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Capitolo 1-

La tecnologia LED nell' illuminazione

degli ambienti di lavoro

La tecnologia LED presenta caratteristiche molto articolate e differenti rispetto ai sistemi di illuminazione tradizionali (lampade ad incandescenza, lampade fluorescenti, ecc...).

Per tale motivo è stato scelto di fornire un quadro generale dei principi di funzionamento, delle caratteristiche tecniche e delle possibili applicazioni di tale tecnologia nei luoghi di lavoro.

L'evoluzione storica dei LED può essere sinteticamente ricostruita come segue. 1907 L'inglese Henry Joseph Round scopre che i materiali inorganici

possono illuminarsi quando vi si applica una corrente elettrica.

1921

Il fisico russo Oleg Lossew osserva nuovamente l'"effetto circolare" dell' emissione luminosa e negli anni successivi (dal 1927 al 1942) esamina e descrive questo fenomeno con maggiore dettaglio.

1935 Il fisico francese Georges Destriau scopre l' emissione luminosa nel solfuro di zinco, si attribuisce a lui la scoperta dell'elettroluminescenza. 1951 Lo sviluppo di un transistor segna un progresso scientifico nella fisica

dei semiconduttori (ora è possibile spiegare l'emissione luminosa).

1962

Viene immesso sul mercato il primo diodo a luminescenza rossa (di tipo GaAsP), sviluppato dall'americano Nick Holonyak, il primo LED nella gamma di lunghezza d'onda visibile segna la nascita del LED prodotto industrialmente.

1971

Grazie allo sviluppo di nuovi materiali semiconduttori, i LED vengono prodotti in nuovi colori: verde, arancione e giallo e le prestazioni dei LED continuano a migliorare.

1993

Il giapponese Shuji Nakamura sviluppa il primo LED blu brillante e un LED molto efficiente nello spettro del verde (diodo InGaN) e poco tempo dopo progetta anche un LED bianco.

1995 Viene presentato il primo LED a luce bianca derivata dalla conversione della luminescenza e due anni dopo viene lanciato sul mercato.

2006 Vengono prodotti i primi diodi fotoemittenti da 100 lumen per Watt.

2010

In condizioni da laboratorio vengono sviluppati LED di un determinato colore con una efficienza luminosa pari a 250 lumen per Watt. Il progresso continua.

2014

PREMIO NOBEL assegnato a Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shuji Nakamura per l'invenzione di diodi ad emissione di luce efficienti che hanno consentito sorgenti di luce bianca luminose e a risparmio energetico.

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1.1-Principio di funzionamento

I LED sono un particolare tipo di diodi a giunzione P-N, formati da un sottile strato di materiale semiconduttore. Gli elettroni e le lacune vengono iniettati in una zona di ricombinazione attraverso due regioni del diodo ricoperte con impurità di diverso tipo, e cioè di tipo N per gli elettroni e P per le lacune. Quando sono sottoposti ad una tensione diretta per ridurre la barriera di potenziale della giunzione, gli elettroni della banda di conduzione del semiconduttore si ricombinano con le lacune della banda di valenza rilasciando energia sufficiente sotto forma di fotoni. A causa dello spessore ridotto del chip un ragionevole numero di questi fotoni può abbandonarlo ed essere emesso come luce.

Il colore o frequenza della radiazione emessa è definito dalla distanza in energia tra i livelli energetici di elettroni e lacune e corrisponde tipicamente al valore della banda proibita del semiconduttore in questione. L'esatta scelta dei semiconduttori determina dunque la lunghezza d'onda dell'emissione di picco dei fotoni, l'efficienza nella conversione elettro-ottica e quindi l'intensità luminosa in uscita.

1.1.1- La ionizzazione

Il nucleo dell'atomo esercita un'attrazione maggiore sugli elettroni che sono collocati negli orbitali più vicini. Gli elettroni più lontani hanno legami più deboli, sono chiamati elettroni di valenza e occupano una zona detta banda di valenza; tale elettroni sono implicati nelle reazioni chimiche e costituiscono i legami strutturali tra atomi e molecole.

Se un elettrone di valenza assorbe energia, può uscire dalla banda allontanandosi in tal modo dal nucleo e collocandosi in una nuova zona chiamata banda di conduzione. L'atomo privo dell'elettrone perde la sua neutralità e si ionizza configurandosi complessivamente per un eccesso di carica positiva: diventa uno ione positivo. Il processo inverso, cioè l'acquisizione di un elettrone nella banda di valenza da origine ad uno ione negativo.

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6 Gli elettroni di valenza possono essere condivisi da più atomi costituendo così dei legami covalenti. Per esempio l'atomo di silicio, in configurazione cristallina, che possiede quattro elettroni nella banda di valenza, può legarsi con altri quattro atomi di silicio ospitando nella propria banda di valenza otto elettroni.

Ma gli stessi atomi di silicio, unendosi con atomi aventi differenti quantità di elettroni, danno origine a eccedenze di elettroni, in bande di conduzione, o a eccedenze di lacune, in bande di valenza.

1.1.2- Materiali semiconduttori

Il silicio è il più diffuso materiale con proprietà di semiconduttore. Si

distingue in questo senso dai materiali isolanti e dai materiali conduttori. Questi tre tipi di materiali presentano comportamenti diversi rispetto al transito di elettroni da banda a banda.

In un materiale conduttore molti elettroni sono privi di legame col nucleo. Quando si applica un campo elettrico questi elettroni si spostano da atomo ad atomo dando così luogo a una corrente elettrica. Nei materiali conduttori la banda di valenza è in parte sovrapposta alla banda di conduzione (vedi Fig. 1.1-a).

Nei materiali isolanti, invece, la banda di conduzione è lontana da quella di valenza e gli elettroni sono stabili, saldamente collocati nel loro orbitale e non sono quindi liberi di migrare, attraverso la banda di conduzione, fra atomo e atomo (vedi Fig. 1.1-b).

I materiali semiconduttori, come indica lo stesso attributo, presentano somiglianze sia con i conduttori sia con gli isolanti. In pratica, il legame degli elettroni nella banda di valenza è abbastanza debole da rompersi quando l'atomo viene opportunamente sollecitato da energia termica, elettrica o radiazioni elettromagnetiche (radiazioni visibili, infrarosse e ultraviolette) (vedi Fig. 1.1-c).

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(a) (b) (c)

Figura 1.1- (a) Bande di valenza e di conduzione in un materiale conduttore. (b) Bande di valenza e di conduzione in un materiale isolante.

(c) Bande di valenza e di conduzione in un materiale semiconduttore.

Al fine di aumentare la capacità di perdere o di acquistare elettroni, un materiale semiconduttore viene trattato, ossia vengono aggiunti ad esso altri materiali, chiamati droganti. Disponendo in questo composto alcuni

elettroni nella banda di conduzione si ottiene un certo grado di conducibilità elettrica. Un semiconduttore drogato può perdere oppure acquistare elettroni diventando sede di lacune (vuoti lasciati da elettroni) o di cariche, ossia subendo un processo di ionizzazione. Entrambe (lacune e cariche) si trasferiscono da molecola a molecola.

In un semiconduttore opportunamente drogato, quando un elettrone della banda di conduzione cade in quella di valenza, va a occupare una lacuna, cioè perde energia che si libera sotto forma di radiazione o fotone. Questo processo prende il nome di ricombinazione ed è all'origine della generazione di luce. Tale processo presuppone ovviamente la presenza di una

differenza di potenziale elettrico (tensione) e di transito di elettroni (corrente).

1.1.3- La giunzione P-N

Con i trattamenti di drogaggio si ottengono materiali semiconduttori di tipo N e di tipo P. Nel primo caso (N) l'inserimento della sostanza drogante serve ad aumentare il numero di elettroni nella banda di conduzione e il drogante fornisce elettroni. Nel secondo caso (P) si opera con droganti che incrementano il numero delle lacune.

