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Introduzione al tema della sostenibilità 1

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Introduzione al tema della sostenibilità

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Figura 1.1: Quadro generale del capitolo introduttivo. Il dibattito internazionale sulla sostenibilità •sostenibilità e ambiente

•sostenibilità e fonti energetiche •sostenibilità, economia, società

Le direttive europee sulla politica energetica •direttiva 2009/28/CE

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Capitolo 1 - Introduzione al tema della sostenibilità 7

"Sostenibilità" è oggi un termine d'uso molto comune che presenta diversi sinonimi ("eco-sostenibilità", "compatibilità", "ecocompati-bilità", "bioecosostenibilità") risultato di ap-procci afferenti a diversi ambiti disciplinari, quali la sociologia, l'economia, l'architettura e l'ingegneria).

L'aggettivo derivato, "sostenibile", è stato associato a molteplici sostantivi, quali "svi-luppo", "economia", "progettazione", "socie-tà", "utilizzo", "tecnologia", etc.), a dimo-strazione dell'estrema frammentazione rag-giunta dal tema e della pluridisciplinarietà del significato associato.

La prima associazione possibile all'oggetto della sostenibilità è la natura, l'ambiente, gli ecosistemi; diverse sono comunque le decli-nazioni a cui tale sostantivo può essere rife-rito. Nell'ambito della sociologia, per esulare dal contesto ingegneristico, si può inserire nel concetto di sostenibilità il benessere, o l'equità sociale.

La "sostenibilità", dunque, assume un diver-so significato in base all'oggetto o al sistema da 'sostenere', 'mantenere', 'proteggere', con l'obiettivo comunque di garantire la fun-zionalità e la permanenza di tale sistema nel tempo.

1.1.

I

L DIBATTITO INTERNAZIONALE SULLA SOSTENIBILITÀ Il tema dell'analisi dei fenomeni naturali e

dei processi antropici ed antropogenici af-fonda le sue radici nel secolo XIX. Già allora, alcune personalità hanno contribuito, anche indirettamente, a definire il quadro relativo ai rapporti intercorrenti tra la salvaguardia dell'ambiente, la popolazione e le attività umane. Si citano, in tale contesto, Ernst Hae-ckel (1834-1919), biologo e zoologo darwini-sta dell'area tedesca che per primo coniò, nel 1866, il termine "ecologia", definita come "studio dell'economia della natura e delle relazioni degli animali con l'ambiente organi-co ed inorganiorgani-co"1, che propose come disci-plina scientifica riguardante le relazioni tra individui e ambiente, operazione poi conso-lidata dal botanico danese Eugenius War-ming (1841-1924); Arthur George Tansley (1871-1955), che introdusse nel 1935 il con-cetto di "ecosistema" e fu uno dei fondatori, nel 1913, la British Ecological Society, la pri-ma associazione ecologista nel mondo; Henry Chandler Cowles (1869-1939), fonda-tore della corrispondente americana Ecologi-cal Society of America.

Attraverso l'azione di queste due società, nel Secondo Dopoguerra ci fu una prima sensibi-lizzazione della comunità scientifica interna-zionale sui cambiamenti attribuibili all'azione

dell'uomo: per la prima volta fu introdotto (etimologicamente) il termine "sostenibilità" come capacità del pianeta Terra di sopporta-re dinamicamente le azioni dell'uomo. Gradualmente, le riflessioni sugli effetti di azioni ed attività antropiche sull'ambiente hanno quindi raggiunto una notevole maturi-tà, noti il depauperamento delle risorse di-sponibili e le alterazioni indotte dall'uomo sull'ambiente.

All'italiano Aurelio Peccei (1908-1984) va a-scritta la fondazione del Club di Roma2 che, nel 1972, presentò il celebre rapporto I limiti dello sviluppo (The Limits to Growth) o 'Rap-porto Meadows' commissionato al MIT, nel quale per la prima volta fu preconizzato che la crescita economica non avrebbe potuto protrarsi indefinitamente a causa della fini-tezza delle risorse naturali e della crescita della popolazione umana.

Le conclusioni allora riportate nel Rapporto prevedono che:

- con il tasso di crescita della popolazio-ne, dell'industrializzaziopopolazio-ne, dell'inqui-namento allora riscontrati, i limiti dello sviluppo si sarebbero palesati entro cento anni;

- il declino della popolazione e della ca-pacità produttiva può essere

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contrasta-to con la modifica dei tassi di sviluppo per raggiungere condizioni di stabilità economica ed ecologica3.

Nel 1983 il primo ministro norvegese Gro Harlem Brundtland (1939) divenne presiden-te della Commissione Mondiale sull'Ambien-te e lo Sviluppo (WCED, World Commission on Environment and Development); il più ce-lebre lavoro di quella commissione è stato Our Common Future, noto anche come "Rapporto Brundtland" in cui è contenuto per la prima volta il concetto di "sviluppo so-stenibile", tale da soddisfare "i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i pro-pri". Questa formulazione chiave non identi-fica l'ambiente come destinatario finale dei nuovi, auspicabili, comportamenti dell'uomo; l'obiettivo è il benessere delle prossime ge-nerazioni, ottenuto anche attraverso l'atten-zione alle problematiche ambientali.

Dall'idea di limite alle possibilità della natura di soddisfare i bisogni futuri, contenuta nella definizione e insita nello stato di sviluppo della tecnologia e dall'organizzazione sociale, deriva la necessità di considerare le reazioni complesse, irreversibili, causate dalle azioni antropiche sull'ambiente. Tali limiti defini-scono la capacità di carico (carrying capacity) della Terra, ossia la quantità di rifiuti e l'in-tensità d'inquinamento che il pianeta è in grado di sopportare.

Nel 1992, in seguito alla Conferenza delle Nazioni Unite a Rio de Janeiro si concretizzò l'"Agenda 21", programma d'azione che con-tiene un quadro sistematico degli interventi su scala mondiale volti a salvaguardare l'am-biente e da realizzare a livello locale con l'ampio coinvolgimento dei portatori di inte-resse ('stakeholders'). Il programma degli in-terventi è redatto secondo livelli d'azione progressivi, da quello internazionale a quello locale, secondo il principio contenuto al capi-tolo 28 per il quale "ogni autorità locale deve aprire un dialogo con i propri cittadini, con le associazioni locali e le imprese private e a-dottare un'Agenda 21 locale" (noto anche come "think globally, act locally", "pensare globalmente, agire localmente").

