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LA PERSONA OFFESA DAL REATO : CENNI STORICI E PROSPETTIVE SOVRANAZIONALI

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Indice INTRODUZIONE

CAPITOLO I

LA PERSONA OFFESA DAL REATO : CENNI STORICI E PROSPETTIVE SOVRANAZIONALI

1. Evoluzione storica del ruolo della persona offesa dal reato all’interno del processo : a) brevi cenni dal diritto penale romano alla fine del XVIII secolo

1.2 (segue) b) La persona offesa nel codice unitario e nel codice del 1913 : la citazione diretta

1.3(segue) c) Il ruolo dell’offeso nel codice Rocco e nella successiva riforma processuale del 1988

2. Estensione soggettiva del concetto di persona offesa dal reato : i prossimi congiunti della persona deceduta in conseguenza del reato e gli enti esponenziali di interessi lesi dal reato

2.1 Estensione in senso oggettivo dei poteri della persona offesa dal reato

3.Individuazione della definizione di “persona offesa” e considerazione come parte mancante del processo

4. Il rapporto tra la persona offesa e la parte civile

5. La persona offesa dal reato nell’ottica sovranazionale a) segnali provenienti da particolari raccomandazioni del Consiglio d’Europa e dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

5.1 (segue) L’Unione Europea e la tutela della persona offesa : la decisione quadro 2001/220/GAI e la direttiva 2012/29/UE

CAPITOLO II

IL RUOLO DELLA PERSONA OFFESA NELLA FASE DELLE

INDAGINI PRELIMINARI

(2)

PARTE I : Le attività di impulso e di controllo sull’esercizio dell’azione penale e sull’operato del pubblico ministero

1. Il controllo della persona offesa dal reato sui tempi delle indagini 2.La persona offesa e l’archiviazione : prerogative funzionali e prodromiche all’opposizione

2.1 L’atto di opposizione e le varie problematiche relative alla sua ammissibilità

2.2 L’archiviazione per essere rimasti ignoti gli autori del reato e i possibili margini di intervento dell’offeso

3. L’avocazione delle indagini preliminari e la persona offesa

4. Il controllo della persona offesa sulla sede delle indagini: art. 54 quater

5. Misure cautelari ad hoc che tutelano la persona offesa : artt. 282 bis e 282 ter

PARTE II: La persona offesa nell’attività di indagine e accertamento probatorio

1. Diritti e facoltà della persona offesa dal reato : la nomina del difensore ai sensi dell’art 101 c.p.p.

1.2 La presentazione di memorie 1.3 Indicazione di elementi di prova

2. La conoscenza del procedimento da parte della persona offesa:

l’informazione di garanzia, l’accesso al registro delle notizie di reato e l’avviso di conclusione delle indagini preliminari

3. Il ruolo della persona offesa nelle indagini difensive

4. L’offeso e gli accertamenti tecnici non ripetibili

5. L’incidente probatorio ordinario ed “extra ordinem”

(3)

CAPITOLO III

IL RUOLO DELL’OFFESO NELLA FASE DELLE INDAGINI PRELIMINARI DAVANTI AL GIUDICE DI PACE

1. Premesse sul ruolo della persona offesa dal reato nella giurisdizione penale di pace

2. La proroga delle indagini e l’estromissione dell’offeso dal reato 3. La posizione particolare dell’offeso nell’opposizione alla richiesta di archiviazione

4. Il ricorso immediato dell’offeso: contenuto e rapporto con la querela

4.1 (segue) I controlli sul ricorso immediato da parte del pubblico ministero e del giudice

5. I poteri interlocutori della persona offesa: art 34 e 35 del decreto legislativo n.274 del 2000

BIBLIOGRAFIA

GIURISPRUDENZA

RINGRAZIAMENTI

(4)

4 Introduzione

La presente trattazione si occuperà delle problematiche relative alla persona offesa dal reato nel procedimento penale concentrandosi specificatamente nella fase delle indagini preliminari.

Recentemente si è sviluppata una sempre maggiore attenzione rispetto a colui che subisce il reato sia a livello dell’ordinamento interno sia a livello di comunità internazionale; nonostante questa tendenza dell’ultimo decennio, la carenza normativa e la mancanza di tutela adeguata intorno alla persona offesa non hanno ancora trovato rimedio in maniera completa all’interno della nostra legislazione.

Per questo motivo ho voluto concentrare la mia indagine in una prospettiva “luci e ombre” intorno all’offeso dal reato in quanto, anche se esistono spiragli di maggiore tutela e coinvolgimento, rimangono sempre nel nostro ordinamento delle zone buie alle quali deve essere trovata soluzione.

L’opera è divisa in tre capitoli. Il primo si occupa di un excursus storico che riguarda il ruolo della persona offesa dal reato nel procedimento ed è funzionale alla comprensione della posizione della vittima all’interno della normativa vigente.

Dopo brevi cenni alla posizione centrale dell’offeso nel diritto penale romano e nel periodo medioevale mi sono concentrata maggiormente sul ruolo della parte lesa dal reato all’interno del codice del 1865 e del codice del 1913 in riferimento alla facoltà di effettuare la citazione diretta a giudizio.

Successivamente ho voluto sottolineare l’evoluzione del concetto di

persona offesa dal reato tra il codice del 1930 e la riforma processuale

del 1988 che ne ha ampliato il significato sia in senso soggettivo, si fa

riferimento in questo senso ai prossimi congiunti in conseguenza di

reato e agli enti esponenziali di interessi lesi dal reato, sia in senso

oggettivo riguardo l’ampliamento delle sue facoltà e i suoi diritti nel

corso del procedimento.

(5)

5

Dopo aver specificato il valore definitorio di “persona offesa dal reato”

e i vari concetti correlati, ho concentrato l’attenzione sul rapporto particolare che si instaura tra l’offeso dal reato e la parte civile, sottolineando come questa tipologia di relazione si rappresenta all’interno del processo penale.

In chiusura del primo capitolo ho voluto dare uno sguardo a livello interazionale, individuando il ruolo della vittima sia rispetto all’atteggiamento del Consiglio d’Europa, sia rispetto all’Unione europea facendo riferimento in questo senso ai due provvedimenti che maggiormente esplicano la loro rilevanza in tema di tutela della vittima del reato: la decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001 relativa alla posizione della vittima all’interno del procedimento penale e la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 Ottobre 2012/29/UE.

Il secondo capitolo si concentrerà maggiormente sulla fase delle indagini preliminari, che è lo spazio in cui i poteri dell’offeso sono più intensi anche se ancora inadeguati. Ho deciso di affrontare questo tema percorrendo una doppia prospettiva: da una parte il ruolo della persona offesa rispetto all’attività di impulso all’iniziativa penale e all’attività di controllo sull’operato del pubblico ministero; dall’altra la posizione dell’offeso e le sue facoltà all’interno dell’attività di indagine e dell’accertamento probatorio.

Sotto il primo profilo si può notare come la persona offesa dal reato

non ha la possibilità diretta di introdurre il procedimento ma può

quantomeno agire nell’entroterra dell’azione penale; essa infatti ha un

potere di controllo sui tempi e i termini delle indagini e sull’attività o

inattività del pubblico ministero attraverso i meccanismi di controllo

sulla richiesta di proroga delle indagini, sulla richiesta di archiviazione

da parte dell’organo di accusa e attraverso la possibilità di far valere

l’avocazione delle indagini preliminari in caso di inerzia del pubblico

ministero.

