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PROGETTO DI UNA NUOVA RESIDENZA PER STUDENTI NELL’AREA DELL’EX DIPARTIMENTO DI CHIMICA A PISA c-hub

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c-hub

PROGETTO DI UNA NUOVA RESIDENZA PER STUDENTI

NELL’AREA DELL’EX DIPARTIMENTO DI CHIMICA A PISA

relatori: Prof. Arch. Luca Lanini Prof. Arch. Massimiliano Martino Ing. Fabio Bianchi candidato:

Filippo Rossi a.a. 2018/2019

Università di Pisa | Scuola di Ingegneria

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Introduzione

1. La residenza per studenti universitari

1.1 Evoluzione storica dell’housing universitario 1.2 L’housing universitario in Italia

1.3 Abitare da studenti 1.4 Quadro normativo

1.5 Progettare la residenza universitaria 1.5.1 Modelli insediativi e strutture formali 1.5.2 Modelli esigenziali

1.5.3 Aree funzionali 1.6 Esempi di riferimento

2. Quadro conoscitivo

2.1 Piano di recupero previsto dall’Università di Pisa

2.2 L’area d’intervento

2.3 Ex sede del Dipartimento di Chimica 2.4 Edificio dei laboratori 5 6 7 10 14 15 16 18 21 26 29 41 41 43 47 57

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3. c-hub

3.1 Inserimento plano-volumetrico dell’intervento 3.2 Strategia progettuale

3.3 Il progetto

3.4 Le unità abitative

3.4.1 Nucleo integrato duplex 3.4.2 Nucleo integrato di testa 3.4.3 Minialloggio

4. Metodologia BIM

4.1 Il BIM applicato al co-housing

4.2 Revit: creazione del modello di informazioni 4.3 File IFC

4.4 PriMus-IFC: computo metrico dinamico 4.4.1 Il CME

Conclusioni Allegati

Computo metrico estimativo

Foto del modello fisico (scala 1:300) Riferimenti Bibliografia Sitografia 57 58 60 64 75 77 80 82 86 88 89 94 97 101 103 104 104 111 115 115 117

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Lo scopo del seguente lavoro è la progettazione di una nuova residenza per studenti all’interno dell’area dell’ex Dipartimento di Chimica a Pisa. Quest’area a seguito del trasferimento della sede universitaria in una nuova struttura versa in una condizione di abbandono. In accordo con il piano di recupero predisposto dall’Università di Pisa l’area in esame dovrebbe essere valorizzata e ricucita con il resto della città. Per fare questo è necessario re-cuperare l’edificio monumentale della sede storica, visto il suo elevato pregio architettonico e alienare l’edificio ad esso collegato perché non più funzio-nale alle esigenze dell’Ateneo. Sarebbe proprio la demolizione di questo edificio a lasciare spazio alla nuova edificazione.

Da questi presupposti nasce il c-hub, un edificio in linea su più pia-ni, rialzato su pilotis al cui interno sono previste diverse tipologie di unità abitative capaci di ospitare una valida mixité sociale. Il nuovo intervento si propone di integrarsi con l’edificio storico dell’ex sede di Chimica, in questo modo dalla sinergia dei due sistemi potrà nascere una nuova comunità in grado di riportare in vita questo brano di città.

A seguito di un’approfondita fase di ricerca e studio in ambito nazionale e internazionale sul tema delle residenze studentesche sono stati assimila-te evoluzioni storiche del fenomeno, normative di rifermento e paradigmi progettuali.

I punti di forza e debolezza dell’area sono stati individuati a seguito di un’attenta fase conoscitiva che ha interessato la storia degli edifici, il loro rapporto con la città e con la rete di servizi di cui fanno parte. Questi ele-menti hanno guidato l’autore nel concepimento del nuovo hub studentesco. L’intero processo di progettazione è stato svolto seguendo la metodolo-gia BIM per cui è stato creato un modello informativo dell’edificio ponendo attenzione ad aspetti strutturali, tecnici ed architettonici. Le informazioni presenti nel modello sono poi servite a redigere un computo metrico dina-mico a partire dal file IFC ricavato dal modello BIM.

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1.

La residenza

universitaria

La residenzialità universitaria costituisce un tema di grande rilevanza sia all’interno dei percorsi accademici, sia nella prospettiva di un allargamento del ruolo dell’università nei contesti urbani, quale potenziale agente di rige-nerazione[1]. A questo si aggiunge la sua estrema attualità proprio perché rivolto ad un mercato crescente e per il quale l’offerta dedicata è estrema-mente carente[2].

Il nostro paese sta difatti vivendo una nuova stagione di emergenza glo-bale che si manifesta ancora più acuta soprattutto nelle grandi aree me-tropolitane dove la popolazione è più variegata e appartiene a fasce sociali molto diverse. Lo studente universitario che per ragioni di studio si trasfe-risce dal proprio luogo di residenza nella città dove ha sede l’università che intende frequentare appartiene ad una fascia sociale estremamente svantag-giata, determinata dalla difficoltà di trovare una sistemazione adeguata alla proprie esigenze ad un costo sostenibile[2].

L’Italia ha assistito quasi impassibile al popolamento delle università e si è mossa con un certo ritardo e con qualche contraddizione, da una parte puntando all’attività didattica e sull’attrazione di studenti stranieri, dall’altra trascurando nei fatti il tema dei servizi e dell’accoglienza.

Il nostro Paese si trova dunque oggi a dover gestire una consistente do-manda abitativa rappresentata da giovani, spesso stranieri, in cerca di un alloggio temporaneo da utilizzare durante il periodo di studio e a doversi scontrare con un contesto caratterizzato da una forte carenza di posti letto o alloggi in strutture residenziali collettive[2].

Secondo la più recente normativa, con le espressioni “residenze per stu-denti” o “residenza studentesca”, altrimenti definita “alloggi e residenze per studenti”, si indica “l’edificio o il complesso di edifici destinati alle funzioni di residenza per studenti universitari e relativi servizi, a prescindere dalla particolare tipologia in base alla quale possono essere realizzate”. Non limi-tandosi all’asettica definizione impiegata in ambito normativo, le locuzioni

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che spesso la accompagnano e ne specificano il carattere sono quelle di “re-sidenza sociale” e re“re-sidenza temporanea”[3].

Il carattere sociale di questa particolare tipologia di abitazione è legata alla funzione di servizio collettivo, la cui espressione è motivata, oltre che da fattori come l’ampliamento della domanda di formazione, l’incremento del-la mobilità studentesca, l’estensione del periodo di formazione (formazione continua) e dei livelli di formazione (specializzazione, perfezionamento), soprattutto dalla necessità di venire incontro, attraverso la locazione a cano-ne calmierato, alle esigenze di residenzialità di parte di categorie di utenza economicamente deboli come gli studenti universitari[3].

Il carattere temporaneo delle residenze collettive è oggi al centro di nu-merosi dibattiti sulle forme in cui si sta evolvendo in generale la funzione dell’abitare. Una consistente parte della nuova domanda abitativa, infatti, è rappresentata da coloro che esprimono un’esigenza di residenzialità tempo-ranea connessa alle trasformazioni sociali, alle dinamiche demografiche, alla modalità e mobilità del lavoro: immigrati, anziani, giovani coppie e lavora-tori in mobilità, oltre che studenti fuori sede, rappresentano i soggetti a cui l’offerta abitativa deve essere in grado di rispondere, sia in termini quantita-tivi sia qualitaquantita-tivi, superando il concetto della casa permanente solitamente associato alle esigenze della famiglia tradizionale[3].

Sin dalle origini della fondazione delle università nel medioevo, la co-siddetta peregrinatio academica ha sempre contraddistinto la mobilità dello studente da un centro di sapere a un altro, limitando la sua permanenza in un luogo alla necessità di completare un particolare ciclo di formazione. Lo stesso termine “residenza” che generalmente si utilizza per designare questa tipologia abitativa evidenzia il significato di temporaneità: secondo l’etimologia, risiedere deriva dal latino residere, “sedersi, trattenersi di nuo-vo” che indica un’azione temporanea, al contrario del termine abitare, da habitare, “avere consuetudine in un luogo”, che invece denota un carattere di permanenza dell’azione e attaccamento del soggetto al luogo con impli-cazioni anche affettive. Nella percezione dello studente la residenza non è un’abitazione, una dimora, una casa, ma piuttosto un riparo, un rifugio, un nascondiglio, perché la fruisce come qualcosa di diverso dal proprio am-biente domestico e familiare, perché il periodo di permanenza è limitato, perché il senso di appartenenza è molto debole. Il definirla “casa” dello stu-dente è forse il tentativo di attribuire quel senso di appartenenza e di vita domestica a un ambiente che normalmente non viene vissuto secondo le regole tradizionali[4].

