Università degli Studi di Padova
Facoltà di Medicina e Chirurgia
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN TECNICHE DELLA PREVENZIONE NELL’AMBIENTE E NEI LUOGHI DI LAVORO
Presidente Ch.mo Prof. Bruno Onofrio Saia
TESI DI LAUREA
DALLA PRODUZIONE DI ENERGIA ALLA CURA DELL’AMBIENTE
R
ELATORE:
C
H.
MOP
ROF. A
LBERTOM
IRANDOLAC
ORRELATORE:
P
.
I. G
IANP
AOLOZAMPROGNA
L
AUREANDO:
R
INALDOM
ASCHIOMATR
. 570008 - TPA
ANNO ACCADEMICO 2006 – 2007
INDICE
a Marilena
Claudia
Nicola
Michelangelo
INDICE
PREMESSA………..……….... 5
ORIGINI STORICHE... 7
PROBLEMA ENERGETICO ... 9
INQUINAMENTO AMBIENTALE...11
. INQUINAMENTO DELL’ATMOSFERA...12
PROTOCOLLO DI KYOTO……….14
LE FONTI ENERGETICHE...15
BIOMASSA ...16
TECNOLOGIE DI IMPIEGO...…18
PROCESSI TERMOCHIMICI……….18
− combustione diretta………19
− carbonizzazione……….19
− pirolisi………19
− gassificazione……….20
− steam explosion (SE)……….20
PROCESSI BIOCHIMICI………21
− La digestione anaerobica………..21
− La digestione aerobica……….22
− La fermentazione alcolica………22
− Estrazione oli vegetali e produzione di biodiesel……….23
Il BIOGAS UNA POLITICA ENERGETICO-AMBIENTALE ………24
− Risultati del censimento INCENTIVI AL BIOGAS………...32
I TIPI DI IMPIANTI E LORO RENDIMENTI………..….34
− Impianti con turbine a vapore………..34
− Impianti con turbine a gas………34
− Impianti con motori a combustione interna………..35
− Impianti idroelettrici……….35
− Impianti nucleari………35
LA COGENERAZIONE………..37
TABELLE CONSUMI ENERGETICI………..……….………….……42
L’IMPIANTO DI BIOGAS IN UN’AZIENDA AGRICOLA DI 1000 CAPI BOVINI...45
− Introduzione………45
− Panoramica dell’impianto………..………47
− Descrizione dell’impianto di biogas………..48
− Portata co-fermenti e tempi di servizio……….……….57
− Effetti della fermentazione biochimica sulla composizione del substrato fermentato………..………….………...57
− Emissioni ed effetti……….58
− Anomalie di funzionamento………59
− Sorveglia del processo………60
− Sicurezza sul lavoro………..………..62
− Spandimento del substrato………….……….62
− Triangolo di Ostwald………..63
ITER AUTORIZZATIVO DEL PROGETTO……….………70
CONCLUSIONI……….……….……….74
RELAZIONE FINALE……….72
BIBLIOGRAFIA.………..………..……… 76
RINGRAZIAMENTI………78
PREMESSA
L’ambiente che ci circonda e l’ambiente che respiriamo giorno per giorno risulta essere sempre più malato a causa delle molteplici emissioni inquinanti provenienti dall’industria, dai trasporti, dal riscaldamento domestico, le impiantistiche obsolete, dalla decomposizione di prodotti organici e di rifiuto. Il mio intento è quello di incoraggiare, stimolare sempre più la produzione di energia alternativa attraverso l’impiego di biomasse; in particolare dei liquami zootecnici, scarti agroindustriali, frazione organica differenziata dei rifiuti urbani (con il trattamento anaerobico) al fine di avere come risultato una riduzione di tanti inquinanti che sono causa dell’effetto serra.
Dall’industria sarà sempre più difficile arrivare ad una riduzione delle emissioni inquinanti poiché è consolato un sistema di microimprese di conseguenza meno controllabili, come affermato anche dai nostri ministri a livello europeo. Nonostante l’avvio di politiche di riduzione delle emissioni di gas serra, nel periodo tra il 1990 e il 2003 in ITALIA si è osservato un aumento di tali emissioni dell’11,6% si è quindi lontani dagli obbiettivi di riduzione fissati con il protocollo di Kyoto.
In merito ricordiamo che l’Italia è uno dei firmatari del protocollo di Kyoto ratificato con la legge 102 del Giugno del 2002 che prevede la riduzione delle emissioni del 6,5 % entro il 2008-2010 rispetto ai livelli di emissione di C0
2CH
4protossido di azoto del 1990, mentre per i gas FLUORURATI la possibilità di scelta tra il 1990 o 1995 come anno base.
Il trattamento anaerobico dei liquami in un contesto di estrema e continua necessità energetica e di elevato rischio ambientale risulta oggi un sistema di grande interesse, in grado di offrire molteplici vantaggi quali:
1) Produzione di energia: il trattamento anaerobico in condizioni controllate porta alla degradazione della sostanza organica e alla produzione di biogas. La cogenerazione di energia elettrica e calore mediante combustione del biogas risulta economicamente vantaggiosa sia per autoconsumo aziendale, sia per cessione a terzi, incentivata dalle recenti normative su produzione di energia da fonti rinnovabili.
2) Abbattimento di odori ed emissioni inquinanti (NH
3e CH
4): le sostanze maleodoranti che
eventualmente si formano durante il processo (acido solfidrico, ammoniaca) vengono
3) Stabilizzazione dei liquami: l’abbattimento del carico organico carbonioso ottenibile in digestione anaerobica conferisce al liquame una sufficiente stabilità anche nei successivi periodi di stoccaggio; si ha un rallentamento dei processi degradativi e fermentativi con conseguente diminuzione nella produzione di composti maleodoranti.
4) Riduzione della carica patogena: la digestione anaerobica in mesofilia può ridurre parzialmente le eventuali di cariche patogene presenti nei liquami. Operando in termofilia è possibile invece ottenere la completa igienizzazione del liquame con la completa distruzione dei patogeni.
5) Riduzione di conseguenza dell’impiego di sostanze fossili per la produzione di energia responsabili della produzione di CO
2(gas serra).
