• Non ci sono risultati.

Contributi - Retribuzione imponibile - Art. 1 D.L. n. 338 del Minimale contributivo - Individuazione - Retribuzione pari o inferiore a quella

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Contributi - Retribuzione imponibile - Art. 1 D.L. n. 338 del Minimale contributivo - Individuazione - Retribuzione pari o inferiore a quella"

Copied!
6
0
0

Testo completo

(1)

Contributi - Retribuzione imponibile - Art. 1 D.L. n. 338 del 1989 - Minimale contributivo - Individuazione - Retribuzione pari o inferiore a quella stabilita dai

contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative - Operatività - Retribuzione superiore - Applicabilità - Esclusione.

Contributi - Retribuzione imponibile - Prestazione di uso dell'alloggio - All'interno del cantiere di lavoro - Assimilabilità ad elementi esclusi dalla contribuzione - Esclusione - Computabilità nella retribuzione imponibile - Sussistenza.

Contributi - Sgravi (Benefici, esenzioni, agevolazioni) - Sgravi contributivi - Presupposti - Verifica dell'effettivo incremento occupazionale - Criteri - Nozione di azienda in senso oggettivo - Necessità - Conseguenze - Trasferimento dal Nord al Mezzogiorno di lavoratori di una medesima impresa o reimpiego presso imprese collegate di lavoratori licenziati al Nord o modificazioni nella titolarità aziendale - Rilevanza - Esclusione - Fattispecie.

Corte di Cassazione - 27.7.2004, n. 14129 - Pres. Sciarelli - Rel. D'Agostino - P.M. Nardi (Conf.) - Bata 91 s.c.r.l. (Avv.ti Persiani, Rossi) - INPS (Avv.ti Sgroi, Fonzo).

L'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali, a norma dell'art. 1 del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389 (che fa riferimento al criterio del minimale contributivo, pari alla retribuzione dovuta in un determinato settore in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale) è quella desumibile dai diversi accordi sindacali o dal contratto individuale di lavoro, quando questi ultimi prevedano una retribuzione superiore alla misura

minima stabilita dal contratto collettivo nazionale, mentre solo in caso contrario la contribuzione va parametrata a quella stabilita dalla contrattazione nazionale di settore.

Sono dovuti dal datore di lavoro i contributi previdenziali in relazione all'utilizzazione dell'alloggio concesso ai dipendenti anche quando tale prestazione consenta ai

medesimi di soggiornare in maniera adeguata all'interno del cantiere di lavoro, evitando il disagio di un lungo percorso per accedervi, sia perché per i lavoratori, tenuti a rendere la loro prestazione nel luogo contrattualmente stabilito, il relativo risparmio di energie psicofisiche ed economico si traduce in un'utilità aggiuntiva, anche se accompagnata ad un vantaggio per la produttività dell'azienda, sia perché

l'equivalente di tale prestazione di alloggio non è adeguatamente assimilabile ad alcuno degli elementi esclusi dalla retribuzione imponibile, secondo l'elencazione tassativa di cui all'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n.153.

Gli sgravi contributivi, previsti dall'art. 18 del decreto legge 30 agosto 1968, n. 918, convertito nella legge 25 ottobre 1968, n. 1089, poi regolati dall'art. 59 del decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218 e successive modificazioni, in quanto diretti a sostenere le imprese operanti nel Mezzogiorno e a favorire lo sviluppo di quelle zone sono riconosciuti alle aziende che, operando nei territori individuati dalle norme citate, abbiano portato ad un effettivo incremento

occupazionale e alla creazione di nuovi posti di lavoro in eccedenza rispetto a quelli esistenti ad una certa data, senza che, ai sensi dell'art. 38, comma quinto della legge 23 dicembre 1999, n. 488, sia più richiesto che le aziende impieghino lavoratori residenti in quei territori. Ai fini del riconoscimento degli sgravi deve aversi riguardo alla nozione di azienda in senso oggettivo sicché non è sufficiente il mero

trasferimento al Mezzogiorno di mano d'opera già impiegata al Nord, ovvero il reimpiego nel Mezzogiorno presso imprese collegate ivi operanti di lavoratori già

(2)

occupati al Nord e licenziati, in quanto in tali ipotesi non si verifica alcun incremento reale del livello di occupazione, così come sono irrilevanti tutte le variazioni,

apparenti o reali, sostanziali o formali, intervenute nella titolarità dell'impresa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso il diritto della società datrice di lavoro agli sgravi, avendo accertato che i lavoratori ai quali gli sgravi si riferivano, erano stati dapprima, assunti da un'impresa associata ad

un'Associazione temporanea di imprese e, poi, dalla società istante, nella quale l'Associazione si era trasformata, per essere utilizzati in un cantiere di lavoro aperto nel Mezzogiorno, sicché non si era verificato alcun effettivo incremento occupazionale ma solo una trasformazione di impresa con trasferimento di lavoratori dal Nord al Mezzogiorno).

