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CAPITOLO TERZO L’adozione del D.Lgs. 231/2001 nelle aziende quotate all’S&P MIB 40

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CAPITOLO TERZO

L’adozione del D.Lgs. 231/2001 nelle aziende quotate all’S&P

MIB 40

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1. Finalità e metodologia dell’analisi empirica

Quello che viene presentato qui adesso è un’analisi sulle società che fanno parte del segmento S&P MIB 40 in relazione all’adozione di un Modello di Organizzazione e Controllo.

I dati presentati in fondo al presente scritto, tra gli allegati, sono stati tratti principalmente dalle Relazioni sulla Corporate Governance delle varie società comprendenti il settore S&P MIB 40 e dai documenti sull’attuazione del Modello 231. I dati in questione sono reperibili presso il sito della Borsa italiana, www.borsaitaliana.it, e ove non presenti, o presenti in maniera non completa, sono reperibili presso le home page delle singole società del listino in questione. La parte iniziale dell’indagine svolta si è focalizzata sulla Corporate Governance delle 40 società quotate. I dati reperiti riguardano:

- il modello di Corporate Governance adottata, se tradizionale, monistico o dualistico;

- il settore all’interno del quale l’azienda opera;

- l’anno di quotazione;

- il fatturato in milioni di euro;

- il numero dei soggetti che vanno a comporre il Consiglio di Amministrazione nel sistema tradizionale e il Consiglio di Sorveglianza nel sistema dualistico;

- la percentuale di amministratori indipendenti sul totale degli amministratori;

- la presenza o meno dell’Internal Auditing;

- la eventuale applicazione del Codice di Autodisciplina;

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- la eventuale presenza del Dirigente Preposto alla redazione dei documenti contabili e societari.

L’analisi sulla Corporate Governance, o meglio sulla Control Governance, permette di fare un quadro di insieme della situazione delle aziende quotate all’S&P MIB 40, con la finalità di poter contestualizzare il Modello 231 all’interno dell’azienda e all’interno del Sistema di Controllo Interno dell’azienda.

I dati raccolti sono stati presentati in una scheda di rilevazione così strutturata1:

1

Per la visione della tabella completa dei dati si rinvia agli allegati: Allegato n.1: Analisi della Corporate Governance

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Modello di Corporate

Governance Numero membri Presenza del…

Denominazione della società

Trad. Dualist. Monist.

Settore di appartenenza Anno di quotazione Fatturato (in milioni di €) CdA CdS Amm. Indipendenti / tot. Amm. Presenza dell'IA Applicazione del Codice di Autodis. CCI Risk Manag. Preposto al controllo interno Dirigente preposto alla redazione documenti contabili e societari

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In seguito alla raccolta dei dati sulla Control Governance l’analisi si è focalizzata sull’adozione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo da parte delle società.

I dati reperiti per ciascuna impresa riguardano le seguenti questioni:

- quale è stata la fonte dei dati raccolti, se la Relazione sulla Corporate

Governance o la Relazione sul Modello 231;

- se la società ha adottato ed efficacemente attuato il Modello di Organizzazione e Controllo previsto dal D.Lgs. 231/2001;

- l’anno in cui è stato implementato il Modello 231;

- la presenza o meno dell’Organismo di Vigilanza;

- la composizione dell’OdV, collegiale o monocratica;

- il numero dei componenti dell’OdV, nel caso in cui si presenti di composizione collegiale;

- le cariche rivestite all’interno della società dai soggetti membri dell’OdV. I dati raccolti sono stati presentati in una griglia di rilevazione, così strutturata:

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Organismo di Vigilanza Raccolta dei dati

Denominazione della società Modello 231 Anno Implementazione Mod. 231 Organismo di Vigilanza Monocratico Collegiale Numero componenti OdV I componenti dell'OdV Relazione sulla Corporate Governance Relazione sul Modello 231

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Dopo aver raccolto tutti i dati, relativi alla Control Governance e all’applicazione del Modello 231, il passo successivo è stato quello di eseguire una analisi statistica, tramite un software, SPSS, versione 15.0.

La finalità è stata quella di rilevare eventuali relazioni positive tra gli aspetti della

Control e Corporate Governance e gli aspetti del Modello 231, soprattutto in

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1.1 Il campione di indagine: le aziende quotate all’indice S&P MIB 40

Il campione di riferimento per la presente indagine è rappresentato dalle imprese quotate nel segmento S&P MIB 40.

Lo S&P MIB 40 è attualmente il più significativo indice azionario della Borsa italiana2. È il paniere che racchiude le azioni delle 40 maggiori società italiane ed estere quotate sui mercati gestiti da Borsa Italiana. E’ stato introdotto nel mercato italiano il 2 giugno 2004, ma la sua piena operatività, relativa alle quotazioni, si è avuta dal 20 settembre dello stesso anno, ultimo giorno di vita del MIB 30 (paniere di 30 azioni), che ha sostituito.

L'indice è nato in seguito ad una partnership tra Borsa Italiana e la società di rating Standard & Poor's da cui entrambi i partner hanno trovato reciproco vantaggio:

 Borsa Italiana si è liberata dall'incombenza di seguire, aggiornare e gestire (tecnicamente e metodologicamente) qualcosa che esulava dalla sua attività principale e ha garantito al suo indice una maggiore visibilità (data la notorietà di Standard&Poor's)

 Standard & Poor's ha potuto aggiungere al suo paniere di indici anche quello della borsa italiana, sopportando solamente un costo marginale data la struttura apposita della quale è dotata, al fine di garantire maggiore notorietà

Lo S&P/MIB è un indice value-weighted (i titoli che lo costituiscono hanno ponderazione pari alla capitalizzazione) e viene calcolato ogni 30 secondi sulla base dei prezzi degli ultimi contratti conclusi. Il paniere sottostante l'indice è formato da 40 titoli azionari selezionati sulla base di tre criteri

• settore di appartenenza di ciascun componente; • grado di liquidità del titolo;

• capitalizzazione del flottante.

2

Si veda: S. Bianchi Martini, G. Di Stefano, G. Romano, La governance delle società quotate, Franco Angeli, Milano, 2006.

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Il paniere non ha un numero fisso di componenti; i titoli da includere nell’indice in questione vengono selezionati dall'Index Committee (ovvero dall'organismo che procede alla revisione periodica dell'indice) in modo tale da ottenere la massima rappresentatività della struttura del mercato rappresentato dall'indice stesso.