1.1 Evoluzione storica dell’housing universitario

La consuetudine di affiancare alle università strutture residenziali per gli studenti è antica come le università stesse e la loro diffusione ha seguito in

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA tutta Europa la forte accelerazione delle iscrizioni che si è per lo più con-centrata dalla metà degli anni Settanta ad oggi[2].

In Italia, sin dall’origine, l’Università è stata un fenomeno prettamente urbano: gli edifici universitari, pur integrati nella città, non trovavano un tutt’uno di spazi a loro riservati, ma sorgevano in maniera “casuale” all’in-terno del contesto urbano. Ciò ha portato lo studente ad immergersi nella vita sociale cittadina vera e propria e a vivere il periodo di maggiore crescita formativa affrontando in prima persona le responsabilità e cercando di ren-dersi il più indipendente possibile non tanto dal punto di vista economico, ma nel fronteggiare quelle attività che saranno consuetudini lungo tutto il corso della sua vita[2].

Le origini delle case degli studenti risalgono al Medioevo, quando nac-que per la prima volta l’esigenza di fornire un alloggio agli studenti che allora erano per la maggior parte “fuori sede”[2].

L’alloggiamento degli studenti fu inizialmente affidato al mercato priva-to attraverso case o stanze in affitpriva-to, situazione che generava molpriva-to spesso conflitti tra i proprietari e gli studenti locatari. Il mercato degli affitti, in-fatti, aveva dinamiche simili a quelle odierne e il rapporto tra la domanda e l’offerta era tale da generare fenomeni di inflazione e il conseguente innal-zamento dei prezzi[5].

È solo intorno alla metà del XIV secolo che, quasi contemporaneamente in tutta Europa, cominciarono a sorgere costruzioni indipendenti, destinate a specifiche funzioni di ospitalità e studio denominate collegium. Inizial-mente erano sovvenzionate da papi, sovrani, esponenti dell’alta nobiltà e del clero che, in qualità di benefattori, facevano del collegium un edificio rappresentativo della loro magnificenza e della loro potenza e generosità. L’elemento comune presente nei primi collegi era dato dalla disposizione e pianificazione degli spazi: le soluzioni formali adottate prevedevano una netta separazione tra gli spazi abitativi e quelli collettivi.

Solo in seguito al Concilio di Trento (XVI secolo) e alla clericalizzazio-ne dell’educazioclericalizzazio-ne scolastica, i Gesuiti per primi resero sistematico un tipo architettonico di collegio, stabilendo le piante-tipo di tali edifici all’interno dei quali si svolgevano sia funzioni didattiche che abitative. Venne, infatti, prevista la realizzazione di aule, uffici, cucina, refettorio e aree residenzia-li[6].

Con l’Illuminismo si modifica ulteriormente l’impianto tipologico dell’edificio: le camere passano da celle a camere multiple in grado di ospi-tare fino a quattro studenti, e trovano spazio ambienti che permettono il soddisfacimento di tutte le esigenze dei collegiali (sale studio, biblioteche, oratori, aule ricreative, infermerie ecc.)[2].

Le residenze per studenti, così come le conosciamo oggi, nascono solo dopo l’Unità di Italia e in particolare in occasione del progetto della Città Universitaria di Roma, nel 1935, a cui collaborano i più importanti

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architet-ti italiani dell’epoca. In questo ambito, accanto ai vari isarchitet-tituarchitet-ti compaiono le Case dello Studente, esempio che verrà replicato in molte altre città italia-ne. L’impostazione planimetrica e architettonica di questa nuova tipologia si consolida sotto il regime fascista e diventa comune a tutte le strutture realizzate in territorio italiano. L’edificio viene diviso in piani con destina-zioni funzionali diverse: la mensa, gli uffici, le sale studio, i servizi collettivi e ricreativi, i depositi e i locali tecnici erano collocati ai piani seminterrato e rialzato; la funzione residenziale ai piani fuori terra. In questo periodo si sviluppa, in particolare, la tipologia distributiva “a corridoio” che viene tut-tora utilizzata per molte realizzazioni[2].

L’edilizia residenziale universitaria ha subìto nel corso dell’ultimo secolo importanti cambiamenti dettati sia dai provvedimenti legislativi e dai rego-lamenti universitari vigenti, sia dalla disponibilità economica delle singole università. Le prime case dello studente sorsero negli anni Trenta e Quaran-ta per opera di diverse università sQuaran-taQuaran-tali (Bologna, Genova, Messina, Napoli, Roma, Pisa) e private (Genova, Ferrara, Messina, Napoli, Milano), che av-viarono la costruzione di case e collegi per studenti attraverso finanziamenti statali e propri[2].

Più recentemente è intervenuto il progetto di internazionalizzazione degli atenei che prevede l’incentivazione degli scambi internazionali e la stipula di convenzioni con atenei stranieri per attirare studenti dall’este-ro. Le università stanno attivando da diversi anni programmi di scambio internazionali stipulando convenzioni con atenei stranieri e riconoscendo una maggiore importanza al raggiungimento di una migliore competitività internazionale[2].

Infine, un ultimo aspetto che molto sta incidendo nel favorire lo sviluppo di residenze per studenti è il crescente contesto di concorrenza che si sta instaurando tra gli atenei e che indirettamente incentiva la politica degli alloggi per attrarre un numero sempre crescente di studenti[2].

Internazionalizzazione, nuova organizzazione dei corsi e concorrenza costituiscono dunque i fattori che fanno supporre una sempre maggiore domanda di abitazioni da parte di studenti, stranieri e non stranieri[2].

Il futuro dipende sempre più dallo sviluppo del capitale umano e sociale e che la capacità di attrarre questo capitale risieda nella costruzione di quelle che possono essere definite “comunità dell’apprendimento”: società caratte-rizzate dal forte desiderio dei cittadini di influenzare il futuro del luogo in cui vivono, amano, imparano e creano[7].

La necessità di formare individui, studenti, lavoratori e più in generale cittadini in grado di vivere assieme in un mondo che ha sempre più bisogno di relazioni umane e comunicazione, richiede dunque condizioni e presup-posti che in buona parte sono costituiti da infrastrutture fisiche e servizi dedicati[8]. La difficoltà nel fornire attrezzature e servizi che possano in-centivare lo sviluppo della cultura nella società non riguarda infatti soltanto

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA il sistema di apprendimento, ma tutto ciò che lo circonda e lo sostenta.

Investire nello sviluppo delle facilities a servizio della società è dunque essenziale. Le facilities costituiscono di fatto una infrastruttura fisica in gra-do di unire società, cultura e servizi; la carenza di offerta e di servizi, abbi-nata alla scarsa disponibilità di risorse da impiegare per la loro realizzazione, costituisce un gap che rischia di mettere in seria difficoltà molti Paesi euro-pei, Italia compresa.

1.2 L’housing universitario in Italia

Italia si è iniziato a parlare concretamente di student housing e di fab-bisogno abitativo degli studenti universitari soltanto a seguito dell’emana-zione della normativa che per prima ha trattato il tema degli alloggi e delle residenze universitarie. Si tratta della Legge del 14 novembre 2000, n. 338 (Gazzetta Ufficiale n. 274 del 23 novembre 2000), tuttora legge di riferi-mento per il settore [2].

Con la Legge n. 338/ 2000 vengono invece finalmente accesi i riflettori sulle residenze per studenti; il fine è quello di colmare il gap esistente tra il fabbisogno espresso dalla popolazione studentesca e la dotazione di posti alloggio disponibili realizzando nuove strutture, anche attraverso la valo-rizzazione, la riconversione e riqualificazione del patrimonio immobiliare

Fig. 1.1 - Percentuale di studenti che alloggia in residenze per studenti in Europa

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pubblico (immobili e aree) non utilizzato [2].

Sebbene il problema della dimensione dell’offerta di posti alloggio per studenti in Italia sia sempre esistito, esso è andato sempre più acuendosi anche a seguito dell’ormai costante e inevitabile confronto con l’Europa che, anche in questo contesto, pone il nostro Paese in una posizione di arretra-tezza rispetto a molte realtà [2].

