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LEGHE METALLICHE A MEMORIA DI FORMA

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Academic year: 2022

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SEMINARIO 22/05/2020

LEGHE METALLICHE A MEMORIA DI FORMA

SHAPE MEMORY ALLOYS: sono materiali in grado di recuperare le forma originaria anche dopo aver subito deformazioni notevoli.

Avvengono due effetti macroscopici:

• effetto memoria di forma + recupero termico → recupera la forma aumentando la temperatura

• effetto pseudo-elastico + recupero meccanico → altissime percentuali di deformazioni reversibili, molto più del tipico 0,2%, siamo intorno al 6-8%

COMPORTAMENTO MACROSCOPICO

MEMORIA DI FORMA: Parto dall’austenite, deformo applicando una forza, tolgo la forza e non succede niente ma se aumento la T allora ecco che recupero la forma.

PSEUDO ELASTICITÀ: deformo la molla, tolgo la forza, recupero la forma → stesso comportamento di qualsiasi metallo in campo elastico. La differenza è che posso arrivare a deformazioni altissime, intorno all’8-10% → in un acciaio sarei già in campo plastico!

Ciò che sta dietro a questi comportamenti è la trasformazione martensitica termoelastica.

CENNI STORICI: prime osservazioni di questo comportamento negli anni 30, prime applicazioni negli anni 60 nel campo aeronautico militare. Prima applicazione industriale: NiTi usata per fare giunzioni di tubi in titanio per aerei caccia militari. Prima applicazione in campo biomedicale nel 1975 in campo ortodontico.

TIPOLOGIE DI LEGHE A MEMORIA DI FORMA:

ce ne sono molte ma le principali usate sono 3, di cui la più usata è la NiTi.

NiTi:

• capacità di recuperare deformazioni notevoli

• sopporta sforzi elevati

• elevate resistenza a corrosione

• biocompatibilità

• buona lavorabilità

TRASFORMAZIONE MARTENSITICA TERMOELASTICA

È una trasformazione del primo ordine: quando passo dalla fase parente (austenite) alla fase prodotto (martensite) produco calore. È caratterizzata da un movimento cooperativo di atomi che portano la struttura di partenza (parente) a una struttura prodotto. Procede per un meccanismo di scorrimento di un piano atomico sull’altro, con movimenti molto piccoli tali per cui io non vado ad intaccare la chimica del materiale, cambia solo la struttura cristallina. Non ho rotture di legami perché il movimento è molto limitato, quello che si trasforma è la struttura cristallina.

Fase parente (austenite): struttura ordinata, cristallina cubica a corpo centrato Fase prodotto (martensite): struttura meno regolare, ortorombica monoclina

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A differenza dei classici materiali il cui comportamento è descritto in un piano sforzo-deformazione, per le leghe a memoria di forma bisogna muoversi in uno spazio sforzo-deformazione-temperatura.

Proprietà: È una trasformazione atermica, non diffusiva, reversibile -produco calore passando da una struttura all’altra → 1° ordine

-il passaggio è determinato soltanto dalla T che raggiungo (T alta austenite, T bassa martensite)

Questo passaggio non avviene istantaneamente, ci sono T intermedie in cui trovo entrambe le due fasi.

La quantità delle due fasi dipende soltanto dalla T che ho raggiunto.

-non si rompono i legami ma ho dei micromovimenti → non diffusiva → trasformazione reversibile MEMORIA DI FORMA: COMPORTAMENTO MICROSCOPICO

Vediamo come la TMT si manifesta nei materiali a memoria di forma.

•Parto da alte temperature ed ho stabile l’austenite

•La raffreddo e diventa stabile la martensite multivariante ad esempio a T ambiente (punto A). Questo passaggio avviene solo per azione della temperatura, perché in questo tratto sia sigma sia epsilon sono nulle, quindi macroscopicamente non mi accorgo neanche di questa transizione.

Com’è possibile?

Il meccanismo che porta da austenite a martensite in condizione di sforzo nullo, si divide in due meccanismi che avvengono insieme:

-BAIN STRAIN: abbassando la temperatura, i piani atomici dell’austenite scorrono gli uni sugli altri seguendo un ordine, andando in successione. E così passo man mano da austenite a martensite, che si propaga nel materiale. Il problema è che alla fine otterrei una forma diversa macroscopicamente! E quindi in concorrenza a questo movimento c’è un secondo movimento che permette di accomodare la martensite all’interno della matrice che è ancora in parte di austenite (il materiale non si trasforma istantaneamente)

-LATTICE INVARIANT SHEAR: questo è il meccanismo di accomodamento della martensite. Si chiama anche twinning o gemminazione. È una riorganizzazione della martensite, si muovono nuovamente i piani.

La martensite va ad occupare lo stesso volume e forma dell’austenite di partenza! Esternamente non vedo nessuno modifica del mio oggetto. Questo tipo di martensite viene chiamata martensite multivariante.

È avvenuta una TMT, ho avuto un passaggio di fase dovuto alla temperatura.

