. 319 (c.d. legge Merli) si ha il primo tentativo di dare organicità alla materia, con la fissazione di alcuni importanti criteri, che saranno in gran parte confermati dalla normativa successiva. In particolare, la legge introduce l’obbligo di preventiva autorizzazione agli scarichi e la necessità di rispettare, da parte degli scarichi produttivi, limiti di accettabilità predeterminati.

Ma è con il d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (c.d. Testo Unico delle acque) che il legislatore adotta un approccio completamente nuovo, derivante dal recepimento di numerose direttive comunitarie. Il decreto, infatti, contiene una prima disciplina unitaria, volta a regolare in modo organico non un singolo settore, ma l’intero ciclo delle acque.

In particolare, introduce per la prima volta la definizione di scarico e il criterio del collegamento dei limiti di emissione degli scarichi agli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

L’approccio integrato alla tutela delle acque viene poi consacrato dalla Direttiva 2000/60/CE (c.d. «Direttiva quadro» in materia di acque), nella quale le risorse idriche sono considerate unitariamente e la relativa tutela è organizzata attraverso misure che integrano gli aspetti qualitativi e quantitativi, al fine di assicurarne un uso sostenibile, equilibrato ed equo.

La disciplina sull’inquinamento idrico è attualmente contenuta nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’ambiente), che recepisce la «Direttiva Acque» e conferma sostanzialmente l’impostazione della legislazione previgente, riprendendo la struttura e la disciplina dell’abrogato T.U. del 1999.

Con il presente lavoro si intende ricostruire la disciplina riguardante gli scarichi di acque reflue industriali, essendo il quadro normativo sulla tutela qualitativa delle acque ancora oggi abbastanza frammentario.

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In particolare, dopo l’illustrazione delle principali tappe della normativa in materia, si descrive il percorso evolutivo della nozione di

«scarico» e si delineano le diverse tipologie di acque reflue, con particolare riguardo alla definizione di «acque reflue industriali» e alla questione, molto dibattuta, dell’assimilabilità delle acque meteoriche di dilavamento ai reflui industriali.

In seguito, si individuano le varie norme sugli scarichi in relazione al corpo ricettore, sui divieti di scarico, nonché sugli scarichi contenenti sostanze pericolose.

Si ricostruisce, poi, la disciplina delle autorizzazioni, in relazione agli obiettivi di qualità dei corpi idrici e al loro collegamento con i valori-limite di emissione.

Si conclude, infine, con la descrizione dell’attività di controllo e del relativo regime sanzionatorio.

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