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Cessione di partecipazioni e clausole di garanzia: brevi note a margine della sentenza della Corte di Cassazione n. 17948/2012

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GIURISPRUDENZA

SOMMARIO:

Cass., sez. trib., sent. 19 ottobre 2012, n. 17948 – Pres. Merone, Rel. Virgilio, con nota di D. Cané, Cessione di partecipazioni e clausole di garanzia: brevi no- te a margine della sentenza della Corte di Cassazione n. 17948/2012 (Sale of shares and warranty clauses: some remarks following decision No. 17948/

2012 of the Italian Supreme Court)

Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sent. 15 novembre 2011, procedimenti riuniti C-106/09 P e C-107/09 P – Pres. Skouris, Rel. Von Danwitz, Avv. Gen.

N. Jääskinen, con nota di M. Moretti, La sentenza Gibilterra: un’applicazione del principio di eguaglianza sostanziale in materia tributaria? (The Gibraltar decision: is it an enforcement of the equality principle in tax matters?)

Cass., sez. VI-5, ord. 28 marzo 2013, n. 7897 – Pres. Cicala, Rel. Bognanni, con nota di S. Muleo, Sono necessari i requisiti di forma per il contratto di ap- palto? (Are formal requirements necessary for the contracting agreement?) Corte cost., sent. 16 febbraio 2012, n. 22 – Pres. Quaranta, Rel. Gallo, con nota

di C. Verrigni, Aumento dei tributi propri delle Regioni e Fondo nazionale della protezione civile (Increase of “proper” Regional taxes and National Fund for Civil Protection)

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Cass., sez. trib., sent. 19 ottobre 2012, n. 17948 – Pres. Merone, Rel. Virgilio

Imposta di registro – Cessione di partecipazioni – Clausole di garanzia – Auto- nomia negoziale – Connessione

In tema di imposta di registro, perché possa trovare applicazione la tassazione uni- taria prevista dal comma 2 dell’art. 21 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il vincolo di necessaria derivazione ivi previsto deve risultare dalla legge o scaturire da un’esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non dalla volontà delle parti.

Le clausole allegate ad un contratto di cessione di azioni, che attengono alla consi- stenza del patrimonio dell’azienda, sono assoggettate a tributo autonomamente, a nor- ma dell’art. 21, comma 1, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in quanto sono il frutto del- l’autonomia contrattuale delle parti e, pertanto, non risultano “necessariamente connesse”

le une alle altre. Difatti, l’azienda rappresenta solo l’oggetto “mediato” della cessione di partecipazioni e, pertanto, le garanzie ad essa riferite non possono considerarsi al pari delle garanzie legali dovute dal venditore in relazione alla cosa compravenduta (le par- tecipazioni).

RITENUTO IN FATTO

1.1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del- la Commissione tributaria regionale del Piemonte indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata l’illegittimità dell’avviso di liquida- zione notificato alla Fenice Qualità per l’Ambiente s.p.a. a titolo di imposta di registro e relative sanzioni.

1.2. Era avvenuto, in sintesi, quanto segue.

Nel luglio 2001 la Business Solutions s.p.a. e la Electricitè de France – ente pubbli- co di diritto francese – stipularono in Italia un “Accordo di acquisto azionario” con il quale si erano rispettivamente obbligate a cedere e ad acquistare la totalità delle azioni della Fenice s.p.a., operante nel settore della produzione di energia elettrica e dello smaltimento dei rifiuti.

Il 30 ottobre 2001 le parti stipularono un “emendamento” al predetto accordo, nel quale – oltre alla nomina, da parte della Electricitè de France, secondo una specifica previsione contrattuale, della EDF Italia s.p.a. quale acquirente delle azioni e alla ride- terminazione in Euro 550.000.000 del corrispettivo dovuto – furono aggiunte ulteriori clausole contrattuali.

In pari data fu perfezionata la cessione delle quote, con applicazione della tassa sui contratti di borsa, ai sensi del R.D. n. 3278 del 1923.

Nel novembre 2002, poi, l’acquirente EDF Italia G.P.A. incorporò la Fenice G.P.A.,

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assumendo l’attuale denominazione di Fenice Qualità per l’Ambiente s.p.a.

Nell’accordo e nel successivo emendamento erano, fra l’altro, per quanto qui inte- ressa, contenute clausole con le quali la società alienante: a) garantiva che, fino alla da- ta di cessione, non sarebbero emerse pendenze tributarie di qualsiasi genere a carico della ceduta; b) prometteva di indennizzare tutti i costi eventualmente sostenuti per ripristinare la conformità degli impianti alla normativa vigente; c) in relazione all’ince- neritore di Melfi, assicurava la copertura dei costi fissi di gestione, in caso di ricavi non sufficienti.

Nel corso dell’anno 2003 si verificarono gli eventi previsti in dette clausole e, con- seguentemente, la Fenice s.p.a. emise tre fatture a carico dell’alienante per un importo complessivo di circa Euro. 52.000.000.

A seguito di ciò, l’Ufficio notificò avviso di liquidazione applicando l’imposta di re- gistro nella misura proporzionale del 3% su tale somma, sulla base del rilievo che le suddette clausole costituissero atti aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimo- niale, del tutto avulse ed autonome dal contratto di acquisto azionario, e quindi distin- tamente assoggettate ad imposta ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 21, comma 1.

1.3. Il giudice d’appello, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che, sebbene le fattispecie della cessione della totalità delle azioni e della cessione di azien- da siano distinte sul piano giuridico, dal punto di vista sostanziale l’effetto economico del negozio è, in entrambi i casi, il trasferimento della proprietà dell’azienda, con la conseguenza che le clausole come quelle in questione “ineriscono al contratto di com- pravendita dal quale sono inscindibili, costituendo una promessa di specifica qualità delle azioni vendute, senza la quale la compravendita in molti casi non potrebbe rea- lizzarsi”, e che è quindi applicabile il secondo comma, e non il primo, dell’art. 21 del T.U. del 1986, trattandosi di “atti tra loro connessi e caratterizzati da un’unica causa”.

Il giudice ha poi escluso l’ipotesi che si tratti di condizioni sospensive, osservando che “le clausole del contratto erano fin dall’origine immediatamente efficaci”.

2. La Fenice Qualità per l’Ambiente s.p.a. resiste con controricorso, illustrato con memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, chiedendo se non sia nulla la sentenza impugnata per ave- re il giudice rigettato l’appello dell’Ufficio sulla base di una motivazione che consiste esclusivamente nella ripetizione letterale delle difese del contribuente.

Il motivo è infondato.

La sentenza contiene la esposizione dei motivi, in fatto e in diritto, sui quali la deci- sione si fonda e ciò è sufficiente a far ritenere soddisfatto il requisito di cui al D.Lgs. n.

546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, a nulla rilevando che il giudice ha aderito alle tesi prospettate dall’appellata e riportate nel provvedimento:

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il giudice è, infatti, libero di motivare i propri provvedimenti utilizzando le espres- sioni che ritiene più opportune e, qualora le condivida, anche di adoperare o, al limite, pedissequamente riprodurre, facendole proprie, le argomentazioni di una delle parti, senza che ciò possa, di per sé, escludere che tali argomentazioni costituiscano il frutto del suo libero ed autonomo convincimento (cfr., in relazione all’omologo art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, Cass. nn. 10476 del 2006, 21130 del 2008).

2.1. Con il secondo motivo, l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20 e 21 e degli artt. 2555, 2112 e ss. e 2469 e ss. cod.

civ., rilevando che la sentenza impugnata si basa sull’errore logico-giuridico consistito nell’aver assimilato la cessione totalitaria del pacchetto azionario (la quale comporta semplicemente la perdita dello status di socio in capo al cedente) al trasferimento di azienda, con la conseguenza di aver considerato le tre clausole contrattuali in questio- ne accessorie, per intrinseca natura, all’accordo di cessione delle azioni, laddove esse non hanno alcun legame con la causa di tale contratto, ma vi sono state inserite in virtù della mera volontà delle parti.

