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UN LABORATORIO DI CAMPO PERMANENTE NEL PARCO NAZIONALEDEL POLLINO: DINAMISMO VEGETAZIONALEIN FORMAZIONI PRATIVE D’ALTA QUOTA

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– L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments 69 (2): 125-133, 2014 © 2014 Accademia Italiana di Scienze Forestali doi: 10.4129/ifm.2014.2.07

DOMENICO GARGANO (*) (°) - ANTONELLA BONACCI (*) - GIUSEPPE DE VIVO (**) VITTORIA MARCHIANÒ (**) - ALDO SCHETTINO (**) - LILIANA BERNARDO (*)

UN LABORATORIO DI CAMPO PERMANENTE NEL PARCO NAZIONALE DEL POLLINO: DINAMISMO VEGETAZIONALE

IN FORMAZIONI PRATIVE D’ALTA QUOTA

(*) Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra, Università della Calabria.

(**) Ente Parco Nazionale del Pollino, Complesso Monumentale Santa Maria della Consolazione, Rotonda (PZ).

(°) Autore corrispondente; Museo di Storia Naturale della Calabria ed Orto Botanico dell’Università della Calabria, Loc.

Polifunzionale, 87036 Arcavacata di Rende (CS), Italy, tel. (+39) 0984 493113, Fax (+39) 0984 838573; domenico.gargano@

unical.it.

I ntroduzIone

Situato al margine meridionale della Catena Appenninica il Parco Nazionale del Pollino (Fig. 1), grazie ad una superficie superiore a 190.000 ha estesa su un intervallo altimetrico di oltre 2000 m, racchiude un territorio di estrema rilevanza naturalistico-ambientale. Non stupi- sce quindi il fatto che sin dalla fine del 1800 il Massiccio del Pollino e le aree ad esso limitrofe abbiamo destato l’attenzione di eminenti bota-

nici di campo. Tra questi L ongo (1893, 1894, 1902), che focalizzò molta della sua attenzione al settore nord-occidentale dell’attuale parco, ed ancora P orta , (1879) e C avara e g rande

(1913), che diedero un rilevante contributo alle conoscenze floristiche del Massiccio del Pollino in senso stretto, giusto per citarne qualcuno.

La ragione di tanto interesse va ricercata nel fatto che l’estensione e l’eterogeneità ecologica di questo territorio rappresentano solide pre- messe di una straordinaria ricchezza floristica.

L’estrema diversità ecologica e floristica rendono il comprensorio del Pollino centrale per la conservazione della biodiversità nel contesto italiano e mediterraneo. L’interesse storico dei botanici verso questo territorio ha consentito di cumulare notevoli conoscenze geobotaniche di base. Tuttavia, restano carenti le informazioni circa le possibili conseguenze su flora e vegetazione regionale delle trasformazioni ambientali in atto a grande scala: variazioni di uso del suolo e cambiamenti climatici. In tal senso, nell’ambito del progetto “Un laboratorio naturale permanente nel Parco Nazionale del Pollino: premessa conoscitiva per una gestione sostenibile”, l’Ente Parco Nazionale del Pollino ha promosso un piano di monitoraggio pluriennale delle dinamiche vegetazionali in formazioni erbacee oròfile in regime sperimentale (assenza di pascolo, manipolazione del clima). Le risposte significative, benché complesse e contrastanti, emerse dopo due soli anni di osservazione in comunità vegetali ben differenziate ecologicamente e floristicamente hanno evidenziato la necessità di approfondire lo studio dei processi dinamici di medio-periodo.

Parole chiave: cambiamenti climatici; conservazione delle biodiversità; dinamiche di vegetazione;

monitoraggio ecologico; pascoli montani.

Key words: climate change; biodiversity conservation; vegetation dynamics; long-term ecology;

mountain pastures.

Citazione - g

argano

d., B

onaCCI

a., d

e

v

Ivo

g., M

arChIanò

v., S

ChettIno

a., B

ernardo

L., 2014 – Un laboratorio di campo permanente nel Parco Nazionale del Pollino: dinamismo vegetazionale in formazioni prative d’alta quota. L’Italia Forestale e Montana, 69 (2): 125-133. http://dx.doi.

org/10.4129/ifm.2014.2.07

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Ciò ha trovato riscontro nei risultati delle di- verse indagini che in tempi successivi si sono avvicendate nell’area, come testimoniato dagli 846 taxa indicati per la sola Valle del Torrente Argentino da M aIorCa e S PaMPInato (1994), o dai 421 taxa rinvenuti in un’area di circa 100 ha da B ernardo e M aIorCa (1996) presso una singola cima montuosa delle propaggini orientali del parco. In termini più generali,

t erraCCIano (1891, 1896, 1900) elenca 1486 taxa vegetali per l’area del Pollino, un numero che si riduce a 1000 secondo g avIoLI (1932).

