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È il mio cuore geloso della mia memoria

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Academic year: 2022

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(1)

“È il mio cuore geloso della mia memoria”

- Lettere e poesie dal fronte -

Una classe quinta del CNPD nelle trincee del Carso durante la Guerra del 15-18

(2)

Cara mamma, caro padre, come state? Con quale angoscia trascorrete i vostri ultimi giorni, ansiosi e preoccupati certamente per la mia triste sorte?

Io sopravvivo tra paure, sconforti e pianti che talvolta mi portano alla disperazione. Sono lontani i giorni felici trascorsi a casa circondato dall’affetto di voi tutti. Un’esistenza reale, vera, autentica, che ormai vive solo nei miei dolci ricordi. I sorrisi, gli abbracci, le corse a piedi nudi sui prati, l’odore avvolgente del pane caldo, tutto mi riporta da voi.

La guerra è sangue, disperazione, orrore e morte. I giorni sono grigi, cupi, lunghi, tutti uguali e tormentati dallo scoppio delle cannonate che mettono agitazione.

Il dolore è ovunque e si tocca con mano, accomuna tutti, comandanti e soldati, vinti e vittoriosi. L’orrore, come un mantello nero, avvolge ogni cosa. Il sangue, come un fiume impetuoso, scorre ovunque. Anche la natura intorno a me esprime la sua sofferenza: la terra è arida e bruciata, l’aria polverosa e irrespirabile. Sono ormai perduti i fruscii delle foglie lievemente mosse dal vento, l’agitarsi dei piccoli animali fra i cespugli, i rumori dei lavori tradizionali, il cielo terso e limpido. Intorno a noi solo fili spinati aguzzi e pungenti; armi di ogni tipo...

fucili, baionette, cannoni, mitragliatori lisci e freddi; sacchi di sabbia ammassati uno sull’altro; cunicoli lunghi e tortuosi.

Subire un bombardamento appiattito in una trincea è un’esperienza durissima.

Piovono dal cielo proiettili di cannone di ogni tipo con effetti devastanti su tutto il campo di battaglia.

A questo si è ridotta la mia vita. Manca tutto: la vita, la voglia di vivere, manca l’affetto, il volersi bene, manca l’amore, il contatto, l’abbraccio. La speranza più grande è tornare da voi.

Vi abbraccio.

 

A cura di Enza A.

(3)

Cari mamma e papà,

mi trovo qui sul fronte a portare avanti questa guerra che sembra non finire mai, sono riuscita a trovare un attimo in cui riesco a scrivere due righe su questo foglio malconcio e mandarvele.

Qui fa freddo e piove, ho tanta voglia di tornare a casa perchè mi manca essere in pace a ridere e scherzare.

Vedo alcuni miei compagni che si nascondono, non troppo bene a volte, per esprimere la loro sofferenza, li vedo scrivere delle lettere tra le lacrime e il fango e sperare di tornare a casa. Sento degli spari in lontananza e delle grida, odio questa situazione e voglio che finisca in fretta.

Mi mancate tanto, ho tanta paura e spero che questa lettera non sia l’ultima.

Vi voglio bene. Gaia.

A cura di Gaia B.

(4)

Mamma, come stai?

Non so quante notizie ti possano essere arrivate, ma come puoi immaginare la guerra continua e non sappiamo per quanto ancora lo farà. Ogni giorno e persino la notte perdiamo centinaia di compagni, dai più anziani ai più giovani. Ma nonostante tutto, io sono ancora qua, a perdurare, nella speranza di vedere la fine di questa guerra e tornare a casa da te.

Ormai sono passati mesi da quando questa guerra è iniziata per la prima volta e, come potrai immaginare, la tua bambina ha ucciso molte persone, così come ha visto molti compagni cadere.

All’inizio è stato tragico premere il grilletto e togliere la vita della persona che mi stava davanti. Guardare i suoi occhi lampeggianti di panico e vederli diventare vitrei, ormai senza vita. Ho vomitato quando è successo. Rimettendo tutto quello che avevo mangiato le ore prima. Ma ora… ora sono passati mesi e da una sono passata a molte. Ogni volta che premo il grilletto e metto fine alla vita di una persona mi ricordo sempre che se non sono io quella a sopravvivere, allora sarò quella a terra, morta. E non posso permettermelo. Io devo tornare a casa. Devo sopravvivere. Nonostante le condizioni qua non siano delle migliori, ho intenzione di non arrendermi. Di andare avanti.

