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CAPITOLO 1– Analisi e certificazione energetica: normative e metodologie attuali. 1.1 Sviluppo ed energia

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CAPITOLO 1– Analisi e certificazione energetica: normative e metodologie attuali.

1.1 Sviluppo ed energia

Alla fine del Novecento iniziò a maturare la consapevolezza che l'aumento di fabbisogno energetico e lo sfruttamento delle fonti primarie conseguente al cosiddetto sviluppo industriale stessero provocando da un lato l'impoverimento delle risorse naturali e dall'altro un livello di inquinamento talmente elevato da riuscire addirittura a causare cambiamenti climatici1.

I primi interventi mirati alla riduzione di emissione dei gas serra, responsabili del riscaldamento globale e dei conseguenti cambiamenti climatici, possono essere ricondotti al cosiddetto

“Summit della Terra” tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992. Durante tale conferenza venne

stipulato un trattato ambientale internazionale, non vincolante, in cui non furono posti dei limiti obbligatori per le emissioni dei gas serra ma furono previsti degli “aggiornamenti” che, di volta in volta, avrebbero fornito direttive più precise. La principale, e più famosa, revisione del trattato originario fu denominata “Protocollo di Kioto” del 1997 il quale obbligava i Paesi Industrializzati a ridurre le emissione di elementi inquinanti (biossido di carbonio e cinque gas serra) al minor costo possibile. Nello stesso momento, tale trattato promuoveva l’efficienza energetica in tutti i settori dell’attività umana e lo sviluppo dello sfruttamento delle fonti rinnovabili.

Il Trattato di Kioto entrò in vigore solo il 16 Febbraio 2005, quando 55 dei Paesi firmatari lo ratificarono.

Il Protocollo di Kioto fu molto importante non soltanto per le conseguenze immediate sulle emissioni degli inquinanti, ma anche perché segnò un punto di svolta nel pensiero politico a livello mondiale: finalmente gli obiettivi di ciascuno Stato non si limitavano più solamente al singolo interesse ma si estendevano al Mondo nel suo insieme.

Parallelamente alla problematica ambientale tutti i Paesi dovettero affrontare, a partire dagli anni ’70, una profonda crisi energetica che dimostrò come non si potesse più applicare il concetto classico di sviluppo, legato esclusivamente alla crescita economica, in quanto questo avrebbe causato il collasso dei sistemi naturali2.

Nel 1987 la Commissione Indipendente sull’Ambiente e lo Sviluppo definì chiaramente tale

1 Dossier ENEA per lo studio dei cambiamenti climatici e dei loro effetti, Roma, 20 Marzo 2007 2 http://www.sogesid.it/sviluppo_sostenibile.html

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concetto: “L’umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo, cioè di far sì che esso

soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai loro”3. Dal concetto di “sviluppo sostenibile”4 scaturirono studi e ricerche

finalizzate a dimostrare quante e quali potessero essere le conseguenze negative sull'ambiente legate ad un uso eccessivo ed inappropriato delle risorse naturali.

Come evidenziato nel dossier Enea, i dati relativi ai consumi individuali quotidiani sono impressionanti: in media, una famiglia di quattro persone brucia, al giorno, 2 chilogrammi di petrolio, immette nell'atmosfera circa 2.800 m3 di anidride carbonica, produce sei chili di rifiuti

e consuma 1.000 litri di acqua.

Era palese che per risolvere il problema si dovesse intervenire in vari ambiti e da diverse direzioni: doveva cambiare soprattutto la mentalità degli individui, bisognava far sì che venissero modificati gli stili di vita e le abitudini. Tale risultato era ottenibile soltanto attraverso la combinazione di operazioni socio-economiche (incentivi per un consumo più razionale dell'energia e parallelamente un risparmio energetico) e politiche (normative e direttive che avessero lo stesso scopo).

1.2 L'inquinamento ambientale ed i possibili scenari futuri

“L’umanità, utilizzando in breve tempo i combustibili fossili che si sono accumulati in milioni di anni, si sta imbarcando in un esperimento geofisico irreversibile a larga scala." 5

Nonostante la storia sia caratterizzata da variazioni climatiche anche di dimensioni catastrofiche (basti pensare all'Era Glaciale), gli studi hanno evidenziato che sino al XIX secolo l'Uomo ha subìto tali cambiamenti, adattandosi meglio possibile agli scenari che di volta in volta gli si proponevano. La comunità scientifica collega i comportamenti umani alle moderne modificazioni climatiche: intervenendo direttamente ed indirettamente sul rapporto tra radiazioni solari, biosfera, atmosfera ed idrosfera (fattori che regolano il clima), e non da meno disboscando vaste aree verdi, l'uomo esercita un'enorme influenza sugli equilibri naturali. Il clima è il risultato dell'azione sinergica dell'atmosfera e delle radiazioni solari: l'atmosfera, suddivisa in cinque