Layout di uno schema di un impianto per la produzione di biogas
ORIGINI STORICHE
Durante il corso della storia il rapporto tra l’uomo e l’ambiente è cambiato al variare delle sue esigenze.
L’uomo è un animale che in origine viveva come tutti gli altri animali, delle risorse fornite dal proprio ambiente affidando la propria sussistenza alle attività della raccolta di vegetali, della caccia e della pesca. Con la scoperta del fuoco e dell’agricoltura l’uomo passò dalla raccolta alla produzione artificiale di cibo, acquisendo, nello stesso tempo, la capacità di modificare il territorio in cui viveva, molto di più degli altri animali.
Pur avendo esercitato enormi ripercussioni sullo sviluppo della civiltà, le trasformazioni compiute nelle economie agricole del passato (ad es. lo sfruttamento dell’energia animale, l’invenzione rivoluzionaria della ruota, l’invenzione dell’aratro ecc.) avvenivano in maniera assai lenta e graduale, lasciando alla natura il tempo di adattarsi alle nuove condizioni ambientali imposte dall’uomo (aumento dello sfruttamento dei suoli, aumento della popolazione ecc.). Le economie agricole, inoltre, riuscivano a mantenere una sorta di equilibrio naturale tra i materiali estratti dal suolo (sotto forma di prodotti commestibili, legname, materie prime) e gli “scarti” delle attività dell’uomo (rifiuti solidi, prodotti del metabolismo umano ed animale). I rifiuti solidi, essendo prevalentemente costituiti da materiale organico biodegradabile (legno, pelle, fibre tessili animali e vegetali), potevano essere interrati o semplicemente sparsi sul terreno e venivano rapidamente degradati. Anche il problema delle acque reflue urbane, sorto con la nascita delle prime grandi città, poteva essere risolto in passato abbastanza efficacemente convogliando i liquami nei corsi d’acqua e nei mari, dove essi venivano diluiti e trasformati in prodotti innocui.
Con la prima rivoluzione industriale e le prime scoperte tecnologiche l’uomo inizia a
cambiare il suo modo di lavorare e di vivere, sorgono le prime fabbriche e le prime città
industriali ma è solo con l’inizio del Novecento, che parallelamente ad un incremento
consistente della popolazione, si assiste alla seconda rivoluzione industriale che invece
trasforma radicalmente la vita quotidiana dell’uomo: é l’inizio del consumismo, dell’utilizzo
di massa di beni (automobili), dell’utilizzo del petrolio e dei suoi derivati come fonte di
energia, dei primi grandi magazzini per la distribuzione di massa, delle grandi industrie
automobilistiche, meccaniche e chimiche; le conquiste tecnologiche vengono adoperate per
sviluppare proprio quei settori dell’industria che producono beni di consumo capaci di dare
maggiori profitti, trascurando invece quelli socialmente più utili e con meno impatto
Ora il problema dell’accumulo nell’ambiente dei prodotti del “metabolismo” delle attività dell’uomo è diventato molto grave: il vecchio sistema della diluizione non è più sufficiente a smaltire le grandi quantità di liquami prodotti giornalmente nelle grandi città ed anche i rifiuti solidi stentano a trovare una collocazione opportuna, dato che sono costituiti in misura sempre crescente da materiali difficilmente degradabili, come i metalli, la plastica ecc.
Oltre a questi problemi l’aria delle zone industriali ed urbane densamente popolate incomincia ad essere contaminata da quantità crescenti di varie sostanze potenzialmente dannose, come i gas liberati dalla combustione dei derivati del petrolio, i vapori di solventi, le particelle di fuliggine contenenti metalli pesanti, pesticidi ecc.
Le attività produttive di massa introducono nell’ambiente agenti inquinanti di natura assai varia che contaminano l’atmosfera, le acque ed il suolo, persistendovi in taluni casi molto a lungo. Ne sono esempi: gli scarichi di liquami industriali nelle acque dei fiumi, le sostanze petrolifere riversate in mare (disastri ecologici), i rifiuti sia domestici che chimici, i gas ed i fumi prodotti dalle combustioni, i pesticidi ed i fertilizzanti utilizzati in agricoltura, le scorie di materiale radioattivo delle centrali termonucleari.
A partire dalla seconda rivoluzione industriale il problema ambientale è dunque divenuto sempre più grave fino ad arrivare al XX secolo in cui il problema è divenuto emergenza. Molte sono le emergenze planetarie che oggi devono essere affrontate (acqua, inquinamento, cambiamenti climatici ecc) e altrettante sono le iniziative che vengono intraprese per rispondere a tali emergenze.
Attualmente, infatti, la tutela ambientale è divenuto un problema globale molto
sentito(soprattutto nei paesi industrializzati); tuttavia in passato e per lungo tempo, il rispetto
dell’ambiente ha rappresentato, un vincolo, se non addirittura un ostacolo, alla crescita
economica.
PROBLEMA ENERGETICO
Il problema della scarsità delle risorse va ad incidere soprattutto sulla produzione di energia e quindi di riflesso sulle attività produttive che vanno avanti appunto grazie all’energia e quindi va ad incidere sull’economia di un paese in generale e può mettere in rischio le generazioni future.
In particolare lo sfruttamento frenetico delle risorse per produrre energia inizia con la prima fase del processo di industrializzazione, agli inizi della rivoluzione industriale (primo
‘700). E’ in questa fase che si inizia ad estrarre il carbone, a fondere, a lavorare il ferro e si iniziano a trasportare le merci tramite ferrovia e per mare grazie alla creazione delle macchine a vapore.
Nella seconda fase della rivoluzione industriale (fine ‘800) ci si sposta sull’uso dell’energia elettrica, c’è l’avvento dei motori a combustione interna, le automobili, gli aeroplani e lo sviluppo d’industrie chimiche e metallurgiche; il petrolio diviene, in questa fase, sia una materia prima industriale, sia un combustibile. Nella terza fase (fine XX secolo) si ha uno sviluppo rilevante della tecnologia ed in particolare l’uso dei calcolatori e dell’informatica, sviluppo di materiali avanzati, passaggio all’optoelettronica, sviluppo delle biotecnologie.
