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Capitolo 1

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

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1.1 L’evoluzione del rapporto azienda cliente

La dinamica dei sistemi competitivi e la connessa evoluzione dei processi di scambio ha provocato, nel corso della storia aziendale, radicali cambiamenti nelle formulazioni teoriche e nelle pratiche manageriali concernenti i modelli d’impresa e le metodologie per la loro gestione.

Pur essendo difficile individuare delle precise fasi storiche, possiamo risalire ai diversi orientamenti che si sono susseguiti nel tempo, dalla rivoluzione industriale ad oggi ed in questo senso è possibile riconoscere quattro diverse angolazioni attraverso cui le aziende si sono avvicinate al mercato1:

Orientamento al prodotto Orientamento alla vendita Orientamento al mercato Orientamento al marketing

Ciò che descrive la situazione attuale e le sue indubbie difficoltà è pertanto,il concetto di transizione tra la passata modernità fordista e le nuove forme di modernità2.

Siamo passati “dal materiale all’immateriale”.

La prima modernità, nata all’insegna della macchina industriale e della tecnologia estrattiva, ha trasformato il mondo nei due secoli trascorsi dalla rivoluzione industriale ai primi del Novecento.

Passando prima per le forme del capitalismo di mercato dell’Ottocento e poi per quelle del capitalismo organizzato ( o fordismo) del Novecento troviamo, al centro del sistema produttivo, la fabbrica, la trasformazione energetica della materie prime, la standardizzazione.

1 Enzo Rullani, Una rivoluzione per il terziario, L’impresa n5, 2003 2 Enzo Rullani, Una rivoluzione per il terziario,da L’impresa n. 5, 2003

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Conseguenza di tale “artificializzazione” del mercato, fu la riduzione della complessità umana in forme e varianti precostituite, scelte da chi le immagina e realizza.

Varietà, variabilità, gusti ed esigenze sono stati gradualmente soppressi o espulsi dalla produzione e dal consumo: i prodotti e i processi si sono standardizzati, il lavoro è stato ridotto a tempo-lavoro astratto, il cliente è soggetto passivo dell’azione.

Da allora, sono almeno trent’anni che la produzione materiale, con la sua logica ripetitiva e quantitativa, non marcia più.

La competizione tra i diversi modelli tradizionali si svolge ricercando nuove forme organizzative della produzione.

In questo passaggio, si scoprono gli elementi fondativi di una seconda modernità, basata non più sulla compressione artificiale della complessità, ma sul suo “addomesticamento”.

L’esplorazione della complessità diventa fonte di varietà e di apprendimento: invece di ridurla, bisogna imbrigliarla, volgendola contro le vecchie strutture rigide e deterministiche ereditate dall’epoca fordista.

La seconda modernità, di cui si parla, sposta dunque il baricentro del sistema produttivo dalla macchina all’uomo, dalla prescrizione alla comunicazione. Diventano importanti flessibilità, creatività, rapporto con i clienti: tutte qualità immateriali che hanno a che fare con le conoscenze incorporate nei prodotti, con le relazioni tra chi produce e chi usa, e con il servizio che l’offerta fornisce alla domanda.

Conoscenze, relazioni, servizi sono risorse immateriali, che hanno una logica di sviluppo diversa dalla produzione materiale, standardizzata, che oggi è riservata alle commodities.

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Nel campo dell’immateriale, in cui oggi viviamo, non si vende più il prodotto in sè, ma il significato che esso acquista in relazione al contesto di chi lo vende e soprattutto di chi lo usa.

In questo scenario, differenti filoni di studio hanno progressivamente concentrato la loro attenzione sui processi gestionali che caratterizzano i percorsi di successo concorrenziale, enfatizzando l’importanza delle risorse immateriali aziendali sino a sviluppare un nuovo insieme di modelli concettuali che, com’è noto, viene identificato con l’espressione resource-based theory3.

Esaminando i nodi centrali di tale teoria, e in particolare la rappresentazione dei processi di generazione delle risorse immateriali, è immediato osservare una comunalità di attenzione che si concentra sulle relazioni di scambio tra l’impresa e i suoi clienti.

Una componente fondamentale delle risorse immateriali sulle quali l’impresa fonda il proprio potenziale di sviluppo, infatti, risiede nel sistema cognitivo dei clienti della stessa impresa ed è alimentata dagli esiti dei processi di scambio. Tale componente del patrimonio intangibile d’impresa viene denominata “capitale di fiducia”4, fiducia che i clienti ripongono nell’impresa, e che è alla

base di ulteriori risorse immateriali “derivate”, dipendenti prevalentemente dalla capacità della stessa di confermare nel tempo le aspettative maturate con riferimento al livello di performance offerto dai propri prodotti.

Quanto più lunga è la sequenza delle conferme ( su queste aspettative) tanto maggiore sarà lo stock di fiducia che si cumula nel sistema cognitivo dei clienti. In altre parole, adottando il paradigma della conferma/disconferma5 delle aspettative, la customer satisfaction rappresenta la fonte generativa del capitale di fiducia dell’impresa.

3Per approfondimenti si veda anche Costabile M.,La misurazione della customer satisfaction, SDA

Bocconi,2001

4 Vicari, 1995

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La capacità di offrire piena soddisfazione alle aspettative della propria clientela, e quindi la generazione di fiducia, rappresenta dunque un fattore determinante nel passaggio da transizione di mercato “quasi-discrete” a relazioni di scambio continuative6 e che proprio in tale passaggio hanno origine tutti i processi di creazione del valore d’impresa.

L’attuazione di tale transizione si lega ad un cambiamento fondamentale: l’uso intensivo della conoscenza nella produzione del valore.

Attenzione però, quella in parola non è una conoscenza hard ma di forme soft, la conoscenza che “conta” oggi non è più soltanto quella incorporata nelle macchine e nei risultati di un investimento ma diventa conoscenza diffusa e relazionale.

Il vantaggio competitivo dunque non dipende più esclusivamente da capacità relative al prodotto e al processo, esso è invece sempre più rivolto alla capacità di gestire relazioni, di comunicare con il cliente, di coprogettare il nuovo e assumere rischi condivisi con gli interlocutori.

È in questa catena, che si vendono significati prima che prodotti o prestazioni materiali: il cliente, per acquistare, ha bisogno di fidarsi del suo interlocutore, di vivere insieme a lui le sue esigenze e i suoi desideri. Per creare valore non basta più produrre una macchina bisogna interagire efficacemente con l’ambiente che circonda l’azienda ed in particolare con il cliente.

Tutto ciò che un tempo si collocava fuori dei cancelli della fabbrica oggi diventa fonte primaria di innovazione e sopravvivenza.

La centralità del cliente e della customer satisfaction nel processo di sviluppo della nuova impresa non è solo una teoria con cui riempire pagine di libri di marketing, ma nelle formulazioni più avanzate della resource-based theory, infatti, diviene essa stessa obiettivo dell’impresa e gli incrementi del patrimonio di fiducia rappresentano uno dei migliori indicatori dello sviluppo di tali risorse nonché della capacità dell’impresa di generare valore e di competere con successo.

6 (Dweyer, Shurr e Oh, 1987);

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Il cliente, o meglio il cliente fedele, è oggi dunque la risorsa principale del patrimonio aziendale.

Una volta acquisito, il cliente diviene fonte primaria dell’interesse e dell’attenzione dell’azienda.

Non tutti i consumatori sono uguali, alcuni risultano essere per noi, più preziosi e profittevoli di altri e dunque compito dei marketer, risulta essere quello di capitalizzare questa differenza.

1.1.1 Differential Marketing (cenni).

Un supporto molto utile nel coadiuvare il lavoro di evidenziazione dei clienti più profittevoli, potrebbe derivare da un corretto utilizzo delle tecniche del Differential Marketing7.

Si tratta di un nuovo e rivoluzionario approccio che “…. separa le uova d’oro” dal resto dei consumatori del marcato.

