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5. LE FONTI DEL CONOSCERE

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5. LE FONTI DEL CONOSCERE

Nel primo libro del Saggio Locke conduce dunque una critica serrata contro ogni forma di innatismo, ovvero contro ogni concezione che afferma l’esistenza “di principi innati, di certe nozioni primarie, altrimenti dette nozioni comuni, caratteri, per dir così, impressi nella nostra mente, che l’anima riceve fin dal primo momento della sua esistenza, portandoli con sé nel mondo”.

Esclusa la teoria innatistica, bisogna allora procedere a spiegare come si costruisce la conoscenza, come via via si riempie il foglio bianco della mente umana.

È quest’ultima, secondo Locke, che elabora i propri contenuti, sulla base dei dati forniti dall’esperienza sensibile, dalla quale provengono tutte le nozioni, anche le più astratte:

“Tutti quei pensieri sublimi che si innalzano sopra le nuvole e penetrano fino ai cieli traggono di qui la loro origine e base; e in tutta quella grande estensione che la mente percorre con le sue remote speculazioni, che sembrano portarla così in alto, essa non fa mai un passo oltre le idee che la sensazione o la riflessione le offrono perché divengano oggetto della sua contemplazione”.

Empirica è l’origine e la fonte di ogni pensiero, anche di quello più elevato: i contenuti del pensiero, ossia le idee, derivano dalla percezione e solo dalla percezione.

Per Locke, dunque, l’origine psicologica di ogni concetto ha sempre la sua derivazione dalle semplici sensazioni.

Anche per ciò che riguarda i concetti che abbiamo di realtà immateriali, o logico- matematiche e astratte, così come delle nozioni universali – quali le idee di “possibilità”,

“esistenza”, “infinito”, “necessità”, “sostanza”, “causa” – essi si ricavano dalla materia delle percezioni (ossia dall’osservazione di casi concreti).

La mente si solleva a essi mediante astrazione, o attraverso addizione di singoli contenuti sensibili.

I concetti, insomma, sono astratti dalle sensazioni, la loro origine è nelle recettività, nei sensi, mentre nessuna idea è possibile in noi senza impressione sensibile.

Locke sostiene che alla nascita la mente è una tabula rasa, su cui man mano vengono a depositarsi i materiali forniti dalle sensazioni.

È vero che nel conoscere umano sono presenti idee e princìpi generali, ma essi derivano tutti dal piano empirico, dal contatto con le cose; la mente umana in origine è come un foglio bianco sul quale non è scritto nulla, e solo gradualmente si riempie di segni grazie all’esperienza.

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Anzitutto, i sensi fanno entrare idee particolari, cominciando ad arredare quel locale vuoto; e la mente, familiarizzandosi poco a poco con alcune idee, le ripone nella memoria e dà loro dei nomi. In seguito, vengono a presentarsi alla mente altre idee, che essa astrae da quelle prime, ed apprende gradualmente l’uso dei nomi generali. In questa maniera la mente si rifornisce di idee e di linguaggio, ossia dei materiali sui quali eserciterà la sua facoltà discorsiva. E l’uso della ragione diviene più evidente ogni giorno, via via che aumentano questi materiali sui quali essa opera […] Riconosco che vi sono certe verità, la conoscenza delle quali si trova nella mente molto per tempo, ma ciò avviene in un modo che dimostra come queste verità non siano affatto innate. Invero, se vi faremo attenzione, troveremo che le verità di questa specie si compongono di idee niente affatto innate, ma acquisite: poiché le prime idee sono quelle che i fanciulli vengono ad avere in seguito all’impressione di quelle cose esteriori con le quali hanno a che fare più spesso, e che più frequentemente si imprimono sui loro sensi.

L’esperienza riguarda sia le cose esterne che quelle interiori, opera cioè attraverso un senso esterno (la sensazione) e un senso interno (la riflessione).

Sensazione e riflessione costituiscono infatti le due forme in cui si presenta l’esperienza sensibile, esterna e interna, la quale si riferisce, nel primo caso, agli oggetti percepiti tramite i cinque sensi, nel secondo caso, agli eventi della vita interiore.

L’esperienza che sta a fondamento del conoscere è dunque duplice: esperienza esterna o sensazione, che ha per oggetto

 i corpi fisici esistenti fuori di noi;

esperienza interna o riflessione, che riguarda

 i fatti psichici interni (come percepire, dubitare, credere).

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5. IDEE SEMPLICI E COMPLESSE, QUALITA’ PRIMARIE E SECONDARIE

Da entrambe le fonti del conoscere si producono delle idee semplici, cioè idee ciascuna delle quali corrisponde a una determinata qualità dei corpi fisici, come per esempio un colore, un sapore, o a un determinato fatto psichico, quali ad esempio, una percezione, un desiderio, un atto della volontà.