In uno stesso materiale è possibile ottenere drogaggi differenti, di tipo N e P, in due regioni ben distinte, in modo da ricavare una sottozona di

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confine, discriminante, che assume l'appellativo di giunzione P-N (vedi Fig. 1.2): come si è detto la regione P dispone di molte lacune, mentre la regione N è ricca di elettroni.

Figura 1.2- Materiale semiconduttore con regione P e N, e zona di giunzione.

Nella regione N gli elettroni in eccesso sono dotati di una loro mobilità. Approssimandosi alla giunzione, questi elettroni vanno ad occupare le lacune della zona P prossima al confine. Ogni volta che un elettrone lascia il proprio atomo attraversando la giuntura si crea uno ione positivo. D'altro canto, l'occupazione di una lacuna crea simmetricamente uno ione negativo nella regione N.

A causa di questi transiti si forma una ulteriore sottozona, tra le due regioni, chiamata zona di svuotamento in cui si fronteggiano gli ioni positivi con quelli negativi, sui due lati opposti (vedi Fig. 1.3).

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9 Agli estremi di questa sottozona si genera una barriera di potenziale che varia in ragione della temperatura in cui si trova la giunzione. Il potenziale diminuisce quando aumenta la temperatura. In questa condizione, a svuotamento completato, la zona di giunzione si pone come un ostacolo a ulteriori transiti di elettroni. Per superare tale barriera è necessario applicare tra le due regioni una differenza di potenziale maggiore di quella già presente. In questo stadio il materiale è polarizzato, cioè una corrente elettrica è in grado di attraversare la giunzione P-N.

1.1.4- Il diodo luminoso

La corrente degli elettroni attraversa il semiconduttore dalla regione N verso la P, mentre la corrente opposta e simmetrica della lacuna procede dalla regione P verso la N. Nel momento in cui gli elettroni di conduzione giungono nella regione P e si combinano con le lacune, passano alla banda di valenza e, da lacuna a lacuna, si muovono verso il polo positivo (verdi Fig. 1.4).

Figura 1.4- Transito di elettroni (●)e di lacune (○) con emissioni di radiazioni.

Il dispositivo descritto è chiamato diodo, la polarizzazione è diretta e la corrente transita dal catodo (terminale della regione N) all'anodo (terminale della regione P).

Quando la giunzione P-N è polarizzata direttamente negli elettroni cambia il contenuto energetico. Passando dalla banda di conduzione a quella di valenza,

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10 essi cedono energia sotto forma di calore (radiazione IR) oppure di luce (radiazioni visibili), o sotto forma di radiazioni ultraviolette.

Per esempio, il semiconduttore drogato con arseniuro di gallio (AsGa) genera radiazioni infrarosse, mentre l'arsenio-fosfuro di gallio (GaAsP) genera radiazioni visibili di colore rosso.

Il diodo luminoso prende il nome di LED, acronimo di Light Emitting Diode, diodo a emissione di luce.

1.1.5- Le radiazioni emesse

Solo le radiazioni elettromagnetiche che hanno lunghezza d'onda compresa nell'intervallo tra 380 nm e 780 nm hanno la capacità di stimolare l'occhio e quindi essere percepite come luce.

Le radiazioni si originano grazie al passaggio degli elettroni da un livello energetico superiore a uno inferiore.

La differenza di energia tra i due livelli deriva dal drogaggio a cui è sottoposto il materiale semiconduttore. La composizione chimica dei materiali droganti determina sia la quantità degli elettroni e delle lacune disponibili per il processo di ricombinazione, sia la differenza di energia tra gli orbitali degli elettroni e, di conseguenza, le frequenze e le lunghezze di energia delle radiazioni emesse.

Tra i composti chimici più utilizzati nei drogaggi, si distinguono quelli adatti per generare radiazioni con lunghezze d'onda variabili entro l'intervallo da 380 nm a 780 nm (vedi Tab. 1.1 e Fig. 1.5).

Tabella 1.1 - Composti chimici utilizzati nella costruzione del LED (IR = infrarosso, UV = ultravioletto)

Composto chimico Formula chimica

Lunghezza d' onda massima

Colore

Fosfuro di gallio GaP 550 nm Verde

Arseniuro di alluminio AlAs 590 nm Verde

Arseniuro di gallio GaAs 870 nm IR

Fosfuro di indio InP 930 nm IR

Arseniuro di alluminio-gallio AlGaAs 770-870 nm Rosso e IR

Fosfuro-arseniuro di gallio-indio InGaAsP 1100-1670 nm IR

Fosfuro di allumino-gallio AlGaP 560 nm Verde

Fosfuro di allumino-gallio-indio AlGaInP - Rosso, arancio,

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Nitrito di gallio-indio InGan - Verde, blu, UV

Carburo di silicio SiC 460 nm Blu

Figura 1.5- Alcuni composti chimici utilizzati nel drogaggio di materiale semiconduttori per ottenere radiazioni di differenti lunghezze d'onda e livelli energetici.

Il LED è definibile come una sorgente a banda stretta; il suo spettro, infatti, è raccolto in un intervallo di lunghezze d'onda che oscilla tra i 20 e i 30 nm. A differenza delle sorgenti tradizionali il LED emette in pratica solo nell'intervallo delle radiazioni visibili.

Dai diagrammi energetici risulta chiaramente che il LED produce gruppi di radiazioni raccolte intorno a una radiazione principale che assume il massimo valore di potenza (radiazione di picco) (vedi Fig. 1.6).

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1.1.6- Propagazione della luce

Il piccolo elemento di materiale semiconduttore drogato prende il nome di chip, o die. Per far trasferire corrente è necessario dotare il chip di due piastrine, chiamate elettrodi, saldati ai capi delle due zone, la P e la N.

Questi sottili canali per la corrente elettrica si distinguono in anodo (collegato alla zona P) e catodo (collegato alla Zona N) (vedi Fig. 1.7).

Figura 1.7- Schema strutturale (a sinistra) ed elementi costruttivi (a destra) del LED THT. Le radiazioni emesse si propagano in tutte le direzioni, in modo non determinabile, ossia che si ritiene essere casuale. Non è possibile predeterminare in alcun modo le loro direzioni. Nella maggioranza dei LED in produzione si colloca un elemento di substrato sotto il chip che ha la funzione di riflettere e rifrangere le radiazioni (vedi Fig. 1.8).

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1.1.7- Le ottiche primarie

Intorno al chip si dispongono elementi ottici che lavorano in riflessione e rifrazione. Nel loro insieme compongono la micro-ottica primaria del LED (vedi Fig. 1.9).

Figura 1.9- Elementi costruttivi del Power LED (a destra) e del LED THT.

Sopra il chip è presente una ricopertura trasparente o semitrasparente, di solito in materiale siliconico saldato intorno al chip, oppure in vetro. Questa ricopertura si presenta come una sottile pellicola, oppure assume la forma di una minuscola lente piano-covessa. E' l'elemento protettivo che, nel LED a luce eterocromatica, svolge anche il compito di filtrare e trasformare le radiazioni ricevute dalla giunzione P-N.

Il substrato riflettente e la ricopertura sono le componenti ottiche del micro-sistema che assume il nome di ottica primaria. Il controllo

ottico-geometrico delle radiazioni è limitato a causa delle ridotte dimensioni delle componenti ottiche. E' possibile, tuttavia, avere superfici fotometriche di diversa forma dando una conformazione opportuna a queste componenti.

1.1.8- L' alimentazione elettrica

Per superare la barriera di potenziale che si determina a seguito della polarizzazione all' interno della giunzione P-N, è necessario applicare ai capi del chip una differenza di potenziale elettrico, vale a dire una tensione. Solo in presenza di un certo valore di volt è possibile far transitare un flusso di elettroni e quindi generare luce. Una parte dell' energia elettronica di trasforma in luce, mentre un' altra si traduce in calore, per effetto Joule.

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14 Ogni LED è progettato per generare flusso luminoso a un determinato valore della corrente continua (chiamata corrente di pilotaggio, If) e della temperatura presenta nella giunzione P-N (temperatura di giunzione, Tj). Generalmente i produttori stabiliscono un valore in gradi (di solito 25 o 40° C) per Tj e un valore in milliampere (mA) per If, rispetto ai quali il LED produce un certo flusso luminoso (vedi Fig. 1.10).

