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6 Aspetti teorici delle simulazioni Large Eddy (LES)

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Academic year: 2021

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6

Aspetti teorici delle simulazioni Large

Eddy (LES)

Le potenze di calcolo attuali confinano la risoluzione numerica diretta delle equazioni di Navier e Stokes (Direct Numerica Simulation, DNS) a problemi aerodinamici molto semplici, e quindi la possibilità di utilizzare le DNS per applicazioni di interesse industriale resta ancora relativamente remota.

L’utilizzo di un approccio RANS, sebbene preferito, soprattutto in ambito industriale, per il consistente risparmio di risorse di calcolo, può però indurre in semplificazioni a volte troppo gravose sul moto delle correnti fluide simulate, e quindi determinarne una loro non corretta rappresentazione.

Negli anni si è cercato quindi di trovare un giusto compromesso, in termini di dettagli di risultati forniti e impegno di potenze di calcolo, tra le simulazioni RANS e le DNS, e sono stati così definiti i modelli LES (Large Eddy Simulations) per la risoluzione numerica delle equazioni di Navier e Stokes.

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6.1 Le idee alla base delle simulazioni Large Eddy

All’interno di qualsiasi struttura turbolenta sono presenti strutture vorticose con scale spaziali e temporali molto diverse tra di loro.

Tali strutture possono essere approssimativamente raggruppate in tre bande dimensionali [4]:

• la banda energetica (energy-containing range), contenente le strutture vorticose di grande scala;

• la banda inerziale (inerzial range o subrange), che comprende i vortici di dimensione media;

• la banda dissipativa (dissipation range), relativa alle strutture vorticose di piccola scala.

In figura 6.1 è riportato lo spettro di energia di una generica corrente turbolenta sul quale è possibile individuare, in maniera del tutto qualitativa, le funzioni energetiche che determinano il raggruppamento delle strutture vorticose nelle tre bande dimensionali di cui sopra.

Figura 6.1 Le bande dimensionali delle strutture vorticose

energy-containing range inerzial range dissipation range = Kolmogorov lenght scale

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È possibile inoltre affermare che le strutture vorticose di grande scala (i grandi vortici o large eddy) [4]:

• hanno natura convettiva e numeri di Reynolds caratteristici relativamente elevati;

• hanno una scala temporale paragonabile a quella del moto medio; • hanno origine e tipologia dipendente dal tipo e dalla geometria del

dominio di moto;

• estraggono energia cinetica dal moto medio per produrre energia cinetica turbolenta;

• hanno forma e dimensione poco dipendenti dal numero di Reynolds della corrente media;

• sono anisotrope.

Le strutture vorticose di dimensioni intermedie :

• sono generate dall’instabilità non lineare delle grandi strutture;

• sono instabili tanto quanto i grandi vortici in quanto anch’esse caratterizzate da numeri di Reynolds relativamente elevati;

• hanno la funzione di trasferire ai vortici piccoli l’energia cinetica turbolenta prodotta, e ricevuta, da quelli grandi;

Infine i vortici più piccoli:

• sono stabili, in quanto caratterizzati da numeri di Reynolds bassi (dell’ordine dell’unità);

• hanno natura dissipativa e convertono in calore, attraverso la viscosità, l’energia cinetica turbolenta loro trasmessa dai vortici intermedi;

• hanno tempi caratteristici molto brevi e di conseguenza una dinamica praticamente indipendente da quella dei grandi vortici e del moto medio;

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• hanno dimensioni che dipendono fortemente dal numero di Reynolds della corrente;

• hanno una struttura più universale ed isotropa.

Da queste considerazioni nascono le idee chiave delle simulazioni Large Eddy.

Infatti, le strutture vorticose più grandi, proprio per la loro instabilità ed anisotropia, nonché per la loro forte dipendenza sia dalla geometria del dominio di calcolo che dalle condizioni al contorno, devono essere necessariamente risolte esplicitamente, come in una DNS.

Al contrario i vortici di piccola scala sono in buona approssimazione isotropi e hanno proprietà universali, dunque più facili da modellare in maniera robusta.