Spero che la tua salute non sia peggiorata a causa della tua preoccupazione per me e mio fratello. Come credo saprai, siamo stati divisi. Siamo finiti in battaglioni diversi e, nonostante in ogni possibile momento libero io chieda sue notizie, ancora non so nulla. I miei superiori non hanno ricevuto notizie, e credo che questo sia un bene perché, quando riceviamo notizie, non sono mai felici. Quindi non disperare. Così come me, anche lui è vivo, lo so. Anche lui sta combattendo per sopravvivere e tornare a casa, per poterci rincontrare.

Spero in una pronta conclusione, e in una tua risposta.

La tua bambina.

A cura di Manuela B.

(5)

Caro padre,

ti scrivo questa lettera con la speranza che ti possa arrivare al più presto, poichè qui le cose non stanno andando molto bene. Ogni giorno è una lotta con noi stessi e con le circostanze per la sopravvivenza. Non sappiamo se riusciremo ad arrivare al momento di coricarci e se ci riusciamo i troppi pensieri ci tengono svegli. Durante la notte si sentono rumori di animali che escono da sotto le nostre brande in cerca di cibo, e sembrano quasi rassegnati quando tornano nelle loro tane senza aver soddisfatto il loro bisogno. Niente è caduto in terra, perchè niente c’è nei nostri piatti. I fucili sono i nostri compagni di letto e non sai cosa darei per avere qualcuno di caldo vicino per proteggermi dal freddo, dalle paure e dagli incubi che questa situazione ha generato.

Alle volte, invece che un silenzio tombale, si sentono degli spari in lontananza. Qualche volta si riesce a percepire addirittura l’agitazione del compagno a pochi passi da te che cerca, immobile, di evaporare nella notte.

Quando quelle poche volte vedo sorgere il sole (“poche” perché con la guerra anche la terra sembra più triste e cupa), non so se esserne grato o cos’altro. In un primo momento ne sono grato perchè sono vivo ed è un giorno in meno che sto lontano da casa. Ma poi… poi mi ricordo dove mi trovo e mi rendo conto di voler scomparire. Di voler non esistere. Mi rendo conto che la notte, con l’oscurità che si porta appresso, maschera le brutture della guerra. Di giorno invece, oltre gli odori che si percepiscono, le immagini ti rimangono impresse e non scompaiono nemmeno se chiudi gli occhi. No. Non se ne vanno. Ti rimangono appese addosso e non riesci più a liberartene.

Sai a volte a cosa penso quando la realtà è troppo dura? Penso a te. Penso alle due bestioline che ti fanno impazzire in giro per casa. Mi chiedo spesso cosa state facendo in quel preciso istante. Penso che vorrei tanto avervi vicino.

Mi auguro di cuore che stiate tutti bene e spero di ricevere presto una lettera in risposta.

Cari saluti, Gianni.

A cura di Manola B.

(6)

Cari madre e padre cari miei affetti

guardo il mondo 

di cui non è rimasto un granché   Caro mio cuore

caro mio corpo

perdonami per tutta questa sofferenza

 

Ma mai potrà

esso dimenticare quanto vissuto   È il mio cuore

geloso della mia memoria

A cura di Desi B.

(7)

Cara mamma,

mi ritrovo a scrivere questa lettera che non so se ti arriverà mai.

Oggi è il 24 giugno 1915, un mese esatto dall’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria… sapevamo tutti e due quando sono partito che sarei andato incontro a qualcosa di difficile ma mai avrei pensato fosse così, mamma.

Tutto questo va contro i principi e i valori che mi hai insegnato tu fin da piccolo e ora sono stato costretto a metterli da parte… i miei occhi non avrebbero voluto mai vedere ciò che hanno visto e nelle mie orecchie rimbomba il suono e il sibilo dei colpi dell’artiglieria per ore.

Vorrei essere lì con te e la nostra famiglia, mi mancano la casa, i tuoi abbracci, il calore del fuoco, mi manca la mia camera, il mio letto… papà… e invece sono qui, costretto a sopravvivere e proteggermi dentro un buco assieme ai miei compagni che ora sono miei fratelli.

Mentirei se ti dicessi che non ho paura, ma il pensiero di poterti un giorno riabbracciare mi dà la forza di continuare a combattere. Non so come andrà, se ritorneró a casa… qualsiasi cosa succeda sappiate che io vi porto e vi porteró sempre nel mio cuore…

Con amore  

il vostro Marco

A cura di Sharon A. B.

(8)

12 gennaio 1916 Nonna,

il tuo ricordo mi tiene al sicuro.

