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Il ruolo dell infermiere nei protocolli di assistenza

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Academic year: 2022

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* Ricercatore Med/45 Scienze Infermieristiche, Dipartimento di Sanità Pubblica-Microbiologia-Virologia, Università degli Studi di Milano

Il ruolo dell’infermiere nei protocolli di assistenza

A. Destrebecq*

Parole chiave: Assistenza infermieristica, protocollo, protocollo infermieristico, infezione ospedaliera Key words: Nursing, clinical protocol, nursing protocol, hospital infections

Summary

The role played by nurses in the applications of protocols in health care

Hospital-acquired infections represent a relevant problem for nowadays health systems, because of their serious consequences on patients’ health status. They also represent a source of expense for the National Health Care Sy- stem. This article is aimed at evaluating the role played by nurses in the applications of protocols, since one of the main factors associated to the risk of infections is represented by errors in the application of procedures in health care facilities.

In this fi eld, using nursing and/or multidisciplinary protocols would decrease the variability of some activities, as well as promoting an evidence-based nursing (this aspect is mandatory for nurses, as stated in their code of deontology).

As regards the containment of the factors associated to infectious risks through the protocols, three different levels of responsibility may be identifi ed (infections control nurse, nurse manager, clinical nurse, each one with his own core competences). However, the standardization of behaviors, although very signifi cant, is not enough to reach the abovementioned goal, since various economic, logistic and human factors affect such events. Among the human factors, nursing shortage deserves to be mentioned.

Introduzione

Le Infezioni Ospedaliere rappresentano uno dei maggiori problemi che la sanità pubblica attuale si trova a dover affrontare. Il verificarsi di un simile evento può determina- re ripercussioni anche gravi sul paziente, che subirà, conseguentemente, un allungamento del periodo di degenza, quest’ultimo causa di un maggior impiego di risorse aggiunti- ve per la cura del malato, con esiti, infine, sulla qualità delle prestazioni assistenziali ricevute (7, 18).

La carenza di procedure corrette nelle strutture sanitarie costituisce il principale fattore di rischio per l’insorgenza di infezioni

ospedaliere (7). Il personale sanitario e, tra essi, l’infermiere, non sono sempre in grado di garantire una gestione corretta ed unifor- me nei processi assistenziali e, relativamente a tale aspetto, l’utilizzo di protocolli consen- tirebbe di diminuire la variabilità di alcune attività assistenziali e di proporre una pratica basata sulle evidenze scientifiche (1, 4).Tale lavoro si propone, dunque, di far emergere, accanto alla rilevanza del protocollo, quale strumento per ottenere una metodologia univoca nell’erogazione delle prestazioni gravate in tal modo da minori complicanze, le responsabilità infermieristiche, relative ai protocolli infermieristici e/o multidisciplina- ri. Le complicanze potrebbero così diminuire

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carenza numerica di questi professionisti.

L’“emergenza infermieristica”, presente soprattutto al Nord ed al Centro del nostro Paese, risulta fattore, in tal senso, rilevante, in quanto si riscontra una crescente eviden- za del rapporto direttamente proporzionale esistente tra numero di infermieri e qualità dell’assistenza. L’associazione tra diminu- zione del numero di infermieri e l’aumento del tasso di infezioni legate alle cure è testimoniato da svariati episodi verificatisi in ospedali e strutture per lungodegenze.

Ricerche oltre oceano (5, 8, 9, 11, 12, 16, 17), hanno dimostrato che la carenza di infermieri è associata ad un crollo della qualità assistenziale, con un incremento del rischio di mortalità ospedaliera, di durata della degenza, di fallimento nelle manovre di salvataggio, in genere, ed in particolare della rianimazione cardiopolmonare (RCP), di acquisizione di polmoniti ospedaliere e di altri eventi avversi. Kavner e Gergen (13) in una ricerca condotta in 589 ospedali per acuti, hanno evidenziato che ad un aumento del numero di infermieri è associata una riduzione delle Infezioni delle Vie Urinarie del 4.5% e di Polmoniti del 4.2%. Nella maggior parte dei casi, a fronte di un incre- mento numerico del personale infermieristi- co, nell’ambito di un più vasto intervento di controllo, il focolaio si è spento o il tasso di infezione è notevolmente diminuito.

Inoltre, la tipologia di staff infermieristico (staff fisso vs staff mutevole) influenza in modo inversamente proporzionale il tasso di infezioni importanti nel torrente ematico:

a fronte di una diminuzione della compo- nente “stabile”di infermieri, e conseguente aumento di quella “transitoria”, risulta un incremento della percentuale di infezioni (18). Dunque, qualora lo staffing degli in- fermieri sia adeguato e stabile, si riscontra una più elevata probabilità che le pratiche di controllo delle infezioni, (compresa l’igiene delle mani, le precauzioni standard e quelle relative al contenimento della trasmissione), notevolmente se l’équipe assistenziale adot-

tasse, per l’erogazione delle prestazioni, una metodologia univoca (18), fondata sulle più recenti evidenze scientifiche e sull’utilizzo di linee guida che vengano tramutate in pro- tocolli, procedure e check-list, all’interno della propria realtà lavorativa (3).

