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3. Commento alla traduzione

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Academic year: 2021

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3. Commento alla traduzione

3.1. Descrizione tipologica della lingua di partenza

The Hearts of Men è un testo a metà tra riflessione saggistica e giornalistica.

Linguisticamente appare quindi lontano da qualsiasi rigidità formale. Ehrenreich utilizza un linguaggio medio e un tono è scorrevole, a tratti colloquiale, ricco di

phrasal verbs. Si sente nel testo l’influsso dell’attività professionale dell’autrice,

giornalista freelance abituata a lavorare con un linguaggio diretto e informativo. Si percepisce la naturalezza con cui l’autrice tratta dati e opinioni provenienti da ogni tipo di fonte (quotidiani, riviste, opere letterarie, saggistica) che Ehrenreich amalgama in una narrazione capace di stimolare l’interesse del lettore. Il testo è pensato per informare e far pensare il lettore. Spesso, quando l’autrice interviene direttamente e commenta, le sue incursioni si spingono sino a note ironiche che rendono il testo gradevole e colloquiale. Cito un esempio: “In fact, a book on other-directed women would have been as unsurprising as a book on, say, fair-skinned Anglo-Saxons.”119

È inoltre un testo ad alta idiomaticità in cui abbondano i riferimenti alla cultura americana. Si ha l’impressione che la natura immediata e comprensibile del testo nasca spontaneamente nelle corde dell’autrice. Si percepisce comunque la competenza informativa dell’autrice e l’uso di una terminologia accurata, spesso specialistica, nei vari contesti (psicologia, medicina, letteratura, sociologia, fonti editoriali). Queste componenti ne fanno un testo ricco e interessante, e nel contempo molto accessibile e gradevole.

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3.2. Descrizione tipologica della lingua di arrivo

Nel mio progetto di traduzione, la lingua d’arrivo cerca di rispondere il più possibile a criteri di scorrevolezza e informatività, rispettando l’idea di un testo insieme descrittivo, accessibile e stimolante. Dunque, il testo d’arrivo presenta un linguaggio medio senza troppe pretese formali e preziosismi linguistici. Il vantaggio di poter tradurre il libro per intero mi ha consentito di avere una visione d’insieme del testo e poter apprezzare al contempo la capacità informativa di ogni capitolo e l’abilità dell’autrice nel stimolare la curiosità del lettore.

La fluidità del discorso, insieme alla correttezza semantica, sono stati il mio principale scopo, quale del resto dovrebbe essere lo scopo di ogni traduzione. In fase di revisione ho avuto modo di correggere quelli che percepivo come storture o ostacoli alla fluidità del testo. Per quanto possibile ho tentato di mantenere naturalezza e fluidità, e rispettare, quando possibile e con diverse strategie traduttologiche, l’idiomaticità della lingua di partenza, senza allontanarmi da principi di comprensibilità e informatività. La lingua d’arrivo cerca quindi di essere tanto accessibile, stimolante e rispettosa dei contenuti quanto quella di partenza.

3.3. Problematiche generali relative alla traduzione

Il testo presenta alcune problematiche traduttive piuttosto comuni.

In alcuni casi, per motivi di naturalezza e fluidità, ho apportato delle dislocazioni di parti di proposizione. Anticipando alcune frasi secondarie, ho spesso dato maggiore scorrevolezza alla lingua e reso più gradevole alla lettura il testo di arrivo.

Per quanto riguarda le citazioni, nel caso specifico di testi già tradotti, ho inserito la traduzione italiana esistente (si tratta per lo più di testi canonici di

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alcuni ambiti come sociologia, psicologia e letteratura). Negli altri casi ho proceduto direttamente con una traduzione mia.

