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INIZIO (BORDO) DEL CAMPO DI GIOCOINIZIO (BORDO) DEL CAMPO DI GIOCO

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Università di Pisa

DESTEC

Scuola di Ingegneria

Laurea Magistrale in Ingegneria Edile-Architettura

AA 2019/2020

PROGETTO DI UNA NUOVA SCUOLA PRIMARIA

DI EMPOLI

Candidato: Alderighi Giulio

Relatori: Prof. Arch. Lanini Luca,

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INDICE

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1 Abstract 2 Il territorio 2.1 Storia di Empoli I primi insediamenti La città medievale Il castello

La città cambia volto

2.2 Lo stato attuale Economia e commercio Infrastrutture e trasporti Servizi e cultura 3 La scuola 3.1 L’evoluzione storica

L’educazione in età classica

La scuola medievale

L’istruzione gratuita

La scuola di mutuo soccorso

L’attivismo e la pedagogia contemporanea

3.2 La scuola in Italia

La scuola dell’obbligo

L’edilizia scolastica

3.3 Scuole innovative

Scuola senza zaino

Fuji Kindergarten 8 10 11 20 26 27 32 34

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4 L’area di progetto

4.1 La descrizione dell’area

4.2 L’analisi urbanistica

Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico

4.3 Lo studio dei servizi esistenti

4.4 La strategia di intervento

Collegamento con l’esistente

Inserimento di nuove strutture

Creazione di uno spazio di connessione

Completamento della viabilità e sviluppo del verde urbano

4.5 Masterplan

5 Il progetto

5.1 Riferimenti architettonici

Polo per l’infanzia Firmian

PalaCoverciano di Firenze

Biblioteca comunale di Greve in Chianti

5.2 Dimensionamento e normative

D.M. 18 dicembre 1975

D.M. 26 agosto 1992

D.M. 18 marzo 1996

Norme CONI per l’impiantistica sportiva

5.3 Composizione e funzioni La scuola La palestra 38 39 41 44 53 57 60 61 65 71

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5.4 Materiali e tecnologie Il cotto e la pietra Il vetro e l’alluminio La copertura metallica Il pavimento radiante 6 Conclusioni 7 Bibliografi a e sitografi a 7.1 Bibliografi a Testi Riviste 7.1 Sitografi a 8 Normativa di riferimento 9 Ringraziamenti 90 100 102 103 105 108 110

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ABSTRACT

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Oggetto della presente tesi di laurea è la progettazione di una scuola elementare e di una palestra nel Comune di Empoli. L’amministrazione comunale ha ritenuto opportuno dotare l’area di un nuovo edifi cio scolastico per sopperire alle aumentate esigenze pedagogiche del quartiere.

La nuova struttura sorgerà di fi anco alla scuola media esistente e sostituirà la vecchia scuola primaria, poco distante dal lotto in questione, che per ragioni di spazio non può ospitare classi aggiuntive.

Alla necessità di realizzare un nuovo edifi cio scolastico che possa accogliere un sempre crescente numero di bambini, si aggiunge la voglia di creare spazi idonei allo svolgimento di discipline sportive e di attività motorie di vario genere.

A tal proposito amministrazione comunale e CONI sono concordi sul fatto che sia fondamentale riprogettare la vecchia palestra scolastica annessa alla scuola media e creare una nuova struttura in grado di garantire spazi suffi cienti per la didattica ma anche di accogliere associazioni ed eventi sportivi in orario extrascolastico.

In una fase preliminare è stato svolto un lavoro di ricerca, raccolta e studio di dati ritenuti signifi cativi per lo sviluppo del progetto.

Tenendo conto di come la scuola si è evoluta nei secoli è stata svolta un’attenta analisi sia sui cambiamenti del modello formativo sia sullo sviluppo dell’edilizia scolastica al fi ne di individuarne le caratteristiche.

Particolare attenzione è stata data alle soluzioni

architettoni-che contemporanee, le quali sono state studiate in dettaglio per defi nire linee guida utili.

In un secondo momento sono state esaminate norme e regolamenti vigenti concernenti gli edifi ci scolastici al fi ne di assicurare il corretto dimensionamento e giustapposizione degli spazi in fase progettuale.

La fase preparatoria si è conclusa con lo studio del territorio e un inquadramento generale al fi ne di evidenziare il rapporto tra scuola e città e verifi care come il progetto risponda alle esigenze della comunità.

Sono state adottate soluzioni tecniche e architettoniche che mirassero al rispetto ambientale e il risparmio energetico quale lo sfruttamento dei raggi solari per la riduzione di illuminazione artifi ciale.

Altri aspetti presi in considerazione in fase di progetto sono l’accessibilità di tutti gli spazi per persone diversamente abili, la prevenzione di incendi e la valutazione dei rischi collegati con conseguente redazione di un piano di evacuazione dell’edifi cio e il soddisfacimento del benessere e del comfort ambientale oltre all’abbattimento dei costi di manutenzione mediante la scelta oculata dei materiali da costruzione.

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IL TERRITORIO

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Empoli oggi è una tra le più importanti città della provincia di Firenze ed è considerato uno dei principali centri manifatturieri e commerciali del territorio regionale toscano.

Il Comune di Empoli fa parte dell’Unione dei Comuni del Circondario dell’Empolese Valdelsa. L’area comunale si estende per circa 62 km2 e ad oggi conta più di 48000

abitanti per una densità di 780 ab/km2.

Il territorio empolese, adagiato tra le colline e la riva sinistra dell’Arno, è delimitato a ponente dalla riva destra del fi ume Elsa, in corrispondenza dell’ultimo tratto del suo corso, e a meridione dai dolci rilievi di origine marina, ormai solo

parzialmente coperti da boschi.1

La storia dell’antropizzazione e dello sviluppo urbanistico di quest’area situata al centro della toscana è lunga e spesso travagliata.

I primi insediamenti

Stando agli attuali ritrovamenti archeologici, i primi a ripopolare l’area empolese furono gli etruschi, prediligendone la vicinanza ai fi umi (la confl uenza dell’Elsa nell’Arno), il

passaggio delle principali vie di commercio e la posizione sui

rilievi collinari.2

L’epoca che va dall’arrivo degli Etruschi nel centro Italia (VIII a.C.) alla caduta dell’ultimo imperatore romano (476 d.C.) segna un passaggio fondamentale nel determinare l’identità della città di Empoli. Le due direttrici sono produzione e

commercio.3

Empoli come centro abitato compare per la prima volta su una carta geografi ca. È indicato con il toponimo “in Portu” su un supporto che è una copia di quello che potrebbe essere defi nito il primo esemplare di carta stradale realizzato

in epoca romana. Si tratta della “Tabula Peutingeriana”.4

Il toponimo “in Portu” è riferibile a un importante approdo fl uviale che con ogni probabilità è posto nel medesimo luogo dove è rimasto per secoli, fi no a quando la

regolamentazio-ne delle acque dell’Arno ha reso impossibile la navigazioregolamentazio-ne.5

Grazie agli Etruschi, Empoli comincia a sviluppare le proprie potenzialità. Ma è in epoca romana che la città e le sue campagne iniziano ad assumere la forma che conserveranno nei secoli. La centuriazione dell’agro suddivide le terre in 1 Siemoni W., Frati M. (a cura di), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, p. 7

2 Siemoni W., Frati M. (a cura di), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, p. 7 3 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 29 4 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 33 5 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 35

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Fig. 1: Tabula Peutingeriana, Segmentum IV

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appezzamenti riconoscibili: i Romani applicano il sistema di organizzazione del territorio agricolo, basato sullo schema che già adottano per la fondazione delle città. Una disposizione regolare secondo un reticolo ortogonale, di strade, canali e appezzamenti agricoli destinati all’assegnazione a nuovi

coloni.6

Con la fi ne dell’Impero Romano, andato in crisi il sistema distributivo, per il porto-mercato empolese cominciò un lungo

periodo di decadenza, anche se non proprio di abbandono.7

La città medievale

Durante l’alto Medioevo dunque si ha un trasferimento della popolazione urbana verso Empoli vecchio, località dove sorgeva la Chiesa di San Michele Arcangelo (Ecclesiam Sancti Michaelis in Impore). Probabilmente è proprio da qui che si ha l’evoluzione del toponimo della città: il termine di origine germanica “Impore” fungerà da anello di congiunzione tra l’antica denominazione di epoca romana “in Portu” e quella odierna “Empoli”.