Formula, in conclusione, il seguente quesito di diritto: “se il contratto di cessione di azioni, sebbene totalitario, resti comunque negozio distinto dalla cessione dell’a- zienda, con la conseguenza che eventuali clausole contenute nei documenti contrat- tuali, attinenti a garanzie per eventuali sopravvenienze tributarie connesse al periodo di gestione precedente, all’obbligazione di copertura di tutti i costi eventualmente de- rivanti da non conformità dei beni strumentali ed all’obbligazione di corrispondere la (eventuale) differenza tra costi fissi e ricavi annuali, siano da ritenere disposizioni estranee all’oggetto ed alla causa del negozio di cessione di azioni e vadano pertanto sottoposte ad autonoma tassazione ai fini dell’imposta di registro”.

2.2. Innanzitutto il motivo, contrariamente a quanto eccepito dalla resistente, è ammissibile.

Nella fattispecie, infatti, non si tratta di sindacare un accertamento di fatto compiu- to dal giudice di merito (censurabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione), né di verificare la legittimità, in riferimento ai canoni legali di ermeneutica contrattuale, del- la interpretazione del negozio de quo nel suo complesso e delle sue singole clausole, bensì, piuttosto, di valutare la correttezza, sul piano giuridico, alla luce del contenuto oggettivo (incontestato) delle disposizioni contrattuali in esame, delle conseguenze che il giudice di merito ne ha tratto in ordine al regime fiscale applicabile, nel momen- to in cui, con riguardo alla disciplina dettata dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 21, ha ri- condotto dette disposizioni a quelle previste nel secondo comma, e non nel primo, di tale norma.

2.3. Il motivo è, altresì, fondato.

Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 21, nello stabilire il regime tributario di registro ap- plicabile nel caso in cui l’atto contenga più disposizioni, detta il criterio distintivo tra tassazione unica (da applicare con riguardo alla disposizione soggetta all’imposizione più onerosa: comma 1) e tassazione separata delle singole disposizioni (comma 2),

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individuandolo – in linea con il principio generale della tassazione secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto, a prescindere dal nomen iuris adoperato (art. 20) – nella sussistenza, o meno, del requisito che esse “derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre”.

La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente interpretato il detto criterio – anche con riferimento al previgente D.P.R. n. 634 del 1972, art. 20, di contenuto iden- tico alla norma attuale, e, prima ancora, al R.D. n. 3269 del 1923, art. 9, il quale a sua volta già esprimeva un concetto del tutto analogo –, e da tale orientamento il Collegio non ha alcuna ragione di discostarsi essendo pienamente conforme alla lettera e alla ratio della norma, nel senso che le disposizioni soggette a tassazione unica sono soltan- to quelle fra le quali intercorre, in virtù della legge o per esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non per volontà delle parti, un vincolo di connessione, o compenetrazione, immediata e necessaria: occorre, cioè, che sussista tra le convenzioni, ai fini della tas- sazione unica, un collegamento che non dipenda dalla volontà delle parti, ma sia, con carattere di oggettiva causalità, connaturato, come necessario giuridicamente e concet- tualmente, alle convenzioni stesse (tra le altre, Cass., Sez. un., n. 406 del 1973 e Cass.

nn. 1202 del 1972, 1886 del 1973, 2215 del 1980; più recentemente, Cass. nn. 10789 del 2004 e 10180 del 2009).

2.4. In tema di vendita di azioni o quote di società, poi, è stato ripetutamente af- fermato il principio secondo il quale la consistenza patrimoniale della società rileva solo in presenza di una specifica garanzia assunta dal cedente: invero, la cessione delle azioni o delle quote di una società di capitali o di persone ha come oggetto “immedia- to” la partecipazione sociale e solo quale oggetto “mediato” la quota parte del patri- monio sociale che tale partecipazione rappresenta. Ne deriva che il difetto di qualità – previsto dall’art. 1427 c.c, come causa di annullamento, e dall’art. 1497 c.c., come cau- sa di risoluzione del contratto – in relazione alla compravendita di partecipazioni so- ciali, essendo queste attributive di un insieme di diritti ed obblighi in relazione a una società, può attenere unicamente alla “qualità” dei diritti e obblighi che in concreto la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire, mentre non può riguardare il suo valore economico, in quanto esso non attiene all’oggetto del contratto, ma alla sfera delle va- lutazioni motivazionali delle parti, in grado di assumere rilievo giuridico solo ove, in relazione alla consistenza economica della partecipazione, siano state previste esplicite garanzie contrattuali.

In altre parole, vi è differenza tra vendita dell’azione – cui consegue l’acquisto dello status di socio ed anche la misura della partecipazione del nuovo socio nella società – e vendita dell’intero patrimonio o di singoli beni della società: solo in quest’ultimo caso oggetto della vendita sono i beni della società (e, quindi, non possono non trovare ap- plicazione le garanzie dovute dal venditore, con riferimento al patrimonio sociale);

nella vendita di azioni, la disciplina giuridica, invece, si ferma all’oggetto immediato e, cioè all’azione oggetto del contratto, mentre non si estende alla consistenza od al valo- re dei beni costituenti il patrimonio, a meno che l’acquirente, per conseguire tale risul-

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tato, non abbia fatto ricorso ad un’espressa clausola di garanzia, frutto dell’autonomia contrattuale, che consente alle parti di rafforzare, diminuire, od escludere convenzio- nalmente la garanzia, in modo da ricollegare esplicitamente il valore dell’azione al va- lore dichiarato del patrimonio sociale (nei suddetti termini, Cass. nn. 26690 del 2006 e 16031 del 2007; cfr., anche, Cass. n. 10648 del 2010).

2.5. Venendo al caso di specie, con le tre clausole contrattuali in questione (rispet- tivamente rubricate come “Imposte”, “Obblighi del venditore relativi alla mancata conformità delle proprietà” e “Attività di trattamento dei rifiuti”) la società alienante ha garantito all’acquirente: a) l’insussistenza di sopravvenienze passive di tipo tributa- rio; b) la conformità degli impianti alla normativa vigente; c) la copertura, con i ricavi annuali, dei costi fissi di gestione, in relazione all’inceneritore dei rifiuti di Melfi. Ed ha promesso di indennizzare i relativi oneri nel caso in cui – come poi avvenuto – detti elementi si fossero rivelati non rispondenti alla realtà.

Orbene, in base ai principi enunciati nei paragrafi precedenti, appare evidente che si tratta di convenzioni attinenti alla produttività ed alla consistenza economica del patrimonio della società ceduta, ossia all’oggetto mediato del contratto, come tali frutto di autonoma scelta e volontà delle parti: esse, pertanto, non possiedono i requisiti per essere ricondotte nella previsione di tassazione unica di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 21, comma 1 e ricadono, quindi, nell’ambito applicativo del secondo comma del me- desimo articolo.

3. Le rimanenti censure, esposte nel terzo, quarto e quinto motivo, avendo caratte- re subordinato, restano assorbite.

4. In conclusione, va rigettato il primo motivo, accolto il secondo e dichiarati as- sorbiti i restanti; la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso in- troduttivo della contribuente.

5. La novità della questione in relazione alla peculiarità della fattispecie induce a disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, dichiara assorbiti i restanti;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del- la contribuente.

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Cessione di partecipazioni e clausole di garanzia: brevi note a margine della sentenza della Corte di Cassazione n. 17948/2012

Sale of shares and warranty clauses: some remarks following decision No. 17948/2012 of the Italian Supreme Court

Abstract

In tema di imposta di registro, perché possa trovare applicazione la tassazione unitaria prevista dal comma 2 dell’art. 21 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il vin- colo di necessaria derivazione ivi previsto deve risultare dalla legge o scaturire da un’esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non dalla volontà delle parti.