La costituzione, a seguito della Conferenza di Rio de Janeiro, della Commissione delle Na-zioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile (WCSD, World Commission on Sustainable Develo-pment) ha inteso dar seguito ai principi dell'Agenda 21, valutando le attività a soste-gno dell'ambiente sviluppate in diversi Paesi. Nell'ultimo decennio del XX secolo si collo-cano inoltre alcuni significativi contributi sul tema: ad esempio l'introduzione del termine "Antropocene" da parte del chimico olande-se Paul Crutzen (1933), premio Nobel 1999 per la Chimica, che definisce così l'era geolo-gica corrente, nella quale gli effetti delle atti-vità antropiche possono influenzare lo stato dell'atmosfera terrestre; oppure le ricerche svolte e tutt'ora condotte dal comitato scien-tifico dell'International Geosphere - Biosphe-re Program 4 e dal progetto di ricerca Millen-nium Ecosystem Assessment 5, che in sintesi testimoniano l'avvenuto consumo di una considerevole quantità delle riserve di com-bustibile del pianeta e la degradazione in at-to delle risorse naturali.

Nel dicembre 1997, i rappresentanti di cen-tosessanta Paesi si sono riuniti a Kyoto per sottoscrivere il trattato internazionale noto con il nome della città giapponese. Tale Pro-tocollo svolge un ruolo primario nella defini-zione delle politiche di contrasto al riscalda-mento globale del pianeta e stabilisce, a bre-ve scadenza, specifici impegni a carico dei governi delle Nazioni. In particolare, il Proto-collo di Kyoto obbliga le nazioni industrializ-zate a ridurre l'emissione di gas serra (GHG, Greenhouse Gas) nell'atmosfera in misura non inferiore al 5% rispetto ai valori registra-ti nel 1990 entro il quadriennio 2008-2012. L'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto è avvenuta nel novembre 2004 con l'adesione della Russia6. Gli Stati Uniti d'America aveva-no sottoscritto il Protocollo di Kyoto, per poi successivamente ritirare l'adesione nel 2001. Il World Summit on Sustainable Develo-pment, svoltosi a Johannesburg nel 2002 ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile, risultato dell'interazione di tre dimensioni diverse (Triple Bottom Line), connesse tra loro: economia, società ed ambiente.

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Capitolo 1 - Introduzione al tema della sostenibilità 9

Figura 1.2: La "Triple Bottom Line", fon-damento dello sviluppo sostenibile.

Per dimensione ambientale si intende l'at-tenzione al rapporto tra gli organismi edilizi e l'ambiente in termini di uso corretto delle risorse, di bilancio energetico lungo il ciclo di vita, di controllo delle emissioni inquinanti. La dimensione sociale comprende l'attenzio-ne verso l'individuo che si rapporta, attraver-so aspetti fisici (salubrità, comfort, etc.) all'ambiente circostante; sono compresi in questa dimensione i caratteri culturali e per-cettivi dell'architettura, come espressione di una comunità, e le necessità relazionali (par-tecipazione, comunicazione, informazione). La dimensione economica pone infine l'at-tenzione sul 'costo' della sostenibilità in ter-mini di praticabilità e sviluppo delle oppor-tunità, garantendo un'efficace informazione all'utenza e fornendo un valore misurabile alla gestione degli edifici.

1.1.1. Sostenibilità ed ambiente

L'ente scientifico Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, gruppo intergo-vernativo di esperti sui cambiamenti climati-ci) è deputato allo studio dei cambiamenti climatici, nato nel 1988 dalla fusione di due organismi interni alle Nazioni Unite: l'Orga-nizzazione Meteorologica Mondiale (WMO, World Meteorological Organization) ed il Programma delle Nazioni Unite per l'Am-biente (UNEP, United Nations Environment Programme).

L'IPCC è strutturato in tre grandi gruppi di lavoro:

- il gruppo I, dedito allo studio scientifico dei cambiamenti climatici;

- il gruppo II, volto a stabilire l'entità de-gli impatti dei cambiamenti climatici sui sistemi naturali ed umani, delle loro vulnerabilità e delle possibilità di adat-tamento;

- il gruppo III, che si occupa delle azioni di mitigazione dei cambiamenti climati-ci e della riduzione dei GHG.

Il più recente Rapporto di Valutazione (2007) è suddiviso in tre parti corrispondenti al con-tributo dei singoli gruppi di lavoro:

- WG1 - AR4, operante sulle basi fisiche; - WG2 - AR4, inerente gli impatti,

l'adat-tamento e la vulnerabilità dei sistemi; - WG3 - AR4, in merito alle azioni di

miti-gazione.

Il 17 novembre 2007 è stato infine presenta-to il Rapporpresenta-to di Sintesi delle ricerche svolte dai tre gruppi di lavoro.

Dal 1970 è stato riscontrato un inequivocabi-le riscaldamento globainequivocabi-le, constatabiinequivocabi-le in ba-se all'aumento di alcuni parametri:

- temperature superficiali globali; - temperature globali delle masse

d'ac-qua oceaniche;

- livello complessivo dei mari;

- intensità delle precipitazioni, in partico-lare nelle zone extra-tropicali;

- intensità dei fenomeni atmosferici ca-tastrofici;

- crisi di siccità.

Negli ultimi 50 anni, inoltre, alcuni eventi meteorologici estremi hanno subito varia-zioni in frequenza o intensità:

- eventi meteorologici forieri di tempera-ture estremamente basse, nonché le gelate, sono diventati più rari sulla

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ter-raferma; il contrario è stato osservato per le giornate calde e le notti afose; - la frequenza delle precipitazioni

inten-se è aumentata sulla maggior parte del-le terre emerse;

- a partire dal 1975, i dati raccolti mo-strano un incremento delle punte mas-sime del livello del mare7.

È stata inoltre riscontrata la riduzione delle estensioni glaciali artiche.

Figura 1.3: Tendenza dei cambiamenti a scala globale osservati per la temperatura superficiale media globale (a), per il livello medio del mare (b) e per l'estensione del manto nevoso nell'emisfero boreale nel periodo marzo-aprile (fonte IPCC, 2007, pag. 9).

I principali indicatori dei cambiamenti clima-tici esaminati nel rapporto sono le emissioni dei gas serra permanenti nell'atmosfera

(long-lived GHG) ed il forcing radiativo8. Le emissioni globali di GHG correlate ad attività umane, iniziate con l'avvento dell'era

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indu-Capitolo

striale, sono incrementate di un 70% dal 1970 al 2004; in particolare il biossido di carbonio, che rappresenta il 77% delle emis-sioni da attività umane ed è quindi il più im-portante GHG antropogenico, ha visto un incremento pari all'80% nel periodo, per una quantità complessiva di 38 Gt nel 2004. La crescita massima di emissioni è stata regi-strata nei settori relativi alla fornitura di e-nergia (26%), industriale (19%) e dei traspor-ti (13%), mentre minore è stata l'incidenza degli edifici residenziali e commerciali (8%) [9].