Tuttavia l’origine del nome è ancora oggi dibattuta. Anche se la fonte più accreditata sembra essere quella appena descritta, la mancanza di riferimenti più precisi alimenta il mistero sul toponimo giusto da attribuire in epoca medievale alla futura città di Empoli.

Perché la città torni ad avere un nome certo si dovranno aspettare ancora alcuni anni. Furono infatti i notai umanisti a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento che latinizzarono l’oscuro toponimo nell’azzeccato neutro “Emporium”, col

pertinente signifi cato di mercato.8

Tornando indietro, è sempre in epoca di dominazione germanica che sorgono due nuovi nuclei lungo le direttrici viarie principali: Pontorme e Monterappoli.

Si tratta di due agglomerati urbani che ancora oggi sono considerati centri storici cittadini al pari del quadrilatero. Si sviluppano autonomamente, costituendosi in comuni e portando avanti la propria storia in maniera parallela quella

di Empoli. Per secoli i tre comuni rimangono uniti in una lega.9

Si chiama Lega Tuscia e l’obbiettivo – raggiunto – è bloccare l’offensiva di Federico Barbarossa, che sta tentando di imporre la sua autorità imperiale sul territorio. Ma è solo sul fi nire del ‘700 che i tre comuni di Empoli, Pontorme e Monterappoli si

fondono in un’unica entità amministrativa.10

Agli inizi del XII secolo il territorio empolese, a causa della sua posizione strategica per la confl uenza di infrastrutture viarie e fl uviali importanti, richiama l’attenzione dei poteri civili e religiosi e diviene lo scenario di un durissimo scontro tra la casata dei Guidi, una delle più importanti famiglie dell’Italia 6 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 37

7 Siemoni W., Frati M. (a cura di), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, p. 9 8 Lastraioli G., Empoli. Mille anni in cento pagine, Empoli, Editori dell’Acero, 2014, p. 5

9 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 51 10 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 51

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centrale nel Medioevo, e il Capitolo di Sant’Andrea, costituito dai canonici che si insediano nella pieve a partire dall’XI secolo.

Il castello

Il 1119 segna un punto di svolta per la storia della città: ha inizio il processo di incastellamento di Empoli, grazie al quale la città acquisisce la propria autonomia comunale.

Nel 1182, a seguito di una carestia, Empoli entra a far parte del contado e del vescovado fi orentino. Tale sudditanza viene poi suggellata nel 1255 dai conti Guidi.

Nel XIII secolo si susseguono gli scontri tra guelfi e ghibellini. Firenze si scontra con Pisa e Siena a lungo.

L’esondazione dell’Arno del 1333 rese urgente il rifacimento delle mura, sia di Empoli che di Pontorme, parzialmente distrutte e ricostruite tempestivamente per far fronte alle

frequenti scorrerie mercenarie.11

Empoli dimostra la sua centralità non solo geografi ca ma

anche politica all’interno della regione.12

Tuttavia la peste del 1348 e le incursioni nemiche decimano la popolazione e la città necessita di una riorganizzazione. La

nuova cinta muraria, realizzata nel 1479-1487, risponde infatti a esigenze difensive piuttosto che abitative.

Empoli fi no a ora non è mai stata violata. Dalla costruzione delle prime fortifi cazione e fi no al primo spicchio del XVI secolo i tentativi si susseguirono. Ma nessuno penetra all’interno del castello. L’impresa riesce alle truppe del sovrano che la storia consegna come il più potente del mondo: Carlo V

d’Asburgo, imperatore del Sacro romano impero.13

La seconda metà del XVI secolo ma soprattutto il XVII secolo si ha una ripresa economica e demografi ca del territorio. In poche decadi Empoli si arricchisce di luoghi che non sono solo edifi ci di calce e mattoni, ma strutture che ne plasmano l’anima. Conventi, teatri, ospedali, campanili svettanti, arredi

urbani.14

Lo sviluppo urbanistico e la rivoluzione industriale

Il periodo a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo è quello dal quale

molti storici fanno partire l’età contemporanea.15

Con l’avvento degli Asburgo-Lorena, alla morte dell’ultimo Granduca Medici nel 1737, la popolazione era raddoppia rispetto a due secoli prima e nel centro si trovavano numerose manifatture.

11 Siemoni W., Frati M. (a cura di), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, p. 11 12 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 67 13 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 74 14 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 87 15 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 95

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Fig. 2: Disegno del XVI secolo di Empoli

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Con la riforma del 1774 voluta da Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, Empoli, Pontorme e Monterappoli si fondono in una sola Comunità e la città torna ad avere un ruolo centrale in ambito commerciale grazie al riordino delle strade e il ripristino del porto.

L’amministrazione lorenese, tornata dopo l’occupazione napoleonica, promuove numerosi interventi tra cui il potenziamento delle infrastrutture viarie, l’apertura di scuole e della biblioteca, l’abbellimento delle principali piazze cittadine.

Ma è soprattutto l’abbattimento della cerchia muraria, rimasta effi ciente fi no al 1775, a trasformare Empoli da castello a vera e propria città: la demolizione ha inizio nel 1827 e termina nel 1839 con lo smantellamento di porta Fiorentina e il conseguente inurbamento del “Campaccio”, piazza destinata ad ospitare il mercato cittadino.

La costruzione della linea ferroviaria (1845-47), del ponte sull’Arno (1852-57) e l’apertura di via Roma (1888), dettarono le nuove direttrici per l’espansione della città, limitata a sud dalla strada ferrata e a nord dall’Arno e fi siologicamente

spinta verso Pisa e Firenze.16

Mentre la stazione, congiuntamente alla trasformazione del “Campaccio” (oggi Piazza della Vittoria) in piazza del mercato, determina una traslazione del baricentro cittadino

verso est, il ponte favorisce lo sviluppo sulla sponda opposta del fi ume.

I commerci, vero e proprio elemento fondante di Empoli fi n dall’antichità, trova un nuovo asse. Dalla via fl uviale a quella ferrata, con l’Arno che a poco a poco perde il proprio ruolo

di collegamento commerciale con la costa.17

L’industria empolese gioca un ruolo importante per lo sviluppo territoriale: il vetro verde già a metà dell’ottocento e il settore tessile a inizio del novecento contribuiscono alla dilatazione del tessuto urbano verso le periferie.

A cavallo fra i due secoli vennero impostati i quartieri residenziali della borghesia imprenditoriale, caratterizzati da un tessuto a maglia rettangolare con ampie strade disposte ortogonalmente e piazze alberate che fungono da impianto scenico, mantenendo fra questi e il vecchio centro storico

ampi spazi verdi pubblici e privati.18

La città cambia volto

Nel primo dopoguerra vengono avviati dei mutamenti signifi cativi all’assetto urbano quali la realizzazione di un parco che costeggia la ferrovia (Parco della Rimembranza), la demolizione dell’ex quartiere ebraico per la creazione della Piazza del Littorio (oggi Piazza del Popolo), l’urbanizzazione di Piazza Vittorio Emanuele (oggi Piazza Gramsci) ed infi ne la

16 Siemoni W., Frati M. (a cura di), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, p. 15 17 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 97 18 Siemoni W., Frati M. (a cura di), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, p. 15

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Fig. 3: Catasto Storico1822 - Mappa Topografi ca della Comunità di Empoli

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realizzazione di alcune strutture sportive tra cui la costruzione del campo sportivo per il neonato Empoli Football Club. Empoli al termine del secondo confl itto mondiale è una città provata: ingenti sono i danni al patrimonio artistico e architettonico empolese.

Il centro si sveglia sotto le macerie, a causa delle mine fatte scoppiare dai tedeschi nel luglio del 1944 per bloccare l’avanzata degli Alleati. Mentre a sud, al di là della ferrovia, buona parte dell’abitato risente ancora dei bombardamenti che si sono susseguiti dal 26 dicembre 1943 al gennaio

successivo.19

Il piano di ricostruzione del 1947, solo in parte realizzato, ebbe il compito di regolare l’intensa attività edilizia postbellica e l’espansione della città industriale, ristrutturando la viabilità, risanando le zone danneggiate e separando le funzioni produttive da quelle residenziali. La deviazione della Strada Statale, progettata a sud della ferrovia e realizzata lungo l’Orme, costituì un nuovo limite alla citta nel rapporto con la

campagna e con il fi ume.20

Viene redatto nel 1956 il primo piano regolatore per rispondere al rapido sviluppo di Empoli. Il progetto prevede la realizzazione di un nuovo ponte che possa congiungere la frazione di Avane con quella di Sovigliana, il rinnovamento del vecchio ponte, la creazione di un nuovo tracciato

stradale che attraversa la città da est a ovest, la conversione del centro storico in zona pedonale, il potenziamento e la conurbazione delle frazioni vicine e lo spostamento delle zone industriali nei pressi della ferrovia.