Analizzando i dati forniti dall’ Eurostudent V: Social and Economic Con-ditions of Student Life in Europe, si può definire un quadro europeo estrema-mente eterogeneo delle condizioni di vita degli studenti (Fig. 1.1). In questo panorama l’Italia si colloca in una posizione estremamente critica riguardo alla disponibilità di alloggi per studenti. L’Indagine Eurostudent 2015 rivela come l’Italia ricopra l’ultimo posto della classifica, con solo il 2% degli stu-denti che alloggia in una residenza per stustu-denti.

Il dato è ancora più interessante se lo confrontiamo con la quota per-centuale di studenti che vive nella famiglia originaria con i propri genitori rispetto alla quota di studenti che invece si spostano per studiare oppure che hanno già formato una famiglia autonoma (Fig. 1.2). L’Italia, insieme ad Armenia, Germania, Malta Bosnia e Erzegovina Serbia, Croazia, appar-tiene a quel gruppo di Paesi europei in cui questa scelta riguarda la maggior parte della popolazione studentesca, mentre è minima la quota di studenti che vivono al di fuori del contesto familiare di origine (da soli o con una

Fig. 1.2 – La condizione abitativa degli studenti nei Paesi europei Fonte: Eurostudent V, 2015

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA propria famiglia), come invece avviene più facilmente nei Paesi scandinavi. L’offerta abitativa che caratterizza il mercato residenziale universitario in Italia è divisibile in tre categorie di alloggi: le residenze degli enti regionali per il diritto allo studio (DSU), posti letto direttamente gestiti dagli atenei di appartenenza e quelli dei collegi statali o non statali legalmente ricono-sciuti.

I collegi statali ospitano gli studenti che superano i concorsi di ammis-sione alla Scuola normale superiore o alla Scuola superiore di studi univer-sitari e di perfezionamento S. Anna di Pisa e beneficiano di vitto e alloggio pagato per tutto il percorso di studi.

I collegi legalmente riconosciuti sono strutture private a pagamento, an-che se spesso accompagnate da borse di studio e tariffe agevolate in relazio-ne a determinati parametri, a cui si accede tramite parametri di meritocrazia quali voto di maturità e il superamento di esami scritti e orali.

Dall’indagine effettuata annualmente dal MIUR si evince che la mag-gior parte dei posti letto sono gestiti dagli enti regionali per il DSU, secon-dariamente dai collegi statali e in una minima ed esigua parte dagli atenei (Fig. 1.3).

Estremamente importante è il netto aumento di posti letto dalla prima rilevazione del 2001 rispetto a quella del 2015. Sono passati da 30.270 a 49.376 realizzando quasi 20.000 nuovi posti alloggio.

Fig. 1.3 – Distribuzione dei posti letto distinti per ente gestore Fonte: MIUR, Ufficio Statistica

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Per quanto riguarda il territorio toscano il DSU Toscana attraverso le proprie strutture residenziali contribuisce al sostegno nei confronti degli studenti universitari fuori sede mettendo a disposizione diverse residenze universitarie le quali risultano collocate in parte nei centri storici delle città ed in parte nei contesti urbani dove sono ubicate le sedi universitarie.

Dall’anno della sua costituzione ad Azienda unica, il numero dei posti letto è sensibilmente aumentato passando da 3.884 posti alloggi del 2009 a 4.704 del 2017 (+21,11%) (Fig. 1.4).

Sebbene negli anni il numero dei posti letto sia sensibilmente aumenta-to, dimostrando così la volontà da parte degli enti competenti di migliorare l’offerta di residenze per studenti, la situazione come in Toscana, così nello specifico a Pisa, rimane ad oggi critica costringendo ben oltre la metà degli studenti fuori sede a rivolgersi al mercato privato. Quest’ultimo nel tempo sta diventando sempre più difficile per gli studenti in cerca di alloggio che si trovano a dover combattere per posti letto dal costo in continuo aumento.

Questi dati dimostrano come nel nostro Paese quello delle residenze per studenti non sia un mercato affatto saturo; al contrario richiede sforzi da parte di soggetti sia pubblici che privati affinché si possa raggiungere un rapporto posti letto/studenti soddisfacente e coerente con le aspettati-ve di internazionalizzazione che gli atenei si sono prefissate per i prossimi anni[2].

Fig. 1.4 – Disponibilità posti letto 2009-2017 Fonte: DSU Toscana, Bilancio Sociale 2017

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA

1.3 Abitare da studenti

I particolari caratteri delle residenze studentesche sono in stretta cor-relazione con l’evolversi rapido e continuo dei modelli esigenziali di rife-rimento, espressi da un’utenza giovane, per sua propria natura incline al rinnovamento delle pratiche comportamentali, individuali e di gruppo, e alla rottura degli schemi precostituiti e delle convenzioni culturali e sociali; un’utenza, peraltro, sempre mutevole nell’arco di periodi anche molto bre-vi per l’avbre-vicendarsi negli spazi abitatibre-vi, soggetta a un continuo ricambio nell’assortimento sociale, culturale e di provenienza geografica. Lo studente universitario presenta caratteri peculiari che sono dovuti ai suoi bisogni spe-cifici, alle condizioni di precarietà tipiche della vita fuori casa, alla forma-zione culturale, alla tradiforma-zione abitativa in seno al proprio nucleo familiare e alla condizione economica[9].

Le trasformazioni caratteriali ed emotive che coinvolgono lo studente in giovane età sul piano psicologico e sociologico determinano una generica instabilità, in cui la dimensione sociale del gruppo diventa un momento importante della fase di crescita.

Per l’utenza studentesca la dimensione collettiva rimane uno degli aspet-ti essenziali della vita universitaria e i servizi, per definizione di carattere collettivo, assumono un’importanza fondamentale nel rapporto con la fun-zione abitativa vera e propria. Nei processi di revisione dello spazio abita-tivo contemporaneo quello che conta non sono tanto gli aspetti intrinseci dell’alloggio, i cui elementi essenziali rimangono pressoché immutati nel tempo, quanto le relazioni che lo spazio domestico instaura con lo spazio collettivo, pubblico e dei servizi[4].

La residenzialità per gli studenti ha una forte rilevanza sul piano didat-tico-formativo, sul piano culturale e sociale, sul piano economico[9] e per tale motivo non può essere considerata semplicisticamente una fase pre-caria della vita studentesca ma deve assumere un carattere di peculiarità: un’abitazione speciale in cui le funzioni essenziali dell’abitare si integrano con quelle collettive e sociali. Ne deriva che la risposta deve essere articolata per tipologia, per servizi, per prestazioni, per modelli insediativi in modo da corrispondere alle diverse e molteplici aspettative dell’utenza studente-sca[4].

Il luogo che accoglie l’attività residenziale dello studente rappresenta un importante punto di riferimento per la crescita del soggetto e garantisce continuità di partecipazione all’attività universitaria. Formazione significa infatti crescita sotto molteplici aspetti: fisica, culturale, caratteriale e sociale e l’università, con tutti i suoi servizi, costituisce il microcosmo sociale dove gli studenti trascorrono la maggior parte del loro tempo[2].

Caratteristica delle residenze per studenti è quella di essere rivolta ad una utenza le cui esigenze non sono costanti, ma si trasformano nel

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tem-po, anche perché sono gli stessi utenti che si rinnovano continuamente. Le residenze universitarie devono dunque essere variamente caratterizzate per tipologia, dimensioni, prestazioni e servizi offerti, modalità di fruizione e distribuzione temporale. È quindi fondamentale pensare a soluzioni in gra-do di garantire mobilità e flessibilità spaziale e che assicurino la possibilità di adeguare lo spazio abitativo alle trasformazioni che si rendono necessarie per garantire idonee condizioni di vita e di studio[2].

Il modo di abitare dello studente differisce dunque dall’abitazione tra-dizionale per le sue modalità di fruizione da parte di una varietà di utenti singoli o in gruppo e per il tempo di utilizzazione concentrato in un perio-do definito dell’anno; assomiglia di più ad una struttura ricettiva, ma con esigenze specifiche che non trovano un riscontro appropriato nelle realtà alberghiere per molteplici ragioni, prime fra tutte il costo[2].

Lo studente è particolarmente predisposto allo svolgimento in forma collettiva di alcune funzioni essenzialmente individuali: la consapevolezza di vivere in un alloggio temporaneo determina spesso una maggiore libertà nella fruizione dello spazio. Cambia dunque il modo di “usare” lo spazio della casa, ma cambia anche il modo di relazionarsi con lo spazio esterno, con lo spazio collettivo e pubblico, sicché questo vive in relazione con il suo intorno, attraverso un intenso scambio di funzioni tra il privato e il pubbli-co[2].