3 Rapporto Brundtland, WCED 1987

4 Enea, Noi per lo sviluppo sostenibile, Novembre 1999

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strati, è l'involucro costituito da una miscela di gas che riveste la Terra e partecipa attivamente alla sua rotazione attorno al proprio asse. Le radiazioni solari attraversano l'atmosfera e, colpendo la superficie terrestre, la riscaldano e fanno sì che questa emetta energia sotto forma di radiazioni infrarosse: tali radiazioni saranno assorbite in parte dal vapore acqueo e dall'anidride carbonica presenti nell'atmosfera stessa, permettendo così il mantenimento delle temperature attuali.

Modificandosi la composizione dell'atmosfera, le conseguenze si ripercuotono su tutti i processi ad essa collegati: il più noto è il cosiddetto ”effetto serra”, dovuto all'immissione di gas quali anidride carbonica, metano, protossido di azoto, che provoca un innalzamento delle temperature in maniera non uniforme e soprattutto repentina, creando squilibri cui gli ecosistemi e l'ambiente non riescono naturalmente ad adattarsi.

Uno studio sistematico della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera si effettua a partire dal 1957, prima nella stazione di Manua Loa (Hawai, USA) ed in seguito dalla rete mondiale del Global Atmosphere Watch (per l’Italia le stazioni di Lampedusa dell’ENEA, Plateau Rosa del CESI Ricerca, Monte Cimone dell’Aeronautica Militare)6. Confrontando i dati

raccolti nel presente con quelli rilevabili nelle bolle d'aria dei carotaggi effettuati nella calotta di ghiaccio dell'Antartide, si dimostra l'aumento vertiginoso di concentrazione dei gas serra nell'atmosfera. Nel XIX secolo, infatti, le concentrazioni di anidride carbonica erano di 277 parti per milione e quelle di metano di 715 parti per miliardo; attualmente siamo passati a 380 ppm di CO2, con un aumento del 35%, e di 1780 ppb di metano, pari al 130% in più. Ogni anno si

emettono circa 25 miliardi di tonnellate di CO2 ma il pianeta riesce a riassorbirne meno della

metà mediante la fotosintesi clorofilliana: la restante quota va ad innalzare la concentrazione nell'atmosfera, con un trend pari a 2 ppm annui. Secondo i modelli matematici elaborati dall'IPCC (Intergovernmental Panel for Climatic Changes) tale aumento comporterebbe un innalzamento della temperatura tra 1,4 °C e 5,8 °C, con conseguenze catastrofiche: basti pensare che un aumento di 2°C della temperatura globale avrebbe come risultato lo scioglimento di tutti i ghiacciai7, con ripercussioni anche sull'aspetto terrestre (l'innalzamento del livello del mare

determinerebbe l'inevitabile allagamento di vaste aree costiere). Inoltre, si avrebbero modificazioni del regime delle piogge, anche in questo caso con effetti diversi da zona a zona: alcune regioni potrebbe subirne un notevole aumento con annessi uragani ed inondazioni, mentre altre aree potrebbero rischiare la desertificazione a causa di un decremento dei livelli di precipitazioni.

6 Dossier ENEA per lo studio dei cambiamenti climatici e dei loro effetti, Roma, 20 Marzo 2007 7 http://www.sosteniamoci.it/oldsite/news/numeri%20della%20catastrofe.html

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1.3 I consumi energetici

Propedeutica allo studio di soluzioni per risolvere le problematiche relative all'inquinamento, alla crisi energetica ed alle variazioni climatiche, è l'analisi puntuale dei consumi dei vari settori (industria, trasporti, residenziale e terziario...) che ne sono la causa.

Gli organismi mondiali deputati a raccogliere i dati sui consumi energetici attuali e a fare previsioni per il futuro sono l'IEA (International Energy Agency) e l'EIA (Energy Information Administration) che annualmente pubblicano i risultati delle indagini svolte con le relative considerazioni sui possibili scenari futuri.