È inoltre estremamente affidabile la conclu-sione secondo cui le attività antropiche, a partire dal 1750, abbiano determinato effet-ti di riscaldamento globale, teseffet-timoniaeffet-ti da un incremento medio del forcing radiativo stimato in 1,6 W/m2 e dall'incremento della temperatura media negli ultimi 50 anni, sia a livello planetario che nei singoli continenti, ad esclusione dell'Antartide.

Il più evidente incremento dovuto alla con-centrazione di biossido di carbonio nell'at-mosfera si è registrato nel decennio 1995 - 2005, e corrisponde ad una quota del 20%. Relativamente alle proiezioni sul clima futu-ro, tutti gli scenari elaborati dal gruppo di lavoro I concludono per un significativo in-nalzamento della temperatura superficiale, variabile da 1 °C a 4 °C a seconda dello

sce-Figura 1.4: Emissioni globali annuali di GHG antropogenici dal 1970 al 2004, relative a biossido di carbonio, metano, biossido di azoto, idrofluorocarburi (fonte IPCC, 2007, pag. 14).

Capitolo 1 - Introduzione al tema della sostenibilità 11

striale, sono incrementate di un 70% dal 1970 al 2004; in particolare il biossido di

portante GHG antropogenico, ha visto un incremento pari all'80% nel periodo, per una quantità complessiva di 38 Gt nel 2004. La

ti (13%), mentre minore è stata l'incidenza

sione secondo cui le attività antropiche, a ti di riscaldamento globale, testimoniati da un incremento medio del forcing radiativo e dall'incremento della temperatura media negli ultimi 50 anni, sia a livello planetario che nei singoli continenti,

o di nalzamento della temperatura superficiale,

nario, e per l'incremento del livello medio del mare: in particolare si suppone che il li-vello medio del mare nell'ultimo decennio del XXI secolo aumenterà da un minimo di 0,18 ml ad un massimo di 0,59 ml.

Il gruppo di lavoro II ha poi evidenziato i po-tenziali impatti derivanti da questi futuri cambiamenti su sei settori: ecosistemi, ap-provvigionamento di cibo, zone costiere, in-dustria e società, salute e acqua.

Gli effetti sulla salute causati da tali cam-biamenti potranno comportare epidemie, malattie respiratorie e incidenti occasionali dovuti all'aumento di fenomeni meteorolo-gici estremi.

La disponibilità di risorse idriche, poi, è un fattore che influenza gli altri cinque settori oggetto dell'analisi. Innanzitutto la crescita della popolazione mondiale comporterà un aumento, probabilmente del 100%, della popolazione sofferente a causa di difficoltà di approvvigionamento idrico. Il futuro pro-spetto sulla distribuzione della disponibilità idrica, inoltre, prevede un incremento nelle zone tropicali ed alle elevate latitudini ed un aumento della morsa della siccità in zone, come quelle aride e semiaride, in cui già è presente.

L'innalzamento del livello del mare porterà, probabilmente, ad una maggiore esposizio-ne delle aree costiere a fenomeni erosivi.

li annuali di GHG antropogenici dal 1970 al 2004, relative a biossido di carbonio, metano, biossido di azoto, idrofluorocarburi (fonte IPCC, 2007, pag. 14).

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Lo scenario relativo alle risorse idriche com-porta conseguenze negative sui sistemi locali di approvvigionamento di cibo, in particolare sulla produttività cerealicola alle medie lati-tudini.

Per quanto concerne gli ecosistemi, uno scenario di media affidabilità prevede che il 20÷30% delle specie vedranno incrementato il proprio rischio d'estinzione a fronte di un incremento della temperatura media globale di 2 °C.

Infine, l'aumento dei fenomeni meteorologi-ci estremi e la riduzione della disponibilità di cibo e di risorse idriche dovrebbero portare a effetti negativi sulla salute umana, ricon-ducibili a:

- malnutrizione;

- disturbi cardio-respiratori; - epidemie locali10.

A questo livello di ricerca assume fondamen-tale importanza l'adattamento, ossia l'aggiu-stamento negli aspetti ecologici, sociali o e-conomici del pianeta, in risposta ad un effet-tivo o previsto cambiamento climatico, o dei suoi effetti ed impatti. Tale adattamento è esplicitabile nella riduzione della vulnerabili-tà ai cambiamenti climatici e nella limitazio-ne dei danni associati.

Con le attuali politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici e le relative applica-zioni pratiche le emissioni globali di gas ef-fetto serra continueranno a crescere nei prossimi decenni: le proiezioni per il 2030 e per il 2100 rivelano un continuo aumento di GHG.

All’interno del Rapporto, in riferimento alla mitigazione, si afferma che esiste un poten-ziale economico per la mitigazione delle e-missioni globali di GHG nei prossimi decenni. Infatti, gli studi dimostrano che misure di mitigazione a costi netti negativi (i benefici acquisiti sono uguali o superiori ai costi so-ciali, escludendo i benefici di possibili impat-ti dei cambiamenimpat-ti climaimpat-tici evitaimpat-ti), possono ridurre le emissioni globali di circa 6 Gt CO2 eq/anno nel 2030.

I benefici derivanti dalla mitigazione nel bre-ve e medio termine (scadenza 2030) sono l’abbattimento dell’inquinamento dell’aria, la fornitura di servizi energetici moderni alle aree rurali, l’aumento dell’occupazione. In più, i contestuali benefici per la salute deri-vanti dal contenimento dell’inquinamento dell’aria possono essere sostanziali e posso-no compensare una parte importante dei costi di mitigazione.

Tra i principali settori interessati dalle azioni di mitigazione, sempre nel breve e medio termine, c’è l’edilizia urbana, per cui si pre-vede un aumento dell’efficienza energetica per gli edifici nuovi e quelli esistenti che comportano riduzioni considerevoli delle emissioni di anidride carbonica con un bene-ficio economico netto.

Per quanto riguarda la mitigazione nel lungo termine (oltre il 2030), gli interventi di miti-gazione giocheranno un ruolo assolutamen-te primario. Tra essi, l'efficienza energetica ricoprirà una posizione fondamentale per la maggioranza delle regioni.

1.1.2. Sostenibilità e fonti energetiche

Attualmente, la situazione energetica mon-diale delinea prospettive legate al rischio di una insostenibilità della crescita: lo sviluppo di alcuni Paesi come Cina e India porta inol-tre ad incrementare i consumi energetici. L'alimentazione di questi usi con combustibi-li fossicombustibi-li costituisce al 2010 il 65% delle emis-sioni globali di biossido di carbonio in atmo-sfera.