Al valore della corrente di pilotaggio corrisponde una differenza di potenziale Vf ai capi del chip (vedi Fig. 1.11).

Figura 1.10- Variazione del flusso luminoso (in percentuale) in funzione della corrente di

pilotaggio.

Figura 1.11- Variazione della corrente di pilotaggio in funzione della caduta di tensione.

Alti valori della corrente di pilotaggio riducono la durata del LED; d'altro canto, le correnti deboli comportano flussi luminosi ridotti. E' importante, dunque, mantenere la corrente a un valore quanto più possibile costante.

A questa funzione provvede il dispositivo di alimentazione. Dovendo funzionare con la normale tensione di rete in ingresso, al valore normalizzato in Europa di 230 V, l'alimentatore lavora per ridurre questa tensione e per convertire la corrente alternata in corrente continua. Da qui il nome di alimentatore/convertitore, o semplicemente convertitore (vedi Figg. 1.12-1.13).

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15 Figura 1.12- Alimentatore/convertitore (230 V)

a correnti costanti a 350 mA e 700 mA, rispettivamente per 8 LED da 1 W di potenza ciascuno e per 3 LED da 3 W.

Figura 1.13- Alimentatore/convertitore (12 V o 24V) a corrente costante 350 mA, per 2 LED (modello a 12 V) o per 5 LED (modello a 24V).

1.1.9- Il regime termico

La temperatura della giunzione (Tj) è un parametro di grande importanza per definire le prestazioni fotometriche e colorimetriche del LED. Il suo incremento causa una caduta del flusso e un' alterazione delle coordinate cromatiche.

La temperatura fornita dai produttori vale solo come riferimento teorico perché difficilmente può essere mantenuta. Nella pratica si stabilisce una temperatura compresa tra 80 e 120° C, realisticamente ottenibile con normali sistemi di dissipazione termica, si valuta la perdita di flusso in percentuale e poi si incrementa leggermente la corrente di pilotaggio per compensare la perdita senza innescare ulteriori incrementi della Tj. In una successiva fase di calcolo si definisce la caduta di tensione allo scopo di valutare la potenza assorbita utile per il dimensionamento sia dell'alimentatore/convertitore, sia del dissipatore termico (dispositivo termico-meccanico di protezione che svolge la funzione di assorbire e dissipare il calore che si genera nel chip).

Ai fini della generazione del flusso luminoso è determinante il dato della temperatura assunta dalla zona di giunzione all' interno del chip (Tj). Si può partire da questo parametro termico per dimensionare le grandezze elettriche e

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16 quindi scegliere il dispositivo di alimentazione. La temperatura di giunzione deve mantenersi stabile affinché il flusso luminoso sia costante.

I fabbricanti forniscono la quantità di lumen (unità di misura del flusso luminoso) che il LED eroga quando la zona di giunzione si trova alla temperatura standard di 25° C (o 40° C). Nella pratica della produzione in serie, la misurazione fotometrica viene effettuata fornendo al LED un impulso di corrente; a causa della brevità del processo la temperatura rimane bassa. Ma, imponendo la continuità dell' alimentazione elettrica, come accade quando il LED va a regime, la temperatura di giunzione aumenta sensibilmente. Se non si provvedesse a sottrarre calore, il, surriscaldamento provocherebbe, in breve tempo, la riduzione del flusso reso e la messa fuori uso del diodo.

Dunque allo scopo di mantenere costante la Tj, è necessario corredare il LED con opportuni elementi di assorbimento e smaltimento termici: piastre alla base, saldature, mastici,veri e propri dissipatori termici. Nelle ordinarie condizioni di funzionamento, attrezzando il diodo con i dispositivi indicati, è realistico selezionare temperature comprese tra 80 e 120° C.

Fissata la Tj di funzionamento a regime si verifica l'ammontare della riduzione del flusso luminoso. Come si può notare nel diagramma di Fig. 1.14 , la riduzione in percentuale del flusso è inversamente proporzionale all'aumento della temperatura.

Figura 1.14- Riduzione del flusso luminoso, in percentuale, in funzione della temperatura di giunzione del Power LED di differenti colori e tonalità di bianco.

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17 Il fenomeno è meno marcato nei modelli a luce blu e verde, è invece più marcato nel LED a luce rossa. Nei LED a luce eterocromatica a 100° C di Tj corrisponde una riduzione di circa il 20% del flusso.

1.1.10- La luce eterocromatica

Tutti i diodi luminosi emettono luce con spettri a banda stretta (luce pressoché monocromatica). La luce eterocromatica necessaria per illuminare gli ambienti si ottiene seguendo varie modalità per la sintesi:

1. luce eterocromatica (bianca) per sintesi additiva di tre colori primari (sistema RGB = Red, Green, Blue) con l'eventuale aggiunta di luce bianca ottenuta con la modalità 2;

2. luce eterocromatica (bianca) per sintesi additiva di colori complementari (Blue, Yellow) mediante l'utilizzo di sostanze a base di fosfori nel rivestimento protettivo del chip;

3. luce eterocromatica (bianca) per trasformazione di radiazioni ultraviolette in radiazioni visibili mediante l'utilizzo dei fosfori;

4. luce eterocromatica (bianca) per sintesi additiva di tre colori (sistema AWB = Amber, White, Blue).

Con i LED è cambiato il modo di generare luce bianca. E' possibile, infatti, integrare in una sola sorgente luminosa tre LED, oppure tre chip in un solo LED (LED multi-chip) (vedi Figg. 1.15-1.17).

Ogni fonte è in grado di generare luce dei colori rosso, verde e blu, ossia i tre colori primari della sintesi additiva. Miscelando e regolando singolarmente questi colori si ottengono diverse tonalità di luce bianche, fino a colorare il bianco di una singola tinta, quando le restanti due sono regolate al minimo.

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18 Figura 1.15- A sinistra: Power

LED a bassissima tensione; al centro: lo stesso montato su piastra di collegamento elettrico e con funzioni di dissipatore termico; a destra: Power LED a bassa tensione (230 V).

Figura 1.16- Tre Power LED, con colori primari (RGB) corredati di ottiche secondarie su circuito stampato.

Figura 1.17- Proiettore equipaggiato con 36 Power LED multichip RGB.

Con l'avvento dei LED la natura cromatica della luce diventa una risorsa che il progettista può gestire con maggiore libertà rispetto al passato. La maggioranza delle lampade in commercio genera radiazioni di differente frequenza e lunghezza d'onda. In pratica, il progettista lavora con un mix di radiazioni, chiamato in radiometria spettro, in cui la potenza si distribuisce in modo diseguale (vedi Fig. 1.18).

Figura 1.18- Diagrammi energetici per diversi tipi di sorgenti luminose: A: luce naturale a 5500K;

B: luce generata da lampade a filamento incandescente; C: luce generata da lampade a vapori di alogenuri metallici; D: luce generata da lampade a vapori di sodio ad alta pressione.

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19 Nel caso delle lampade a filamento incandescente, la distribuzione delle potenze mostra un tipico andamento non bilanciato né regolare, bensì continuo, cioè senza vuoti o rilevanti carenze, per cui risultano più potenti le radiazioni di alta lunghezza d'onda, all'interno dell'intervallo da 380 nm a 780 nm, e meno potenti quelle ad alta frequenza. La tonalità calda della luce emessa deriva da questa prevalenza energetica delle radiazioni che il nostro sistema occhio-cervello percepisce secondo le gamme miscelate del giallo, dell' arancio e del rosso. Le temperature di colore oscillano, in funzione della potenza della lampada, tra 2500 e 2900K circa.

Diverso è il caso delle lampade a scarica, in cui la distribuzione è più irregolare, con diffusi picchi, avallamenti e zone vuote, che rendono discontinuo lo spettro di emissione.

Analizzando lo spettro di emissione della luce proveniente dal Sole e dal cielo, si scoprono curve ad andamento continuo. nelle ore centrali della giornata, alle nostre latitudini, lo spettro è bilanciato e la temperatura di colore raggiunge valori intorno ai 5500K.

