Capitolo 1
Introduzione
1.1. Caratteristiche generali dell’ardennite
L’ardennite (Fig.1.1.) è un raro silico-arseniato di origine metamorfica e di forma generale
VII
(A1)2 VI(A2)2 VI(M1- M3)6 [(T4O4)/(SiO4)2/ Si3O10/(OH,O)6], dove A1- A2 = Mn2+, Ca,
Mg; M1 = Al, ± Fe3+; M2 = Al; M3 = Al, Mg, ± Fe3+, Mn3+, Cu2+; T4 = As5+, V5+, P5+, Si4+ . Rinvenuto per la prima volta nel giacimento manganesifero di Salmchâteau (Belgio) successivamente è stato ritrovato in altre località come fase accessoria all’interno di sedimenti ferromanganesiferi altamente ossidati e soggetti ad un metamorfismo da bassa ad alta pressione ed a temperature approssimativamente nell’ intervallo 300-600°C.
Tipicamente l’ardennite si presenta in cristalli sia aciculari sia prismatici con dimensioni in genere ridotte (dell’ordine di 1 mm) ma che possono raggiungere in casi eccezionali anche 5-6 cm. In particolare quelli prismatici mostrano sezioni basali, perpendicolari alle facce prismatiche, con forma rombica. La colorazione dell’ardennite varia da giallo oro, giallo pallido quando si ritrova all’interno di vene di quarzo a colori più aranciati quando è associata a braunite. Sono noti campioni di colore decisamente più scuro, bruno colofonia, questi campioni sono normalmente ricchi in V, anche se non sembra esserci una precisa corrispondenza fra colore e composizione.
1.2. Dalla scoperta del minerale agli studi recenti
La scoperta del minerale, avvenuta alla fine dell’ottocento, nella regione indicata originariamente come “nei pressi di Ottrez”, fu causa di una lunga controversia creatasi tra A. Von Lasaulx e F. Pisani, ciascuno dei quali ne rivendicò sempre la paternità.
Descritto da Von Lasaulx, dapprima come "mangandisthéne", cioè come un distene (cianite) con l'alluminio sostituito da Mn2O3 (Lasaulx, 1872a) fu successivamente identificato
come nuova specie e denominato ardennite, sulla base di un'analisi effettuata da Bettendorff (Lasaulx, 1872b). Il risultato di quella prima analisi fu pubblicato il 24 novembre del 1872 negli atti della Berichte Niederrh. Gesell. e successivamente, sempre nello stesso anno, sul N.
Jb. Miner. (Lasaulx, 1872c).
Von Lasaulx, pur riconoscendo la presenza di vanadio, calcolato assumendo una valenza 10+ (!), non riuscì però ad identificare e quantificare il contenuto di arsenico (Tabella1.1).
Pertanto la prima formula che propose per il nuovo minerale fu quella di un termine esclusivamente vanadinifero:
5(R2O3SiO2 . RO . SiO2) + 3RO . VO5 + 5 aq
(Von Lasaulx, 1873)
Indipendentemente, sempre nello stesso periodo, durante la seduta del 2 dicembre 1872 dell'Accademia delle Scienze di Parigi, Pisani descrisse lo stesso
minerale riportando la località precisa di Salmchâteau, considerandolo però monoclino, e dandogli il nome di dewalquite in onore del geologo belga G. Dewalque.
Dalla prima analisi (Tabella 1.2), individuò come Von Lasaulx la presenza di vanadio, seppur in quantità sensibilmente inferiore, ma soprattutto riconobbe la presenza di manganese allo stato d'ossidazione 2; ciò gli permise di considerare il minerale come un silicato manganoso di alluminio. L’analisi risulta poco accurata (in parte per la scarsità del materiale a disposizione) anche tenendo conto del fatto che l’arsenico non è stato determinato il silicio appare Tabella 1.1. Prime analisi della ardennite ad
opera di Bettendorff (wt %) S-1a S-1b SiO2 29.67 29.67 VO5 6.17 6.17 Al2O3 24.79 24.79 Mn2O3 29.10 29.40 Fe2O3 1.89 1.89 CaO 1.83 1.83 MgO 3.55 3.85 (Pt, Pd, Cu) (2.00) (2.00) totale 99.00 99.60
ref.: S-1a, Lasaulx (1872b); S-1b, Lasaulx (1872c) Tabella1.2. Analisi di Pisani (1872) 1872 SiO2 28.70 AsO5 n.q. VO5 1.80 Al2O3 28.36 MnO 26.40 MgO 4.32 CaO 4.30 Fe2O3 2.94 CuO 1.30 H2O 0.98 Totale 99.1
L’anno successivo Von Rath stabilì definitivamente le proprietà cristallografiche dell'ardennite, descrivendola come ortorombica, e mostrando l'analogia fra le sue forme e
quelle dell'ilvaite (Fig.1.2).