Il fabbisogno globale di energia è stimato in circa 12 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio, domanda nella quale più dell'80% è garantito da fonti energetiche fossili: carbo-ne, petrolio e metano. Le energie rinnovabili e l'energia nucleare, quindi, attualmente ga-rantiscono un contributo modesto, come evidenziato dal rapporto World Energy Outlook dell'International Energy Agency.

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Capitolo Fonte energetica 1980 2000 2007 carbone 1792 2292 3184 petrolio 3107 3655 4093 gas 1234 2085 2512 nucleare 186 676 709 idroelettrico 148 225 265 biomassa e rifiuti 749 1031 1176 altre rinnovabili 12 55 74 totale 7228 10019 12013

Tabella 1.1: Domanda mondiale di ener-gia primaria, espressa in milioni di Ton-nellate Equivalenti di Petrolio (fonte IEA, 2009).

La forte crescita di economie emergenti co-me quella cinese, indiana e brasiliana porta a stimare, per il 2030, una domanda energeti-ca annuale di 17 miliardi di TEP.

Figura 1.5: Ripartizione del consumo fi-nale di energia nel mondo per quote di settore (fonte IEA, Worldwide Trends in Energy Use and Efficiency, 2008).

26%

33% 29%

9% 3%

trasporti industria residenze

servizi altro

Capitolo 1 - Introduzione al tema della sostenibilità 13

me quella cinese, indiana e brasiliana porta a

I futuri consumi energetici sono basati so-stanzialmente su due diversi scenari:

- il primo, denominato "Scenario BAU" (Business as Usual, o "Scenario di Rife-rimento"), nel quale i governi non at-tuano alcun cambiamento rispetto alle attuali politiche energetiche;

- il secondo, detto "Scenario 450 ppm", riferito all'obiettivo di raggiungere un valore stabile di concentrazione del bi-ossido di carbonio in atmosfera, fissato appunto in 450 parti per milione11. Secondo lo Scenario BAU, la domanda ener-getica è destinata ad aumentare secondo un tasso dell'1,5% annuo, con prevalenza d'au-mento del consumo di carbone nei Paesi a-siatici: questi Paesi saranno allora i massimi consumatori di energia. Le conseguenti e-missioni di GHG potranno approssimarsi al valore di 550 ppm di CO2 equivalente. Se si considera che all'inizio della Rivoluzione Industriale (1750) la concentrazione di bios-sido di carbonio nell'atmosfera era di 280 ppm, e che l'incremento d'impiego dei com-bustibili fossili ha portato tale concentrazio-ne a 380 ppm concentrazio-nel 2010, si possono ben pon-derare le conseguenze dello Scenario BAU. Lo Scenario 450 ppm considera l'evoluzione dei mercati al 2030 nel caso in cui le nazioni adottino e mettano in atto un piano globale per contrastare i cambiamenti climatici e stabilizzare così la concentrazione di GHG. In questo secondo scenario, il consumo mon-diale di energia è di 14,3 miliardi di TEP, in-feriore di 2,5 GTEP alla prospettiva dello scenario BAU; le emissioni di biossido di car-bonio si riducono a 26,4 Gt nel 2030. Rispetto allo Scenario BAU, le attività indu-striali e non induindu-striali dovranno però con-trarre le emissioni di biossido di carbonio di circa 14 Gt; sono quindi richieste profonde trasformazioni nella produzione e nel con-sumo di energia, a breve termine, tali da: - diminuire la domanda di petrolio, gas e

carbone;

- favorire, attraverso opportune politi-che, l'efficienza energetica e la produ-zione di energia rinnovabile ed energia nucleare12.

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Fonte energetica 2007 2020 2030 allo scenario BAU [%] carbone 3184 3507 2614 petrolio 4093 4121 4250 gas 2512 2868 2941 nucleare 709 1003 1426 idroelettrico 265 362 487 biomassa e rifiuti 1176 1461 1952 altre rinnovabili 74 277 720 totale 12013 13600 14389

Tabella 1.2: Domanda mondiale di energia al 2030 secondo lo Scenario 450 ppm, lioni di Tonnellate Equivalenti di Petrolio (fonte IEA, 2009).

Un secondo aspetto da considerare riguarda la disponibilità delle riserve di petrolio e gas estraibili.

Si registra attualmente una contrazione di produzione del petrolio a causa del

depau-peramento delle riserve: ciò è indirettame te confermato dagli investimenti

dall'industria del petrolio giacimenti

regioni polari

Figura 1.6: Riserve stimate di fonti fossili nel 2006 in Gt di petrolio equivalente S., Topal E., 2009). 0 50 100 150 200 250 variazioni rispetto

allo scenario BAU [%] tasso di crescita medio annuo 2007-2030 [%] 2020 2030 -15 -47 -0,9 -7 -15 +0,2 -6 -17 +0,7 +18 +49 +3,1 +5 +21 +2,7 +2 +22 +2,2 +24 +95 +10,4 -6 -14 +0,8

: Domanda mondiale di energia al 2030 secondo lo Scenario 450 ppm, espressa in mi-lioni di Tonnellate Equivalenti di Petrolio (fonte IEA, 2009).

peramento delle riserve: ciò è indirettamen-te confermato dagli investimenti sosindirettamen-tenuti

ll'industria del petrolio per individuare giacimenti petroliferi in aree ostiche come le regioni polari13.

in Gt di petrolio equivalente (tratto da Shafiee Gas Carbone Petrolio

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Capitolo 1 - Introduzione al tema della sostenibilità 15

Alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, la Germa-nia, l'Indonesia e il Canada hanno già rag-giunto il picco di produzione del petrolio ne-gli anni '60 e '70, secondo un profilo di curva a campana già teorizzato dal geologo statu-nitense Marion King Hubbert (1903-1989). Più divisa è la posizione dei geologi in merito alla consistenza delle riserve di gas, opinioni dipendenti in gran parte dal comportamento tenuto dalla Russia relativamente a volumi prodotti e nuovi siti estrattivi.

Analizzando le stime sulle riserve nelle di-verse aree del mondo, emerge la netta pre-ponderanza delle riserve di carbone, che co-stituiscono il 65% delle riserve fossili; la di-stribuzione piuttosto omogenea di tale fonte e il costo minore necessario alla sua

estra-zione ne rende pronosticabile un futuro re-impiego come fonte fossile principale. Le attuali stime del rapporto 'riserve / pro-duzione', recentemente confermate da studi condotti dall'ENI, individuano in 40, 70 e 200 anni i periodi in cui esse possono mettere a disposizione petrolio, gas e carbone, rispet-tivamente14.

Definendo quella attuale come l'"era del pe-trolio"15 e osservandone l'andamento assun-to nel tempo, si può giungere alla conclusio-ne che essa possa terminare in un futuro non troppo distante, analogamente a quan-to successo per altre ere che hanno con-traddistinto la storia del genere umano. Tale termine può precedere l'esaurimento com-pleto delle riserve di petrolio qualora risul-tasse più conveniente affidarsi ad altre fonti.