Attualmente in Europa circa la produzione di energia un ruolo marginale è svolto dall’energia nucleare; il nucleare, infatti, non serve a produrre energia ma energia elettrica ed il contributo dato in Europa è circa del 35% sul totale della produzione elettrica, tant’è vero che è la prima fonte di produzione elettrica davanti al carbone.
Per quanto riguarda tutte le altre forme di energia in Europa i combustibili fossili rappresentano l’80% del consumo energetico e in assenza di interventi le importazioni di tali combustibili raggiungeranno tra 20 o 30 anni il 70% del fabbisogno globale. Questa dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili implica rischi:
• Fisici: le riserve petrolifere del mare del nord saranno esaurite verso il 2O3O-2O5O, incidenti alle infrastrutture o un avvenimento politico /militare possono spezzare la catena di approvvigionamento; forte impatto ambientale di tali infrastrutture e dei residui del consumo di tali combustibili.
• Economici: volatilità dei prezzi del petrolio greggio e dei prezzi del gas indicizzati su
quelli del petrolio causata da una percezione generalizzata di una rottura fisica
Il sistema energetico italiano quindi non è esente da tali rischi. Nell’ottica di uno sviluppo sostenibile sono quindi necessarie alcuni azioni prioritarie:
1) Aumentare il rendimento energetico del sistema elettrico nazionale.
2) Diversificare le fonti energetiche
3) Ridimensionare le emissioni ambientali
INQUINAMENTO AMBIENTALE
Parliamo di inquinamento ambientale quando varia la composizione naturale di aria, acqua e suolo provocata dall’immissione nell’ambiente di agenti inquinanti provenienti dalle attività umane. Che interferiscono con l’ambiente mettendo in pericolo:
. la crescita delle specie viventi
. la salute umana
. il territorio
Tali agenti sono contenuti nei prodotti di largo consumo che troviamo tranquillamente sul mercato le materie plastiche, i pesticidi, i medicinali, le vernici, le batterie, benzine e prodotti tossici.
L’inquinamento ambientale quindi si può definire come il frutto rapporti di causa effetto la causa è rappresentata dall’aspetto ambientale, elemento dell’attività dei prodotti o dei servizi di una organizzazione che può interagire con l’ambiente(una aspetto ambientale significativo:è aspetto che ha o può avere un impatto ambientale importante),mentre l’effetto è rappresentato da qualunque cambiamento dell’ambiente che deriva dalle attività suddette.
Riguardo all’inquinamento ambientale ha un ruolo importante la cosiddetta prevenzione dell’inquinamento che consiste nell’impiego di processi, pratiche, materiali o prodotti che evitano, riducono o controllano l’inquinamento; tra questi processi troviamo il riciclaggio, il trattamento, meccanismi di controllo, un uso efficiente delle risorse sostituzione dei materiali, l’impiego di energie alternative
I principali cambiamenti operati dall’attività dell’uomo e che hanno dunque provocato l’inquinamento ambientale, sono riconducibili a:
Produzione dì emissioni in atmosfera: che provoca l’inquinamento dell’aria, modifiche al microclima, piogge acide e effetto serra.
Produzione di scarichi liquidi: causa l’inquinamento delle acque, e la perdita di habitat.
Perdita e versamenti da cisterne: causano la contaminazione del sottosuolo e del suolo.
Produzione di rifiuti: inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria
Utilizzo sfrenato di fonti di energia: causano lo spreco delle risorse naturali e di materie prime.
Modifiche urbanistiche: deforestazione, danni al paesaggio
L’alterazione degli ecosistemi con l’estinzione di specie viventi (biodiveristà)
L’INQUINAMENTO DELL’ATMOSFERA
L’inquinamento in atmosfera si ha quando uno o più prodotti inquinanti o miscele di essi si ritrovano nell’atmosfera, in quantità tali o per tempi tali da divenire nocivi per gli uomini, gli animali, le piante e mettere questi ultimi in pericolo o disturbare le attività ed il benessere di questi.
Tra gli effetti dell’inquinamento atmosferico troviamo:
1. Effetti sulla salute dell’uomo, degli animali e insetti 2. Effetti sulla vegetazione
3 Effetti sui beni prodotti dall’uomo (monumenti, tessuti ecc.)
4. Effetti sul clima e sulle condizioni meteorologiche (smog, aumento radiazioni solari e della temperatura, terrestre piogge acide, effetto serra,ecc..)
Partendo da una dimensione spazio-temporale, l’inquinamento atmosferico ha raggiunto oggi un carattere globale la causa dell’impoverimento dello strato di ozono stratosferico (protettivo nei riguardi delle radiazioni UV) e dei drastici cambiamenti climatici, ed ha effetti, oltre che sulla salute dell’uomo e delle piante, anche sui beni prodotti e sulle condizioni merceologiche.
La normale composizione dell’atmosfera è la seguente: azoto (N
2) al 78%, ossigeno (0
2) al 21%, argon (Ar) 0,09%, anidride carbonica (C0
2) allo 0,03% ed altri elementi presenti in tracce.
Nel momento in cui questa composizione è alterata si ha inquinamento atmosferico composizione è
alterata dalle emissioni di sostanze di origine:
1. Antropica derivante dalla combustione dei combustibili fossili metano, legno, carbone petrolio che altera il ciclo naturale del carbonio.
2. Naturale: tra cui l’inquinante derivante dalla respirazione, processi di degradazione macrobiotica, fenomeni vulcanici, alterazioni chimiche delle rocce, trasformazioni interne alla terra di minerali.
Sostanze che alterano gli equilibri dell’atmosfera modificandone la composizione naturale dello:
a) Ozono troposferico: inquinante secondario
b) Ozono stratosferico: è un potente assorbitore di raggi UV dannosi per i sistemi biologici (soprattutto per l’uomo, dato che interagiscono con il DNA e provocano malattie tumorali della pelle.