In tutti i casi descritti lo spettro di emissione si estende ben oltre i limiti di 380 nm e di 780 nm, come si può notare dai diagrammi di Fig. 1.18. Le quote di potenza contenute nelle regioni delle radiazioni da alta frequenza, ultraviolette (UV), e di bassa frequenza, infrarosse (IR), non sono trascurabili. Nel caso delle lampade a incandescenza la maggior parte della potenza erogata è contenuta nella radiazioni IR. In alcune lampade a scarica le radiazioni UV sono presenti in quote rilevanti.

Se, dunque, il LED è una lampada che genera luce di un certo colore, come è possibile ottenere luce eterocromatica, cioè quel mix di radiazioni che l' occhio percepisce come luce di tonalità bianca?

Chiariamo innanzitutto che cosa si intende per luce "bianca". La componente attiva di una lampada a incandescenza o a scarica ci appare come un oggetto di colore bianco, oppure, quando la luce investe una superficie di colore bianco e vi si riflette, noi vediamo un colore bianco che da origine ad un mix di radiazioni. Se la stessa superficie potenzialmente bianca è illuminata da un LED monocromatico vediamo in riflessione il suo colore, certamente non

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20 bianco del caso appena descritto. La superficie riflette solo le radiazioni che riceve. Si deduce da tutto ciò che la luce eterocromatica è necessaria per illuminare perché permette di dare visibilità a tutti i coloro.

Dopo la scoperta - avvenuta agli inizi degli anni '90 del secolo scorso - del materiale semiconduttore in grado di generare luce di colore blu, sono state messe in atto diverse tecniche per la produzione industriale del LED eterocromatico, il LED a luce bianca.

1.2-Caratteristiche e prestazioni dei LED

Osservando attentamente un LED si nota che il suo ingombro è veramente minimo (vedi Fig. 1.19).

Figura 1.19- Il confronto con la moneta da 1 Euro mostra le piccole dimensioni del Power LED. Il chip che dall'interno genera luce misura alcuni decimi di millimetro e il peso di tutto il LED è dell'ordine di alcune unità di grammo.

Esistono in commercio altre lampade dalle piccole dimensioni, miniaturizzate: si può fare un confronto con la più piccola versione del tipo a ciclo di alogeni alimentata a bassissima tensione (12 volt) (vedi Figg. 1.20-1.21), oppure con le sottili lampade a tubo fluorescente ripiegato (vedi Fig. 1.22).

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21 Figura 1.20- Lampada alogena a bassissima

tensione, potenza 10 W.

Figura 1.21- Quote della lampada di Fig. 32: C=31mm, D=9mm, L=22 mm.

Figura 1.22- Lampada fluorescente ultra compatta con attacco GX53, potenza 7 W, flusso luminoso 220 lm, in apparecchio fornito di alimentatore esterno.

La prima è una lampada a filamento incandescente molto corto e di grossa sezione, se paragonato a quello delle lampade alogene con alimentazione a 230 volt. L'efficienza è modesta e la durata di vita è inferiore a quella del LED. Migliori sono le prestazioni della fluorescente, ma gli ingombri sono maggiori. Si potrebbe estendere il confronto al modello di ultima generazione, a più bassa potenza (20 W), di sorgente luminosa a vapori di alogenuri metallici (vedi Fig. 1.23), in grado di erogare un flusso di cica 1500 lumen, con efficienza di 68 lm/W e durata media di vita di 12000 ore; ma anche in questo

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22 caso crescono le dimensioni, tenendo conto altresì della presenza del sistema di alimentazione (vedi Fig. 1.24).

Figura 1.23- lampada a vapori di alogenuri metallici, potenza 20 W. Le quote sono espresse in millimetri: C=52 mm; D=17,3

mm; L=22,6 mm; O=3mm.

Figura 1.24- Alimentatore elettronico per la lampada di Fig. 35. Le quote sono espresse in millimetri: A1=97,3 mm; A2=88 mm; B1=43

mm; C1=30 mm; D1=4,2 mm.

Nei LED le potenze sono inferiori, al pari dei flussi, ma le efficienze sono elevate e, nella generalità dei casi, superiore è la durata media di vita.

1.2.1- Tipi di LED

(a) LED tipo THT

Il LED idoneo per gli impieghi nel campo della segnalazione si è affermato per primo, a partire dagli anni '60. Si basa sulla tecnologia THT (Throught Hole Technology); si caratterizza per le forme tondeggianti della piccola capsula che ingloba il chip nonché per la forma e la posizione degli elettrodi ( l'anodo e il catodo) (vedi Fig. 1.25).

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23 Per distinguerli l'anodo ha una lunghezza leggermente maggiore rispetto al catodo.

Questa micro-struttura, capsula ed elettrodi, è concepita per collocare la componente optoelettronica in un foro e realizzare in tal modo la classica spia luminosa. Gli elettrodi sono saldati, nella maggioranza dei casi, su un circuito stampato su una base di materiale isolante che funge da superficie si ancoraggio e di connessione elettrica.

Nell'ambito di questa famiglia il LED più comune ha una capsula di diametro pari a 5 millimetri. Al suo interno il chip si trova nella regione centrale ed intorno ad esso c è un minuscolo elemento riflettente, un corpo cavo che riflette le radiazioni del chip verso le pareti interne della capsula La base del chip è collegata al catodo, mentre sulla faccia opposta, in alto, si innesta nella zona P un filo sottile, chiamato bond wiring, che realizza la connessione elettrica con l' anodo.

La luce emessa attraversa la capsula che, sotto il profilo ottico, lavora come una lente. La superficie fotometrica che ne deriva ha una forma che dipende dalle configurazioni della lente, dal riflettore, dal chip, e dai loro rapporti spaziali (vedi Fig. 1.26).

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(b) LED tipo SMT a base piatta

Il LED del tipo THT si installa in circuiti stampati su base isolante che devono essere forniti di fori per il passaggio degli elettrodi, le cui saldature sono effettuate sulla faccia inferiore della base. Nei casi in cui si voglia utilizzare un circuito stampato di diverso tipo, con le connessioni elettriche solo sulla faccia superiore, si opta per LED di diversa concezione. Si tratta di componenti in cui gli elettrodi non sporgono verso il basso ma escono dai lati del chip (vedi Fig. 1.27) basati sulla tecnologia SMT (Surface Mounted Technology).

Si contraddistinguono per la forma piatta: la parte inferiore può essere appoggiata su una base, mentre i collegamenti elettrici sono laterali. In questo modo è possibile utilizzare circuiti stampati su base isolante di ridotto spessore ed effettuare le micro-saldature non più manualmente, bensì con macchinari automatizzati, rendendo in tal modo l'assemblaggio più veloce e meno costoso. Il LED SMT si presenta come un minuscolo box con una faccia da cui viene emessa la luce, la faccia opposta o laterale che funge da base di appoggio, mentre le rimanenti facce laterali sono munite di anodo e catodo.

Questa forma molto compatta si presta bene per realizzare moduli lineari, strisce o light strip, composte da micro-aree luminose disposte a intervalli regolari (vedi Fig. 1.28).

Figura 1.27- LED tipo SMT su moduli. Figura 1.28- LED tipo SMT su moduli a striscia.

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1.2.2- Le emissioni luminose dei LED

Con i LED le curve di emissione cambiano completamente la loro forma. Permane la continuità tipica delle lampade allo stato solido (fornite di filamento metallico), ma la potenza si raccoglie in un piccolo intervallo di frequenze o lunghezze d'onda. La forma a campana comprende un valore di picco e, tra i valori minimi, la scarto di lunghezza d'onda oscilla tra i 50 e gli 80 nm circa (vedi Figg. 1.29-1.30).

Figura 1.29- Diagramma energetici di LED a differenti emissioni spettrali.