La guerra ci rende prigionieri della nostra mente. Ci sono momenti in cui mi sembra di non essere più umano, di aver schiacciato un pulsante che abbia spento le mie emozioni e di essere diventato un automa, mi dimentico chi sono, mi dimentico della vita che facevo prima; a volte mi viene addirittura il dubbio di aver vissuto e conosciuto la felicità che ora vedo così trasparente e lontana. Ogni mattina e ogni sera guardo il mio corpo, lo sfioro con le mani, tocco la terra sotto di me e alzo lo sguardo al cielo, chiedendomi se sarà l’ultima volta. Ogni volta che vedo morire un uomo penso a tutto l’amore che questa persona lascia dietro di sé, penso al suo figliolo talmente piccolo che non riuscirà nemmeno a ricordare il viso di suo padre, alla speranza, ormai persa, della moglie di vederlo tornare a casa.

Non conosci veramente cosa significa vivere, finché non hai incontrato e sperimentato in prima persona cosa sia la morte e tutto quello che ne deriva da essa. Non ho nessun libro qua, ma ho tante storie di vita di compagni che narrano ciò che in un libro non troverò mai scritto.

Ricordo quando da piccolo, insieme a Nicolò, giocavamo a rincorrerci in mezzo al verde di Pulfero e poi venivamo da te, ancora con il fiatone, a dirti chi aveva vinto. Ci guardavi divertita ed eravamo così liberi. Ora sto ancora correndo, le motivazioni sono cambiate ma il traguardo è sempre rimasto lo stesso: tornare a casa per dirti che ce l’abbiamo fatta.

Più volte mi è capitato di guardare gli occhi del “nemico” mentre stava morendo e mi è sembrato di aver tradito la mia anima per quello che avevo fatto. Avrei potuto esserci io al suo posto: magari in un’altra circostanza ci saremmo conosciuti e avremmo visto che condividevamo molte cose. 

Sono così aggrappato alla vita, non la voglio lasciare. Siamo tutti dei sopravvissuti, abbiamo tutti perso qualcosa, il nostro cuore è un po’ più fragile al tocco ma rimane collegato al cuore di tutta l’umanità. Mi capita di sentire un vuoto quando penso ai miei affetti, come se qualcuno avesse già deciso che non vi rivedrò più, come se fosse già tutto finito, ma sono vivo.

Nonostante il grigio di questa guerra, la distruzione, la violenza, vedo tanta solidarietà. La scorsa settimana – non mangiavo da tre giorni – un uomo, mai visto prima, si è avvicinato a me e mi ha porto la sua pagnotta di pane. Ci siamo guardati per vari minuti, con gli occhi è riuscito a capire tutta la mia gratitudine. E’ come se ci fossimo parlati con la voce della nostra anima.

Scrivere mi fa sentire umano. E’ l’unico mezzo che ho per non perdere me stesso. Guardo il vuoto mentre tengo stretto a me questo foglio di carta che sarà presto fra le tue mani. Abbraccia queste parole che ti scrivo. Il ricordo del tuo calore sconfigge l’aria fredda che mi circonda.

Per sempre tuo Giulio

  A cura di Giulia B.

(9)

 

Cara Anna, spero tu stia bene. Anche oggi ti scrivo per farti sapere come sto.

Qui la notte fa freddo, cerco di consolarmi pensando di essere li con te. Immagino una nostra tipica serata in casa, tu che prepari la tavola per la colazione del giorno dopo mentre io cerco una stazione radio che trasmetta musica piacevole da ascoltare mentre sorseggiamo un tè caldo sulla veranda.

Se chiudo gli occhi posso sentire ancora la tua risata dovuta alle mie mancate doti canore.

Dentro di me provo imbarazzo nel cantare stonando ma quella risata mi ripaga completamente.

Ricordo anche quanto mi infastidiva quando a letto prima di dormire ti volevi riscaldare i piedi ghiacciati sulle mie gambe;

Ora quel freddo lo sento, ma per cause più cupe.

Pepper come sta? Sta continuando a rubarti i calzini per poi sotterrarli in giardino? Quante volte l’ho sgridato e mai mezza mi ha ascoltato. Con un muso così carino mi scioglievo sempre e finivo col fargli le carezze. Così innocente, con quegli occhi grandi grandi che ingannerebbero chiunque.

Lo fai dormire in camera nostra? So che non ti piace perchè lascia troppi peli in giro, però mi allieta pensare che ora, sentendo la mia mancanza, tu lo tenga stretto stretto a te tra le coperte facendolo dormire dal mio lato.

Pagherei per riposare su un letto comodo anche per un’ora soltanto. O anche poter dormire in un posto pulito. Il silenzio non posso dire che manchi, qui cerchiamo di fare meno rumore possibile, nonostante i nostri nemici siano al corrente della nostra presenza.