Esso utilizza strumenti all’avanguardia (quale il database) ma pratici, per costruire e combinare la fedeltà alla brand con i risultati economici.

Il processo in questione, si basa in pratica su una diretta e persuasiva comunicazione con i consumatori più preziosi, con quelli che compongono il nostro capitale di fiducia; e questo coinvolgendo sia le diverse aree aziendali che gli stessi clienti.

Il coinvolgimento è stato da tempo riconosciuto come un elemento chiave per l’azienda specialmente se in situazioni di vendita personale.

Un tale tipo di interazione è particolarmente efficace anche se forse troppo utopistico.

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Fare breccia, si. Essere memorabili, si. Ma coinvolgere nel vero senso della parola sembra un obbiettivo particolarmente audace, probabilmente raggiungibile attraverso forme di personalizzazione dell’offerta sempre più avanzate.

Si tratta dunque di implementare programmi di relationship8 sempre più forti sviluppando un dialogo personale con il consumatore che darà a sua volta degli imput sempre nuovi perché l’azienda riesca a soddisfarlo appieno.

Se le analisi svolte risultano corrette, il differential marketing sembrerebbe avere la capacità di preparare la brand a un futuro più sano e profittevole con una variazione drastica nell’equazione di fedeltà alla brand.

Partendo dal presupposto di provare a soddisfare al meglio la nostra clientela instaureremo un processo molto articolato fatto di continui ritorni a nostro vantaggio ( vedi figura 1.1).

La soddisfazione genera fiducia e la fiducia è madre della buona reputazione, della possibilità di relazioni cooperative e soprattutto di fedeltà.

Le relazioni e le conoscenze che ne scaturiscono divengono fonte di risorse per l’impresa che può farne tesoro per migliorarsi, evolversi e alimentare “la fiamma” della soddisfazione. Attraverso questo processo, che si sviluppa senza soluzione ci continuità, riusciremo ad implementare il nostro processo di DFM9 e nel lungo termine anche i nostri ritorni.

8 David Olgivy, Il differential marketing, Einaudi,2004 9 Sigla del Differential Marketing

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Fonte Costabile M., La misurazione della customer satisfaction Figura 1.1: Soddisfazione,

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1.2 L’approccio al mercato.

Centro motore e cuore della macchina aziendale è oggi dunque, come più volte ribadito, il cliente soggetto di una vera e propria rivoluzione rispetto a quello che era (o non era) il suo ruolo dalla rivoluzione industriale a qualche decennio fa. Allora i mercati erano zone quasi del tutto inesplorate ma i consumatori cominciavano ad accumulare risparmio e a sentire l’esigenza di prodotti che non avevano mai posseduto.

Alle aziende non restava altro che prendere coscienza della situazione cercando di superare la visione di un mercato quale mero ricettore di offerte standardizzate e sovrabbondanti.

Il consumatore sempre più critico e consapevole di fronte a tante imprese che offrono lo stesso bene, vede aumentare la sua possibilità di scelta, si rende conto che dipende da lui la stessa sopravvivenza dell’impresa sul mercato e riconosce perciò di avere “potere” sul di esso.

Le competenze accumulate, vengono poi trasformate in richieste, in nuove esigenze e in qualcosa che l’impresa deve imparare a gestire.

Per riuscire a far proprio questo sistema “cliente-centrico”10 è necessario

affrontare un percorso frazionabile in diversi momenti, quasi a formare una piramide che dall’analisi generale del mercato giunge fino a individuare le specifiche caratteristiche del nostro cliente tipo:

Individuare il mercato di riferimento e il target cui ci si rivolge

Sviluppare un’offerta che soddisfi il mercato di riferimento

Veicolare le proprie offerte verso le esigenze dei consumatori

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1.2.1 Il mercato di riferimento e il target obiettivo.

Decidere di metter su un’impresa e soprattutto sperare di volerla inserire subito nel mercato prescelto è forse cosa più ardua che vincere al lotto senza giocare. In una tale situazione entrano in gioco così tante variabili da demolire sul nascere le speranze di chi non arriva preparato.

Anzitutto bisogna fare i conti col caro Prof. Porter (croce e delizia di tanti studenti) e con le sue cinque forze competitive.

Analizzando i mercati e le loro strutture, Porter evidenziò la presenza di alcuni elementi che ogni “imprenditore” dovrebbe conoscere prima di decidere se cambiare mestiere.

Lo schema in questione può essere così rappresentato:

Potere contrattuale fornitori Concorrenti del settore Potere contrattuale acquirenti Minaccia prodotti sostitutivi Minacce potenziali entranti

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Il primo passo da compiere è dunque quello di analizzare la struttura del settore, valutare quali azioni metterebbero in atto i concorrenti se entrassimo (barriere all’entrata), o quali sarebbero i costi se un eventuale fallimento ci costringesse a dover uscire subito (barriere all’uscita) e poi tener conto del potere contrattuale degli acquirenti e dei fornitori per valutare quanto possano incidere sulle nostre decisioni sia di produzione che di politiche di prezzo e soprattutto quanta parte del surplus generato potrebbero accaparrarsi11.

Se per nostra grande fortuna riuscissimo ad essere dentro non dovremmo illuderci di servire indistintamente chiunque abbia bisogno di qualcosa di simile a ciò che produciamo: mai scelta potrebbe essere più sbagliata!!!!!!!!!.

Il secondo passo da compiere adesso è quello di conoscere il mercato dall’interno, segmentandolo quanto più possibile, in gruppi omogenei (o pseudo omogenei) di consumatori che del prodotto in questione richiedono caratteristiche simili.

A questo punto, analizzati i diversi segmenti, cercheremo di rivolgerci solo a quelli con i quali potremo sfruttare le nostre forze e le nostre risorse, magari evitando quelli che richiederebbero un forte potenziamento delle risorse in cui siamo deboli. Abbiamo trovato il mercato cui riferirci, ora dobbiamo soddisfarlo!!!!.

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1.2.2 L’analisi dell’offerta.

Rispondere in maniera completa alla domanda ‘che cosa vuole il cliente richiederebbe qualche centinaio di pagine.

Inoltre l’argomento è talmente complesso che molto probabilmente non si riuscirebbe a dare una risposta esaustiva.

In poche pagine tuttavia dovrebbe essere possibile inquadrare il soggetto cercando di limitare le argomentazioni scontate, e quindi rispondere piuttosto alla domanda ‘come fare per sapere cosa vuole il nostro cliente’, il che rende il compito un po’ più agevole.

Per fare questo è opportuno sottolineare fin da subito che il ragionamento è forzatamente basato su una serie di ipotesi da cui non si può prescindere12.

Anzitutto bisogna tenere presente che il successo commerciale di un prodotto è legato alla soddisfazione delle aspettative che i clienti ricavano dall’uso del nostro prodotto o servizio.

Questo in pratica dovrebbe significare che nessuno, nemmeno d’impulso, voglia comprare qualcosa di cui non percepisce l’esigenza nemmeno per un istante. Parte di questo successo dipende, poi, in modo determinante dalla possibilità per l’azienda di conoscere e prevedere le esigenze e i bisogni dei clienti.

Bisogni ed esigenze che sono per loro natura difficili da conoscere e prevedere, mutevoli e soprattutto in costante evoluzione,sia nel tempo ( cioè rispetto ad un momento preciso) che nello spazio ( ovvero cambiano da regione a regione). Bisogna inoltre tener presente il fatto che la conoscenza delle aspettative e dei bisogni dei clienti è un’arte (e non una scienza), che si concretizza attraverso l’utilizzo di tecniche e modalità molto differenti in funzione del tipo di clienti a cui si rivolge chi si pone il problema e che in generale comunque i consumatori vogliono migliorare la qualità della loro vita.

12 Marco De Luca, da Marketing percettivo e comunicazione: nuovi strumenti per conquistare il

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Questo concetto si applica a tutti i prodotti che acquistano: dal gelato più ricco e cremoso, all’auto più sicura, veloce, confortevole, al computer più potente eccetera.