Le clausole allegate ad un contratto di cessione di azioni, che attengono alla con- sistenza del patrimonio dell’azienda, sono assoggettate a tributo autonomamen- te, a norma dell’art. 21, comma 1, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in quanto sono il frutto dell’autonomia contrattuale delle parti e, pertanto, non risultano

“necessariamente connesse” le une alle altre. Difatti, l’azienda rappresenta solo l’oggetto “mediato” della cessione di partecipazioni e, pertanto, le garanzie ad es- sa riferite non possono considerarsi al pari delle garanzie legali dovute dal vendi- tore in relazione alla cosa compravenduta (le partecipazioni).

Parole chiave: imposta di registro, cessione di partecipazioni, clausole di garan- zia, autonomia negoziale, connessione

Art. 2, para. 2, of Presidential Decree 26 April 1986, n. 131, concerning the applica- tion of a single registration tax in case of composite acts, requires that a necessary con- nection between the various disposition of the act is recognized by law or stems from the objective characters of the legal transaction, while the intent of the parties has not relevance.

The clauses of a share transfer agreement concerning the assets of the enterprise must be taxed autonomously, according to art. 2, para. 1, of Presidential Decree n. 131/1986, because their origin is the contractual will of the parties. The enterprise is only the in- direct object of the act, therefore the warranties about it are different from those impo- sed by law on the seller of the shares.

Keywords: registration tax, transfer of shares, warranty clauses, contractual auto- nomy, connection.

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SOMMARIO:

1. Introduzione. – 2. Considerazioni preliminari sulla funzione e sulla natura giuridica delle clausole di dichiarazione e garanzia. – 3. L’applicazione dell’imposta di registro agli atti conte- nenti più disposizioni. – 4. La sentenza della Cassazione. – 5. Alla prova di Sisifo: un tentativo di inquadramento delle clausole di dichiarazione e garanzia nel sistema dell’imposta di registro. – 6. Conclusioni.

1. Introduzione

Nel mito tramandatoci da Apollodoro, Sisifo, eroe moderno colpevole con la sua sagacia di avere ingannato gli déi, una volta disceso agli Inferi veniva condan- nato da Zeus ad un terribile supplizio: sospingere sino alla vetta di un monte un enorme masso, il quale, una volta giunto in cima, scivolava via, spinto da una forza sovraumana, per rotolare a valle sino al punto di partenza. E questo accadeva ogni volta che l’uomo ripeteva l’operazione, così che il supplizio si ripeteva all’infinito1.

Lo sforzo dell’interprete che si addentra nella sentenza annotata è, per certi versi, molto simile a quello dell’eroe greco che ci siamo permessi di citare. Se, da un lato, la Corte di Cassazione conferma ciò che già si pensava nella prassi – ossia che le clausole di “dichiarazione e garanzia” sono disposizioni distinte rispetto alla cessione del pacchetto azionario cui accedono e, come tali, vanno tassate autono- mamente, dall’altro, però, non ci fa capire quale sia, in concreto, il trattamento fi- scale di tali disposizioni.

A ben vedere, questo punto esula dal quesito di diritto sul quale i Giudici di le- gittimità erano chiamati a pronunciarsi, che atteneva, piuttosto, all’annoso pro- blema della tassazione degli atti contenenti più disposizioni. Cionondimeno, ci si sarebbe aspettati di cogliere maggiori indicazioni dallo svolgimento dei fatti, la cui descrizione risulta poco chiara dalla sentenza2.

1 APOLLODORO, Biblioteca, I, 9, 3 e OMERO, Iliade, VI, 152. Il mito è narrato anche da Ovidio nel libro IV delle Metamorfosi. Il nome Sisifo è di incerta etimologia, sebbene i greci lo interpretassero col significato di “uomo saggio”. Egli rappresenta l’uomo moderno che, con la sua astuzia, si con- trappone agli dèi, riuscendo ad ingannarli anche dopo la morte: vietando alla moglie di apprestargli i riti funebri, Sisifo si procurava un pretesto per risalire nel mondo dei vivi e sfuggire per sempre all’Ade. Abbiamo diverse versioni del mito, tra cui un’altra di Omero, Odissea, XIX, p. 394 ss.; e XXIV, p. 333 ss., ed una di SOFOCLE, Philosophiae, 417, p. 1311. Il mito ha suscitato in ogni tempo l’estro di artisti e di scrittori. Per CAMUS, Il mito di Sisifo, 1942, Sisifo è l’eroe dell’assurdo «tanto per le sue passioni che per il suo tormento» e «ci fa intuire la capacità, tutta umana, di “accettare l’inaccettabile”, che, a seconda che sia vissuta nella consapevolezza o nella radicale proiezione, si trasforma in risorsa o condanna». V. TRECCANI, Enciclopedia dell’arte antica, in ZANCANIMONTUORO (a cura di), L’enciclopedia italiana, 1966.

2 Non è stato possibile risalire alle pronunce dei giudizi di merito. Ci si riferisce alla sentenza del-

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Ed è proprio qui che l’opera dell’interprete si fa ardua, nel momento in cui ten- ta di definire il corretto trattamento, ai fini dell’imposta di registro, di queste clau- sole, a meno di non procedere per tentativi che rischiano di rivelarsi, come il sup- plizio di Sisifo, irrimediabilmente insoddisfacenti.

In verità, dalla sentenza è possibile ricavare alcune conferme (sia sulla dibattuta questione dell’oggetto del contratto di cessione di partecipazioni, sia sul concetto di “necessaria derivazione” rilevante nella tassazione degli atti contenenti più di- sposizioni) e, ad un’analisi più attenta, anche una utile indicazione circa l’approc- cio seguito dagli Uffici nella tassazione delle clausole di dichiarazione e garanzia.

Muovendo da questi pochi – ma preziosi – indizi ci proponiamo l’obiettivo di fornire una possibile risposta al problema della tassazione di queste clausole ai fini dell’imposta di registro. A tal fine, dopo un tentativo di inquadramento della natu- ra giuridica e funzione delle clausole di dichiarazione e garanzia – la questione co- involge troppi aspetti del diritto civile da poter essere esaurita in queste note – sarà esaminato, in primis, il contenuto della sentenza per trarne le più rilevanti conse- guenze pratiche.

Alla luce delle considerazioni svolte, cercheremo poi di inquadrare le clausole di dichiarazione e garanzia nel sistema dell’imposta di registro, al fine di individuarne la corretta modalità di tassazione.

2. Considerazioni preliminari sulla funzione e sulla natura giuridica delle clau- sole di dichiarazione e garanzia

Nei contratti di cessione di partecipazioni è assai comune la previsione di clau- sole con le quali il venditore dichiara all’acquirente alcune circostanze di fatto o di diritto attinenti le condizioni patrimoniali e la pregressa gestione della società le cui azioni sono oggetto di cessione (c.d. “representations”; lett. di rappresentazione o dichiarazione) e di clausole con le quali lo stesso venditore assicura che si verifi- cheranno o meno determinati eventi (come, ad esempio, la sopravvenienza di pas- sività tributarie), assumendo, in tal caso, l’obbligo di corrispondere una somma di denaro a favore dell’acquirente3 (c.d. “warranties”; lett. di garanzia). Si tratta di clau- sole di tipo patrimoniale-reddituale ben diverse da quelle che prevedono un aggiu- stamento del prezzo in funzione della esatta determinazione del patrimonio netto alla data di efficacia della compravendita o dei risultati reddituali futuri4.

la CTR Piemonte, sez. 22, n. 15, depositata il 18 febbraio 2010 e alla sentenza di I grado, i cui estre- mi non risultano dalla pronuncia della Corte di Cassazione.

3 Può accadere che il pagamento avvenga a favore della società cui si riferiscono le azioni com- pravendute. Il problema del trattamento fiscale applicabile, tuttavia, rimane.