1.4 Quadro normativo

La Legge del 14 novembre 2000, n. 338 (Gazzetta Ufficiale n. 274 del 23 novembre 2000) risulta ad oggi la legge di riferimento per quanto riguarda il tema degli alloggi e delle residenze universitarie.

La Legge n. 338/ 2000 è importante per due fondamentali ragioni. In-nanzitutto, perché dalla sua emanazione si introducono per la prima volta quei concetti fondamentali che hanno attribuito una specifica identità alla residenza per studenti; in secondo luogo, perché ha favorito attraverso in-centivi economici la realizzazione nel corso degli anni di molti interventi (nuovi o di riqualificazione) su tutto il territorio nazionale. Il primo aspetto innovativo della legge è stato quello di aver riconosciuto la specificità del caso della residenza per studenti; e lo ha fatto ribadendo come essa non sia equiparabile ad una residenza tradizionale o ad una struttura ricettivo-alber-ghiera (come spesso è stato fatto in passato) ma presenta caratteri distintivi propri che essa stessa identifica introducendo il concetto di “standard mi-nimi qualitativi” e di “linee guida” relative ai parametri tecnici ed economici per la realizzazione di alloggi per studenti pensati ad hoc. In una situazione fino ad allora governata da una totale assenza del quadro normativo, questo aspetto è risultato essere molto significante poiché ha definito i parametri entro i quali operare. Inoltre, la legge ha sottolineato il carattere sociale

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA delle student housing: gli alloggi e le residenze hanno la finalità non solo di ospitare gli studenti universitari, ma anche quella di offrire agli iscritti non residenti servizi di supporto alla didattica, alla ricerca, alle attività culturali e ricreative, aprendo la residenza per studenti a tutti coloro che nell’università trascorrono la maggior parte del loro tempo. Così facendo le residenze per studenti non vengono più intese come un luogo isolato e fruibile esclusiva-mente dagli utenti che vi abitano, ma come un punto di incontro tra chi vi soggiorna e chi invece vi accede solo per studiare, per assistere a conferenze, per trovare un ambiente adatto alle relazioni sociali. In secondo luogo, la Legge n. 338/ 2000 ha contribuito attivamente ad aumentare l’offerta di al-loggi per studenti universitari nell’intento di diminuire il gap tra fabbisogno abitativo e offerta di posti letto mediante la predisposizione di cofinanzia-menti statali a favore di interventi finalizzati alla manutenzione straordina-ria, recupero, ristrutturazione, nuova costruzione e acquisto di aree e edifici da destinare ad alloggi e residenze per studenti universitari.

I decreti ministeriali n. 118 del 9 maggio 2001, il n. 43 del 22 maggio 2007 e il n. 27 del 7 febbraio 2011 definiscono gli standard minimi dimen-sionali e qualitativi e le linee guida relative ai parametri tecnici ed econo-mici concernenti la realizzazione di alloggi e residenze per studenti. Essi definiscono le principali caratteristiche che questa tipologia di edificio deve avere, vengono delineati gli “utenti” che possono usufruire di tale servizio, identificati i modelli organizzativi secondo cui strutturare le realizzazioni residenziali per studenti e stabiliti i minimi dimensionali.

1.5 Progettare la residenza universitaria

Una delle forme più strutturate dell’abitare da studente fuori sede per-mane quella delle residenze universitarie. Questa soluzione ricettiva non solo appare come un completamento diretto e funzionale dell’università, ma come naturale compimento pedagogico dell’offerta formativa, tanto da segnare per lo studente quel passaggio dalla vita familiare alla vita indipen-dente, che è tipico della condizione di colui che risiede lontano dai centri di studio[2].

La sfida che propone questa tipologia va individuata nella capacità di trovare formule abitative in grado di favorire forme di coabitazione fra gio-vani di varia origine, provenienza, cultura e religione, anche in relazione all’intensificarsi dei processi di internazionalizzazione degli scambi culturali attualmente in corso nelle sedi universitarie[2].

Le residenze universitarie svolgono soprattutto un servizio di tipo so-ciale, rispondendo alle esigenze abitative degli universitari meritevoli ma economicamente fragili, garantendo locazioni a canone calmierato e ac-cessibile. Aspirano inoltre a soddisfare esigenze più complesse e articola-te: integrazione sociale e culturale, capacità di confronto, scambi umani e

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scientifici, ma anche la garanzia di adeguati spazi per lo studio, per il relax, per il riposo ecc.

Oggi le residenze universitarie non vengono più considerate come sem-plici strutture ricettive per l’ospitalità transitoria al pari di alberghi o ostelli, ma rappresentano ambiti di formazione e crescita, luoghi per l’apprendi-mento e l’educazione, quali parti integranti delle comunità universitarie: micromondi entro cui costruire relazioni dirette e non virtuali, la cui pro-gettazione deve rispettare determinati criteri e principi generali[2].

Il vivere da studenti si accompagna infatti a un cambiamento nei modi di essere, incentiva forme più mature di autogestione comportamentale, aiuta ad aprire gli orizzonti culturali e sociali in termini di autodeterminazione nella costruzione di relazioni e legami che non sempre sono necessariamen-te attinenti al proprio percorso formativo e/ o di studio. Negli ultimi necessariamen-tempi queste prerogative si sono fortemente ampliate in relazione al progressivo aumento dei potenziali fruitori di queste strutture e stanno interessando anche altre figure che operano nel mondo universitario: dottorandi, giovani ricercatori, assegnisti di ricerca, visiting professor, a volte sposati o con fa-miglia [2].

Sul piano funzionale e organizzativo, il modello urbano della residen-zialità studentesca è in grado di trasformare l’assetto spaziale e funzionale di un determinato ambito, tanto da rappresentare, all’interno delle nuove politiche di pianificazione urbanistica, un interessante “motore” per il varo e la promozione di mirate politiche di sviluppo e/o rigenerazione urbana[2].

Le residenze universitarie riescono infatti a farsi interpreti di un’idea di città coesa e solidale, assumendo il ruolo di condensatore sociale capace di agire come forza attrattiva su utenti giovani e dinamici, così da generare un senso di comunità e di appartenenza: discriminante fondamentale di ogni progetto di “rammendo” della città[2].

Durante la fase progettuale non si può prescindere come utenti portatori di bisogni complessi e quindi tutt’altro che uniformi. Le risposte dovranno essere personalizzate ed articolate. Un primo importante passaggio lo si è registrato nel superamento del vecchio modello abitativo e di condivi-sione degli spazi di vita comune, tipico del collegio di origine medioevale (“caserme per studiare”), spazialmente caratterizzato da stanze a più letti, bagni in comune e grandi saloni per la ricreazione comunitaria e il pranzo. Oggi le proposte più innovative sul piano tipologico sono quelle più attente alle esigenze e ai bisogni dello studente/ospite. Esse si basano su impianti distributivi e unità ambientali personalizzabili, che rifuggono l’anonimato e la segregazione. Si tratta di impianti che prevedono modelli esigenziali in grado di tutelare maggiormente la privacy e la riservatezza, ma che allo stesso tempo garantiscono soluzioni per lo stare insieme e il socializzare. In questi casi si hanno tipologie progettate in modo da prevedere non solo la personalizzazione dell’arredo e dell’organizzazione spaziale, ma anche la

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA possibilità di ospitare altre persone (amici, compagni e parenti) oppure di studiare con altri.

Queste residenze prevedono un assetto tipologico basato su uno studio attento e accurato delle esigenze dell’utenza, così da garantire un’adeguata sequenza e gerarchia nei differenti ambiti spaziali, anche in relazione ai modelli ricettivi praticabili: sistemazione individuale, quale spazio destinato al singolo studente (o forse due, nel caso di un appartamento); sistemazione semi-condivisa con alloggio suddiviso in zona privata e servizi igienici, ma una cucina e un soggiorno in comune con altri; completamente condivisa, con alloggi dove lo studente ha uno spazio privato (camera da letto), ma con la cucina e i sanitari comuni con altri studenti.

Indipendentemente dal tipo di modello, ciò che concorre a denotare queste strutture è la disponibilità di spazi per assicurare e garantire agli studenti la possibilità di interagire e integrarsi tra di loro, così da promuove-re forme allargate di socialità e innescapromuove-re situazioni di autodeterminazione nelle relazioni interpersonali ed evitare qualsiasi forma di segregazione e isolamento dell’individuo.