(6)

6

Da questo punto di vista è importante fare una riflessione in quanto, soprattutto l’istituto dell’opposizione alla richiesta di archiviazione che in ogni caso costituisce un presidio della persona offesa nella fase delle indagini preliminari, alla luce della configurazione vigente non offre ancora un’adeguata tutela alle ragioni dell’offeso in quanto esistono tutt’oggi molte lacune superate solo in parte dall’interpretazione estensiva della giurisprudenza.

Rispetto al ruolo attivo della persona offesa in questa fase ho ritenuto importante fare un riferimento all’art. 54 quater c.p.p. che attribuisce alla parte lesa la possibilità di incidere sulla legittimazione del pubblico ministero in merito alla sede delle indagini.

La seconda parte del capitolo si occupa fondamentalmente del ruolo dell’offeso nell’attività di indagine e di sollecitazione probatoria.

In questa direzione ho focalizzato l’attenzione sui diritti e facoltà di parte generale e speciale attribuiti alla parte lesa ai sensi dell’art. 90 c.p.p. soprattutto in riferimento alla nomina del difensore (art. 101 c.p.p.) , alla presentazione di memorie e indicazione di elementi di prova. In base a quest’ultimo elemento si sottolinea sempre più la differenziazione tra la persona offesa e le altre parti processuali, in quanto la prima non ha un vero e proprio diritto alla prova ma ha solo un potere di indicazione di elementi di prova e ciò rappresenta la visione anacronistica che esiste ancora nel nostro ordinamento riguardo l’offeso dal reato ( “parte mancante” nel processo).

Successivamente ho ritenuto rilevante riservare uno spazio a quelli che

sono i diritti informativi della parte lesa nella fase delle indagini

preliminari, mantenendo sempre uno sguardo generale ai segnali

internazionali della decisione quadro 2001/220/GAI e della direttiva

2012/29/UE incoraggianti in questo senso. Ho quindi affrontato i tre

tasselli che specificano il diritto di informazione dell’offeso in questa

fase: l’informazione di garanzia (art. 369 c.p.p.), la legittimazione

all’accesso al registro delle notizie di reato ( art. 335 c.p.p.) e l’avviso

(7)

7

della conclusione delle indagini preliminari in particolari casi ( art. 415 bis c.p.p.).

Successivamente ho affrontato il tema delle indagini difensive in favore della persona offesa; a seguito della riforma della l.7 dicembre 2000, n.397, attraverso l’inserimento del titolo VI bis nel libro V del c.p.p. si assistite ad un aumento dei poteri investigativi dei difensori e automaticamente anche del difensore della persona offesa.

Al termine del capitolo la mia indagine si è concentrata sul ruolo attivo dell’offeso dal reato rispetto all’accertamento probatorio. Egli non ha un vero e proprio diritto alla prova ma ha la facoltà di partecipare all’assunzione di accertamenti tecnici irripetibili e, in via indiretta, di sollecitare l’introduzione dell’incidente probatorio.

L’ultimo capitolo della mia indagine sarà dedicato al ruolo dell’offeso dal reato nel procedimento davanti al giudice di pace nella fase delle indagini preliminari; in questa particolare giurisdizione si assiste ad una rivalutazione della persona offesa e ad una sua considerazione di maggiore rilevanza all’interno del processo.

Anche in questo caso si può vedere come il suo ruolo è intrinseco di luci e ombre. E’ palese che all’interno del procedimento davanti al giudice di pace si assiste ad un’emancipazione dell’offeso dal ruolo marginale attribuitogli nel rito ordinario, soprattutto attraverso l’introduzione ai sensi dell’art. 21 del decreto legislativo n.274 2001 del ricorso immediato, con il quale si attribuisce la possibilità di dare un forte impulso al procedimento penale; ho cercato in questo senso di affrontare non solo il contenuto del ricorso e le modalità di presentazione ma anche le problematiche rispetto alla concezione del ricorso immediato come una sorta di “azione privata” dell’offeso.

Inoltre il potenziamento del ruolo della persona offesa dal reato si può

riscontrare anche nei poteri interlocutori ai fini dell’applicazione delle

disposizioni relative alla possibile definizione alternativa del

procedimento, regolati ai sensi dell’art. 34 d.lgs. n.274/2000

(8)

8

(“Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto”) e dell’art. 35 del d.lgs. n.274/2000 (“Estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie”).

Bisogna ammettere però che esistono anche delle zone d’ombra nella

fase delle indagini preliminare davanti al giudice di pace, in cui il ruolo

della parte lesa dal reato viene leggermente offuscato ; in questo senso

si può osservare come rispetto all’istituto della proroga delle indagini

(art. 16 d.lgs. n.274 2000) e rispetto all’istituto dell’archiviazione delle

indagini (art. 17 d.lgs. n. 274 2000) l’offeso ha un potere minore

rispetto a quello attribuitogli dalla procedura ordinaria.

(9)

9 CAPITOLO 1

PERSONA OFFESA DAL REATO : CENNI STORICI E PROSPETTIVE SOVRANAZIONALI

SOMMARIO: 1.L’evoluzione storica del ruolo della persona offesa dal reato all’interno del processo: a) brevi cenni dal diritto penale romano alla fine del XVIII secolo. – 1.2 (segue) b) La persona offesa nel codice unitario e nel codice del 1913: la citazione diretta. –1.3 (segue) c) Il ruolo dell’offeso nel codice Rocco e nella successiva riforma del 1988. – 2. Estensione soggettiva del concetto di persona offesa dal reato : i prossimi congiunti della persona deceduta in conseguenza di reato e gli enti esponenziali di interessi lesi dal reato. – 2.1 Estensione in senso oggettivo dei poteri della persona offesa dal reato. – 3. Individuazione della definizione di persona offesa e considerazioni come parte mancante del processo. – 4. Il rapporto tra la persona offesa e la parte civile. – 5. La persona offesa nell’ottica sovranazionale a) segnali provenienti da particolari raccomandazioni del Consiglio d’Europa e dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. – 5.1 (segue) b) L’Unione Europea e la tutela della persona offesa: la decisione quadro 2001/220/GAI e la direttiva 2012/29/UE

1.L’evoluzione storica del ruolo della persona offesa dal reato all’interno del processo : a) brevi cenni dal diritto penale romano alla fine del XVIII

Per comprendere lo sviluppo del ruolo della persona offesa nel nostro ordinamento è fondamentale instaurare un collegamento tra questo soggetto e il contesto storico e socio-economico in cui sono maturate le scelte di fondo per il suo inquadramento nel sistema penale.

La partecipazione dell’offeso al processo penale si basa principalmente

su due elementi : le finalità attribuite al procedimento penale e i diversi

modi di intendere l’azione penale.

(10)

10

In definitiva, il suo ruolo dipende dalle diverse concezioni del processo a loro volta correlate ai diversi modi di vedere lo stato e la sua funzione nell’amministrazione della giustizia

1

.

Se diamo uno sguardo d’ insieme, l’emarginazione del ruolo della vittima rappresenta il fattore essenziale della trasformazione pubblicistica del processo penale e della stessa nascita della giustizia sociale.

A livello storico infatti si passa da un sistema basato sulla vendetta privata ad un modello incentrato sulla pena pubblica in cui il principale esponente di reazione al crimine è lo Stato .

Seguendo tale evoluzione, in origine la vicenda penale era una questione che apparteneva ai privati i quali dovevano soddisfare le loro esigenze personali; per questo l’offeso dal reato era considerato come una vittima titolare di un diritto alla vendetta in cui si fondeva sia l’interesse privato sia l’interesse pubblico di una giustizia sociale.