Tuttavia, sulla base dell’ampia variabilità del territorio e della presenza di estese aree ancora poco indagate B ernardo (2000) stima che la reale diversità floristica del Parco del Pollino possa raggiungere i 1500 taxa. Se si considera che C ontI et al. (2004) ne riportano 2619 per

Figura 1 – Collocazione del Parco Nazionale del Pollino (a); una delle specie simbolo del territorio del Pollino: Pinus leuco- dermis Antoine (b); tipiche formazioni cacuminali a P. leucodermis e Juniperus communis L. var. saxatilis Pall. presso Serra di Crispo (Terranova di Pollino, PZ) (c).

Location of the Pollino National Park (a); Pinus leucodermis Antoine, one of the most representative plants of the

Pollino mountains (b); typical scrublands with P. leucodermis and Juniperus communis L. var. saxatilis Pall. near the top of Serra

di Crispo (Terranova di Pollino, PZ) (c).

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l’intera regione Calabria, ciò significa il territo- rio del Pollino possiede una frazione prossima al 60% della diversità vegetale nota per un’a- rea circa 8 volte più estesa. In effetti, i continui nuovi rinvenimenti suggeriscono che la cono- scenza della reale ricchezza floristica del Pollino richiede ancora ulteriori approfondimenti.

Nonostante le conoscenze geobotaniche di base sul territorio del Pollino sono nel com- plesso notevoli, rimangono, tuttavia, ancora pochi gli studi a carattere ecologico- funzionale atti a valutare le possibili risposte di specie e comunità vegetali alle principali variazioni ambientali in atto, quali cambiamenti di uso del suolo e cambiamenti climatici. Eppure, le poche conoscenze disponibili lasciano intuire

che entrambi i fenomeni potrebbero avere impatti significativi sulla biodiversità dell’area del Pollino. Riguardo le dinamiche vegetazio- nali regionali, analogamente a quanto noto per l’intera realtà italiana (f aLCuCCI et al., 2007) e mediterranea (P erevoLotSky e S eLIgMan , 1998), il territorio del parco del Pollino appare teatro di rapide e significative variazioni di co- pertura del suolo (Fig. 2), frutto della coazione di fattori tanto ecologici che antropico-gestio- nali, in grado di condizionare negativamente la conservazione di habitat di pregio (g argano

et al., 2012).

Per quanto attiene i cambiamenti climatici, i risultati ottenuti dal team G.L.O.R.I.A. hanno reso evidente quanto possano essere significa-

Figura 2 – Espansione di arbusteti a Spartium junceum L. in vecchi pascoli ed aree coltivate abbandonate presso Colle Marcione (Civita, CS) (in alto); neviere vuote presso la cima di Serra del Prete (Viggianello, PZ) (in basso).

Expanding dynamics of Spartium junceum L. scrubs in abandoned pastures and cultivated areas at Colle Marcione

(Civita, CS) (on the top); empty snow-beds near the top of Serra del Prete (Viggianello, PZ) (on the bottom).

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tivi gli effetti del riscaldamento globale sull’as- setto floristico dei sistemi montuosi europei (g ottfrIed et al., 2012). Tali effetti paiono inoltre determinare conseguenze diverse sui sistemi montuosi delle regioni boreali o medio- euroepee, rispetto alle montagne mediterranee, dove le perdite di biodiversità dovute al riscal- damento risultano più marcate (e ngLer et al., 2011; P auLI et al., 2012). Questa sorta di trend latitudinale appare confermato anche lungo la catena appenninica, dato che i dati disponi- bili indicano una maggiore perdita di diversità sull’Appennino centrale rispetto a quello set- tentrionale (P auLI et al., 2012). In tale contesto la carenza di informazioni per il comprensorio del Pollino assume un rilievo cruciale, poiché riguarda il segmento appenninico potenzial- mente soggetto ai maggiori effetti del riscal- damento climatico (Fig. 2). Questo scenario è supportato dai trend pluviometrici relativi all’area del Pollino che indicano una significa- tiva tendenza all’inaridimento (f ederICo et al., 2009; 2010), fenomeno riconosciuto essere il principale fattore di rischio generato dal global change per la conservazione della biodiversità sui sistemi montuosi mediterranei (e ngLer et al., 2011; P auLI et al., 2012).