Infi ne viene data risposta alle crescenti esigenze della popolazione di dotarsi di un nuovo ospedale, di creare un piano per l’edilizia scolastica che si traduce nella realizzazione di un polo comprendente tre istituti superiori e una scuola media e di creare una zona sportiva che potesse ospitare il nuovo stadio di calcio, il palasport e la piscina comunale. La speculazione, che mutò rapidamente il paesaggio urbano empolese da una edilizia estensiva ad una notevolmente sviluppata in altezza, e la questione degli alloggi popolari, dettata dalla massiccia immigrazione, costrinsero a formulare un nuovo strumento urbanistico, vigente dal 1964. La città, che già aveva inglobato i centri abitati di Santa Maria, Ponsano, Pontorme, Spicchio e Sovigliana (in comune di Vinci), era destinata a crescere verso Avane (dove furono sistemati i macelli e il mercato ortofrutticolo) e Cortenuova (dove fu previsto un grande quartiere di edilizia economica

e popolare tra l’Arno e il futuro Parco Urbano).21

Nota dolente nella storia empolese recente è l’alluvione del 1966 che danneggia pesantemente infrastrutture, case e aziende sparse sul territorio. Un ricordo tuttora ben impresso nella mente dei cittadini.

19 Pagli M. (a cura di), La storia di Empoli. Dalla preistoria ai giorni nostri, Roma, Tipymedia Editore, 2019, p. 175 20 Siemoni W., Frati M. (a cura di), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, p. 16 21 Siemoni W., Frati M. (a cura di), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, p. 16

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Fig. 4: Foto Crollo del ponte durante l’alluvione del 1966

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Empoli tutt’oggi è in continua evoluzione e mantiene un ruolo fondamentale sul territorio: tramontata l’epoca delle vetrerie sono sorti colossi aziendali quali Var Group e Sammontana che sorreggono l’economia locale, il nuovo complesso ospedaliero “San Giuseppe” costituisce a livello sanitario il punto di riferimento per l’intera area dell’Empolese-Valdelsa, la realizzazione del nuovo Centro Commerciale di Unicoop, oltre a essere un importante snodo commerciale, ha avviato importanti mutamenti urbanistici ed infi ne i successi sportivi dell’Empoli F.C. hanno portato alla creazione del centro sportivo di Monteboro e recentemente all’ipotesi di rinnovamento dello stadio.

La città è in salute e la popolazione continua a crescere. Lo confermano anche i dati ISTAT, secondo i quali la popolazione residente è passata da 44.187 nel 2001 a 46.578 nel 2011, seguendo il trend storico, positivo dal 1861.

Economia e commercio

Come accennato precedentemente, il settore produttivo e industriale si è saputo rinnovare. Il settore tessile, che nel XX secolo si erano distinte per la produzione di cappotti e impermeabili durante la Prima Guerra Mondiale, con l’avvento del XXI secolo è riuscito a mantenere un ruolo di

2.2 LO STATO ATTUALE

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rilievo. Diversa sorte è toccata alle vecchie vetrerie che, pur avendo fatto la fortuna di Empoli, hanno dovuto cedere il posto a nuove imprese.

Oltre alle già citate Sammontana e Var Group, le aziende presenti sul territorio comunale sono numerose e agenti in vari settori (agricolo, alimentare, automobilistico, manifatturiero, edilizio, abbigliamento, componentistica e arredo). Queste imprese sono concentrate perlopiù fuori dal centro città, ovvero ad est lungo la SS 67 e ad ovest nella zona industriale a Terrafi no.

Infrastrutture e trasporti

Dal punto di vista delle infrastrutture c’è stato un generale

potenziamento delle diverse vie di comunicazione.

Le ottocentesche vie ferrate, la strada ferrata “Leoporda” che collegavano Firenze a Livorno e la strada ferrata “Centrale Toscana” che attraversavano la Valdelsa fi no a Siena, sono state oggetto di lavori di ammodernamento. Oggi la stazione di Empoli conta un totale di 6 binari e da qui passano ogni giorno migliaia di persone dirette verso i principali capoluoghi toscani.

Recentemente anche la piazza antistante la stazione è stata riorganizzata: l’area immediatamente prospicente la facciata della stazione è stata resa pedonale mentre ai due lati troviamo un’area sosta per i taxi e un’area di interscambio per gli autobus urbani e interurbani.

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La rete stradale si è ampliata seguendo lo sviluppo della città. Sul fi nire del XX secolo erano già state realizzate le principali arterie che attraversano Empoli: il centro abitato è tagliato da est a ovest dalla Strada Statale (SS) 67 Tosco-Romagnola costeggiando il fi ume Arno e dalla Strada di Grande Comunicazione (SGC) Firenze-Pisa-Livorno passando a sud della ferrovia.

Le recenti amministrazioni hanno provveduto a togliere i semafori dalla SS67 e a sostituirli con rotonde per agevolare lo scorrimento del traffi co.

Sulla FI-PI-LI invece sono stati fatti numerosi lavori dagli anni Settanta ad oggi per portare a compimento l’intera opera: nel 1990 viene completato il tratto Firenze-Pisa e solo nel 2004

quello Firenze-Livorno. Tuttora su alcuni tratti sono attivi lavori di manutenzione e messa in sicurezza.

Per quanto riguarda il comune di Empoli, nel 2007 viene inaugurato il nuovo centro commerciale Unicoop e per facilitarne il raggiungimento viene realizzato uno svincolo sulla FI-PI-LI; il terzo di cui la città si va a dotare dopo quelli ad est e a ovest.

L’opera infrastrutturale più importante degli ultimi dieci anni è sicuramente il ponte De Gasperi che attraversa l’Arno e collega Empoli a Sovigliana. Lungo 110 metri, con una campata centrale di 50 e due laterali da 30, il nuovo ponte ha sostituito quello vecchio realizzato dall’Ing. Riccardo Morandi (autore dell’omonimo ponte a Genova) nel 1954 e

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rimasto in servizio per quasi sessanta anni. L’importanza del nuovo ponte è data dal fatto che sono state raddoppiate le corsie in entrambi i sensi di marcia e sono state aggiunta due piste ciclabili.

L’attenzione per le vie ciclabili da parte dell’amministrazio-ne comunale indica la volontà di collegare i diversi quartieri di Empoli seguendo politiche attente all’ambiente. Ad oggi i tratti completati sono quelli che attraversano il centro collegando la stazione al fi ume e che dal centro arriva alla zona sportiva di Serravalle.

Servizi e cultura

Empoli offre numerosi servizi non solo per i propri cittadini

ma anche per gli abitanti dei vicini centri abitati. Il più importante è sicuramente l’ospedale San Giuseppe, un complesso costituito da otto padiglioni di cui quattro nuovi e i restanti facenti parti del vecchio ospedale. La ristruttu-razione e l’ampliamento della vecchia struttura ospedaliera ha consentito di accentrare i servizi medici in un unico punto rendendo di fatto questo impianto un punto di riferimento per l’intera area della Valdelsa.

Altri importanti servizi offerti dalla città sono quello scolastico (Empoli conta numerose strutture scolastiche di vario ordine e grado, e recentemente ospita anche distaccamenti dell’Università di Firenze) e quello bibliotecario (la biblioteca comunale Renato Fucini è a capo di una rete che collega le varie biblioteche sparse sul territorio).

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Empoli è anche cultura: qui sono nati personaggi di spicco quali Ferruccio Busoni e Jacopo Carrucci detto il Pontormo. Il centro storico si compone di chiese, piazze, monumenti, teatri e altri edifi ci che hanno fatto la storia di Empoli e non solo. Una storia a tratti travagliata e raccontata bene dai vari musei sparsi per la città, tra cui la Pinacoteca Museo della Collegiata di Sant’Andrea, il Museo Civico di Paleontologia di Empoli e il più recente MUVE, Museo del vetro di Empoli.

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LA SCUOLA

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La scuola come noi oggi la intendiamo è una delle tante novità sorte nel medioevo, pur avendo, come quasi tutte le

istituzioni medievali le sue radici nell’età antica.22

L’educazione in età classica

Nell’antica Grecia le scuole erano libere, ovvero erano gli stessi alunni a pagare i maestri. Fanno eccezione i casi di Sparta e Atene, dove le scuole erano sotto il controllo diretto dello Stato: i due sistemi educativi (“agoge” nel primo caso e “ephebeia” nel secondo) hanno evidenti analogie poiché sono entrambi forme di addestramento volte a sancire il passaggio dall’adolescenza all’età adulta dei giovani greci. L’attività scolastica sia in epoca ellenistica sia in quella romana non possiede ancora spazi propri ma vengono utilizzati gli spazi urbani pubblici.