Esistevano casi in cui lo Stato interveniva nella repressione del crimine ma esso aveva sempre la veste di vendicatore in sostituzione del privato, non esistevano infatti, in origine , forme di collaborazione processuale tra il soggetto individuale e lo Stato.

Nel periodo romano l’intervento all’interno del processo dell’offeso dal reato era considerato indispensabile, egli era portatore di uno specifico interesse alla persecuzione penale di un fatto illecito e per questo aveva un ruolo molto attivo nella dinamica del processo.

Nel periodo regio romano il processo penale era strettamente legato alla religione, che predominava su ogni altro aspetto e rendeva difficile la distinzione tra delitti pubblici e delitti privati.

Il reato era difatti considerato un’offesa alla divinità e la sua riparazione doveva avvenire principalmente per evitare l’ira degli dei contro la comunità.

1

F.M.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini

preliminari, Pubblicazione della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di

Camerino, Editoriale Scientifica , Napoli, 2012, p.145.

(11)

11

Si procedeva in diversi modi : si dichiarava direttamente il colpevole sacro alla divinità o, nel caso in cui il delitto era lesivo di un singolo , continuava ad essere ammessa la reazione del soggetto come vendetta personale , sempre a titolo di espressione privata della religione

2

. In questo modo era difficile anche delineare la figura della persona offesa dal reato poiché poteva essere il singolo o l’intera comunità , ma era comunque e sempre la divinità la vera parte lesa di qualsiasi delitto.

Nel periodo repubblicano il processo ha acquisito lentamente un carattere pubblico , soprattutto attraverso l’affidamento delle funzioni giudicanti ad un organo terzo : commissioni o giurie permanenti per singoli delitti, attraverso l’instaurazione delle questiones perpetuae.

3

Intorno alla persona offesa si intrecciava sia l’aspetto pubblico che l’aspetto privato poiché da una parte l’offeso era sempre e comunque la comunità aldilà dell’interesse particolare del singolo, dall’altra l’accusa però restava sostanzialmente privata .

Essa poteva essere assunta dalla persona offesa all’interno dei giudizi privati oppure dal quisquis de populo , anche se non corrispondeva all’offeso dal reato, quando fosse coinvolto un interesse dello Stato.

4

Nel dibattimento la parte che aveva assunto l’offesa poteva essere assistita da un patrono e poteva anche rifiutare i membri della giuria , per queste caratteristiche il modello romando del periodo repubblicano fu ripreso dai giuristi riformatori del ‘700.

5

Con il periodo del principato esistono due modelli processuali di iniziativa penale : il sistema ordinario e il modello della cognitio extra ordinem dei funzionari pubblici.

2

G.PUGLIESE, Diritto penale romano ,in Il diritto romano di V.ARANGIO-RUIZ – A.GUARINO – G.PUGLIESE, Jouvence , Roma, 1980, pp. 253-256.

3

Sono commissioni di inchiesta di alcuni processi penali tipiche del periodo repubblicano romano; esse riguardano solo determinati crimini e si caratterizzano per il loro carattere accusatorio.

4

G.PUGLIESE, Processo privato e processo pubblico, in Rivista diritto processuale, 1948, pp. 64,66,72.

5

G.ILLUMINATI, Il sistema accusatorio in Italia, in Studi in onore di M.Pisani,,

vol. I, Diritto processuale penale, a cura di P.M.CORSO e F.PERONI, La Tribuna,

2010, p.430

(12)

12

Nel modello di accusa ordinario la persona offesa dal reato aveva un ruolo fondamentale, infatti il sistema si basava sull’azione promotrice della persona lesa per ristabilire la giustizia sociale.

Il modello della cognitio extra ordinem invece si caratterizzava per il fatto che l’accusa veniva introdotta sempre da un comune cittadino ma doveva essere sostenuta da un provvedimento di un magistrato il quale aveva il compito di riconoscere se l’accusa fosse stata corretta o meno, suffragandola successivamente con delle proprie indagini.

Nel periodo romano quindi il rapporto che si instaura tra il pubblico e il privato è molto particolare: ad esempio il delitto di stupro voleva la punizione pubblica e non una punizione diretta dell’offeso, mentre l’ingiuria prevedeva l’azione privata esclusivamente della persona offesa e la condanna era una pena pecuniaria che veniva riscossa in tutto dall’accusatore privato

6

.

Nel periodo del dominato si rafforza la possibilità di agire d’ufficio nel caso di inerzia dell’accusatore, anche se il processo penale ha come perno essenziale l’iniziativa e l’impulso attribuito all’offeso.

L’evoluzione storica del ruolo dell’offeso dal reato fa sì che la repressione del crimine diventi una vera e propria questione di Stato , essa è infatti rivolta a finalità che vanno aldilà l’interesse del soggetto o del suo gruppo.

La persona offesa è protetta attraverso la tutela di questo interesse pubblico .

Dopo la caduta dell’impero romano si assiste ad un mutamento del sistema economico-sociale e ciò ha delle ripercussioni anche nella regolamentazione del processo penale.

E’ importante , prima di affrontare l’evoluzione del ruolo della persona offesa nel periodo storico successivo, delineare i tratti essenziali di quelli che sono i due sistemi processuali che hanno caratterizzato il

6

F.M.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato durante le indagini preliminari,

cit., p.150.

(13)

13

nostro procedimento penale e che incidono anche sul ruolo della vittima del reato : il sistema accusatorio e il sistema inquisitorio.

Il primo corrisponde all’idea di un triangolo che vede al vertice il giudice e ai due lati l’accusa e la difesa in una situazione paritaria di diritti e facoltà , il processo è pubblico dall’inizio , si svolge davanti al giudice ,arbitro terzo e imparziale, le prove sono fornite dall’accusa (in origine privata, poi organo pubblico, poi pubblico ministero) e l’accusato, oltre a godere della presunzione di innocenza , ha diritto a sindacare le prove.

Il sistema inquisitorio si caratterizza per la mancanza di pubblicità e oralità , il processo è scritto e segreto e la figura del giudice è dominante, assorbendo le due funzioni dell’inquisizione e del giudizio;

di fronte al giudice-accusatore non è concepibile una parità tra accusa e difesa , né è realizzabile una parità di contraddittorio tra le parti.

Storicamente il sistema inquisitorio sorse per l’esigenza che i colpevoli non sfuggissero alla punizione in mancanza della privata accusa, quindi la procedibilità d’ufficio valse a sopperire l’inerzia della persona offesa.

Aldilà di questa importante distinzione, proseguendo nell’excursus storico, dopo la caduta dell’impero romano si assiste all’affermarsi della civiltà giuridica medioevale , dai caratteri decisamente diversi da quelli dell’ultima Romanità ; essa è caratterizzata prevalentemente da due elementi : la legislazione comunale e il diritto canonico, che si pongono diversamente verso il ruolo dell’offeso dal reato.

La chiesa, attraverso il diritto canonico, ha il ruolo essenziale di

combattere le eresie, per questo gli inquisitori hanno poteri molto

pregnanti e il processo nella maggior parte dei casi viene introdotto su

istanza del giudice e non per volontà dell’accusatore privato , che

raramente si trovava. La chiesa doveva tutelare la salvezza delle

anime, per questo la ricerca della verità assoluta non poteva essere

effettuata tramite accusa privata ma era la pubblica autorità la vera

(14)

14

protagonista dell’accertamento del delitto e dell’individuazione della punizione

7

.

Niente poteva essere contrapposto alla volontà dell’inquisitore , che aveva uno strumento fondamentale per svolgere la sua attività processuale : l’interrogatorio.