4 Alias “earn-out clauses” le quali prevedono un’automatica riduzione (o aumento) del prezzo di

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La definizione della funzione e della natura giuridica di queste clausole, e dei pagamenti che ne scaturiscono, è affatto pacifica e risulta, oltre che decisiva per in- dividuarne il corretto trattamento fiscale, di assoluta rilevanza pratica per entram- be le parti contraenti.

Prima di tutto, bisogna sgombrare il campo dell’analisi dal «fuorviante luogo comune»5, proprio di chi pretende di adottare un approccio economico/sostan- ziale6, per il quale l’oggetto del contratto di compravendita di partecipazioni coin- cide con il patrimonio della società, come se l’acquisto delle partecipazioni, quali

“beni di secondo grado”7, potesse consentire – indirettamente – anche l’acquisto del complesso aziendale. L’azione è infatti un bene autonomo e distinto dalla fra- zione di patrimonio sociale che rappresenta e non attribuisce il diritto di proprietà sui beni ma lo status di socio, insieme ad una serie di diritti tipici di natura patri- moniale ed amministrativa. La circostanza che l’acquirente di un pacchetto totali- tario si trovi nelle condizioni di disporre in fatto, ma pur sempre attraverso la me- diazione dell’organo amministrativo, del complesso aziendale «è elemento fattua- le che non consente di equiparare il mutamento di titolarità della partecipazione al trasferimento di azienda»8.

acquisto delle partecipazioni nel caso in cui si verifichi la condizione cui sono sottoposte, ossia, ad esempio, la società non consegue (o lo supera) un certo risultato economico determinato sulla base di indicatori di bilancio prestabiliti (es. EBITDA). A differenza delle clausole di dichiarazione e ga- ranzia, esse operano automaticamente ed attengono alla fase fisiologica del rapporto, costituendo uno strumento di riequilibrio delle posizioni contrattuali. Il titolo – e la causa – da cui scaturisce il pa- gamento della somma di denaro sono, quindi, diversi rispetto alle clausole di dichiarazione e garan- zia, in quanto sono riconducibili alla restituzione di indebito o all’integrazione di prezzo. V. DENOVA, Il Sale and Purchase Agreement: un contratto commentato, Milano, 2011, p. 139 ss. Per la distinzione tra clausole di tipo sintetico ed analitico v. TINA, Il contratto di acquisizione di partecipazioni societa- rie, Milano, 2007, p. 361 ss., ove ulteriori riferimenti; mentre per un’accurata rassegna delle varie rappresentazioni e garanzie che si riscontrano nella prassi contrattuale v. PEDERSOLI, Le garanzie fi- scali, previdenziali ed ecologiche, in AA.VV., Acquisizioni di società e di pacchetti azionari di riferimento, a cura di Bonelli-DeAndrè, Milano, 1990, p. 145 ss.

5 Così FRANSONI, Note in tema di compravendita di partecipazioni e regime fiscale delle somme corri- sposte per la violazione delle clausole di garanzia, in Dir. prat. trib., n. 5, 2012, p. 1057, che, nel criticare l’approccio di STEVANATO, Acquisizioni di società e obblighi del venditore per le passività sopravvenute:

la qualifica fiscale dell’indennizzo come «differenza prezzo», in Dialoghi trib., 2011, p. 387, richiama il vecchio scritto di PUGLIATTI, Vendita di azioni e garanzia per evizione, in Banca, borsa e tit. cred., 1937, II, p. 86 ss.

6 Tra gli scritti più recenti favorevoli a questo approccio, oltre a STEVANATO, op. cit., vi è anche ZANETTI-FURIAN-GALLIO, Le rettifiche di prezzo nelle acquisizioni d’azienda e la formulazione delle clausole di garanzia, ivi, 2011, p. 521 ss.

7 In quanto rappresentativi del valore economico pro quota del patrimonio netto. L’espressione si deve a ASCARELLI, Considerazioni in tema di società e personalità giuridica, e Riflessioni in tema di titoli azionari, personalità giuridica e società tra società, entrambi in Saggi di diritto commerciale, Milano, 1955, p. 140 ss., p. 240.

8 MONTALENTI, Le acquisizioni societarie tra astrattezza del titolo e patrimonio di riferimento, in

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La conseguenza più immediata di questa condivisibile impostazione è che gli ordinari rimedi contrattuali ex empto trovano applicazione con riguardo unica- mente ai beni compravenduti (le partecipazioni), essendo la consistenza patrimo- niale della società estranea all’oggetto della garanzia legale cui il venditore è tenuto nei confronti del compratore9, mentre eventuali garanzie attinenti al patrimonio sociale devono essere espressamente pattuite10.

Di qui si ha chiara la funzione delle clausole di dichiarazione e garanzia, che è quella di aggiungere ulteriori garanzie rispetto a quelle previste dal regime legale del contratto di compravendita per apprestare all’acquirente tutele di cui sarebbe per legge sfornito a fronte di un acquisto non corrispondente alle aspettative11.

AA.VV., Le acquisizioni societarie, Torino, 2011, p. 9 ss. La dottrina civilistica (e non solo; v. FRAN- SONI, op. cit., p. 1057 ss.) è sostanzialmente concorde sul punto, anche se non sono mancati tentativi di superare questo orientamento facendo leva ora sulla tesi del negozio indiretto, che considera ef- fettiva volontà dei contraenti quella di trasferire i beni aziendali, ora sulla distinzione tra oggetto mediato ed immediato del contratto. Per un’approfondita analisi della materia ed una ricostruzione delle varie teorie può valere il riferimento all’opera di SPERANZIN, Vendita della partecipazione di

“controllo” e garanzie contrattuali, Milano, 2006, p. 15 ss., in particolare note 20 e 21.

9 L’affermazione è condivisa in toto dalla dottrina in tutti i casi di cessione di partecipazioni mi- noritarie o che avvengono su mercati regolamentati. Quando sono trasferite partecipazioni di con- trollo o totalitarie, invece, la posizione della dottrina è più articolata, ma comunque ferma nel negare l’identificazione degli effetti giuridici della vendita di partecipazioni con la cessione dell’azienda. Lo rileva FRANSONI, op. cit., p. 1059, il quale richiama lo scritto di PINTO, Le garanzie patrimoniali nella vendita di partecipazioni azionarie di controllo, qualificazione giuridica e termini di prescrizione, in Riv.

dir. soc., 2003, I, p. 412.

10 La giurisprudenza è ben ferma sul punto. Cfr. Cass., 28 gennaio 1986, n. 423, in Giur. comm., 1986, II, p. 277; Cass., 21 giugno 1996, n. 5773, in Soc., 1997, p. 333; Cass., 6 agosto 1998, n. 7693, in Giur. it., 1999, p. 120. Nella giurisprudenza di merito, tra le tante, Trib. Milano, 17 aprile 1989, in Società, 1989, p. 939; Trib. Milano, 26 novembre 2001, in Società, 2002, p. 568; più recentemente, Trib. Milano, 13 gennaio 2005, in Giur. it., 2005, p. 748. La tesi è assolutamente prevalente da tem- po anche in dottrina. Si veda, ad esempio, MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, IV, Mi- lano, 1954, p. 397 ss., PANZARINI, Cessione di pacchetti azionari: il contenuto delle clausole di garanzia, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, Trattato diretto da Galgano, I, To- rino, 1995, p. 250, SPERANZIN, Vendita della partecipazione di “controllo”, cit., p. 18, nonché MONTA-

LENTI, Le acquisizioni societarie tra astrattezza del titolo e patrimonio di riferimento, cit., nota 8. In ter- mini leggermente difformi MARTINETTI, Le “garanzie” delle garanzie e le clausole indennitarie, in AA.VV., Le acquisizioni societarie, a cura di Irrera, Bologna, 2011, pp. 225-226, che distingue tra og- getto mediato ed immediato.