Per fare questo passaggio il materiale può scegliere due diverse strade: accomodazione per scorrimento (slip) oppure accomodazione per gemminazione (twin).

Le leghe a memoria di forma scelgono l’accomodazione per TWIN perché è reversibile, da martensite potrò ritornare ad austenite perché non si rompono i legami.

Quando sono in A, la martensite è stabile; se applico un carico deformo elasticamente la mia martensite fino a un certo punto. Dopo un certo livello di carico non ho più un comportamento elastico, ma la curva tende a fare un plateau: non è deformazione plastica, è che sta cambiando la caratteristica della mia martensite. A causa dello sforzo esterno di taglio, vado incontro a un meccanismo di de-twinning: il reticolo tende ad allinearsi e si va a formare così la martensite mono-variante (punto B), che è quella che minimizza lo sforzo interno del materiale. questo meccanismo giustifica il fatto che ora vedo una deformazione macroscopica, che non posso nemmeno recuperare togliendo il carico esterno! non posso tornare alla martensite multivariante. Quando arrivo in C, sforzo 0, aumento la temperatura. Vado verso T in cui la martensite non è stabile, a un certa T la martensite non potrà più esistere perché è stabile l’austenite.

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Quando raggiungo questa T ho un PROCEDIMENTO INVERSO LIFO: a partire dall’ultimo piano atomico che si era trasformate la martensite si ritrasforma l’austenite. Il ritorno è un processo più semplice dell’andata, ho solo i movimenti di bain strain. Se raffreddo di nuovo, riparte il giro.

Di austenite ne abbiamo una, di martensite ne possiamo avere più di una.

CICLO DI ISTRESI:

Nel percorso diretto e inverso non seguo esattamente lo stesso percorso.

Ms: martensite start || Mf: martensite finish

Al di sotto di Mf il materiale resterà sempre M al 100%, al di sopra di Af ho solo austenite: in mezzo posso avere diverse % di entrambe le fasi.

Questi materiali hanno un’isteresi termica: la trasformazione inversa inizia a una T (Af) diversa da Mf!

Quindi le temperature di inizio trasformazione sono diverse tra i percorsi di andata e di ritorno.

TEMPERATURE CARATTERSTICHE

Per riconoscere le 4 temperature caratteristiche sfrutto la DSC: misuro la differenza tra il calore assorbito o ceduto dal mio campione rispetto a un materiale che non trasforma. Ho un picco quando ho il passaggio da austenite a martensite → leggo i valori di temperatura per austenite start e austenite finish.

PSEUDO-ELASTICITÀ: COMPORTAMENTO MICROSCOPICO

La pseudo-elasticità si verifica T costante > Af. Ho in mano il mio oggetto, lo deformo meccanicamente attraverso uno sforzo. Si deforma elasticamente. Arrivata a un certo punto la retta elastica inizia a diventare un plateau orizzontale. Da A a B allungo l’austenite. Da B a C avviene la stessa trasformazione martensitica termo elastica ma non più per azione della T, ma per azione dello sforzo. Da C a D allungo la martensite.

Se vado oltre, allora entro nel campo plastico. Quando tolgo lo sforzo la martensite non riesce ad essere stabile e quindi torna ad austenite. Anche qui la trasformazione inversa è LIFO.

Per effetto dello sforzo ho di nuovo il meccanismo del bain strain: questa volta ho semplicemente martensite monovariante → evidente deformazione macroscopica finale.

Anche qui abbiamo un effetto di isteresi: gli sforzi in cui iniziano le trasformazioni sono diversi per processo diretto e processo inverso.

Sopra Af ho una zona di pseudoelasticità, dove le trasformazioni avvengono per effetto dello sforzo.

Md (martensite defeat)=limite della martensite. Al di sopra di questa T il mio materiale austenitico si comporta come un metallo normale, applicando uno sforzo non produco martensite, ma semplicemente una deformazione plastica.

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I meccanismi microscopici che stanno dietro a memoria di forma e pseudo-elasticità sono gli stessi, ma sono attivati da forze differenti.

EFFETTO DELLO SFORZO SULLA TMT

Lo sforzo a cui inizio a trasformare da austenite a martensite, cambia con l’aumento della temperatura!

Aumentando la T aumenta linearmente lo sforzo che devo applicare per avere la trasformazione e aumenta anche lo sforzo utile per avere la trasformazione inversa. Questo aspetto è importante perché se il calore che producono quando trasformo non viene dissipato in fretta, allora lo sforzo da applicare è diverso da quello che credo, è maggiore! È un problema soprattutto per le prove cicliche con cicli molto elevati.

Slide 38: quando siamo sotto di As entra in gioco la memoria di forma. Oltre un certo valore di sforzo (Md) plasticizzo la austenite, ho deformazioni plastiche residue. Md è la T oltre la quale finisce la pseudoelasticità.

Slide 39: tipiche curve del NiTi a temperature diverse.

