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Pensioni Processo Civile Corte di Cassazione

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Academic year: 2022

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Pensioni – Benefici combattentistici – Applicabilità delle disposizioni della legge 336 del 1970 nei confronti dei trattamenti a carico dell’A.G.O. – Disciplina ex art. unico della legge n. 118 del 1984 – Destinatari della norma – Estensione del riferimento ai datori di lavoro – Sussiste – Diritto dell’ente erogatore al versamento, da parte dell’ente datore di lavoro, del valore capitale del beneficio – Sussiste.

Processo Civile – Appello – Domande nuove – Domanda fondata su norma di interpretazione

autentica sopravvenuta alla instaurazione del giudizio di primo grado – Divieto – Esclusione.

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 18.11.2004, n. 21820 - Pres. Ravagnani - Rel. Figurelli - P.M.

Frazzini (Diff.) - INPS (Avv.ti De Angelis, Di Lullo, Valente) – Consorzio Bonifica di Paestum (Avv.ti Guazzo, Martino, Campagno).

In tema di benefici combattentistici, l’articolo unico della legge 9 maggio 1984 n. 118 del 1984, secondo cui le disposizioni della legge 24 maggio 1970 n. 336 si applicano anche ai trattamenti a carico dell’Assicurazione Generale Obbligatoria, nell’individuare i destinatari della norma si riferisce non solo agli ex dipendenti, ma anche ai datori di lavoro, e tra questi ai Consorzi di Bonifica, in quanto soggetti tenuti al pagamento del valore capitale del beneficio.

Non costituisce mutamento della causa petendi e, pertanto, non incorre nel divieto di domande nuove, la deduzione in appello dell’articolo unico della legge 9 maggio 1984 n. 118, norma di interpretazione autentica della legge 24 maggio 1970 n. 336 in tema di benefici combattentistici, quando la disposizione risulti sopravvenuta alla instaurazione del giudizio di primo grado e l’appellante, nel censurare la sentenza impugnata, in quanto in contrasto con la norma interpretativa, ribadisca le richieste formulate in primo grado.

FATTO - Con atto depositato in cancelleria il 31.3.1983 il Consorzio di Bonifica Paestum proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, emesso in suo danno dal Pretore di Salerno in data 4.3.1983 (notificato il 16.3.1983) in favore dell'INPS per il pagamento della somma di £.

665.894.795 oltre interessi legali, e con condanna al pagamento delle spese.

Precisato che il titolo dell'ingiunzione era costituito dalle prestazioni derivanti dai benefici combattentistici riconosciuti a norma di legge 336/70 e successive modificazioni in favore dei pensionati ex dipendenti del Consorzio, questo opponeva:

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- che gli ex dipendenti "consorziali", cui si riferiva il ricorso per decreto ingiuntivo, erano cessati dal servizio a seguito di collocamento a riposo anticipato a loro domanda, ai sensi e per gli effetti dell'art. 3 della legge 24.5.1970 n. 336 (norme a favore dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici ex combattenti ed assimilati) contemplante, a favore del personale collocato a riposo su sua domanda ai sensi del 1° comma dell'art. 3, un aumento di 7 anni per i combattenti - o di 10 anni se trattavasi di mutilati o invalidi di guerra o vittime civili di guerra - ai fini del trattamento di quiescenza;

- che ai predetti ex dipendenti era stato quindi corrisposto il trattamento di quiescenza dovuto in base alla disciplina collettiva propria dei dipendenti dei Consorzi di Bonifica e comprendente altresì l'ammontare relativo al beneficio spettante a norma del citato art. 3 della legge n. 336 del 1970, calcolato in conformità dei criteri fissati dalla specifica normativa;

- che l'INPS, dopo una iniziale posizione coerente alle tesi del Consorzio (v. circolare 17.2.1975 n.

3857 a firma del Direttore Generale, in cui si escluse l'applicabilità per la seconda volta dei benefici in parola), si era poi orientato in senso opposto, ritenendo applicabile il medesimo beneficio controverso anche all'assicurazione generale invalidità e vecchiaia e provvedendo di conseguenza alla relativa riliquidazione agli ex dipendenti dell'importo corrispondente a tale beneficio, e quindi pretendendo - come nel caso di specie - il rimborso del corrispettivo valore capitale a carico del datore di lavoro.