FATTO. - Con ricorso al Pretore di Bari la soc. Bata esponeva che con verbale di

accertamento del 29.2.1992 l'INPS le aveva contestato: a) che per alcuni dipendenti assunti nel Centro e trasferiti al Sud non spettavano gli sgravi aggiuntivi supplementari previsti dall'art. 59 del DPR 218 del 1978; b) che per alcuni impiegati non erano stati denunciati a fini contributivi né assoggettati a contribuzione i valori convenzionali dell'alloggio concesso in godimento; c) che, non essendo stati versati i contributi sul valore dell'alloggio goduto dai dipendenti D'Ammando ed Agnelli, per questi la società non aveva diritto allo sgravio generale. Tanto premesso la società chiedeva al giudice adito di dichiarare l'illegittimità di tutte le contestazioni contenute nel verbale di accertamento condannando l'Istituto al rimborso di quanto percepito per i titoli sopra specificati.

Il Tribunale di Bari, con sentenza resa il 10.11.1999, rigettava tutte le domande.

Con sentenza n. 138 (1) depositata il 6 marzo 2001 la Corte di Appello di Bari rigettava l'appello proposto dalla soc. Bata.

Con riguardo agli sgravi contributivi aggiuntivi e supplementari la Corte territoriale rilevava che, per quanto per il godimento del beneficio non fosse più necessario che i lavoratori assunti

risiedessero nel Mezzogiorno - e ciò per effetto della disposizione di cui all'art. 38 commi 5 e 6 della legge n. 488 del 1999 - detti sgravi comunque non potevano essere riconosciuti

all'appellante mancando nella specie l'ulteriore requisito dell'incremento occupazionale, da intendersi come incremento in termini assoluti, non contando a questi fini i passaggi di lavoratori tra imprese, i trasferimenti, i licenziamenti contestualmente seguiti dall'assunzione presso altra impresa ecc..

La Corte ha poi ritenuto infondate le doglianze della società con riguardo alla natura retributiva della concessione in uso dell'alloggio ai due dipendenti, poiché, a norma dell'art. 12 della legge 30.4.1969 n. 153, la natura retributiva del beneficio derivava dalla relazione di corrispettività esistente tra lo stesso e la prestazione lavorativa.

La Corte riteneva poi domanda nuova, inammissibile in appello, quella diretta alla riduzione dei contributi sul valore dell'alloggio formulata dall'appellante in via subordinata.

La Corte, infine, con riferimento alla spettanza dello sgravio generale, affermava che esso non spettava all'appellante in quanto il godimento dell'alloggio di servizio andava denunciato ai fini contributivi a norma della legge n. 389 del 1989. infatti il rispetto dei minimi retributivi, ai quali era subordinato la sgravio, riguardava non solo il minimo stabilito dai contratti collettivi nazionali di settore, ma anche quello, eventualmente più elevato, stabilito dagli accordi aziendali e dai contratti individuali.

Per la cassazione di tale sentenza la S.r.l. Bata ha proposto ricorso con quattro motivi. L'INPS resiste con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

DIRITTO. - Con il primo motivo la società denuncia violazione dell'art. 59 commi 5 e 8 del DPR 6 marzo 1978 n. 218 e succ. modificazioni e integrazioni, dell'art. 38 commi 5 e 6 della

(3)

legge n. 488 del 23.12.1999, dell'art. 2112 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., degli artt. 20 e 23 bis della legge n. 584 dell'8.8.1977, nonché omessa insufficiente o contraddittoria motivazione.