Si riscontrano però isolate pronunce in senso contrario. V. Trib. Milano, 8 marzo 2006, in Giur.

it., 2006, p. 2325 ss. Interessante è anche Cass., 20 febbraio 2004, n. 3370, pubblicata in Giur. it., 2004, p. 997 ss., dove è stato affermato che la consistenza e qualità dei beni sociali rientrano nell’og- getto del contratto di cessione di azioni o quote non solo quando vi siano apposite garanzie, ma an- che quando «l’affidamento, da parte del cessionario, sulla ricorrenza di tali requisiti debba ritenersi giustificato alla stregua del principio di buona fede».

11 MARTINETTI, op. cit., p. 226 definisce le clausole in esame “ultra garanzie” per sottolinearne il carattere accessorio e rafforzativo rispetto alle garanzie legali.

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Resta da chiarirne la natura giuridica. La questione è affatto pacifica in dottrina e giurisprudenza e sull’argomento sono state prospettate diverse tesi: una volta esclusa, pur non all’unanimità, la possibilità di considerarle “qualità essenziali” o

“promesse” della cosa compravenduta12, tali clausole sono state inquadrate ora come patti autonomi di garanzia13, ora come contratto atipico geneticamente e fun- zionalmente collegato al contratto di compravendita14, ora, ancora, come «parte integrante della prestazione traslativa», la cui violazione è causa di risoluzione del contratto15.

Non potendo scendere nel dettaglio di un dibattito così articolato, ci si limita a rilevare come tutte queste teorie siano state ritenute in una qualche misura insod- disfacenti: o da un punto di vista teorico, perché finiscono per snaturare il contrat- to di cessione di azioni in un contratto atipico (il cui oggetto non sarebbe limitato alla partecipazione ma comprenderebbe anche l’azienda), ovvero per estendere la nozione di qualità promesse ad elementi estranei alla cosa compravenduta16; o

12 Se, infatti, la consistenza patrimoniale della società non è oggetto del contratto – e respinta ogni istanza di interpretazione economico/sostanziale – non si comprende per quali motivi tali cir- costanze possano diventare qualità promesse solo perché oggetto di un impegno del venditore. Lo rileva SPERANZIN, Vendita della partecipazione di “controllo”, cit., p. 96, e Le clausole relative all’oggetto

“indiretto” in generale, in AA.VV., Le acquisizioni societarie, cit., p. 199. In realtà, su questo specifico punto si registra un contrasto di opinioni tra la non unanime giurisprudenza ordinaria e la (quasi) unanime dottrina e giurisprudenza arbitrale. La tesi delle qualità promesse fu elaborata già da ASCA-

RELLI, In tema di vendita di azioni e responsabilità degli amministratori, in Foro it., 1953, p. 1653, men- tre tra gli ultimi arresti giurisprudenziali favorevoli Cass., 21 giugno 1996, n. 5773, cit., e, più recen- temente, Cass., 20 febbraio 2007, n. 3370. Per la giurisprudenza di merito, inter alia, Trib. Milano 17 aprile 1989 e 16 aprile 1992, e, in particolare, Trib. Napoli, 11 marzo 2002. Per una rassegna della giurisprudenza e per una critica argomentata alla teoria delle qualità promesse si rinvia a SPERANZIN, Le clausole relative all’oggetto indiretto in generale, cit., p. 198 ss.

13 Inter alia, PICONE, Contratti di acquisto di partecipazioni azionarie, Milano, 1995, p. 88 ss.;

mentre nella giurisprudenza di merito App. Genova, 6 novembre 1994. Per una proficua rassegna si veda SPERANZIN, Vendita della partecipazione di “controllo”, cit., note 256 e 256.

14 V. SPERANZIN, Vendita della partecipazione di “controllo”, cit., nota 262, che richiama, in partico- lare, MONTALENTI, Compravendita di partecipazioni azionarie, in Studi in onore di Roberto Sacco, Mi- lano, 1994, p. 767, ss., e AMBROSINI, Trasferimento di partecipazioni azionarie, clausole di indemnity e contratto per persona da nominare, in Contr. e impresa, 1996, p. 898 ss.

15 Per tutti si veda BIANCA, La vendita e la permuta, in Trattato Vassalli, Torino, 1993, p. 218, e BONELLI, Giurisprudenza e dottrina su acquisizioni di società e di pacchetti azionari di riferimento, in AA.VV., Acquisizioni di società e di pacchetti azionari di riferimento, cit., p. 198 ss. A tal proposito, è stato richiamato anche il cosiddetto aliud pro alio, che ricorre quando viene consegnata una cosa diver- sa al posto di quella pattuita e che legittima l’acquirente a chiedere la risoluzione del contratto se- condo le regole generali (e senza gli stringenti termini di decadenza e prescrizione dettati per le azioni redibitoria ed estimatoria). Si veda Cass., 20 febbraio 2004, n. 3370, che qualifica come man- canza di qualità della cosa – e non come aliud pro alio – la carenza delle caratteristiche rappresentate dal venditore nelle clausole di dichiarazione e garanzia.

16 Sul punto v. ANGELICI, La circolazione della partecipazione azionaria, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo-Portale, Torino, 1991, 2*, p. 116.

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sotto il profilo pratico, per l’inadeguatezza dei rimedi che si verrebbero così ad ap- plicare.

Né la disciplina della compravendita, né quella della responsabilità generale per inadempimento, infatti, si attagliano al contenuto ed agli obiettivi che le parti per- seguono con le clausole di dichiarazione e garanzia: a parte la risoluzione del con- tratto, che non pare proprio compatibile con una interpretazione complessiva dell’accordo e che, peraltro, viene sovente esclusa nell’accordo dalle parti, i rimedi ex lege offerti al compratore dovrebbero esercitarsi nei brevi termini stabiliti dall’art. 1495 c.c. di otto giorni per la denuncia del vizio (decorrenti dalla scoperta e derogabili dalle parti), e di un anno dalla consegna della cosa per l’azione di riso- luzione o per quella estimativa (non derogabile convenzionalmente ai sensi del- l’art. 2936 c.c.). Soprattutto il termine prescrizionale di un anno risulta particolar- mente pericoloso per il compratore, dal momento che molti degli eventi dedotti, come la sopravvenienza di passività tributarie o di minusvalenze patrimoniali, po- trebbero verificarsi solo oltre questo termine17.

Anche al fine di escludere l’applicazione diretta e necessaria delle norme in ma- teria di compravendita, e’ stata ritenuta preferibile la tesi che qualifica le clausole in esame come prestazioni accessorie di garanzia atipiche, cui non è applicabile, se non nei limiti in cui siano incomplete, la disciplina della vendita18. Secondo questa impostazione, saremmo in presenza di prestazioni contrattuali caratterizzate da una causa di garanzia, dalla cui violazione sorge l’obbligo di corrispondere una

17 Tant’è che – ad ulteriore riprova dell’inadeguatezza dei rimedi legali in materia di compraven- dita – nella prassi vengono solitamente previsti sia un termine entro il quale si deve manifestare l’evento, a decorrere dalla stipula del contratto, sia un termine successivo per la comunicazione del- l’evento dal compratore al venditore. Per escludere l’applicazione dei termini previsti dall’art. 1495 c.c. è stata anche richiamata la fattispecie dell’aliud pro alio (Cass., 20 febbraio 2004, n. 3370, cit.).

In altri casi, la Corte di Cassazione richiama solo in via analogica le garanzie legali previste in mate- ria di compravendita. Così che si potrebbe ritenere non applicabile la prescrizione di cui all’art.

1495, comma 2, c.c. in quanto norma eccezionale. V. MARTINETTI, op. cit., p. 200 e nota 20.