Inizialmente le lezioni venivano svolte sotto ai portici (stoai in Grecia e pergulae nell’antica Roma) posti ai lati delle principali piazze cittadine.

I luoghi adibiti allo svolgimento delle attività fi siche, in un primo momento posti in zone periferiche e successivamente collocati in aree più centrali della città, sono i ginnasi e le palestre per i greci e le terme per i romani.

Nel centro monumentale della città sono concentrate tutte le strutture utili all’istruzione dei giovani: accanto a portici e ginnasi si sviluppano nuovi spazi come biblioteche e sale di riunione, al chiuso o all’aperto, dove i giovani possono studiare, discutere e fare attività fi sica.

In età antica dunque si getta le basi per i modelli che si svilupperanno negli anni successivi.

La scuola medievale

Con il crollo dell’Impero romano d’occidente la scuola divenne via via un completo monopolio della Chiesa. […]. La nuova sede dell’istruzione divenne quindi fi n dal primo Medioevo il monastero, inteso come il centro principale dell’educazione religiosa. Tale istruzione continua comunque

a essere appannaggio soltanto di pochi, in genere di nobili.23

Il monastero comprende al suo interno laboratori e spazi per le varie attività artistiche e artigianali e un chiostro per le attività più spirituali.

Nel XII secolo emergono nuove classi sociali, quella dei mercanti e degli artigiani, che accrescono la domanda di un’istruzione di base laica. Due sono le conseguenze: il tramonto della scuola ecclesiastica e la nascita della

22 Pini A.I., Scuola e università, in Collodo S., Pinto G. (a cura di), La società medievale, Bologna, Monduzzi Editore, 1999, p. 482 23 Sole M., Manuale di edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1995, p.19

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professione di maestro.

Fuori dai monasteri i luoghi di apprendimento sono principalmente la casa del maestro e la bottega artigiana e artistica. Qui l’allievo inizia un periodo di apprendistato sotto l’attenta guida dell’insegnante e vi rimane fi nché quest’ultimo non ritiene concluso il percorso educativo. Questo tipo di insegnamento diretto e pratico comporta un innalzamento del grado di istruzione e sancisce una prima svolta in campo pedagogico anche per quanto riguarda gli spazi che vanno pian piano a defi nirsi in senso moderno. Sotto l’aspetto tipologico, è chiaro che tanto l’aula di lezione quanto il laboratorio tendono a riprodurre la stanza della

casa del maestro e della bottega del mastro.24

L’istruzione gratuita

Durante il XIV e il XV secolo molte città comunali decidono di rendere l’istruzione gratuita grazie ai fi nanziamenti della comunità. Nascono così le prime scuole pubbliche e il maestro diventa una fi gura centrale nonostante la vita dura, poco redditizia e concorrenziale.

I valori introdotti dall’Umanesimo riportano l’uomo al centro del mondo. In ambito pedagogico questo si traduce in valorizzazione dello studente e del maestro: il primo riceve

un’educazione più attenta alle sue inclinazioni, alle sue passioni e alle sue attitudini mentre il secondo assume il ruolo di guida e modello per i suoi allievi.

La Rivoluzione francese stabilì dei nuovi principi rispetto al passato, istituzionalizzando il trasferimento tra lo Stato e la Chiesa delle responsabilità e del controllo dell’istruzione, in base al principio che l’istruzione dovesse essere pubblica e alla portata di tutti i cittadini, proprio per consentire il loro passaggio dal ruolo di sudditi a quello di cittadini liberi e

uguali fra loro.25

La scuola di mutuo insegnamento

Tra i secoli XVIII e XIX, allo scopo di diffondere almeno un’istruzione primaria in tutto il popolo, furono studiati sistemi di insegnamento che consentissero a poche persone colte, assistite da altre solo sommariamente istruite, di insegnare a

grandi masse di analfabeti.26

In varie parti di Europa nascono molte scuole che adottano la suddetta metodologia di insegnamento: l’esempio forse più celebre è in Inghilterra dove Lancaster e Bell concepiscono un sistema chiamato “monitorial system”, mentre in Italia tali scuole prendono il nome di “scuole di mutuo insegnamento”. L’importanza di questo tipo di scuola non consiste tanto nella sua singolarità organizzativa quanto piuttosto nel fatto che

24 Sole M., Manuale di edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1995, p. 23 25 Sole M., Manuale di edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1995, p. 25 26 Sole M., Manuale di edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1995, p. 29

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27 Sole M., Manuale di edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1995, p. 31 28 Sole M., Manuale di edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1995, p. 32 29 Sole M., Manuale di edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1995, p. 33 forse per la prima volta nella storia edilizia scolastica

l’organiz-zazione didattica dipende strettamente dall’organizl’organiz-zazione

spaziale e dagli elementi di arredo e di supporto didattico.27

Le aule erano infatti spazi grandi con soffi tti alti ed ampie vetrate, un richiamo evidente all’edilizia industriale. Questi ambienti molto affollati e scarsamente areati sono tuttavia soggetti a problemi di igiene e salubrità.

L’Ottocento e la rivoluzione industriale forniscono gli strumenti per una trasformazione degli spazi scolastici e per una rielaborazione dei metodi di insegnamento.

Ma per un secolo ancora la scuola coincise praticamente con l’aula nella generalità dei casi, secondo la tipologia a blocco con corpi aula-corridoio con affaccio verso la strada

e corte o cortile interno.28

L’attivismo e la pedagogia contemporanea

Alla fi ne del XIX secolo, per tentare di affrontare i problemi posti dall’evoluzione della società industriale, si sviluppò un vastissimo movimento pedagogico che può essere riassunto

sotto il termine di “attivismo” […].29 Tale movimento trae

origine dalle tesi di pensatori quali Pestalozzi e Rousseau, che pongono l’attenzione sullo sviluppo della personalità, delle attitudini e delle passioni dell’individuo.

Due metodi innovativi di questo periodo sono la new school (o scuola attiva), dove l’esperienza manuale diventa più importante dell’insegnamento formale, e il metodo Montessori, basata sulla libertà e sull’educazione sensoriale e sociale.

L’attivismo ed i concetti da esso espressi sono il punto di partenza di una stagione durante la quale si mettono in discussione i modelli educativi tradizionali e ci si confronta e si dibatte su nuovi metodi di insegnamento.

Idee secondo le quali l’allievo debba trovarsi al centro del processo educativo; che l’educazione debba fondarsi Fig. 14: Scuola di Dr. Andrew Bell a Leith (Edinburgh), Scotland 1835

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30 Sole M., Manuale di edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1995, p. 40 31 Sole M., Crespi M., Edilizia scolastica, Roma, DEI, 2014, p. 36

32 Sole M., Crespi M., Edilizia scolastica, Roma, DEI, 2014, p. 37

sulla scoperta della personalità umana attraverso la psicologia, sulla necessità di eliminare dai processi educativi il verbalismo, il mnemonismo e il nozionismo; che la socialità debba essere considerata come centrale nell’educazione e che tale socialità scaturisca dalla collaborazione e dal lavoro di gruppo, non sono soltanto idee tipiche della scuola attiva, ma hanno infl uenzato e ispirato tutta l’impostazione

pedagogica attuale.30

Parallelamente allo sviluppo della didattica si evolvono anche gli spazi educativi. Si afferma la tipologia a blocco con vuoto interno, che rispetto al passato si compatta: è un edifi cio su più piani con aule servite da un ballatoio che si affaccia su uno spazio centrale vuoto.

Altra tipologia nata in questo periodo è la scuola all’aperto o estensiva. Questa tipologia, di matrice razionalista, è con-cettualmente opposta alla precedente e per questo motivo tende a dilatarsi verso l’esterno: l’edifi co si sviluppa su un solo piano e l’unità base, costituita dall’aula-corridoio, viene ripetuta seguendo uno schema a croce oppure a pettine. Durante gli anni Sessanta e Settanta si ebbe una grande diffusione, soprattutto nei paesi anglosassoni, di un tipo edilizio intermedio, per così dire, nel quale si tentava di riunire alcune caratteristiche tipiche sia del tipi a blocco che della scuola estensiva. Il risultato che si cercava di raggiungere era sostanzialmente quello di poter ottenere un sensibile

risparmio di spazio, e quindi un’altrettanto sensibile economia nei costi, attraverso l’eliminazione dei corridoi, dei passaggi e

del connettivo in generale.31

Questa mediazione prende il nome di “Open plan”, scuole con spazi interni neutri o multifunzione che rendono il tutto fl essibile e mutevole a seconda delle esigenze.