Una volta costruito il paniere, saranno selezionati i 40 titoli che andranno costituire l'indice vero e proprio sulla base di alcuni criteri riferiti a:

• rappresentatività settoriale. I titoli sono suddivisi in dieci settori di mercato sulla base della metodologia GICS (Global Industry Classification Standard)3 e vengono selezionati in modo tale da rappresentare al meglio il tessuto economico del mercato di riferimento;

• liquidità. Questa viene valutata considerando il controvalore delle azioni negoziate nei sei mesi precedenti, il flottante ed il numero di giorni di negoziazione. Per poter essere incluse nell'indice le società devono avere il 30% di turnover velocity del flottante;

• investable weight factor (IWF). Tale indicatore viene calcolato al fine di escludere dall'indice pacchetti di azioni (pari o superiori al 5% del totale e delle azioni emesse da una determinata società) di proprietà degli azionisti a lungo termine e quindi non destinati ad essere scambiati sul mercato;

• capitalizzazione valutata in base al flottante (free float); nel caso in cui alcune azioni manifestino un IWF inferiore al 25% potranno essere incluse nell'indice solo a seguito di una valutazione da parte dell'Index Committee finalizzata ad accertare che capitalizzazione del flottante e turnover velocity siano sufficientemente elevate rispetto alle altre società appartenenti al medesimo settore.

Le società che attualmente fanno parte dell’indice S&P MIB 40 sono, in ordine alfabetico:

3

GICS è un sistema di classificazione industriale, sviluppato da Standard & Poor’s in collaborazione con Morgan Stanley Capital International (MSCI).

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1. A2A Spa;

2. Alleanza Assicurazioni Spa; 3. Arnoldo Mondadori Editore Spa; 4. Assicurazioni Generali Spa; 5. Atlantia Spa;

6. Autogrill Spa;

7. Banca Monte dei Paschi di Siena Spa; 8. Banco Popolare di Milano Scrl; 9. Banco Popolare società coperativa; 10.Bulgari Spa;

11.Buzzi Unicem Spa; 12.ENEL Spa; 13.ENI Spa; 14.Fastweb Spa; 15.FIAT Spa; 16.Finmeccanica Spa; 17.Fondiaria-SAI Spa; 18.Geox Spa;

19.Gruppo Editoriale L’Espresso Spa; 20.Impregilo Spa;

21.Intesa Sanpaolo Spa;

22.Italcementi Spa Fabbriche riunite cemento; 23.Lottomatica Spa;

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25.Mediaset Spa; 26.Mediobanca Spa; 27.Mediolanum Spa; 28.Parmalat Spa; 29.Pirelli & C. Spa; 30.Prysmian Spa; 31.Saipem Spa;

32.Seat Pagine Gialle Spa; 33.Snam Rete Gas Spa; 34.STMicrolectronics N.V.; 35.Telecom Italia Spa; 36.Tenaris Spa;

37.Terna Rete Elettrica Nazionale Spa; 38.UniCredit Spa;

39.Unione di Banche Italiane Spa; 40.Unipol Gruppo Finanziario Spa.

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2. I risultati dell’analisi empirica

2.1 Profili di Control Governance

Viene presentato adesso il risultato di una indagine condotta sulla Corporate

Governance delle società quotate nel segmento di mercato S&P MIB 40.

I dati sui quali si fondano le analisi sono stati tratti integralmente dalle varie Relazioni sulla Corporate Governance delle 40 imprese quotate nel segmento di mercato oggetto di indagine. Dai dati raccolti emergono alcune questioni di particolare interesse.

Modello di Corporate Governance

Come già rilevato in precedenza, i modelli di Corporate Governance che una società può decidere di adottare sono tre:

- il modello tradizionale, basato sul Consiglio di Amministrazione e sul Collegio Sindacale;

- il modello dualistico, basato sul Consiglio di Sorveglianza e sul Consiglio di Gestione;

- e il modello monistico, basato sul Consiglio di Amministrazione e su un Comitato per il Controllo Interno costituito all’interno del CDA.

Nell’indagine condotta in questo studio, nessuna delle 40 società ha adottato un modello monistico, mentre soltanto in 5 hanno optato per il modello dualistico. Le restanti 34 società hanno scelto di adottare un modello di Corporate Governance di tipo tradizionale4.

4

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Grafico n. 1: Il modello di Corporate Governance

Settore di appartenenza

Un primo obiettivo è stato quello di evidenziare i settori di appartenenza delle aziende che vanno a comporre l’indice S&P MIB 405. Per ogni settore è stato messo in evidenza il numero di aziende in termini di frequenza e in termini di frequenza percentuale.

La voce “Altro” racchiude al suo interno vari tipi di settore ai quali le aziende del segmento di mercato in questione appartengono.

Più nei dettagli:

- 1 azienda appartiene al settore Minerali e Petrolio: ENI spa;

- 1 azienda appartiene al settore Auto: FIAT spa;

5

I dati presentati sono stati raccolti presso il sito della Borsa Italiana, presso la scheda specifica di ciascuna società.

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- 2 aziende appartengono al settore Elettronici: Finmeccanica Spa e Prysmian Spa;

- 1 azienda appartiene al settore Servizi Diversi: Lottomatica Spa;

- 1 azienda appartiene al settore Alimentari: Parmalat Spa;

- 1 azienda appartiene al settore Chimici: Pirelli & C. Spa;

- 1 azienda appartiene al settore Impianti e Macchine: Saipem Spa;

- 2 aziende appartengono al settore Esteri: STMicrolectronics N.V. e Tenaris Spa.

Tabella n. 2: Il settore di appartenenza.

Frequenza Frequenza percentuale Valid Assicurazioni 4 10,0 Banche 8 20,0 Utilities 6 15,0 Media 4 10,0 Tessile 3 7,5 Costruzioni 3 7,5 Trasporti turismo 2 5,0 Altro 10 25,0 Totale 40 100,0

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Grafico n: 2: Settore di appartenenza

Un secondo obiettivo, sulla base della letteratura, è stato quello di individuare possibili relazioni positive tra il settore di appartenenza e il modello di Corporate Governance adottato.

Dall’analisi svolta si è riscontrata l’esistenza di una relazione positiva tra il Settore al quale le aziende appartengono e il Modello di Corporate

Governance adottato.

Si nota, in particolare, come il Modello Dualistico sia stato prevalentemente adottato dalle aziende appartenenti al settore bancario, insieme, anche se in minor percentuale, al settore Utilities. Per quest’ultime infatti, su 5 società appartenenti al settore in questione, solamente 1 ha adottato il modello dualistico, mentre per le aziende bancarie la percentuale si attesta sul 50%: sul totale di 8 società quotate all’S&P MIB 40, 4 hanno optato per il tradizionale e 4 per il dualistico.

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È noto come il Consiglio di Sorveglianza disponga da una parte di poteri che, nel Tradizionale, competono all’assemblea ordinaria dei soci6, dall’altra di molti poteri che, nel sistema Tradizionale, competono al Collegio Sindacale7.

Il sistema Dualistico, nella misura in cui riduce i poteri dell’assemblea, il solo organo sociale nel quale tutti i soci possono far valere le loro ragioni e far sentire la loro voce, appare così in linea con quella evoluzione delle società per azioni che, guardando alla realtà delle società aperte, prende atto della sostanziale differenza degli azionisti risparmiatori alla gestione personale della società, e tende quindi sempre più ad escluderli da questa gestione e a tutelarli in altro modo, soprattutto sul piano dell’informazione dei fatti sociali. Se questa è quindi la logica nella quale esso si inserisce, il sistema Dualistico appare in qualche modo adeguato alla realtà delle società aperte, così come appare poco adeguato a quelle chiuse.