Da quanto ipotizzato si può dire quindi quasi asserire che i clienti vogliono contemporaneamente “di più e di meno”.

Non è infatti raro ascoltare imprenditori e manager che si lamentano della ‘voracità’ delle richieste dei loro clienti, così come è altrettanto frequente registrare le lamentele generiche dei clienti che sostengono che “tutto diventa ogni giorno più caro”, oppure che “i prodotti di oggi non sono più come quelli di qualche anno fa…”.

Insomma in questo gioco delle parti ognuno cerca di trovare il proprio tornaconto, senza dimenticare assolutamente che se si deve cercare di essere più aggiornati e agguerriti dei propri concorrenti cercando comprendere le necessità e i capricci dei clienti in netto anticipo rispetto al resto degli attori del mercato. Si tratta quindi di ‘acchiappare’ qualcosa che non solo è difficile da raggiungere, ma che per di più continua a spostarsi e non dimostra nessuna volontà di farsi raggiungere…

Per comprendere i bisogni dei consumatori e anzi per poterli anticipare, è necessario dunque capire dove sta andando il mondo.

Secondo gli esperti13 esistono,infatti, delle direzioni generali , dette anche ‘tendenze’ verso cui si rivolge la maggior parte degli utenti del mercato di una determinata zona del mondo in un determinato momento.

Per aiutare a capire i bisogni di base dei consumatori esistono quindi numerosi studi sulle tendenze: alcuni molto generali, altri più mirati a settori particolari, come le tendenze alimentari, quelle nel packaging, quelle nel design, quelli sulle tendenze nei colori e nei sapori… ce n’è per tutti i gusti e si tratta solo di trovare quello che meglio si addice alle proprie esigenze.

Questi teorie sono tuttavia poco operative, e di rado se ci si basa esclusivamente su questi risultati, si è in grado di capire quali siano le caratteristiche vincenti del prodotto che è opportuno proporre al mercato.

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Esse permettono tuttavia di tenere sempre ben presenti alcune regole di base, utili nel momento in cui si debbano fare delle scelte relativamente alle caratteristiche di un prodotto.

Prendiamo ad esempio il settore dei tour operator; nel disegnare e creare le varie offerte, l’analisi sulle tendenze generali o su quelle specifiche sarà senz’altro indispensabili nell’individuare aspetti quali: la scelta delle località, che si innesta in un contesto nel quale i consumatori ricercano posti sempre più esotici e quasi paradisiaci, anche se circondati dalle più moderne tecnologie e da confort non proprio in armonia con la natura.

Per ogni addetto ai lavori, che ha quotidianamente l’incarico di valutare le preferenze, superare le resistenze e in fondo cercare di trovare nuovi modi per far accettare un prodotto o un servizio a un insieme di clienti attuali o potenziali, la risposta alla domanda ‘come faccio a sapere cosa vogliono i miei clienti?’ potrebbe essere sintetizzata, in modo volutamente provocatorio affermando che: “esiste un solo modo per valutare se un prodotto o servizio corrisponde alle aspettative o soddisfa i bisogni dei consumatori, indipendentemente dal loro numero e dalla loro natura: bisogna chiederglielo”14.

Analogamente esiste un solo modo per capire se un nuovo prodotto o servizio possa soddisfare più o meglio di un altro i bisogni dei clienti: anche questa volta bisogna chiederglielo”.

Bisogna cioè interagire continuamente con la nostra clientela cercando di sapere cosa pensa di noi e dei nostri prodotti, interrogandoli dopo le esperienze d’uso e cercando i carpire quali potrebbero essere le modifiche da apportare ai nostri prodotti.

Per far ciò potremmo effettuare delle ricerche sul mercato e conservarne poi nei nostri database i risultati più significativi.

14 Marco De Luca, Marketing e comunicazione: nuovi strumenti per conquistare il cliente. Workshop

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La disciplina che si occupa di capire i bisogni dei consumatori viene denominata dagli esperti di marketing ‘Consumer Insight’15, e come tutte le discipline di recente introduzione non ha ancora trovato una collocazione unitaria: oggi si posiziona infatti a metà tra il marketing e le ricerche di mercato.

In ogni caso il Consumer Insight fa largo uso delle ricerche di mercato ma cerca di andare oltre i semplici risultati di ricerca per capire come questi si possano tradurre in prodotti vincenti.

Una definizione di Consumer Insight potrebbe essere la seguente:

“una verità profonda su un gruppo di consumatori, cioè un’affermazione in cui i consumatori si riconoscano immediatamente, che sia rilevante per il proprio business o per la propria marca, e che possa quindi permettere di trovare un’idea che differenzi il prodotto da quello dei concorrenti e che quindi permetta a chi la utilizza di ottenere un vantaggio competititvo sui propri concorrenti, in quanto le azioni intraprese sulla base di questa verità faranno immediatamente scegliere ai consumatori il nostro prodotto o la nostra marca”16.

Per semplificare ci troviamo di fronte a un vero Consumer Insight se siamo in grado di dare una risposta positiva a tutte le domande seguenti: la verità che stiamo esaminando: è importante per i nostri consumatori o i clienti?; diranno immediatamente: questo fa proprio per me e quindi sceglieranno il nostro prodotto o la nostra marca invece che quello dei nostri concorrenti?; possiamo utilizzarla per proporre un prodotto sfruttando le caratteristiche della nostra marca? ; è operativa e possiamo applicarla?; è formulata in modo semplice (nel ‘linguaggio dei consumatori’) ed è facile da capire per tutti?.

La base della formulazione di un consumer insight è la conoscenza del cliente/consumatore.

Le modalità con cui si interrogano i clienti e i consumatori per cercare di dare una risposta alla nostra domanda sono varie e differenti a seconda: - del tipo di cliente, - del settore in cui opera l’impresa, - del tipo di problema da affrontare.

15 Costabile M., La misurazione della customer satisfaction, Egea, 2001 16 Gradis Roberto, Gestire il disservizio, Milano Il Sole 24Ore;1999

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Per quanto concerne le imprese che si rivolgono ai consumatori finali esistono decine di tecniche per comprendere i loro desideri, ciascuna più adatta in occasioni specifiche o di fronte a problematiche precise.

Ovviamente non è possibile trattare in modo esaustivo il tema, ma certamente si possono analizzare almeno le tecniche principali.

Le ricerche per capire cosa vogliono i clienti si dividono in due grandi gruppi: le ricerche qualitative (o motivazionali) che rispondono principalmente alla

domanda ‘perché?’ e quindi sono molto utili per comprendere “perché i clienti vogliono quello che vogliono”; e le ricerche quantitative17.

Le ricerche qualitative utilizzano e attingono a una serie di tecniche tra cui

possiamo ricordare : le tecniche creative; finalizzate alla produzione di nuove idee attraverso test basati sul pensiero laterale/divergente. Utilizzano stimoli di diversa natura (prodotti finiti, materiali di base, ecc.) e fasi di lavoro verbale e non verbale (es. disegni, collages,ecc.) le tecniche proiettive; finalizzate soprattutto a far emergere il vissuto latente attraverso associazioni (espresse verbalmente o attraverso foto/disegni, immagini di riviste), metafore e trasformazioni (in animali, personaggi, oggetti, colori, ecc.), drammatizzazioni. Ci sono poi le tecniche cognitive; finalizzate soprattutto a rilevare percezioni/valutazioni a livello razionale attraverso mappe analogiche, schede di valutazione, eccetera.

Per poter condurre efficacemente una ricerca qualitativa sarebbe opportuno avvalersi della collaborazione di persone che hanno competenze specifiche nel campo della psicologia. In ogni caso è bene ricordare che partendo dalle ricerche qualitative non é possibile ottenere né indicazioni né quantificazioni, relativamente ai fenomeni riscontrati, esprimibili in cifre o percentuali.