La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso il diritto agli sgravi aggiuntivi e supplementari e deduce:

che la formulazione dell'art. 38 della legge 488 del 1999, nel riconoscere gli sgravi contributivi a tutte le aziende che impiegano lavoratori anche non residenti nei territori del Mezzogiorno, non distingue tra sgravi ordinari e sgravi aggiuntivi o supplementari, onde anche questi ultimi spettano quando si verifichi un incremento di occupazione nei territori meridionali, ancorché determinato dal trasferimento al Sud di dipendenti residenti al Nord;

che nella specie due lavoratori, originariamente dipendenti da impresa associata (Girala S.p.A.), erano stati assunti, mediante passaggio diretto, dalla soc. Bata, quando questa era subentrata all'Associazione di imprese, con trasferimento della sede di lavoro nel Mezzogiorno;

che dette assunzioni erano effettive e non fittizie in quanto la soc. Bata costituiva una impresa nuova rispetto a quelle consorziate e non vi era alcuna identità oggettiva delle due imprese;

che l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la soc. Bata non sarebbe una nuova impresa rispetto a quella consorziata, è rimasta priva di adeguata motivazione, anche perché frutto di una inadeguata ed errata valutazione delle prove.

Con il secondo motivo la società denuncia violazione dell'art. 12 della legge n. 153 del 30 aprile 1969 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, e censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato la natura retributiva del valore dell'alloggio concesso in uso gratuito a due dipendenti. In merito deduce:

che, a norma dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969, la concessione di un alloggio di servizio, in quanto costituisce una reintegrazione del depauperamento economico subito dal lavoratore tenuto a risiedere per esigenze di servizio sul posto ove viene resa la prestazione lavorativa, non è assoggettabile a contribuzione previdenziale, costituendo non già un elemento retributivo bensì un rimborso spesa;

che la Corte territoriale non ha valutato le testimonianze resa dai testi Grilli e Del Noce, dalle quali si evince che il godimento degli alloggi era determinato esclusivamente da esigenze di servizio (assicurare l'immediata disponibilità dei dipendenti sul cantiere in caso di necessità) e che detti alloggi non erano neppure idonei a soddisfare le normali esigenze abitative dei lavoratori e delle loro famiglie;

che nel caso specifico la soc. Bata non ha sopportato alcun costo specifico per fornire l'alloggio ai due dipendenti, perché è stato provato che l'alloggio a costoro concesso era adibito ad

archivio dell'impresa, sicché tale uso abitativo, non avendo determinato alcun costo aggiuntivo per il datore di lavoro, non era assoggettabile a contribuzione, almeno fino all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 314 del 1997 che in materia ha introdotto il diverso criterio di valutazione del

"valore normale".

Con il terzo motivo la società denuncia violazione dell'art. 12 della legge 30.4.1969 n. 153 e dell'art. 345 c.p.c. e lamenta che il giudice di appello abbia disatteso il motivo di impugnazione con il quale era stato chiesto di sanare il contrasto esistente tra la motivazione della sentenza di primo grado, nella quale era stata sostenuta la necessità di riduzione della base imponibile

contributiva in funzione dell'uso promiscuo dei locali dati in uso a tre dipendenti, ed il dispositivo che nulla statuiva al riguardo. La Corte aveva ritenuto che la domanda di riduzione della base imponibile fosse domanda nuova, inammissibile in appello e che la motivazione della sentenza di primo grado, non avendo riscontro nel dispositivo, non aveva portata decisoria.

Sostiene al riguardo la società che la domanda non poteva essere nuova, visto che la

motivazione della sentenza di primo grado faceva espresso riferimento a tale questione e che il contrasto tra motivazione e dispositivo evidenziava un vizio della decisione del primo giudice

(4)

emendabile in grado di appello.

Con il quarto motivo, denunciando violazione dell'art. 1 comma 1 e 6 comma 9 del D.L.

9.10.1989 n. 338 convertito in legge 7.12.1989 n. 389 in relazione all'art. 36 legge 20.5.1970 n. 300, la società sostiene che ai fini della concessione dello sgravio generale - negato ai due dipendenti D'Ammando ed Agnelli per l'omissione contributiva relativa al valore dell'alloggio concesso in uso - le norme sopra richiamate escludono ogni rilevanza della contribuzione