La ricerca architettonica deve dunque contribuire all’individuazione di soluzioni tipologiche e spaziali capaci di superare i modelli stereotipati. Si tratta di un “andare oltre” per esplorare forme d’abitare fondate su sistemi ambientali basati sulla ragionevole convivenza tra due esigenze apparente-mente opposte: quella della privacy, reinterpretata alla luce del dover vivere in un contesto differente rispetto a quello di origine, e quella della communi-ty, dello stare insieme ad altri, del vivere con coetanei che svolgono le stesse attività e hanno gli stessi ritmi e le stesse aspirazioni.

1.5.1 Modelli insediativi e strutture formali

Il modello insediativo della residenza universitaria può variare non solo in relazione al contesto socioculturale, economico e storico/geografico di riferimento, ma anche in ragione degli assetti topografici, localizzativi e in-sediativi.

Alla luce di ciò, è possibile identificare l’esistenza di una pluralità di mo-delli insediativi: quello urbano posto in contesti centrali della città (centri storici), quale parte integrante del tessuto residenziale, quello collocato in zone intermedie tra periferia e centro, dove l’integrazione con l’esistente non sempre è compiuta, e quello ubicato in zone esterne e lontane dal cen-tro della città, in aree caratterizzate dalla presenza di molti spazi verdi. In questo caso si parla di Campus universitario isolato, cioè di una struttura autosufficiente e autoreferenziale dal punto di vista didattico, dei servizi e delle attrezzature.

Il rapporto tra la residenza studentesca e il contesto urbano e territoriale con cui interferisce (Fig. 1.5) è uno degli aspetti preminenti nella

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definizio-ne non solo del modello insediativo gedefinizio-nerale ma anche dell’organizzaziodefinizio-ne funzionale e tipologica del complesso abitativo.

Il modello “chiuso” che connotava i primi collegi universitari per proteg-gere gli studenti dall’influsso di correnti di pensiero estranee alla formazio-ne di tipo accademico e dalle beghe cittadiformazio-ne si è andato progressivamente sgretolando, con alterne vicende, a favore di una maggiore permeabilità e interazione tra gli studenti e l’ambiente circostante. Inizialmente lo sco-po era quello di proteggere gli studenti (perlopiù benestanti) da una parte dall’influsso di correnti di pensiero estranee alla formazione di tipo accade-mico istituzionale (soprattutto quando di carattere religioso) dall’altra dalla interferenza con la gente comune e le strade cittadine.

Oggi le residenze studentesche, sempre più diffuse nelle città universita-rie per soddisfare il crescente fabbisogno abitativo degli studenti fuori sede sono un organismo aperto e dialogante con il contesto dal punto di vista funzionale, sociale, culturale e formale. Anche sotto il profilo educativo e formativo dello studente, la residenza integrata con la città e i suoi servizi risulta maggiormente efficace, esprimendo potenzialità interattive e favo-rendo iniziative ed esperienze culturali e sociali esterne. Ne deriva anche che l’interazione con il contesto urbano non deve essere monodirezionale ma reciproca, in modo tale che anche i cittadini trovino nei servizi offerti dalla residenza studentesca una possibilità di scambio.

Fig. 1.5 – Rapporto residenza studentesca-contesto urbano Fonte: elaborazione dell’autore

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA La residenza deve dunque essere localizzata in stretta connessione con la rete delle attività e dei servizi urbani, deve includere nel programma fun-zionale spazi per attività collettive di interesse generale non circoscritte alla sola popolazione studentesca residente e deve essere connotata formalmen-te da apertura e permeabilità verso il conformalmen-testo.

Le residenze universitarie, in coerenza con altre strutture ricettive, pos-sono assumere le più svariate configurazioni morfo-tipologiche. Facendo riferimento a questi aspetti, è possibile individuare alcune soluzioni preva-lenti: unità puntuali, lineari, lineari chiuse, a sviluppo orizzontale o verticale. Per quanto concerne i sistemi distributivi, i modelli prevalenti dal punto di vista delle modalità aggregative – correlate al sistema distributivo – sono quelli a ballatoio e a corridoio centrale.

Mentre le zone residenziali vengono solitamente ridistribuite all’interno dell’organismo edilizio in analogia con quanto avviene per l’edilizia abitativa collettiva, la distribuzione e la collocazione delle zone dei servizi rappresen-tano una delle componenti tipologiche caratterizzanti. Questi spazi posso-no occupare diversi livelli o porzioni della residenza (Fig. 1.6): l’intero piaposso-no terra, gli ambiti di approdo dei connettivi verticali, le estremità dell’edificio, la copertura, e possono essere integrati o scorporati rispetto all’organismo edilizio.

Fig. 1.6 – Collocazione delle zone di servizio Fonte: elaborazione dell’autore

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Nella residenza universitaria, i connettivi a ballatoio e a corridoio centra-le possono essere: confinati o aperti, parzialmente confinati e parzialmente aperti. Essi rappresentano le soluzioni serventi maggiormente adottate, per ragioni di economicità e razionalità: i ballatoi necessitano di un numero limitato di scale e ascensori, e permettono di disimpegnare, a costi conte-nuti e con ingombri limitati, un alto numero di unità abitative o altri spazi funzionali. È interessante rilevare la tendenza attualmente in atto a non considerare questi impianti distributivi come dei semplici spazi serventi o comunque di servizio, ma a connotarli anche come spazi funzionali da met-tere a disposizione. A fronte di un loro eventuale allargamento rispetto alla larghezza minima regolamentare, si possono infatti trasformare in punti di sosta, angoli di incontro, spazi vegetalizzati in quota e all’aperto, comoda-mente utilizzabili dagli utenti, ma anche da ospiti o semplici visitatori. Nel caso di ballatoi non confinati, la possibilità di trasformarli in spazi comuni all’aperto può aumentare nei casi in cui si trovino in quota o si aprano verso zone protette come giardini introversi e corti chiuse, oppure permettano vi-ste panoramiche sulla città e sui dintorni. La tipologia a corte, diversamente, si presenta come continuità dei grandi impianti religiosi di origine medio-evale quali conventi, monasteri e caserme militari. Essa ha la prerogativa di definire chiaramente la natura del suo spazio, individuando in modo netto e chiaro lo spazio pubblico, semi-pubblico e privato della residenza. In questi casi l’area occupata dalla corte diventa un ambito di relazione molto impor-tante. Su di esso si affacciano preferibilmente le camere o gli alloggi così da beneficiare della quiete che la tipologia a corte assicura.

1.5.2 Modelli esigenziali

L’utenza delle residenze universitarie è per sua natura instabile e com-plessa, ciò presuppone che nell’elaborazione degli spazi che attengono alla loro residenzialità, si cerchi di andare oltre i convenzionali canoni abitativi basati su schemi comportamentali stabili e codificati, in modo da esplorare soluzioni insediative meno soggette a vincoli funzionali e tipologici pre-costituiti. Oltre a ciò, si deve tener conto dell’eterogeneità dei profili esi-genziali esprimibili dall’utenza, che differiscono in relazione al fatto che si tratti di studenti dei primi anni, di universitari maturi, talvolta sposati, op-pure di professori o ricercatori in visita. Queste differenti tipologie d’utenza presuppongono risposte differenziate in termini spaziali e organizzativi al punto da condizionarne gli assetti distributivi e tipologici.

Considerando, diversamente, i modelli esigenziali oggi disponibili sul mercato dell’ospitalità universitaria, si possono individuare le seguenti solu-zioni: a) ad albergo, b) a minialloggio, c) a nucleo integrato, d) misto.

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA

a) Il modello ad albergo

Il modello ad albergo è definito tale in quanto ripropone concettualmen-te il tradizionale impianto tipologico distributivo delle strutture ricettive di tipo alberghiero: spazi comuni, connettivi verticali e orizzontali, e camere da letto in batteria. Questo modello rappresenta la più elementare, ma anche la più diffusa, modalità alloggiativa. Le singole unità ambientali ospitano una o al massimo due persone, mentre sono rari i casi con un numero superiore di utenti. Esse sono di norma dotate di servizio igienico dedicato. In Italia la presenza di un bagno per alloggio è obbligatoria, in altri contesti interna-zionali appare ancora facoltativa.