Come principio generale, i titoli dei libri vengono ricondotti al titolo tradotto in italiano, quando possibile. Mentre i numerosi titoli degli articoli di riviste e giornali americani citati all’interno del corpo testuale (Look, Playboy, Esquire,

Ms., Reader’s Digest, ecc.) sono da me sempre tradotti in autonomia, ovviamente

per mancanza di un equivalente italiano e in favore di una necessaria fruibilità dei contenuti da parte del lettore.

3.3.1. RIFERIMENTI

I riferimenti a entità e istituzioni straniere sono generalmente rimasti tali e quali anche nel testo di arrivo, poiché una traduzione dei loro nomi avrebbe tradito la precisa individuazione del riferimento. Due esempi: Ivy League e

American Legislative Exchange Council (rispettivamente a p. 157 e 180 della

traduzione).

Ho agito diversamente in almeno un caso. Quando mi sono trovato di fronte all’espressione Little League weekends ho capito subito che la priorità in quel caso non era tanto mantenere il riferimento esatto a una realtà (sconosciuta in Italia), quanto trovare un possibile equivalente dell’espressione implicitamente veicolata. Sostituendo a Little League l’espressione “scuola calcio” ho voluto rendere l’idea di un’attività collegata alla paternità e attinente all’ambito sportivo (pagina 20). Era questa l’idea veicolata in quel caso dal testo di partenza, che sembrava domandarmi di “tradire” il preciso riferimento in nome della buona resa traduttiva dell’idea sottostante.

Nel caso dell’acronimo PTA sono invece intervenuto a esplicitarne in nota il significato (Parent Teacher Association). All’orecchio anglofono suona sicuramente familiare ma per il lettore italiano è qualcosa di sconosciuto, poiché individua una realtà che in Italia non esiste (p. 20).

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3.3.2. NOTE

Nel testo originale c’erano alcune note di fine sezione. Le quattro del nono capitolo erano molto lunghe e ho deciso di lasciarle come note di fine sezione inserite al termine del capitolo stesso. La nota di fine sezione del capitolo undici, poiché più breve, è invece stata trasformata in una nota a pié di pagina.

3.4. Problematiche specifiche relative alla traduzione 3.4.1. TERMINOLOGIA

Innanzitutto occorre fare una riflessione sul binomio maschilità/mascolinità. Il secondo termine, nonostante all’orecchio possa suonare come un’esagerazione dei tratti virili, in realtà si è istituzionalizzato come perfetto sinonimo di maschilità standard,120 forse per derivazione dall’originale inglese masculinity.121 Inoltre possiamo notare che esperti del settore come Bellassai e Ruspini utilizzano con disinvoltura entrambi i termini come sinonimi.122 Per questi motivi nella traduzione ho adoperato indistintamente i due termini.

In un solo caso la scelta è stata pressoché obbligata: a un certo punto prima in un sottotitolo e poi nel testo compare il termine mask-ulinity, commistione dei termini mask (maschera) e masculinity (mascolinità/maschilità). Per rendere entrambi i significati in un solo termine ho fatto ricorso a una parentesi masch(er)ilità, sottolinenando che il termine dovesse leggersi come una fusione dei termini maschera e maschilità. Scegliendo di fondere i termini maschera e mascolinità ci sarebbe stata una h di troppo e il risultato sarebbe stato, a mio avviso, meno efficace.

Uno dei problemi fondamentali che si sono posti fin da subito nella traduzione è stata la traduzione del termine breadwinner, espressione molto comune in

120

T. De Mauro, Dizionario della lingua italiana De Mauro, Torino, Paravia, 2000.

121

A. De Biasio, Studiare il maschile, cit., p. 11.

122

Si vedano per esempio: S. Bellassai, La mascolinità contemporanea, cit.; S. Bellassai, L’invenzione della virilità, cit.; E. Ruspini (a cura di), Uomini e corpi. Una riflessione sui rivestimenti della mascolinità, Milano, Franco Angeli editore, 2009.