Le ricerche quantitative, sono invece utili per rispondere a domande quali ‘che

cosa vogliono i clienti?’ e soprattutto ‘quanto vogliono di quello che vogliono?’. Questa famiglia è ricchissima di tecniche e modalità di intervista, quasi tutte utilizzano tuttavia un unico strumento per la rilevazione: il questionario. Inoltre

17 Marco De Luca, Mkt percettivo e comunicazione: nuovi strumenti per conquistare il cliente, Workshop

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molto spesso i risultati di questo tipo di ricerche sono espressi sotto forma di tabelle con percentuali e sono oggetto di analisi statistiche: per poter trarre i maggiori vantaggi dalla realizzazione di una ricerca quantitativa sarebbe opportuno avvalersi della collaborazione di persone che hanno competenze specifiche nel campo della statistica.

Idealmente quindi si dovrebbe far ricorso a entrambe le famiglie di tecniche di ricerca per poter fornire una risposta concreta e circostanziata alla domanda “che cosa vuole il cliente”ma nonostante ciò non si sarebbe mai sicuri di essere giunti a dei risultati infallibili.

1.3 Soddisfazione del cliente e qualità percepita.

Scrive lo studioso Theodor Luit che lo scopo supremo di un’impresa moderna è quello di creare e conservare una clientela, fermandosi ad un certo momento ad assicurarsi che i clienti acquisiti non si perdano più e ad interrogarsi su quelli già persi.

Il mercato di oggi è definito infatti come il “paradiso degli enigmi e delle opportunità” ed è il cliente l’unico soggetto in grado di fornircene le chiavi. Per restare aderenti al mercato dobbiamo,perciò, farlo sentire importante, stargli vicino, semplificargli la vita, fargli capire che lo conosciamo e dargli ciò che vuole evitando che si rivolga altrove. Non è matematicamente certo poter trattenere un cliente soddisfatto ma può dirsi altrettanto improbabile che uno scontento resti fedele all’ azienda.

Nell’ottica del cliente la percezione di un’elevata capacità di mantenere le promesse significa che la performance dell’impresa, conferma quanto la medesima aveva promesso.

Per il consumatore dunque quanto promesso dall’impresa rappresenta una aspettativa predittiva. In sostanza, il mantenimento delle promesse da parte

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dell’impresa altro non è che la capacità della stessa di confermare le aspettative generate18.

Confermandole infatti riusciremo a convincere il cliente ad effettuare un nuovo contatto, nella certezza di trovare quello che vuole e di non avare false promesse. Solo in questo modo potremo riuscire nel nostro intento di generare contatti consecutivi consolidato perché caratterizzati dalla soddisfazione dei nostri utenti. Soddisfazione è condizione necessaria (e non sufficiente) di fedeltà e la fedeltà è fondamentale per l’impresa di oggi.

Quando si parla di soddisfazione è però necessario segnare la linea di confine tra cosa può e cosa non può dirsi tale. In particolare potremmo sintetizzare quanto detto come segue:

Figura 1.2 Caratteristiche dell’attività di soddisfazione.

18 Costabile M., La misurazione della customer satisfaction, Egea 2001

Cosa è l’attività di soddisfazione? Cosa non è l’attività di soddisfazione?

E’ una strategia globale Un’attività in più

E’ l’orientamento ai bisogni del cliente Il semplice sorriso del personale di front - line

E’ una ridefinizione degli aspetti culturali, organizzativi e tecnici

Un problema del personale dell’Ufficio Qualità

E’ un problema direzionale Un’azione una tantum E’ una funzione integrata delle

strategie aziendali

Una verifica degli aspetti comportamentali E’ un’attività innovativa Un sondaggio di opinione E’ una finestra sul mercato Un’azione fine a se stessa

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Con riguardo a quest’ultimo punto, bisogna rilevare che una delle principali aree di ambiguità emergente dall’analisi degli studi condotti sulla customer satisfaction è quella che riguarda le distinzioni fra “qualità percepita” e customer satisfaction.

Secondo alcuni autori la questione è riferibile ad una differenza tra processi valutativi: il primo riferibile ai beni e il secondo ai servizi.

Appare evidente che la percezione di qualità (o qualità percepita) è un costrutto percettivo esistente sia per i beni che per i servizi così come è intuibile che l’output dei processi valutativi è influenzato dalla percezione di qualità degli acquirenti, tanto per i beni quanto per i servizi.

Una prima rilevante osservazione sembra, invece, essere quella che riconosce la piena autonomia dei due costrutti , ma non la loro ortogonalità, né la loro sovrapponibilità.

Una delle più interessanti rappresentazioni di tale relazione è quella proposta da Bolton e Drew , secondo i quali la qualità percepita in un dato momento “t” è funzione:della disconferma (aspettative meno performance) nel momento “t”, della performance “t”, delle aspettative maturate al momento “t-1”, e della qualità percepita nel momento “t-1”19.

Accettando tale modellazione, la customer satisfaction rappresenta un output del processo valutativo conseguente a una specifica transazione che influenza (a valle) ed è influenzata (a monte) dalla qualità percepita.

Analizzando più a fondo il processo pre e post acquisto, peraltro, è possibile ipotizzare che la qualità percepita coincida inizialmente con le aspettative predittive dei diversi prodotti offerti sul mercato; e che successivamente, l’esperienza di consumo ( performance percepita o qualità percepita nella specifica transazione) e la customer satisfaction (entità della disconferma) incidano sul suo livello relativo, determinandone una configurazione autonoma e “intermedia”, compresa tra le aspettative predittive e le aspettative “ideali”.

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Sia la qualità percepita sia le aspettative predittive, poi, non possono che essere influenzate dall’evoluzione delle aspettative “ideali”; a loro volta determinate a uno spettro molto ampio di stimoli ambientali e di marketing.

In sintesi, la customer satisfaction è un costrutto “transaction-based” che ha origine in forma sottrattiva solo conseguentemente a un’esperienza d’uso. La percezione di qualità , invece, può avere origine anche in fase di valutazione pre-acquisto, e nelle numerose ricerche sul tema, non è mai emersa una ipotesi di configurazione sottrattiva del costrutto. I due costrutti pertanto sono distinti, sebbene connessi causalmente e in continua evoluzione.

E’ inoltre importante ricordare che la qualità percepita non riguarda solo il risultato finale del servizio ma anche il modo in cui esso può essere fornito20 anche perché ciò influisce sul “contenuto” stesso del servizio erogato e dunque fruito dal cliente.

La “qualità sperimentata” considera infatti sia la parte tecnica che funzionale di quanto ricevuto, il tutto filtrato attraverso l’immagine che il cliente si crea di quella determinata offerta a cui è interessato21.

In totale potremmo parlare, dunque, di buona percezione di qualità quando la qualità che sperimentiamo risponde alle aspettative iniziali generando soddisfazione e creando perciò una serie di momenti molto importanti, che possono essere assimilati ad una cascata di interazioni di servizio.

Ognuno di questi momenti ha un significato particolare, che deve essere curato con attenzione dall’impresa per evitare di inserire elementi negativi nella costruzione dell’idea che il cliente si fa del prodotto.

Nella figura successiva sono evidenziati i momenti di cui detto finora in relazione alla qualità totale percepita.

20 Angelini A., Customer relationship managment e customer satisfaction, Franco Angeli, 2005 21 Ibidem nota precedente.

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Figura 1.3 La Qualità Totale Percepita

Fonte: Angelini 2005, adattamento da Cfr. Gronroos C. (1990)

1.4 La percezione di valore da parte del cliente.

Negli ultimi anni numerose ricerche empiriche hanno dimostrato la stretta correlazione esistente tra orientamento al cliente, quota di mercato e performance economico finanziarie di impresa22e a tal proposito è anche stato chiarito che il

22 Buzzel, Gale, The PIMS principles: linking strategy to performance, 1987 & Slater e Narver, Market

orientation and the learning organization, Journal of marketing n. 59, 1995

Qualità attesa

Comunicazione Immagine di marca Passaparola Bisogni del cliente

Esperienze passate Qualità

funzionale come come Immagine Qualità sperimentata Qualità tecnica: che cosa Qualità percepita complessiva

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valore generato nei processi relazionali è strettamente correlato alla customer satisfaction e all’effettivo orientamento alla clientela da parte dell’impresa.