Protocolli assistenziali ed adeguatezza degli interventi

Il vigente Codice Deontologico dell’in- fermiere redatto nel 1999 (10), afferma chiaramente al punto 3.1.: “[…] ogni in- fermiere ha il dovere di fondare il proprio operato su conoscenze validate ed aggior- nate, così da garantire alle persone cura ed assistenza efficaci. L’infermiere partecipa alla formazione professionale, promuove ed attiva la ricerca, cura la diffusione dei risultati, al fine di migliorare l’assistenza infermieristica” ed, al punto 3.2., “L’in- fermiere assume responsabilità in base al livello di competenza raggiunto e ricorre, se necessario, all’intervento o alla consulenza di esperti. Riconosce che l’integrazione è la migliore possibilità per fare fronte ai problemi dell’assistito […]”. È dunque compito infermieristico, eticamente san- cito, assicurare che le prestazioni da egli erogate siano qualitativamente e professio- nalmente adeguate e, tale obiettivo, sarebbe raggiungibile qualora l’équipe assistenziale adottasse strategie d’intervento (protocolli assistenziali) (18), fondate sulle più recenti evidenze scientifiche e sull’utilizzo di linee guida, sintetizzate e tradotte in procedure, check-list ed, appunto, protocolli, all’in- terno della propria realtà lavorativa (3). Se mandato infermieristico è quello di garan- tire una risposta congrua alla domanda di assistenza infermieristica, non si può pre- scindere da alcune considerazioni relative all’attuale contesto sanitario nazionale, caratterizzato, come notorio, da una grave

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siano applicate correttamente e uniforme- mente. Detto ciò, è altrettanto dimostrato che l’omogeneizzazione dei comportamenti nei diversi operatori riduca la possibilità di errori e l’arbitrarietà nell’agire professio- nale. Secondo Mintzberg (14), l’importanza della standardizzazione, in ambito sanitario, scaturisce dalla capacità che tale processo ha di intervenire positivamente sulle esigen- ze di integrazione. Tale intervento si realiz- za essenzialmente attraverso una riduzione della discrezionalità di comportamento degli operatori, sostenuta uniformando le conoscenze/competenze, i processi e gli ou- tput di lavoro rispetto a prassi di riferimento considerate ottimali. La logica di fondo che sottende alla standardizzazione è, infatti, sintetizzabile con i termini “predefinire, for- malizzare, uniformare” e l’effetto sulla li- mitazione della discrezionalità e variabilità di comportamento è proporzionale al grado di standardizzazione. La predeterminazione e la formalizzazione dei comportamenti possono essere raggiunte attraverso l’uti- lizzo di diversi strumenti, quali i protocolli infermieristici e/o multidisciplinari.

Il protocollo infermieristico e/o multidisciplinare

Il protocollo infermieristico rappresenta il corso d’azione infermieristica codificato da preferire nell’erogazione di una data presta- zione, in una data situazione. Aggiungiamo a questa definizione generale che il protocollo può essere considerato tale solo quando, nelle sue diverse componenti, è in grado di dettagliare (15):

1) la situazione clinica e/o organizzativa per la quale il protocollo deve o può essere attivato;

2) il problema (o i problemi) di pertinenza infermieristica che il protocollo si propone di affrontare, gestire, risolvere e/o i risultati che si intendono raggiungere;

3) le azioni (che in letteratura troviamo de- nominate anche atti, interventi, comportamen- ti, tecniche ecc.) e le procedure da attivare;

4) infine, gli indicatori e gli standard per la valutazione di efficacia.

Sulla scorta di tali premesse il protocollo deve esplicitare (6):

1. il momento del percorso assistenziale al quale si riferisce (ad esempio la preparazione all’intervento chirurgico, piuttosto che l’as- sistenza infermieristica dopo un determinato intervento);

2. i bisogni assistenziali compromessi;

3. gli obiettivi relativi a ciascun bisogno assistenziale compromesso;

4. le procedure da seguire e gli atti da compiere;

5. le modalità che consentono di valutare il raggiungimento degli obiettivi (standard, indicatori d’efficacia).