Idee semplici sono anche prodotte dalla sensazione e dalla riflessione congiunte, ad esempio l’idea di piacere e di dolore, di unità, di esistenza. Le idee semplici sono materiali forniti dall’esperienza. Di fronte a esse la mente è passiva, in quanto non è in suo potere averle o meno.

Le idee semplici della sensazione e della riflessione sono trasmesse all’intelletto, che lavora attivamente su questo materiale di base.

Quando si uniscono insieme più idee semplici, si formano nella mente delle idee complesse: per esempio, fiore è un’idea complessa che nasce dall’unione di idee semplici relative alla forma e al colore dello stelo, delle foglie, dei petali, e così via.

Le qualità dei corpi fisici sono inoltre distinte da Locke in qualità primarie e secondarie.

Le qualità primarie sono ritenute effettivamente presenti nei corpi dai quali proviene la sensazione, inseparabili da essi:

“Queste qualità le chiamo qualità originali o primarie, e sono la solidità, l’estensione, la figura, il numero, il movimento o il riposo; esse producono in noi delle idee semplici”.

Le altre, dette qualità secondarie, non ineriscono alle cose e sono soggettive, sono il segno della capacità che hanno i corpi di produrre in noi delle sensazioni – odori, sapori, colori e così via:

“In secondo luogo, vi sono delle qualità che nei corpi non sono effettivamente nient’altro che il potere di produrre in noi diverse sensazioni per mezzo delle loro qualità primarie, ossia per mezzo della grandezza, figura, struttura e movimento delle loro parti insensibili;

come colori, suoni, sapori, ecc. A queste dò il nome di qualità secondarie”.

Avvertiamo intuitivamente – afferma Locke – che alcune proprietà appartengono a un oggetto indipendentemente dal fatto che esso ci appaia in un certo modo, mentre altre proprietà si manifestano grazie alla nostra capacità soggettiva di percepirle.

Per esempio: una cosa è rotonda, pesante, solida indipendentemente dal fatto che appaia così a chi le sta di fronte; ma essa risulta dolce, colorata in un certo modo, dotata di certe caratteristiche sonore, perché appare dolce, colorata, sonora all’osservatore.

Allora, il sapore, il colore, la sonorità sono qualità secondarie. In altre parole, le qualità oggettive sono esistenti nei corpi, e le qualità soggettive sono esistenti solo in noi, nei nostri sensi o nel nostro pensiero.

Differenziando le qualità primarie e le qualità secondarie, Locke – come altri scienziati e pensatori dell’età moderna – mira a distinguere il mondo come lo vede la scienza (il mondo delle sole qualità primarie) e il mondo come appare nelle nostre percezioni quotidiane (tutto pervaso di qualità secondarie).

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6. ALCUNE CONCLUSIONI

Nel sistema lockiano, la mente umana non ha dunque né la disponibilità innata dei primi princìpi conoscitivi e morali, né la capacità di produrre autonomamente il materiale di cui si serve, ma – dipendendo dall’esperienza – è dotata di un doppio status psicologico.

Nel momento della registrazione dei dati percettivi dalla realtà esterna e interna, la cui ricezione ha per oggetti le idee semplici che sono “i materiali di tutta la nostra conoscenza”, lo spirito ha carattere passivo; ma è principio attivo nella sua funzione sintetica, associativa e combinatoria delle idee semplici in idee complesse.

Ciò che può attivamente fare la mind è selezionare, riordinare, congiungere, sovrapporre e ricomporre gli stessi materiali (sensazioni, o idee semplici) forniti dall’esperienza, secondo nuovi schemi e infinite combinazioni:

“Una volta che l’intelligenza ha ricevuto queste idee semplici, essa ha il potere di ripeterle, e di confrontarle, di unirle assieme, con una varietà quasi infinita, e di formare così, a suo piacere, nuove idee complesse”.

L’attività della mente combina le idee semplici fra loro, le associa, ne cerca le relazioni, ne percepisce accordi e disaccordi, dà vita a idee complesse, le distingue, forma le idee astratte, ma tutto ciò avviene rigorosamente nei modi di una manipolazione e di una combinazione di ciò che gli è dato dall’esterno, più che di una formazione creativa originale interna alla coscienza (la mente insomma non crea da sé, in modo autonomo, alcuna idea. Tutte le derivano dalla sensazione).

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ORIGINE DELLA CONOSCENZA

è Fonte e

Limite invalicabile della Conoscenza

Sensazione dovute a oggetti esterni Esperienza deriva da

Riflessione sono azioni interne della nostra

mente

produce idee semplici

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ORIGINE DELLA CONOSCENZA

Intelletto umano

Non possiede conosce solo attraverso è

Idee innate Sensazioni Riflessioni Tabula rasa

Perché

Pazzi, Fanciulli, Ignoranti

Non conoscono Avere idee

Principi significa

Averne coscienza ma Logici Morali

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7. LA TIPOLOGIA DELLE IDEE COMPLESSE Nell’ambito delle idee complesse Locke distingue tre gruppi:

• idee di modo;

• di sostanza;

• di relazione.