Le imprese degli altri settori hanno invece scelto di adottare un Modello Tradizionale di Corporate Governance.

6

Di particolare interesse: nomina, revoca e compenso dei componenti del Consiglio di Gestione, approvazione del bilancio.

7

Vigila sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di correttezza amministrativa.

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Tabella n. 4: Relazione tra il Settore di Appartenenza e la scelta del Modello di

Corporate Governance. Modello CG Totale Tradizionale Dualistico Settore di Appartenenza Assicurazioni 4 0 4 Banche 4 4 8 Utilities 5 1 6 Media 4 0 4 Tessile 3 0 3 Costruzioni 3 0 3 Trasporti turismo 2 0 2 Altro 10 0 10 Totale 35 5 40

Anno di quotazione in Borsa8

Le aziende che vanno a comporre l’S&P MIB 409 sono state ripartite, secondo un logico criterio, in base all’anno di quotazione.

Sono state individuate delle fasce di quotazione e precisamente sei: 1. la quotazione è avvenuta prima del 1950;

2. la quotazione è avvenuta tra il 1951 e il 1990; 3. la quotazione è avvenuta tra il 1991 e il 1995; 4. la quotazione è avvenuta tra il 1996 e il 2000; 5. la quotazione è avvenuta tra il 2001 e il 2005;

6. la quotazione è avvenuta tra il 2006 e il 2008, in altre parole la quotazione è avvenuta dopo il 2006.

8

Per le società di nuova costituzione, tramite fusione o incorporazione, è stato preso a riferimento l’anno di quotazione della nuova società, contraddistinta da una diversa denominazione.

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Dall’analisi statistica effettuata sembra emergere inoltre una relazione positiva tra l’anno di quotazione e il settore di appartenenza10. Si nota infatti che le aziende quotate da più anni sono quelle appartenenti ai settori Assicurazioni e Banche. Delle quattro aziende Assicuratrici, ad esempio, tre si sono quotate prima del 1990.

Le aziende invece che si sono aperte al mercato più recentemente appartengono ai settori Utilities, Media e Trasporti e turismo. Le 6 aziende Utilities11, ad esempio, sono state tutte quotate dopo il 1996.

Grafico n. 3: L’Anno di quotazione

10

Per i dati completi si veda l’Appendice n. 3: I risultati dell’analisi statistica, Tabella n. 5.

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Tabella n. 5: Ripartizione delle aziende per Settore di Appartenenza e anno di

quotazione.

Anno di quotazione Totale

<1950 1951-1990 1991-1995 1996-2000 2001-2005 2006-2008 Settore di Appartenen za Assicurazioni 1 2 0 0 1 0 4 Banche 0 1 1 2 0 4 8 Utilities 0 0 0 2 3 1 6 Media 0 0 1 2 0 0 3 Tessile 0 1 1 0 1 0 3 Costruzioni 1 0 0 1 0 0 2 Trasporti turismo 0 0 0 2 0 0 2 Altro 1 1 3 0 4 1 10 Totale 3 5 6 9 9 6 38 Fatturato

Un ulteriore fattore preso in considerazione per l’analisi della Corporate

Governance è il fatturato12.

I fatturati delle imprese dello S&P MIB 40 si presentano di valori piuttosto eterogenei. Pertanto sono state costruite delle fasce di valori, per poter ripartire le aziende secondo un criterio logico.

Il fatturato è stato ripartito nelle seguenti sei fasce:

- Inferiore a 1.000 mln €; - Tra 1.000 e 2.000 mln €; - Tra 2.000 e 3.000 mln €; - Tra 3.000 e 4.000 mln €; 12

Si evidenzia come per le aziende appartenenti al settore bancario sia stato preso a riferimento per il fatturato il Margine di Intermediazione, piuttosto che i Ricavi Totali come per le altri aziende.

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89 - Tra 4.000 e 5.000 mln €;

- Tra 5.000 e 10.000 mln €;

- Superiore a 10.000 mln €.

I dati raccolti sono stati presentati in forma di diagramma a torta così come presentato di seguito.

Le fasce di fatturato che accolgono più aziende sono quelle che vanno da 1.000 a 2.000 milioni di €, da 5.000 a 10.000 milioni di € e la fascia che raccoglie valori i fatturato superiore a 10.000 milioni di €. Tutte e tre le fasce presentano un numero di imprese pari a 8.

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90 Tabella n. 6: Il Fatturato. Frequenza Frequenza Percentuale Valid Inferiore a 1.000 mln € 3 7,5 Tra 1.000 e 2.000 mln € 8 20,0 Tra 2.000 e 3.000 mln € 3 7,5 Tra 3.000 e 4.000 mln € 4 10,0 Tra 4.000 e 5.000 mln € 5 12,5 Tra 5.000 e 10.000 mln € 8 20,0 Superiore a 10.000 mln € 8 20,0 Totale 39 97,5 Missing System 1 2,5 Totale 40 100,0

In un secondo momento è stata condotta una analisi statistica per verificare la presenza di una eventuale relazione positiva tra il fatturato e l’anno di quotazione in borsa dell’azienda.

L’analisi non ha dato esito positivo, a significare che la dimensione dell’azienda in termini di fatturato non è stato un fattore determinate per la quotazione in borsa. Infatti aziende di più grandi dimensioni non hanno trovato prima la quotazione rispetto a quelle di più ristrette dimensioni13.

Composizione dell’organo nominato dall’Assemblea degli Azionisti

In questo paragrafo si parla genericamente di organo nominato dall’Assemblea degli Azionisti per fare riferimento a:

- il Consiglio di Amministrazione, in caso di adozione del modello di

Governance tradizionale;

- il Consiglio di Sorveglianza, in caso di adozione del modello di governane dualistico.

13

Per la visione dei dati completi si rinvia agli allegati: Allegato n. 3: I risultati dell’analisi statistica, Tabella n. 6

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Il Cda e il CdS vengono accomunati in quanto entrambi risultano essere organi nominati dall’Assemblea degli Azionisti, rispettivamente nel sistema di governo Tradizionale e Dualistico.

Il numero dei membri di questi due organi risultato piuttosto eterogenei; tuttavia si è cercato di creare delle fasce di numero di soggetti che li compongono, così strutturate:

 la prima fascia prevede un numero di componenti che vanno da 0 a 10;

 la seconda fascia prevede un numero di componenti che vanno da 11 a 20;

 e infine la terza e ultima fascia prevede un numero di componenti superiore a 20.

Dall’analisi condotta è sono emerse alcune questione di particolare interesse.

Come si può anche osservare nei grafici a torta che seguono, la maggior parte delle aziende quotate nell’S&P MIB 40 ha scelto di implementare al proprio interno organi di governo composti da un numero di membri che va da 11 a 20.