A titolo esemplificativo, le situazioni pro- blematiche emergenti da gestire con stesura di protocolli possono essere:

1. lavaggio delle mani e utilizzo appro- priato dei guanti;

2. uso e rotazione dei disinfettanti, meto- diche di pulizia e sterilizzazione dei presidi sanitari, il rispetto dell’asepsi nelle proce- dure invasive;

3. impiego razionale degli antibiotici;

4. attuazione delle misure di isolamento in Ospedale;

5. cateterismo vescicale;

6. dispositivi intravascolari (in particolare il catetere venoso centrale);

7. prevenzione infezioni delle ferite chi- rurgiche;

8. prevenzione delle Polmoniti nosoco- miali;

9. gestione dei visitatori.

Risulta fondamentale specificare l’aspetto di “rigidità” che contraddistingue il protocol- lo, riferendosi ad una sequenza prescrittiva di comportamenti ben definiti (4). Dunque, tali strumenti, hanno valenza locale, ovvero essi sono efficaci e validi solo se utilizzati

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nel contesto per il quale sono stati elabo- rati e qualora vengano formulati per il rag- giungimento di obiettivi posti dagli stessi professionisti che li andranno ad applicare.

I protocolli possono essere costruiti senza necessità di mettere in atto ricerche partico- lari: è infatti possibile prepararli basandosi sulle raccomandazioni fornite nelle stesse linee guida, cosicché, spesso, accade che i professionisti creino protocolli “su misura”

per l’attività di reparto, partendo dai risul- tati degli studi condotti da centri di ricerca specializzati. È, in sintesi, opportuno che il documento venga redatto da chi poi dovrà utilizzarlo, dal momento che si tratta di uno strumento “modellato” sulle caratteristiche peculiari del lavoro svolto quotidianamente dai professionisti (6).

Responsabilità e competenze

infermieristiche relative al protocollo

Colui che redige un protocollo, dovrà definire la categoria di operatori coinvolta nella sua applicazione e le relative respon- sabilità, fornendo le necessarie informazioni (6). Come sottolineato da diversi autori (2), a questo tipo di strumento si trova talvolta associata la job description delle figure chiave indicate come protagoniste nell’ap- plicazione: essa ha lo scopo di esplicitare le responsabilità specifiche nell’ambito dell’or- ganizzazione e descrive, tra le altre cose, i rapporti con gli altri operatori, le competenze irrinunciabili per la copertura del ruolo (core competences) ed i requisiti formativi e pro- fessionali. In merito alle core competences, si devono distinguere tre possibili livelli di responsabilità infermieristica relativamente all’argomento trattato: l’infermiere incarica- to del controllo delle infezioni, l’infermiere dirigente e l’infermiere in servizio in reparto.

Sintetizziamo di seguito le funzioni attribui- bili a ciascuno dei suddetti professionisti in relazione al tema in oggetto:

All’infermiere incaricato del controllo delle infezioni compete:

• sviluppare le politiche di controllo del- le infezioni e rivedere/approvare le politiche di assistenza ai pazienti per il controllo delle infezioni;

• fornire consigli come esperto su argo- menti che riguardano la trasmissione delle infezioni (per esempio le aree problematiche ove sono necessarie la revisione e/o la reda- zione di protocolli).

L’infermiere dirigente responsabilmente deve:

• partecipare al comitato di controllo delle infezioni;

• promuovere lo sviluppo e l’implemen- tazione di tecniche infermieristiche basate sulle prove di efficacia

• sviluppare programmi formativi per i membri del gruppo infermieristico;

• supervisionare l’implementazione delle tecniche per la prevenzione delle infezioni per tutte le unità di degenza ed in partico- lare in aree specialistiche quali il comparto operatorio, la terapia intensiva, il reparto maternità e la neonatologia;

• controllare costantemente l’aderenza dell’assistenza infermieristica alle politiche sulle infezioni.

L’infermiere dirigente ricoprirà, dunque, un ruolo rilevante nel diffondere linee guida nazionali ed internazionali di interesse infer- mieristico; nel programmare interventi forma- tivi in merito alla metodologia di costruzione dello strumento protocollo; nel diffondere i protocolli validati dalla direzione strategica;

nell’elaborare un sistema di monitoraggio e di controllo dei comportamenti sanitari con l’individuazione di indicatori di verifi ca; nel motivare alla compliance; nel promuovere la revisione e/o aggiornamento con cadenze tem- porali defi nite (si tratta di una necessità dettata dall’evoluzione delle conoscenze scientifi che su cui lo strumento si basa).

Infine, l’infermiere in servizio in reparto è responsabile di:

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• mantenere l’igiene, in accordo con le politiche dell’ospedale e con le pratiche di

“buona assistenza” del reparto;

• attuare le prestazioni infermieristiche nel rispetto dei principi di asepsi/antisepsi, prestando particolare attenzione al lavaggio delle mani e all’utilizzo delle prescrizioni relative all’isolamento;

• limitare l’esposizione del paziente alle infezioni che provengono dai visitatori, dallo staff ospedaliero, da altri pazienti o dalle attrezzature utilizzate per la diagnosi od il trattamento;

• segnalare segni e sintomi di potenziale infezione ospedaliera all’équipe medica e all’infermiere incaricato del controllo delle infezioni.