Un’altra tipo di scuola sviluppatasi negli anni Settanta è la “scuola-strada”, per certi versi evoluzione della tipologia a blocco con vuoto interno. Il nome dato a questo modello di scuola sottolinea la separazione netta tra gli spazi di servizio, posti al centro della composizione, e quelli didattici, posti verso l’esterno.

In tale atteggiamento sono riscontrabili la funzione e la vocazione urbana dell’edifi cio scolastico che non soltanto nel concetto di complessità nell’unità ripropone il rapporto tra i suoi elementi e l’insieme, così come tra la città ed i suoi edifi ci, ma più oltre stabilisce la possibilità di instaurare dei rapporti complementari con la città stessa, della quale può

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Fig. 15: Scuola Montessori e scuola Willemspark ad Amsterdam, Arch. Herman Hertzberger

Fonte: AHH (https://www.ahh.nl)

Fig. 16: Sviluppo della tipologia a blocco con vuoto intero, Arch. Herman Hertzberger

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La scuola dell’obbligo

La storia della scuola italiana ha inizio con la legge Casati, promulgata nel 1859 per il Regno di Sardegna ed estesa dal 1861 al resto d’Italia. La legge aveva il compito di assicurare alla popolazione le conoscenze elementari e di promuovere l’unità nazionale. L’istruzione elementare era affi data ai Comuni ed era suddivisa in due cicli biennali, di cui il primo obbligatorio e gratuito.

I programmi didattici del 1860 redatti da Angelo Fava e la legge Coppino del 1877 portano le scuole elementari a 5 anni, di cui 3 sono obbligatori. L’intento statale è quello di abbassare il tasso di analfabetismo che nel 1861 interessava il 74% dei cittadini.

La riforma Gentile del 1923 modifi ca l’assetto organizzativo, culturale e pedagogico della scuola. Tra i vari provvedimenti c’è l’obbligo scolastico innalzato fi no a 14 anni, anche se questo verrà diffi cilmente rispettato.

Alla riforma viene imputato il ritardo della scuola italiana nella ricezione delle teorie attiviste e per questo nel dopoguerra, con i programmi del 1945, si cerca di dare un’impronta più democratica all’educazione di un paese sconvolto dal ventennio fascista.

I programmi del 1955, redatti dal Ministro Ermini si ispirano alle teorie attiviste e alla cultura cattolica e restano in vigore fi no al 1985, quando subentrano programmi vicini alla cultura cognitivista.

I principi costitutivi dei programmi del 1985 sono individuabili, da un lato nel passaggio dal principio ispiratore cattoli-co-personalista a quello di un umanesimo laico, pluralista, fondato sui principi costituzionali, e, dall’altro, nell’impianto

epistemologico che sorregge le sequenze disciplinari.33

Elemento comune ai programmi di riforma della scuola di base (1991 quello della scuola materna statale,1985 quello della scuola elementare e 1979 quello della scuola media) è l’apertura e l’interazione della scuola con il mondo esterno. È la scuola della cooperazione, della socializzazione, della sperimentazione, dei laboratori: apprendere è ricercare,

rielaborare i dati della conoscenza e dei contenuti culturali.34

L’edilizia scolastica

La situazione delle scuole italiane è sempre stata molto critica.

La storia dell’edilizia scolastica ha inizio con l’unità d’Italia,

33 Attinà M., La scuola primaria. L’anima della tradizione, le forme della modernità, Milano, Mondadori Università, 2012, p. 44 34 Merlo R., Falsetti F., L’edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1994, p.19

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tuttavia gli interventi eseguiti alla fi ne del XIX secolo per fi nanziare e riqualifi care le scuole italiane sono pochi e insuffi cienti.

La condizione si era particolarmente aggravata negli anni Cinquanta quando a una situazione degradata dai precedenti anni di immobilismo e dagli eventi bellici si erano sovrapposti gli effetti di un forte aumento demografi co e di una migrazione interna, che avevano accresciuto a dismisura

i grandi centri urbani e le relative aree metropolitane.35

Allo stato di abbandono delle scuole italiane viene data una risposta negli anni Settanta, quando lo Stato approva prima una legge che fi nanzi l’edilizia scolastica (Legge 28 luglio1967, n. 641) e poi una poi una legge che ne regolamenti la costruzione mediante normative tecniche (Legge 5 agosto 1975, n. 412).

L’introduzione di una normativa tecnica in quegli anni permise alle strutture scolastiche italiane di avere standard qualitativi più elevati e allinearsi quindi ai livelli degli altri paesi europei.

Infi ne con la legge Masini (Legge 11 gennaio 1996, n. 23) viene defi nito come le competenze in materia di edilizia scolastica debbano essere ripartite tra i vari enti territoriali. L’interesse sull’edilizia scolastica si è recentemente riacceso a seguito del terremoto del 2002 che colpì il Molise e provocò

il crollo, tra i tanti, di una scuola. Perlopiù il dibattito si è concentrato sul rendere sicuri gli edifi ci.

Tra le ultime leggi emanate troviamo la Legge 13 luglio 2015, n. 107, più nota come riforma della “Buona scuola”, nella quale sono previsti fi nanziamenti e bandi per la costruzione di nuove scuole all’avanguardia.

School Book. Il punto sull’edilizia scolastica è un interessante

testo pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2015 che analizza lo stato di salute attuale delle scuole italiane. La sintesi che viene fatta ci dice che:

Le scuole sono spesso collocate in edifi ci storici i cui caratteri di vetustà o monumentalità non permettevano il completo adeguamento alle norme di sicurezza sismica, antincendio, impiantistica, delle norme igienico-sanitarie né permettono una facile accessibilità ai diversamente abili. E ancora: Alcune scuole risultano carenti di spazi o con spazi che mal rispondono alla richiesta di poter offrire servizi essenziali quali laboratori specializzati, mense e refettori, spazi per l’accoglimento degli alunni nel pre e dopo scuola, punti di ricreazione e di ristoro, spazi interconnessi, aperti allo scambio culturale anche con il resto della cittadinanza.36

35 Merlo R., Falsetti F., L’edilizia scolastica, Roma, La nuova Italia scientifi ca, 1994, p. 37

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Senza dubbio la scuola italiana ha bisogno di un rinnovamento profondo. La didattica si evolve, si avvale di nuove tecnologie e di conseguenza cambiano anche gli spazi educativi. Renzo Piano su Il Sole 24 Ore nel 2015 scrive:

La città che funziona è quella in cui si dorme, si lavora, ci si diverte e soprattutto si va a scuola. Dico soprattutto perché mentre si può decidere di non visitare un museo, sui banchi di scuola ci devono passare tutti. Occuparsi di edifi ci scolastici è un rammendo che, ancora prima che edilizio, è sociale.37

L’articolo di Renzo Piano, in risposta a un precedente articolo

di Franco Lorenzoni38, prosegue descrivendo una nuova

idea di scuola impostata su tre livelli, ognuno dei quali con una funzione precisa. Le linee guida esposte dall’architetto volgono verso un modello di edilizia sostenibile, capace di fornire gli spazi necessari per l’educazione e connessa con il territorio.

Scuola Senza Zaino

In molte parti d’Italia sono già presenti progetti innovativi nati con l’intento di superare la didattica tradizionale e di modernizzare gli spazi didattici. Tali iniziative sono partite da chi vive la scuola ogni giorno (i dirigenti scolastici, gli insegnanti e gli alunni) e hanno l’obiettivo di ripensare il concetto di scuola.

In questo scenario di rinnovamento generale, si sta diffondendo in Toscana il modello delle “Scuole Senza Zaino”. Nato a Lucca nel 2002, oggi hanno aderito a questo progetto più di 500 scuole, per un totale di quasi 38.000 studenti e 3.100 docenti.

Per quanto ovvia possa essere la principale novità apportata da questo sistema, il ragionamento che vi è dietro al nome è molto più profondo e per niente scontato.