GAS AD EFFETTO SERRA
Sorgenti Concentrazione PRG
1860 2003 100 anni
CO
2Combustione,
deforestazione
228 ppm 370 ppm 1
CH
4Bestiame, risaie, termitai 848 ppb 1839 ppb 23
O
3Processi fotochimica 25 ppb 50 ppb -
N
2O Combustioni, fertizzanti 285 ppb 310 ppb 296
CFC Refrigeranti, espandenti Assente 10
2ppt 10
3– 10
4HFC Refrigeranti, espandenti Assente 10
2ppt 10
1– 10
4PFC Produzione industriale Assente 10
2ppt 10
4SF
6Isolanti Assente Ppt 22200
Potenziale di Riscaldamento Globale (PRG)
Indica il rapporto tra il riscaldamento introdotto da un generico gas-serrra e quello introdotto dalla stessa
quantità di CO
2nel corso di uno specifico periodo di tempo .
PROTOCOLLO DI KYOTO
Il protocollo di Kyōto è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il riscaldamento globale sottoscritto nella città giapponese di Kyōto l'11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Conferenza della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Questo impegno prevede che i Paesi aderenti riducano l’emissione di alcuni gas-serra. L’entità della riduzione rispetto all’anno di riferimento (1992) varia da Paese a Paese. Dovrebbe essere dell’8% per la CE, del 7% per gli USA e del 52% in media per i Paesi industrializzati.
I gas presi in considerazione sono:
Biossido di carbonio (CO
2) Metano (CH
4)
Ossido di azoto (N
20) - Idrofluorocarburi (“HFC”) - Perfluorocarburi (“PFC”) - Esafluoruro di zolfo (SF
6)
(i clorofluorocarburi, “CFC”, sono anch’essi gas serra non vengono presi in considerazione in quanto sono già normati dal protocollo di Montreal che mira alla tutela dello strato di ozono).
Il protocollo di Kyoto cronologia Firma: 11 dicembre 1997
Ratifica da parte Dell’Italia: 1 giugno 2002 Ratifico da parte della Russia: 18 novembre 2004.
Entrata in vigore: 16 febbraio 2005
LE FONTI ENERGETICHE
ENERGIE “NON RINNOVABILI”
Sono dette energie non rinnovabili quelle fonti di energia derivanti da risorse finite che tendono ad esaurirsi sulla scala dei tempi umani, diventando sempre più costose o troppo inquinanti per l'ambiente.
Le principali sono:
Petrolio gas naturale Carbone Idroelettrica Nucleare
FONTI ENERGETICHE “RINNOVABILI”
Sono da considerarsi energie rinnovabili quelle forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono "esauribili" nella scala dei tempi
"umani" e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future.
Le energie rinnovabili - energia eolica, solare (termica e fotovoltaica), idraulica, mareomotrice, geotermica e da biomassa - sono un’alternativa fondamentale ai combustibili fossili. Il loro impiego permette di ridurre non soltanto le emissioni di gas a effetto serra provenienti dalla produzione e dal consumo di energia, ma anche la dipendenza dell’Unione europea (UE) dalle importazioni di combustibili fossili (in particolare gas e petrolio).
Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di una quota del 20% di energie rinnovabili nel proprio mix energetico, l’UE prevede di potenziare gli sforzi nei settori dell’elettricità, del riscaldamento e del raffreddamento nonché in quello dei biocarburanti. Nel settore dei trasporti, che dipende quasi esclusivamente dal petrolio, la Commissione auspica che la quota minima per i biocarburanti nel consumo totale di carburante, fissata al 5,75% come obiettivo specifico per il 2010, per il 2020 sia portata al 10%.
L’Italia detiene il primato in Europa di veicoli pro-capite 60 su 100 abitanti mentre la
BIOMASSA
DEFINIZIONE
Si definisce biomassa qualsiasi sostanza di matrice organica, vegetale o animale, destinata a fini energetici o alla produzione di ammendante agricolo, e rappresenta una sofisticata forma di accumulo dell’energia solare.
La brevità del periodo di ripristino fa sì che le biomasse rientrino tra le fonti energetiche rinnovabili, in quanto il tempo di sfruttamento della sostanza è paragonabile a quello di rigenerazione. Poiché nel concetto di rinnovabilità di una fonte energetica è insita anche la sostenibilità ambientale, sarà necessario che le biomasse, con particolare riferimento a quelle di origine forestale, provengano da pratiche aventi impatto ambientale trascurabile o nullo (es.
le operazioni di manutenzione boschiva).
Non sono invece considerati biomasse alcuni materiali, pur appartenenti alla chimica organica (come le materie plastiche e i materiali fossili), perché non rientrano nel concetto con cui si intendono i materiali organici qui presi in considerazione.
Quando si bruciano le biomasse (ad esempio la legna), estraendone l’energia immagazzinata nei componenti chimici, l’ossigeno presente nell’atmosfera si combina con il carbonio delle piante e produce, tra l’altro, anidride carbonica, uno dei principali gas responsabile dell’effetto serra. Tuttavia, la stessa quantità di anidride carbonica viene assorbita dall’atmosfera durante la crescita delle biomasse. Il processo è ciclico.
Fino a quando le biomasse bruciate sono rimpiazzate con nuove biomasse, l’immissione netta di anidride carbonica nell’atmosfera è nulla.
La Biomassa utilizzabile ai fini energetici consiste in tutti quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come combustibili ovvero trasformati in combustibili solidi, liquidi o gassosi.
Sono quindi biomasse, oltre alle essenze coltivate espressamente per scopi energetici,
tutti i prodotti delle coltivazioni agricole e della forestazione, compresi i residui delle
lavorazioni agricole e della silvicoltura, gli scarti dei prodotti agro-alimentari destinati
all’alimentazione umana o alla zootecnia, i residui, non trattati chimicamente, dell’industria
della lavorazione del legno e della carta, tutti i prodotti organici derivanti dall’attività
biologica degli animali e dell’uomo, come quelli contenuti nei rifiuti urbani (la “frazione organica” dei Rifiuti).