In termini percentuali, parlando di organo nominato dall’Assemblea degli Azionisti, la fascia che va da 11 a 20 membri raccoglie il 64% delle aziende quotate, valore che in termini reali corrisponde a 25 aziende su 39. Quando si parla invece di CdA la percentuale scende, anche se di poco, al 61,76%, per salire invece del CdS all’80%.

Detto in altri termini, delle 34 aziende che hanno scelto di adottare un modello di Corporate Governance Tradizionale, 21 di queste ha scelto di portare il numero dei membri del CdA nella fascia che va da 11 a 20 componenti. Per le aziende invece che hanno adottato il modello Dualistico, 4 di queste si attestano nella fascia di membri sopra citata.

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Grafico n. 6: Composizione dei Consigli di Amministrazione

Tabella n. 8: I membri del CDA.

Frequenza Frequenza percentuale Valid >5 <=10 11 27,5 >10 <=20 21 52,5 >20 2 5,0 Totale 34 85,0 Missing System 6 15,0 Totale 40 100,0

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Grafico n. 7: Composizione dei Consigli di Sorveglianza

Tabella n. 10: I membri del CdS.

Frequenza Frequenza percentuale Valid >10 <=20 3 7,5 >20 2 5,0 Totale 5 12,5 Missing System 35 87,5 Totale 40 100,0

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% di Amministratori indipendenti sul totale degli amministratori

In questa sezione, l’indagine si è soffermata sul numero degli amministratori indipeneti rispetto al numero totale degli amministratori Quando si parla di Amministratori Indipenenti non si può non parlare del Codice di Autodisciplina, che in materia dispone quanto segue:

“3.P.1 Un numero adeguato di amministratori non esecutivi sono indipendenti, nel senso che non intrattengono, né hanno di recente intrattenuto, neppure indirettamente, con l’emittente o con soggetti legati all’emittente, relazioni tali da condizionarne attualmente l’autonomia di giudizio.

3.C.3. Il numero e le competenze degli amministratori indipendenti sono adeguati in relazione alle dimensioni del consiglio e all’attività svolta dall’emittente; sono inoltre tali da consentire la costituzione di comitati all’interno del consiglio, secondo le indicazioni contenute nel Codice. … 3.C.4. Dopo la nomina di un amministratore che si qualifica indipendente e successivamente almeno una volta all’anno, il consiglio di amministrazione valuta, sulla base delle informazioni fornite dall’interessato o comunque a disposizione dell’emittente, le relazioni che potrebbero essere o apparire tali da compromettere l’autonomia di giudizio di tale amministratore. Il consiglio di amministrazione rende noto l’esito delle proprie valutazioni, in occasione della nomina, mediante un comunicato diffuso al mercato e, successivamente, nell’ambito della relazione sul governo societario, specificando con adeguata motivazione se siano stati adottati parametri differenti da quelli indicati nei presenti criteri applicativi.”

Nelle società che si presentano con un azionariato diffuso, può riscontrarsi il problema dell’allineamento degli interessi degli amministratori esecutivi

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con quelli degli azionisti di maggioranza14. Ecco spiegata l’esigenza di dotare tali imprese di amministratori che possano operare in maniera indipendente rispetto a questi. Il numero di tali amministratori, inoltre, deve essere tale da poter garantire che le decisioni all’interno della società siano prese nell’interesse della società stessa e non nell’interesse di un ristretto gruppo di persone, che rappresentano il gruppo di comando.

Nel presente lavoro è stato rapportare il numero degli indipendenti sul numero totale degli amministratori, trovando così un valore frequenza percentuale, valido in termini assoluti.

Le frequenza percentuali che raccolgono il maggior numero di aziende in termini di amministratori indipenenti variano da un minimo del 21% ad un massimo del 60%. Ciò corrisponde a dire la fascia che va dal 21% al 40% raccoglie 15 aziende; stesso numero di aziende anche per la fascia che va dal 41% al 60%. È piuttosto complicato esprimere in termini reali i dati percentuali presentati. Volendo fare alcuni esempi:

- Atlantia Spa ha una percentuale di amministratori indipendenti pari al 29%; in termini reali corrisponde a 4 indipenenti su un CdA composto da 14 membri;

- Mediobanca Spa ha una percentuale di amministratori indipendenti pari al 33%; in termini reali corrisponde a 7 indipenenti su un CdS composto da 21 membri

- Pirelli & C. Spa ha una percentuale di amministratori indipendenti pari al 55%; in termini reali corrisponde a 11 indipenenti su un CdA composto da 20 membri15.

Il valore del 10% della fascia che va da 61% all’80% corrisponde a 4 aziende, mentre il 15% dell’ultima fascia, quella con frequenza percentuale più alta, corrisponde a 6 aziende.

14

L’argomento in questione può anche essere ricollegato al problema dei costi di agenzia e al problema dell’asimmetria informativa.

15

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Grafico n. 8: % di Amministratori Indipenenti sul totale degli Amministratori

L’obiettivo che di seguito si intende perseguire è quello di investigare la relazione tra la percentuale di amministratori indipendenti presenti nell’azienda e:

- il modello di Corporate Governance adottato,

- l’anno di quotazione dell’impresa.

Le motivazioni che spingono ad effettuare una analisi per verificare una eventuale relazione positiva tra la presenza di Indipendenti e il modello di CG sono principalmente queste: si vuole verificare se si presentano marcate differenze in termini di numero di amministratori tra il sistema tradizionale e il sistema dualisitico.

I risultati dell’indagine non sembrano dare conferma alla tesi formulata. In merito, invece, alla analisi effettuata fra la percentuale degli Indipendenti e l’anno di quotazione delle aziende, è importante dire che il

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motore che ci ha spinto ad effettuare una tale ricerca sta nel fatto di voler verificare se aziende quotate su un mercato regolamentare da più tempo abbiamo scelto di adottare una percentuale maggiore di amministratori indipenenti. L’analisi non sembra dare una risposta positiva al quesito. Sembra tuttavia importante segnalare come delle 9 aziende che hanno previsto la loro quotazione negli anni che vanno dal 1996 al 2000, 6 di queste hanno optato per una percentuale di Indipenenti che va dal 20% al 40%; delle 9 aziende, invece, che si sono quotate negli anni che vanno dal 2001 al 2005, 4 di queste hanno scelto una percentuale di Amministratori Indipendenti che va dal 40 al 60%. Infine, delle 6 aziende che si sono quotate dal 2006 ad oggi 4 di queste hanno scelto una percentuale di amministratori Indipendenti superiore al 60%. Si evidenzia pertanto una attenzione sempre maggiore alla presenza di amministratori Indipendeti nelle aziende quotate, come mostra anche la tendenza in atto di aumentarne la percentuale di questi sul totale dei membri del CdA.

Scendendo ancora di più nel dettaglio, si è cercato di verificare una eventuale relazione positiva tra il fatturato delle aziende e la percentuale di amministratori indipendenti. Il risultato non è stato positivo. Sembra perciò che aziende di più grandi dimensioni, in termini di fatturato, non presentino una percentuale di indipendenti superiore16.