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6.2 Metodologie LES per l’integrazione delle

equazioni di Navier e Stokes

Il processo di derivazione delle equazioni utilizzate all’interno dei modelli LES, a partire dal set di equazioni di Navier e Stokes, è simile a quello utilizzato per ottenere le equazioni mediate di Reynolds (RANS), salvo che, in questo caso, sono completamente diversi il concetto e la definizione dell’operatore di media.

Per le equazioni mediate di Reynolds si è eseguita un’operazione di media, o di filtraggio temporale delle variabili istantanee, al fine di separare la parte discretizzata e risolta direttamente con le equazioni del moto medio, da quella fluttuante, che viene modellata.

Al contrario, le equazioni alla base dei modelli LES sono ottenute dopo aver preventivamente operato un filtraggio spaziale delle variabili fluidodinamiche di interesse, per separare la parte spaziale discretizzata e risolta direttamente, dalla parte spaziale, che viene invece modellata.

6.2.1 Le equazioni filtrate di Navier e Stokes

Per ricavare le equazioni filtrate di Navier e Stokes, si effettua anzitutto una scomposizione di ognuna delle generiche variabili fluidodinamiche in una componente filtrata risolta direttamente (denotata con il trattino orizzontale), e una componente di sottogriglia, non risolta (denotata con l’apice) :

L’operazione di filtraggio più intuitiva è quella implicitamente operata dal volume racchiuso da ciascuna cella della discretizzazione spaziale, per cui, definita un’opportuna funzione filtro , possiamo scrivere:

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dove, indicando con V il volume della generica cella del dominio di calcolo ,

la 6.2 può quindi essere riscritta così:

Posto che valgano le seguenti proprietà per l’operazione di filtraggio:

e dove ,

è possibile scrivere le equazioni filtrate di Navier e Stokes, in termini di equazioni scalari, per un fluido incomprimibile17 [9]:

       

17 Per le equazioni di Navier e Stokes, scritte in termini di equazioni vettoriali per un fluido

incomprimibile, e su cui non è stata operato alcun filtraggio spaziale, si veda il capitolo 3 paragrafo 3.1.1 (equazioni 3.8 e 3.9) del presente lavoro di tesi.

,   (6.2)

, 1   se (6.3)

, 0  se (6.4)

1

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Ponendo:

l’equazione di bilancio della quantità di moto 6.7 può essere riscritta nel seguente modo:

dove rappresenta la generica componente del tensore degli sforzi di subgrid-scale, derivante dalle operazioni di filtraggio delle equazioni di Navier e Stokes, e che racchiude al suo interno gli effetti delle componenti non risolte delle variabili fluidodinamiche.

La dipendenza di da tali componenti è ben visibile se si utilizza la scomposizione del tensore di subgrid-scale proposta da Leonard, infatti:

dove 0  (6.6) 1 (6.7)   (6.8) 1 (6.9) (6.10)

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ed infine:

Per esprimere perciò le componenti del tensore degli sforzi di subgrid-scale, in funzione delle sole componenti risolte direttamente delle grandezze fluidodinamiche in esame, è necessario introdurre dei modelli di chiusura chiamati comunemente modelli di subgrid-scale.

6.2.2 I modelli di subgrid-scale

All’interno del software Fluent 12 sono implementati quattro diversi modelli di subgrid-scale:

• Smagorinsky-Lilly Model;

• Dynamic Smagorinsky-Lilly Model;

• Wall-Adapting Local Eddy-Viscosity (WALE) Model; • Dynamic Kinetic Energy Subgrid-Scale (DKE) Model.

In ciascuno di questi modelli le componenti del tensore degli sforzi di subgrid-scale sono modellate, utilizzando l’ipotesi di Boussinesq, nel seguente modo:

  (6.11)

  (6.12)

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dove:

All’interno dell’espressione 6.14, è il coefficiente di viscosità turbolenta di scale. Le componenti della parte isotropa del tensore di

subgrid-scale, , non necessitano di alcuna modellazione e vengono perciò

semplicemente aggiunte ai termini filtrati della pressione statica.