Secondo quanto dichiarato nella pubblicazione della IEA del 30 Maggio 2011, l'obiettivo concordato dai leaders mondiali durante i colloqui sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite a Cancun nel 2010 di contenere l'aumento della temperatura a 2°C è sempre più difficile da raggiungere. Per realizzare tale obiettivo, la concentrazione di CO2 dovrebbe essere limitata a

circa 450 pari per milione, solo il 5% in più rispetto alle 430 parti per milione del 2000: l'IEA invece denuncia che il 2010 è stato caratterizzato da un livello record di emissioni di CO2, le più

alte della storia: sono arrivate ad una quota pari a 30,6 Gigatonnellate, superando del 5% il precedente record del 2008. Per riuscire a contenere l'aumento di soli 2°C di temperatura, le emissioni globali del settore energetico nel 2020 non dovrebbero superare le 32 Gt e, quindi, le emissioni di biossido di carbonio nei prossimi dieci anni dovrebbero essere inferiori all'aumento avuto tra il 2009 ed il 20108. Ovviamente, le considerazioni fatte dall'IEA analizzando tali dati

sono piuttosto pessimistiche in relazione al raggiungimento dell'obiettivo globale concordato a Cancun. Il 44% delle emissioni di CO2 del 2010 derivavano dal consumo di carbone, il 36% di

petrolio ed il 20% di gas naturale. Inoltre, nonostante il 40% delle emissioni globali provenissero da paesi OCSE, questi hanno determinato un incremento pari solo al 25% rispetto al 2009: l'aumento più forte è stato causato dai paesi non OCSE, in primis Cina ed India, grazie alla crescita economica che attualmente li distingue. Le previsioni dei consumi energetici presentate dall'EIA e quelle dell'IEA differiscono tra loro probabilmente per gli aumenti del costo del petrolio e del gas. Nello specifico, secondo quanto analizzato da tali organismi, si dovrebbe passare dai 10.602 Mtep del 2003 alle 14.187 del 2015 ed ancora alle 18.184 del 2030, con un aumento del consumo di energia del 71,52%.9 Andando

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grafici10 (le quantità sono in Mtep), i cui valori di origine sono riportati nella Tabella 1, in

Appendice 1:

Fig. 1-1: Consumi energetici secondo l'EIA

Secondo l'IEA invece i valori,11 sono diversi:

10 R. Ricagno,“Sostenibilità e condizionamento energetico della mobilità e dei trasporti nel XXI secolo”, Politecnico di Torino, 2007.

11 Vedi Tabella 2 in Appendice 1.

Petrolio 38% Gas naturale 24% Carbone 24% Nucleare 6% Rinnovabili 8%

2003

Petrolio 36% Gas naturale 24% Carbone 25% Nucleare 6% Rinnovabili 9%

2010

Petrolio 34% Gas naturale 26% Carbone 26% Nucleare 5% Rinnovabili 9%

2020

Petrolio 33% Gas naturale 26% Carbone 27% Nucleare 5% Rinnovabili 9%

2030

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Fig. 1-2: Consumi energetici secondo l'IEA

In ordinata le quantità in Mtep delle risorse energetiche indicate in ascissa.

Dal punto di vista dei consumi per settori, si ha:12 Fig. 1-3: consumi per settori

In ordinata le quantità in Mtep dei consumi relativi ai settori indicati in ascissa.

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 2002 2010 2020 2030 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 2003 2010 2020 2030

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L'Italia è fortemente dipendente dagli altri Paesi per quanto riguarda il fabbisogno di energia: si è passati dal 81% del 1995 al 85% del 2003, rispetto ad una media europea del 54%. L'Italia si caratterizza per un maggior consumo di petrolio e gas, per un ridotto contributo di carbone e l'assenza di generazione elettronucleare. Rispetto alla media europea, la quota di fonti energetiche rinnovabili è leggermente più elevata grazie all'apporto della fonte idroelettrica. Analizzando le diverse fonti, in riferimento all'anno 2008, le quote percentuali nazionali sono così distribuite:13

Fig. 1-4: Fonti energetiche nazionali anno 2008

Esaminando i dati forniti dal Ministero delle Sviluppo Energetico attraverso la pubblicazione del bilancio energetico 2009, si possono valutare sia le disponibilità che gli impieghi delle varie fonti, distinguendole anche per settore; confrontando inoltre i valori del 2008, siamo in grado di valutare le variazioni che si sono avute.