Tanto premesso, il Consorzio opponente denunciava l'infondatezza delle tesi dell'INPS e all'uopo precisava, con numerose argomentazioni e deduzioni che la legge 24.5.1970 n. 336, istitutiva del beneficio in questione, non offriva alcun addentellato testuale alla tesi dell'INPS, in quanto in nessuno dei sei articoli della legge si rinveniva un riferimento della estensione del beneficio all'assicurazione generale obbligatoria dell'INPS.

Una tale estensione del beneficio non era conciliabile con la natura diversa degli istituti normativi di riferimento, (pensione o indennità di buonuscita o previdenziale) rispetto all'istituto delle pensioni a.g.o., trattandosi di istituti diversi, sia perché diverso è l'ente erogatore (da una parte lo Stato, dall'altra l'INPS), sia perché la pensione a.g.o. si formava con versamenti di vari soggetti (lo Stato, il dipendente ed i vari datori di lavoro presso cui il soggetto aveva prestato attività lavorativa) in proporzione percentuale diversa, sia perché, in definitiva, essa afferiva a due ordini di rapporti giuridici del tutto distinti e differenti fra loro (il versamento dei contributi da una parte e l'erogazione delle prestazioni dall'altra).

La tesi dell'INPS comportava una sostanziale e significativa deroga al cumulo dei benefici che, invece, era espressamente vietato dalla legge.

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Anche la legge n. 824/1971 non offriva alcun dato letterale favorevole alle tesi dell'Istituto, in quanto essa legge era solo "interpretativa" delle normative di cui alla legge 336/1970, ed in nulla aveva innovato la normativa principale della citata legge 336, ed in particolare in nessuno dei suoi articoli aveva fatto riferimento alla pensione dell'assicurazione generale obbligatoria.

Il Consorzio chiedeva, pertanto, l'accoglimento, dell'opposizione con tutte le conseguenze di legge.

Si costituiva tardivamente l'INPS, depositando memorie di costituzione e chiedendo il rigetto dell'opposizione.

Il Pretore, con sentenza 2425/1984, accoglieva l'opposizione e revocava il decreto ingiuntivo emesso dal Pretore di Salerno in favore dell'INPS ed in danno del Consorzio Bonifica Paestum.

Avverso tale sentenza l'INPS proponeva appello con ricorso del 17.6.1985, censurando la sentenza impugnata "in quanto in contrasto con il disposto della legge n. 118 del 9 maggio 1984 e come tale palesemente illegittima e gravemente pregiudizievole dei diritti dell'INPS"; chiedeva che, in riforma dell'impugnata sentenza, venisse confermato il d.l. opposto.

L'appellato, costituendosi in giudizio con memoria del 21.5.1996, chiedeva la conferma della sentenza impugnata, sollevando dubbi sulla legittimità costituzionale della legge 118/1984 e, sotto tale profilo, evidenziando che, ai sensi dell'art. 30 ter del d.l. 28.2.1983, n. 55 (nel testo aggiunto dalla legge di conversione 26.4.1983, n. 131), il giudizio doveva considerarsi estinto.

Il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 1743/2001, in data 22 maggio - 10 settembre 2001, rigettava l'appello dell'INPS.

Osservava il Tribunale che:

- l'art. 3 della legge 24 maggio 1970, n. 336 stabilì un "bonus" di anni utili ai fini del trattamento di quiescenza dei dipendenti destinatari di benefici combattentistici e collocati a riposo su domanda;

- l'INPS, avendo ritenuto (dopo una diversa posizione iniziale) di dover applicare i benefici anche all'assicurazione generale, ed aver quindi corrisposto la relativa liquidazione agli ex dipendenti del Consorzio, chiese la ripetizione nei confronti di quest'ultimo, ottenendo il d. i., poi revocato dal Pretore, in aderenza al ricordato orientamento giurisprudenziale formatosi;

- con la legge n. 118 del 9 maggio 1984 venne stabilito che le disposizioni della legge 24 maggio 1970 n. 336 e successive modificazioni ed integrazioni si applicassero, con effetto dalla data prevista da ciascuna disposizione e nei confronti dei destinatari tassativamente indicati nelle leggi stesse, anche nei confronti dei trattamenti a carico dell'a.g.o. per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti;

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- su tale disposizione, sospettata dal Consorzio di incostituzionalità, l'INPS aveva fondato l'impugnazione proposta.