Lo studio cristallografico venne pubblicato insieme a nuove analisi chimiche, sempre della varietà vanadifera [S-3a], che corrisponde al termine estremo della serie As-V (Lasaulx & Bettendorff, 1873). La media delle due analisi III e IV è riportata in Lasaulx (1873) e si riferisce al campione cotipo conservato al Museo dell’Università di Wroclaw.
Sempre nel 1873 Pisani riconobbe per primo la presenza dell’arsenico in un campione analizzato e così sull’onda di questa nuova scoperta e in base al fatto di aver riconosciuto pure la presenza del manganese bivalente rivendicò il diritto di priorità nella determinazione della nuova specie. Tuttavia Lasaulx (1874) rivedendo i risultati di Pisani contestò tale richiesta di priorità mostrando come le due analisi si riferissero a due varietà dello stesso minerale, con l’As che può sostituire il V. Successivamente vennero analizzati due campioni con caratteristiche differenti, un cristallo giallo chiaro opaco 5-I) e uno bruno trasparente (S-5-II) che risultarono corrispondere rispettivamente alla varietà ricca in arsenico e in vanadio (Lasaulx, 1876; Bettendorff, 1877)(Tab.1.3).
Tabella 1.3. Analisi effettuate dal 1873 al 1876 S-4 Pisani S-3a Lasaulx & Bettendorff III IV S-3b Lasaulx S-5-I Lasaulx S-5-II Lasaulx SiO2 28.4 29.60 29.89 29.74 27.5 27.84 AsO5 6.35 n.q. n.q. n.q. 9.33 2.76
PO5 - tracce tracce tracce - -
VO5 3.12 9.20 9.09 9.1 0.53 9.2 Al2O3 24.8 23.50 23.50 23.5 22.76 Fe2O3 1.31 1.68 2.21 1.94 1.15 } 24.22 MnO 25.7 25.88 26.03 25.96 30.61 26.7 MgO 4.07 3.38 3.47 3.42 1.38 3.01 CaO 2.98 1.81 2.28 2.04 1.83 2.17
CuO 0.22 tracce tracce tracce 0.17 -
H2O 5.2 4.04 3.10 4.04 5.13 5.01
Totale 102.15 99.09 99.57 99.74 100.39 100.91
Nota anche Pisani considera V come VO5. S-3b è la media delle due analisi III e IV riportata in Lasaulx e
Bettendorff (1873). Fig.1.2. Cristallo di Salmchâteau disegnato da Rath
La polemica tra i due autori proseguì ancora per qualche anno, fino a che, senza voler prendere le parti di nessuno, la comunità scientifica scelse per il nuovo minerale il nome ardennite, in quanto risultava essere quello adottato dal maggior numero di mineralogisti, anche se i belgi continuarono ad usare il termine dewalquite per lungo tempo.
Lacroix (1893) riportando le precedenti analisi corrette per la valenza dell’As e del V(5) (ma curiosamente sostituendo CuO con FeO), definì per l’ardennite la seguente formula:
H10 Mn10Al10Si10V2O55 (il coefficiente stechiometrico come apice anziché pedice è comune nelle notazione di fine ottocento e inizio novecento).
Negli anni successivi si andò inoltre verso una migliore definizione delle proprietà ottiche e dei caratteri petrografici del minerale (Fig.1.3). In particolare, Cesàro (1909-10) ipotizzò che la variabilità degli stessi caratteri ottici riscontrata all’interno di alcuni di questi campioni fosse proprio da attribuirsi a variazioni locali nella composizione, dettate dalla sostituzione As-V.
Le prime informazioni relative alla struttura furono presentate da Brasseur (1930) che pubblicò i parametri della cella elementare e il gruppo spaziale dell’ardennite esponendo anche le sue considerazioni circa la composizione chimica del minerale.
Mediante uno studio diffrattometrico mostrò infatti quanto le analisi chimiche proposte fino ad allora rendessero difficile l’interpretazione della struttura.