Figura 1.30- Nel diagramma cromatico CIE 1931 sono indicati, per differenti lunghezze d'onda, i composti chimici per il drogaggio del silicio usati per la fabbricazione dei LED a banda stretta. Impropriamente i LED sono definiti sorgenti monocromatiche; in realtà l'attributo di cromaticità si attaglia ad altri tipi di lampade, come quelle a

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26 vapori di sodio a bassa pressione con il caratteristico picco a 589 nm. E' appropriato, invece, affermare che i LED presentano spettri a banda strette. Rispetto alla percezione visiva, la luce è di un certo colore, ma considerare la pur ridotta banda spettrale aiuta a comprendere che cosa accede quando chip di diversi colori sono congiunti in solo LED (LED multichip) e le radiazioni si fondono. Se le bande sono molto strette lo spettro complessivo diventa simile a quello delle lampade a scarica. Nel caso, invece, in cui le bande sono più larghe lo spettro finale sarà più simile a quelli tipici della luce naturale.

Ma, in tutti i casi, rimane il fatto che la maggior parte della potenza prodotta (con minimi residui) è contenuta nella banda spettrale delle radiazioni visibili. Con tale contenimento delle radiazioni tra le soglie dei 350 e 780 nanometri, i LED risolvono problematiche che molte lampade, viceversa, pongono rendendo necessario in alcuni casi l'impiego di filtri anti-UV e anti-IR. Sono i casi in cui l'irraggiamento termico oppure quello ultravioletto, causano danneggiamenti, deterioramenti, disturbi e disagi.

Queste evenienze sono molte: si pensi, per esempio, agli alti livelli di illuminamento di luoghi con diffusa presenza di persone (bar, ristoranti, hotel, uffici, laboratori); si creano condizioni in cui la distanza tra le fonti di luce e le persone può essere ridotta (inferiore al metro). Molti luoghi adibiti alla vendita o spazi espositivi richiedono molta luce concentrata su merci deperibili (per esempio: i generi alimentari), oggetti di valore (gioielli, artefatti di oreficeria) che subiscono alterazioni strutturali dovute al calore ricevuto insieme alle radiazioni luminose.

D'altro canto le radiazioni UV sono responsabili delle alterazioni cromatiche in tessuti, in genere negli oggetti pigmentati, in particolare quelli fatti in maniera di natura organica (carta e cartone, legno, cuoio, fibre vegetali).

Rimane poi il vasto campo dell'illuminazione dei beni culturali in cui l'imperativo della conservazione pone seri vincoli al lighting design, proprio in ordine alle radiazioni, sia quelle interne allo spettro 380-780 nm, sia soprattutto quelle esterne (IR e UV).

Per tutte le ragioni esposte, attualmente i LED si propongono come le sorgenti luminose che consentono, senza l'interposizione di filtri o schermi, di

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27 illuminare nel segno della massima tutela, garantendo le condizioni ambientali della conservazione.

Un certo grado di etecromaticità si può ottenere miscelando le radiazioni provenienti da tre LED che emettono secondo i tre colori primari: rosso, verde, blu. E' possibile usare tre LED affiancati, forniti di ottiche identiche, oppure un solo LED, che come si è detto, prende il nome di multiLED, che contiene i tre chip con i relativi elettrodi.

La curva di emissione nel diagramma spettroradiometrico denuncia le tre emissioni e assume un caratteristico andamento a tre protuberanze. Per ottenere una certa tonalità del bianco, secondo una certa temperatura di colore, è necessario regolare con cura i contributi relativi a ciascun colore primario. A causa degli avallamenti nella curva spettrale la resa dei colori non è elevata. Si utilizza un LED con emissione nella regione del blu costruito in silicio drogato con carburo di silicio (SiC) o altri composti. Intorno al semiconduttore si realizza un rivestimento semitrasparente in cui sono depositati cristalli fluorescenti (composti chimici a base di fosfori) che assorbono una parte della radiazione blu generata da chip e la trasformano in radiazioni con frequenze più basse, appartenenti alla regione spettrale del giallo (vedi Fig. 1.31).

Figura 1.31- La generazione della luce eterocromatica avviene tramite il filtraggio e la trasformazione delle radiazioni di colore blu generate dal chip.

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28 Dal rivestimento filtrano radiazioni sia blu, sia gialle. La sintesi additiva che ne deriva è rappresentata da una curva nel diagramma spettroradiometrico che presenta un picco nel blu e un'ampia distribuzione di potenze tra il verde e l'arancio, i due colori ai confini del giallo (vedi Figg. 1.32-1.34).

Figura 1.32- Diagramma energetico di LED con temperatura correlata di colore pari a 3000 K.

Figura 1.33- Diagramma energetico di LED con temperatura correlata di colore pari a 5000 K.

Figura 1.34- Diagramma energetico con tre curve relative a LED a luce eterocromatica a differenti temperature correlate di colore.

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29 Graduando opportunamente le gamme cromatiche (i blu e i gialli) si definiscono le emissioni eterocromatiche di differenti temperature di colore. Si può operare dunque in due direzioni: sul chip oppure sulle sostanze fosforescenti.

E' possibile depositare queste sostanze anche alla base del chip, nel substrato riflettente. Ottenendo in output lo stesso tipo di sintesi additiva.

Sfruttando una tecnologia ben conosciuta nel campo delle lampade fluorescenti, si utilizza un LED che emette nella regione spettrale di minore frequenza, corrispondenti ai colori adatti alla composizione della luce eterocromatica alla tonalità voluta, con determinati valori della temperatura di colore. La conversione assorbe potenza e bisogna impedire che quote residue di UV entrino nella sintesi di emissione. Come detto, ci si avvantaggia della matura tecnologia della sostanze fluorescenti che è alla base, da molti anni, della produzione di lampade fluorescenti.

Considerando che nell'illuminazione di ambienti interni ed esterni viene spesso richiesta una gamma di tonalità di luce bianca (calda, fredda, intermedia), un'ulteriore tecnica si fonda sulla miscelazione di luce bianca e di luce dei colori ambra, blu e rosso.

In dettaglio, la tecnica denominata AWB (da Amber, White e Blue) permette di comporre col bianco dei colori che consentono di ridurre (con l'intervallo del colore ambra) o di incrementare (col blu) la temperatura di colore. Impiegando il LED a luce rossa in sintesi col LED a luce di tonalità bianco-fredda (tecnica denominata WR), è possibile colmare la parte dello spettro meno potente di quest'ultimo e migliorare in questo modo la resa dei colori. Come nella tecnica RGB, la regolazione separata dei tre o dei due LED comporta la variazione delle curve spettrali e delle temperature di colore; entrambi i parametri in trasformazione si riflettono della resi dei colori.

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1.2.3- Prestazioni colorimetriche e binning

In un lotto di LED non è possibile attualmente avere prestazioni colorimetriche identiche.

In particolare, la grandezza da uniformare in prima istanza le coordinate cromatiche. Queste ultime definiscono la tonalità della luce emessa attraverso il valore della temperatura di colore, nel diagramma cromatico CIE.

Per le coordinate cromatiche il bin è definito da un'area a quattro lati nel diagramma cromatico CIE (vedi Fig. 1.35).

Figura 1.35- Aree di binning per la classificazione cromatica dei LED secondo la scale delle temperature correlate di colore. Nell' immagine a destra sono indicate le ellissi di McAdam, All'interno delle ellissi sono raccolte le coppie di coordinate cromatiche relative ai colori che l'occhio umano non è in grado di percepire come differenti. Si noti la riduzione dell'area delle ellissi con l'aumentare della temperatura di colore a cui fa riscontro la riduzione delle zone di binning.

Ogni area ha quattro vertici di cui sono specificate le coordinate cromatiche. E' importante valutare le distanze tra l' area del bin e la linea del corpo nero: più lontana e più risulta approssimato il dato della temperatura di colore (si parla infatti di temperature di colore "correlate") rispetto a quello attribuito al corpo nero, e di riflesso si riduce l'indice di resa dei colori CRI ( da Color Rendering Index). Alcuni produttori, adottando la tecnologia dei LED multichip con un' accurata selezione dei singoli chip, ottengono la riduzione delle aree di binning (vedi Fig. 1.36).