Sintetizzo i dati (indicati in Mtep milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) nelle successive tabelle di immediata lettura:

13 http://www.arpaveneto.it/energia.htm/situazione_italia.asp 43% 36% 7% 9% 5% petrolio gas naturale fonti rinnovabili carbone energia elettrica importata dall'Estero

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Fig. 1-5: Disponibilità ed impieghi fonti energetiche 2009. - Ministero dello Sviluppo Energetico, Bilancio 2009 Disponibilità ed Impieghi ANNO 2009 Solidi Gas

naturale Petrolio Rinnovabili

Energia elettrica Totale 1. Produzione 0,294 6,562 4,551 180902 30,309 2. Importazione 12,726 56,716 94,292 1,354 10,356 175,444 3. Esportazione 0,239 0,102 26,189 0,087 0,465 27,082 4. Variaz. scorte -0,291 -0,726 -0,641 -0,014 -1,672 5. Consumo int. lordo (1+2+3-4) 13,072 63,902 73,295 20,183 9,891 180,343 6.Consumi e Perdite Sett.energ -0,189 -1,093 -5,911 -0,097 -40,348 -47,638 7. Trasformazioni in en.elettrica -10,183 -23,769 -5,069 -16,377 55,398 0,000 8. Tot. impieghi finali (5+6+7) 2,700 39,040 62,135 3,709 24,941 132,705 - industria 2,593 11,852 5,284 0,394 9,832 29,955 - trasporti - 0,601 39,934 1,059 0,905 42,499 - civile 0,004 25,878 4,768 2,006 13,718 46,374 - agricoltura 0,142 2,407 0,250 0,486 3,285 - usi non energetici 0,103 0,567 6,550 0,000 - 7,220 - bunkeraggi - - 3,372 - 3,372

Le quantità sono espresse in Mtep.

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Fig. 1-6: Disponibilità ed impieghi fonti energetiche 2008. - Ministero dello Sviluppo Energetico, Bilancio 2009

Disponibilità ed Impieghi

ANNO 2008

Solidi Gas naturale Petrolio Rinnovabili Energia

elettrica Totale 1. Produzione 0,545 7,580 5,220 16,333 29,678 2. Importazione 16,769 63,954 101,732 0,809 9,555 191,819 3. Esportazione 0,196 0,172 28,673 0,102 0,747 29,890 4. Variaz. scorte 0,377 0,843 -0,695 0,048 0,303 5. Consumo int. lordo (1+2+3-4) 16,741 69,519 79,244 16,992 8,808 191,304 6. Consumi e Perdite Sett.energ -0,737 -1,222 -6,245 -0,089 -41,887 -50,180 7. Trasformazioni in en.elettrica -11,892 -27,768 -6,217 -13,803 59,680 0,000 8. Tot. impieghi finali (5+6+7) 4,112 40,529 66,782 3,100 26,601 141,124 - industria 3,981 14,430 70,19 0,368 11,614 37,412 - trasporti - 0,550 41,540 0,662 0,932 43,684 - civile 0,005 24,717 5,127 1,840 13,567 45,256 - agricoltura 0,137 2,386 0,230 0,488 3,241 - usi non energetici 0,126 0,695 6,937 0,000 - 7,758 - bunkeraggi - - 3,773 - 3,773

Le quantità sono espresse in Mtep.

Confrontando le due tabelle, si evidenziano le variazioni avute in questo ambito nel biennio 2009/2008, le cui cause verranno analizzate in seguito.

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Fig. 1-7: Variazioni disponibilità ed impieghi fonti energetiche biennio 2008/2009. - Ministero dello Sviluppo Energetico, Bilancio 2009

Disponibilità ed Impieghi

VARIAZIONI PERCENTUALI (2009/2008) % Solidi Gas naturale Petrolio Rinnovabili Energia

elettrica Totale 1. Produzione -46,1 -13,4 -12,8 15,7 2,1 2. Importazione -24,1 -9,9 -7,3 67,4 8,4 -8,5 3. Esportazione 21,9 -40,7 -8,7 -14,7 -37,8 -9,4 4. Variaz. scorte 5. Consumo int. lordo (1+2+3-4) -21,9 -8,1 -7,5 18,8 12,3 -5,7 6. Consumi e Perdite Sett.energ -74,4 -10,6 -5,3 9,0 -3,7 7. Trasformazioni in en.elettrica -14,4 -14,4 -18,5 18,6 -7,2 8. Tot. impieghi finali (5+6+7) -34,3 -3,7 -6,7 19,6 -6,2 -6,0 - industria -34,9 -17,9 -24,7 7,1 -15,3 -19,9 - trasporti 9,3 -3,9 60,0 -2,9 -2,7 - civile -20 4,7 -7,0 9,0 1,1 2,5 - agricoltura 3,6 0,9 8,7 -0,4 1,4 - usi non energetici -18,0 -18,4 -5,6 -6,9 - bunkeraggi -10,6 -10,6

Si rileva un calo sia delle produzioni che dei consumi, ad esclusione del settore civile che mantiene un livello medio di crescita: tale andamento è ancora più evidente se si leggono i

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grafici dei consumi dell'ultimo quindicennio, riparametrati ai valori del 200514: Fig. 1-8: Andamento consumi ultimo quindicennio

In ordinata le quantità espresse in Mtep dei consumi relativi agli anni indicati in ascissa.