Curva più bassa: raggiungo un certo valore di sforzo (non dipendente da T) e ho trasformazione. Poi raggiungo un certo punto oltre il quale ho deformazione plastica. Poi scarico, e se scaldo recupero la forma iniziale.

Martensite → facilmente lavorabile!

Se invece lavoro a T>Af sono in campo pseudoelastico, arrivo a un certo valore di sforzo che dipende da T oltre il quale il materiale diventa martensite singola variante. Se vado ancora

oltre con la T>Md ho il classico comportamento di un metallo che si plasticizza fino a rottura.

I valori di snervamento sono diversi, cambia l’altezza del plateau. Arrivo fino a valori meccanici molto elevati.

Austenite e martensite hanno anche altre grandezze fisiche diverse, come la conducibilità, lucentezza, rugosità etc.

Modificando le % di Ni e Ti o aggiungendo un terzo elemento si possono modificare le proprietà:

 Aumento Ni → abbassa le T di transizione e aumenta resistenza austenite

 Aggiungo Fe e Cr → abbassa le T di transizione

 Aggiungo Cu → diminuisce l’isteresi e aumenta la deformabilità della martensite

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PRODUZIONE DEL NiTi

-difficoltà di produzione in serie: basta pochissima differenza nella composizione per cambiare le proprietà -costi di produzione: bisogna fare la fusione in atmosfera inerte perché alle T necessarie per fondere il titanio, questo si ossida facilmente.

STEP DI PRODUZIONE:

-si forma la lega, si lavora a freddo l’austenite e gli si impone la forma desiderata -si procede con l’annealing: si scalda, si mantiene la T, si raffredda

-caratterizzazione meccanica: durante i processi di produzione posso modificare le proprietà meccaniche quindi la caratterizzazione va fatta per ultima.

COME SFRUTTARE QUESTE PROPRIETÀ (memoria di forma e pseudoelasticità):

• recupero libero

si chiede al materiale di recuperare la deformazione. È quello che chiamiamo classicamente effetto a memoria di forma.

Tipica applicazione usata in oggetti di design o in interruttori di emergenza.

I parametri di progetto sono le 4 temperatura che determinano la memoria di forma e bisogna stare attenti alla deformazione plastica residua.

Effetto a memoria di forma a due vie:

Non è una cosa intrinseca ma si raggiunge allenando il materiale.

Ho due forme: una stabile a basse T, una stabile ad alte T. Per passare da una all’altra non ho bisogno di applicare uno sforzo, semplicemente raffreddando scaldo da una forma all’altra.

È un’applicazione interessante ma ha dei problemi:

-questo effetto si ha solo per un numero finito di cicli, dopodichè torna a un normale comportamento shape memory

-e inoltre le deformazioni che si riescono a recuperare sono inferiori al 6-8%.

• recupero vincolato

Ho un materiale in martensite. Scaldo, c’è qualcosa che blocca il recupero della forma, ma continuo a scaldare: arrivo così ad avere austenite e non più martensite. Il materiale in austenite non potendo più cambiare la forma, produce uno sforzo! Ottengo un dispositivo che produce uno sforzo che posso controllare.

Viene utilizzato nei sistemi di serraggio tra i tubi che devo unire ma non posso saldare tra loro.

I parametri di progetto sono le temperature, lo sforzo di recupero e devo fare attenzione alla plasticità residua.

• recupero vincolato con vincolo mobile (attuatore)

Ho una molla, ci applico un peso che quando la molla è in martensite la allunga. Se scaldo, la molla vuole tornare alla configurazione iniziale cioè in austenite. Quello che ottengo è un lavoro che solleva il peso.

Raffreddando e riscaldando posso fare dei cicli che generano lavoro meccanico. Quindi sto sfruttando il recupero vincolato.

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• Pseudo elasticità

La sfrutto per deformare molto i miei materiali in campo elastico. Molto sfruttata in ambito cardiovascolare!

FATICA: studiata soprattutto per la pseudo elasticità. I diagrammi che rappresentano il comportamento a fatica sono numero di cicli – ampiezza di deformazione.

Il NiTi non è sensibile solo alle deformazioni alternate ma anche alle deformazioni medie. È importante perché se penso a uno stent, dopo essersi espanso all’inizio questo è soggetto a cicli di carico, quindi la deformazione media può essere molto elevata.

CAMPO BIOMEDICALE: perché il NiTi?

 Memoria di forma + pseudo elasticità

 Grande lavorabilità della fase martensitica

 Discreta resistenza a fatica

 Resistenza a corrosione

 Resistenza al piegamento

 Compatibilità con la risonanza magnetica

 Valori di sforzo simili a quelli fisiologici

 Biocompatibile (il nichel viene trattenuto all’interno) → più dell’acciaio, meno del titanio puro AMBITI BIOMEDICALI:

 Dentale → ortodonzia

 Ortopedico → barre per correzione scoliosi, spaziatori spinali

 Strumenti chirurgici

 Micro valvole e micro pompe

 Vascolare

 Neurologico

 Stent per vari distretti → autoespandibili

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