Nell’eccezione più generale si può quindi considerare Biomassa tutto il materiale di origine organica sia vegetale, sia animale, ma per schematizzare meglio questo settore si possono prendere in considerazione le tre principali filiere che lo rappresentano:
• Filiera del legno
• Filiera dell’agricoltura
• Filiera degli scarti e dei rifiuti
Per esemplificare qualche tipologia di biomassa, tra le più comuni, si possono citare:
I combustibili solidi, liquidi o gassosi derivati da questi materiali (direttamente o in
seguito a processi di trasformazione) sono definiti biocombustibili, mentre qualsiasi forma di
energia ottenuta con processi di conversione della biomassa è definita bio-energia.
TECNOLOGIE D’IMPIEGO
L’utilizzo delle biomasse presenta una grande variabilità in funzione dei tipi dei materiali disponibili e, nel tempo, sono state sviluppate molte tecnologie di conversione energetica, delle quali alcune possono considerarsi giunte ad un livello di sviluppo tale da consentirne l’utilizzazione su scala industriale, altre, invece, più recenti e molto complesse, necessitano di ulteriore sperimentazione al fine di aumentare i rendimenti e ridurre i costi di conversione energetica.
I processi utilizzati attualmente sono riconducibili a due categorie: processi termochimici e processi biochimici, all’interno dei quali si suddividono le tecnologie attualmente disponibili, tra i quali – ad eccezione della combustione diretta – tutte le altre rappresentano pretrattamenti, mirati ad aumentare la resa termica, a sfruttare sino in fondo il materiale disponibile, a migliorarne la praticità di trasporto ed impiego e le caratteristiche di stoccaggio oppure a ridurre residui dopo l’utilizzazione.
Processi termochimici
I processi di conversione termochimica sono basati sull’azione del calore che permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia e sono utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N abbia valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30% (tali valori sono indicativi di riferimento). Ad esempio, 1 kg di legna secca (15% umidità residua) fornisce 4,3 kWh di energia e, quindi, 3 kg di legno equivalgono ad 1 kg di gasolio mentre 2,3 kg di legno corrispondono a 1 m³ di metano.
Le biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica tal quale sono:
• La legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, etc.),
• Sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi, etc.)
• scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, etc.).
1. Combustione diretta
È il più semplice dei processi termochimici e consiste nell’ossidazione completa del combustibile a H
2O e CO
2; è attuata, in generale, in apparecchiature (caldaie) in cui avviene anche lo scambio di calore tra i gas di combustione ed i fluidi di processo (acqua, olio diatermico, etc.). La combustione di prodotti e residui agricoli si attua con buoni rendimenti, se si utilizzano come combustibili sostanze ricche di glucidi strutturati (cellulosa e lignina) e con contenuti di acqua inferiori al 30%. I prodotti utilizzabili a tale scopo sono i seguenti:
- legname in tutte le sue forme (cippato e pellet); – paglie di cereali; – residui di raccolta di legumi secchi; – residui di piante oleaginose (ricino, catramo, etc.); – residui di piante da fibra tessile (cotone, canapa, etc.); – residui legnosi di potatura di piante da frutto e di piante forestali; – residui dell’industria agro-alimentare.
2. Carbonizzazione
È un processo di pretrattamento del materiale vegetale che consiste nell’alterazione termochimica delle biomasse mirato a conferirle migliori caratteristiche attraverso la trasformazione delle molecole strutturate dei prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale), mediante somministrazione di calore in presenza di poco ossigeno e la conseguente eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili non combustibili dalla materia vegetale.
3. Pirolisi
È un processo di degradazione termochimica di materiali organici, attraverso l’azione
del calore, a temperature elevate (tra 400 e 800°C), in completa assenza degli agenti ossidanti
(aria o ossigeno) o con una ridottissima quantità di ossigeno (in questo caso il processo può
essere descritto come una parziale gassificazione). Dalla pirolisi si ottengono prodotti gassosi,
liquidi e solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi utilizzati (pirolisi veloce, lenta, o
convenzionale) e dai parametri di reazione. La produzione di energia basata su questa tecnica
presenta ancora alcuni problemi connessi alla qualità dei prodotti così ottenuti, che non ha
ancora raggiunto un livello sufficientemente adeguato rispetto alle applicazioni (con turbine a
dimensioni che utilizzano olio da pirolisi, e per impianti di piccola taglia che usano i prodotti pirolitici con motori a ciclo diesel.
4. Gassificazione
Il processo consiste nella trasformazione in combustibile gassoso di un combustibile solido o liquido, nel caso specifico della biomassa, attraverso una decomposizione termica (ossidazione parziale) ad alta temperatura (900÷1.000°C). Il gas prodotto è una miscela di H
2, CO, CH
4, CO
2, H
2O (vapore acqueo) e N
2, accompagnati da ceneri in sospensione e tracce di idrocarburi (C
2H
6). La proporzione tra i vari componenti del gas varia notevolmente in funzione dei diversi tipi di gassificatore, dei combustibili e del loro contenuto di umidità.
Questo gas (detto gas di gasogeno) è di potere calorifico inferiore medio-basso, (oscilla tra i 4.000 kJ/Nm³ dei gassificatori ad aria, i 10.000 kJ/Nm³ dei gassificatori a vapor d’acqua ed i 14.000 kJ/Nm³ di quelli ad ossigeno).
La tecnologia presenta ancora alcuni problemi, principalmente per il non elevato potere calorifico dei gas ottenuti e per le impurità il loro presenti (polveri, catrami e metalli pesanti).
Inoltre, l’utilizzo del gas di gasogeno quale vettore energetico è limitato per i problemi connessi ai costi dello stoccaggio e del trasporto, causa il basso contenuto energetico per unità di volume rispetto ad altri gas. Per rendere economicamente più valido questo processo si trasforma il gas in alcool metilico (CH
3OH), che può essere impiegato per l’azionamento di motori. Il metanolo, caratterizzato da un potere calorifico inferiore dell’ordine di 21.000 kJ/kg, può essere successivamente raffinato per ottenere benzina sintetica, con potere calorifico analogo a quello delle benzine tradizionali.
5. Steam Explosion (SE)
È un trattamento innovativo, a basso impatto ambientale, mediante il quale si può ottenere una vasta gamma di prodotti, utilizzando come materia prima le biomasse vegetali.