3.3 SCUOLE INNOVATE

37 Piano R., Ecco la scuola che farei, in “Il Sole 24 Ore”, 11 Ottobre 2015

38 Lorenzoni F., Cari architetti, rifateci le scuole!, in “La domenica del Sole 24 Ore”, 16 Marzo 2015 Fig. 17: Disegno di Renzo Piano, Fonte: Il Sole 24 Ore

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Nel libro di Marco Orsi, A scuola senza zaino. Il metodo del curricolo globale per una scuola Comunità, è riassunto in modo chiaro e pungente il motivo per cui è nato il progetto “Senza Zaino”:

Come mai lo zaino è impiegato nelle scuole? […] Il vocabolario Devoto-Oli ne dà questa defi nizione: «Sacco di tela robusta rinforzato e munito di cinghie per essere portato a spalla, sia da soldati che da alpinisti, escursionisti, gitanti, ecc.». Dunque l’utilizzo dello zaino non è un fatto neutrale, indifferente: esso mette in rilievo, da subito, un’immagine di ambiente perlomeno inospitale. Lo zaino è stato inventato per affrontare situazioni disagevoli, se non impervie, desertiche, non antropizzate. Siamo di fronte allora a un’organizzazione che struttura un ambiente (formativo) in modo tale che per essere vissuto necessita che i suoi membri (gli alunni) si impegnino in un trasporto quotidiano di cose che servono ad attrezzare un luogo altrimenti spoglio, senza dotazioni, privo degli equipaggia-menti di base. L’inabitabilità della scuola è d’altra parte confermata non solo dallo zaino, ma dalle architetture e dalle sue forme spesso indefi nite e grigie, dalla scarsa cura riservata agli spazi, da aule ristrette per cui in locali dove normalmente vengono ospitati 4 o 5 impiegati si assembrano dalle 20 alle 30 persone, dal mobilio scarno e insuffi ciente, dall’inadeguatezza di materiali didattici, tecnologici, strumenti di lavoro, laboratori.39

Effettivamente è singolare come un lavoratore trovi già sul

posto di lavoro gli strumenti del mestiere mentre uno studente debba portarseli da casa.

Togliere lo zaino è pertanto un gesto reale, infatti gli studenti […] sono dotati di una cartellina leggera per i compiti a casa, magari utilizzando anche i materiali messi a disposizione nella rete, mentre le aule e le scuole vengono arredate con mobili e materiali didattici avanzati. Ma è anche un gesto simbolico in quanto vengono realizzate pratiche e metodologie innovative in relazione a tre valori: responsabilità, comunità

e ospitalità.40

Senza Zaino riprende le teorie settecentesche in campo pedagogico di Rousseau e Pestalozzi, le idee attiviste di Dewey su il ruolo educativo del lavoro inteso come attività manuale ed i concetti espressi da Montessori e da questi trae spunto per realizzare un nuovo modo di concepire la scuola. Alla base del progetto c’è la volontà di realizzare scuole moderne, tecnologiche e sostenibili, attente cioè a temi quali l’ambiente, l’illuminazione, l’acustica, la qualità dell’aria, il risparmio idrico e quello energetico.

Il cambiamento più sostanziale avviene all’interno dell’aula: il tipico schema, con banchi allineati posti frontalmente alla cattedra e alla lavagna, viene sostituito da uno schema dinamico e diversifi cato, composto da un’area tavoli per il lavoro individuale o a gruppi, un’area forum per le attività collettive, un’area mini-laboratori, un’area computer ed

39 Orsi M., A scuola senza zaino. Il metodo del curricolo globale per una scuola Comunità, Trento, Erickson, 2006, p. 26 40 Linee-Guida di Senza Zaino, Senza Zaino per una scuola comunità, 2013, p. 6

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infi ne un’area docente dove gli alunni possono essere affi ancati dall’insegnante.

L’aula così organizzata non è più uno spazio spoglio e impersonale come in precedenza, ma diventa un ambiente accogliente e stimolante, grazie anche all’introduzione di arredi mobili e fi ssi, utili alla didattica o più semplicemente di abbellimento.

L’intera struttura di “Senza Zaino”, come già accennato, è fondata su tre valori cardine.

Il primo punto è l’ospitalità. Gli ambienti devono presentarsi accoglienti, organizzati, curati ed esteticamente gradevoli. Da un punto di vista sociale gli spazi devono essere in grado di accogliere soggetti molto differenti tra loro, vista

l’eterogeneità culturale, religiosa, linguistica, sessuale oltre che motorio-cognitiva della popolazione. Sotto l’aspetto organizzativo, l’aula deve permettere di diversifi care gli spazi per favorire un tipo di insegnamento differenziato. Inoltre affi nché un luogo venga percepito ospitale deve presentarsi pulito e in buono stato.

Il secondo punto è la responsabilità. Questa va intesa come capacità da parte degli alunni di essere autonomi, ovvero liberi di scegliere e pianifi care il proprio percorso formativo. Deve essere interpretata anche come capacità di prendersi cura del materiale didattico, dell’aula e della scuola in generale.

Infi ne il terzo punto è la comunità. Gli spazi della scuola devono favorire la collaborazione tra gli studenti, tra studenti

Fig. 18: Esempio di un aula tradizionale

Fonte: Orsi M., A scuola senza zaino. Il metodo del curricolo globale per

una scuola Comunità, Trento, Erickson, 2006, p. 150

Fig. 19: Esempio di un aula “Senza Zaino”

Fonte: Orsi M., A scuola senza zaino. Il metodo del curricolo globale per

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e docente ed anche tra i diversi docenti. Gli individui che vivono la scuola devono sentirsi coinvolti ed aiutarsi tra loro, ovvero devono sentirsi parte di una piccola comunità.

Fuji Kindergarten

Realizzato dall’Architetto Takaharu Tezuka poco fuori Tokyo, il Fuji Kindergarten è un asilo fatto a misura di bambino. Si tratta di un edifi cio di forma ovale sviluppato su due livelli, piano terra e tetto piano, con al centro della composizione un cortile.

Per quanto la scuola possa sembrare semplice, l’architetto affronta molti temi legati all’ambiente e al rispetto della natura: tra le scelte di progetto che vanno in questa direzione c’è sicuramente la volontà di conservare e rendere protagonisti gli alberi centenari di Zelkova (olmo giapponese).

La scelta di utilizzare pareti perimetrali vetrate e lucernari sul tetto indicano il desiderio di mantenere il rapporto tra esterno e interno ma anche la voglia di sfruttare al meglio la luce naturale.

Alla base del progetto ci sono le teorie portate avanti da Montessori: indipendenza, libertà, autosuffi cienza, spazi ordinati, atmosfera rilassante e materiale didattico stimolante. La pianta del piano terra risulta esser un grande open space ad anello che gira tutto attorno al cortile centrale, dove gli arredi mobili defi niscono gli ambienti interni e la loro funzione. L’assenza di muratura permette alla scuola una notevole fl essibilità degli spazi didattici, che possono cambiare in base alle diverse esigenze.

Cortile, piano terra e copertura piana sono tutti collegati da rampe, scale e scivoli. Gli stessi alberi diventano collegamenti verticali. La scuola dunque si trasforma in un luogo sicuro e stimolante che permette ai bambini di sviluppare la propria curiosità e creatività in assoluta libertà.

Fig. 20: Fuji Kindergarten, Arch. Takaharu Tezuka Fonte: TED (https://ideas.ted.com)

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L’AREA DI PROGETTO

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4.1 LA DESCRIZIONE DELL’AREA

L’area di progetto è situata in una zona periferica ad est del centro storico di Empoli, più precisamente a cavallo tra il quartiere di Serravalle e quello di Pontorme.

Pontorme, che prende il nome dal vicino ponte sul torrente Orme, è un antico centro urbano sorto nel VIII secolo e cinto da mura, oggi visibili solo in parte perché distrutte da inondazioni e guerre. Con Empoli e Montrappoli crea la Lega Tuscia fi no a quando nel 1774, con la riforma leopoldina, si unisce alla comunità di Empoli.

Oggi Pontorme si presenta come un quartiere periferico di Empoli, inglobato dall’espansione orientale della città a partire dal dopoguerra, ma sostanzialmente intatto in quello che era il disegno del nucleo fortifi cato.1**

Serravalle invece è la zona sportiva di Empoli, sorta nella seconda metà del ‘900 a seguito di un notevole incremento della popolazione e del fervore edilizio del tempo. Qui troviamo lo stadio comunale, la piscina e il Parco di Serravalle, vero e proprio polmone verde della città.

La zona è tuttora in espansione e gli alloggi popolari multipiano vanno a diradarsi per far posto a un’edilizia residenziale più bassa del tipo a schiera.