Chissà quando finirà tutto questo, qui il bisogno più sentito è quello di fare amicizia con i compagni ma allo stesso tempo non dovresti farlo perchè oggi siamo vivi ma non possiamo sapere se domani avremo la stessa fortuna…

Mai avrei pensato di affezionarmi così tanto ad uno “sconosciuto” con cui però ho condiviso delle emozioni grandi. Di lui sapevo poche cose ma eravamo in sintonia; quando ogni giorno lotti per la vita capisci quanto sia più facile farlo se hai qualcuno al tuo fianco che lotta con te. Sento la sua mancanza da giorni ormai. Quando mi morì tra le braccia il mio cuore perse un battito. Però questa orrenda realtà che mi circonda non mi ha lasciato tempo per piangermi addosso.

Non voglio farti soffrire nel leggere queste mie dure parole, vorrei tanto poterti scrivere che sto bene, che tutto è facile e che non è così brutto come si pensa, ma non so mentire a te. La voglia di rivederti e riabbracciarti è l’unica cosa che mi tiene vigile e in forze. Ricordati che ti amo.

Con amore, tuo marito.

  A cura di Djamila B.

(10)

2 Novembre 1917 Cari mamma e papà,

Sono io, il vostro caro figlio Leo, e vi scrivo da una trincea da qualche parte sulle Alpi aspettando la morte improvvisa. 

La guerra è difficile, troppo. Qui sto come un mulo frustato nei campi, ed inoltre vedo compagni cadere come sorci nelle trincee sapendo che poi toccherà anche a me. Il cibo scarseggia, ma non mi lamento né di questo, né di ogni altro minimo dettaglio che può sembrare non confortevole perché tutto ciò lo stiamo facendo non per fare un favore alla nostra patria, ma per dimostrare ad essa che noi combattiamo per la dignità e la gloria, anche mettendo a serio rischio la nostra vita.

Io e i miei compagni iniziamo a credere che tutto ciò non avrà mai una fine, o che, quando sarà finita, noi non ci saremo più. Paura, angoscia, ansia e terrore mi tormentano continuamente e mi impediscono di rimanere lucido. Qui la vita è faticosa, tutti i giorni sono uguali, si dorme poco e la paura mi assale perché tutt'intorno si ode il rumore delle mitragliatrici e delle bombe nemiche che esplodono. Sentendo le bombe cadere come foglie e compagni urlare dal dolore, penso sempre a voi e a tutto l'amore che ho perduto.

Qui il rumore del nemico si fa sempre sentire. Non sto sognando, questo è l'inferno. La guerra non è una professione con la quale noi possiamo vivere onorevolmente perché in guerra siamo obbligati ad essere crudeli.

La guerra è spietata, io però non mi arrendo ancora in quanto spero di farcela e di uscire vivo da questo maledetto inferno. Io sono qui a combattere per la mia patria, per uccidere la guerra e per ritornare a vivere la mia vita così bene che la morte tremerà a prendermi con lei. Infatti io sono qui per provare qualcosa in cui credo: che la guerra è inutile e sciocca, la più dolorosa prova di idiozia della razza terrestre.

Sono stufo di tutto quello che sta succedendo, non ne posso più, ho il cuore freddo come una pietra e le lacrime calde che parlano da sole. Solamente ora, ahimè, capisco che a noi qui non è rimasto più niente. Mi sono rimasti solo i vuoti nelle orecchie, il freddo sulle gambe, il respiro dell’ingiustizia nella mente e il peso di vite umane che grava sul mio cuore e guardando il mondo intorno a me è la prima volta nella mia vita che provo un senso di paura.

Sono qui a combattere per la nostra patria, ma rimpiango così tanto i giorni che la mamma mi svegliava presto per andare a scuola e i momenti in cui giocavo con i miei amici felice ed ignaro del mio cruento destino. Io resto in vita per voi e cercherò di farlo fino a quando il proiettile nemico non mi punterà il petto.

Lasciamo che i morti seppelliscano i morti, ma fin quando si è vivi, bisogna vivere ed essere felici di farlo. Ci sono moltissimi modi per sentirsi vivi, importante è avere la forza giusta per farlo.

Finché c'è vita c'è speranza. Bisogna affrontare se stessi e credere nella possibilità di riuscire a passare i momenti brutti della propria vita. Io infatti sto cercando sempre di affrontare me stesso.

Vorrei tanto che questa inutile guerra finisse per ricominciare la nostra vita di tutti i giorni come una volta.

Spero di ritornare presto a casa. Un saluto e un abbraccio dal vostro figlio Leo.

  A cura di Marco C.

(11)

 

Amati genitori, caro fratello,

oramai è luglio inoltrato e, a mano a mano che i giorni passano e il caldo si fa più torrido e cocente, il ricordo dei visi amici e dei compagni persi nelle trincee carsiche a giugno inizia a sbiadire.