Figura 1.7: Rappresentazione dell'"era del petrolio"; in ordinata è riportata l'estrazione in milioni di barili al giorno (fonte Baldo G. L. ed altri, 2005, pag. 72).

Si assiste oggi a una forte frammentazione delle politiche energetiche condotte dalle diverse nazioni. Negli Stati Uniti, ad esem-pio, il biennio 2009-2010 è stato caratteriz-zato dal "pragmatismo tattico" dell'ammini-strazione Obama16 la quale ha proposto nel 2009 un Piano per lo sfruttamento delle nuove energie rinnovabili, per poi evidenzia-re le opportunità offerte dalla tecnologia nucleare e dalla tecnologia di cattura e se-questro del carbonio17 costituendo, di fatto, una strategia di riserva in vista del rinnovo di metà mandato del Congresso USA.

La principale fonte di approvvigionamento energetico del Vecchio Continente è oggi costituita dal gas naturale, in dipendenza

dalle notevolissime riserve russe; questa si-tuazione rende l'Europa vulnerabile a rialzi del prezzo del gas dovuti al regime monopo-listico attuato dal fornitore Gazprom e, dun-que, orientata verso la diversificazione delle fonti di energia e dei partner commerciali. La strategia energetica russa è comunque minata da alcuni fattori sfavorevoli, come il necessario transito delle linee esistenti negli ex Paesi della Comunità degli Stati Indipen-denti e dell'Europa Orientale, condizione che costringe la Russia a vendere il gas a basso costo e a individuare il tracciato di nuove linee18.

La Cina basa il proprio sistema energetico sul carbone, del quale detiene la terza riserva al

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mondo; attualmente è il secondo produttore al mondo di biossido di carbonio, ma ne è prevista una diminuzione grazie all'incre-mento dell'efficienza energetica degli im-pianti di produzione elettrica.

Il Brasile fonda invece la propria possibilità di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili sul-lo sviluppo del bioetanosul-lo, previsto già dal 1975, al prezzo di una deforestazione deci-samente impattante sull'emissione di biossi-do di carbonio19.

La conferenza di Copenhagen, cronologica-mente l'ultimo incontro internazionale sul tema tenutosi nel dicembre 2009, ha evi-denziato la divergenza tra gli obiettivi fissati nelle precedenti riunioni. Dal 1992, anno della Convenzione di Rio, le emissioni di bi-ossido di carbonio a livello mondiale sono aumentate del 30%, a fronte dell'obiettivo prefissato dall'ONU (la riduzione, nel 2050, del 50% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990).

1.1.3. Sostenibilità, economia, società

Considerando gli aspetti economici della "sostenibilità", sono individuabili tre insiemi di teorie volte a specificarne i modelli: - le teorie strumentali, tipiche delle

stra-tegie politiche ed economiche applica-te fino ai nostri giorni, che inquadrano l'ambiente come un vincolo che l'uomo può superare e adattare con il proprio raziocinio;

- le teorie di sviluppo, che considerano ancora l'ambiente una condizione vin-colante ma necessaria allo sviluppo so-stenibile. Rispetto alle teorie strumen-tali, le teorie dello sviluppo escludono la crescita dal processo;

- le teorie centrate sull'ambiente, in cui questo costituisce un soggetto com-plesso del quale l'uomo fa parte e che, conseguentemente, deve essere prima-riamente salvaguardato per la prosecu-zione della specie umana.

Una teoria dello sviluppo è la cosiddetta "Terza Rivoluzione Industriale", concretizza-tasi in un Piano sviluppato per l'Unione Eu-ropea dall'economista statunitense Jeremy Rifkin (1945). Alla base del lavoro di Rifkin si pone la coscienza della conclusione dell'era industriale basata sui combustibili fossili e causata dal loro affermato prossimo esauri-mento. La nuova tecnologia industriale do-vrà quindi essere basata sullo sfruttamento delle energie rinnovabili, disponibili sotto varia natura e in diversa (e variabile) misura

nel pianeta. Rifkin enuncia le potenzialità offerte dal Sole, dal movimento delle masse d'aria, dal calore imprigionato nel sottosuo-lo, dagli scarti delle lavorazioni agricole. Il Piano di sviluppo della Terza Rivoluzione industriale prevede cinque punti cardine, o 'pilastri':

1. la fornitura del 20% della domanda e-nergetica mediante fonti rinnovabili entro il 2020;

2. la conversione della totalità degli edifici presenti in Europa in micro - centrali energetiche capaci di captare e stocca-re diverse forme di energia rinnovabile, attraverso politiche volte alla salva-guardia dell'ambiente;

3. la predisposizione di adeguati sistemi di stoccaggio che permettano di ovviare all'intermittenza con cui le fonti rinno-vabili si rendono disponibili. Rifkin indi-vidua anche il sistema di accumulo pri-vilegiato, la tecnologia dell'idrogeno, elemento di elevata disponibilità che produce scarti non pericolosi come ac-qua e calore;

4. l'implementazione delle tecnologie in-formatiche alla rete di distribuzione energetica, che dovrà configurarsi co-me un unico sistema interconnesso all'interno del quale l'energia in ecces-so immagazzinata deve essere condivi-sa. Tale concezione del sottosistema di distribuzione è alla base delle smart

(13)

Capitolo 1 - Introduzione al tema della sostenibilità 17

grid, reti integrate alimentate da diver-se forme di energia rinnovabile capaci di autoalimentarsi e monitorare cia-scuna parte in caso di malfunziona-mento o evento estremo accidentale; 5. innovazione dei mezzi di trasporto ed

ampia diffusione dei mezzi elettrici e ad idrogeno.

Filo logico comune alle teorie di sviluppo senza crescita è la capacità dell'uomo di a-dattare il sistema economico consolidato alla salvaguardia dell'ambiente.

Per quanto riguarda le teorie biocentriche, il denominatore comune è la denuncia dell'e-levato spreco di risorse su scala mondiale. Secondo l'economista e matematico Nicho-las Georgescu - Roegen (1906-1994), le ma-terie prime subiscono trasformazioni irre-versibili per divisione, polverizzazione, dila-vamento, reazioni chimiche irreversibili che ne riducono la qualità per l'utilizzo finale; un generico sistema economico deve perciò so-stenersi attraverso ininterrotti flussi in en-trata di materia ed energia. Georgescu - Ro-egen affida ad un terzo 'dono di Prometeo', successivo al fuoco (primo dono) ed alla macchina a vapore (secondo dono) che permetta di risolvere la crisi di approvvigio-namento energetico; i primi due 'doni', infat-ti, hanno esaurito la loro funzione con l'inizio della Rivoluzione Industriale (deforestazione del continente europeo) e con l'epoca attua-le, coincidente con la palese riduzione delle fonti energetiche fossili.