previdenziale sui trattamenti eccedenti il minimo tabellare, riferendosi solo ai trattamenti minimi previsti dai contratti collettivi. Ritiene la ricorrente che la Corte barese ha errato nel ritenere che il legislatore ha inteso ricomprendere nel minimo imponibile contributivo non solo l'importo delle retribuzioni stabilito dai contratti collettivi nazionali di settore, ma anche quello stabilito dagli accodi aziendali o dai contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dai primi.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Gli sgravi contributivi, previsti dall'art. 18 del D.L. 30.8.1968 n. 918, convertito in legge 25.10.1968 n. 1089, poi regolati dall'art. 59 del DPR 6 marzo 1978 n. 218 e successive

modificazioni, in quanto diretti a sostenere le imprese operanti nel Mezzogiorno ed a favorire lo sviluppo di quelle zone, sono riconosciuti alle aziende che, operando nei territori individuati dalle norme sopra citate, abbiano portato ad un effettivo incremento occupazionale ed alla creazione di nuovi posti di lavoro in eccedenza rispetto a quelli esistenti ad una certa data.

A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 38 comma 5 della legge 23.12.1999 n. 488, per il

riconoscimento dello sgravio non è più richiesto che le aziende impieghino lavoratori residenti nei predetti territori.

Il beneficio resta comunque subordinato all'effettivo incremento del livello occupazionale. Ai fini del riconoscimento degli sgravi, pertanto, non è sufficiente il mero trasferimento nel Mezzogiorno di mano d'opera già impiegata al Nord, poiché in siffatta ipotesi non si ha alcun incremento reale del livello di occupazione. Non può essere condiviso, perché non rispondente alle finalità della legge, l'assunto secondo cui il trasferimento al Sud di lavoratori già impiegati al Nord

comporterebbe comunque un incremento occupazionale nel Mezzogiorno, poiché in effetti il livello generale di occupazione non beneficerebbe di alcun reale incremento. Né è possibile sostenere che il licenziamento di lavoratori impiegati in imprese del Nord e la contemporanea loro assunzione in imprese collegate operanti nel Sud possa essere conteggiato come incremento occupazionale nel Mezzogiorno. La verifica della sussistenza di un effettivo incremento

dell'occupazione, idoneo ad attribuire il diritto agli sgravi contributivi, deve essere compiuto, infatti, con riferimento ad una nozione di azienda in senso oggettivo, restando irrilevanti a tal fine ogni variazione, sostanziale o formale, apparente o reale, intervenute nella titolarità dell'impresa, con la conseguenza che il presupposto per la concessione del beneficio deve ritenersi

insussistente nelle ipotesi di trasferimento, trasformazione o fusione di aziende, quando si verifichi il mero passaggio di personale alla nuova impresa senza che il numero complessivo dei lavoratori occupati risulti aumentato.

Nei termini suesposti si è costantemente espressa la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi (cfr. S.U. n. 6285 del 1996, Cass. N. 5660 del 1991, Cass. N. 3548 del 1994 (2), Cass. N. 7695 del 2003).

Nella specie, per ammissione della stessa ricorrente, i lavoratori di cui trattasi sono stati prima assunti da impresa associata all'Associazione temporanea di imprese, e poi assunti, mediante passaggio diretto, dalla soc. Bata, nella quale l'Associazione si era trasformata, per essere

utilizzati nel cantiere di lavoro aperto nel Mezzogiorno. Alla stregua dei principi sopra enunciati, dunque, nella vicenda in esame non si è verificato alcun effettivo incremento occupazionale, ma solo una trasformazione di impresa con trasferimento di lavoratori (già assunti dall'Associazione

(5)

o dalle imprese associate operanti nelle Regioni del centro - nord) dal Nord al Mezzogiorno, motivo per cui la ricorrente non ha diritto agli sgravi invocati.

La Corte di Appello di Bari ha dunque fatto corretta applicazione dei principi di diritto ed ha congruamente motivato la propria decisione, sicché la sentenza impugnata si sottrae a tutte le censura mosse dalla ricorrente con il motivo di ricorso in esame.

Il secondo motivo di ricorso è anch'esso infondato.