In questo modello inquisitorio la vittima viene privata di ogni ruolo significativo poiché le due parti principali del processo erano l’inquisitore e il delinquente.

Rispetto agli strumenti comunali essi lasciano sopravvivere l’accusa privata , sia come querela di parte sia come azione popolare , accanto alla possibilità di agire d’ufficio in caso di inerzia del privato

8

.

Un ruolo importante nella definizione della persona offesa viene attribuita alla procedura penale francese del XVI-XVII secolo e molte ripercussioni di questo modello si sono riscontrate anche nel nostro ordinamento.

Il processo era organizzato in modo particolare: l’azione poteva essere esercitata sia in seguito alla denuncia di un qualsiasi cittadino che avesse conoscenza di un reato , sia in seguito alla querela della persona offesa per denunciare un torto personale ; il giudice non era obbligato a dar seguito a tale iniziativa privata e in quel caso il querelante o il denunciante potevano sottoporre il caso direttamente alla jury d’accusation.

Dopo una serie di riforme

9

, si arrivò alla compilazione del code d’instruction criminelle del 1808 che introduceva un sistema misto che si componeva di caratteri inquisitori e accusatori nello sforzo di conciliare le esigenze di repressione del reato, con quelle di tutela della libertà dell’accusato ; la fase istruttoria si caratterizzava principalmente

7

G.ILLUMINATI , Il sistema accusatorio in Italia, cit., , p.431.

8

F.M.GRIFANTINI ,La persona offesa dal reato nelle indagini preliminari, cit., p.152.

9

Si fa riferimento al code dé delits e de peines del 3 brumaio anno quarto (25 ottobre

1975) e alla riforma 27 gennaio 1801.

(15)

15

per elementi del modello inquisitorio mentre quella dibattimentale per elementi accusatori.

Nel codice francese del 1808 il potere di introdurre il processo penale viene attribuito al pubblico ministero ; all’offeso dal reato invece è lasciata la possibilità di esercitare l’azione penale sostanzialmente per evitare l’inerzia dei funzionari.

E’ importante inoltre sottolineare la distinzione tra l’offeso, che si limitava a segnalare il fatto lesivo e rimaneva al difuori del processo e la parte civile che invece faceva parte integrante del processo e doveva fornire le prove

10

.

1.2 (segue) b) La persona offesa nel codice unitario e nel codice del 1913: la citazione diretta

Per comprendere l’evoluzione storica del concetto e del ruolo della persona offesa nel nostro ordinamento è illuminante soffermarsi sul codice di procedura penale dell’Italia unita del 1865, che ricalca il modello del codice napoleonico.

Questo codice si caratterizza per l’ufficialità come carattere fondamentale dell’azione penale, secondo l’art. 2 infatti l’azione risulta “essenzialmente pubblica” ed “esercitata d’ufficio in tutti i casi nei quali l’istanza di parte danneggiata e offesa non (fosse) necessaria a promuoverla “ (art. 2 comma 1 e 3 c.p.p. 1865).

Quindi il diritto a promuovere la repressione dei reati era attribuito al magistrato d’accusa e al pretore nei casi di sua competenza .

Rimaneva solo uno spazio residuale per l’iniziativa privata , la parte lesa infatti, seppur solo per i reati perseguibili a querela e quindi in deroga all’ufficialità dell’iniziativa penale, poteva provvedere a citare l’imputato direttamente in giudizio (artt. 331 e 371 c.p.p. del 1865) secondo una formula estrapolata dal “Code di instruction criminelle “ francese al quale il codice del 1865 si era ispirato.

10

F.M.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini

preliminari ,cit., pp. 156-157.

(16)

16

Per effettuare la vocatio in iure del presunto autore del reato occorreva che non fosse compiuto nessun atto di istruzione del giudice (o del pretore) e che non si fosse ancora proceduto all’arresto dell’imputato ed il relativo rapporto alla camera di consiglio (art. 371 comma 3 c.p.p. 1865)

11

.

L’atto introduttivo della persona offesa doveva contenere:

l’esposizione dei fatti addebitati all’imputato e l’indicazione delle prove a sostegno

12

.

E’ importante in questo senso sottolineare la distinzione tra “reati di azione pubblica “, più specificatamente lesivi dell’interesse pubblico e

“reati ad azione privata” che sono quelli commessi a danno delle persone e delle proprietà ; in questo ultimo caso la citazione avveniva su richiesta dell’offeso, o anche del pubblico ministero sempre su istanza del privato.

In presenza di una richiesta ammissibile l’organo giudicante doveva emettere il decreto con il quale si citava in giudizio la persona indicata come responsabile dei fatti ad essa attribuiti nell’atto della parte lesa.

13

L’atto del giudicante era ritenuto viziato ove non avesse individuato in modo chiaro la persona imputata, la parte istante, il giorno, l’ora in cui il citato era chiamato a comparire, l’enunciazione sommaria del fatto ascritto e l’indicazione degli artcoli di legge da applicare.

14

Nell’istanza presentata la persona offesa si doveva costituire come parte civile

15

, quindi da ciò si comprende come nel giudizio che

11

C.PANSINI, Contributo dell’offeso e snodi procedimentali ,Cedam, Pavia, 2004 pp.4-6.

12

Ivi, p.5.

13

F.SALUTO, Commenti al codice di procedura penale per il regno d’Italia,III ed., vol IV, F.lli Bocca, Torino, 1882, p.15.

14

M.CAIANIELLO, Poteri dei privati nell’esercizio dell’azione penale,Giappichelli, Torino,2003, p. 126” Tutte queste ipotesi di nullità erano sanate dalla comparizione dell’imputato in giudizio, salva l’individuazione della res giudicanda”.

15

M.CAIANIELLO, Poteri dei privati nell’esercizio dell’azione penale, cit., p.126

“La necessità di costituirsi parte civile veniva ricalcata nel combinato tra le

disposizioni 372 comma 2 c.p.p. e 110 ultimo comma c.p.p.: quest’ultimo riguardava

le condizioni e i modi imposti al danneggiato dal reato per costituirsi parte nel

giudizio; l’art. 372 2 comma c.p.p. 1865 concerneva invece la citazione diretta

davanti ai tribunali correzionali”.

(17)

17

sarebbe derivato la vittima non avrebbe ricoperto il ruolo di accusa privata quanto quello di parte lesa nei suoi interessi civili.

Successivamente cambia lo scenario economico-sociale Italiano e si va ad introdurre il codice del 1913 che rispecchia un’autentica svolta liberale della normativa processualpenalista , da un lato alleggerita dall’esperienza francese e dall’altro più attenta sul lato tecnico ai sistemi informativi di fine ottocento.

16

Questo codice ribadiva la pubblicità dell’azione penale che veniva affidata ad un organo dello stato (art. 1 c.p.p. 1913) e la sua tendenziale ufficialità .

Il codice Finocchiaro-Aprile si collega a quel filone che attribuiva al diritto penale “fini pratici di tutela della collettività sociale”. Il legislatore nutriva una grande diffidenza verso l’offeso e verso i suoi specifici interessi di vendetta.

Di fatti l’esercizio dell’azione penale viene attribuito al pubblico ministero (art. 1 c.p.p. 1913) e , nei reati di sua competenza, al pretore (art. 176 c.p.p. 1913).