Il palesamento del terzo 'dono di Prometeo' non necessariamente coincide con l'avvento delle tecnologie da fonti rinnovabili, in quan-to non sono processi capaci, al giorno d'oggi, di autoalimentarsi e generare una reazione termodinamica continua. Se da un lato le prospettive offerte da queste tecnologie permettono un cauto ottimismo, dall'altro l'incertezza sul futuro delle fonti rinnovabili deve essere affrontata con una strategia di conservazione generale delle risorse. In parziale contrapposizione alle teorie di sviluppo si ha la prospettiva di decrescita, resa necessaria da una società che cresce al

solo scopo di crescere ed ignora i limiti del pianeta, in termini di risorse disponibili, di popolazione, di prodotto interno lordo. Più che sul piano economico, la decrescita deve operare a livello della vita sociale, di-minuendo i consumi, i ritmi, i carichi di lavo-ro e incrementando la qualità della vita. Secondo il filosofo Serge Latouche (1940), i concetti di sviluppo, efficienza, razionalità sono legati ad una concezione del mondo che pone al primo posto il fattore economi-co; egli inoltre critica il concetto di "sviluppo sostenibile" in quanto illude che la crescita economica sia la fonte del benessere degli individui.

La riduzione degli effetti negativi della cre-scita deve essere perseguita secondo un programma ("8 R") di parole chiave connes-se tra loro nelle quali è possibile riconoscere alcuni temi tipici della sostenibilità ambien-tale:

- rivalutare, riformulando i valori basilari per la vita rendendoli indipendenti dal sistema complessivo;

- riconcettualizzare, rivedendo alcuni ca-pisaldi distorti dal sistema (Latouche ci-ta i binomi ricchezza / povertà e rarità / abbondanza);

- ristrutturare, con riferimento alle strut-ture di sistema ed agli apparati produt-tivi, al fine di eliminare gli attuali valori dominanti;

- rilocalizzare, attraverso il consumo di materie prime e prodotti locali, secon-do politiche e strategie a respiro locale; - ridistribuire le possibilità d'accesso alle

risorse naturali;

- ridurre l'impronta ecologica causata dal consumo di risorse, l'impatto sugli eco-sistemi, lo squilibrio della disponibilità delle risorse stesse in diverse zone del pianeta;

- riutilizzare e riparare oggetti ed appa-recchiature al fine di evitare la conge-stione dei sistemi di smaltimento, ap-proccio tipico della società dei consumi che crea continuamente il desiderio con l'obsolescenza programmata degli oggetti stessi;

(14)

- riciclare gli scarti non deperibili deri-vanti dalle attività umane.

Questi otto punti costituiscono le azioni di un'utopia della decrescita che Latouche ri-tiene di poter elevare a programma politico. Le teorie inerenti lo sviluppo senza crescita e le teorie centrate sull'ambiente costituisco-no possibili risposte alla crisi di modelli poli-tici ed economici volti a garantire la sicurez-za del sistema economico. Tali modelli sono riconducibili a due famiglie:

- il primo basato sulla libertà d'azione del mercato e sulla libera iniziativa; il mer-cato assume una forma capace di rego-larsi autonomamente rendendo possi-bile la crescita economica. L'incremen-to del carico antropico sull'ambiente e l'impoverimento delle risorse naturali hanno evidenziato il limite di questo modello. Ai livelli attuali, "la crescita non funge più da leva strategica per ac-crescere il benessere della società" ma consiste in un fattore necessario ad evi-tare la bancarotta del settore pubbli-co20;

- il secondo basato sull'intervento perio-dico dello Stato nella politica economi-ca di una nazione (opposto quindi al li-berismo), che provvede

all'introduzio-ne ed alla distribuzioall'introduzio-ne delle risorse. Limite di tale modello è la frequente ed eccessiva portata dell'intervento dello Stato, che porta all'eccesso i costi della pubblica amministrazione.

La problematica fondamentale della soste-nibilità, quindi, risiede nella definizione delle trasformazioni di società, popolazioni, am-biente, istituzioni, tecnologia che ne defini-scono il rapporto con lo sviluppo21. Un nuo-vo scenario sostenibile (da alcuni autori de-finito "nuovo paradigma sostenibile") deve considerare un insieme ben articolato di a-zioni volte all'efficienza ed al risparmio e-nergetico, alla riduzione dello sfruttamento delle risorse rese disponibili dalla Terra, all'adozione pianificata delle tecnologie ba-sate su fonti rinnovabili, infine su una con-grua modifica dello stile di vita.

In particolare, il futuro progressivo esauri-mento delle fonti energetiche fossili ne ren-derà antieconomico l'impiego (secondo la legge economica dell'offerta) e quindi la convenienza economica di sistemi a fonti rinnovabili e tecniche di contenimento dei consumi energetici dovrebbero orientare decisamente le politiche energetiche su que-ste soluzioni.

1.2.

L

E ATTUALI DIRETTIVE EUROPEE SULLA POLITICA ENERGETICA Lo sviluppo delle tecnologie legate alle fonti

energetiche rinnovabili presenta dunque tangibili vantaggi ambientali ed economici, infatti:

- presenta un'efficace capacità di contra-stare l'incremento delle concentrazioni di GHG nell'atmosfera e le conseguenti variazioni climatiche afferibili ad attivi-tà antropiche;

- consente la diversificazione dell'ap-provvigionamento energetico nella du-plice ottica della dipendenza da merca-ti monopolismerca-tici e della riduzione della disponibilità di combustibili fossili.

Al 2012 tre direttive europee regolamentano tre aspetti chiave della sostenibilità:

- la direttiva 2003/87/CE, come modifi-cata dalla 2004/101/CE, istituisce un si-stema per lo scambio di quote di emis-sioni dei gas a effetto serra nella Co-munità, riguardo ai meccanismi di pro-getto del Protocollo di Kyoto;

- la direttiva 2009/28/CE sulla promozio-ne dell'uso di epromozio-nergia da fonti rinnova-bili;

- la direttiva 2010/31/UE relativa alla prestazione energetica degli organismi edilizi.

(15)

Capitolo 1 - Introduzione al tema della sostenibilità 19

Con l'obiettivo di perseguire anche a livello locale la riduzione delle emissioni di GHG, la Commissione Europea ha inoltre promosso l'iniziativa Covenant of Mayors - Patto dei Sindaci, nella quale riveste un ruolo primario il Piano d'Azione per l'Edilizia Sostenibile

(SEAP); ogni autorità locale, di concerto con la comunità, individua i settori d'azione prio-ritari e le azioni da intraprendere e incenti-vare, a medio e lungo termine, al fine di per-venire ai propri obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti al 2020.