Le difese nemiche stanno iniziando a cedere alla nostra avanzata e, dopo giorni infernali di combattimento, poco alla volta stiamo conquistando terreno.

Ho temuto di impazzire varie volte a causa delle condizioni in cui siamo costretti a vivere: non di rado capita che, scavalcando corpi privi di vita e di nome, pensi di essere io stesso già morto e che, ciò che di me resta sia solo un’anima vagabonda.

Non dormo molto a causa dei continui e penetranti rimbombi e, molte volte, solo il timore che qualcuno miri alla mia posizione non mi fa chiudere occhio.

Ad essere sinceri, non ricordo più quanto tempo fa ci siamo separati e, se con voi devo proprio essere onesto, famiglia mia, di tanto in tanto mi concedo di sognare ad occhi aperti la mia fuga, pur sapendo che nella realtà, se lo facessi, sarei considerato disertore e non potrei avere una fine degna di essere ricordata.

Tuttavia qui avvengono anche casi allegri: tempo fa ero a pattugliare con la mia squadra quando, a causa del buio, ci siamo persi e improvvisamente ci siamo trovati di fronte ad un’altra pattuglia. Senza nemmeno guardarsi in viso tutti i presenti hanno urlato ‘Mi arrendo!’’, convinti entrambi di stare davanti agli austriaci.

Tra di noi, sapete, ridiamo, scherziamo e ci facciamo coraggio. Non parliamo della paura, forse per scaramanzia o forse per dimenticarcene. Magari alla fine lo abbiamo trovato, un nostro posto, anche qui, dico.

Tra il rumore caratteristico dei fucili che si armano, il continuo brusio e calpestio di soldati affaccendati e ordini imposti a gran voce dal nostro capitano - che a causa della sua parlata dialettale è spesso un’impresa capire di primo acchito - , se le condizioni lo permettono, è possibile udire il canto delle cicale.

Quanta nostalgia delle estati della mia infanzia, quanta nostalgia di voi tutti. Ogni volta che le odo, lo stomaco mi si attorciglia e, chiudendo gli occhi, riesco a sentire distintamente le vostre risa che mi scaldano il cuore.

Tornerò presto, ne sono sicuro, e porterò con me molti aneddoti che saranno d’intrattenimento nelle serate attorno al fuoco di casa. Un abbraccio.

Vostro figlio A cura di Gaia C.

(12)

A cura di Enrico C.

 

16-07-15 Come state?

Cara famiglia, vi scrivo da Prepotto. Qui fa molto caldo, in questi giorni abbiamo combattuto molte battaglie ed ancora non so come io sia ancora vivo e, tutto sommato, in buone condizioni fisiche.

Aldo, figlio di Tonin, non ce l’ha fatta: la ferita alla gamba purtroppo lo ha ucciso. Prima che morisse abbiamo scritto insieme una lettera per i suoi genitori.

La lettera la conservo in una tasca cucita della mia giubba. Spero veramente di restare sano e salvo per portarla io stesso alla famiglia. Domani attaccheremo nuovamente.

Ho paura per me, per i miei compagni e per voi. Siamo tutti molto provati dalla stanchezza, dalla fame ed anche della vita in trincea: le pulci non mi permettono di riposare bene e francamente ne ho abbastanza di questa assurda guerra. Non ne comprendo il senso: ho visto troppi miei compagni andare...

quando toccherà a me?

Vi scrivo queste povere righe anche per sentire ancora il legame con voi. È l’unica cosa che in questo momento possa avere un senso. Vi voglio bene e spero di vedervi presto per dirvelo di persona. Non mi sono mai sentito così solo, ormai è notte fonda, tra un po’le luci del mattino rischiareranno forse la mia ultima alba... vi voglio bene.

Enrico

(13)

 

Papà, come stai? Dove sei? Spero che ovunque tu sia, si stia meglio che qui.

Anche se non credo più in nessun Dio, spero che tu stia finalmente riposando. Ogni giorno penso alla vita che facevo prima che questo schifo iniziasse, e a quando l’aria non aveva questo odore di morte. Sto cercando di smettere di fumare, so che ti darebbe fastidio, ma l’odore del fumo riesce a proteggermi da quello che cerca di entrarmi nelle ossa. E in più mi ricorda le mani della mamma.

Ho perso molti amici, mentre tu non c'eri. La cosa più triste e spaventosa è quando inizi ad abituarti. Ti abitui a scherzare con una persona ieri, e a vederla morire il giorno dopo.

Mi sto trasformando in un’arma.