La percezione di valore da parte del cliente , infatti, è al tempo stesso causa e conseguenza dell’orientamento intrapreso verso la customer satisfaction: il valore percepito prima dell’acquisto contribuisce in modo sostanziale alla determinazione del valore atteso, mentre il valore percepito a conclusione del processo di acquisto e uso, determina o meno la customer satisfaction.

Quanto detto può essere rappresentato , come nella figura successiva, attraverso una concatenazione di momenti che parte dalla percezione del bisogno e giunge fino alle valutazioni post acquisto che si trasformeranno in basi per i successivi cicli.

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Figura 1.4 Collegamento tra valore percepito, valore atteso e customer satisfaction Fonte: Busacca 1994

Percezione del

bisogno Ricerca delle informazioni Valutazione delle acquisto Scelta e Utilizzo alternative

Valutazioni post utilizzo

Valore

percepito Valore atteso

Valore percepito

Informazioni ed esperienze

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Questo processo induce il cliente ad un percorso di verifica circa la consonanza o dissonanza rispetto al valore atteso e alimentato dall’impresa, che determina un effetto retroattivo all’interno del processo d’acquisto.

Ciò significa che il successo del processo relazionale è funzione della capacità dell’impresa di generare soddisfazione in ciascuna fase del processo di acquisto della clientela e in ciascuno stadio della relazione, rispetto al valore atteso.

Inoltre, se la soddisfazione del cliente si ripete nel tempo, sedimenta nella clientela la percezione di affidabilità dell’impresa, alimentando di accumulazione delle risorse di fiducia23.

E’ evidente che una ripetuta conferma di soddisfazione da parte del cliente è alla base della formazione di percezioni di fiducia nei confronti dell’impresa e alimenta il protrarsi della relazione.

Dallo stock di risorse di fiducia derivano immagine, fedeltà, reputazione, lealtà e qualità relazionale; l’immagine e la fedeltà rappresentano risorse fiduciarie derivate che consentono all’impresa di creare significativi differenziali di valore economico e di potenziare ulteriormente le capacità di generare valore differenziale per il cliente.

Di fatto, una ripetuta conferma di soddisfazione da parte del cliente è alla base della formazione delle percezioni di fiducia nei confronti dell’impresa e dalle conferme sul valore atteso e dalla fiducia hanno origine tutte le principali componenti dell’immagine di marca.

La soddisfazione inoltre, rappresenta un potente collante dei rapporti relazionali e interattivi tra cliente e impresa, il cui consolidamento ingenera comportamenti di riacquisto, guidati da un elevato valore atteso e dalla convinzione di affidabilità dell’azienda nel generare valore soddisfacente (fedeltà comportamentale).

A conclusione di tale processo si innerva la fiducia caratterizzata da forte predisposizione alla stabilità della relazione e a comportamenti di natura cooperativa e leale da parte del cliente ( fedeltà mentale o lealtà).

23 Busacca, Le risorse di fiducia dell’impresa. Soddisfazione del cliente, creazione di valore, strategie di

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Tale ultima fase consente all’impresa di interiorizzare il sistema cognitivo del cliente, contribuendo all’accrescimento del patrimonio di conoscenze distintive aziendali.

Ecco , quindi, come in prima analisi possiamo già affermare che il processo di realizzazione e potenziamento di soddisfazione conduce ad un buon sistema di CRM attraverso cui l’azienda interiorizza la conoscenza del cliente e si mette in grado di gestire relazioni di lungo periodo.

Per visualizzare in modo chiaro e riassuntivo quanto affermato possiamo far riferimento alla figura successiva

Figura 1.5 CRM: soddisfazione, fiducia, fedeltà, relazioni e patrimonio cognitivo dell’impresa

Fonte: adattamento da Costabile 2001

Soddisfazione

del cliente Fiducia

Fedeltà immagine Lealtà reputazione Valore dell’impresa

CRM

(26)

1.5 La percezione del valore del cliente

Come ogni medaglia, anche quella della percezione del valore ha due facce: il cliente percepirà un certo valore per il nostro prodotto ma anche noi assegneremo un valore ( o un peso diverso) ad ogni cliente.

Proseguendo quindi nell’analisi dei presupposti necessari per creare un marketing di relazione, addiveniamo al momento in cui è necessario capire quanto valgano per noi i diversi clienti cercando di trovare la risposta a seguito della misurazione del valore percepito dal cliente.

Di fatto il valore generato dalla clientela si manifesta solitamente attraverso la volontà di quest’ultima di sopportare un costo (sacrificio) per acquistare i prodotti o i servizi che offriamo24, ed è in tal senso che il cliente diviene fonte

generativa di ricavo, di reddito e di flussi di cassa positivi. Il valore del cliente va quindi misurato quale differenza tra i ricavi da lui generati e i costi sostenuti dall’impresa per la gestione della relazione ad esso indirizzata25.

Le analisi economiche condotte nella prospettiva del singolo cliente e basate sulla considerazione congiunta di valore per il cliente e misurazione dei costi, possono offrire informazioni fondamentali per la valutazione della customer equity.

Occorre tuttavia precisare che la determinazione di questa non può limitarsi ai soli flussi di cassa in ottiche di breve periodo, ma richiede una prospettiva più ampia , di lungo termine, e deve spingersi in valutazioni riguardanti le modalità di contribuzione della clientela generare e accrescere il patrimonio e lo stock di risorse fiduciarie: fedeltà, lealtà, reputazione, immagine, conoscenza.

Infatti la fedeltà di natura comportamentale, nonché il mantenimento della relazione e l’opportunità di fare sharing di conoscenza tra impresa e cliente, sono

24 Simpson, Relationship Managment: a call for fewer influence attempts, Journal of business research n.

39, 1997

(27)

solo alcuni degli elementi che certamente accrescono la customer equità, e che riguardano un importante contributo al patrimonio di impresa.

I clienti e la relazione con essi rappresentano un asset fondamentale per l’impresa e il relativo valore non può essere misurato basandosi sulla singola transazione o sulle transazioni di un periodo limitato, ma deve essere misurato sull’intero arco del ciclo di vita della relazione stessa: pur essendo i comportamenti futuri dei clienti di difficile stima, obiettivo dell’impresa che vuole un managment di relazione, è di agire sulla fedeltà della clientela, generando e accumulando le risorse immateriali e perpetuando la relazione nel tempo.

Anche qui possiamo anticipare un risultato importante del nostro percorso, infatti quale elemento basilare per la misurazione del valore del cliente, possiamo citare il database (di cui ci occuperemo approfonditamente in seguito). Questo prezioso strumento, contempera esigenze descrittive su chi è il cliente e cosa acquista, ma anche relazionali e di contatto continuo con i più fedeli.

1.6 L’equity di impresa e la customer based view

Poste le premesse finora illustrate possiamo fonderle insieme per avere una visione a tutto tondo del problema che affrontiamo.

In un recente lavoro di Valdani e Busacca, è stata proposta una prospettiva teorica, la Customer Based View,le cui proposizioni centrali correlano il valore che l’impresa genera per i propri clienti, il valore di questi ultimi per l’impresa stessa e il valore del capitale economico26.

Tale prospettiva si inserisce nel filone di studio volto ad approfondire il legame tra orientamento al mercato, soddisfazione del cliente e business performance, e si fonda sia sulla resource based view27 che sulla teoria di creazione e diffusone

26 Valdani e Busacca, Customer Based View, Finanza Marketing e Produzione n. 2, 1999 27 Vicari, Verso il resource based view, Milano, Egea, 1995

(28)

di valore proponendo la focalizzazione di questi costrutti sul ruolo centrale del cliente nel processo di creazione di valore.