Rispetto agli altri processi di pretrattamento, lo SE presenta il vantaggio fondamentale di separare in tre differenti correnti le frazioni costituenti i comuni substrati vegetali (emicellulosa, cellulosa, lignina) rendendo possibile l’utilizzazione totale delle biomasse.
Il processo consiste nell’uso di vapore saturo ad alta pressione per riscaldare
rapidamente legno, o qualsiasi altro materiale lignocellulosico, in un reattore che può essere
ad alimentazione continua o discontinua.
Si citano anche la Co-Combustione e la Co-Gassificazione volti a utilizzare nello stesso impianto le biomasse insieme a combustibili tradizionali come il carbone o i derivati dal petrolio.
Processi biochimici
I processi di conversione biochimica sono dovuti al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni e vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e l’umidità alla raccolta superiore al 30%.
Risultano idonei alla conversione biochimica:
• Colture acquatiche
• Alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.)
• Reflui zootecnici
• scarti di lavorazione (borlande, acqua di vegetazione, etc.)
• Biomassa eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate 1. La digestione anaerobica
È il processo di fermentazione (conversione biochimica) della materia organica ad opera di micro-organismi in assenza di ossigeno; consiste nella demolizione delle sostanze organiche complesse contenute nei vegetali e nei sottoprodotti di origine animale (lipidi, protidi, glucidi), che dà origine ad un gas (biogas) costituito per il 50-70% da metano e per la restante parte soprattutto da CO
2, con un potere calorifico medio dell’ordine di 23.000 kJ/Nm³. Questo processo di fermentazione della sostanza organica ne conserva integri i principali elementi nutritivi presenti (azoto, fosforo, potassio), agevolando la mineralizzazione dell’azoto organico, in modo che l’effluente ne risulti un ottimo fertilizzante.
Il biogas prodotto viene raccolto, essiccato, compresso ed immagazzinato per utilizzarlo
come combustibile per caldaie a gas nella produzione del calore o per motori a combustione
interna (si utilizzano motori di tipo navale a basso numero di giri) per produrre energia
elettrica.
Gli impianti a digestione anaerobica possono essere alimentati anche con residui ad alto contenuto di umidità, quali le deiezioni animali, i reflui civili, i rifiuti alimentari e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani e questo potrebbe rappresentare un’interessante opportunità negli impianti di raccolta dei rifiuti urbani. Però, la raccolta del biogas sviluppato nelle discariche, anche se attrezzate allo scopo, non supera il 40% circa del gas generato e quasi il 60% è disperso in atmosfera, esito non auspicabile perché la gran quantità di metano presente nel biogas ha conseguenze negative sull’effetto serra. Pertanto questo processo andrebbe svolto essenzialmente in appositi impianti chiusi (digestori), dove quasi tutto il gas prodotto viene raccolto ed usato come combustibile.
2. Digestione aerobica
Consiste nella metabolizzazione ad opera di batteri delle sostanze organiche, in ambiente condizionato dalla presenza di ossigeno. Questi micro-organismi convertono sostanze complesse in altre più semplici, liberando CO
2e H
2O e producendo un elevato riscaldamento del substrato, proporzionale alla loro attività metabolica. Il calore prodotto può essere così trasferito all’esterno, mediante scambiatori a fluido. In Europa viene utilizzato il processo di digestione aerobica termofila autoriscaldata (Autoheated Termophilic Aerobic Digestion) per il trattamento delle acque di scarico. Più recentemente tale tecnologia si è diffusa anche in Canada e Stati Uniti.
3. La fermentazione alcolica
È un processo di tipo micro-aerofilo che opera la trasformazione dei glucidi contenuti
nelle produzioni vegetali in etanolo. L’etanolo risulta un prodotto utilizzabile anche nei
motori a combustione interna normalmente di tipo “dual fuel”, come riconosciuto fin
dall’inizio della storia automobilistica. Se, però, l’iniziale ampia disponibilità ed il basso
costo degli idrocarburi avevano impedito di affermare in modo molto rapido l’uso di essi
come combustibili, dopo lo shock petrolifero del 1973 sono stati studiati numerosi altri
prodotti per sostituire il carburante delle automobili (benzina e gasolio); oggi, tra questi
prodotti alternativi, quello che mostra il miglior compromesso tra prezzo, disponibilità e
prestazioni è proprio l’etanolo, o più probabilmente il suo derivato ETBE
(EtilTertioButilEtere), ottenuto combinando un idrocarburo petrolifero (l’isobutene) e
l’etanolo.
4. Estrazione oli vegetali e produzione di biodiesel
Alcune essenze vegetali presentano la caratteristica di avere semi ricchi di oli che possono essere estratti ed utilizzati come combustibili per alimentare gruppi elettrogeni attraverso la combustione diretta. Queste piante dette oleaginose (soia, colza, girasole, mais, ecc.) producono quantità di olio in misura del 35-45% del peso con un notevole potere calorico (fino a 10.000 kcal/kg) sono adatti, per semplicità di trasformazione ed utilizzazione, alla produzione di energia elettrica ed energia termica con impianti di combustione a tecnologia molto semplice.
Inoltre, offrono interessanti opportunità per la riutilizzazione dei sottoprodotti del
processo dell’estrazione dell’olio dai semi; infatti, i residui ricchi di materie proteiche sono
impiegati per gli alimenti della zootecnia o nell’industria farmaceutica (ad esempio la
glicerina) ed infine per la produzione di pellet.Gli oli vegetali combustibili sono utilizzati
nello stato in cui vengono estratti, a condizione che presentino le caratteristiche idonee in
termini di contenuti minimi di acqua ed impurità, o meglio dopo esterificazione (processo che
avviene tramite aggiunta di metanolo per l’eliminazione della glicerina), in modo da
assicurare la compatibilità con i motori endotermici.
Il BIOGAS UNA POLITICA ENERGETICO-AMBIENTALE
Situati principalmente al Nord, sono 154 gli impianti di biogas censiti, che si stima in totale producano circa 50 MWe. Ben 39 impianti sono attualmente in fase di costruzione o di autorizzazione, segno questo del forte impulso dato al settore dagli incentivi dei certificati verdi.