Presenza dell’Internal Audit

Come prevedibile, tutte le società che fanno parte del segmento S&P MIB 40 hanno istituito al proprio interno la funzione di Internal Audit.

Come noto l’Internal Auditing è un'attività professionale di consulenza e assistenza alle organizzazioni nel raggiungimento dei loro obiettivi.

16

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Compito dell’Internal Auditor è quello di aiutare il management di ogni livello, ma soprattutto il vertice aziendale, a:

 assicurare una efficace e non nominalistica Corporate Governance;

 garantire un accurato financial reporting;

 porre in atto le condizioni per la costante massimizzazione dell’efficacia e dell’efficienza dell’organizzazione;

 impostare un valido ed efficace sistema di prevenzione e controllo delle frodi.

Compito istituzionale della funzione di audit è di integrare metodologie e strumenti per una efficace/efficiente azione di controllo a costante presidio del Sistema di Controllo Interno aziendale nell’ottica della Creazione di Valore.

Tabella n. 15: L’Internal Audit.

Frequenza Frequenza percentuale Valid Si 39 97,5 Missing System 1 2,5 Totale 40 100,0

Applicazione del Codice di Autodisciplina

La nuova versione del Codice, emanato dal Comitato per la Corporate

Governance di Borsa Italiana nel 2006, risulta essere un documento,

elaborato da esperti attraverso lo studio delle best practices, contenente i principi di governo societario applicabili alle società quotate. L’obiettivo delle norme in esso contenuto non è altro che quello di aumentare il livello

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100

di efficienza societaria mediante l’adozione di specifiche raccomandazioni in materia di “governo societario”.

Inoltre nel Codice di Autodisciplina sono dedicate specifiche indicazioni in merito:

 al ruolo e alla composizione del Consiglio di Amministrazione;

 alla nomina degli amministratori, anche indipendenti;

 ai comitati interni al Consiglio di Amministrazione;

 ai Sindaci e ai sistemi di controllo, siano questi monistici o dualistici.

Detto tutto questo, appaiono evidenti le motivazioni che possono aver spinto le società del segmento in esame ad adottare il Codice di Autodisciplina.

Tabella n. 16: Applicazione del Codice di Autodisciplina.

Frequenza Frequenza percentuale Valid Si 39 97,5 Missing System 1 2,5 Totale 40 100,0

Presenza del Comitato per il Controllo Interno.

Il Codice di Autodisciplina si occupa espressamente del Comitato per il Controllo Interno e all’art. 8.C.3 così ne definisce i compiti:

“Il comitato per il controllo interno, oltre ad assistere il consiglio di

(32)

101

a) valuta, unitamente al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari ed ai revisori, il corretto utilizzo dei principi contabili e, nel caso di gruppi, la loro omogeneità ai fini della redazione del bilancio consolidato;

b) su richiesta dell’amministratore esecutivo all’uopo incaricato esprime pareri su specifici aspetti inerenti alla identificazione dei principali rischi aziendali nonché alla progettazione, realizzazione e gestione del sistema di controllo interno;

c) esamina il piano di lavoro preparato dai preposti al controllo interno nonché le relazioni periodiche da essi predisposte;

d) valuta le proposte formulate dalle società di revisione per ottenere l’affidamento del relativo incarico, nonché il piano di lavoro predisposto per la revisione e i risultati esposti nella relazione e nella eventuale lettera di suggerimenti;

e) vigila sull’efficacia del processo di revisione contabile;

f) svolge gli ulteriori compiti che gli vengono attribuiti dal consiglio di amministrazione;

g) riferisce al consiglio, almeno semestralmente, in occasione dell’approvazione del bilancio e della relazione semestrale, sull’attività svolta nonché sull’adeguatezza del sistema di controllo interno.”

La tipica funzione svolta dal Comitato per il Controllo Interno (CCI) è quella dell’attività istruttoria; inoltre gli sono attribuite funzioni consultive e propositive, in virtù del fatto che risulta composto da amministratori non esecutivi e in maggioranza indipendenti. Da sottolineare come il ruolo attribuito dalla legge al CCI rimane comunque distinto da quello attribuito al collegio sindacale, il quale si caratterizza invece per una funzione di verifica tipicamente e prevalentemente ex post.

Il Comitato per il Controllo Interno risulta essere una figura piuttosto recente, in quanto introdotta nel nostro ordinamento nel 1999 con

(33)

102

l’emanazione del Codice Preda. Come noto il CCI può essere istituito nelle società quotate e non quotate che decidono di aderire al Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana Spa.

Nel caso in studio è possibile vedere come tutte le società del segmento S&P MIB 40 abbiano istituito al proprio interno il CCI e questo ricollegandosi anche al fatto che tutte le società hanno anche adottato al proprio interno il Codice di Autodisciplina del 2006.

Tabella n. 17: Presenza del Comitato per il Controllo Interno.

Frequenza Frequenza percentuale Valid Si 39 97,5 Missing System 1 2,5 Totale 40 100,0

 Presenza del Risk Management

Il Risk Manager è colui che all’interno delle organizzazioni è responsabile di quel processo utilizzato per formulare strategie e progettato per identificare gli eventi che in qualche modo possono incidere sull’organizzazione; tutto questo con lo scopo ultimo di attuare delle azioni di gestione rivolte a ridurre il rischio ad un livello accettabile e aumentare, in questo modo, la probabilità di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Si nota come ancora oggi siano in maggioranza le società che hanno scelto di non istituire al proprio interno il Risk Management.

(34)

103

Dalla analisi condotta si scopre come 16 società abbiano optato per creare il Risk Management e di 23 che abbiano invece scelto di non istituire formalmente la figura del Risk Manager.17.

Grafico n. 9: Il Risk Management

È interessante a questo punto eseguire una analisi per scoprire una eventuale relazione tra la presenza del Risk Management e il settore di appartenenza. Si vuole scoprire se aziende appartenenti ad un settore piuttosto che ad un altro predispongono al proprio interno la figura in esame.

Il quesito posto sembra trovare risposta affermativa.

17

(35)

104

Dall’analisi svolta emerge un dato importante e significativo: delle 16 società che hanno predisposto al loro interno la funzione di Risk

Management, 8 sono società tra assicurazioni e banche. Nel dettaglio:  Assicurazioni Generali Spa;

 Banca Monte dei Paschi di Siena Spa;

 Banco Popolare di Milano Scrl;

 Fondiaria-SAI Spa;

 Intesa Sanpaolo Spa;

 UniCredit Spa;

 Unione di Banche Italiane Spa;

 Unipol Gruppo Finanziario Spa.

Le Utilities e i Media accolgono 3 aziende ciascuna.

La voce “Altro” raccoglie 2 aziende, rispettivamente appartenenti al settore Costruzioni e Trasporti e Turismo.

L’analisi statistica condotta permette di rilevare alcune questione di particolare interesse.

Come lecito attendersi, le aziende appartenenti ai settori Banche, Assicurazioni e Utilities hanno istituito al proprio interno la figura del Risk Mangement. Dato non scontato, ma confortante, delle 4 aziende appartenenti al settore Media 3 hanno istituito la figura in esame.