1.2.1. La direttiva 2009/28/CE

I 27 Paesi dell'Unione Europea, in seguito alla ratifica del Protocollo di Kyoto, hanno formalmente assunto gli impegni per il 2020 contenuti nel documento denominato "Cli-mate Package":

- riduzione del 20% delle emissioni dei GHG in atmosfera rispetto ai valori re-gistrati nel 1990;

- aumento del 20% della quota di fonti energetiche rinnovabili;

- aumento del 20% dell'efficienza ener-getica negli usi finali22.

L'attuazione di questi obiettivi è demandata alla direttiva 2009/28/CE finalizzata alla promozione dell'uso di energia da fonti rin-novabili. L'art. 3 della direttiva stabilisce che ciascuno Stato membro assicuri che la pro-pria quota di energia da fonti rinnovabili, va-lutata sul consumo finale lordo di energia nel 2020, sia pari al proprio obiettivo nazio-nale generale per la quota energetica da fonti rinnovabili per quell'anno. L'allegato I riporta una percentuale del 17% per l'Italia al 2020. La quota di ciascuno stato membro deve essere perseguita gradualmente, se-condo traiettorie indicative23.

È inoltre vincolante il soddisfacimento di una quota energetica da fonti rinnovabili pari al 10%, al 2020, per tutte le forme di trasporto. Ciascuno Stato adotta un Piano di Azione Nazionale per le energie rinnovabili, il quale fissa gli obiettivi per le quote afferenti ai tra-sporti, all'elettricità, al riscaldamento ed al raffrescamento.

Con riferimento al settore edilizio24, i Piani d'Azione Nazionale presentati dagli Stati membri alla Commissione:

- introducono misure appropriate per l'incremento della quota energetica da fonti rinnovabili;

- promulgano ed impongono negli op-portuni regolamenti, entro il 31 dicem-bre 2014, l'uso di livelli minimi di ener-gia da fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione o sottoposti a ri-strutturazioni rilevanti25, considerando il contributo offerto dalla tecnologia del teleriscaldamento;

- privilegiano sistemi ed apparecchiature certificati su base di norma europea, oggetto di marchi ecologici o di etichet-te energetiche, riferiti a sisetichet-temi solari termici, a biomassa, a pompa di calore.

1.2.1.1. Il Piano d'Azione Nazionale

ita-liano per le energie rinnovabili

(2010)

Con riferimento al settore dell'edilizia, il Pia-no d'Azione Nazionale ItaliaPia-no prevede l'a-dozione di strategie parallele relative al mi-glioramento dell'efficienza energetica del parco edilizio ed all'aumento della quota e-nergetica da fonti rinnovabili.

Gli strumenti introdotti a livello nazionale sono suddivisi in due principali categorie: - gli strumenti diretti, comprendenti

meccanismi di incentivazione od obbli-ghi direttamente riferibili all'impiego di fonti rinnovabili;

- gli strumenti indiretti, volti al migliora-mento delle prestazioni energetiche anche con il contributo di queste fonti.

(16)

Come strumenti diretti incentivanti sono a-dottati:

- il Conto Energia per gli impianti foto-voltaici, volto a sfruttare il potenziale offerto dalle superfici d'involucro degli organismi edilizi e regolamentato, nella sua quinta versione, dal meccanismo della tariffa onnicomprensiva;

- le detrazioni fiscali per l'installazione di collettori solari per la produzione di ac-qua calda sanitaria e per la sostituzione degli impianti di climatizzazione inver-nale con pompe di calore ad alta effi-cienza (comprese le applicazioni geo-termiche a bassa entalpia);

- i bandi in conto capitale, prevalente-mente rivolti a realizzazioni su edifici di proprietà delle Pubbliche Amministra-zioni.

Gli obblighi prevedono invece una copertura minima dei fabbisogni per la produzione di acqua calda sanitaria ed una percentuale

minima, introdotta dal D. Lgs. 28/2011 e va-riabile in base a scansioni temporali, di ener-gia primaria complessivamente garantita da fonti rinnovabili per i servizi di riscaldamen-to, raffrescamenriscaldamen-to, produzione di acqua cal-da sanitaria ed illuminazione.

Come strumenti indiretti sono previsti dal Piano:

- la detrazione fiscale delle spese soste-nute per interventi di riqualificazione energetica su edifici esistenti documen-tati da Attesdocumen-tati di Certificazione Ener-getica;

- i Titoli di Efficienza Energetica, o 'Certi-ficati Bianchi', i quali incentivano inter-venti di risparmio energetico con obbli-ghi a carico di grandi distributori di e-nergia elettrica e gas naturale.

Il Piano prevedeva una futura revisione delle norme in materia di produzione di elettricità e calore: tale azione si è esplicitata con l'e-manazione del D. Lgs. 28/2011.

1.2.2. La direttiva 2010/31/UE

Per quanto riguarda l'efficienza energetica in edilizia, la direttiva 2002/91/UE ha inizial-mente orientato le attività inerenti il settore edile verso un più razionale uso delle risorse energetiche, definendone criteri, condizioni e modalità.

Attualmente tale disciplina normativa a livel-lo europeo è oggetto della nuova direttiva 2010/31/UE che si occupa della rifusione e della sostituzione della precedente. La diret-tiva 2010/31/UE considera che la riduzione del consumo energetico globale e lo sfrut-tamento delle fonti rinnovabili siano le misu-re necessarie per ridurmisu-re la dipendenza e-nergetica dell'Unione Europea, le emissioni di GHG e l'incidenza energetica dei consumi degli edifici, stimata nel 40% del totale nell'Unione.

La direttiva riconosce la necessità di definire un metodo di calcolo della prestazione ener-getica annuale degli edifici, differenziabile a

livello nazionale e regionale e capace di con-siderare alcuni aspetti quali:

- le caratteristiche climatiche del sito; - le tipologie di condizionamento estivo

ed invernale, sia passivo che attivo; - la qualità dell'aria interna;

- l'illuminazione naturale ed i sistemi di ombreggiamento.

È fatto obbligo agli Stati membri di fissare i requisiti minimi di prestazione energetica, comunque revisionabili in base al progresso tecnologico.

La principale novità introdotta è l'"edificio ad energia quasi zero", un edificio ad altis-sima prestazione energetica il cui trascurabi-le fabbisogno energetico dovrebbe essere garantito in misura molto significativa da energia rinnovabile, anche prodotta in loco o nelle vicinanze.