18 In questo senso SPERANZIN, Vendita della partecipazione di “controllo”, cit., p. 114 ss., che sem- bra preferire la tesi di RUBINODERITIS, Trasferimento di pacchetti azionari di controllo: clausole con- trattuali e limiti all’autonomia privata, in Giur. comm., 1997, I, p. 870; CHECCHINI, Indennizzo e risar- cimento nella promessa del fatto altrui, in Riv. dir. civ., 199, I, p. 421, nota 132, e RONDINONE, L’attività nel codice civile, Milano, 2001, p. 134, ss., che ricostruisce lo schema delle clausole di dichiarazione e garanzia come promessa del fatto del terzo ex art. 1381 c.c.: “il fatto” che il venditore promette sa- rebbe la situazione della società (il terzo). Per fatto, in quest’ottica, dovrebbe intendersi non solo un facere ma anche una situazione o, come nel caso che ci occupa, una caratteristica della società. Sul versante tributario, sposa la tesi delle prestazioni «con un ruolo di garanzia di tipo assicurativo»

anche FRANSONI, op. cit., p. 1061. Contrario è invece DENOVA, op. cit., p. 185 ss. In verità, il dibattito è ancora aperto ed il rischio che il giudice possa fare riferimento alla disciplina in materia di compra- vendita, ritenendo applicabili i brevissimi termini di decadenza e di prescrizione per la denuncia del- la violazione, esiste. Per questo, nella prassi contrattuale, le parti sono solite regolare a priori i rimedi a favore dell’acquirente, con la previsione di clausole di indennizzo limitate ad un importo massimo (generalmente pari al prezzo di acquisto delle partecipazioni).

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somma di denaro che è qualificabile come indennizzo in senso stretto19. Difatti, esse comportano l’assunzione, da un lato, di un rischio e, dall’altro, di un obbligo che integra o rafforza le ragioni dell’acquirente. Non si tratta di un’obbligazione in senso tecnico – perché la volontà dell’obbligato è irrilevante, bastando il semplice verificarsi dell’evento a far scattare il pagamento – ma piuttosto di una garanzia di tipo assicurativo, funzionale a tenere indenne l’acquirente dagli effetti sfavorevoli derivanti dal verificarsi del fatto dedotto nella clausola.

Se si hanno chiare queste brevi considerazioni introduttive, risulta difficile qua- lificare – pure solo ai fini fiscali – le somme pagate dal venditore al verificarsi degli eventi dedotti nelle clausole come una rettifica del prezzo20. Né vale, a tal fine, so- stenere che la previsione di queste clausole, con particolare riferimento al verificar- si di sopravvenienze passive, costituisca uno «strumento di riequilibrio contrattua- le» delle prestazioni originarie, o ridurre la vicenda ad un mero spostamento di ricchezza e considerarne esclusivamente i riflessi economico reddituali21, o, anco- ra, fare riferimento al concetto di interesse concreto dell’operazione economica22. Difatti, per tali vie si finisce per ignorare i rilevantissimi profili civilistici della que- stione. Invece, una compiuta analisi giuridica delle clausole de quo è condizione necessaria per individuarne il corretto trattamento ai fini dell’imposta di registro.

3. L’applicazione dell’imposta di registro agli atti contenenti più disposizioni

Fatta questa necessaria premessa, conviene passare all’esame della pronuncia della Corte di Cassazione. La questione riguardava l’annoso problema della tassa- zione, ai fini dell’imposta di registro, degli atti contenenti più disposizioni, ma, a ben vedere, tocca anche il problema dell’oggetto del contratto di cessione di parte- cipazioni cui accennavamo prima.

19 Sono state definite in vari modi dalla dottrina: “prestazioni di garanzia”, “obbligazioni di in- dennizzo”, “obbligazioni di garanzia”, “attribuzioni di garanzia”, o, ancora, “assicurazioni contrattuali”.

Per vero, osserva SPERANZIN, Vendita della partecipazione di “controllo”, cit., pp. 122-123, spec. nota 316, si tratta di garanzie improprie che non sono sempre caratterizzate da una causa cavendi, poten- do trovare un fondamento anche nello scambio della cosa con il prezzo. E difatti, il prezzo può ben essere determinato – e in genere lo è – con riferimento al numero ed all’estensione delle clausole di dichiarazione e garanzia (oltre che, naturalmente, al valore attribuito alle partecipazioni).

20 Come sostiene STEVANATO, op. cit., e, in una certa misura, ZANETTI,La rilevanza delle clausole per stabilire il collegamento fiscale con l’operazione originaria, in ZANETTI-FURIAN-GALLIO, op. cit.

21 In particolare STEVANATO, op. cit., p. 388, secondo il quale «non bisogna farsi condizionare troppo dalle dispute civilistiche in ordine all’inquadramento delle clausole di garanzia» ma occorre inquadrare il problema con “le lenti” del tributarista.

22 ZANETTI,op. cit., pp. 522-523, il quale valorizza il concetto di interesse concreto dell’operazio- ne economica da ravvisarsi nel trasferimento di azienda. In quest’ottica sarebbe giustificata la conce- zione delle clausole de quo come strumento di riequilibrio degli assetti economici delle parti.

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Per comprendere il portato della decisione, è opportuno definire sinteticamen- te il quadro normativo di riferimento.

Ai sensi dell’art. 21, comma 1 del D.P.R. n. 131/198623, le disposizioni24 con- tenute nello stesso atto «che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre» devono essere assoggettate autonomamente ad imposta, secondo il regime loro proprio. In questo caso, il singolo atto viene “scomposto”

nelle diverse disposizioni che contiene e l’imposta di registro si applica distinta- mente su ciascuna di esse. Sulle modalità di tassazione delle clausole in questione torneremo a breve.

Nella prassi25, gli atti contenenti una pluralità di disposizioni con riguardo ai quali più spesso si è posto il problema della sussistenza o meno di un rapporto di

“derivazione necessaria” – la cui definizione lasciamo per il momento in sospeso – sono stati, tra gli altri: la permuta, il preliminare di compravendita e le fidejussioni plurime.

Per le prime è pacifico che trovi applicazione la tassazione unica e la relativa ba- se imponibile, ai sensi dell’art. 43, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 131/1986, è co- stituita dal valore del bene che dà luogo all’imposta più elevata.

Sul preliminare di compravendita, parte della giurisprudenza ha ritenuto che esso debba essere tassato autonomamente rispetto al contratto definitivo26, men- tre, secondo un altro orientamento, il contratto definitivo non è – in linea di prin- cipio tassabile – separatamente, purché non comporti una novazione del prece-

23 T.U. delle disposizioni concernenti l’imposta di registro.

24 È pacifico in giurisprudenza e in dottrina che nel sistema dell’imposta di registro il termine “di- sposizione” deve intendersi nell’accezione di “negozio giuridico”. Difatti, se si guarda al contenuto degli artt. 20, 21 e 22 del D.P.R. n. 131/1986 si noterà facilmente come le formule “atto” e “disposi- zioni”, ivi più volte impiegate, vadano riferite non al documento materiale che incorpora il negozio, bensì alla coerenza delle singole clausole contrattuali e sempre in relazione al particolare negozio giuridico realizzato dalle parti. V. Cass., 7 giugno 1976, n. 864, Cass., 19 novembre 1987, n. 8508 e la più recente Cass., 4 maggio 2009, n. 10180; v. anche D’AMATI, La nuova disciplina dell’imposta di registro, Torino, 1989, p. 188. L’opinione sembra peraltro essere condivisa anche dall’Amministra- zione. V. Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 9 aprile 2004, n. 57/E.

25 Per un’esaustiva rassegna dei documenti di prassi e giurisprudenza che hanno affrontato il problema della “derivazione necessaria” si vedano GIULIANI(coord.), Manuale del registro, Articolo 21, scheda 1, Milano, 2001, e BUSANI, L’imposta di registro, Milano, 2009, p. 68 ss., in particolare no- te 83, 86, 87, 90, 91 e 95. Per citare alcuni esempi: Cass., sez. un., 8 luglio 1993, n. 7841 sulla pro- messa di vendita di un bene in comunione; tra le tante sul decreto di esproprio di più immobili da assoggettare a tante imposte fisse quanti sono gli esproprianti, R.M. 7 agosto 1982, n. 250278, R.M.