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31 Figura 1.36- Riduzione dell'area di binning per LED multichip (diagramma destra) rispetto a LED monochip (diagramma a sinistra).

Le coordinate x e y del diagramma CIE subiscono variazioni in funzione della corrente di pilotaggio e della temperatura assunta dalla base del LED, riflesso della temperatura di giunzione. Nei LED di buona qualità tali variazioni sono di modesta entità (vedi Fig. 1.37).

Figura 1.37- Il diagramma a destra mostra le variazioni (∆x e ∆y) delle coordinate cromatiche del diagramma CIE al variare della corrente di pilotaggio rispetto al valore standard di 350 mA. Il diagramma a sinistra mostra le variazioni in funzione della temperatura della base del LED multichip di Fig. 36.

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1.2.4- Le efficienze dei LED

Per i LED l'efficienza luminosa ha subito negli ultimi anni incrementi molto significativo. Si è passati da valori intorno ai 20-40 lm/W (anni '90) agli attuali 80-100 lm/W (vedi Figg. 1.38-1.39).

Figura 1.38- Andamento storico e previsto del valore dell'efficienza luminosa dei Power LED.

Figura 1.39- Previsioni di incremento dell'efficienza luminosa.

Anche nella valutazione dell' efficienza i LED si differenziano dalle lampade tradizionali, dove l'aumento della potenza elettrica assorbita influenza positivamente il dato dell' efficienza (vedi Figg. 1.40-1.42).

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33 Figura 1.40- Intervalli tipici di efficienze luminose per lampade a filamento (a incandescenza e a ciclo di alogeni).

Figura 1.41- Intervalli tipici di efficienze luminose per lampade a incandescenza, alogene e fluorescenti (compatte e lineari).

Figura 1.42- Intervalli tipici di efficienze luminose per lampade a scarica compatte (a vapori di alogenuri metallici e a vapori di sodio).

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34 In una lampada a incandescenza da 60 W l'efficienza ammonta a circa 10 lm/W: il che significa che il flusso generato vale circa 600 lm. Passando al modello da 100 W si ha un flusso di circa 1350 lm, con l'efficienza che sale a 13.5 lm/W. Incrementi direttamente proporzionali di questo tipo si riscontrano anche nelle lampade fluorescenti e a scarica.

Già ora i Power LED si propongono come sorgenti tra le più efficienti sul mercato. E bisogna osservare che l' ottima prestazione energetica che si profila non è preziosa solo per mettere in atto le strategie di risparmio e contenimento dei consumi energetici, ma anche per i margini di autonomia di funzionamento che i LED possono offrire in tutti i sistemi autonomi di alimentazione, per esempio quelli basati sull'uso di accumulatori, in modo particolare i sistemi a ricarica attraverso accumulo di energie ottenute da fonti rinnovabili (dal Sole, dal vento, dall' acqua). Così l'integrazione dei LED in sistemi a celle fotovoltaiche è facilitata dall' alta efficienza. Anche con accumulatori di media capienza è possibile stoccare energia sufficiente per far funzionare le sorgenti per il tempo necessario a soddisfare la domanda di illuminazione.

Nei LED, invece, l'efficienza tende a diminuire con l' incremento della potenza assorbita. Per avere più flusso occorre più corrente di pilotaggio e, aumentando la caduta di tensione ai capi del LED, sale anche la potenza assorbita ma secondo un rapporto che penalizza l'efficienza. In altri termini la potenza aumenta con un tasso superiore rispetto a quello del flusso (vedi Fig. 1.43). Ne deriva il decremento dell' efficienza luminosa.

Si rende evidente, dunque, che la prestazione relativa all'efficienza dipende in ragione inversa dalla corrente di pilotaggio: più corrente, meno efficienza. L'effetto Joule legato al transito di cariche elettriche nel semiconduttore, che è testimoniato dall'incremento della temperatura di giunzione, penalizza la produzione di energia luminosa. Intervenendo sull'alimentazione, in modo da variare il valore della corrente di pilotaggio, si stabilisce l'entità del flusso e la relativa efficienza.

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35 Figura 1.43- Variazione delle cadute di tensione, dei flussi luminosi, delle potenze e delle efficienze, in funzione delle correnti di pilotaggio.

Il LED, funziona grazie ai dispositivi di alimentazione elettrica e ai dispositivi ottici.

L'alimentatore/convertitore a un consumo che si aggira intorno al 20% della potenza complessiva dei LED alimentati. Allo stesso modo, ogni altro dispositivo di gestione, di controllo o di regolazione (come il light-dimmer) ha il suo consumo.

Per quanto riguarda le ottiche i rendimenti luminosi, ossia il rapporto tra il flusso luminoso in uscita dall'ottica e quello in entrata, generato dal LED, si attestano, come è stato indicato, intorno al 15-20%.

L'efficienza globale ηg è data da:

ηg = (η Pa ρo)/(Pa + Pc) dove:

• η efficienza luminosa del LED (η = ɸ/Pa);

• ɸ flusso luminoso prodotto dal LED (lm);

• ρo rendimento luminoso dell' ottica in valore decimale;

• Pa potenza elettrica assorbita dal LED;

• Pc potenza elettrica assorbita dal sistema di alimentazione, gestione, controllo, alimentazione (W).

Eseguendo semplici valutazioni comparative con il parametro dell'efficienza globale ηg (vedi Tab. 1.2) ci si rende conto del vantaggio energetico

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36 conseguibile sfruttando sia l'energia del LED, sia il rendimento luminoso delle ottiche secondarie.

Tabella 1.2 - Dati energetici per tipi di lampade, sistemi di alimentazione e sistemi ottici a differente rendimento luminoso.

Tipi di sorgenti luminose Potenze assorbite dalle sorgenti luminose Potenze assorbite dai sistemi di alimentazione Pc (W) Efficienze luminose ηg (lm/W) Flusso emesso ɸ (lm) Rendimenti luminosi ρo (%) Efficienze globali ηg (lm/W) A incandescenza 100 - 13,5 1350 90 12,1 A ciclo di alogeni (bassissima tensione) 50 8 17,6 880 70 10,6 Fluorescente compatta 26 2 70 1820 50 32,5 A vapori di alogenuri metallici 70 10 94,2 6600 60 49,5 A vapori di sodio ad alta pressione 150 20 100 15000 60 52,9 Modulo con 10 Power LED 30 6 90 2700 85 63,7

1.2.5- La durata di vita dei LED

A differenza delle lampade tradizionali, il LED non è fabbricato con materiali fragili come filamenti resi incandescenti, o riscaldati attraverso il transito di corrente elettrica, involucri di vetro, oppure utilizzando sostanze volatili, come gas e vapori, inseriti in involucri sigillati in cui la pressione interna è diversa da quella esterna. Resistenza meccanica significa lunga durata di vita anche in condizioni severe di installazione. Robustezza e durata appunto la caratteristiche peculiari dei diodi luminosi: in essi si realizza compiutamente il concetto di sorgente luminosa allo stato solido.

Il tipico comportamento nel tempo delle lampade a incandescenza prevede l'istantaneo venir meno dell' erogazione di flusso, a causa della rottura del filamento di tungsteno logorato per sublimazione. Nelle lampade a scarica si può verificare lo spegnimento repentino dovuto alla rottura degli elettrodi (conformato anch'essi come sottili filamenti), oppure un funzionamento irregolare a impulsi luminosi a causa di avarie nel sistema di alimentazione.

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37 Sono molte, dunque, le cause che portano alla messa fuori funzione e le durate cambiano notevolmente passando da tipo a tipo. Per un lungo tempo sono state considerate lunghe durate di vita le 12000 ore di una buona lampada fluorescente, o le 8000 di una lampada a vapori di alogenuri metallici.