Valutiamo quali possono essere le possibili cause: il biennio 2008/2009 è stato caratterizzato, sia in Italia che nel resto del mondo, da una profonda crisi economica che ha determinato sconvolgimenti nei mercati energetici internazionali e nazionali e le cui origini possono essere rintracciate in quanto è accaduto dagli anni '90 ad oggi. Si è assistito ad una globalizzazione finanziaria che ha promosso da un lato una crescita economica, ma dall'altro ha creato anche delle “bolle”, cioè eccessi di investimenti in determinati settori non supportati da basi solide, che sono poi esplose in crisi finanziarie sempre più ampie. Taluni prospettano che proprio il settore immobiliare sia uno dei responsabili di quanto accaduto nel 2008/2009:le cause sono da individuarsi nei mutui ipotecari le cui rate aumentavano senza riuscire più a farvi fronte e costi energetici eccessivi da sostenere per i fabbricati, dovuti ad una progettazione superficiale dei sistemi di riscaldamento e climatizzazione. Sono susseguiti altri fattori: il settore del credito ne ha risentito, e con esso i mercati finanziari in generale, accompagnati da una crisi dei consumi, soprattutto energetici. Gli stessi dati dell'EIA15 relativi alla produzione ed al consumo di petrolio

mostrano come sino al 2005 l'aumento della domanda fosse associato ad un analogo andamento dell'offerta, ma nell'anno seguente, nonostante la domanda si sia mantenuta in crescita, la produzione ha subìto un rallentamento, se non addirittura un calo: tale discrepanza ha influenzato

14 Enea, I numeri dell'energia, 2007

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negativamente i prezzi, già considerati troppo alti da molti analisti. Nel 2007 i costi eccessivi hanno determinato un blocco anche nella domanda, aumentata meno rispetto agli anni precedenti. Infine nel 2008 si è avuta una ripresa della produzione, contrapposta però ad una diminuzione della domanda a causa della crisi economica e dell'eccessivo livello dei prezzi. Lo scenario non garantisce però che tale riduzione della domanda porti con certezza ad un calo del costo del greggio: i fattori in gioco sono strettamente connessi, mantenendo perciò una forte alea sul risultato finale. I governi devono risolvere la crisi valutando costi e benefici a lungo termine.

Infine si analizzano i consumi in Italia legati al settore civile, residenziale e terziario. Un'indagine dell'ENEA del 2005, che considera l'intervallo tra il 1990 ed il 2005, mostra come essi siano aumentati: nel 2005 il 31,7% dell'energia consumata globalmente è dovuto al settore civile, con un incremento rispetto al 1990 del 9,7%, la quota del valore aggiunto nel settore terziario è pari al 48,7% con un aumento del 6,1% e la relativa spesa per ciascuna famiglia raggiunge il 3,76% (3% in più). Inoltre secondo i dati Istat i nuclei famigliari diminuiscono in componenti, passando da 2,8 a 2,5: questo comporta anche un aumento della richiesta di unità abitative, con conseguenti nuove utenze. Per quanto riguarda l'energia elettrica, la quota consumata dal settore residenziale è del 45,5% (- 20% al 1990) ed il 54,5% di quello terziario (26,5% in più); diversamente per il gas naturale, in cui il residenziale consuma il 72,3% a fronte del 27,7% del terziario (rispettivamente lo 0,4 in meno del 1990 e l'1,1% in più). Quindi il comparto residenziale ha un'incidenza del 66,3% sui consumi globali, in diminuzione dell'8,7% rispetto al 1990, mentre è aumentata del 23% la quota del terziario, con il 33,7%.

In particolare, i consumi di energia per usi finali nel settore residenziale sono così ripartiti:

Fig. 1-9: Consumi di energia per usi finali settore residenziale

70% 15%

10% 5%

riscaldamento

usi elettrici obbligatori produzione acqua calda usi cucina

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Riprendendo quanto detto in relazione alla crisi energetica e al suo legame con i sistemi di riscaldamento, si capisce da queste percentuali quale sia il peso sull'economia familiare, e quindi anche nazionale, del settore residenziale.