18 giugno 1990, n. 310388, Circ. 14 gennaio 2003 e 20 febbraio 2003 della Dir. reg. della Toscana dell’Agenzia delle Entrate e R.M. 20 giugno 2007, n. 139; o, ancora, sul deposito cauzionale pattuito in relazione ad un contratto di locazione, v. R.M. 28 marzo 1983, n. 250970 e C.M. 14 ottobre 1983, n. 88/240858.

26 CTC, sez. XIV, 23 agosto 1984, nn. 7890 e 8765; più recentemente anche CTR Roma, sez.

XXXV, 10 maggio 2001, n. 78.

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dente preliminare dalla quale discenda una nuova e diversa obbligazione, sostituti- va di quella del pagamento del prezzo27.

Con riguardo alle fidejussioni plurime, in vigenza del precedente D.P.R. n. 634/

1972, era stato sostenuto, da una parte, che, dove più soggetti prestano solidale ga- ranzia per il medesimo credito, vi fosse reciproca interdipendenza tra i diversi atti e che, quindi, dovesse applicarsi la tassazione unica28; e, dall’altra, che costituendo ogni singola garanzia un negozio a sé stante e produttivo di effetti autonomi, do- vesse trovare applicazione la tassazione separata29. Quest’ultima posizione è stata tuttavia disattesa dai tribunali di merito ed ha perso rilievo dopo la riformulazione dell’art. 6 della Tariffa, Parte I del nuovo T.U. sull’imposta di registro, ove il legi- slatore ha previsto espressamente che le garanzie personali prestate in solido da più soggetti vanno tassate una sola volta nella misura dello 0,50% sulla somma ga- rantita, salva l’applicazione dell’imposta fissa per quelle non contestuali30.

Diversamente, qualora le varie disposizioni derivino necessariamente le une dalle altre, l’imposta deve essere applicata «come se l’atto contenesse la sola di- sposizione che dà luogo alla tassazione più onerosa» (art. 21, comma 2). In altri termini, se si ha un contratto complesso31, cioè un contratto le cui clausole sono inestricabilmente connesse le une alle altre, l’imposta si applica sulla sola disposi- zione dalla quale discende il maggior carico fiscale32. La ratio della norma è quella

27 CTC, sez. un., 3 maggio 1984, n. 4719; in senso conforme anche CTC, 16 luglio 1999, n. 4965.

28 CTC, 22 maggio 1984, nn. 491 e 5492; e CTC, 9 giugno 1982, n. 3077.

29 Cass., 12 luglio 1962, n. 1862; tra la giurisprudenza di merito, Inter alia, CTC, 27 gennaio 1984, n. 797. Dopo la modifica all’art. 6 della Tariffa, Parte I, si veda CTC, sez. XII, 1° febbraio 1994, n. 378, la quale ha deciso che la normativa concernente la prestazione di garanzie – sebbene assoggetti ad una unica imposta le garanzie – non estende il beneficio dell’unica imposta proporzio- nale a tutte le garanzie prestate con atti plurimi. «Infatti quando nella riconosciuta pluralità degli atti di fideiussione non v’è altro collegamento che l’identità dell’obbligazione garantita e del relativo creditore, senza alcun collegamento reciproco di consapevolezza tra i vari fideiussori, manca quella solidarietà che può derivare dalla legge o dalla volontarietà delle parti; per cui è legittima l’applica- zione dell’imposta proporzionale di registro su ogni fideiussione». Il contrasto sulla natura giuridica di tali atti, in verità, era già presente nel diritto civile.

30 Si veda la C.M. 10 giugno 1986, n. 37 in commento all’art. 6 della Tariffa, Parte I allegata al D.P.R. n. 131/1986. In senso conforme, R.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse e imposte indirette sugli affari 10 maggio 1990, n. 310232. Per una sintesi dell’evoluzione della norma e dei relativi indirizzi di prassi e giurisprudenza v. MONTESANO-IANNIELLO, Imposta di registro, Il Sole 24 Ore, pp. 545-548.

31 Cass., 7 giugno 2004, n. 10789, in Foro it., 2004, 1, c. 2721, distingue il contratto contenente più disposizioni ma avente un’unica causa negoziale, da assoggettarsi a tassazione unitaria, dall’ipo- tesi dei negozi collegati, i quali hanno causa propria e rimangono comunque distinti. In tal’ultimo caso, non sussiste “derivazione necessaria” ed i singoli negozi (le disposizioni) devono essere tassati separatamente. In senso conforme anche Cass., 6 settembre 1996, n. 8142, Cass., 13 novembre, n.

9938 e Cass., 4 maggio 2009, n. 10180. Sul punto risulta efficace la sintesi di ARNAO, Manuale del- l’imposta di registro, Milano, 2005, pp. 125-127.

32 Per alcuni esempi pratici sull’applicazione della disposizione si rinvia a BUSANI, op. cit., p. 68 ss.

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di evitare di assoggettare più volte a tassazione la medesima attività giuridica.

Tra le due disposizioni (commi 1 e 2) esiste evidentemente un rapporto di re- gola-eccezione33. Ora, il criterio per stabilire se una disposizione risulti necessa- riamente connessa ad un’altra è individuato dalla legge stessa nella “intrinseca natu- ra” ed “effetti giuridici” della singola pattuizione34. Ciò che resta da capire è quando il collegamento tra due disposizioni – e, per quanto qui interessa, tra le clausole di dichiarazione e garanzia e il contratto di cessione delle azioni – possa ritenersi suf- ficientemente intenso da definirsi di “derivazione necessaria”35. Ed è proprio su questo punto che la Corte di Cassazione rende un’importante conferma.

4. La sentenza della Cassazione

Per quanto riguarda i fatti, nell’ambito di un contratto di cessione di un pac- chetto di azioni totalitario, la società alienante, con la stipulazione di apposite clau- sole, garantiva che, fino alla data di efficacia della cessione, non sarebbero emerse pendenze tributarie di qualsiasi genere a carico della società “ceduta” (rect. cui si riferivano le partecipazioni cedute), prometteva di indennizzare alcuni costi even- tualmente sostenuti dall’acquirente ed assicurava la copertura dei costi fissi di ge- stione dell’impianto in caso di ricavi non sufficienti. A fronte del verificarsi di uno degli eventi dedotti nelle clausole, si legge nella sentenza, la società “ceduta” emet- teva tre fatture di considerevole importo36. In seguito, l’Ufficio provvedeva a rili-

Per il caso in cui le disposizioni siano soggette ad imposta proporzionale in misura diversa si veda la R.M. del 3 luglio 2008, n. 272.

33 V. Cass., 4 maggio 2009, n. 10180. Sul carattere eccezionale del comma 2 dell’art. 21, non su- scettibile di applicazione analogica si veda anche Cass., 7 giugno 2004, n. 10789, la quale ha statuito che sono soggetti separatamente ad imposta i due capi della sentenza che condannano, rispettiva- mente, i condebitori in solido (appaltatore e committente) a risarcire il danno extracontrattuale su- bìto dal terzo, e uno dei condebitori (appaltatore) a tenere indenne l’altro condebitore (committen- te). I due rapporti hanno infatti diverso titolo e funzione e non possono ritenersi necessariamente derivanti l’uno dall’altro.

34 L’art. 20 del D.P.R. n. 131/1986 prevede che «L’imposta è applicata secondo la intrinseca na- tura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente».