All’infermiere, coinvolto direttamente nell’assistenza, competerà, in sintesi, il ri- conoscimento delle aree problematiche, la collaborazione nella stesura del protocollo ma, soprattutto, l’applicazione di quest’ul- timo nell’esercizio professionale.

Conclusioni

In conclusione, i protocolli assistenziali si connotano, nel mondo sanitario, come utili strumenti per il miglioramento delle prestazioni sanitarie erogate agli utenti. In tal senso il protocollo non è sicuramente un mezzo innovativo: le principali motivazioni che hanno fatto riemergere, in termini di at- tualità, l’esigenza di promuovere, in futuro, un maggiore impiego di protocolli terapeu- tici ed assistenziali, sono prevalentemente riconducibili ad istanze di natura economica e qualitativa. Infatti la razionalizzazione dei processi assistenziali e gestionali, ot- tenuta dalla standardizzazione dei processi di lavoro e dall’efficienza tecnica, possono dimostrarsi utili strumenti di promozione dell’ efficienza organizzativa finalizzata al- l’esaltazione della centralità del cliente nella gestione delle attività di servizi a lui rivolti.

È tuttavia incontestabile che, al fine di con- trollare i principali fattori di rischio associati allo sviluppo di infezioni ospedaliere, non è sufficiente la sola standardizzazione dei comportamenti. Il definire, ad esempio, come lavarsi le mani quando si passa da un malato all’altro, non può risultare risolutorio in tal senso: problemi logistici, di risorse umane ed economici sono, in questo caso, alla base delle maggiori difficoltà per contrastare lo sviluppo delle infezioni ospedaliere (dalla scarsità del tempo a disposizione per ciascun ammalato dovuta alla nota carenza infermie- ristica, all’ubicazione dei lavandini, alla loro tipologia o al sistema di distribuzione del sapone, ecc…).

Risulta comunque dimostrato che l’ap- proccio alla gestione per processi faccia leva sulla possibilità di progettare, razio- nalizzare, pianificare, controllare e miglio- rare continuamente gli stessi, focalizzando prioritariamente l’attenzione sulle attività necessarie per soddisfare i bisogni del cit- tadino-cliente. Spostare l’orientamento del servizio al processo equivale, in realtà, ad un approccio gestionale che consideri prin- cipalmente le cause piuttosto che gli effetti.

Questo permette di individuare le attività non necessarie, le informazioni mancanti, i supporti carenti, i tempi morti e, soprattutto, le criticità, consentendo, inoltre, di superare il problema della misurabilità dell’output che, in certi settori, ha generato grande di- battito e paralizzato l’operatività (nel caso della sanità, attraverso la misurabilità della

“quantità” di salute).

Riassunto

Le infezioni ospedaliere (I.O.) costituiscono un rilevante problema per la sanità pubblica attuale, rappresentando, al loro verifi carsi, eventi gravati da conseguenze anche serie sullo stato di salute del paziente e, secondariamente, fonte di ulteriore dispendio di risorse da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Scopo del presente lavoro è quello di valutare il ruolo svolto dall’infermiere nella formulazione ed applica-

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zione dei protocolli assistenziali, dal momento che uno dei principali fattori associati al rischio di insorgenza di I.O. è rappresentato dalla carenza nell’applicazione di procedure corrette all’interno delle strutture sanitarie. In questo senso, l’utilizzo di protocolli infermieristici e/o multidisciplinari consentirebbe di diminuire la variabilità di alcune attività assistenziali e di proporre una pratica basata sulle evidenze scientifi che, dovere, quest’ultimo, nel caso dell’infermiere, deontologicamente sancito. In relazione al contenimento dei fattori associati al rischio di I.O., anche attraverso lo strumen- to del protocollo, si ravvisano tre possibili livelli di respon- sabilità infermieristica propria di specifi ci ruoli (Infermiere Incaricato del Controllo delle Infezioni; Infermiere Dirigente;

Infermiere operante nella pratica clinica) ai quali vengono attribuite peculiari competenze (core competences). Tuttavia la standardizzazione dei comportamenti, seppur di assoluta signifi catività, non risulta suffi ciente, al fi ne di perseguire l’obiettivo sopraddetto, dal momento che sul verifi carsi di tali eventi incidono in modo rilevante elementi economici, logistici e di risorse umane, quali l’attuale carenza numerica infermieristica.

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Corrispondenza: Dott. Anne Destrebecq, Via Dante 3/13, 20068 Peschiera Borromeo e-mail: [email protected]

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