I requisiti dimensionali minimi di superficie netta (Fig. 1.7), almeno in Italia, sono i seguenti: camera singola (posto letto, posto studio) ≥ 11,0 mq; camera doppia (due posti letto, posto studio) ≥ 16,0 mq. Non sono ammesse camere con più di due posti alloggio; servizio igienico (lavabo, doccia, wc, bidet), condivisibile fino ad un massimo di tre posti alloggio, ≥ 3,0 mq. Ciò non impedisce che, a parità di funzioni previste, si possano rilevare sul pa-norama internazionale camere ad albergo con superfici inferiori.

Il modello ad albergo può essere assunto come la naturale evoluzione della cella monacale di origine medioevale, di cui mantiene i caratteri di ri-servatezza, essenzialità ed economicità, anche se ha migliorato le dotazioni,

Fig. 1.7 – Requisiti dimensionali minimi per il modello ad albergo Fonte: elaborazione dell’autore

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le metrature e i livelli di comfort.

Questo modello comporta la netta separazione tra dimensione privata e dimensione comunitaria.

Sul piano teorico, tutto ciò comporta l’intensificarsi, tra gli ospiti, dei momenti di condivisione e di scambio sociale, in quanto la soluzione ad al-bergo spinge lo studente a vivere la camera per un limitato lasso temporale. In alcuni casi questo modello può sortire l’effetto opposto dal momento che può indurre gli studenti ad appartarsi o ad estraniarsi dal resto della strut-tura, rimanendo soli. In questo caso, gli studenti finiscono per assumere lo spazio della camera previsto come l’omologo dello spazio privato dell’abi-tazione d’origine. Il sistema distributivo che caratterizza il modello ad al-bergo prevede generalmente connettivi orizzontali, disimpegnati da scale o ascensori, sui quali si aprono in sequenza le unità residenziali, generalmente disposte su un unico livello.

La serialità delle unità abitative lungo i connettivi orizzontali si traduce in razionalità progettuale, trovando riscontro in termini di economicità co-struttiva e realizzativa. A riguardo, risulta di grande utilità impostare ogni alloggio in accordo con il passo strutturale del manufatto. Seppur non con-siderati elementi indispensabili, alcune soluzioni ad albergo presentano pic-coli spazi privati all’aperto (balconi, terrazze, logge ecc.). Essi costituiscono ambiti di mediazione con l’esterno, generalmente accessibili tramite gene-rose porte finestra, che massimizzano gli apporti solari verso la zona studio.

b) Il modello a minialloggio

Il modello a minialloggio prevede un’organizzazione spaziale con ca-ratteri di elevata autosufficienza, autonomia e indipendenza, in quanto propone una formula abitativa a elevata privacy in grado di replicare una residenzialità molto prossima a quella domestica. Ogni unità, di norma per massimo due utenti, è dotata di quanto richiede un abitare di tipo tempo-raneo: zona cottura, area studio, angolo riposo, servizio igienico privato e, in alcuni casi, zona giorno per l’ospitalità.

Si tratta di una soluzione più recente rispetto a quella ad albergo, di cui ripropone l’organizzazione distributiva in batteria, basata su connettivi orizzontali continui. Nelle residenze a minialloggi le superfici degli spazi comuni e delle attrezzature sono generalmente più contratte rispetto al mo-dello ad albergo.

Il modello a minialloggio tende infatti all’esaltazione della privacy e all’indipendenza degli utenti, a scapito di altri modelli che ricercano più accentuate forme di condivisione. Sul piano dei comportamenti sociali, il modello a minialloggio implica un evidente isolamento dell’utenza, che può portare alla totale estraniazione degli studenti dalla vita comunitaria. A fronte di questo limite, si deve riconoscere che questa soluzione può essere

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA

utile soprattutto nei casi di utenti “maturi”, che ricercano una dimensione di vita più isolata e riservata rispetto a quella collegiale.

In ragione di ciò, il minialloggio viene solitamente preferito da un’u-tenza fatta di studenti agli ultimi anni di corso, dottorandi, specializzandi, ricercatori, assegnisti di ricerca, visiting professor sposati e/o con figli, e che generalmente non esprimono particolari bisogni dal punto di vista della socializzazione.

Secondo la normativa italiana essi devono rispettare i seguenti requisiti dimensionali di superficie netta (Fig. 1.8): un posto alloggio ≥ 24,0 mq; due posti alloggio in camera doppia ≥ 36,0 mq; due posti alloggio in camere singole ≥ 42,0 mq.

In termini di investimento economico iniziale, il modello a minialloggio si configura come una soluzione più onerosa rispetto agli altri modelli per via della sua ricchezza di dotazioni che richiede: angolo cottura, bagno ecc.

c) Il modello a nucleo integrato

Il modello a nucleo integrato è la soluzione più vicina al normale appar-tamento privato che nelle grandi città molti studenti utilizzano come alter-nativa alla residenza. A differenza di questa soluzione di tipo condominiale, i nuclei integrati si trovano in apposite strutture dedicate, dove è possibile

Fig. 1.8 – Requisiti dimensionali minimi per il modello a minialloggio Fonte: elaborazione dell’autore

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disporre, a integrazione di quanto già presente nel singolo alloggio, di ser-vizi di supporto sia di tipo funzionale (lavanderie comuni ecc.) sia di tipo ludico ricreativo (attrezzature sportive e per lo svago ecc.).

Questo modello è definito da un’unità spaziale formata da una serie di camere da letto che gravitano attorno a uno spazio giorno pertinenziale comune.

Secondo la normativa italiana, i nuclei integrati devono garantire il ri-spetto dei seguenti requisiti dimensionali di superficie netta (Fig. 1.9): la superficie per posto alloggio (posto letto con posto studio) deve essere di al-meno 11,0 mq. Non sono ammesse camere con più di due posti alloggio, la camera doppia deve essere almeno di 16,0 mq; i servizi igienici, condivisibili al massimo da tre posti alloggio, devono essere di almeno 3,0 mq.

Il modello a nucleo integrato si configura per un certo verso come un’u-nità abitativa indipendente e autonoma, sia per quanto attiene il dormire, il lavarsi, il preparare il cibo, che per quanto riguarda il consumare il pranzo, lo studiare e lo stare con gli altri. Ogni nucleo possiede al proprio interno tutto il necessario per rispondere ai bisogni di ospitalità degli studenti. Nel modello a nucleo integrato la dimensione dello stare insieme, dello studiare in compagnia, del praticare attività sportive, dell’utilizzare laboratori infor-matici, nonché le attività culturali in gruppo vengono previste in appositi luoghi concentrati, oppure frammentati in più punti.

Fig. 1.9 – Requisiti dimensionali minimi per il modello a nucleo integrato Fonte: elaborazione dell’autore

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA Questo modello consente inoltre di contrarre e razionalizzare le superfici delle aree comunitarie.

In ragione del limitato numero di utenti di ogni nucleo integrato, è pos-sibile considerare questa soluzione come la più adatta a mediare tra le esi-genze di privacy e di sociality.

d) Il modello misto

La necessità di rispondere alle molteplici esigenze alloggiative che gli utenti e gli operatori del mondo universitario possono esprimere ha sugge-rito a progettisti e operatori del settore l’opportunità di sperimentare un al-tro modello abitativo: il tipo misto. Si tratta di una soluzione che prevede la compresenza all’interno di una struttura di più modelli aggregativi: camera ad albergo, minialloggi, nuclei integrati. Questo mix permette di rispondere simultaneamente alle variegate e mutevoli esigenze alloggiative di questo particolare tipo di utenza.

In genere i minialloggi vengono riservati agli studenti locali, ai docenti, ai ricercatori e al personale universitario, mentre le camere ad albergo sono messe a disposizione degli Erasmus e dei giovani borsisti. Questo model-lo, scarsamente utilizzato in Italia in quanto non se ne sono ancora col-te a sufficienza le pocol-tenzialità, se da un lato consencol-te di salvaguardare le funzioni proprie dello Student Housing, dall’altro permette di incentivare processi di socializzazione e integrazione, grazie alla simultanea presenza all’interno della stessa struttura di una pluralità di soggetti e utenti, porta-tori di differenti bisogni, ma anche di individualità diversificate. Il modello misto consente infatti di mettere a disposizione degli utenti una pluralità di modelli alloggiativi e di servizi a cui può corrispondere un ampio spettro di soluzioni di costo per le rette. Questo modello possiede un’altra importante prerogativa: consente agli ospiti di migrare da una soluzione alloggiativa all’altra, pur rimanendo nello stesso edificio.