Le idee di modo sono rappresentazioni di ciò che è percepito come non esistente per sé ma dipendente da qualcos’altro.

Per esempio, l’idea della bellezza o quella della generosità non possono esistere se non in relazione all’idea di una persona che sia bella e generosa.

Le idee di sostanza sono le rappresentazioni di ciò che è percepito come sussistente per sé (fiore, uomo, mondo), a cui sono riferite le qualità espresse dalle idee semplici.

Dunque, noi non abbiamo mai esperienza di una sostanza (per esempio di un fiore), ma solo di singole qualità percepite dalla sensazione (colore e forma dei petali, delle foglie, ecc.).

Infine, le idee di relazione, che nascono dal confronto o dal rapporto tra due idee.

Nell’ambito delle idee di relazione ha particolare importanza l’idea del rapporto tra causa ed effetto.

Per spiegare il rapporto di causalità Locke ricorre a un esempio.

Consideriamo la sostanza chiamata cera; verifichiamo che la fluidità – un’idea semplice che inizialmente non appare – si produce quando viene applicato un certo calore; allora diciamo che l’idea semplice di calore è la causa della fluidità della cera e la fluidità è l’effetto del calore.

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8. LA CRITICA ALL’IDEA DI SOSTANZA La principale delle idee di sostanza è l’idea stessa di sostanza.

Che cos’è una sostanza? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo riferirci al modo in cui, secondo Locke, si formano le idee.

Nella nostra esperienza osserviamo che molte idee semplici si presentano sempre unite fra loro: per esempio, la luminosità, il calore, la forma tondeggiante, la distanza da noi, la regolarità e costanza del moto nel cielo si presentano sempre unite in quello che chiamiamo sole.

Tutte queste idee semplici vengono quindi chiamate con un solo nome, sole, favorendo la comunicazione.

Si crede poi che a questo nome corrisponda una sola idea semplice – mentre in realtà il nome sta al posto di un insieme di idee semplici – e si chiama sostanza la presunta idea semplice (che in realtà è solo un nome) che abbiamo erroneamente immaginato come il sostrato comune originariamente sussistente per sé, il sostegno immateriale delle varie qualità particolari percepite.

Per esempio: la sostanza sole che fa da sostrato alle qualità luminoso, caldo, tondeggiante, ecc.

Dalle varie idee di sostanza (uomo, albero, cavallo, ecc.) deriva poi l’idea di sostanza in

generale, che è l’idea di un (oscuro) sostrato delle qualità, qualcosa che si suppone ‘stia sotto’ alle varie collezioni di idee, ovvero di qualità.

Ma se io elimino mentalmente a una a una le qualità di un oggetto, come se sfogliassi una cipolla strato dopo strato alla ricerca del nucleo, alla fine non trovo la presunta sostanza come fondamento di quell’oggetto, perché non mi resta nulla.

Ne consegue che delle sostanze (uomo, cavallo) non abbiamo alcuna idea chiara e, in riferimento a ciascuna di esse, possiamo solo parlare dell’unione costante di un certo numero di idee semplici.

Perciò è inutile andare alla ricerca di forme sostanziali che permettano di conoscere la vera essenza delle cose; noi possiamo conoscere solo il nome a cui ricorriamo per identificare una determinata collezione di idee (ma il nome, come abbiamo visto, indica soltanto, non spiega che cos’è una determinata cosa).

Così come si presenta, l’idea di sostanza è un’idea oscura, che si riferisce a qualcosa che nessuno ha visto né vedrà mai, un presupposto che sta al di là dell’esperienza umana (la quale fornisce direttamente solo idee semplici, attraverso la sensazione e la riflessione) e che perciò oltrepassa le capacità conoscitive dell’uomo.

Per quanto riguarda la sostanza, Locke non intende negarne l’esistenza ma solo sostenere che noi non la possiamo conoscere.

Infatti, all’interno della sua posizione empiristica, è chiaro che ci è preclusa la conoscenza di qualsiasi realtà che stia dietro o sotto il mondo dei dati sensibili.

Per Locke è la limitatezza umana a impedirci di cogliere la vera natura della realtà, e dobbiamo accontentarci di una conoscenza sempre parziale.

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Se pure esiste, la sostanza è dunque inconoscibile; facendo riferimento a essa, gli uomini pretendono di spiegare ciò che non conoscono con qualcosa che è a sua volta inconoscibile.

9. Cfr. manuale, § 5: “La conoscenza e le sue forme”, p. 421.

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