La teoria in questione considera dunque, la generazione di valore per il cliente, come origine e finalità degli obiettivi di impresa, e perciò di tutti i processi generativi di valore.

Quest’ultimo risulta strettamente correlato dunque alla capacità dell’azienda di generare valore per il cliente e, al contempo, a quest’ultimo è assegnato il ruolo di generatore di valore per l’impresa. Come in un circolo continuo di ripetizioni dunque, i compiti dell’impresa e del cliente, si dividono e si fondono per creare un tutt’uno che effettivamente nella pratica non mostra alcuna interruzione. Di fatto la customer based view afferma e sostiene che le determinanti del processo di creazione del valore in realtà sono influenzate in misura determinante dagli esiti dei processi e delle relazioni di scambio con la clientela e dunque dalla loro soddisfazione28.

Tale prospettiva stimola l’impresa a rendere il più esplicito possibile la connessione tra le azioni più efficaci tese a creare valore per la clientela e perciò a soddisfarla, e la creazione di valore per l’impresa stessa.

Nella prossima figura cercheremo di evidenziare la sequenza che permette alle imprese di generare valore a partire proprio dalla capacità di offrire valore ai clienti soddisfacendoli appieno.

28 Ibidem nota 24

(29)

Figura 1.6 La customer based view dell’impresa Fonte: Valdani e Busacca 1999

Ampiezza e qualità del network di relazioni

Soddisfazione dei clienti

Valore per i clienti Valore dei clienti (customer equity)

Risorse, competenze e capacità Valore dell’impresa

(30)

Dalla stessa figura è messo in evidenza il forte legame che connette il valore della clientela e della relazione con essa alle performance competitive ed economiche dell’impresa; di fatto esiste una circolarità virtuosa che correla la soddisfazione dei clienti con il valore dell’azienda, proprio perché quest’ultimo non va inteso quale capitale economico ma come valore per gli azionisti , in funzione del valore generato dal portafoglio delle relazioni che l’impresa intrattiene con la sua clientela.

Seguendo questo percorso di circolarità e partendo dal valore dei clienti per proseguire verso la parte sinistra della figura, possiamo affermare che il valore della clientela è funzione della qualità relazionale sviluppata dall’impresa stessa e che quest’ultima, a sua volta, è il risultato dello stock di risorse fiduciarie che la soddisfazione cumulata nel tempo è in grado di costruire.

La soddisfazione è infatti in grado di generare fiducia, fedeltà e lealtà29, rappresentando un apprezzamento manifesto della proposizione di valore offerto dall’impresa. Tale offerta è a sua volta il risultato delle risorse e delle capacità disponibili all’impresa e che vengono mobilitate e coordinate tramite processi indirizzati al cliente per l’implementazione di un buon sistema di CRM.

Le risorse, le capacità e i processi possono essere acquisiti, sviluppati, riconfigurati e rigenerati solo se l’impresa, tramite le relazioni con la domanda e con il cliente, genera un valore che giustifica, nell’azionista, la volontà dell’investimento e incentiva il suo intento strategico nel perseguire la ricerca di un managment di relazione per la creazione di valore.

Di fatto, la customer based view interpreta le relazioni dell’impresa con ogni suo cliente non quale fine ma quale presupposto fondamentale per la generazione di valore.

In tale ottica, lo scopo prioritario dell’impresa- attraverso il coordinamento e l’attivazione di risorse, capacità e strumenti o sistemi di conoscenza e comprensione del cliente e della relazione a esso rivolta, quale il customer database è delegato- è di generare e trasferire valore alla propria clientela, soddisfacendone priorità e aspirazioni; l’impresa deve dunque essere in grado di

(31)

attivare il circolo virtuoso prima illustrato, allineando il processo di generazione del valore per la sua clientela30 e attivandosi continuamente per:

• Gestire le relazioni con la clientela

• Ottenere elevati ritorni sugli investimenti , per esempio focalizzando l’attenzione sulle relazioni a più elevato potenziale di valore

• Ricercare opportunità e modalità più efficaci per creare valore per il cliente

• Acquisire conoscenza profonda e specifica della clientela, comprendendone esigenze, preferenze, atteggiamenti e comportamenti • Identificare le tecnologie e le modalità più congrue a trasferire valore al

cliente e soddisfare per tali vie le sue esigenze.

In particolare, lo spirito sotteso alla teoria di creazione di valore, sia in ambito di relazione con la clientela, sia più propriamente in ambito di crescita del capitale economico, deve ricollegarsi alla ricerca sistematica, continua se non perfino ossessiva di tutte le opportunità che il mercato ci offre in termini di clientela attuale e potenziale31.

In definitiva occorre tenere sempre presente come le opportunità di crescita siano a loro volta determinate dalle strategie e dalle politiche relazionali che l’impresa può realizzare in base alla sua disponibilità di risorse intangibili ( capacità, competenze, immagine, reputazione, fiducia, fedeltà e lealtà) o è in grado di disporre acquisendole da soggetti esterni con rapporti di partnership, co-marketing, co-relationship ecc.

Alla base di tutto è comunque sempre necessario un corollario indispensabile: la customer satisfaction va considerata si come metro di valutazione per l’efficienza dei nostri prodotti ma soprattutto come punto di partenza per tutte le azioni future che l’impresa progetterà per creare valore.

30 Valdani, L’impresa proattiva , Milano, McGraw- Hill, 2000 31 Costabile 2001, Guatri 1991

(32)

In ultima analisi dunque sarà utile evidenziare il fatto che la puntuale verifica della capacità d’impresa di accrescere la dimensione del capitale economico, nonché la valutazione della customer equity sono competenze essenziali per attuare analisi e percorsi di segmentazione del portafoglio clienti basati sull’offerta di valore rivolta alla clientela .

Tali finalità sono comunque di difficile attuazione in mancanza di un buon sistema di CRM e di un database, che oltre a determinare il valore della relazione, ricostruisca in modo condiviso in impresa i profili di comportamento dei clienti e sfrutti appieno sia il potenziale di apprendimento intrinseco nel mercato che le opportunità di creazione del valore.

1.7 La misurazione della customer satisfaction

Per calare nella pratica tutti i discorsi teorici fatti finora sul grado di customer satisfaction, cercheremo di analizzare i metodi per la stima della soddisfazione, il cui esame continuativo diviene indispensabile in un ambiente ipercompetitivo come quello odierno.

Solo avendo la piena consapevolezza di ciò che viene particolarmente apprezzato dalla clientela e ciò che al contrario non è dalla stessa giudicato all’altezza delle aspettative è infatti possibile pianificare un complesso di azioni volte ad incidere sui contenuti dell’offerta, o sui modi di erogazione della stessa, al fine di innalzare il grado di soddisfazione della clientela e, attraverso questo, raggiungere un maggior livello di customer loyalty32.

Gli strumenti a nostra disposizione per perseguire questa via ci permettono di acquisire informazioni su una serie di aspetti di rilievo che vanno dalla conoscenza dei bisogni e delle aspettative del cliente, alle impressioni che questi hanno avuto del bene o del servizio. Possiamo inoltre saperne di più sugli eventuali scostamenti negativi che hanno generato gap di insoddisfazione, o sulle indicazioni del comportamento aziendale nel settore di riferimento.

(33)

Per esprimere poi un giudizio concreto sul grado di customer satisfaction, occorre ricorrere ad una serie di dati provenienti da fonti diverse che in definitiva si possono ricondurre a due macrocategorie33.

Nelle prima categoria rientrano le indagini desk (metodi indiretti), effettuate

utilizzando dati interni all’azienda e contenenti informazioni secondarie, cioè imput acquisiti per scopi interni diversi da quelli della soddisfazione.

Utilizzare questi dati ci permette, per la disponibilità immediata, di risparmiare tempo e denaro, ma bisogna sempre tener presente che non sono tanto accurati da poter formulare piani operativi efficaci.