1.5.3 Aree funzionali

La finalità di una residenza universitaria non è semplicemente di offrire un posto letto, ma anche di garantire adeguate condizioni di accoglienza per agevolare la frequenza dell’università. La residenza deve quindi supportare lo studente sul piano operativo e psicologico nel percorso che lo porterà al conseguimento del titolo di studio secondo tempi certi, e un percorso che ne stimoli l’integrazione sociale e culturale alla vita cittadina tanto da poter formare capitale umano e sociale per la comunità.

Ciò richiede che nella organizzazione spaziale e funzionale di queste strutture non si debba pensare al soddisfacimento dei soli bisogni indivi-duali, ma piuttosto prevedere anche altre attività e facilities che integrino e

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supportino l’abitare da studenti in termini di socializzazione e condivisione. Le aree funzionali da prevedere all’interno di queste strutture possono essere pertanto individuate in relazione alla necessità di migliorare la qualità dello studio, di agevolare il soggiorno, di supportare la presenza degli stu-denti e di consentirne l’accesso e la distribuzione.

Secondo quanto illustrato nell’Allegato A al d.m. 7 febbraio 2011, n. 27 le aree funzionali possono essere così classificate:

• AF1, Residenza

• AF2, Servizi culturali e didattici • AF3, Servizi ricreativi

• AF4, Servizi di supporto, gestionali e amministrativi • Accesso e distribuzione

• Parcheggio auto e servizi tecnologici

Tralasciando l’area AF1, già ampiamente trattata nel capitolo preceden-te, soffermiamoci adesso su quelle propriamente relative ai servizi cercando di chiarire quali siano gli ambienti ad esse associati.

AF2, Servizi culturali e didattici

Si tratta dei servizi per la formazione culturale e didattica che solita-mente coincidono con le funzioni dello studiare, fare ricerca, documentarsi, leggere, confrontarsi in piccoli gruppi, organizzare riunioni, disegnare ecc. Nella progettazione di questi spazi si deve tener conto di fattori quali la corretta luminosità naturale, il controllo della rumorosità, la necessità di ricambi d’aria naturale, la temperatura interna e di tutti gli altri parametri attinenti al comfort ambientale.

La tendenza oggi prevalente in ambito internazionale è di predisporre spazi non esageratamente dilatati, come avveniva in passato, bensì ambienti medio-piccoli, che in caso di bisogno possono essere trasformati o ripartiti in unità più misurate e contenute, anche solo utilizzando arredi o pareti mobili.

Secondo la normativa italiana quest’area funzionale si articola nelle se-guenti unità ambientali: sala/ e studio; aula/ e sale riunioni; biblioteca (de-posito e consultazione).

AF3, Servizi ricreativi

Appartengono a quest’area funzionale tutti i servizi di tipo ricreativo, ludico e sportivo. Tra questi si possono segnalare: sale video, sale relax, mu-sic-club, sale giochi, spazi internet, ma anche coffee corner con distributori automatici di snack e bevande, bar, caffetterie con posti a sedere, tavola

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cal-1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA da, fast-food, emeroteca ecc. A questi si aggiungono quelli per la cura e l’e-ducazione del corpo: palestre, fitness-club, piscina coperta, campo da calcio con o senza pista di atletica, area verde attrezzata per lo sport all’aria aperta, terrazza panoramica, aree e giardini per praticare l’agricoltura urbana, o per il footing ecc.

Secondo la normativa italiana a questo ambito appartengono le seguenti unità ambientali: sala/e video; sala/e musica; spazio/i internet; sala/e giochi; palestra con spogliatoio (fitness). Le sale video devono consentire di assi-stere ai programmi televisivi o alla proiezione di registrazioni video, mentre quelle destinate alla musica devono permettere l’ascolto di brani musicali in forma collettiva. Lo spazio internet è generalmente costituito da una serie di postazioni dotate di personal computer con connessione alla rete internet. Le sale giochi devono consentire lo svolgimento di attività ludiche secondo la più vasta gamma di tipologie di gioco da tavolo. Nella sala giochi si deve prevedere anche la possibilità di effettuare feste tra gli studenti.

AF4, Servizi di supporto, gestionali e amministrativi

Gli ambiti funzionali che afferiscono a questi spazi possono essere in-terni o esin-terni alla residenza. Le funzioni indoor più richieste sono: le la-vanderie, complete di lavatrici e asciugartici, le stirerie, i parcheggi per le biciclette, ma anche eventuali spazi commerciali (minimarket, punto vendi-ta alimenvendi-tari ecc.), spazi e attrezzature per la ristorazione e il consumo dei pasti. L’area funzionale dei servizi di supporto alla residenza è solitamente pensata in forma integrativa e non sostitutiva rispetto a quanto già previsto dai diversi modelli esigenziali.

Una tendenza sempre più marcata prevede che queste funzioni non sia-no di tipo esclusivo, e quindi di sola pertinenza degli studenti ospiti, ma che si interfaccino con il mondo esterno. Ciò favorisce forme di interscambio con gli abitati della zona, allarga il bacino delle utenze e le rende più soste-nibili sul piano economico.

Secondo la normativa italiana, l’insieme di attrezzature che rientra in quest’area è composto da: lavanderia/stireria, parcheggio biciclette, ufficio dirigente, ufficio portiere; archivio, guardaroba, deposito biancheria e ma-gazzino.

Accesso e distribuzione

Questa area funzionale contempla ciò che attiene l’ingresso e la distribu-zione degli studenti all’interno di una residenza. A essa afferiscono i servizi gestionali e amministrativi, come gli uffici del portiere e del dirigente, la hall di ingresso, la reception, lo spazio con le cassette per la posta ecc., nonché gli ambiti del sistema distributivo come corridoi, scale, zone sbarco,

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ascen-sori, spazi di sosta ecc. L’insieme delle funzioni di accesso e distribuzione, di norma, sono scandite dalla presente sequenza: ingresso, hall reception (se prevista), connettivi verticali, connettivi orizzontali, servizi, zona degli alloggi e zona degli spazi comuni.

In molti casi la zona dell’ingresso svolge anche la funzione di spazio di incontro tra gli studenti. Lo spazio di ingresso spesso contempla una zona per l’affissione di informazioni e comunicazioni per gli studenti, e un primo ambito per ricevere gli esterni.

Secondo la normativa del nostro Paese, nel caso in cui l’ingresso assuma la funzione di ambito di relazione, la sua superficie può essere considerata spazio accessorio all’Area funzionale dei servizi di supporto alla residenza (AF3). I connettivi orizzontali e/ o verticali collegano tra loro le unità am-bientali al piano o sui differenti livelli. Essi possono anche perdere la loro natura di elementi di servizio, contemplando funzioni accessorie o comple-mentari, così da diventare spazi per l’attesa, la sosta, il relax, lo scambio e la socializzazione tra studenti residenti e non.

Parcheggio auto e servizi tecnologici

Quest’area comprende spazi di parcheggio auto/moto e la dotazione di vani tecnici e servizi tecnologici in genere.

1.6 Esempi di riferimento

Lo studio di diversi interventi di student housing è stato un passo fon-damentale per arrivare ad una conoscenza ancor più approfondita di questa tipologia edilizia. La fortuna della residenzialità studentesca in Italia, ma soprattutto all’estero è molto ampia. Cercare di capire come vengano ap-plicate le nozioni teoriche, fino a questo momento illustrate, all’interno di opere che hanno visto la loro realizzazione è sicuramente momento di alto apprendimento imprescindibile prima di passare all’atto creativo, alla pro-gettazione.

Segue una selezione di tre opere che attraverso le loro peculiarità inda-gano e sviluppano i seguenti temi: l’integrazione di diverse forme abitative all’interno di uno stesso intervento, la complessità e l’importanza degli spazi di distribuzione come elemento fondante del progetto architettonico e la potenza della corte come spazio di relazione dal quale l’intervento si nutre.

L’analisi dei seguenti progetti è completata da schemi distributivi e fun-zionali che guidano nella comprensione delle scelte che il progettista ha compiuto in termini di modelli esigenziali ed aree funzionali.

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA

Student Housing DUWO, Delft Mecanoo Architecten

Questo intervento di student housing ad opera di Mecanoo Architecten risulta inserito all’interno dell’imponente e prestigioso Technology Univer-sity Campus di Delft, Olanda. Il progetto completa la dotazione di infra-strutture legate all’ospitalità andandosi ad integrare con quelle culturali e sportive, ma ancor più nasce con l’intento di risolvere le urgenti esigenze abitative del crescente numero di studenti internazionali dell’Università di Tecnologia di Delft tra il 2007 e il 2009. (TU Delft).