Per le aziende appartenenti agli altri settori si evidenzia una minore attenzione alla gestione del rischio.

(36)

105

(37)

106

Tabella n. 18: Relazione tra la presenza del Risk Management e il settore di

appartenenza. Presenza Risk Management Totale No Si Assicurazioni 1 3 4 Banche 3 5 8 Utilities 3 3 6 Media 1 3 4 Tessile 3 0 3 Costruzioni 2 1 3 Trasporti turismo 1 1 2 Settore di Appartenenza Altro 9 0 9 Totale 23 16 39

Il Preposto al Controllo Interno

Il preposto al Controllo Interno viene nominato e individuato dal Consiglio di Amministrazione; viene istituito per supervisionare il sistema di controllo interno e per verificare che questo, nello svolgere le proprie mansioni, sia sempre adeguato, pienamente operativo e funzionante. Il Preposto, inoltre, riferisce della sua attività al Comitato per il Controllo Interno (il CCI) e al Collegio Sindacale.

In merito al Preposto al Controllo Interno, il Codice di Autodisciplina così dispone:

“ 8.C.7. L’emittente istituisce una funzione di Internal Audit. Il preposto al controllo interno si identifica, di regola, con il responsabile di tale funzione aziendale”

Nel caso in studio, il Preposto al Controllo Interno è stato istituito in tutte le società delle quali è stato possibile reperire i dati18.

18

Non è stato possibile raccogliere i dati delle seguenti aziende: Banco Popolare di Milano Scrl; Mediobanca Spa; STMicrolectronics N.V.; Tenaris Spa.

(38)

107

Dalla letteratura, si sa che, spesso, la figura del Preposto al Controllo Interno coincide con il Responsabile della funzione di Internal Audit, così anche come raccomandato dal Codice di Autodisciplina.

Lo studio in questione non tradisce le aspettative.

Delle 36 società di cui si possiedono dati certi, tutte hanno istituto la figura in esame e nel 89% dei casi il Preposto corrisponde al Responsabile IA, conformemente da quanto disposto dalla letteratura in materia. In termini numerici significa che 32 società su 36 hanno optato per questa soluzione.

Negli altri 4 casi:

 per la A2A Spa, è stato nominato un professionista esterno;

 per la Arnordo Mondadori Editore Spa, è stato nominato un membro del CdA;

 per la Banca Monte dei Paschi di Sienda Spa, è stato nominato Preposto il Responsabile della funzione di Controllo Interno di Capogruppo;

 e infine, per la Geox Spa è stato nominato Preposto un Consigliere di Amministrazione

Tabella n. 21: Preposto al Controllo Interno.

Frequenza Frequenza percentuale Valid Si 36 90,0 Missing System 4 10,0 Totale 40 100,0

(39)

108

Grafico n. 11: La scelta del Preposto al Controllo Interno

In un secondo momento si è cercato di scoprire la presenza di una relazione positiva tra il numero dei soggetti che compongono rispettivamento i CdA e i CdS e la presenza del Preposto al Controllo Interno. Quello che si è cercato di scoprire è se Consiglio di maggiori dimensioni, hanno optato per istituire, all’interno dell’azienda, la figura del Preposto al CI. L’analisi non ha dato esito positivo19.

Il Dirigente Preposto alla redazione dei documenti contabili e societari La legge 28 dicembre 2005, n. 262, ha introdotto nel nostro ordinamento, nella parte IV, Titolo III, capo II, del D.Lgs. 58/1998 (ovvero il TUF) una nuova sezione, V-bis, intitolata “Redazione dei documenti contabili

19

(40)

109

societari”. Questa sezione risulta essere composta da un unico articolo, il

154-bis, in quale attribuisce rilevanza giuridica alla figura del Dirigente Preposto alla redazione dei documenti contabili.

A questa figura vengono assegnate tre importanti funzioni:

1. Art. 154-bis, comma 2: “Gli atti e le comunicazioni della società

previste dalla legge o diffuse al mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della stessa società, sono accompagnati da una dichiarazione scritta del direttore generale e del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza al vero”;

2. Art. 154-bis, comma 3: “Il dirigente preposto alla redazione dei

documenti contabili societari predispone adeguate procedure amministrative e contabili per la predisposizione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario”;

3. Art. 154-bis, comma 5: “Gli organi amministrativi delegati e il

dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari attestano con apposita relazione, allegata al bilancio di esercizio e, ove previsto, al bilancio consolidato,

- l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle procedure di cui al comma 3 nel corso dell’esercizio cui si riferisce il bilancio, - nonché la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e

delle scritture contabili.

L’attestazione è resa secondo il modello stabilito con regolamento della CONSOB”.

(41)

110

Delle società quotate al segmento S&P MIB 40, di cui possediamo di dati, tutte hanno adottato e istituito al proprio interno la figura del Dirigente Preposto20.

Pur nella eterogeneità dei risultati, sembra imporante sottolineare quanto segue.

Nel 49% dei casi, il Dirigente Preposto corrisponde e si identifica con il CFO. Il CFO è il Chief Financial Officier, che corrisponde all’italiano Direttore della funzione Amministrazione, Finanza e Controllo. Il valore del 49%, in termini reali corrisponde a 18 società, sulle 37 totale di cui abbiamo i dati, che hanno nomiano il CFO quale soggetto Preposto alla redazione dei docuementi contabili.

In termini statistici sono state effettuate delle analisi tra il numero dei componenti dei CdA e dei CdS e l’eventualità che il Dirigente Preposto alla redazione dei documenti contabili coincida con:

- il Direttore Generale;

- il CFO;

- il Responsabile della funzione di Amministrazione, Pianificazione e Controllo.

Si voleva tentare di scoprire una qualche relazione tra questi fattori. Tuttavia l’analisi statistica ha smentito le ipotesi effettuate, negando ogni forma di relazione positiva. Per i dati completi si rinvia all’Appendice n. 3, Tabella n. 21, 22 e 23.

20

(42)

111

Tabella n. 23: Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili.

Frequenza Frequenza percentuale Valid Si 37 92,5 Missing System 3 7,5 Totale 40 100,0

(43)

112

2.2 Adozione del Modello 231

Dall’indagine condotta sulle quaranta società quotate nel segmento S&P MIB 40 emergono alcune questioni di interesse rilevante.

Fonte dell’informazione sul Modello 231

Per la raccolta dei dati si è fatto ricorso alla Relazione sulla Corporate

Governance pubblicata annualmente dalle società; tuttavia, in seguito

all’entrata in vigore del D.Lgs. 231/2001 e all’adozione da parte delle imprese del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, sempre più spesso troviamo a disposizione delle relazione specifiche sull’adozione del Modello 231.

In questa indagine si è attinto alla Relazione sul Modello 231 quando disponibile; negli altri casi si è fatto riferimento alla Relazione sulla

Corporate Governance del 2008.