In questo lavoro di tesi sono stati utilizzati soltanto due dei quattro modelli di subgrid-scale disponibili in Fluent 12:

• Wall-Adapting Local Eddy-Viscosity (WALE) Model; • Dynamic Kinetic Energy Subgrid-Scale (DKE) Model.

Di seguito si riportano quindi le caratteristiche peculiari relative a questi due modelli18.

6.2.2.1 Il modello Wall-Adapting Local Eddy-Viscosity (WALE)

Il modello di subgrid-scale Wall-Adapting Local Eddy-Viscosity (WALE) è un modello algebrico, o a zero equazioni, sviluppato per riuscire a tener conto in modo più efficace, rispetto ai modelli Smagorinsky-Lilly e Smagorinsky-Lilly dinamico, degli effetti di parete.

       

18 Per le caratteristiche dei modelli di subgrid-scale Smagorinsky‐Lilly e Dynamic Smagorinsky‐

Lilly si veda “Fluent 12.0 Theory Guide” paragrafo 4.11.3 [6]. 1

3 2   (6.14)

1 2

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All’interno del modello WALE infatti, il coefficiente di viscosità turbolenta è modellato attraverso la seguente espressione:

dove:

e

Nella 6.18 è la costante di von Karman, è la distanza dalla parete più vicina e è il volume della generica cella della discretizzazione spaziale.

6.2.2.2 Il modello Dynamic Kinetic Energy Subgrid-Scale (DKE)

Il modello Dynamic Kinetic Energy Subgrid-Scale (DKE), implementato in Fluent 12, è un modello di subgrid-scale di tipo dinamico ad una equazione, basato sul modello proposto da Kim e Menon.

La possibilità infatti di poter adattare dinamicamente le costanti caratteristiche di questo modello ( e , equazioni 6.21 e 6.22), in funzione del campo di velocità risolto, consente di tener conto degli effetti di backscatter, ovvero degli effetti dovuti al passaggio di energia che avviene anche dalle strutture turbolente più piccole a quelle più grandi.

⁄ ⁄ ⁄   (6.16) 1 2 1 3   (6.17) , ⁄   0.325 (6.18)

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Nel modello DKE il coefficiente di viscosità turbolenta di subgrid-scale è valutato attraverso la seguente espressione:

dove è l’energia cinetica di subgrid-scale:

Utilizzando le espressioni 6.19 e 6.20 è possibile riscrivere le componenti del tensore degli sforzi di subgrid-scale nel seguente modo:

dove è ricavata risolvendo l’equazione di trasporto per l’energia cinetica di subgrid-scale: ⁄  (6.19) 1 2 2 2 (6.20) 2 3 2 ⁄   (6.21) ⁄ 1 (6.22)

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6.2.3 Le condizioni al contorno in ingresso

Il software Fluent 12 consente di utilizzare due algoritmi per generare delle fluttuazioni di velocità all’ingresso del flusso nel dominio di calcolo19:

• il Vortex Method;

• lo Spectral Synthesizer.

Tali algoritmi sono impiegati all’interno di simulazioni in cui si vogliono tenere in conto anche gli effetti di un livello di turbolenza in ingresso della vena fluida non è trascurabile.

Nelle simulazioni LES, condotte all’interno di questo lavoro di tesi, si è deciso in un primo momento di non introdurre alcun tipo di fluttuazione della velocità in ingresso, perché lo scopo di queste simulazioni era quello di riprodurre delle precedenti prove sperimentali condotte nella galleria del vento della Ferrari Auto.

Nelle prove condotte in galleria del vento, infatti, il livello di turbolenza della vena fluida in ingresso nella camera di prova è sicuramente molto basso (≤ 0.5 %).

In un secondo momento, solo per valutare l’influenza che tali fluttuazioni di velocità hanno sulla soluzione numerica, sono state effettuate anche alcune simulazioni con l’algoritmo Spectral Synthesizer.

       

19 Per i dettagli degli algoritmi Vortex Method e Spectral Synthesizer di veda “Fluent 12.0

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6.2.4 Caratterizzazione numerica del flusso vicino ai contorni

solidi per le simulazioni LES

Le considerazioni in merito alla caratterizzazione numerica dello strato limite turbolento, esposte all’interno del capitolo 3, paragrafo 3.2.3.1, restano valide anche quando si eseguono delle simulazioni Large Eddy.