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lingua inglese ma che sembrava non avere un equivalente diretto in grado di renderne a pieno il senso; sembrava impresa ardua tradurre questo termine senza ricorrere a una perifrasi poco elegante e soprattutto ridondante, visto che il termine compare moltissime volte nel testo. Il termine infatti individua la figura del percettore di reddito maschile che, da solo, provvede al sostentamente di tutto il nucleo familiare. Un possibile equivalente sarebbe potuto essere il termine capofamiglia, ma l’utilizzo strettamente legato all’aspetto economico del guadagno che ne fa l’inglese mi ha fatto propendere piuttosto per un’altra soluzione. Dato che lo stesso termine breadwinner viene utilizzato tale e quale ad esempio da Elisabetta Ruspini123 e Sandro Bellassai,124 ho optato infine per il mantenimento del termine inglese, segnalando in nota alla prima occasione la strategia adottata, i motivi e il senso del termine stesso.

L’aggettivo upbeat significa letteralmente positivo, ottimistico. Compare però nel testo a volte come sostantivo per identificare gli Upbeats,125 cioè l’opposto dei beat con l’aggiunta di una connotazione positiva. Tradurre il termine avrebbe fatto perdere il senso specifico dato dall’utilizzo del termine in quel contesto. In questo caso ho scelto di non tradurre il termine (si veda ad esempio p. 76 della traduzione) segnalando in nota il perché.

3.4.2. SOPRANNOMI

In un caso il soprannome attribuito a un personaggio, il dottor Selye, è un termine inglese, stressor, che significa fattore di stress. Tradurre con l’espressione letterale avrebbe tradito la brevità e immediatezza dell’originale, così ho preferito mantenere lo stesso termine e servirmi di una nota dove esplicito il significato dell’espressione e la mia scelta (p. 91).

123

E. Ruspini (a cura di), Uomini e corpi, cit., p. 215.

124

S. Bellassai, La mascolinità contemporanea, cit., p. 47; S. Bellassai, L’invenzione della virilità, cit., p. 146.

125

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Un caso di intraducibilità legato al nome di un personaggio citato riguarda il candidato alla presidenza Adlai Stevenson, soprannominato da un rivale Ad-lie, dove lie significa menzogna. Anche qui l’unica soluzione traduttica è stata mantenere il termine tale e quale ed esplicitare in nota il significato del tutto (p. 124 della traduzione).

3.4.3. CODICI

Il testo di partenza affronta il tema della maschilità da svariate angolature e ambiti (scienze, medicina, psicologia, letteratura, politica e sociologia) attingendo inoltre a fonti di varie epoche. In alcuni momenti, quindi, un determinato codice domina il discorso.

Il quinto capitolo della traduzione, ad esempio, presenta molte espressioni che appartengono al gergo della controcultura americana. Square si riferisce a un individuo noioso, piatto, conservatore, conformista.126 Il termine deriva dal gergo musicale del jazz dove indica un tempo musicale piatto, basato sui canonici quattro quarti, e viene successivamente utilizzato con questo senso dagli hipster negli anni Quaranta, dai beatnik nei Cinquanta e poi dagli hippie nei Sessanta e Settanta. La traduzione che ho infine selezionato è “inquadrato”, espressione che secondo me permette di rendere bene l’idea di piattezza e conformità, e al contempo si avvicina al termine originale, che letteralmente significa quadrato.

Squaresville, come ho segnalato in nota a p. 80 della traduzione, non viene

tradotto ma rimanda allo stesso senso: è letteralmente una città di inquadrati mentali.

Beat e beatnik, così come l’espressione Beat Generation sono entrati nell’uso

corrente italiano (lo stesso vale per Me Generation, p. 5) per designare una corrente contro culturale e i suoi esponenti. Rimangono così, nella forma invariabile, anche al plurale.

126

A. S. Hornby, Oxford Advanced Learner’s Dictionary of Current English (settima edizione), Oxford, Oxford University Press, 2005, p. 1484.