Sia Serravalle che Pontorme sono quartieri tranquilli ma anche

vivaci. Ogni giovedì nei pressi dello stadio si svolge il mercato settimanale empolese che richiama numerose persone anche dei centri abitati limitrofi . La domenica è sempre la zona di Serravalle a fungere da centro di attrazione per molti empolesi che accorrono allo stadio per veder giocare la squadra di calcio dell’Empoli. Altro punto di interesse è il parco di Serravalle che in vari periodi dell’anno ospita numerosi eventi ed iniziative: il Beat Festival è sicuramente quello di maggior successo per numero di presenze (oltre 100.000 nell’ultima edizione) e per contenuti portati. Durante l’anno il parco rimane uno dei luoghi preferiti dagli abitati di Empoli per poter passare il proprio tempo libero.

La zona di Pontorme, vecchio centro abitato e casa natale di Jacopo Carrucci (noto appunto come il Pontormo), conserva gelosamente le sue tradizioni. Per quanto la sua estensione sia ridotta e gli spazi aperti per la collettività siano pochi, ogni anno viene organizzato nell’antico borgo una festa dedicata alla cultura, all’intrattenimento, agli antichi mestieri e alla storia di Pontorme.

Il sito in esame è circondato da edifi ci residenziali, tuttavia attorno all’area di intervento sono presenti numerosi servizi di vario genere. Oltre alle già citate strutture sportive comunali (stadio e piscina), poste a una distanza non superiore a 500 m dal lotto oggetto di studio troviamo numerose attività commerciali, un uffi cio postale, una casa di riposo, due 1* Siemoni W., Frati M. (a cura di), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, p. 127

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chiese (la chiesa di S. Michele in Pontorme e la chiesa di S. Martino con a fi anco un cimitero, un palazzetto dello sport, due palestre, alcuni studi medici e una farmacia. Allargando di poco il raggio possiamo trovare altri edifi ci religiosi, alcuni istituti bancari e anche un supermercato a soli 700 m di distanza.

Per quanto riguarda gli edifi ci scolastici è possibile fare un discorso simile: infatti nelle vicinanze dell’area di intervento sono dislocati numerosi istituti di vario grado. Nel raggio di 1 km ci sono due asili nido, tre scuole dell’infanzia, tre scuole elementari e una scuola media, eppure la richiesta di spazi pedagogici non è soddisfatta a pieno.

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4.2 L’ANALISI URBANISTICA

La gestione del territorio avviene per mezzo degli strumenti urbanistici che disciplinano l’utilizzo e ne organizzano lo sviluppo. I principali strumenti di pianifi cazione urbanistica sono PIT (Piano di Indirizzo Territoriale) a livello regionale, PTC (Piano Territoriale di Coordinamento) a livello provinciale e PRG (Piano Regolatore Generale) su scala comunale.

Prerogativa del PIT è stabilire gli obiettivi e le strategie per l’intero territorio regionale toscano. Subordinato a questo c’è il PTC, che defi nisce l’assetto del territorio sovracomunale. Infi ne il PRG è lo strumento che, in accordo con le disposizioni contenute all’interno dei piani sopra citati, disciplina gli interventi e le trasformazioni sul territorio comunale.

Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico

Il Comune di Empoli è dotato di Piano Strutturale (PS) e Regolamento Urbanistico (RU), strumenti urbanistici che hanno sostituito il Piano Regolatore Generale.

Il Piano Strutturale è stato approvato con deliberazione Consiglio Comunale n. 43 del 30 marzo 2000, effi cace dalla data di pubblicazione sul BURT del 3 maggio 2000; mentre il Regolamento Urbanistico è stato approvato con deliberazione Consiglio Comunale n. 137 del 21 dicembre 2004, effi cace dalla data di pubblicazione sul BURT del 26 gennaio 2005.

Conseguentemente alla scadenza delle previsioni quinquennali del Regolamento Urbanistico è stato avviato

il procedimento di formazione della variante al Piano Strutturale e al Regolamento Urbanistico con deliberazione della Giunta Comunale n. 180 del 24 novembre 2010.

Variante al Piano Strutturale, Secondo Regolamento Urbanistico e Valutazione Ambientale Strategica sono stati approvati con deliberazione Consiglio Comunale n. 75 del 4 novembre 2013, effi cace dalla data di pubblicazione sul BURT del 24 dicembre 2013.

Sul sito del Comune di Empoli è possibile consultare Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico, da cui sono tratte informazioni relative all’area oggetto di studio.

L’Art. 55 del PS defi nisce le Unità Territoriali Organiche Elementari, anche dette UTOE, come parti riconoscibili della città o del territorio alle quali sono applicati specifi ci parametri, limiti e norme.

Sul territorio comunale sono riconoscibili quindici UTOE così divise:

UTOE 1 La città compatta UTOE 2 La città sfrangiata UTOE 3 La città separata

UTOE 4 Il Mix di funzioni: la “strada Mercato” UTOE 5 Pontorme: il nucleo storico esterno UTOE 6 La città nuova progettata

UTOE 7 Le espansioni lineari: Corniola-Pozzale-Casenuove UTOE 8 Le espansioni lineari: Vitiana-Pagnana-Marcignana

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UTOE 9 Le espansioni lineari: Ponte a Elsa- Brusciana UTOE 10 Le espansioni lineari: Fontanella

UTOE 11 Monterappoli: il centro storico di collina UTOE 12 La piana industriale

UTOE 13 La collina

UTOE 14 La piana agricola

UTOE 15 Arnovecchio: il “cuore verde”

Ai fi ni dello studio dell’area sarà preso in considerazione il solo UTOE 6, che esamina “La città nuova progettata” ovvero quella parte di città prevalentemente residenziale sorta dall’espansione urbana periferica verso est e attuata tramite piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata costituiti da PEEP e lottizzazioni convenzionate.

L’Art. 55 del RU stabilisce come il territorio comunale è suddiviso relativamente ai diversi ambiti.

Ambiti urbani con prevalente destinazione residenziale: - Ambiti della conservazione e del restauro;

- Ambiti urbani suscettibili di completamento; - Ambiti di trasformazione.

Ambiti urbani con prevalente destinazione produttiva: - Ambiti della produzione compatta;

- Ambiti della produzione promiscua; - Ambiti della produzione specializzata; - Ambiti del commercio;

- Ambito del parco tecnologico. Ambiti del territorio aperto:

- Aree con esclusiva o prevalente funzione agricola; - Aree agricole d’interesse primario;

- Aree agricole periurbane. Ambiti di attrezzature e servizi:

- Ambiti di attrezzature e servizi a scala territoriale; - Ambiti per impianti sportivi e protezione civile;

- Ambiti di attrezzature e servizi a scala comunale e di quartiere;

- Zone a verde pubblico; - Zona a verde sportivo;

- Zone per attrezzature cimiteriali; Zone per infrastrutture di mobilità:

- Zone ferroviarie;

- Zone per la viabilità carrabile; - Zone per parcheggi;

- Piazze;

- Percorsi ciclabili; - La strada mercato. Aree urbane inedifi cate:

- Aree a verde privato;

- Aree a verde complementare.

Anche in questo caso l’area di studio è interamente destinata a ospitare attrezzature e servizi a scala comunale e di quartiere, più precisamente il tipo di servizio a cui è destinato il lotto rientra nella categoria “istruzione, ricerca – pubblico”. Di conseguenza gli articoli che normano l’area sono Art. 80, Art. 81 e Art. 84, riguardanti rispettivamente le disposizioni generali, le modalità di intervento e gli ambiti di attrezzature e servizi a scala comunale e di quartiere.

Dall’estratto del RU è possibile anche ricavare la superfi cie del lotto, la quale è pari a 18.283 m2. Tuttavia in fase di progettazione dovrà essere tenuto di conto del fatto che questa area è in parte già occupata da una scuola secondaria di primo grado, la scuola media Vanghetti.

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Sebbene l’intervento principale sia eseguito su un solo lotto, per completare l’isolato sono stati considerati anche i lotti adiacenti, che secondo la carta del Regolamento Urbanistico sugli usi del suolo e modalità di intervento sono entrambi destinati a verde attrezzato pubblico. Per questo

motivo oltre ai già citati articoli del RU verrà considerato anche l’Art. 85 relativo alle zone a verde pubblico. I suddetti spazi saranno trattati in fase di progetto secondo un’ottica previsionale di sistemazione urbanistica dell’area.

Fig. 22: Regolamento Urbanistico: usi del suolo e modalità di intervento Fonte: Comune di Empoli (https://www.empoli.gov.it)

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4.3 LO STUDIO DEI SERVIZI ESISTENTI

Osservando la mappa dell’accessibilità urbana contenuta nel Regolamento Urbanistico è possibile avere un’idea di come sono distribuiti i diversi sevizi sul territorio comunale e anche come questi siano collegati tra loro.