1.4 Politica internazionale: le conferenze mondiali sul clima

Quanto detto sinora spiega le motivazioni che hanno portato i “Grandi” della Terra, ed a seguire anche i cosiddetti paesi minori, a cercare soluzioni ad un problema che si sta espandendo in ogni angolo del mondo e le cui conseguenze avrebbero effetti disastrosi.

Seguendo lo spirito degli anni settanta, la Conferenza della Nazioni Unite sull'Ambiente Umano, tenutasi in Svezia nel 1974, affermò i principi di libertà, uguaglianza e diritto di tutti ad adeguate condizioni di vita: emerse la consapevolezza che le risorse naturali della Terra dovevano essere tutelate attraverso pianificazioni strategiche e che la natura aveva un ruolo fondamentale nell'economia16. Le 109 raccomandazioni che ne scaturirono indicavano il piano d'azione

prefissato dai 113 Stati, oltre ad una dichiarazione specificante i diritti e le responsabilità dell'uomo in relazione all'ambiente.

Alla fine degli anni '80, protagonista delle discussioni scientifiche ed ambientaliste fu sicuramente il “buco nell'ozono”. L'ozono è un gas presente nella stratosfera che impedisce il passaggio dal Sole delle radiazioni UV-B, nocive, ma può essere distrutto da alcune sostanze, gli idrocarburi alogenati (CFC), usati soprattutto per il raffreddamento. La prima vera convenzione internazionale riguardante i cambiamenti climatici, trattò appunto dell'utilizzo di tali sostanze: il protocollo di Montreal, datato 16 Settembre 1987 e più volte sottoposto a revisione negli anni seguenti, stabilì gli obiettivi e le misure per la riduzione della produzione e degli usi delle sostanze pericolose per la fascia di ozono stratosferico. Ovviamente, essendo un trattato internazionale, tale protocollo dovette essere ratificato da ciascun paese firmatario.

Alla prima conferenza sull'ambiente ne seguirono altre, più o meno incisive, ma tutte legate dallo stesso filo conduttore: l'ambiente e la minaccia di cambiamenti climatici dagli esiti catastrofici. Dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992, denominata anche Summit della Terra, scaturisce il pensiero comune della necessità/obbligo globale di intervenire attivamente per proteggere l'ambiente, sia riducendo le emissioni inquinanti sia utilizzando fonti energetiche alternative: è il concetto di

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sviluppo sostenibile; altro aspetto innovativo è la possibilità per i membri firmatari di interagire

tra loro per accordarsi tra i vari elementi. La Conferenza delle Parti a Berlino, 1995, aveva lo scopo di verificare lo stato di realizzazione degli obiettivi prefissati a Rio di Janeiro: gli Stati partecipanti si resero conto che quanto deciso nel precedente Summit non era efficace, in quanto non vincolante, per il raggiungimento degli obiettivi di ambiente pulito e di sviluppo sostenibile. Quindi vi furono diverse revisioni negli anni seguenti (a partire dal Mandato di Berlino del 1995) fino alla più famosa conferenza tenutasi a Kioto nel 1997. Il Protocollo di Kioto è un accordo

internazionale, preso da alcune nazioni del mondo, avente particolari obiettivi e temi; le nazioni firmatarie di tale "patto" si impegnano a aggiungere tali obiettivi nell'ambito degli argomenti discussi17. I temi trattati riguardavano l'ambiente e le risorse energetiche, gli stati firmarono un

piano internazionale per la riduzione dell'inquinamento atmosferico e per l'avviamento verso sviluppi sostenibili: significava cioè adattare le esigenze energetiche umane all'ambiente in maniera tale da non danneggiarlo. A riguardo è emblematica la definizione di sviluppo sostenibile contenuta nel rapporto Brundtland nel 1987: “lo sviluppo sostenibile è quello

sviluppo che soddisfa i bisogni della generazione presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri.”18

Come già specificato, il Protocollo di Kyoto entrò in vigore il 16 Febbraio 2005, al raggiungimento della 55° ratifica da parte di uno dei 114 Paesi che lo sottoscrissero. Lo scopo prioritario era quello di rallentare il riscaldamento globale, attraverso la riduzione delle emissioni dei gas responsabili dell'effetto serra (prima tra tutti l'anidride carbonica): globalmente avrebbero dovuto essere ridotte di almeno il 5% entro il 2008/2012 rispetto ai livelli del 1990. Per ogni paese vennero previsti impegni di riduzione differenziati: per l'Unione Europea si aggirava attorno all'8% mentre per l'Italia al 6,5% in meno.19 Nel trattato in esame vennero previsti

meccanismi di mercato definiti flessibili il cui obiettivo era quello di ridurre le emissioni al minor costo possibile, ossia massimizzare le riduzioni ottenibili a parità di investimento: il più noto era il meccanismo di sviluppo pulito. Inoltre, vennero incentivate forme sostenibili di agricoltura, lo sviluppo di forme energetiche alternative e rinnovabili, la promozione di politiche e misure, quali sgravi fiscali e sussidi, che favorissero la riduzione delle emissioni dei gas serra in tutti i settori responsabili.