Questi presupposti hanno suggerito di av- viare un programma di monitoraggio delle di- namiche vegetazionali in formazioni erbacee oròfile in regime sperimentale (assenza di pa- scolo, manipolazione del clima) nell’ambito del progetto Un laboratorio naturale permanente nel Parco Nazionale del Pollino: premessa cono- scitiva per una gestione sostenibile, promosso dall’Ente Parco Nazionale del Pollino.

o BIettIvI e natura deL MonItoraggIo

L’attività di monitoraggio è nata con lo scopo di valutare le possibili variazioni di composi- zione e struttura floristica indotte dall’innalza- mento della temperatura media, e dall’assenza del pascolo in fitocenosi erbacee montane con differenti caratteristiche ecologiche. A tal fine, il piano di lavoro ha innanzitutto previsto studi ricognitivi volti all’identificazione di tre siti rap- presentativi di tre modelli di fitocenosi erbacee:

pascoli sassosi (Monte Serra, 1400 m s.l.m.), pa- scoli mesofitici (Piano Ruggio, 1570 m s.l.m.), e pratelli di valletta nivale (Grande Porta del Pollino, 1900 m s.l.m.). Presso ognuno dei siti individuati un’area omogenea di 10x10 m è stata poi delimitata mediante recinzione atta ad escludere il pascolo dalla superficie monitorata (Fig. 3). Questo è apparso necessario per elimi- nare gli effetti sulla composizione floristica le- gati alla pressione da pascolo che, specialmente nei siti di Piano Ruggio ed ancor di più Grande Porta del Pollino appare decisamente elevata.

In tal senso sono in corso indagini volte a quan- tificare il peso del pascolo su produttività e suc- cesso riproduttivo delle principali specie vege- tali presenti nelle aree di indagine. All’interno di ciascuna area recintata sono state, quindi, definite 8 unità di campionamento permanenti, aventi forma esagonale ed una superficie di 3,2 m

2

ca. Di queste 4 sono rappresentate da open top chambers (OTCs) con lati aventi base infe- riore, superiore ed altezza rispettivamente pari a 100, 80 e 50 cm. Tali caratteristiche geome- triche e dimensionali sono state scelte per otti- mizzare la resa delle OTCs in termini di entità e regolarità del riscaldamento generato (M arIon

et al., 1997). Le unità rimanenti hanno invece la funzione di unità di controllo (Fig. 3).

Ogni area di lavoro è stata oggetto di una

caratterizzazione ecologica che ha incluso lo

studio del regime termico, dei caratteri pedolo-

gici e di composizione e struttura floristica. In

merito alla caratterizzazione climatica, 3 OTCs

ed altrettanti controlli per ciascuna area sono

stati dotati di un sensore posto a 4 cm di pro-

fondità per la misura della temperatura (inter-

vallo di misura = 1 ora). Le analisi pedologiche

sono state effettuate mediante un profilo per

sito, ed un carotaggio per ogni unità di campio-

namento, con successive analisi di laboratorio

per la determinazione dei principali caratteri

fisici e chimici del suolo. Nel corso delle sta-

gioni 2012 e 2013 le unità di campionamento

sono state quindi sottoposte a monitoraggio

floristico-vegetazionale in sessioni periodiche

di rilevamento fitosociologico secondo il si-

stema sigmatista. L’abbondanza di ciascuna

specie rinvenuta durante i rilievi è stata stimata

in base agli indici di copertura indicati da P I -

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gnattI e M engarda (1962). Mentre, lo stato fenologico di ogni entità è stato valutato in base ad un sistema di codifica decimale in grado di comparare fenostadi omologhi di specie di- verse (M eIer , 2001), apportando le modifiche suggerite in C orneLIuS et al. (2011). In base a questo sistema, il ciclo fenologico annuale di una pianta viene scomposto in 10 fenostadi principali (con valore da 1 a 10) ciascuno di cui può essere ulteriormente diviso in 10 fasi. In tal modo è possibile descrivere il fenostadio di una pianta assegnandole un codice a due cifre (la prima relativa al fenostadio primario, e la se-

conda invece inerente la fenofase secondaria).