In Europa la diffusione della digestione anaerobica è cominciata nel settore dei depuratori civili per la stabilizzazione dei fanghi di supero e attualmente si stima siano oltre 1.600 digestori operativi.
Allo stato attuale tale tecnologia è considerata una delle migliori per il trattamento delle acque reflue agroindustriali ad alto carico organico, e già nel 1994 erano attivi circa 400 impianti di biogas aziendali e consortili, mentre sono oltre 3.500 i digestori anaerobici operanti su effluenti zootecnici nei Paesi dell’Unione Europea, specie in Germania, seguita da Danimarca, Austria, Svezia e Italia.
Per il recupero di biogas dalle discariche per rifiuti urbani, invece, sono attualmente circa 450 gli impianti in attività in Europa, con una diffusione particolare in Gran Bretagna. A questo tipo di trattamento si sta aggiungendo, negli ultimi anni in maniera crescente, quello della frazione organica derivante dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani (Forsu), in codigestione con altri scarti organici industriali e con liquami zootecnici. Solo in Danimarca gli impianti centralizzati di codigestione di questo tipo già operanti sono 20 e trattano annualmente circa 1.750.000 t di liquami
zootecnici e 450.000 t di residui organici industriali e Forsu.
Secondo un recente censimento, inoltre, in Europa sarebbero circa 130 gli impianti di digestione anaerobica che trattano frazione organica di rifiuti urbani provenienti sia da raccolta differenziata, sia da selezione meccanica a valle della raccolta e/o residui organici industriali.
Per il 2006 si può stimare che la produzione di biogas nei Paesi Ue sia stata di circa
5.347 ktep (1 ktep = 1.000 t equivalenti di petrolio); di questi, circa il 60% deriva dal recupero
di biogas dalle discariche per rifiuti urbani (EurObserv’ER, 2007). Per il 2010 EurObserv’ER
prevede una produzione di biogas di 8.600 ktep. I rifiuti organici prodotti annualmente nei
Paesi dell’Ue ammontano a circa 2,5 miliardi di tonnellate, dei quali circa il 40% è costituito
da effluenti zootecnici e residui agricoli e il resto da rifiuti organici urbani e industriali, fanghi
di depurazione e scarti lignocellulosici forestali, gli unici non utilizzabili in digestione
anaerobica (Iea Bioenergy task 37).
Il Paese dove negli ultimi 10 anni la di gestione anaerobica si è maggiormente sviluppata è la Germania, in particolare nel comparto zootecnico. Merito della politica di incentivazione adottata dal Governo nazionale, che oltre a erogare un contributo sull’investimento riconosce un prezzo per l’energia elettrica da biogas che può arrivare fino a 0,215 euro/kWh per un periodo di 20 anni. Alla fine del 2006, secondo i dati dell’Associazione biogas tedesca, risultavano in esercizio circa 3.500 impianti, per una produzione di energia primaria da biogas di 1.923 ktep.
Diversa la situazione in Italia, dove l’Observ’ER stima una produzione di biogas nel 2006 di 353,8 ktep (circa 4 TWh); di questa, circa l’80% è ottenuta dal recupero di biogas dalle discariche per rifiuti urbani.
Risultati del censimento
A ottobre 2007 sono stati rilevati 185 impianti di biogas che operano con effluenti zootecnici, culture energetiche, residui organici, reflui dell’agroindustria e la frazione organica dei rifiuti urbani. In questo numero sono compresi anche gli impianti in attesa di autorizzazione e in costruzione. La maggior parte degli impianti censiti, ovvero 154, opera con effluenti zootecnici, scarti agricoli, residui agroindustriali e colture energetiche.
Non sono stati presi in considerazione, perché non previsto dal progetto, gli impianti di digestione anaerobica per la stabilizzazione dei fanghi di depurazione civile e industriale, realizzati per lo più all’interno di grossi impianti urbani di depurazione delle acque reflue civili e industriali. Sulla base di un precedente censimento (Geni e Merzagora, 2000) per tale categoria si stimano più di 120 impianti di grandi dimensioni.
Notevole pure il recupero dalle discariche per rifiuti urbani, che grazie a circa 100 impianti operativi e circa 130 MWe installati rappresenta un’altra importante fonte di biogas da biomasse.
Relativamente agli impianti che utilizzano effluenti zootecnici, quelli in attività sono 115
(tabella 1).
TABELLA 1: Età degli impianti di biogas che operano con liquami zootecnici, scarti agroindustriali e colture energetiche.
Età impianti operativi Impianti (n.)
> di 16 anni 10
5-15 anni 59
< 5 anni 31
Dato non disponibile 15
Totale operativi 115
In costruzione 22
In fase di autorizzazione 17
Totale 154
Rispetto al censimento del 1999, questo numero è aumentato di circa 43 unità (+60%) e di 78 unità (+108%) se si considerano anche quelli attualmente in fase di realizzazione; questo conferma il forte impulso che la digestione anaerobica sta avendo nel nostro Paese.
Dall’indagine è risultato che gli impianti sono realizzati per la quasi totalità nel Nord Italia. Le regioni più interessate risultano essere quelle in cui è presente una maggiore concentrazione di allevamenti zootecnici come Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto; alcuni impianti si stanno pure sviluppando in zone in cui sono prodotte quantità significative di scarti e sottoprodotti organici del comparto agroindustriale da utilizzare in codigestione, anche come soluzione gestionale al recupero di questi scarti.
Il numero di impianti risulta invece decisamente più contenuto nel Centro e nel Sud dell’Italia. La quantità di impianti presente in Provincia di Bolzano è invece influenzata dalla vicinanza con Austria e Germania, oltre che dalla forte politica di incentivazione dell’amministrazione provinciale.
In tabella 2 è riportata la ripartizione degli impianti di biogas censiti per tipologia di substrato trattato. Da osservare come risulti consistente la presenza di impianti che utilizzano solo liquame suino; alcuni di questi rappresentano la generazione di impianti di biogas semplificati realizzati principalmente a inizio degli anni Novanta sovrapponendo una copertura di materiale plastico a una vasca e/o laguna di stoccaggio dei liquami.