La nuova costruzione è caratterizzata da tre torri, alte sei piani ciascuna, la cui forma ricorda dei grandi cubi. Questi sono collocati nel rispetto della griglia ortogonale della viabilità interna del campus, ma al tempo stesso, grazie al contesto in cui sono collocati, sono immersi nella natura.

L’intervento difatti si erge nei pressi del Makenpark, una grande spina di verde caratterizzata dalla presenza di un canale artificiale; elementi con il quale la struttura si propone di dialogare in vari modi.

Un primo esempio è il fatto che i tre blocchi siano collegati tra di loro attraverso un percorso al piano terra, posto proprio lungo il bordo del cana-le, atto a sottolineare l’unitarietà dell’intervento.

Fig. 1.10 – Schema planimetrico Fonte: elaborazione dell’autore

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Fig. 1.11 – Vista del progetto Fonte: www.mecanoo.nl

Altri esempi di quanto l’influenza della particolare natura ambientale e paesaggistica del contesto sia molto radicata nel progetto sono, come vedre-mo in seguito, vedre-moltissime scelte progettuali, a partire dalla scomposizione in blocchi per finire con i diversi materiali di finitura o il diverso trattamen-to dei prospetti.

Ogni padiglione presenta l’analoga organizzazione funzionale e distri-butiva. Si possono trovare nel piano terra, aperto al contesto attraverso ma-teriali trasparenti e leggeri, gli ingressi e moltissimi servizi e spazi condivisi quali area cucina-soggiorno-sala da pranzo, lavanderia, bagni, spazio per la raccolta dei rifiuti, deposito biciclette e motocicli e locali tecnici.

I piani superiori sono invece dedicati esclusivamente agli alloggi. Ri-sulta peculiare il modo in cui Mecanoo Architecten ha organizzato diverse tipologie abitative all’interno di una rigorosa maglia strutturale. Gli allog-gi, disposti attorno a un blocco centrale contenente scale e ascensore e di-simpegnati da un corridoio illuminato naturalmente, si suddividono in tre tipologie: minialloggio singolo, minialloggio doppio e nucleo integrato con capienza di tre persone.

Alla base del progetto c’è la costituzione di un modulo base, studiato in funzione delle esigenze di un singolo studente e dotato di una forma sem-plice e regolare, ripetuto per creare le variazioni dimensionali necessarie. Il minialloggio doppio è quindi l’unione di due moduli, mentre il nucleo

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA

Fig. 1.12 – Schemi unità abitative (edificio e nucleo integrato) Fonte: elaborazione dell’autore

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integrato è composto da tre moduli più la zona giorno.

Per quanto concerne l’organizzazione interna l’alloggio con un posto let-to presenta un blocco servizi, un angolo cottura e un unico ambiente per lo studio e il riposo. I nuclei integrati sono posti sui quattro angoli di ogni piano, hanno forma ad “L” e sono dotate di uno spazio centrale con ingresso, servizi, cucina e bagno intorno al quale si sviluppano le tre camere singole. Tutte le aperture sono a tutta altezza per consentire il ricambio d’aria tra-mite un pannello che scorre lungo la finestra. Esse hanno su tutti i fronti le stesse dimensioni, e sono disposte secondo pattern non lineari così da formare ritmi irregolari di pieni e di vuoti.

Passando alla descrizione dell’esterno notiamo un diverso trattamento del fronte prospiciente la via pubblica rispetto a quello volto al parco. Il pri-mo presenta una facciata in mattoni scuri e giunti in malta spremuti, i quali restituiscono una superficie scabrosa e corrugata. A tale austerità e rigore si oppone il secondo fronte.

Esso presenta un rivestimento in lastre metalliche composite, con un raffinato motivo vegetale di colore verde e un telaio attorno al quale possono crescere le piante rampicanti stagionali. Queste ultime, oltre ad essere ele-mento ornamentale, mitigano l’irraggiaele-mento solare diretto durante i mesi più caldi.

Per concludere è interessante ricordare che il tutto è stato realizzato a meno di un anno dall’ideazione dell’opera grazie alla vincente scelta di uti-lizzare un sistema di costruzione modulare per cui le unità abitative prefab-bricate scivolano come cassetti in un telaio d’acciaio.

Residenza per studenti Emanuele Dubini, Milano Dante Bonuccelli e Morgan Orlandi

Questa residenza universitaria è stata realizzata a Milano su progetto de-gli architetti Dante Bonuccelli e Morgan Orlandi e destinata all’accode-glien- all’accoglien-za degli iscritti della vicina Università Bocconi che ne ha commissionato la realizzazione in compartecipazione con il comune di Milano.

Circondata da edifici di recentissima edificazione, differenti per tipolo-gia, altezza e morfologia la residenza a Emilio Dubini si configura come un cluster di quattro edifici di cinque piani fuor terra più sottotetto abitato, i quali racchiudono una corte quadrangolare. Il collegamento tra i quattro corpi avviene attraverso ponti vetrati, in questo modo, è garantita la comu-nicazione tra tutti gli appartamenti collocati tra il primo e il quinto piano. Al piano terra, attorno alla piazza, si trovano i servizi comuni di hall d’in-gresso, portineria, sale riunioni, sale studio, biblioteca. Al piano interrato sono collocati i locali tecnici ed i parcheggi; sono previsti 78 posti auto e 91 posti bici/moto. Sulla copertura dell’edificio trovano posto una palestra, sale musica, e una sala studio.

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA

I prospetti rivolti verso l’esterno sono caratterizzati da una loggia delimi-tata da una scansione regolare di sottili in legno naturale che rappresentano un filtro tra la città e l’edificio. Tali elementi hanno comunque la possibili-tà di essere impacchettati liberando così la vista verso l’esterno. I prospetti sono intonacati mentre per la pavimentazione della piazza interna e del piano terra dell’edificio è utilizzata la pietra lavica dell’Etna. La continuità di materiale tra interno ed esterno è accentuata anche dall’utilizzo di am-pie vetrate che permettono alla piazza di “entrare” nell’edificio. L’edificio, in parte sospeso su pilotis, non rappresenta un ostacolo visivo dall’interno della piazza e permette al piano terra di essere completamente trasparente e per-meabile verso la Roggia Vettabbia. La piazza, luogo di incontro e di ritrovo, è dotata di panche in pietra e di fioriere.

Il nuovo edificio offre la possibilità di ospitare 328 studenti ed è orga-nizzato in 124 tra appartamenti e minialloggi con diverse tipologie per 1, 2 o 4 persone. Tutte le unità sono disimpegnate da un corridoio centrale che, in prossimità delle porte di ingresso agli alloggi, presenta degli slarghi che garantiscono la privacy degli utenti. Gli alloggi sono di tipo tradizionale: mono-affaccio, con camere da letto singole, soggiorno comune e bagno in condivisione. Alcuni sono stati appositamente studiati e resi accessibili da utenti disabili. Ogni unità abitativa ha a disposizione uno spazio pertinen-ziale all’aperto, più generoso verso la città e più contenuto verso la corte.

Fig. 1.13 – Schema planimetrico Fonte: elaborazione dell’autore

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Fig. 1.14 – Viste del progetto Fonte: www.ordinearchitetti.mi.it

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA

Fig. 1.15 – Schemi funzionali (edificio e nucleo integrato) Fonte: elaborazione dell’autore

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I progettisti hanno provveduto anche alla progettazione degli arredi delle unità abitative, studiandoli in funzione delle specifiche necessità dell’utenza e delle funzioni connesse allo studio.

La struttura portante è realizzata con telai in calcestruzzo armato costi-tuiti da travi in spessore e/o ribassate e pilastri. I solai ai piani sono realiz-zati in lastre prefabbricate tralicciate, alleggerite con blocchi di polistirolo e con getto superiore di completamento in opera in calcestruzzo. Tre blocchi verticali scala/ascensore collegano i diversi piani e sono posti negli ango-li dell’edificio. Sulla copertura sono stati istallati pannelango-li per produzione energetica.

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Fig. 1.16 – Schema planimetrico Fonte: elaborazione dell’autore

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1. LA RESIDENZA UNIVERSITARIA

Fig. 1.18 – Il ballatoio esterno

Fonte: www.archdaily.com, Fernando Guerra Fig. 1.17 – Modellino del progetto

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