Le misure fenologiche hanno riguardato fino ad un massimo di 10 individui (o ramet) per ogni specie rinvenuta. Tali attività di rilevamento si sono protratte dalla primavera fino all’autunno.

Nella successiva fase di analisi dei dati si è te- nuto conto solo delle specie che hanno presen- tato un egual numero di individui (o ramet) in entrambe le condizioni (OTCs e controlli). A valle di tale selezione, sono rimasti disponibili dati fenologici relativi a 4804 individui (riferiti a 49 specie) per il sito di M. Serra, 3806 (relativi a 47 taxa) per Piano Ruggio, e 1242 (apparte-

Figura 3 – Design delle aree di studio permanenti (a), e delle unità di campionamento: OTC (b), unità di controllo (c), al centro delle unità di campionamento è visibile il testimone legato al sensore per la misurazione della temperatura del suolo. (d) Area di studio presso la Grande Porta del Pollino, sullo sfondo il versante settentrionale di M. Pollino.

Design of the permanent study areas (a), and sample units: OTC (b), control unit (c). Close to the center of each

sample unit is showed the tag with the sensor for measuring soil temperature. The study area near Grande Porta del Pollino, the

background is dominated by the northern side of Mt. Pollino (d).

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nenti a 16 specie) per Grande Porta del Pollino.

Per correlare gli effetti del protocollo di riscal- damento ai dati biologici registrati in campo, si è valutata la differenza di temperatura media tra OTCs ed unità di controllo riferita alla de- cade precedente ogni ricognizione.

S tato deLL ’ arte e ProSPettIve

I dati termici, pedologici e vegetazionali fin qui disponibili hanno evidenziato chiare dif- ferenze ecologiche tra le comunità investigate presso i diversi siti di studio (Tabella 1). Nell’a- rea di studio di M. Serra i dati di temperatura riferiti al periodo gennaio 2012 - dicembre 2012 hanno indicato una temperatura media annua di 12,4 °C e l’assenza di una fase di iso- lamento termico del suolo dovuta a copertura nevosa persistente. Per Piano Ruggio i dati rife- riti allo stesso periodo hanno invece denotato una temperatura media annua di 8,4 °C, ed una prolungata fase di isolamento per in- nevamento (dalla metà di dicembre alla metà di aprile) con stabilizzazione termica intorno a 0,56 °C. Infine, il sito della Grande Porta del Pollino ha mostrato una ulteriore diminuzione della temperatura media annua (7,0 °C), ed un prolungamento della fase di innevamento e di stasi termica (dall’inizio di dicembre a metà maggio), con un valore di riferimento per la

fase stabile pressoché identico a Piano Ruggio (0,52 °C).

I tre siti hanno esibito chiare differenze anche dal punto di vista pedologico (Tabella 1). I suoli di M. Serra risultano essere delle rendzine, quindi poco evoluti, con tessitura da media a grossolana, pH subalcalino, elevato contenuto in calcio. Mentre il suolo del sito Piano Ruggio è apparso decisamente più evoluto, con tessi- tura prevalentemente limosa, pH prossimo alla neutralità, ed un contenuto in calcio dimez- zato rispetto al caso precedente. Anche presso Grande Porta del Pollino il suolo presenta una tessitura principalmente limosa, tuttavia altri caratteri sono risultati profondamente diversi rispetto agli altri siti studiati, quali il pH fran- camente acido e la profonda decalcificazione.

Queste marcate differenze in merito a regime termico e proprietà del suolo hanno trovato riscontro anche dal punto di vista cenologico.