Come si può notare, più del 50% delle società presenta ormai una propria relazione relativa all’adozione del Modello così come individuato dal D.Lgs. 231/2001. In termini numerici stiamo parlando di 23 società su 39, delle quali possediamo i dati21, che hanno redatto una relazione sul Modello 231.

Questo a parere di chi scrive risulta essere un dato molto importante, a significare l’attenzione sempre più marcata, delle società quotate al segmento S&P MIB 40, al Decreto sulla Responsabiltà amministrativa delle stesse e in particolare ad una puntuale adozione ed attuazione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo.

21

(44)

113

Della relazione sul Modello 231 sembra importante sottolineare come delle 23 società che l’hanno redatta, 12 di queste22 hanno scelto di articolarla in:

 una Parte Generale, contenente: i principi generali del D.Lgs. 231/2001; la modalità di attuazione e introduzione del Modello all’interno della società; l’identificazione dell’Organismo di Vigilanza; il sistema disciplinare; …

 una Parte Speciale, dove vengono trattati i reati individuati dal D.Lgs. 231/2001 nella realtà dell’azienda in questione.

Le restanti società, 11, hanno invece optato per una forma più libera di redazione della relazione sul Modello di organizzazione, gestione e controllo, articolandola secondo una logica loro propria.

Tabella n. 27: Dati raccolti dalla Relazione sulla Corporate Governance.

Frequenza Frequenza percentuale Valid No 23 57,5 Si 16 40,0 Totale 39 97,5 Missing System 1 2,5 Totale 40 100,0 22

Le 12 società in questione sono: Alleanza Assicurazioni Spa; Arnoldo Mondadori Editore Spa; Assicurazioni Generali Spa; Autogrill Spa; Finmeccanica Spa; Geox Spa; Gruppo Editoriale L’espresso Spa; Italcementi Spa Fabbriche riunite cemento; Parmalat Spa; Tenaris Spa; Terna Rete Elettrica Nazionale Spa; Unipol Gruppo Finanziario Spa.

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114

Tabella n. 28: Dati raccolti dalla Relazione sul Modello 231.

Frequenza Frequenza percentuale Valid No 16 40,0 Si 23 57,5 Totale 39 97,5 Missing System 1 2,5 Totale 40 100,0

(46)

115

Adozione del Modello 231 e nomina dell’Organismo di Vigilanza.

Come facilmente intuibile, tutte le società quotate nel segmento S&P MIB 40 hanno adottato un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo in conformità da quanto dettato dal D.Lgs. 231/2001. Inoltre, tutte e 40 le imprese hanno istituito al proprio interno un Organismo di Vigilanza23.

Anno di implementazione del Modello 231

Come accennato poco sopra, tutte le società che compongono l’indice S&P MIB 40 hanno adottato al proprio interno un Modello così come raccomandato dal D.Lgs. 231/2001.

Si è andato a vedere l’anno in cui è stato realmente attuato il Modello 231. Per alcune società, precisamente 8 società su 40, non è stato possibile risalire all’anno preciso di implementazione.

Per le restanti 32, si sa:

- nel 2002, è stato introdotto il Modello in 5 società;

- nel 2003, è stato introdotto il Modello in 8 società;

- nel 2004, è stato introdotto il Modello in 9 società;

- nel 2005, è stato introdotto il Modello in 6 società;

- nel 2006, è stato introdotto il Modello in 2 società;

- e nel 2007, è stato introdotto il Modello in 2 società.

23

Per la società STMicrolectronics N.V. si è presentata l’impossibilità di raccogliere i dati relativi all’applicazione del D.Lgs. 231/2001.

(47)

116

Grafico n. 14: Anno di adozione del Modello 231

Dopo aver classificato le aziende in base all’anno di implementazione del Modello 231, si è cercato di verificare l’esistenza di una relazione positiva tra il settore di appartenenza e l’anno di adozione del modello.

Dall’analisi dei dati emerge che, così come evidenziato nella Tabella n. 30, le aziende appartenenti ai settori Assicurazione, Banche e Utilities sono quelle che hanno adottato per prime il Modello di organizzazione, gestione e controllo 231, unitamente alle aziende appartenenti al settore Media.

Se si tiene conto anche del settore Media, si nota come su un totale di 16 aziende che appartengono ai settori Assicurazioni, Banche, Utilities e Media, 13 di queste hanno adottato il Modello 231 entro il 2004.

Tralasciando invece il settore Media, notiamo che su 12 aziende che appartengono agli altri tre settori, 11 di queste hanno adottato il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo entro il 2005.

(48)

117

Complessivamente, si nota come sulle 32 aziende che hanno adottato il Modello 231, più del 50% e precisamente 28 aziende, lo abbiano fatto prima del 2005.

Tabella n. 31: Relazione tra l’anno di adozione del Modello 231 e il Settore di

Appartenenza.

Anno implementazione Mod. 231 Totale 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Assicurazion i 0 0 1 2 0 0 3 Banche 1 0 1 0 0 1 3 Utilities 2 1 3 0 0 0 6 Media 0 2 2 0 0 0 4 Tessile 0 0 1 2 0 0 3 Costruzioni 2 0 0 0 0 0 2 Trasporti turismo 0 1 0 0 0 1 2 Settore di Appartenenz a Altro 0 3 2 2 2 0 9 Totale 5 7 10 6 2 2 32

Un secondo obiettivo che ci siamo posti è stato quello di individuare una possibile relazione positiva tra il fatturato dell’azienda e l’anno di implementazione del Modello 231.

L’analisi ha dato esito positivo. Come è possibile osservare anche nella tabella che segue, esiste una relazione importante tra i due aspetti considerato. Si nota infatti come le aziende di più grandi dimensioni in termini di fatturato, abbiano per prime adottato il Modello 231.

Infatti, su 8 aziende appartenenti alla fascia di fatturato che va da 5.000 a 10.000 milioni di €, 6 di queste hanno implementato il modello prima del 2004. Discorso analogo per le 7 società con fatturato superiore a 10.000

(49)

118

milioni di €, 4 delle quali hanno scelto di adottare il modello prima del 2003.

Tabella n. 32: Relazione tra il fatturato dell’azienda e l’anno di implementazione

del modello 231.

Anno implementazione Mod. 231 Totale 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Inferiore a 1.000 mln € 0 0 2 0 0 0 2 Tra 1.000 e 2.000 mln € 1 1 3 1 0 0 6 Tra 2.000 e 3.000 mln € 1 0 1 0 0 0 2 Tra 3.000 e 4.000 mln € 0 0 0 0 1 2 3 Tra 4.000 e 5.000 mln € 0 1 2 1 0 0 4 Tra 5.000 e 10.000 mln € 1 3 2 1 1 0 8 Fattura to Superiore a 10.000 mln € 2 2 0 3 0 0 7 Totale 5 7 10 6 2 2 32

Infine, quello che si vuole vedere, è se esiste un certo grado di correlazione tra le società che hanno adottato prima il Modello 231 e quelle che hanno redatto una relazione sul Modello. Il sostanza si vuole vedere se le imprese che l’hanno adottato prima sono anche quelle che redigono annualmente la relazione sul Modello di organizzazione, gestione e controllo.