Successivamente, anche in Italia si è mostrato interesse alla codigestione dei liquami zootecnici in miscela a biomasse come colture energetiche e scarti organici.
Tabella 2: numero di impianti per tipologia di substrato
Tipologia substrato trattato Impianti n°
Solo liquame suino 44
Solo liquame bovino 38
liquame suino + liquame bovino 5
Liquame bovino e/o suino e (o pollonia + scarti organici + culture energetiche 20
Culture energetiche e/o scarti organici 9
Pollonia + scarti organici e/o culture energetiche 3
Totale 154
NB I 44 impianti che utilizzano solo liquame suino rappresentano gli impianti di biogas semplificati
realizzati principalmente a inizio degli anni 90, sovrapponendo una copertura di materiale plastico a una
vasa e/o laguna di stoccaggio dei liquami.
In 7 dei casi censiti viene utilizzata la pollina: in 4 impianti questo substrato è trattato in miscela ad altri effluenti zootecnici e/o scarti organici, mentre in 3 impianti (di cui 2 in fase di autorizzazione viene utilizzata in miscela con solo scarti organici e/o colture energetiche senza liquame suino e/o bovino. Relativamente alla tipologia di reattori (tabella 3), prevale decisamente quella vasca a pareti verticali miscelata coibentata (Cstr, acronimo di Completely stirred tank reactor), nella maggior parte dei casi realizzata in cemento armato. Un solo impianto, peraltro in fase di autorizzazione e indicato in tabella 3 con la dicitura «altro», utilizza biocelle di fermentazione con la tecnologia a secco.
TABELLA 3: il numero di impianti per tipologia di reattore
Tipo reattore Impianti n°
Vasca a pareti verticali (cstr) 77
Lagone 3
Reattore a flusso orizzontale a Pistone 40
Altro 1
Dato non disponibile 33
Totale 154
La tipologia prevalente è quella della vasca a pareti verticali
miscelata e coibentata, nella maggior parte dei casi realizzata in cemento
armato.
Il reattore a flusso orizzontale a pistone (Pfr, che sta per Plug flow reactor) risulta impiegato in 40 impianti tra quelli censiti e prevale soprattutto dove vengono trattati i liquami suini.
Il volume dei digestori (tabella 4) è nella maggior parte dei casi compreso tra 1.000 e 5.000 m
3sono solo 20 gli impianti di dimensioni maggiori.
.
Le tabelle 5 e 6 riportano la ripartizione degli impianti di biogas in base alle temperature di processo e al tempo di ritenzione idraulica (Hrt). La temperatura
maggiormente utilizzata negli impianti nei quali è stato rilevato tale dato è compresa tra 30 e 40 °C (mesofilia). Tuttavia è da notare che 8 impianti lavorano 28
Tabella 4
0 10 20 30 40 50
NUMERO IMPIANTI PER VOLUME DIGESTORI
Serie1
Serie1 24 17 47 20 46
<500 500-950 1000-
5.000 >5000 Dato non disponibil
Il volume dei digestori è espresso in m
3Nella maggior parte dei casi essi sono compresi tra 1.000 e 5.000 m
3sono solo 20 gli impianti di dimensioni maggiori
Tabella 5
0 20 40 60 80 100
NUMERO DI IMPIANTI PER TEMPERATURA DI PROCESSO
Serie1 8 81 8 57
Psicrofilia (< 25°C)
Mesofilia (30-40 °C)
Termofila (> 50°C)
Dato non disponibile
La temperatura maggiormente utilizzata negli impianti è compresa tra 30 e 40 °C
con temperature superiori a 50 oc (termofilia); questo dato, pur rappresentando solo il 9% dei 97 impianti per i quali è disponibile l’informazione, risulta comunque essere significativo.
Relativamente al tempo di ritenzione idraulica, prevalgono gli impianti con un tempo medio compreso tra 16 e 25 giorni.
Per quanto riguarda l’utilizzo del biogas, negli impianti per effluenti zootecnici la cogenerazione è prevalente: solo in 8 impianti (tra quelli per i quali si è ricevuta
‘informazione, ma il numero probabilmente è superiore), in genere annessi ai caseifici per la produzione di Grana Padano o Parmigiano-Reggiano, il biogas gas viene bruciato direttamente in caldaia per la sola produzione di calore. Dei 154 impianti che trattano effluenti zootecnici, scarti agricoli e agroindustriali e colture energetiche, 44 hanno una potenza elettrica installata inferiore a 100 KWe e 14 maggiore di 1 MWe (tabella 7), per un totale di circa 49 MWe installati, negli impianti per cui il dato è disponibile.
TABELLA 7 Numero di impianti per potenza elettrica installata
Potenza elettrica (kWe) Impianti n°
<100 44
110-500 28
500-1000 19
>1.000 14
Biogas in caldaia 8
Tabella 6
0 20 40 60
NUMERO DI IMPIANTI PER TEMPO DI RITENZIONE IDRAULICA
Serie1 3 45 9 37 60
<15 16-25 26-35 <36 Dato non disponibil
Prevalgono gli impianti con un tempo medio compreso tra 16 e 25 giorni
Durante l’indagine sono stati indicati dalle ditte anche impianti che trattano solo reflui dell’agro-industria e sono state raccolte le informazioni principali di 22 impianti.
Inoltre, sono stati rilevati 7 impianti di trattamento della frazione organica pre-selezionata da raccolta differenziata (Forsu), da sola o in miscela con fanghi di depurazione, e 2 impianti che effettuano il trattamento della frazione organica da selezione meccanica in miscela con fanghi di depurazione.
Tra gli impianti che utilizzano effluenti zootecnici ci sono anche altri 4 impianti (di cui 1 in costruzione e 1 in fase di autorizzazione che trattano Forsu insieme a liquami, pollina, fanghi agro industriali e colture energetiche.
Tabella 7
0 10 20 30 40 50
NUMERO DI IMPIANTI PER POTENZA ELETTRICA ISTALLATA
Serie1 44 28 19 14 8 41
<100 110-500 500-1000 >1.000 Biogas in caldaia
Dato non disponibile