Infatti, dei 118 taxa identificati nell’ambito dei 408 rilievi finora effettuati nelle aree di campio- namento, ben l’84% è stato rinvenuto in una singola area di studio. Ciò appare giustificato dal fatto che le comunità indagate rappresen- tano tre tipologie di vegetazione ben differen- ziate. I pascoli sassosi di M. Serra, caratteriz- zati da entità quali Armeria canescens (Host) Ebel, Alyssum diffusum Ten. subsp. calabricum Španiel, Marhold, N.G. Passal. & Lohová, Bro- mopsis erecta (Huds.) Fourr., Festuca circum-

Parametro ecologico Monte La Serra Piano Ruggio Grande Porta del Pollino

Quota (m s.l.m.) 1400 1570 1995

Fisonomia vegetazionale Pascoli sassosi Prati mesofili Pratelli di valletta nivale

Temperatura media del suolo (°C) 12,4 8,4 7,0

Tessitura del suolo Da franco sabbioso a

franco limoso Da franco limoso a

franco argilloso Franco limoso

pH medio del suolo 7,2 6,9 4,6

Ca (media in meq/100) 44,0 20,3 1,5

No. totale di specie vegetali 63 59 22

No.medio di specie per rilievo 29,3 29,7 9,9

Tabella 1 – Principali caratteri ecologici rilevati nelle tre aree di studio permanenti. I valori riportati sono medie ottenute da misure effettuate in 8 unità di campionamento per sito. Fanno eccezione i valori di temperatura per cui si è tenuto conto delle sole unità di controllo (4 per sito).

Main ecological features of the three permanent study areas. Average values derive from measures taken in 8 sample

units per area, with the exception of temperature values, which are related to control units only (4 per site).

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mediterranea Patzke, Galium corrudifolium Vill., Pimpinella peregrina L., afferiscono in- fatti al Bromion erecti, alleanza che include le formazioni erbacee xerofitiche tipiche dei ver- santi calcarei appenninici (B IondI et al., 1995).

Invece le praterie mesofile insediate presso Piano Ruggio, che mostrano alta frequenza di Achillea millefolium L., Alchemilla xantho- chlora Rothm., Cynosurus cristatus L., Festuca microphylla (St.-Yves) Patzke, Gentiana lutea L., Plantago media L. subsp. brutia (Ten.) Ar- cang., etc., possono essere inquadrate nell’alle- anza Ranunculo-Nardion. La presenza di queste praterie mesofitiche nel comprensorio del Pol- lino è limitata ad aree montane, pianeggianti, su suoli profondi limosi o argillosi, ricchi di sostanza organica e decalcificati (B onIn , 1972;

P eruzzI e g argano , 2006; g argano et al., 2010). Infine, le comunità insediate presso la Grande Porta del Pollino risultano caratteriz- zate dalle specie tipiche degli ambienti di val- letta nivale, quali Alopecurus alpinus L. (= A.

gerardii Vill.); Gnaphalium diminutum Braun- Blanq., Poa alpina L., F. microphylla, Plantago atrata Hoppe subsp. fuscescens (Jord.) Pilg., Trifolium repens L. subsp. prostratum Nyman.

In accordo con t oMaSeLLI et al. (2003) queste formazioni possono essere ascritte all’associa- zione Bellidi pusillae-Alopecuretum gerardii. In base ai rilievi floristici è emersa una maggiore affinità tra la vegetazione di Piano Ruggio e quella di Grande Porta del Pollino. Ciò con- ferma che la vegetazione di valletta nivale può essere ritenuta una componente specializzata dei prati mesofili del Ranunculo-Nardion (t o -

MaSeLLI et al., 2003; g argano et al., 2010).

Nonostante le sostanziali differenze floristiche (Tabella 1), le comunità di M. Serra e Piano Ruggio hanno denotato, però, livelli di biodi- versità vegetale comparabili (M. Serra: Totale specie = 63, No. medio di specie per rilievo = 29,3; Piano Ruggio: Totale specie = 59; No.

medio di specie per rilievo = 29,7). D’altro canto, come evidente in Tabella 1, presso l’a- rea di Grande Porta del Pollino la ricchezza di specie è risultata invece estremamente ridotta (Totale specie = 22; No. medio di specie per rilievo = 9,9). Ciò evidenzia il carattere di forte specializzazione di questo tipo di vegetazione

ad un ambiente reso “estremo” da vari fattori ecologici quali: limitata ampiezza del periodo di accrescimento, acidità del suolo.