Per quanto riguarda la parte lesa, rispetto al codice passato, si restringevano i suoi poteri e quelli della parte civile : si ammetteva infatti la citazione solo ed esclusivamente per reati di ingiuria e diffamazione (ivi compresi quelli commessi a mezzo di stampa), cioè reati per i quali la privatizzazione del conflitto faceva scemare l’interesse dello stato alla repressione del crimine.

La persona offesa poteva presentare al presidente del tribunale o al pretore un’istanza per la citazione dell’imputato, con particolari requisiti , la quale non era soggetta a nessuna ingerenza del pubblico ministero ed era sottratta alla verifica preliminare del giudice.

Dall’altra parte però il codice del 1913 prevede l’obbligo del pubblico

16

M.CHIAVARIO, Appunti sul processo penale, Giappichelli, Torino, 2000, p.25 s.

(18)

18

ministero , quando non intendesse procedere , di richiedere decisione al giudice istruttore (art. 179 c.p.p. 1913)

17

.

Quindi la materia penale rimaneva sostanzialmente pubblica , tranne casi tassativamente previsti che venivano lasciati nelle mani del privato.

È importante da questo punto di vista sottolineare l’alternatività tra citazione in giudizio , che presentata dalla persona offesa produceva gli stessi effetti della condizione di procedibilità (art. 354 c.p.p. 1913) e la querela per la quale era escluso che l’offeso potesse adire direttamente al giudice tramite azione privata (art. 357 c.p.p. 1913).

18

Per la dottrina l’effetto preclusivo che si è introdotto con il deposito della querela doveva ritenersi operante anche verso le altre persone offese che non avevano usato quello strumento ; quindi anche queste ultime non avrebbero avuto la possibilità di richiedere la citazione diretta per l’imputato; invece in caso di presentazione da parte di alcuni dell’istanza di citazione, e successivamente , da parte di altri della querela, il giudice poteva decidere discrezionalmente se riunire i diversi procedimenti , facendo regredire quello avviato attraverso l’atto ex art. 354 c.p.p. 1913, ovvero lasciarli separati per non incidere sulla celerità impressa al primo procedimento attraverso la citazione di parte.

Inoltre era eliminato l’obbligo per la persona offesa, anche se danneggiata a costituirsi parte civile fin dall’inizio , infatti solo colui che voleva intervenire in tale veste doveva farlo nella dichiarazione dell’istanza volta ad ottenere la vocatio in iure (art. 356 comma 2 1913).

Il contenuto essenziale della citazione diretta dell’offeso era costituito dall’enunciazione del fatto, dall’indicazione degli articoli di legge di

17

C.PANSINI, Contributo dell’offeso e snodi procedimentali, cit., pp.10-11.

18

Sull’effetto preclusivo operato dalla presentazione della querela sull’azione

privata, R.DE NOTARISTEFANI, in L.MORTARA –A.STOPPATO-G.VACCA-

A.SETTI-R. DE NOTARISTEFANI- S.LONGHI (a cura di), Commento al codice

procedura penale, vol. III , Torino, 1923, p.106 s.

(19)

19

cui si chiede l’attuazione, dalla proposta delle prove ed infine dalla dichiarazione o elezione di domicilio nel comune in cui deve svolgersi il dibattimento ; al giudice invece spettava solo ed esclusivamente un potere di completamento.

Questo codice del 1913 che , nella prospettiva della scuola positiva, avrebbe dovuto segnare un recupero di tutela della persona offesa , in definitiva le consentiva di conservare il suo ambito in un sistema basato sulla contrapposizione tra due tipologie di parti processuali:

coloro che erano titolari del potere di azione ( pubblico ministero e parte civile) e le parti passivamente legittimate ( imputato e responsabile civile )

19

.

1.3 (segue )c) Il ruolo dell’offeso nel codice Rocco e nella successiva riforma del processo penale del 1988

E’ fondamentale operare una distinzione tra il ruolo dell’offeso nel codice del 1930 e quello da esso ricoperto nella riforma processuale del 1988.

Il codice del 1930 rispecchia i caratteri della forma di governo di tipo autoritario dell’ideologia fascista e afferma la marginale rilevanza attribuita alla persona offesa , ciò si verifica anche perché il processo viene considerato come uno strumento di tutela nelle mani dello Stato rispetto all’interesse pubblico violato da una condotta criminosa.

Il legislatore del 1930 si muoveva in una logica tendenzialmente inquisitoria e guardava alla funzione del giudice come un’attività quasi svincolata dalla collaborazione degli altri soggetti.

20

L’offeso dal reato assume una posizione ambigua all’interno del codice Rocco , è una sorta di “postulante senza diritti”

21

in quanto, se non si costituisce parte civile, oltre alla preposizione della querela, può solamente presentare memorie, indicare elementi di prova e proporre le

19

F.M.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini preliminari, cit, p.157.

20

L.BRESCIANI, Persona offesa dal reato, in Dig.pen, Utet,1995, p.527.

21

F.CORDERO, Procedura penale , Giuffrè, Milano, 2001, p.276.

(20)

20

indagini per l’accertamento della verità, ma nulla di più ( art 306 c.p.p.). E’ importante sottolineare che l’esercizio di tali facoltà non attribuisce alla persona offesa alcun diritto nel procedimento in quanto la sua funzione è quella di un mero collaboratore dell’inquirente per l’accertamento della verità.

Egli non dispone di alcun potere di controllo sulla magistrato del pubblico ministero o sul pretore in relazione all’esercizio dell’azione penale, né può sollecitare l’attività in caso di inerzia.

L’offeso dal reato ha quindi un ruolo ambiguo, viene considerato come una sorta di soggetto di prova , che collabora alla ricostruzione storica dei fatti , senza mai assumere la qualità di parte processuale.

In linea di principio gli elementi di prova forniti dalla persona offesa hanno la stessa dignità delle prove di provenienza diversa, però il ruolo marginale rispetto alle altre parti si può notare perché le istanze della persona offesa non obbligano comunque il giudice a pronunciarsi sul merito .

Da sottolineare è anche l’abbandono nella terminologia del codice di procedura penale del 1930 della locuzione “parte lesa” ( utilizzata dal codice precedente) , che mostra la volontà del legislatore di togliere alla persona offesa una qualsiasi possibilità di rafforzamento del suo ruolo

22

. Le singole previsioni del vecchio codice ritagliavano lo spazio per questa figura oscillando tra esaltazione del suo apporto conoscitivo per l’accertamento della verità e la salvaguardia del ruolo di protagonista nel contraddittorio solo attraverso la costituzione di parte civile.

22

Osservazioni di GIARDA , Persona offesa dal reato nel processo penale, Giuffrè ,

Milano, 1971, p.52 suggerisce , in una prospettiva de iure condendo, il ripristino

della locuzione “parte lesa” o “parte offesa”, perché, nonostante presentasse

l’indubbio difetto di avere un’assonanza con la figura di parte e di rilevarsi

inadeguata “ ad indicare un soggetto che si muove nel processo pur non disponendo

un potere in senso stretto” aveva la funzione di fare emergere “ la dimensione di

ipoteticità, con l’evocazione implicita di situazioni processuali , e per ciò solo, aventi

un connotato di problematicità”.

(21)

21

Quindi il riconoscimento processuale dei propri diritti poteva essere attribuito alla persona offesa solo ed esclusivamente assumendo la qualità di parte civile, nel caso in cui fosse stata danneggiata dal reato.

Rispetto alle iniziative private per l’instaurazione del processo , ogni spazio per l’offeso era precluso dalla legittimazione esclusiva attribuita al pubblico ministero oppure al pretore , quindi non c era spazio per gli istituti di citazione diretta di cui l’iniziativa veniva attribuita all’offeso , che furono abbandonati per il loro insuccesso.