I dati raccolti non danno conferma alla tesi sostenuta poc’anzi. Non si presenta nessuna relazione positiva tra l’anno di implementazione del Modello 231 e l’eventuale presenza di una Relazione sul Modello 231. Per completezza, si vedano le Tabelle 26 e 27 poste nell’Appendice n. 3.

(50)

119

Composizione dell’Organismo di Vigilanza

Una volta individuato l’anno di adozione del Modello 231 si è proceduto con l’esaminare la composizione dell’Organismo di Vigilanza, avente appunto il compito di verificare il funzionamento e l’osservanza del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo adottato dall’azienda per le finalità di cui al D.Lgs. 231/2001.

L’analisi condotta consente di individuare alcune questioni particolarmente interessanti:

- 35 aziende su 37, pari all’95%, hanno scelto di implementare al proprio interno un OdV di composizione collegiale;

- 2 aziende, la Geox Spa e la Tenaris Spa, hanno invece optato per un OdV monocratico, pari al 5% delle imprese quotate all’S&P MIB 4024. È evidente come le aziende quotate nel segmento in questione abbiano privilegiato la nomina di organismi di vigilanza composti da una pluralità di soggetti.

24

Non è possibile fornire i dati relativi alla composizione dell’OdV per la Arnoldo Mondadori Editore Spa; la Prysmian Spa e la STMicrolectronics N.V.

(51)

120

Grafico n. 15: Composizione dell’Organismo di Vigilanza

Tabella n. 33: Organismo di Vigilanza monocratico

Frequenza Frequenza percentuale Valid No 35 87,5 Si 2 5,0 Totale 37 92,5 Missing System 3 7,5 Totale 40 100,0

(52)

121

Tabella n. 34: Organismo di Vigilanza collegiale.

Frequenza Frequenza percentuale Valid No 2 5,0 Si 35 87,5 Totale 37 92,5 Missing System 3 7,5 Totale 40 100,0

Una volta accertata la preferenza per un OdV collegiale, quello che si vuole scoprire è se ci sia una relazione positiva tra la presenza di un OdV collegiale, appunto, e il settore al quale l’azienda appartiene.

L’analisi statistica condotta con SPSS ha dato esito negativo. È possibile affermare pertanto che il settore di appartenenza non va ad influire sulla composizione dell’Organismo di Vigilanza25.

Numero dei componenti dell’Organismo di Vigilanza

Prendendo in considerazione gli OdV collegiali, quello che adesso è messo sotto analisi è il numero dei soggetti che li compongo26.

Ad un secondo livello di indagine è stato analizzato quanti OdV sono composti da un numero di soggetti superiore a tre elementi e quanti invece comprendono un numero di componenti fino a tre.

Come si può notare dal Grafico n. 16, poco meno dei ¾ delle società esaminate hanno optato per un Organismo di Vigilanza piuttosto ristretto

25

Per la visione dei dati si rinvia all’Allegato n. 3, Tabella n. 31.

26

I dati a disposizione sono relativi a 30 aziende (delle restanti 10 dobbiamo dire: 2 Organismo di Vigilanza risultano essere monocratici; dei i restanti 8 Organismi non abbiamo notizie a riguardo e corrispondono alle seguenti società: Arnoldo Mondadori Editore Spa; Banco Popolare società cooperativa; Buzzi Unicem Spa; ENEL Spa; Mediobanca Spa; Prysmian Spa; STMicrolectronics N.V.; Terna Rete Elettronica Nazionale Spa.

(53)

122

in termini di elementi che lo compongono; in termini reali la percentuale del 73% corrisponde a 22 società quotate nel segmento S&P MIB 40. L’analisi si è spinta ad un livello di dettaglio ancora più elevato. Come evidenziato nel Grafico n. 17 si è cercato di quantificare le aziende con un OdV di 2 componenti o di 3 componenti. Da quanto rilevato, il numero di componenti preferito dalle aziende dellS&P MIB 40 è 3.

(54)

123

Grafico n. 17: Composizi one degli OdV con un massimo di 3 membri

Tipologia di soggetti che compongono l’Organismo di Vigilanza

L’analisi adesso si sofferma sulle cariche che i soggetti facenti parte dell’OdV rivestono all’interno della società.

Come prevedibile esiste una certa eterogeneità dei compiti svolti dai componenti dell’Organismo di Vigilanza. Tuttavia, già ad una prima lettura di questi27, si possono notare certe somiglianze nella composizione. Più nei dettagli, come riportato di seguito nel diagramma a torta, si nota come su 31 Organismo di Vigilanza dei quali possediamo dati certi sulla loro composizione, almeno un soggetto che li compone è rappresentato da:

- il Responsabile dell’Internal Auditing, nel 64,52% dei casi;

27

(55)

124

- un componente del Comitato per il Controllo Interno, nel 29,03% dei casi;

- il Responsabile della Funzione Legale, nel 29,03% dei casi;

- un componente del Collegio Sindacale, nel 16,13% dei casi;

- il Preposto al Controllo Interno, nel 12,90% dei casi.

Grafico n. 18: I componenti dell’OdV

Il membro maggiormente presente negli OdV è rappresentato dal Responsabile IA. In merito a questo soggetto è interessante notare l’affinità con il Preposto al Controllo Interno.

Nelle società oggetto di indagine il Preposto al CI è identificabile nella figura del Responsabile IA nel 89% dei casi. In virtù di questo, si è cercato di individuare una relazione positiva tra il Preposto al CI così identificato e l’OdV con membro il Responsabile IA.

(56)

125

L’analisi ha dato esito negativo. Non sembra infatti identificabile nessuna relazione28.

In merito al Responsabile IA quale membro dell’Organismo di Vigilanza sembra interessante andare a fare una analisi con il Preposto al Controllo Interno. Come già è stato detto nel paragrafo precedente, nel caso in cui sia nominato Preposto il Responsabile IA, nel 50% di questi casi, il Responsabile IA è anche membro dell’OdV. Si vuole adesso approfondire l’argomento con una analisi statistica. Di seguito verranno presentati i risultati dell’indagine svolta.

Grafico n. 19: Il Responsabile IA, nominato Preposto al CI:

28

(57)

126

Tabella n. 38: Il Responsabile IA è membro dell’ OdV e Preposto CI.

Frequenza Frequenza percentuale Valid No 14 35,0 Si 17 42,5 Totale 31 77,5 Missing System 9 22,5 Totale 40 100,0

L’ultima analisi statistica che viene proposta è quella tra l’Organismo di Vigilanza con membro il Responsabile Internal Audit e il Settore al quale l’azienda appartiene.

L’analisi effettuata con SPSS evidenza la mancanza di ogni relazione positiva tra i due parametri, a significare che il settore di appartenenza non è la motivazione che spinge un’azienda a nominare un OdV con membro il Responsabile IA.

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