Osservava, altresì, il Tribunale che, seppure non poteva dubitarsi della conformità a Costituzione della legge n. 118/1984, il richiamo alla stessa configurava causa petendi diversa rispetto a quella contenuta nella iniziale prospettazione e non poteva pertanto condurre all'accoglimento dell'appello.

Secondo il Tribunale, la legge n. 118/1984, pur se nell'intestazione era definita norma di

"interpretazione autentica", era una norma che si limitava ad integrare la precedente con effetti retroattivi. Da ciò conseguiva che non poteva l'INPS pretendere nel presente giudizio di mutare

"causa petendi" e fondare la propria pretesa su una nuova disposizione che, senza in realtà intervenire sul chiaro significato della norma inizialmente invocata, stabiliva "ex novo", seppure con efficacia retroattiva, benefici per l'a.g.o con la stessa decorrenza e gli stessi presupposti dei preesistenti benefici combattentistici, salva la possibilità di far eventualmente valere tali ragioni in altro giudizio, non essendo esse deducibili all'atto di proposizione della domanda (anteriore all'emanazione della legge 118/1984), né in corso di giudizio (comportando appunto un mutamento di causa petendi vietato ex art. 437, co. II, c.p.c.).

Avverso detta sentenza, con atto notificato l'11 giugno 2002, l'INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico complesso motivo.

Il Consorzio intimato ha depositato solo procura speciale.

DIRITTO - Con l'unico complesso motivo il ricorrente Istituto denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 336/1970, come autenticamente interpretata dalla legge 118/1984; degli artt. 4 e 6 della legge 824/1971, dell'art. 437, comma II, c.p.c.; tutti in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c..

L'Istituto deduce che la sentenza del Tribunale deve essere riformata, poiché nella fattispecie non ricorre un mutamento della causa petendi, come risulta dall'esame della comparsa di costituzione dell'INPS dinanzi al Pretore, della quale riporta testualmente il contenuto, rilevante ai fini della presente decisione.

Osserva il ricorrente che, del resto, questa Corte ha rilevato che il divieto di domande nuove in appello si riferisce alle domande, che potevano essere proposte nel giudizio di primo grado, ma non anche a quelle che traggono il loro fondamento in una normativa sopravvenuta (Cass. n. 9731/1998).

Il ricorrente sottolinea anche che questa Corte si è già pronunciata in fattispecie analoga, con sentenza n. 118/1990 (1), della quale riporta ampio stralcio della motivazione, con riferimento, in

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particolare, all'osservazione della Corte che la legge 118/84 è "una norma di interpretazione autentica e come tale retroattiva", "in quanto il legislatore, collegandosi a precetti preesistenti (...), ha autoritativamente ritenuto applicabili i detti precetti, fugando ogni dubbio o contraria interpretazione in proposito, nei confronti dell'AGO", "con effetto dalla data prevista da ciascuna disposizione e nei confronti dei destinatari tassativamente indicati nelle leggi stesse".

Come rilevato dall'Istituto in sede di appello, la legge 118/84, quando parla di destinatari della norma, si riferisce non solo agli ex dipendenti, ma anche ai soggetti tenuti al pagamento del dovuto e tra questi, come datori di lavoro, i Consorzi di bonifica.

Osserva, innanzi tutto, la Corte che, per quanto concerne la questione della deducibilità in grado di appello, della legge 9 maggio 1984 n. 118 (in G.U. 11 maggio 1984 n. 129), sopravvenuta all'instaurazione del giudizio di primo grado (instaurato con atto depositato in cancelleria il 31 marzo 1983), definito con sentenza pretorile 4-19 giugno 1984, è assorbente la considerazione che, come dedotto dall'Istituto ricorrente, nessun mutamento della causa petendi è intervenuta nel giudizio di gravame da parte dell'INPS, rispetto alla domanda proposta dallo stesso in primo grado, come risulta dalla comparsa di costituzione dell'INPS dinanzi al Pretore.