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Pad letteralmente significa appartamento. Ho deciso di mantenere il termine

tale e quale poiché espressione antiquata, segnalando in nota di cosa si tratta e la strategia adottata (pagina 78). Traducendo il termine con appartamento, avremmo perso una sfumatura particolare dell’originale, e il riferimento a un codice oggi datato.

Daddy-o è invece un’espressione dello slang beat o hipster degli anni

Cinquanta e Sessanta che oggi equivarrebbe alle espressioni dude, man.127 Anche qui l’unica soluzione sensata mi è parsa quella di mantenere il termine e riportare in nota strategia e significato.

3.4.4. IDIOMATICITÀ

Il testo ha rappresentato soprattutto una sfida idiomatica. È Ehrenreich a utilizzare direttamente espressioni idiomatiche o estratti di testi che ne fanno largo uso.

Termini come blue collars white collars e gray flannel suits sono stati meno problematici da tradurre. Le due prime espressioni hanno degli equivalenti in italiano quasi letterali: I white collars indica i colletti bianchi, cioè i lavoratori del settore impiegatizio. I blue collars sono invece le tute blu, cioè gli operai del settore industriale. Discorso diverso per i gray flannel suits. Il titolo italiano del famoso romanzo The Man in The Gray Flannel Suit (1955) è L’uomo dal vestito

grigio, espressione che si riferisce alla categoria sociale dell’uomo medio degli

anni Cinquanta. Fatte le dovute precisazioni, la prima volta che il termine compare ho segnalato in nota che le possibili traduzioni sarebbero state “vestiti grigi”, “uomini dal vestito grigio” o più letteralmente “i flanella grigia” (p. 38 della traduzione).

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Alcune espressioni hanno domandato che si trovasse semplicemente un equivalente idiomatico nella lingua d’arrivo: è il caso di “healthy as horses” che ho tradotto come “sane come pesci” (p. 189 della traduzione).

Ci sono poi espressioni che non hanno un equivalente in italiano. Una di queste è gold digger, riferita a una giovane donna arrivista che si prende gioco della fiducia maschile per guadagnare qualcosa (p. 54). In questo caso ho optato per una traduzione letterale esplicitando in nota il significato e la strategia traduttiva adottata.

Nel caso di to keep up with the Joneses siamo di fronte a un’espressione che rimanda allo spirito di rivalità e invidia sociale tipico della società capitalistica. Avevo pensato di costruire un possibile equivalente facendo leva sull’espressione “l’erba del vicino è sempre più verde” ma si trattava di una citazione da un articolo di Look e anche per questo alla fine ha prevalso l’idea di mantenere l’espressione ed esplicitarne il significato in nota (p. 50 della traduzione).

Lo stesso criterio di esplicitazione in nota è stato adottato per l’espressione “to have smaller fish to fry”,128

che letteralmente significa avere cose meno importanti da fare o comunque affari meno rilevanti da portare a termine. Ho deciso di tradurre letteralmente l’espressione dato che poco prima il soggetto della frase veniva accomunato al capitano Achab di Moby Dick, e dunque la presenza del pesce nell’espressione era assolutamente ricercata (p. 102 della traduzione).

Anche per un’espressione apparentemente più abbordabile come “If this fellow is marching to a different drummer”129 trovare un equivalente non è stato facile. Letteralmente “to march to a different drummer” significa comportarsi diversamente dagli altri, essere anticonformisti. Ma qui l’espressione è collegata al tema musicale, che poco dopo è richiamato dal riferimento al suono reale delle percussioni (the drums), i “bongos”. Ho quindi fatto ricorso all’espressione “se in

128

B. Ehrenreich, The Hearts of Men, cit., p. 83.

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questo tizio risuona tutta un’altra musica, possiamo star certi che è solo per via dei suoi bongos”, che mantiene al contempo idiomaticità e riferimento al suono (p. 78).

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