Il Protocollo di Kyoto ha un grosso limite: la non adesione da parte degli Stati Uniti, responsabili da soli di ¼ delle emissioni mondiali di gas serra. Negli anni, durante le successive sessioni

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della Conferenza sul Clima, sono state proposte alternative al protocollo di Kyoto: l'ultima, tenutasi a Copenaghen nel 2009, si è chiusa con un accordo interlocutorio messo a punto da Stati Uniti e Cina, con il contributo di India, Brasile e Sud Africa, sostanzialmente accettato dall’Unione Europea. L’accordo di Copenaghen prevede di contenere di due gradi centigradi l’aumento della temperatura media del Pianeta ed un impegno finanziario (30 miliardi di dollari l’anno tra il 2010 e il 2012 e 100 miliardi di dollari a partire dal 2020) da parte dei Paesi industrializzati nei confronti delle nazioni più povere al fine di incrementare l’adozione di tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione dei gas serra. L’intesa non è però stata adottata dall’assemblea dell’Unfcc e, di conseguenza, non è né vincolante, né operativa20.

1.4.1 Politica internazionale: le direttive europee

Il protocollo di Kyoto e le successive revisioni mostrarono la necessità di intervenire in ogni settore per raggiungere lo scopo di ridurre le emissioni di gas serra, ma non solo, anche di favorire lo sviluppo sostenibile, incentivando lo sfruttamento di fonti energetiche alternative. Le direttive europee in materia di risparmio energetico emanate per raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto sono le seguenti:

1. Direttiva 92/42/EEC del 21 Maggio 1992 sui requisiti delle nuove caldaie ad acqua

calda ;

2. Direttiva 92/75/EEC del 22 Settembre 1992 relativa alle informazioni sui consumi

energetici che devono essere pubblicate sulle etichette degli elettrodomestici;

3. Direttiva 96/57/EC del 3 Settembre 1996 sui requisiti energetici degli apparecchi per la

refrigerazione;

4. Direttiva 2000/55/EC del 18 Settembre 2000 sui requisiti di efficienza energetica delle

lampade fluorescenti;

5. Direttiva 2002/91/CE del 16 dicembre 2002, sul rendimento energetico nell'edilizia; 6. Direttiva 2004/8/EC dell'11 febbraio 2004 che promuove la cogenerazione21;

7. Direttiva 2005/32/EC del 6 Luglio 2005, che fissa i requisiti per una concezione 20 http://titano.sede.enea.it/Stampa/skin2col.php?page=eneaperdettagliofigli&id=115

21 Produzione congiunta e combinata di energia elettrica e calore a partire da una singola fonte energetica, attuata in un unico sistema integrato.

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ecologica degli apparecchi che consumano energia;

8. Direttiva 2006/32/CE che promuove l'efficienza degli usi finali dell'energia e dei servizi

energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio.

9. Direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 sulla promozione dell'energia da fonti

rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2011/77/CE e 2003/30/CE;

10. Direttiva 2010/31/UE del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell'edilizia

(rifusione della Direttiva 2002/91/CE).

Le direttive che interessano l'argomento trattato in questo studio sono ovviamente quelle strettamente connesse all'edilizia.

Studi accreditati internazionali hanno dimostrato come l'energia consumata all'interno degli edifici dell'unione Europea sia pari al 40% del consumo energetico globale, più dei trasporti (32%) e dell'industria (28%): così si legge nella premessa della 2002/91/CE, modificata negli anni tanto da rendere opportuno la sua rifusione con la 2010/31/UE. Per tali motivi, l'individuazione di soluzioni per il risparmio energetico in edilizia e l'utilizzo di fonti rinnovabili consentirebbe il raggiungimento degli obiettivi previsti, sia il mantenimento dell'aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C, sia la riduzione dei gas serra di almeno il 20% entro il 2020, e del 30% nel caso si raggiungesse un secondo accordo internazionale. Inoltre la riduzione dei consumi energetici e lo sfruttamento di fonti rinnovabili permetterebbero di raggiungere una certa tranquillità energetica, sviluppando nello stesso tempo nuove tecnologie con la conseguente creazioni di posti di lavoro.