In primo grado, infatti, con la detta comparsa di costituzione - a seguito dell'opposizione del Consorzio al decreto ingiuntivo emesso dal Pretore di Salerno in data 4 marzo 1983 in favore dell'INPS - l'Istituto aveva affermato (non diversamente da quanto dedotto e richiesto in grado di appello) che non si poteva contestare il diritto dei dipendenti ex combattenti dei Consorzi all'estensione dei benefici combattentistici sulla loro pensione A.G.O., senza contestare insieme lo stesso diritto di detti dipendenti ad essere assicurati - e quindi pensionati di pieno diritto - nella medesima gestione previdenziale; se, pertanto i dipendenti statali erano "assicurati" con l'ENPAS ed avevano da quell'Ente la pensione con i benefici di legge, era giusto che i dipendenti dei Consorzi - parificati e quelli statali per legge - godessero del beneficio da parte dell'INPS sulla loro pensione Vo; ed il carico patrimoniale corrispondente era giusto e legittimo che fosse posto a carico del datore di lavoro. In sede di appello, infatti, l'INPS, nel censurare la sentenza impugnata, in quanto in contrasto con la legge n. 118/84, aveva ribadito le richieste formulate in primo grado.

Il ricorso dell'INPS è, pertanto, fondato sotto il profilo processuale; ed esso è altresì fondato sotto il profilo sostanziale.

Sotto il profilo sostanziale va infatti ribadito quanto affermato da questa Suprema Corte (v., tra le altre, Cass. n. 118/90, richiamata dall'Istituto) in tema di interpretazione dell'art. unico della legge n.

118/84, secondo cui "Le disposizioni della legge 24 maggio 1970 n. 336, e successive modificazioni e integrazioni, si applicano, con effetto dalla data prevista da ciascuna disposizione e nei confronti

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dei destinatari tassativamente indicati nelle leggi stesse, anche nei confronti dei trattamenti a carico dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti". Non vi è dubbio che trattasi di una norma di interpretazione autentica e come tale retroattiva. Invero è giurisprudenza costante di questa Corte che, a prescindere dalla intestazione della legge (qui, peraltro, la legge è espressamente qualificata dal legislatore di "interpretazione autentica"), il carattere interpretativo autentico di una legge dipende esclusivamente dal suo contenuto, caratterizzato dall'enunciazione di un apprezzamento interpretativo circa il significato di un precetto antecedente cui la norma si ricollega nella formula e nella ratio e da un momento precettivo, con il quale il legislatore impone una certa interpretazione, escludendone ogni altra, non solo per il futuro, ma anche per il passato e che ha perciò sempre efficacia retroattiva, a meno che la stessa legge disponga altrimenti: efficacia, questa, vincolante anche per il giudice, in quanto discende dal potere del legislatore di imporre un determinato significato - anche diverso da quello enunciabile alla stregua degli ordinari criteri ermeneutici - di una disposizione precedente, senza con ciò interferire nella sfera propria del potere giudiziario (cfr. ex plurimis, Cass., S.U., 5330 del 1980, nonché Corte cost. 118 del 1957). E tali caratteri indubbiamente possiede la norma in esame, in quanto il legislatore, collegandosi a precetti preesistenti (quelli della legge n. 336/1970 e successive modificazioni e integrazioni), ha autoritativamente ritenuto applicabili i detti precetti, fugando ogni dubbio o contraria interpretazione in proposito, nei confronti dell'A.G.O. "con effetto dalla data prevista da ciascuna disposizione e nei confronti dei destinatari tassativamente indicati nelle leggi stesse".

Correttamente deduce, pertanto, il ricorrente che, come da esso rilevato in sede di appello, la legge 118/84, quando parla di destinatari della norma si riferisce non solo agli ex dipendenti, ma anche ai soggetti tenuti al pagamento dei valori capitale e tra questi, come datori di lavoro, i Consorzi di bonifica.

Il Collegio ritiene pertanto fondata la pretesa dell'INPS in sede processuale ed in sede sostanziale, e, con l'accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, rimette al giudice di rinvio - indicato in dispositivo - che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, la determinazione del credito spettante all'INPS.

(Omissis)

(1) V. in q. Riv., 1990, p. 868

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