Con i LED questi valori sono ampiamente oltrepassati: si può arrivare a svariate decine di migliaia di ore e, nella maggioranza dei casi, non si verifica la disattivazione istantanea ma un lento e graduale ridursi del flusso reso. L'ottima performance della durata di vita porta a riconsiderare le regole manutentive degli impianti di illuminazione che si sono consolidate nel tempo. Utilizzando lampade a ciclo di alogeni (durate medie di vita dalle 2000 alle 5000 ore) in un ambiente che richiede luce per molte ore al giorno, si considera in media un ricambio delle lampade guaste una volta all'anno, in funzione delle condizioni del microclima in cui la lampada lavora e dei cicli di accensione e spegnimento. In proposito il diagramma di Fig. 1.44 sintetizza i risultati di una sperimentazione su una lampada fluorescente a tubo lineare. Come si può notare i cicli brevi di on-off riducono notevolmente la durata media di vita.

Figura 1.44- Sull'asse verticale del diagramma sono raccolti i valori in percentuale della durata media di vita per una lampada fluorescente: al valore 100 corrispondono 13000 ore. Sull'asse orizzontale sono raccolti i valori dei tempi in minuti od ore dei cicli di accensione e spegnimenti. Nel ciclo di 3 ore la lampada rimane accesa per 165 minuti e spenta per i rimanenti 15 minuti.

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38 I LED non risentono dell'effetto di cicli frequenti di on-off e le durate arrivano a 50000-60000 ore. Diventa realistico prevedere il ricambio nell'arco di molti anni. E' altresì giustificato aspettarsi che un guasto si verifichi prima nel sistema di alimentazione piuttosto che nelle fonti luminose. L'alimentatore/convertitore, infatti, dovendo trasformare alternata in corrente continua contiene dei condensatori elettrolitici che hanno durate di funzionamento che normalmente arrivano a circa 10000 ore.

Con un ricambio molto dilatato nel tempo è possibile installare gli apparecchi di illuminazione in posizioni di difficile acceso, per esempio a grandi altezze, oppure in luoghi a cui si può accedere solo con mezzi speciali, per esempio ambienti ipogei, gallerie, sottopassaggi, tutti luoghi in cui l'operazione di ricambio delle lampade comporta necessariamente l' interruzione di un servizio di pubblica utilità.

Si pensi, altresì, ai casi in cui la manutenzione obbliga a interrompere attività di produzione, oppure di cura e assistenza a persone inferme o malate.

Anche per la durata di vita il parametro determinante è la temperatura di giunzione. Alle alte temperature corrispondono brevi durate come si evidenzia nei diagrammi (vedi Figg. 1.45-1.46).

Figura 1.45- Nel diagramma le due curve si riferiscono a decadimenti del flusso luminoso pari al 70% di flussi disponibile (equivalenti al 30% di perdita). Sull'asse verticale sono raccolti i valori della durata media in ore, sull' asse orizzontale quelli della temperatura di giunzione. Il Power LED esaminato funziona con corrente di pilotaggio pari a 350 mA.

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39 Figura 1.46- Il diagramma è lo stesso di Fig. 45, ma il Power LED esaminato funziona con corrente di pilotaggio pari a 700 mA. Si può notare lo spostamento delle curve verso sinistra e verso il basso.

Si può individuare una zona termica di soglia oltre cui la durata si decurta drasticamente. Passando (come indicato nei due diagrammi citati) da 350 mA a 700 mA, pur mantenendo allo stesso valore la temperatura di giunzione si ha un decremento della durata di vita a riprova del fatto che con più corrente cresce il logoramento del semiconduttore. Come già evidenziato per quanto attiene all' efficienza, l'aumento della corrente di pilotaggio permette di produrre più flussi, ma penalizza l' insieme delle prestazioni della sorgente.

1.2.6- Il decadimento del flusso luminoso

Avrebbe scarso valore una lunga durata di vita se a essa corrispondesse una forte riduzione della quantità di luce erogata, se cioè si verificasse un consistente decadimento del flusso luminoso (vedi Fig. 1.47).

Figura 1.47- Le curve nel diagramma mostrano in generale e in dettaglio la variazione del decadimento del flusso in funzione del tempo di funzionamento di un Power LED con corrente di pilotaggio pari a 350 mA e temperatura di giunzione pari a 90°.

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40 Oltre un certo limite (di solito il 30% del valore iniziale) il ridursi della quantità di luce determina condizioni di illuminamento degli ambienti non più accettabili, troppo lontane da quelle previste nel progetto dell'impianto. Insieme al tempo in ore bisogna, pertanto, considerare la quantità di lumen ancora a disposizione quando la lampada ha raggiunto il limite della durata. I fabbricanti di LED forniscono le relazioni tra le ore di funzionamento e i lumen a disposizione. Le curve dei diagrammi citati si riferiscono a decadimenti del 70 e del 50%. Altre rappresentazioni analoghe completano il quadro delle prestazioni: in quelli riprodotti nelle Figg. 1.48-1.49 si può notare che alla durata di 50000 ore corrisponde una perdita di flusso del 30% (equivalente al 70% dei lumen forniti dalla lampada appena istallata). Passando a 100000 ore il decadimento si attesa intorno al 50%.

Anche rispetto al decadimento del flusso esercita una notevole influenza la corrente di pilotaggio. Alimentando il LED a 350 mA oppure al doppio - 700 mA - si registra un decadimento del flusso del 25% e nel secondo del 27% (con temperatura di giunzione di 75° C, durata media 50000 ore).

Figura 1.48- Le sette curve del diagramma mostrano le variazioni della durata media di vita in funzione del decadimento del flusso. Ogni curva è riferita ad un valore della temperatura di giunzione.

Figura 1.49- Il diagramma ripropone i parametri della Fig. 70 con differenti valori. In questo caso il Power LED è alimentato con corrente di pilotaggio pari a 700 mA.

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1.3-Esempi di lampade e apparecchi LED

Di seguito si riportano alcuni esempi di lampade LED che si trovano sul mercato ideali per applicazioni di illuminazione generale:

• PHILIPS MASTER LED Tube GA110 (v. Fig. 50);

• OSRAM SubstiTUBE Basic ST8-HB2 (v. Fig. 51).

Tipo di prodotto MASTER LED Tube G110 600 mm

LED (W) 10

Tradizionale (W) 18

Lumen (lm) 825

Angolo del fascio (°) 140 Temperatura di

colore (K)

4000

Figura 1.50- PHILIPS MASTERLED Tube G110

CRI 85

Tipo di prodotto SubstiTUBE Basic ST8-HB2 600 mm

LED (W) 10

Tradizionale (W) 18

Lumen (lm) 750

Angolo del fascio (°) 120 Temperatura di colore

(K)

4000

Figura 1.51- OSRAM SubstiTUBE Basic ST8-HB2

CRI > 80

Gli apparecchi a LED possono essere di due tipi:

• apparecchi costruiti appositamente per sorgenti LED, oppure,

• apparecchi per sorgenti di illuminazione standard, ma dal momento che l'interfaccia è apribile, l'utente ha la possibilità di sostituire questa lampada con un altro tipo di lampada (per esempio una lampada a LED), purché conforme allo stesso apparecchio.

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42 Nelle Figg. 1.52-1.57 si riportano alcuni esempi di apparecchi costruiti appositamente per sorgenti LED.

Figura 1.52- Faretto DISCUS di ZUMTOBEL.

Figura 1.53- Esempio di applicazione del faretto DISCUS di ZUMTOBEL.

Figura 1.54- Apparecchio da sospensione ONDARIA di

ZUMTOBEL.

Figura 1.55- Esempio di applicazione di ONDARIA di ZUMTOBEL.

Figura 1.56- Piantana LED NEXIMO di TRILUX.

Figura 1.57- Esempio della piantana LED NEXIMO di TRILUX.

Le lampade di ricambio LED presentano invece un caso speciale. Si tratta di prodotti a LED, progettati per gli standard di interfaccia aperte delle tecnologie delle lampade preesistenti.

Essi saranno inseriti nel corpo illuminante dall'utente, in sostituzione delle lampade per le quali l'apparecchio è stato originariamente progettato.

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43 Nelle Figg. 1.58-1.61 di seguito si riportano alcuni esempi di apparecchi per sorgenti di illuminazione standard in cui è possibile la sostituzione con lampade a LED.