La carta infatti evidenzia le aree destinate ai servizi suddividendoli in base alla funzione svolta e alla competenza (comunale, provinciale o di altri enti) indicando inoltre il grado di accessibilità e di raggiungibilità. Nel caso degli edifi ci scolastici la divisione avviene in base all’ordine e al grado della scuola.

Inoltre vengono indicate le principali linee di trasporto pubblico ed anche i parcheggi. L’area di studio è suffi ciente-mente servita e raggiungibile sia con mezzi pubblici che con mezzi privati. Oltre al servizio di trasporto pubblico urbano all’interno del comune di Empoli e di quello interurbano che presta servizio per tutto il territorio del Circondario Empolese Valdelsa, è possibile servirsi anche di un servizio di trasporto scolastico gratuito e già consolidato.

Come detto in precedenza nella zona a est della città è possibile trovare numerose altre scuole elementari che attualmente fanno già uso del servizio di scuolabus così come ne usufruisce la scuola media situata nel lotto oggetto di studio.

Il progetto prevede di sostituire o di essere di supporto alla scuola primaria esistente di Pontorme, la quale è posta a pochi passi dalla scuola media Vanghetti. Per questo motivo

garantire il servizio di trasporto pubblico anche per il nuovo edifi cio non sarebbe un problema.

In più, come è possibile osservare dalla carta della fattibilità, anch’essa contenuta nel Regolamento Urbanistico, c’è da parte dell’amministrazione comunale l’idea di prolungare la strada che costeggia il Parco di Serravalle e che dallo stadio dovrebbe arrivare fi no alla sede della Sammontana, ricollegandosi con la strasa statale. I lavori sulla viabilità sono già stati avviati e dovrebbero favorire un miglior scorrimento del traffi co nei quartieri di Serravalle e Pontorme e di conseguenza anche nell’area interessata dal progetto. Rimanendo sulla carta della fattibilità si ottengono informazioni anche sul grado di pericolosità geologica, idraulica e sismica di quelle aree dove sono previsti interventi. Questa riassume i dati sui rischi ottenuti dagli studi geologici, idrogeologici e idraulici fatti sul territorio ed esposti nel Piano Strutturale e da una valutazione sulla fattibilità degli interventi. Da qui si può vedere come l’area di progetto sia soggetta a rischi modesti e per questo sono applicati normali vincoli.

Tornando alla mappa dell’accessibilità, al fi ne di avere un quadro conoscitivo più ampio possibile, sono state prese in esame le diverse scuole primarie presenti su tutto il territorio comunale di Empoli.

Dallo studio sulle scuole elementari esistenti è emerso che gli edifi ci sono perlopiù composti da cinque classi, sviluppati su un unico piano, con struttura a telaio in cemento armato,

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Fig. 23: Regolamento Urbanistico: mappa dell’accessibilità Fonte: Comune di Empoli (https://www.empoli.gov.it)

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Fig. 24: Regolamento Urbanistico: carta della fattibilità Fonte: Comune di Empoli (https://www.empoli.gov.it)

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coperture piane miste a coperture ad una falda inclinata e rivestimento murario in mattoni oppure intonaco.

Le principali differenze tra gli edifi ci scolastici nel centro città e quelli periferici sono riconducibili alla data di costruzione: la diversa tipologia e il diverso stile architettonico utilizzato è un esempio evidente, così come lo è l’uso dei materiali in facciata e anche gli spazi pertinenziali propri delle scuole, ridotti o assenti negli istituti del centro ed ampi nelle aree più esterne.

Di seguito sono riportati alcune scuole elementari presenti sul territorio, a dimostrazione delle scelte architettoni-che adottate per la loro realizzazione. Lo studio ha come fi ne quello di adattare al meglio le scelte compositive del progetto.

Il risultato tuttavia pur tenendo conto dell’esistente non può fare a meno di distanziarsi dagli edifi ci costruiti all’interno dei confi ni comunali. Ciò è dovuto al fatto che le richieste di progetto indicano la progettazione di quindici aule ovvero tre cicli di cinque classi ciascuno.

Poiché nessuna scuola elementare attuale è in possesso di più di due cicli, saranno presi accorgimenti in fase di progetto. La decisione di analizzare sinteticamente le varie scuole primarie non deve comunque apparire strana perché la disamina di questi plessi è importante per capire come l’edifi cio scuola si va a rapportare con il contesto urbano dal punto di vista spaziale, volumetrico e materico.

Soprattutto le scuole sorte nelle parti della città più vicine all’area di progetto rappresentano motivo di spunto.

1. Scuola primaria “Serravalle”

- Numero corpi di fabbrica: 1 - Numero piani: 1

- Numero aule: 5

- Numero studenti: 110 circa - Struttura: telaio in CLS armato

- Copertura: tetto piano e a falde inclinate in cotto - Rivestimento: mattoni in laterizio

- Infi ssi: alluminio

- Presenza verde Pertinenziale: sì

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2. Scuola primaria Pontorme “Jacopo Carrucci”

- Numero corpi di fabbrica: 1 - Numero piani: 1

- Numero aule: 10

- Numero studenti: 220 circa - Struttura: telaio in CLS armato

- Copertura: tetto a falde inclinate in lamiera metallica - Rivestimento: intonaco

- Infi ssi: alluminio

- Presenza verde Pertinenziale: sì

3. Scuola primaria “Carducci”

- Numero corpi di fabbrica: 1 - Numero piani: 2

- Numero aule: 9

- Numero studenti: 190 circa - Struttura: telaio in CLS armato

- Copertura: tetto piano in lamiera metallica - Rivestimento: intonaco

- Infi ssi: alluminio

- Presenza verde Pertinenziale: sì

Fig. 27: Foto scuola primaria “Carducci” Fig. 26: Foto scuola primaria “Jacopo Carrucci”

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4. Scuola primaria Ponzano “C. Colombo”

- Numero corpi di fabbrica: 1 - Numero piani: 1

- Numero aule: 10

- Numero studenti: 230 circa - Struttura: telaio in CLS armato - Copertura: tetto piano in ghiaia - Rivestimento: mattoni in laterizio - Infi ssi: alluminio

- Presenza verde Pertinenziale: sì

5. Scuola primaria “Leonardo Da Vinci”

- Numero corpi di fabbrica: 1 - Numero piani: 3

- Numero aule: 5

- Numero studenti: 120 circa - Struttura: telaio in CLS armato

- Copertura: tetto a padiglione in cotto

- Rivestimento: intonaco con rifi niture in pietra - Infi ssi: legno

- Presenza verde Pertinenziale: sì

Fig. 29: Foto scuola primaria “Leonardo da Vinci” Fig. 28: Foto scuola primaria “C. Colombo”

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6. Scuola primaria Cascine “Carlo Rovini”

- Numero corpi di fabbrica: 1 - Numero piani: 1

- Numero aule: 5

- Numero studenti: 110 circa - Struttura: telaio in CLS armato

- Copertura: tetto a falde inclinate in cotto - Rivestimento: mattoni in laterizio

- Infi ssi: alluminio

- Presenza verde Pertinenziale: sì

7. Scuola primaria “Michelangelo”

- Numero corpi di fabbrica: 1 - Numero piani: 2

- Numero aule: 5

- Numero studenti: 105 circa - Struttura: telaio in CLS armato

- Copertura: tetto a capanna in cotto - Rivestimento: intonaco

- Infi ssi: legno

- Presenza verde Pertinenziale: sì

Fig. 31: Foto scuola primaria “Carducci” Fig. 30: Foto scuola primaria “Carlo Rovini”

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8. Scuola primaria “Baccio da Montelupo”

- Numero corpi di fabbrica: 1 - Numero piani: 1

- Numero aule: 5

- Numero studenti: 120 circa - Struttura: telaio in CLS armato

- Copertura: tetto piano e a falde inclinate in cotto - Rivestimento: mattoni in laterizio

- Infi ssi: alluminio

- Presenza verde Pertinenziale: sì

9. Scuola primaria Pozzale “F. Busoni”

- Numero corpi di fabbrica: 1 - Numero piani: 1

- Numero aule: 5

- Numero studenti: 100 circa - Struttura: telaio in CLS armato

- Copertura: tetto a falde inclinate in cotto - Rivestimento: intonaco e pietra

- Infi ssi: alluminio

- Presenza verde Pertinenziale: sì

Fig. 33: Foto scuola primaria “F. Busoni” Fig. 32: Foto scuola primaria “Baccio da Montelupo”

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