La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato la sottoponibilità a contribuzione del valore locativo dell'alloggio gratuitamente assegnato a tre lavoratori. Al riguardo va ricordato che questa Corte ha già avuto modo di precisare che sono dovuti dal datore di lavoro i contributi previdenziali in relazione alla utilizzazione dell'alloggio concesso ai dipendenti anche quando tale prestazione consenta ai medesimi di soggiornare in maniera

adeguata all'interno del cantiere di lavoro, evitando il disagio di un lungo percorso per accedervi, sia perché per i lavoratori, tenuti a rendere la loro prestazione nel luogo contrattualmente

stabilito, il relativo risparmio di energie psicofisiche ed economico si traduce in una utilità aggiuntiva, anche se accompagnata ad un vantaggio per la produttività dell'azienda; sia perché l'equivalente di tale prestazione di alloggio non è adeguatamente assimilabile ad alcuno degli elementi esclusi dalla retribuzione imponibile, secondo l'elencazione tassativa di cui all'art. 12 della legge n. 153 del 1969 (Cass. N. 10399 del 1995 (3), Cass. N. 1761 del 2001 (4)). Ai fini suddetti, pertanto, nessuna esenzione contributiva, neppure parziale, può derivare dalle circostanze che il godimento dell'alloggio rispondesse anche all'interesse dell'impresa, per la costante presenza dei dipendenti in prossimità del cantiere, e che l'immobile fosse parzialmente utilizzato da parte dell'impresa medesima come archivio.

La sentenza impugnata, che ha fatto corretta applicazione di tali principi, non è dunque censurabile per i motivi dedotti dalla ricorrente.

Il terzo motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento.

La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto nuova ed inammissibile la domanda, formulata nell'atto di appello, di riduzione dell'addebito contributivo per il valore locativo dell'alloggio concesso ai dipendenti in misura proporzionale all'uso diretto dell'immobile, come archivio, da parte dell'azienda. In effetti di tale domanda non vi è traccia nell'atto

introduttivo del giudizio. Né è apprezzabile quanto ora sostenuto dalla società: vale a dire che con il motivo di appello in esame la Bata intendeva rappresentare una difformità tra la

motivazione della sentenza di primo grado, che aveva posto in evidenza la necessità della riduzione dell'obbligazione contributiva per le ragioni sopra esposte, ed il dispositivo della medesima sentenza, che nulla disponeva al riguardo. La sentenza impugnata, infatti, ha dato corretta motivazione della ritenuta infondatezza della censura laddove ha osservato che, nulla statuendo il dispositivo della sentenza, le considerazioni espresse dal primo giudice in

motivazione non hanno alcuna portata decisoria. Vi è solo da aggiungere che le predette

considerazioni sono anche irrilevanti, non sorreggendo sul piano logico e argomentativo alcuna parte del decisum, per cui non possono formare oggetto di autonoma impugnazione.

Anche il quarto motivo di ricorso, infine, non è meritevole di accoglimento.

La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui disconosce il diritto allo sgravio generale per tre lavoratori come conseguenza dell'inadempimento contributivo sul valore

locativo dell'alloggio concesso in godimento. Assume la ricorrente che la retribuzione imponibile di riferimento sia solo quella minima prevista dal CCNL anche quando i lavoratori, come nella specie, godano di trattamenti retributivi superiori in forza dei contratti individuali. Tale assunto è infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato che l'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali, a norma dell'art. 1 del D.L. 9.10.1989 n. 338, convertito in legge 7.12.1989 n. 389 (che fa riferimento al criterio del "minimale contributivo",

(6)

pari alla retribuzione dovuta in un determinato settore in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale) è quella desumibile dai diversi accordi sindacali o dal contratto individuale di lavoro, quando questi ultimi

determinino una retribuzione superiore alla misura minima stabilita dal contratto collettivo nazionale, mentre solo in caso contrario (ovvero di contrattazione collettiva diversa o di contratto individuale più sfavorevoli) la contribuzione va parametrata a quella stabilita dalla contrattazione nazionale di settore (cfr. Cass. N. 140 del 1999, Cass. N. 12122 del 1999, Cass. N. 3208 del 2001 (5), Cass. N. 11199 del 2002).

La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tale principio e la sentenza impugnata non è suscettibile di censure per le doglianze sollevate dalla ricorrente.

Per tutte le considerazioni sopra svolte, il ricorso, dunque, deve essere respinto. La società ricorrente, di conseguenza, deve essere condannata al rimborso in favore dell'INPS delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

(Omissis)

(1) V. in q. Riv., 2002, p. 462 (2) Idem, 1994, p. 625 (3) Idem, 1995, p. 1309 (4) Idem, 2001, p. 1071 (5) Idem, idem, p. 1050

Riferimenti