Figura 1.58- Apparecchio da incasso DISANO mod. Comfortlight ottica

speculare.

Figura 1.59- Esempio di applicazione dell'apparecchio da incasso DISANO mod.

Comfortlight.

Figura 1.60- Apparecchio a plafone con ottica lamellare DISANO mod. Speed

Figura 1.61- Esempio di applicazione dell'apparecchio a plafone DISANO mod. Speed.

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1.4-Illuminazione a LED negli ambienti di lavoro

I sistemi di illuminazione a LED con il passare del tempo stanno trovando un utilizzo sempre maggiore in ogni ambiente che ci circonda.

Per esempio possiamo trovarli:

• nei grandi magazzini (vedi Fig. 1.62),

• nei parcheggi e nelle gallerie (vedi Fig. 1.63),

• nelle farmacie, nelle cliniche private e negli ospedali (vedi Fig. 1.64),

• nei centri commerciali e nei negozi (vedi Figg. 1.65-1.66),

• negli alberghi e nelle sale conferenza (vedi Fig. 1.67),

• nelle mense (vedi Fig. 1.68),

• negli ambienti di lavoro adibiti ad uffici e nelle zone di passaggio (vedi Fig. 1.69),

• negli ambienti adibiti ad educazione come le aule ed i laboratori (vedi Fig. 1.70),

• negli impianti sportivi (vedi Fig. 1.71),

• ecc.

Figura 1.62- Esempio di illuminazione a LED in un grande magazzino.

Figura 1.63- Esempio di illuminazione a LED in un parcheggio.

Figura 1.64- Esempio di illuminazione a LED in una stanza d'ospedale.

Figura 1.65- Esempio di illuminazione a LED in un centro commerciale.

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45 Figura 1.66- Esempio di illuminazione a LED

in un negozio d'abbigliamento.

Figura 1.67- Esempio di illuminazione a LED in una sala di un albergo.

Figura 1.68- Esempio di illuminazione a LED in una mensa.

Figura 1.69- Esempio di illuminazione a LED in un ufficio.

Figura 1.70- Esempio di illuminazione a LED in un aula di lezione.

Figura 1.71- Esempio di illuminazione a LED in un impianto sportivo.

Di seguito si riportano alcuni esempi di edifici adibiti ad uffici ed edifici adibiti ad ambienti scolastici in cui sono stati utilizzati sistemi di illuminazione a LED:

• Studio legale K&L Gates (Londra, Inghilterra)

• Alexander Burkle GmbH & Co.KG (Friburgo, Germania)

• Peter Doherty Institute (Melbourne, Australia)

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Studio legale K&L Gates (Londra, Inghilterra)

Su due dei quattro piani del complesso di negozi e uffici One New Change si è stabilito lo studio legale internazionale K&L Gates. Per l'illuminazione di base sono state utilizzate linee luminose della famiglia di prodotti SLOTLIGHT realizzate da ZUMTOBEL, che accentuano con precisione i bordi degli spazi in corrispondenza delle travi principali e dei pilastri. Le linee luminose delimitano finemente le varie zone dello studio: mentre negli spazi comuni predomina una temperatura di colore di 3000K, gli ambienti di lavoro sono illuminati con 4000K.

Figura 1.72- Zona di passaggio dello studio legale K&L Gates, Londra

Figura 1.73- Area d'attesa dello studio legale K&L Gates, Londra

Figura 1.74- Ufficio dello studio legale K&L Gates, Londra

Figura 1.75- Ufficio dello studio legale K&L Gates, Londra

Figura 1.76- Ufficio dello studio legale K&L Gates, Londra

Figura 1.77- Apparecchio SPOTLIGHT di ZUMTOBEL

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Alexander Burkle GmbH & Co.KG (Friburgo, Germania)

La struttura del nuovo edificio a tre piani destinato a compiti di amministrazione era predestinata all'uso dei vantaggi offerti dai LED. Le aree degli uffici sono state realizzate completamente senza supporti fissi e garantiscono un impiego flessibile dello spazio. Basandosi su un applicazione speciale del downlight LED CRAYON la ZUMTOBEL ha ideato e sviluppato una soluzione illuminotecnica per uffici altrettanto moderna, montando a filo con il soffitto di forma quadrata 122 apparecchi downlight LED CRAYON. Il colore caldo della luce (4000K), oltre a generare un'illuminazione di base gradevole e omogenea, offre anche una lunga durata e una luce dai colori stabili. L'innovativa concezione illuminotecnica ha conferito alla struttura una riduzione del consumo energetico, mantenendo allo stesso tempo un alto livello di qualità della luce.

Figura 1.78- Vista esterna dell'edificio Alexander Burkle GmbH & Co.KG, Friburgo

Figura 1.79- Ufficio dell'Alexander Burkle GmbH & Co.KG, Friburgo

Figura 1.80- Ufficio dell'Alexander Burkle GmbH & Co.KG, Friburgo

Figura 1.81- Ufficio dell'Alexander Burkle GmbH & Co.KG, Friburgo

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Peter Doherty Institute (Melbourne, Australia)

Il Peter Doherty Institute, recentemente ultimato, è considerato l'unico istituto del suo genere nell'emisfero australe. In un edificio complesso come questo, che ospita laboratori, il consumo elettrico è da cinque a dieci volte superiore rispetto a un normale immobile per uffici, pertanto in questa costruzione è stato fondamentale fornire un contributo determinante al risparmi energetico. Il risultato è un edificio high tech di dieci piani con una superficie utile di 25000 metri quadrati, progettato in modo tale da consumare ben il 50% di corrente elettrica in meno rispetto a un immobile simile della stessa dimensione. I severi requisiti di alcuni settori hanno richiesto di evitare in larga misura la luce naturale ed hanno quindi optato per circa 2000 apparecchi da ufficio LUCE MORBIDA V. Questi apparecchi da incasso sono configurati e posizionati in modo tale da creare l'effetto di una luce solare chiara. Per i circa 700 ricercatori e ricercatrici che lavorano al "Doherty", infatti, è necessario creare condizioni di lavoro ottimali, favorevoli e in grado di aumentare la concentrazione e la motivazione.

Figura 1.83- Aula di lezione del Peter Doherty Institute, Melbourne

Figura 1.84- Laboratorio del Peter Doherty Institute, Melbourne

Figura 1.85- Zona di passaggio del Peter Doherty Institute, Melbourne

Figura 1.86- Apparecchio LUCE MORBIDA V di ZUMTOBEL

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Hochschule Gent, Campus Schoonmeersen (Gand, Belgio)

Il progetto più nuovo dell'Università di Gent è il Campus Schoonmeersen che ospita numerosi alloggi, alcune caffetterie e il centro sportivo della Hogeschool. In ampie zone del complesso è installato il sistema di file continue TECTON di ZUMTOBEL. Questi apparecchi diffondono una piacevole illuminazione generale non solo in aule e auditorium ma anche nella reception e nella biblioteca.

Figura 1.87- Mensa del Campus Schoonmeersen, Gand

Figura 1.88- Laboratorio del Campus Schoonmeersen, Gand

Figura 1.89- Aula do lezione del Campus Schoonmeersen, Gand

Figura 1.90- Apparecchio TECTON di ZUMTOBEL

Figura

Figura 1.10- Variazione del flusso luminoso  (in percentuale) in funzione della corrente di
Figura  1.12-  Alimentatore/convertitore  (230  V)  a  correnti  costanti  a  350  mA  e  700  mA,  rispettivamente  per  8  LED  da  1  W  di  potenza  ciascuno e per 3 LED da 3 W
Figura 1.14- Riduzione del flusso luminoso, in percentuale, in funzione della temperatura di  giunzione del Power LED di differenti colori e tonalità di bianco
Figura  1.15-  A  sinistra:  Power  LED  a  bassissima  tensione;  al  centro:  lo  stesso  montato  su  piastra  di  collegamento  elettrico  e  con  funzioni  di  dissipatore  termico;  a  destra:  Power  LED  a  bassa tensione (230 V)
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