L'azione degli Stati membri deve essere tale che:

(17)

Capitolo 1 - Introduzione al tema della sostenibilità 21

- entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifi-ci di nuova costruzione pubbliedifi-ci e priva-ti siano ad energia quasi zero;

- a partire dal 31 dicembre 2018 gli edifi-ci di nuova costruzione occupati da pubbliche amministrazioni o di

proprie-tà di enti pubblici siano ad energia qua-si zero;

- sia incentivata la trasformazione di edi-fici ristrutturati in ediedi-fici ad energia quasi zero con la definizione di oppor-tune politiche.

1.3.

B

IBLIOGRAFIA

1.3.1. Riferimenti normativi

- Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia.

- Direttiva 2003/87/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che isti-tuisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comuni-tà e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio.

- Direttiva 2004/101/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 recante modifica della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di e-missioni dei gas a effetto serra nella Comunità, riguardo ai meccanismi di progetto del Pro-tocollo di Kyoto.

- Direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla pro-mozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazio-ne delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

- Direttiva 2010/31/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010 sulla pre-stazione energetica nell’edilizia.

- Ministero dello Sviluppo Economico, Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili dell'Italia, 30 giugno 2010.

- Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28 "Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla pro-mozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE".

1.3.2. Pubblicazioni

- Baldo G. L., Marino M., Rossi S., Analisi del ciclo di vita LCA. Materiali, prodotti, processi. Edizioni Ambiente s.r.l., Milano, 2005.

- Bollino C. A., Energia. La follia mondiale. Rubbettino Editore, 2010.

- Bonato D., La terza crisi. Edizioni Ambiente, Milano, 2011. ISBN: 978-88-6627-030-0. - Cerruto S. R., Guida alle fonti rinnovabili. Edizioni di Legislazione Tecnica, 2011.

- IEA (International Energy Agency), World Energy Outlook, Report #:DOE/EIA-0484, 2009. - IPCC, Climate Change 2007: synthesis report, 2007.

- Latouche S., Breve trattato sulla decrescita serena. Bollati Belingheri Editore, Torino, 2008. ISBN: 978-88-339-1869-3.

(18)

- Rifkin J., La Terza rivoluzione industriale. Come il "Potere laterale" sta trasformando l'ener-gia, l'economia e il mondo. Arnoldo Mondadori Editore, 2011.

- Rubanov I., I quattro pilastri della strategia energetica, in Limes n. 3/2008, "Progetto Rus-sia".

- Shafiee S., Topal E., When will fossil fuel reserves be diminished?, in Energy Policy, vol. 37, 2009.

1.3.3. Interventi e contributi a conferenze, corsi e seminari

- Castellari S., I principali risultati del WG2 e WG3 del rapporto IPCC-AR4 e loro uso nel pro-cesso UNFCCC.

1.3.4. Siti web

- www.iea.org - www.igbp.net - www.ipcc.ch - www.itabia.it - www.oilcrisis.com - www.unep.org - www.wmo.int - www.worldenergyoutlook.org

NOTE

AL

TESTO

1 Dal greco οίκος, "casa", "ambiente", e λόγος, "discorso", "studio".

2 Associazione non governativa no-profit composta da scienziati, economisti, dirigenti e attivisti dei diritti civili per

la conoscenza dei cambiamenti globali su scala mondiale.

3 Due successivi aggiornamenti del documento, avvenuti nel 1992 ("Beyond the Limits") e nel 2004 ("Limits to

Growth: the 30-year Update") hanno spostato l'attenzione sul raggiungimento della capacità di carico del pianeta

Terra ed all'impoverimento degli ecosistemi, implementando i concetti di 'sviluppo' sostenibile' e di 'impronta eco-logica'.

4 Il programma di ricerca IGBP si occupa dei cambiamenti su scala globale, ponendosi l'obiettivo di descrivere le

dinamiche con cui i processi biologici, fisici e chimici regolano dinamicamente il pianeta, con particolare riferimen-to ai processi imputabili all'uomo.

5 Questo programma di ricerca, istituito nel 2005, si propone di analizzare lo stato degli ecosistemi terrestri

produ-cendo documenti di sintesi e piani d'azione diretti a nuclei decisionali ed inerenti l'impatto delle attività umane su-gli ecosistemi stessi e sulla biodiversità.

6 L'entrata in vigore del Protocollo era condizionata dall'adesione di almeno 55 nazioni, responsabili

complessiva-mente di almeno il 55% delle missioni inquinanti. L'entrata della Russia ha consentito il soddisfacimento della se-conda condizione.

(19)

Capitolo 1 - Introduzione al tema della sostenibilità 23

8 Il forcing radiativo è una misura dell'influenza di un determinato fattore nell'alterazione del bilancio tra i flussi

energetici in entrata ed in uscita dall'atmosfera terrestre.

9 IPCC, 2007, pag. 14. 10 Ivi, pagg. 26-28. 11 IEA, 2009.

12 Bollino C. A., 2010, pag. 19. 13 Ivi, pag. 27.

14 Shafiee S., Topal E., 2009. 15 Baldo G. L. e altri, 2005, pag. 72. 16 Bollino C. A., 2010, pag. 33.

17 Si indica con questa terminologia (nella letteratura anglosassone CCS, Carbon Capture & Storage) il confinamento

geologico dell'anidride carbonica derivante da impianti di combustione di grandi dimensioni.

18 Rubanov I., 2008. 19 Bollino C. A., 2010, pag. 36. 20 Bonato D., 2011, pag. 61. 21 Bollino C. A., 2010, pag. 163.

22 Per 'consumi finali' si intendono i prodotti energetici forniti ai settori industriale, dei trasporti, residenziale, dei

servizi anche pubblici, all'agricoltura, silvicoltura e pesca, elettrico (al fine produttivo di elettricità e calore).

23 Direttiva 2009/28/CE, All. I, parte B. 24 Ivi, art. 13.

25 La direttiva 2010/31/UE definisce, all'art. 2, una ristrutturazione rilevante quando essa riguarda più del 25%

della superficie d'involucro dell'edificio; oppure, se il costo complessivo dell'intervento sull'involucro e sui sistemi tecnici supera il 25% del valore dell'edificio, ad esclusione del terreno su cui è situato.

Figura

Figura 1.1: Quadro generale del capitolo introduttivo.
Figura 1.2: La "Triple  Bottom  Line", fon- fon-damento dello sviluppo sostenibile
Figura  1.3:  Tendenza  dei  cambiamenti  a  scala  globale  osservati  per  la  temperatura  superficiale  media  globale  (a),  per  il  livello  medio  del  mare  (b)  e  per  l'estensione  del  manto  nevoso  nell'emisfero boreale nel periodo marzo-apr
Figura 1.4: Emissioni globali annuali di GHG antropogenici dal 1970 al 2004, relative a biossido di  carbonio, metano, biossido di azoto, idrofluorocarburi (fonte IPCC, 2007, pag
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Riferimenti

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