Nella seconda categoria rientrano invece le indagini field (metodi diretti), che

richiedono invece, apposite indagini di mercato che coinvolgano la clientela. I dati utilizzati sono considerati primari, perché le informazioni sono raccolte direttamente sul mercato e riguardano la soddisfazione in sé.34

Mentre per le piccole e medie imprese i dati raccolti sono spesso utilizzati in modo disorganico nelle grandi aziende il tutto converge, in un modello di misurazione della soddisfazione.

Anche qui ricorriamo alle due grandi macrocategorie di metodi indiretti e metodi diretti, in parola precedentemente, che racchiudono gli specifici metodi

di misurazione.

I primi si basano sull’impiego di indicatori che consentono di correlare i risultati operativi con il livello di customer satisfaction. Tra i vari indicatori utilizzati possiamo ricordare, ad esempio, il fatturato di vendita che fornisce informazioni di base, da arricchire con dati sulla concorrenza e sui clienti.

Possiamo ricorrere inoltre alla gestione dei reclami, il cui esame si rende funzionale alla soluzione dei problemi, e perciò indirettamente, al grado di customer satisfaction.

È infine il caso di ricordare, il customer retention, un indice che esprime il numero di clienti rimasti fedeli a fine anno rispetto al numero totale di clienti. Tale indicatore risulta importante, perché rappresenta la capacità dell’impresa di

33 Angelini A., Customer relationship managment e customer satisfaction, FrancoAngeli,2005 34 Per approfondimenti sull’argomento ibidem nota precedente

(34)

trattenere la clientela, ma è necessario tener presente che esso non ci permette di distinguere gli abbandoni legati ad insoddisfazione, da quelli generati per altre cause.

I metodi diretti, come detto, si rivolgono invece direttamente alla clientela alla quale richiedono un giudizio relativo al livello di soddisfazione su un acquisto o un consumo.

Dall’analisi dei dati che verranno raccolti si potrà procedere alla ricerca di soluzioni adeguate ai problemi che risultano più pesanti per eliminarli e aumentare il livello generale di soddisfazione.

1.7.1 I metodi di misurazione diretti.

Anche se in questa sede non sarà possibile fornire una disamina approfondita di tutte le caratteristiche, i pregi e i difetti inerenti i vari metodi di misurazione della soddisfazione, ci pare opportuno proporne una panoramica generale che possa delineare meglio i contorni dell’argomento trattato in questo capitolo: La customer satisfaction.

Tra i più noti e utilizzati a livello aziendale ricordiamo: 1 - Critical Incident Technique

2 - Problem Detection System 3 - Pims

4 - Customer Satisfaction Survey 5 - Metodo Servqual

6 - Modello Kano35

35 Anche la suddetta classificazione è ripresa da Angelici, Customer relationship e customer satisfaction,

(35)

Critical Incident Technique:

si tratta di un metodo che considera appunto i critical incident, cioè episodi legati all’erogazione del servizio, che hanno determinato soddisfazione o insoddisfazione nel cliente, restando ben impressi nella sua mente. Ad esso viene chiesto di dare una descrizione di quanto accaduto, in modo che il ricercatore possa dargli un’interpretazione per cercare di eliminare gli elementi e le attività che risultano insoddisfacenti.

Si tratta certamente di un metodo semplice, ma forse proprio questa caratteristica che non gli permette di fornire dati pienamente completi e dunque utili.

Problem Detection System:

con questo secondo metodo si individuano i problemi avuti con l’utilizzo del prodotto, si definisce il grado di importanza che i clienti gli associano e infine si arriva a stimare quanto la soluzione di tali problemi, possa influenzare il riacquisto.

Lo scopo è quello di avere alla fine ben chiari tre dimensioni del problema: la frequenza, cioè quante volte il cliente ha percepito il problema; il grado di fastidio, e il grado di soluzione percepito. Con tali informazioni potremo concentrare l’attenzione sui problemi più ingenti e che si manifestano più frequentemente. Il grado di soluzione percepito riguarda in particolare, l’analisi di quanto il cliente ritiene che il problema possa essere risolto dalle offerte dei competitors, questo ci consentirà di intervenire per differenziare l’offerta e aumentare la customer satisfaction.

Pims:

il Profit Impact of Market Strategy (Pims) è un metodo che si basa su un programma di ricerca delle strategie competitive. Attraverso di esso, si mette in evidenza, la relazione tra redditività delle imprese e qualità dei servizi che offrono. Se si riuscisse ad offrire un prodotto di qualità superiore rispetto ai competitors, si avrebbe un premium price nel breve periodo oltre che una serie di effetti positivi rilevabili nel lungo termine.

(36)

Il metodo focalizza l’attenzione sulla qualità percepita quale presupposto per necessario per generare soddisfazione, e la valuta seguendo una procedura ben definita composta di quattro fasi:

- Definizione degli attributi che servono a definire il prezzo e influiscono sulle decisioni d’acquisto.

- Assegnazione di un punteggio agli attributi individuati in base alla loro importanza.

- Valutazione delle qualità delle prestazioni dell’impresa per ogni attributo considerato.

- Sommatoria dei vari punteggi ottenuti nelle fasi precedenti, al fine di valutare il valore della customer satisfaction.

Customer satisfaction survey

Con questo metodo si tenta di rilevare in maniera sistematica e periodica il livello di soddisfazione dei clienti, al fine di elaborare indicatori numerici della qualità del servizio offerto .

L’impresa può condurre l’indagine nei confronti dei propri clienti, di coloro che non lo sono o interpellando agenti e concessionari.

Una volta condotta l’indagine è possibile procedere al calcolo di alcuni indicatori in base ai quali determinare il livello di customer satisfaction, e tra cui possiamo citare l’indice di soddisfazione, quello dei non soddisfatti e l’indice trend ( che esprime il grado di variazione della qualità percepita da tutti i clienti o da specifici segmenti).

Modello Servqual:

La qualità del servizio in questo caso è valutata effettuando il confronto tra le aspettative e le prestazioni effettivamente ottenute ed erogate dall’impresa.

Il fine ultimo è quello di evidenziare lo scostamento tra servizio atteso e servizio percepito, all’origine del quale possono aversi quattro gap.

(37)

Il primo interessa la discrepanza tra aspettative del consumatore e percezione del managment aziendale, mentre il secondo guarda allo scostamento fra quest’ultima e le caratteristiche qualitative del servizio.

Si passa poi al gap tra caratteristiche qualitative del servizio e prestazioni effettive, nonché tra servizio offerto e comunicazioni esterne e dunque tra servizio atteso e servizio percepito.

Per il numero e il tipo di variabili che il modello prende in considerazione rappresenta una strumento molto utile per il monitoraggio della customer satisfaction nell’ambito dei servizi, anche se, come gli altri, fornisce risposte non perfette che richiedono l’analisi congiunta con altre metodi di analisi.

Modello Kano:

Il modello che prende il nome dal suo ideatore, cerca di stimare il grado di customer satisfaction basandosi sull’individuazione di alcuni requisiti del prodotto, la cui presenza può incidere sulla soddisfazione del cliente.

I requisiti più suddetti possono essere classificati in tre categorie:

- requisiti di base, che raggruppano le caratteristiche essenziali del prodotto. - requisiti prestazionali, a cui appartengono le caratteristiche specificamente richieste dal cliente

-requisiti di attrattività, che pur risultando estremamente graditi, non sono espressamente richiesti. Se presenti aumentano in modo significativo il livello di soddisfazione del cliente stesso.

(38)

Figura 1.7 Il Modello Kano

Fonte: Matzler K., et al.(1996), da Angelini,2005

Attraverso l’applicazione di ognuno di questi metodi, è possibile acquisire le informazioni necessarie per comprendere l’influenza esercitata sul livello di customer satisfaction da ogni aspetto del prodotto o servizio.

La conoscenza che ne deriva è dunque indispensabile per ogni azienda che voglia competere in un mercato tanto competitivo e saturo.