Sto iniziando a capire cosa provavi quando non riuscivi a dormire la notte. è come una malattia. Sai che stai per morire, ma la speranza di poter continuare a vivere, è quella che ti frega. Comunque anche se ci fosse la possibilità di sopravvivere, ci sarebbero sempre delle ripercussioni. Questo istinto di continuare a vivere, a costo di prendere la vita di qualcun altro, mi fa pensare a troppe cose, che non riesco a scrivere.

Ti ricordi quando da piccola avevo paura del buio? In realtà, papà, avevo paura di non riuscire a vedere cosa nascondesse il buio. E’ quello a cui penso quando rimugino sulla morte. Tu ne sai qualcosa. Mi mancano le nostre chiacchierate, avevi sempre qualcosa da dire e non mi lasciavi mai parlare. Mi hai insegnato ad ascoltare, forse è per questo che sono qui. Non mi hai insegnato a parlare. L’unica cosa per cui non ti perdonerò mai, oltre al fatto di avermi messa al mondo.

La mamma è con te? Siete felici?

Una cosa a cui ho pensato, è che quando muori non te ne accorgi, non te ne rendi conto.

Gli unici che ne soffrono veramente sono le persone che continuano a vivere. Come per te con la mamma.

Spero che oggi ci sia il sole, Addio.

A cura di Sveva C. P.

(14)

  14 luglio 1917.

Paura: ecco ciò che provo. Il pensiero di essere preso di mira e di essere ucciso mi logora dentro. Immagino di non poter tornare a casa e rivedere voi, madre e padre, che, con cura ed educazione, mi avete cresciuto, e questo pensiero mi distrugge. Voi che non mi avete mai privato di vivere al massimo ogni mio singolo giorno, cosa ne sarà se non potremo passare ancora buona parte dei nostro futuro insieme? Madre, anche solo il pensiero di te in lacrime e di te, padre, che ti fai forza mentre asciughi le lacrime della mia adorata madre mi dà la forza di non mollare e di dare il massimo per poter tornare da voi, guardarvi negli occhi e dirvi “sono qui, ce l'ho fatta”.

Al momento, però, non posso fare altro se non scrivervi sotto questo cielo stellato, con la speranza che vi siano state e che vi saranno recapitate tutte le lettere. Vi mando i miei più sinceri saluti, vi porto nel cuore e nei pensieri.

 

A cura di Maria D.B.

(15)

Mi trovo abbandonata in una buia e fredda nottata di ottobre, cerco consolazione in queste parole, sperando tu le legga al più presto.

La guerra è un terremoto estremamente travolgente.

Fa ciò che vuole, imprevedibile e crudele, ti porta via o ti lascia senza niente.

Ho perduto tanti compagni che avevo a fianco fino ad un istante prima

e mi sono sentita piccola davanti a tutto questo

e mi sono chiesta come si può convivere con un tale dolore nel cuore.

Rimango aggrappata ai miei ricordi l’unica forza che mi resta è il pensiero,

l’unico modo che ho per andarmene da qua è sognare di voi.

La guerra mi ha rivelato l’essenza della vita

va goduta e va apprezzata, per quanto scarna a volte appaia ogni momento un giorno sarà rimpianto

ogni momento può essere l’ultimo.

Vi porto nel cuore

nella speranza di abbracciarvi al più presto, un bacio.

A cura di Letizia F.

(16)

Monte San Michele, 4 luglio 1916  

Madre, padre, se vi scrivo è per grazia di Nostro Signore. La scorsa notte frotte di italiani nostri connazionali sono caduti, difendendo l’avamposto del monte; uno dei più importanti per il nostro contingente. Ahimè, dei miei amici d’infanzia non rimane che un ricordo nell’animo. I primi ad andarsene sono stati il Robi e Giacomino, spazzati dai primi mortai austro-ungarici. Di loro non è rimasto che l’elmetto dilaniato, rimembranza di ciò che sono stati e ciò che non saranno più. Quaggiù, in trincea, la morte si annida in ogni angolo, pronta a strapparti dal mondo dei vivi con i suoi artigli aguzzi. Ma madre, padre, che differenza vi è tra vita e morte ora che sono qua? E’ forse questa vita o anticamera della morte? Orbene perirò combattendo o tornerò e sarò lentamente ucciso dai fantasmi? Tutto ciò ora non ha importanza, ora devo pensare al dovere di soldato, se ciò servirà a regalarvi libertà.

Si rumoreggia riguardo ad un attacco alle linee di Caporetto e di Tolmino nelle prime settimane di autunno, e probabilmente sarò spedito lì, come ultima missione prima del mio congedo militare. Questo conflitto mi ha dilaniato, dalle frontiere cisalpine fino a quelle del goriziano, ma non temete, presto tutto ciò finirà e tornerò a casa da Voi, non disperate.