Di seguito quindi (paragrafo 6.2.4.1) si riportano le tecniche utilizzate per la soluzione dello strato limite all’interno delle simulazioni LES.

6.2.4.1 Discretizzazione e soluzione dello strato limite turbolento

all’interno di una simulazione LES

Per simulazioni LES esistono due approcci diversi per la discretizzazione e la soluzione dello strato limite.

Si possono infatti adottare mesh particolarmente fitte nei pressi dei contorni solidi, e quindi in grado di risolvere completamente il viscous sublayer (y+ ≤ 1), oppure si può utilizzare una discretizzazione meno fitta delle zone prossime ai contorni solidi, riuscendo ad ottenere così dei vantaggi in termini di costi computazionali, a discapito però di una migliore accuratezza della soluzione.

Nel caso in cui si adottino mesh in grado di risolvere il viscous sublayer, gli sforzi tangenziali a parete vengono calcolati con la seguente espressione:

Nel caso invece in cui la mesh non sia particolarmente fitta, e quindi i centroidi delle celle prossime ai contorni solidi cadono delle log-law region dello strato limite (vedi figura 3.2, capitolo 3 paragrafo 3.2.3.1), il calcolo degli sforzi tangenziali a parete viene eseguito utilizzando l’espressione 6.24:

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All’interno del software Fluent 12 è data inoltre la possibilità di utilizzare un ulteriore approccio alla soluzione del flusso nei pressi dei contorni solidi dei corpi basato sul lavoro di Werner e Wengle20.

       

20 Per ulteriori chiarimenti in merito a modello proposto da Werner e Wengle per risolvere

numericamente lo strato limite si veda “Fluent 12.0 Theory Guide” paragrafo 4.12.6 [6]. 1

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6.3 Lo schema di avanzamento temporale

La discretizzazione temporale adottata all’interno delle simulazioni LES, è del secondo ordine di tipo implicito.

In Fluent 12 si può scegliere tra due diversi schemi di avanzamento temporale:

• lo schema Iterative Time-Advancement (ITA);

• lo schema Non-Iterative Time-Advancement (NITA).

Lo schema di avanzamento temporale ITA risolve, per ciascun passo di avanzamento temporale (time step) il sistema di equazioni in modo iterativo fino a che non vengono raggiunti prefissati criteri di convergenza della soluzione.

Il vantaggio principale dello schema ITA consiste nella riduzione a zero del così detto errore di splitting, ovvero l’errore introdotto nella soluzione dal disaccoppiamento delle equazioni di conservazione della quantità di moto e della massa.

Per contro tale schema necessita di tempi di calcolo molto lunghi proprio perché richiede un certo numero di iterazioni esterne, per ogni passo di avanzamento temporale, per poter garantire la convergenza della soluzione. L’idea alla base, invece, dello schema di avanzamento temporale NITA è che, al fine di poter rendere attendibile la soluzione numerica, non è necessario che l’errore di splitting assuma valori prossimi allo zero, ma è sufficiente che esso abbia valori paragonabili a quelli dell’errore di troncamento introdotto dalla discretizzazione temporale dei termini non stazionari delle equazioni.

Per lo schema NITA è necessaria quindi una sola iterazione esterna per ogni passo di avanzamento temporale.

Nelle figure 6.2 e 6.3 sono riportati le visualizzazioni degli schemi di avanzamento temporale ITA e NITA.

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Dati i considerevoli vantaggi in termini di tempi di calcolo offerti dal NITA, nelle simulazioni LES, oggetto di questo lavoro di tesi, è stato sempre adottato tale schema di avanzamento temporale, utilizzando, per la soluzione delle equazioni di conservazione della quantità di moto e della massa, il metodo fractional step.

Figura

Figura 6.1  Le bande dimensionali delle strutture vorticose
Figura 6.2  Lo schema ITA  Figura 6.3  Lo schema NITA

Riferimenti

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