23

La posizione “ibrida” della persona offesa dal reato non venne chiarita nemmeno con le successive novelle ; ad esempio con la legge del 18 luglio 1955 n. 517 , che aveva aggiunto l’art 304 bis c.p.p. in materia di autorizzazione alla persona offesa dal reato all’assistenza al compimento di determinati atti istruttori, anche se in realtà non attribuì alla vittima direttamente alcun potere in concreto.

24

Vennero introdotte altre modifiche anche con la legge n. 932/1969 con la quale si attribuì alla persona offesa il diritto di essere destinatario all’avviso del procedimento (art. 304 comma 1 c.p.p.). Esso era uno strumento volto a dare notizia a chi avesse interesse, in qualità di parte privata, dell’esistenza di un processo penale e quindi della possibilità di esercitare eventuali diritti.

Successivamente il legislatore si impegnò ad attuare una profonda rivisitazione del processo penale , anche a causa di una mutata situazione culturale , con la conseguenza che venne anche rivalutata la posizione della persona offesa dal reato.

Con il progetto preliminare del 1978 abbiamo infatti assistito ad un cambiamento di rotta ed ad una rivisitazione del rito penale individuando una novità fondamentale: l’attribuzione alla persona offesa dal reato della facoltà di presentare memorie ed elementi di

23

F.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini preliminari, cit., p.158.

24

E.APRILE, Il ruolo persona offesa nelle recenti riforme del processo penale, in

Cass. pen., fasc. 5, 2003, p.1772.

(22)

22

prova non solo durante le indagini preliminari , ma in ogni stato e grado del processo.

Con la riforma del 1988 si va ad attribuire un ruolo sistematico nel processo alla persona offesa e ciò deriva essenzialmente da due elementi . In primo luogo si assiste alla volontà di introdurre i caratteri essenziali del sistema accusatorio all’interno del quale l’accertamento della verità avviene attraverso la partecipazione al processo di tutti i soggetti portatori di interessi all’interno del procedimento, compresa quindi la vittima, evitando la polarizzazione dell’accusa nelle mani del magistrato requirente ; in secondo luogo è da sottolineare anche l’influenza della prospettiva sovranazionale che aveva assegnato un ruolo fondamentale alla tutela della persona offesa dal reato.

25

La tendenza ad attribuire un maggior rilievo alla presenza nel processo dell’offeso è stata ratificata in occasione della riforma organica dell’ordinamento processuale , che anche all’interno della legge delega (art. 2 “punto” 51, l. 16-2.1987, n.81) assegna alla persona offesa i poteri di impulso e controllo sull’esercizio dell’azione penale

Nel nuovo codice l’offeso diviene soggetto autonomo del procedimento a cui viene riservato un titolo apposito, titolo VI del libro I del codice di procedura penale.

Le norme introducono una disciplina molto articolata, che incide sull’efficacia dell’intervento dell’offeso dal reato , in ordine ai tempi , alle pretese da far valere, ai poteri di natura processuale, al contributo utile per il pubblico ministero in tutto l’arco del processo, persino negli stadi più avanzati del giudizio di cognizione, anche nelle funzioni di

“accusa sussidiaria” che gli sono attribuite .

26

Rispetto al codice del 1930 quindi la nozione di persona offesa ha subito un ampliamento sia in senso soggettivo, sia in senso oggettivo

25

V. Infra par. 5.

26

E.AMODIO, Persona offesa dal reato, in Commentario del nuovo codice di

procedura penale ,Giuffrè, Milano, 1989 , p. 543.

(23)

23

in considerazione delle sue facoltà e dei suoi poteri all’interno del processo.

Si inizia così ad individuare un meccanismo che vuole garantire l’esercizio dell’azione a tutela della persona offesa , anche quando questi non è portatore di un interesse strettamente privatistico.

27

2.Estensione dei poteri della persona offesa dal reato in senso soggettivo : i prossimi congiunti della persona deceduta in conseguenza del reato e gli enti esponenziali di interessi lesi dal reato.

L’estensione soggettiva del concetto di persona offesa viene effettuata riconoscendo lo stesso trattamento anche a soggetti non titolari del bene giuridico protetto dalla norma che si presume violata .

Questa fictio iuris viene operata sia verso i prossimi congiunti della persona deceduta in conseguenza del reato (art. 90 comma 3 c.p.p.) sia agli enti e associazioni senza scopo di lucro “ai quali anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede , sono state riconosciute in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato “(art. 91 c.p.p.) .

Rispetto al primo elemento , il legislatore del 1988, al fine di tutelare i prossimi congiunti della vittima deceduta in conseguenza di reato ha riconosciuto loro gli stessi diritti e facoltà spettanti alla persona offesa impossibilitata ad esercitarli.

Senza questa novità i prossimi congiunti sarebbero rimasti semplici danneggiati dal reato e avrebbero potuto solamente costituirsi parte civile per l’udienza preliminare o per il dibattimento senza poter esercitare alcun diritto e facoltà nel periodo delle indagini preliminari

28

. Essi , pur non essendo titolari dell’interesse leso dal

27

T.BENE, La persona offesa tra diritto di difesa e diritto alla giurisdizione : le nuove tendenze legislative ,in Archivio penale, maggio-agosto 2013, p.11.

28

S.TESSA, La persona offesa dal reato nel processo penale, Giappichelli, Torino,

1996, p.17.

(24)

24

reato , godono della possibilità di esercitare diritti e facoltà dell’offeso senza bisogno di un difensore munito di procura speciale.

29

Tale legittimazione nasce in presenza di determinati presupposti.

In primo luogo la scomparsa dell’offeso deve dipendere dal reato per cui si procede , come elemento costitutivo o circostanza aggravante;

inoltre è importante verificare l’identità dei “prossimi congiunti .“

Essi si individuano nelle persone indicate ai sensi dell’art. 307 comma 4 c.p. cioè: gli ascendenti, i discendenti , il coniuge, i fratelli , le sorelle , gli affini dello stesso grado , gli zii e i nipoti ; poichè l’art. 90 c.p.p.

non equipara il convivente more uxorio al prossimo congiunto, ciò significa che egli si potrà costituire solo come parte civile e quindi assumerà un ruolo solo nella fase dell’udienza preliminare e nel dibattimento, quando invece il legislatore avrebbe dovuto evitare che gli interessi del convivente, legato all’offeso da un vincolo che ha caratteri essenziali del rapporto matrimoniale, restino senza tutela nella fase delle indagini preliminari.

L’art. 90 comma 3 c.p.p. lascia aperta una questione: in caso di pluralità di prossimi congiunti , i poteri dell’offeso spettano a ciascun singolo che può esercitarli disgiuntamente oppure i diritti e le facoltà devono essere esercitati congiuntamente?

Davanti a questo problema si formano diversi orientamenti : una parte della dottrina ritiene che, per evitare un’eccessiva quantità di accuse private sussidiarie nel procedimento penale , i diritti e le facoltà dell’offeso devono essere attribuite ad uno solo offeso-prossimo congiunto designato dal nucleo familiare come esponente dell’interesse alla tutela della persona deceduta

30

; d’altro canto, un secondo orientamento non ritiene valida la tesi precedente in quanto l’art. 90 comma 3 c.p.p. attribuisce i diritti e le facoltà ai prossimi congiunti e non al nucleo familiare nel suo complesso, soprattutto perché

29

F.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini preliminari cit. , pp.112-115.