Ciononostante Strunz (1935) suggerì una nuova formula e dai nuovi dati a disposizione comparò l’ardennite alla zoisite e all’epidoto:
(SiO4)5(VO4)(Al2O3)Mn(AlOH)2 . Mn4 . 2H2O
Intanto segnalazioni di nuovi giacimenti si susseguirono per tutto il novecento iniziando con Zambonini che scoprì nel 1922 il primo dei giacimenti italiani: Ceres.
Nel 1964 Yashimura & Momoi segnalarono la presenza di ardennite nella miniera manganesifera di Yamato (Amami-Oshima Island, Kagoshima Prefecture, Japan) senza studiarla mentre solo due anni dopo Nayak raccolse nuovi campioni dalle vene quarzitiche della miniera di manganese di Kajlidongri (Jhabua district, Madhya Pradesh, India).
In quegli stessi anni Donnay & Allmann (1968) raffinarono le dimensioni della cella e mediante lo studio al diffrattometro automatico Weissenberg derivarono la struttura dell’ardennite definendo così la seguente formula:
Mn2+2 (Mn2+,Ca)2(AlOH)4[(Mg,Al,Fe3+)OH]2(As,V)O4Si3O10(SiO4)2
Fig.1.3. Cristallo di Vielsam (in Cesàro & Abraham, 1908-09)
La sua struttura (Donnay & Allmann, 1968) è costituita da catene di ottaedri condividenti vertici (ottaedri M1, M2, M3 ) connesse tramite tetraedri SiO4 (T1) e gruppi Si3O10 (T2, T3).
L’ottaedro M3 è significativamente più grande e distorto (con una forma vicina a quella di una bipiramide allungata) degli ottaedri M1 e M2. Due più ampi siti (A1, A2), a coordinazione 7 e (6+1), e un tetraedro isolato T4 occupato da As5+ e V5+ sono localizzati in cavità aperte tra le interconnessioni ad anello degli ottaedri e dei tetraedri (Fig1.4).
Fig.1.4. Proiezione della struttura dell’ardennite su (010).[da Donnay & Allmann,1968]
Strutturalmente l’ardennite è strettamente correlata agli epidoti. Già Donnay & Allmann (1965) notarono infatti che il gruppo di tri-tetraedrico Si3O10, può essere derivato dalla
struttura di un epidoto semplicemente attraverso la riflessione del secondo tetraedro del gruppo Si2O7 lungo un piano (001) passante per l’origine della cella
In seguito, dopo la soluzione della struttura della pumpellyite, Ca4Al6(SiO4)2(Si2O7)2(OH)6,
(Galli & Alberti, 1969) Donnay & Allmann (1971) misero in evidenza le strette relazioni strutturali tra l’ardennite e la pumpellyite. Tali relazioni sono state in seguito allargate a comprendere la struttura della sursassite, Mn4Al6(SiO4)2(Si2O7)2(OH)6 (Mellini et al., 1984;
Pasero & Reinecke, 1991).
Ricerche successive condotte sui campioni rinvenuti nelle nuove località evidenziarono tuttavia fenomeni di politipismo, disordine strutturale oltre che una variabilità nella composizione chimica superiore rispetto a quella fino ad allora osservata.
Gli studi chimici eseguiti da Reinecke & Hatzipanagiotou (1987) sui campioni greci e di alcune località italiane delle Alpi occidentali, e da Enami (1986) su campioni provenienti dal giacimento giapponese di Asemi-gawa river, mostrarono infatti la possibilità del verificarsi di sostituzioni all’interno dei poliedri A1 e A2, degli ottaedri M1 ed M3 e del tetraedro T4. In particolar modo fu osservata la sostituzione isomorfa di As e V da parte di Si.
1.3. Presentazione delle ricerche svolte
Il lavoro di questa tesi si propone di approfondire la conoscenza della cristallochimica dell’ardennite attraverso il riesame di un numero elevato di campioni con provenienza diversa, reperiti grazie alla preziosa collaborazione del professor Barresi, al fine di verificare l’esistenza di nuove specie mineralogiche, strutturalmente correlate ma diverse per composizione.
A tale scopo sono stati eseguiti presso i laboratori di questo Dipartimento indagini in microscopia elettronica a scansione, indagini diffrattometriche su cristallo singolo e studi strutturali.
Per la caratterizzazione chimica quantitativa è stata invece utilizzata la microsonda elettronica installata presso l’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR, sezione di Firenze.
Come descriveremo nel seguito di questo lavoro, il principale risultato emerso da questo studio è stato l’identificazione di tre termini la cui composizione chimica è riferibile specie mineralogiche distinte: “ardennite di arsenico”, “ardennite di vanadio” e “ardennite di silicio”.