Con affetto, saluti.

 

Graziano Zanutti, Brigata Friuli 87° reggimento di fanteria  

A cura di Tommaso G.

(17)

21 dicembre 1917, Menin Road.

  Poco tempo mi rimane, madri e padri chiamano; ovunque essi siano io rispondo. L’aria sibila nelle mie orecchie, sembra diano risposte o riposo. Forse eterno.

Sangue rappreso segna la mia uniforme, ciascuno ne ha una sola, segnata però dal ricordo d’altri.

Bruciature e resti di filo spinato mi rendono una presenza inquietante, tra migliaia di altre.

Perfino le piastrine e i miei indumenti più privati sono segnati dagli orrori: rimasugli di gas nauseanti, macchie delle varie bende, segni del tetano o delle convulsioni di un monito.

Birra tremolante.

Sospiro di sollievo nella baracca, solo un lume rivela

bende e occhi tesi.

Perfino la mia mano, seppur tremolante, vive di ricordi: strette granitiche, tratti delicati nella loro rovina, scottature e bagni di sangue o zuppe.

Ricordo ancora di voi, madre, padre; non siete dimenticati da questa ombra, il vostro ricordo raggiunge le mie tasche, i miei bagagli, le mie lettere.

Rimango aggrappato a questo, al mio ritorno il mio zaino sarà strabordante, più di quando sono partito.

Adesso però un fischio chiama, sangue lo comanda.

Esco dalla trincea, vedo il mio riflesso.

Ricordo.

A cura di Alessandro L.

(18)

Paura. Morte. Speranza. Perdita.

Queste sono le uniche sensazioni che riesco a sentire qui. Qualche giorno non riesco neanche a distinguere la realtà dalla mia immaginazione, perchè l’unica cosa a cui penso costantemente siete tu e la nostra bambina. Penso che vorrei essere lì, per vederla crescere, per vederla fare i suoi primi passi, per giocare con lei e cogliere tutta la sua purezza, quella che solo i bambini sanno dare.

Molte volte immagino il mio ritorno, anche se altrettante volte il punto di arrivo sembra così lontano e irraggiungibile, e la speranza di tornare a casa sembra solo un desiderio che non si avvererà mai. Ma è proprio la speranza, di poter riaccarezzare i vostri volti, che mi fa andare avanti, che mi dà la forza che da solo non riuscirei a trovare.

Vi amo così tanto e spero solo che una volta a casa sarò in grado di darvi tutto l’amore che voglio darvi, e spero di non essere troppo cupo da far incupire anche voi, e spero di riuscire ad amare di nuovo la vita perché qua non c’è vita.

Non essere triste, dai a nostra figlia tutta la gioia e l’amore che hai, e sono che ne hai tanto. Un abbraccio forte. Ci rivedremo.

A cura di Isabel M.

(19)

Cari figli miei, è il vostro papà che scrive.

Mi mancate tanto, siete la mia forza per andare avanti, le mie stelle. Tutto questo prima o poi finirà e saremo di nuovo tutti insieme. Fate i bravi, ascoltate la mamma e datele tanti baci da parte mia. Portatele rispetto e siate fieri di avere una mamma così forte come lei. Siete la mia gioia, la cosa più bella che mi potesse capitare.Vi amo, a presto.

Vostro papà.

 

A cura di Elisa P.

(20)

Cara mamma,

non puoi immaginare quanto tu e tutta la famiglia mi manchiate. Oggi è davvero una giornata molto fredda, come il mio cuore, nonostante l’inverno non sia ancora arrivato.

In questi due anni di guerra ho visto delle cose davvero brutte che mi si gela il cuore solo a scriverle: amici e compagni a terra, corpi lacerati e irriconoscibili, corpi saltati in aria e ridotti a pezzetti a causa delle mine e molto altro. Qui le persone continuano a morire ogni secondo e tutto solo per conquistare qualche centimetro in più della propria postazione.

La fame si fa sentire sempre di più e costituisce un’altra causa di morte e di conflitto anche tra compagni dello stesso esercito. Le condizioni igieniche sono pessime e nessuno si preoccupa di fare nulla. Siamo come dei soldatini giocattolo destinati solo a morire. Qui non si vive, ma si cerca di sopravvivere. Ci sono moltissimi altri ragazzi miei coetanei che non hanno mai tenuto un fucile in mano e che vedono la morte davanti ai loro occhi.

In trincea la paura prende il sopravvento e la si può leggere nell’espressione degli occhi di chiunque.

I rapporti di amicizia sono difficili da intraprendere perché le persone un giorno ci sono e il giorno dopo la morte se le è portate via. Mi chiedo dove gli uomini trovino il coraggio di uccidere persone della loro stessa specie, lo trovo orribile e antiumano.