Requisiti assoluti Requisiti mancanti Requisiti di base: - impliciti - evidenti - non espressi - ovvi Requisiti di attrattività: - non espressi - realizzati su misura per il cliente - generano delizia Cliente insoddisfatto Requisiti prestazionali : - articolati - specifici - misurabili - tecnici Cliente soddisfatto

(39)

1.8 Soddisfazione, valore, prezzo

La ricerca della soddisfazione del cliente è, come detto, la base prima di ogni strategia competitiva e le modalità con cui essa deve essere perseguita sono differenti in funzione delle fasi del ciclo di vita del prodotto.

In ogni momento esiste comunque un legame diretto se non univoco fra soddisfazione e fedeltà ( oggetto della nostra attenzione nel proseguo del lavoro). Per capire meglio i meccanismi della fedeltà, sarà necessario, pertanto, procedere ad una disamina dei meccanismi che portano alla soddisfazione del consumatore. Un cliente può dirsi soddisfatto quando è convinto di aver ricevuto, dalla propria scelta d’acquisto, un rapporto Valore/Prezzo superiore a quello ottenibile da tutte le altre possibili alternative.36

Il concetto di soddisfazione in questo senso sarebbe dunque intimamente connesso con quello di valore, a sua volta definibile come la differenza fra i benefici che il cliente ritiene di ricevere dall’acquisto e i problemi che egli stesso deve affrontare per acquistare e utilizzare il bene o il servizio in oggetto.

Il prezzo infine è l’insieme degli esborsi monetari che il cliente deve affrontare per acquistare e utilizzare nel tempo il prodotto. Da quanto detto le relazioni che si vengono a creare possono essere sintetizzate come segue:

VALORE37 = BENEFICI - PROBLEMI (struttura del valore)

SODDISFAZIONE = VALORE / PREZZO

36 A Busacca, Costruire la fedeltà, Il Sole 24Ore (2005) 37 A. Busacca,Costruire la fedeltà, Il Sole 24Ore, (2005)

(40)

Queste due formulazioni sono alla base di tutto il futuro ragionamento dell’impresa.

Il Valore di ciò che diamo ai nostri clienti è, ad esempio, drasticamente ridotto dai problemi che imponiamo loro nel processo d’acquisto, spesso disegnato come un percorso ad ostacoli.

Al contrario esempi di grandi successi imprenditoriali si basano sull’introduzione di nuovi benefici e sull’eliminazione dei problemi nel processo d’acquisto e d’uso in modo da poter aumentare la struttura del valore vista sopra.

I benefici rappresentano l’insieme delle componenti positive del valore.

Si tratta dell’insieme dei vantaggi, tangibili ed intangibili, espliciti ed impliciti che ci si aspetta da un bene o da un servizio.

Questa componente è per sua natura, formata da elementi soggettivi ( ciò che vale molto per un cliente è indifferente per un altro) e percettivi ( non conta ciò che offriamo ma cosa percepisce di ricevere il cliente)38.

Fra i benefici se ne possono distinguere alcuni di base, detti anche funzione39 che il cliente da per scontati e altri aggiuntivi che differenziano l’offerta di un fornitore da quella di un altro.

Comprendere con precisione quali benefici ogni segmento di clientela si aspetta e apprezza dal prodotto in esame, è alla base di una strategia competitiva di successo. In realtà è proprio la segmentazione del mercato effettua in base ai benefici ricercati, la chiave per disporre di gruppi di clienti a cui si sa con precisione cosa offrire per sbaragliare la concorrenza.

L’acquisto di un prodotto o servizio non comporta di certo solo benefici ma certamente anche un insieme di problemi e/o disagi da affrontare e superare e a cui spesso in azienda non si fa molta attenzione.

Si tende, forse, spesso a concentrarsi sulle componenti positive del valore, con l’obiettivo di accrescerle, comunicarle, farle percepire magari senza accorgersi di tutto ciò che, frattanto, si chiede al cliente in termini di fastidi, problemi, tempi di attesa e tutte le altre componenti negative del valore.

38 Busacca, Bruno, Le risorse di fiducia dell’impresa, 39 Busacca, Costruire la fedeltà,Il Sole 24Ore, 2005

(41)

Tutti questi fattori finiscono spesso per superare il percettivamente il prezzo monetario richiesto.

Ciò deriva probabilmente dalla naturale familiarità con i prodotti e con i servizi erogati. Questa familiarità costruisce una sorta di lente deformante che porta chi lavora in azienda a pensare che in definitiva l’unico problema sia convincere il cliente a comprare i propri prodotti.

La realtà molto spesso è diversa: il cliente sarebbe anche convinto,ma rinuncia a comprare per la mole enorme di vessazioni cui viene sottoposto per poter mettere in atto il suo proposito.

Il consumatore in teoria sarebbe dunque disposto ad essere fedele ma spesso paradossalmente è l’azienda stessa a fornirgli l’occasione per farlo tradire.

Compito del managment è dunque quello di cercare di eliminare i problemi che il consumatore può percepire sia prima che dopo il contatto: la soddisfazione deve essere a tutto tondo, sia in fase d’acquisto che in fase d’uso.

In fase d’acquisto la percezione di benefici, problemi e costi è sostanzialmente differente dalla percezione che se ne ha in fase d’uso.

Nel primo step (fase d’acquisto) prevale la considerazione dei benefici funzionali mentre nel secondo emergono sempre più i problemi connessi con l’uso del prodotto o la fruizione del servizio.

In questo secondo momento acquistano cioè peso quei problemi che sono strettamente legati all’ingegnerizzazione del prodotto nonché con l’assistenza e con il customer service.

Proprio su quest’ultimo punto dovremmo dunque concentrare tutte le energie aziendali per non “abbandonare” il nostro cliente dandogli un pretesto per rivolgersi altrove.

La ricerca continua della soddisfazione deve dunque essere una strategia da seguire con sempre maggiore attenzione e interesse.

L’uso del sostantivo strategia in questo contesto suscita spesso reazioni contrastanti tra chi la vede legata a documenti fumosi stilati da consulenti pagati

(42)

a peso d’oro e chi invece considera la formulazione di una buona strategia come un bene di lusso di cui in azienda non può farsi a meno40.

In realtà la strategia, sicuramente fondamentale in azienda, può essere considerate, fondendo le due concezioni, come l’insieme delle azioni che un’organizzazione adotta per soddisfare i propri clienti meglio dei concorrenti. Se questo insieme è coerente, continuo nel tempo e soprattutto se tutto ciò è compreso e condiviso dal managment, allora si parla di una strategia esplicita, chiara, condivisa ed efficace. Diversamente saremo in presenza di strategie opache, implicite ed opache, di regola inefficaci.

Per ritornare sul nostro seminato, osservando la struttura della soddisfazione vista precedentemente, riusciremo ad estrapolare, per quel che ci riguarda, due strategie fondamentali:

- realizzare a basso costo u prodotto simile ai concorrenti

- offrire ad un prezzo ragionevole qualcosa che lasci il nostro cliente veramente soddisfatto.

Parlare di strategia ci servirebbe allora per riferirci al modo in cui l’azienda ha deciso di prestare e attenzione e soddisfare i bisogni della propria clientela.

1.9 Il servizio del cliente come “strategia dell’attenzione” e

assunzione di responsabilità

Ragionando con attenzione sull’etimologia del verbo servire possiamo di certo farne risalire l’origine al latino “servo” e legarlo perciò alla dialettica servo/padrone.

Una concezione del genere, di certo esatta, resta comunque piuttosto ristretta e pesante soprattutto se guardiamo ad un’altra possibile radice: SWER.

Figura

Figura 1.2 Caratteristiche dell’attività di soddisfazione.
Figura 1.3  La Qualità Totale Percepita
Figura 1.4 Collegamento tra valore percepito, valore atteso e customer satisfaction  Fonte: Busacca 1994
Figura  1.5    CRM:  soddisfazione,  fiducia,  fedeltà,  relazioni  e  patrimonio  cognitivo  dell’impresa
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