Riguardo l’entità del riscaldamento indotto, confrontando i valori di temperatura media dei 10 giorni precedenti ciascun rilievo, è risultato che le OTCs hanno determinato un aumento della temperatura media rispetto alle unità di controllo di circa 0,8 °C presso M. Serra, di 0,4 °C presso Piano Ruggio, e di 0,5 °C presso Grande Porta del Pollino. I dati floristici sug- geriscono una diversa risposta delle fitocenosi indagate allo scenario di riscaldamento impo- sto. Nel sito di M. Serra, il numero di specie os- servato nelle OTCs è risultato leggermente più elevato (in media 0,3 specie in più per rilievo) rispetto alle unità di controllo. Mentre, presso Piano Ruggio nelle unità soggette a riscalda- mento è emersa una riduzione della diversità vegetale osservata (in media -1,3 specie per ri- lievo) rispetto ai controlli. Infine, alla Grande Porta del Pollino il riscaldamento sperimentale ha prodotto solo una lieve riduzione del nu- mero di specie osservate (in media -0,2 spe- cie per rilievo). Le fitocenosi indagate hanno denotato un comportamento diverso anche in merito all’effetto delle OTCs sullo stato fenolo- gico delle specie. Presso il sito M. Serra i dati riferiti a 4804 individui equiripartiti tra unità di controllo ed OTCs hanno suggerito un anticipo fenologico in queste ultime (fenostadio medio

= 63,1) rispetto ai controlli (fenostadio medio

= 62,2). Mentre, a Piano Ruggio l’esame dello stato fenologico di 3806 individui, anche in tal caso equamente distribuiti tra i due trattamenti, ha indicato un rallentamento fenologico all’in- terno delle OTCs (fenostadio medio = 45,9) ri- spetto alle unità di controllo (fenostadio medio

= 52,7). Questo è parso dovuto al fatto che di- verse specie hanno presentato tassi di fioritura più bassi all’interno delle OTCs, un esempio è dato da Gentiana lutea che nell’arco dei due anni non ha mostrato alcuna pianta fiorita tra quelle soggette a riscaldamento. Infine, nel sito di Grande Porta, i dati relativi a 1242 individui hanno evidenziato una sostanziale uniformità fenologica tra OTCs (fenostadio medio = 56,7) ed unità di controllo (fenostadio medio = 56,9).

Quanto finora ottenuto conferma che gli

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organismi vegetali possono esprimere rispo- ste profondamente diverse all’innalzamento della temperatura. In buona parte, le con- seguenze del riscaldamento del clima sulle comunità vegetali possono dipendere dalla diversa capacità di mantenere un’adeguata fit- ness riproduttiva da parte delle specie che le compongono (a BeLI et al., 2012). In tal senso, nell’ambito del sistema studiato, la comunità mesofila di Piano Ruggio sembra mostrare i limiti maggiori. Inoltre, le scarse risposte os- servate presso Grande Porta del Pollino, con- fermano che le formazioni più marcatamente orofile possiedono una limitata capacità nel modulare i propri bioritmi al variare delle condizioni ambientali rispetto a quelle a ca- rattere mediterraneo. Tale caratteristica può rendere la vegetazione di valletta nivale scar- samente competitiva in un mondo soggetto a rapido mutamento (B aPtISt et al., 2009).

Appare comunque necessario proseguire le attività di monitoraggio, per poter valutare le risposte sul medio termine delle formazioni che sono apparse resistenti sul breve periodo, e per comprendere meglio il significato delle varia- zioni floristiche e fenologiche fin qui osservate.

r IngrazIaMentI

Tutte le attività descritte sono state suppor- tare finanziariamente dall’Ente Parco Nazio- nale del Pollino nell’ambito del progetto “Un laboratorio naturale permanente nel Parco Na- zionale del Pollino: premessa conoscitiva per una gestione sostenibile”.

SUMMARY A permanent field laboratory in the Pollino National Park:

vegetation dynamics in mountain herbaceous communities By virtue of its ecological and floristic diversity, the Pollino National Park plays a key role for biodiversity conservation in the Mediterranean context. The histori- cal interest of botanists for this areas has provided a lot of descriptive information on its flora and vegetation.

Nonetheless, data concerning the effects of current envi- ronmental transformations (i.e. land-use changes, climate warming) on local plant richness are still poor. For this reason, the Ente Parco Nazionale del Pollino has promo-

ted a long-term monitoring plan to investigate biodiversity variations in orophylous herbaceous vegetation under two experimental scenarios: absence of grazing, and climate warming. To date, two years of observation revealed si- gnificant but contrasting responses in plant communities well differentiated by ecological and floristic features. To better understand the biodiversity variations caused by the experimental regime, the monitoring trials need to be continued over a longer timeframe.

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