Detto questo ti saluto e mando un bacio a tutti voi. Spero di poter ritornare presto a casa e rivedervi tutti quanti.

A presto  

A cura di Nicol S.

(21)

Cara madre,

Solo Dio sa quanto mi manchi, ti penso in ogni istante, ti immagino con quel bel vestito che avevi prima che ci salutammo per l’ultima volta.

La guerra è completamente diversa da come me l’aspettavo. Sono partito convinto e sicuro di ciò che stessi facendo, ma più passano i giorni più mi sembra di non avere più uno scopo. Ho visto soldati morire, perdere braccia e gambe, giovani ragazzi come me, che non avranno mai la possibilità di realizzare i propri sogni. Cerco di convincermi che la guerra sia una cosa giusta, ma più me lo ripeto e più mi sembra una bugia. Avrei voluto renderti fiera di me, ma la verità è che non dovresti esserlo. Ho fatto cose spregevoli, che vorrei poter cancellare. Continuo a ripetermi che sono stato costretto a farlo, ma non riesco a togliermi il senso di colpa, che mi logora ogni sera.

Speravo di poter concludere questa lettera con un “ci vediamo presto” ma, vivendo in questa situazione in prima persona, mi duole dirti che questa penso sia l’ultima lettera che riuscirò a scriverti. Non rinnego neanche uno dei momenti passati assieme, ti sarò grato a vita per tutto l’affetto che mi hai trasmesso, per tutti gli insegnamenti dati e per tutti gli sforzi che hai fatto per me. Ti porterò con me sulla nuvola, quella che quando ero piccino guardavamo insieme e tu me la indicavi dicendomi “la nonna ci guarda da lassù”.

Il tuo caro figliolo.

A cura di Gaia S.

(22)

Cara mia amata, ti penso sempre. Notte e giorno. Mi manchi davvero tanto.

Oggi doveva essere un giorno speciale per noi, ma questo brutto destino ce l'ha voluto togliere. Oggi dovevo vederti con indosso l'abito da sposa, dirti quanto sono contento di averti al mio fianco, dirti quando quanto sei bella, metterti la fede al dito ed essere certo che saresti stata mia per sempre.

Sono qui invece, da solo, al buio, al freddo. Guardo le stelle e penso a te, ai tuoi occhi, alle tue labbra, al tuo viso angelico.

Combatteró, combatteró per noi, per il nostro futuro. Lo farò e tornerò. Ti prometto che tornerò. Non piangere più, non sciuparti e mangia. Non trascurarti. Io staró bene. Tornerò.

Ti amo infinitamente.

Tuo amato

A cura di Beatrice E. S.

(23)

 

Ti penso  

Tra i botti delle bombe una luce taglia il cielo non è una stella

ma esprimo un desiderio  

Mi manchi

A cura di Caterina T.

(24)

Ciao,

riesco a scrivervi, forse, per l’ultima volta.

Qua è brutto, ho paura ma non posso mostrarmi debole, devo essere forte. Quando mi è possibile riposare mi addormento con la speranza di abbracciarvi di nuovo per l’ultima volta: ahimè, non credo sia possibile.

Tante cose vorrei dirvi, ma ho a disposizione solo che un pezzetto di carta, quindi renderò il tutto il più conciso possibile.

Nonno: grazie per avermi trasmesso i valori di un uomo forte che è riuscito a creare qualcosa da zero.

Nonna: tu, anche se lassù, mi hai insegnato che cos’è l’amore. Tu sei entrata nelle nostre vite in punta di piedi, non ricordo una singola volta in cui hai avuto bisogno di alzare la voce per insegnarci qualcosa.

Papà: una delle persone che più ho potuto ammirare: tenacia, determinazione e costanza:

queste sono le qualità che ti appartengono.

Mamma: tu, con i tuoi infiniti monologhi, mi hai insegnato i valori della vita. Mi hai insegnato che chiedere aiuto non è simbolo di debolezza, anzi.

Marco: tu sei stato il fratello maggiore che tutti ammirano, anche se i litigi sono stati una costante delle nostre giornate, sei stato una guida per la mia crescita.

Martina: avrei voluto parlare di più con te perché nell’ultimo periodo sono stato un po’

distaccato. Mi porterò sempre dentro le tue torte che con tanto amore le facevi solo per me.

Così vi voglio salutare: avrei molto altro da dire, ma il tempo stringe. Ho paura di morire, ma qua non ci resta altra alternativa. Vi voglio bene, anche se non sempre l’ho dimostrato.

Per sempre vostro, Edoardo.

 

A cura di Elisa Z.

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