30

E. AMODIO , La persona offesa dal reato, cit., pp.549-550.

(25)

25

designare un rappresentante all’interno del nucleo familiare potrebbe diventare difficile, se non impossibile , nel caso esista un disaccordo tra i congiunti.

In base al fatto che il legislatore è rimasto in silenzio su questo aspetto,si afferma che i poteri spettanti all’offeso competano ad ogni prossimo congiunto in maniera concorrente e autonoma, nonostante questo soluzione porti alcuni problemi in riferimento allo squilibrio accusatorio a danno dell’imputato.

L’altro tipo di estensione soggettiva del concetto di persona offesa riguarda gli enti esponenziali di interessi lesi dal reato.

Si fa riferimento ad un’impostazione che si era sviluppata a partire dagli anni ’70 , si era infatti introdotta una crescente domanda di partecipazione al processo penale di questi enti e ciò ha provocato un’ampia discussione tra portatori di istanze favorevoli e contrarie.

A questo proposito è importante sottolineare la distinzione tra

“interessi diffusi” e “interessi collettivi”: i primi si caratterizzano per il fatto di essere situazioni giuridiche ascrivibili ad un numero indeterminato e non determinabile di soggetti , cioè interessi privi di uno specifico portatore di cui è titolare una generica pluralità di soggetti in rapporto a beni che non sono suscettibili di appropriazione individuale , si fa quindi riferimento a “uno stato psico-sociale di tensione fra un bisogno e un bene ripetuto tendenzialmente all’infinito sì da riguardare vaste masse per definizione indifferenziate di soggetti”

31

; si verifica quindi una redutio ad unum dell’interesse diffuso coagulandosi in un organismo tale da fargli assumere una dimensione soggettiva.

31

M.NIGRO, Le due facce dell’interesse diffuso ,in Foro it, 1987 ,V, p.8.

(26)

26

Gli “interessi collettivi” invece sono riferibili ad una pluralità di soggetti costituitosi in un gruppo organizzato al fine di perseguire scopi propri della categoria nella quale si riconoscono.

32

Il dibattito sul punto è fortemente caratterizzato da profili ideologici e ruota intorno alla necessità della tutela processuale penale di interessi

“superindividuali”.

Nel codice del 1930 questi interessi non riuscivano a trovare il loro spazio adeguato all’interno del processo, successivamente infatti alcune disposizioni di legge speciale avevano cercato di ricondurre la tutela di essi all’esercizio dell’azione civile e quindi alla costituzione di parte civile nel processo penale. Soprattutto nella giurisprudenza di merito, si era manifestata la tendenza a consentire la costituzione di parte civile come una sorta di azione penale collettiva , introducendo in questo modo una forzatura nel sistema.

Per effettuare il collegamento tra questi soggetti portatori di interessi superindividuali e la parte civile si è introdotto un duplice passaggio.

Come prima tappa c’è il superamento del tradizionale presupposto del

“danno diretto ed immediato”, ritenendosi invece condizione necessaria e sufficiente per integrare l’ipotesi di “danno cagionato dal reato” la semplice sussistenza di un nesso di consequenzialità tra il reato e pregiudizio che si è creato nella sfera giuridica dell’ente.

Il secondo passaggio inerente all’irruzione degli interessi collettivi nel processo penale , è stato l’assorbimento dell’interesse collettivo nello scopo dell’ente esponenziale, configurandosi cosi gli estremi del danno aquilano risarcibile

33

.

Con il codice del 1989 viene però rivalutato il ruolo della persona offesa, non più vista come “mero postulante”

34

legato ad una formale

32

D.CHINNICI, Gli “Enti esponenziali di interessi lesi dal reato”: figli legittimi del nuovo codice , ma ancora eredi del “vecchio” status di parti civili, in Archivio Penale, 2013, fascicolo, 2 anno LXV, p.453.

33

G.DI CHIARA, voce Parte civile, in Dig.Pen., vol IX, Utet, Torino, 1995, p.236.

34

In questi termini F.CORDERO, Procedura penale, cit., p.272.

(27)

27

pretesa risarcitoria e questo incide anche sulla tutela dei portatori di interessi di gruppo.

Nell’attuale sistema viene superata la concezione individualistica che in precedenza riconosceva la possibilità di agire solo alla parte civile e alla persona offesa come singolo individuo e non tutelava interessi di gruppi; con questo nuovo assetto si vuole affiancare al pubblico ministero la presenza di privati che contribuiscono ad una maggiore efficacia dell’azione repressiva.

Tuttavia si è introdotta una distinzione tra la parte civile e gli enti e associazioni portatori di interessi , i quali invece sono stati connessi alla persona offesa ; questi enti non acquisiscono mai il ruolo di parte e l’art. 91 c.p.p. afferma appunto che sono attribuiti loro gli stessi diritti dell’offeso.

L’equiparazione dei diritti e facoltà tra questi due diversi soggetti viene effettuata solo in presenza di alcuni presupposti.

Il primo elemento che consideriamo è il consenso della persona offesa, al quale è subordinato l’intervento degli enti ; ciò non rappresenta una delega affinché vengano esercitati i suoi poteri, ma è una sorta di autorizzazione all’ingresso di un accusatore di secondo grado subordinato non solo al pubblico ministero ma anche all’offeso dal reato.

35

La dichiarazione del consenso deve essere fatta con atto pubblico o con scrittura provata autenticata e depositata unitamente all’atto di intervento; inoltre il consenso deve permanere per tutta la durata del processo, esso infatti può sempre essere revocato dalla persona offesa nelle modalità previste dal comma 2 dell’art. 92 c.p.p.; non potrà però essere ulteriormente prestato nel medesimo procedimento né allo stesso soggetto né ad altri.

In dottrina si è criticata la concessione alla persona offesa di un potere di revoca immotivato, ipotizzando situazioni in cui l’imputato potrebbe

35

F.M.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini

preliminari, cit., pp.120-121.

(28)

28

offrire risarcimenti all’offeso per ottenere , in cambio, la revoca del consenso ad un ente che risulti eccessivamente molesto per l’imputato stesso ; rendere irrevocabile il consenso però provocherebbe un gravissimo vulnus per la persona offesa dal reato , bisogna infatti sottolineare come l’interesse di chi è stato direttamente leso dal reato deve imporsi a qualunque “socializzazione” della persecuzione penale.

36

Inoltre la persona offesa può prestare consenso ad un solo ente esponenziale, quindi ha la facoltà di introdurre nel procedimento il

“suo” ente esponenziale.

In passato si è sviluppato un dibattito in dottrina in merito all’art. 92 comma 2 c.p.p.; ci si chiede se il divieto di prestare consenso a più enti operi anche quando più persone siano offese dal medesimo reato (reato plurioffensivo). Alcuni autori confortati dalla relazione al progetto preliminare ritengono che ciascun offeso possa prestare il consenso ad un ente diverso , in modo da far partecipare all’interno del processo tanti enti quanti sono le persone offese

37

; altri invece respingono tale decisione osservando che essa altera la ratio stessa del consenso, la quale è “la manifestazione della compatibilità dell’ingresso in sede penale di un’accusa privata sussidiaria di secondo grado destinata ad operare in parallelo con quella di primo grado che fa capo alla persona offesa dal reato”

38

. Il problema di quest’ultimo orientamento è che in questo modo si potrebbe addirittura precludere l’ingresso all’ente esponenziale nel processo quando anche solo uno degli offesi non presti il consenso o voglia individuarlo verso un ente diverso.