35 Al di là del caso di accollo di debiti ed altri oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni e delle quietanze rilasciate nello stesso atto che contiene le disposizioni cui si riferiscono, per le quali l’art. 21, comma 3 prevede l’esclusione da tassazione in quanto si tratta, con ogni evidenza, di attività giuridiche accessorie ed inscindibilmente connesse all’attività giuridica principale.

36 Per un valore complessivo di 52.000.000 di euro. Dalla sentenza non si comprende il motivo per il quale sono state emesse le fatture, dal momento che le somme corrisposte a titolo di indenniz- zo – o aventi, più in generale, funzione risarcitoria – sono escluse dalla base imponibile IVA ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett. a) del D.P.R. n. 633/1972 (v. R.M. 18 giugno 1990, n. 310388). L’emis- sione della fattura, o, più precisamente, di una nota di accredito, si giustificherebbe in caso di resti-

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quidare l’imposta di registro applicando l’aliquota del 3% sulla somma pagata, sulla base del rilievo che le suddette clausole costituissero atti aventi per oggetto presta- zioni a contenuto patrimoniale37 «del tutto avulse ed autonome dal contratto di acquisto di azioni» e, quindi, da assoggettare autonomamente ad imposta.

A quanto è dato capire, il giudice d’appello, confermando la sentenza di primo grado, annullava l’avviso di liquidazione sostenendo che le clausole dovevano con- siderarsi “inerenti ed inscindibili” rispetto al contratto di compravendita, e, perciò, dovevano essere assoggettate a tassazione unitamente allo stesso, trattandosi di «atti tra loro connessi e caratterizzati da un’unica causa».

La Corte di Cassazione, adita dall’Agenzia delle Entrate, veniva così richiesta di stabilire se il contratto di cessione del pacchetto totalitario di azioni resti negozio distinto dalla cessione dell’azienda e, di conseguenza, se le annesse clausole di di- chiarazione e garanzia potessero ritenersi, o meno, necessariamente derivanti – nel senso inteso dall’art. 21 del D.P.R. n. 131/1986 – dal contratto di cessione di azioni.

I Giudici di legittimità ribaltano il verdetto dei giudici di merito, affermando l’autonoma tassabilità delle clausole di garanzia sulla scorta del seguente ragiona- mento.

In premessa, confermano che il criterio in base al quale indagare il nesso di “de- rivazione necessaria” tra gli atti è quello della «intrinseca natura e degli effetti giu- ridici» degli stessi; e che si ha “derivazione necessaria” tra atti solo quando: (i) è la legge stessa a prevederla, come nel caso delle garanzie patrimoniali cui è tenuto il venditore nei confronti del compratore, o (ii) per «esigenza obiettiva del negozio giuridico».

Quest’ultima precisazione è importante perché esclude dal beneficio della tas- sazione unitaria quelle convenzioni che siano reciprocamente dipendenti e condi- zionate per volontà delle parti38: il concetto di “derivazione necessaria”, già ricon- dotto a quello di reciproca subordinazione degli effetti giuridici di una pattuizione a quelli dell’altra39, richiede un collegamento immediato e necessario tra le dispo- sizioni, le quali devono risultare connesse sia giuridicamente che concettualmente, ma, soprattutto, in termini di “oggettiva causalità”40. In altri termini, deve sussistere

tuzione del prezzo. Cosa che, in questo caso, non sembra possibile poiché il pagamento non era di- retto all’acquirente, bensì alla società cui si riferivano le azioni cedute. Invece, secondo STEVANATO, op. cit., p. 389 e AUTORE, Importa davvero chi riceve l’indennizzo, in Dialoghi trib., 2011, p. 533, è possibile configurare una restituzione di prezzo ipotizzando un contratto a favore di terzo (ma l’analisi degli Autori citati è limitata al campo dell’imposta sul reddito delle società). Critico verso que- sta soluzione FRANSONI, op. cit., p. 1064.

37 Ai sensi dell’art. 9 della Tariffa, Parte I allegata al D.P.R. n. 131/1986.

38 Già in questo senso Cass., 11 agosto 1932, n. 4520.

39 Così D’AMATI, op. cit., p. 183. L’espressione è di un orientamento più risalente. V. Cass., 13 febbraio 1951; Cass., 20 marzo 1972, n. 844 e Cass., 5 luglio 1973, n. 1886.

40 Il concetto era già stato espresso, tra le altre, da Cass., Ssez. un., n. 406/1973, n. 1202/1973,

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«una oggettiva necessità giuridica e contrattuale di connessione o compenetrazio- ne, a nulla rilevando l’esistenza di una mera connessione soggettiva»41.

La Corte passa poi a considerare la relazione intercorrente tra le clausole di di- chiarazione e garanzia e il contratto di cessione di partecipazioni, e conferma il prin- cipio, già pacifico in seno alla giurisprudenza civile, secondo il quale, poiché ogget- to immediato della cessione di azioni è la partecipazione – e non la consistenza o il valore dei beni costituenti il patrimonio sociale – le garanzie patrimoniali previste dalla legge possono attenere unicamente alla “qualità” dei diritti ed obblighi che la partecipazione sia idonea ad attribuire, mentre non possono riguardare il suo valo- re economico. Le clausole di dichiarazione e garanzia, per loro natura, si riferisco- no non alle azioni, bensì alla consistenza economica della società e sono il frutto di un’autonoma scelta delle parti. Esse, pertanto, non possiedono i requisiti per essere considerate “necessariamente derivanti” le une dalle altre nel senso richiesto dall’art.

21, comma 2 e devono essere assoggettate a tassazione autonomamente.

Le conclusioni della Corte di Cassazione sono state criticate per avere conside- rato distintamente le clausole rispetto al contratto di acquisto delle partecipazioni, come se, attribuendo rilevanza al valore economico dell’azienda, l’acquirente aves- se di fatto compiuto due acquisti. Si è così sostenuto che l’art. 21 non potrebbe trovare applicazione al caso in esame, essendovi, in realtà, un’unica disposizione consistente, appunto, nell’acquisto delle partecipazioni, che non distingue tra og- getto mediato ed immediato42. Inoltre, gli indennizzi corrisposti dal venditore non potrebbero assumere rilevanza ai fini dell’imposta di registro perché non risultano dall’atto contenente le clausole di garanzia. Quest’ultima eccezione è pertinente perché solleva un problema di non poco momento, quello delle modalità di tassa- zione delle clausole in questione, sul quale torneremo a breve.

Nel complesso, però, la critica non ci sembra condivisibile in toto. In primo luo- go, perché dà per certo che le clausole de quo costituiscano vere e proprie garanzie, le quali, ai sensi dell’art. 6, della Tariffa, Parte I allegata al D.P.R. n. 131/1986, non so- no soggette all’imposta di registro43. La tassazione di queste clausole pone infatti

n. 1886/1973, n. 2215/1980 (non direttamente consultate); nonché, più recentemente, da Cass., 7 giugno 2004, n. 10789 e Cass., 4 maggio 2009, n. 10180.

41 Cass., 13 febbraio 1951.

42 La critica si deve all’unico – almeno nel momento in cui scriviamo – commento organico alla sent. n. 17948/2012: SALANITRO, Cessione di azioni, cessione d’azienda e clausole sulla consistenza eco- nomica della società, tra interpretazione dell’atto e tassazione di disposizioni plurime, in GT-Riv. giur.

trib., n. 1, 2013, p. 14 ss. Sul punto, in particolare, p. 18, nota 6.

43 Le uniche garanzie rilevanti ai fini dell’imposta di registro sono le garanzie personali (avalli, fi- dejussioni e altre malleverie) e quelle reali (pegno e ipoteca) prestate a favore di terzi che non siano richieste dalla legge, mentre le garanzie prestate dal cedente in relazione al bene ceduto non rilevano perché non previste espressamente. È quanto emerge dalla riunione degli Ispettori Compartimentali del 7-10 marzo 1989. Il Ministero delle Finanze, per parte sua, ha affermato nella R.M. del 14 giugno

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