Un altro presupposto è che la tutela di quegli interessi deve avvenire tramite il riconoscimento delle finalità di tutela di essi ad opera della legge ,anche se regionale , e anche se per effetto di un provvedimento

36

F.P.GUIDOTTI, Persona offesa e parte civile, la tutela processuale penale, Giappichelli, Torino, 2002, p.126

37

U.FERRANTE, Gli interessi diffusi e il nuovo codice di procedura penale in Giur.

merito,1990 , p.598.

38

E.AMODIO, La persona offesa dal reato, cit., p.506.

(29)

29

amministrativo; queste condizioni servono per inserire nel procedimento solo enti esponenziali la cui serietà è stata riconosciuta e che diano la garanzia di perseguire stabilmente la tutela degli interessi in questione.

Per far si che ci sia l’equiparazione tra questi enti e la persona offesa bisogna sottolineare altri due elementi fondamentali: l’assenza di scopo di lucro, per “allontanare anche il minimo sospetto di una strumentalizzazione della prestazione del consenso della persona offesa per manovre non trasparenti tanto da parte di chi presta il consenso tanto da parte di chi lo richiede “

39

e soprattutto deve esistere l’anteriorità del riconoscimento rispetto alla commissione del fatto , al fine di evitare la costituzione di enti per scopi occasionali o motivati da spinte emozionali.

Gli enti esponenziali di interessi lesi dal reato, a differenza della persona offesa entrano a far parte del processo con un apposito atto di intervento , da presentarsi all’autorità procedente

40

entro lo stesso termine per il completamento della verifica della regolare costituzione delle parti processuali prevista ai sensi dall’art. 484 c.p.p., prima di dichiarare l’apertura del dibattimento (art. 94 c.p.p.) .

All’interno dell’atto devono essere inserite a pena di inammissibilità : le indicazioni relative alla denominazione dell’ente e alla sede; le disposizioni che riconoscono le finalità di tutela degli interessi lesi, le generalità del legale rappresentante ; le indicazioni del procedimento;

il nome e il cognome del difensore e l’indicazione della procura;

l’esposizione sommaria delle ragioni che giustificano l’intervento e la sottoscrizione del difensore ( art. 93 comma 1 c.p.p.).

39

Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale , in Gazz. Uff., 24 ottobre 1988, serie generale, n. 250,suppl. ordinamento n. 2, p. 42.

40

Relazione al progetto preliminare,cit., p.42 . La commissione redigente in un

primo momento si orientò per fissare un termine a quo per l’intervento degli enti,

analogamente a quanto previsto dall’art 79 c.p.p., per l’udienza preliminare . In

seguito essa ha ritenuto , aldilà dei riferimenti al processo e al giudizio rientranti

nella direttiva 39 della legge delega , che la partecipazione di questi soggetti alla fase

processuale sarebbe compromessa ove se ne impedisse l’intervento all’interno delle

indagini preliminari.

(30)

30

Inoltre devono essere allegati : la dichiarazione del consenso della persona offesa e la procura del difensore la quale deve intendersi come procura speciale.

La presenza di un difensore munito di procura speciale marca un’importante differenza con la persona offesa, il cui difensore è per molti aspetti solo eventuale e fungibile con essa; invece per gli enti esponenziali esso è necessario e anche le notifiche degli atti del procedimento saranno notificate direttamente al difensore.

41

Nell’art. 93 comma 3 c.p.p. si afferma che l’atto di intervento può essere presentato anche al difuori dell’udienza , notificandolo alle altre parti e produrrà effetto nei loro confronti dal momento della notifica . Si attribuisce inoltre alle parti la possibilità di opporsi all’intervento dell’ente sin dalla fase delle indagini preliminari e , secondo art. 95 c.p.p.

42

, il giudice può in ogni stato e grado del processo verificare la sussistenza dei presupposti che legittimano l’intervento dell’ente ; in caso di esito negativo il giudice dispone d’ufficio l’esclusione dal processo con ordinanza.

Tornando al problema della configurazione formale degli enti esponenziali di interessi lesi dal reato, il cambio di prospettiva degli organismi meta-individuali da parte civile a nuovo soggetto processuale non sembra di aver superato la “prova di resistenza “ nella prassi applicativa , anche perché la “recinzione degli enti” entro il piano di meri soggetti processuali avrebbe comportato un arretramento

41

F.P.GUIDOTTI, Persona offesa e parte civile, La tutela processuale penale, cit., p.128.

42

Art 95 c.p.p. “Entro tre giorni dalla notificazione eseguita a norma dell’art 93

comma 3, le parti possono opporsi con dichiarazione scritta all’intervento dell’ente o

dell’associazione il quale può presentare le sue deduzioni nei cinque giorni

successivi. Se l’intervento è avvenuto prima dell’esercizio dell’azione penale ,

sull’opposizione provvede il giudice per le indagini preliminari ; se è avvenuto

all’udienza preliminare , l’opposizione è proposta prima dell’apertura della

discussione; se è avvenuto in dibattimento l’opposizione è proposta a norma dell’art

491 comma 1. I termini previsti dai commi 1 e 2 sono stabiliti a pena di dexadenza .

Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza. In ogni stato e grado del processo il

giudice, qualora accerti che non esistono requsiti per l’esercizio di diritti e facoltà

previsti dall’art 91, dispone anche d’ufficio , con ordinanza , l’esclusione dell’ente o

dell’associazione”.

(31)

31

negli spazi operativi, rispetto alla situazione cui godevano ante 1988, grazie all’assimilazione alla parte civile da parte del diritto vivente ; per questo la giurisprudenza ha continuato ad assecondare e riconoscere a determinati gruppi meta-individuali la posizione di parte civile nel processo .

Tutto ciò comporta non solo una più ampia traiettoria a livello processuale ma anche la possibilità di ottenere un risarcimento

43

. Ad esempio , in questo senso si può notare come il d.lgs 18 agosto 2000 n. 67 che , all’art. 9 comma 3 ha riconosciuto alle associazioni ambientaliste aventi carattere nazionale o presenti almeno in 5 regioni indicate con apposito decreto ministeriale la possibilità di esercitare le azioni civili risarcitorie conseguenti a danno ambientale spettanti al comune e alla provincia

44

.

La figura degli enti esponenziali degli interessi lesi dal reato in definitiva, non contribuisce a delineare sostanzialmente il concetto di

“offeso dal reato” , la “fictio iuris” vale sostanzialmente ad attribuire diritti e facoltà della persona offesa a tali enti, ma non vale ad attribuire loro la qualità di persona offesa , visto che non sono stati lesi direttamente dal reato , né sono titolari del bene offeso dal reato.

Addirittura una parte della dottrina afferma che il riconoscimento del loro ruolo all’interno del processo ha apportato conseguenze negative alla concezione di persona offesa

45

perché ha attribuito una grande importanza a quei soggetti senza invece risolvere il vero problema della consistenza dei poteri dell’offeso all’interno del processo.

43

In questo senso si esprime D.CHINNICI ,”Enti esponenziali di interessi lesi dal reato” :figli legittimi del nuovo codice, ma ancora eredi del “vecchio” status di parte civile “ , cit., pp.443-458.

44

Sul punto è importante la posizione di C. QUAGLIERINI, Le parti private diverse dall’imputato e l’offeso dal reato ,Giuffrè, Milano ,2003, pp. 67,68 dove si afferma

“le associazioni ambientaliste non sono legittimate iure proprio all’esercizio dell’azione civile per il danno ambientale ma agiscono in nome proprio per un diritto altrui”.

45

F.P.GUIDOTTI , Persona offesa e parte civile, cit., p.124 s.

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