La 2002/91/CE rappresentò un rinnovamento legislativo in materia di contenimento della domanda energetica degli edifici, in quanto vincolava gli Stati membri a promuovere politiche volte al miglioramento delle prestazioni energetiche delle nuove costruzioni e la riqualificazione di quelle esistenti, con azioni che tenessero conto delle condizioni climatiche e delle tradizioni edilizie locali. Fu proprio tale Direttiva che introdusse il concetto di certificazione energetica degli edifici quale mezzo per raggiungere il fine del risparmio energetico indicando:

• la metodologia di calcolo del rendimento energetico degli edifici, individuandone i requisiti minimi sia per quelli di nuova costruzione che per quelli sottoposti a ristrutturazione;

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responsabili di perdite energetiche ed eccessivi consumi).

Per l'applicazione di tale Direttiva fu necessaria la ratifica all'interno di ciascuno stato membro (con tempi più o meno lunghi da caso a caso) e questo comportò forme e modalità diverse di interpretazione: come si vedrà in seguito, nel nostro Paese la materia legislativa di riferimento è contesa tra Stato e Regioni e ciò ha comportato nel tempo una stratificazione di provvedimenti regolamentari che hanno determinato anche fraintendimenti da parte degli operatori del settore. La direttiva 2006/32/CE si propone di fornire obiettivi di risparmio energetico e di produzione di energia rinnovabile, indicando i meccanismi, gli incentivi ed il quadro istituzionale, finanziario e giuridico necessario per l'eliminazione di tutti gli ostacoli ad una efficiente gestione dell'energia. Siamo di fronte ad un provvedimento ad ampio raggio che mira ad un risparmio energetico globale del 9% entro il 2016 tramite servizi energetici ed altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica (a partire dai fornitori sino agli utenti finali). Ulteriore fine della direttiva in esame è creare le condizioni per lo sviluppo e la promozione di un mercato dei servizi energetici e la fornitura di altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica agli utenti finale. Nel settore edilizio e terziario (ambito di studio della presente tesi) la direttiva indica fra l'altro le modalità di intervento per la finalità prefissata: ovvero possibilità di miglioramento dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento (sostituzione delle caldaie, pompe di calore...), previsione di isolamento e ventilazione (delle pareti e dei tetti, installazione di vetri camera..), produzione di acqua calda, sostituzione degli elementi di illuminazione con altri a risparmio energetico, così come di tutti gli apparecchi ed attrezzature che non garantiscano un uso ottimale dell'energia. Peculiare caratteristica di tale provvedimento è la previsione della cosiddetta generazione domestica di fonti di energia rinnovabile che consenta di ridurre la quantità di energia acquistata.22

La Direttiva 2010/31/UE nasce con l'intento di risolvere le problematiche innescate dalla 2002/91/CE e, riprendendo i temi della direttiva di cui è rifusione, introduce nuovi obiettivi per il 2020 (approvati dal Consiglio europeo nel 2007): ridurre i consumi energetici del 20%, ridurre le emissioni di gas serra del 20%, aumentare la quota di energie rinnovabili del 20% (da qui il nome “obiettivo 20-20-20”)23. Inoltre tale provvedimento promuove il miglioramento delle

prestazioni energetiche degli edifici, intese come le quantità di energia necessaria a soddisfare il relativo fabbisogno connesso ad un uso normale dell'edificio, fornisce gli indirizzi da seguire per il calcolo della prestazione energetica, indicandone i requisiti minimi che, in quanto tali, nulla vieta agli stati membri di disporre provvedimenti più rigorosi, e consente però l'esclusione di

22 Ad esempio pannelli solari per la produzione di acqua calda domestica, così come per il riscaldamento..etc 23 http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=IM-PRESS&reference=20081216IPR44857&language=IT

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alcune categorie di edifici dall'applicazione di quanto sopra.24 Peculiarità di tale Direttiva è

l'obbligo per gli Stati aderenti di redigere piani nazionali destinati ad aumentare il numero di edifici “a energia quasi zero”, cioè ad altissima prestazione e di cui il fabbisogno energetico deve essere sostenuto in larga parte da fonti rinnovabili, prevedendo inoltre che dal 31 dicembre 2020 tutte le nuove edificazioni siano a “energia quasi zero”.

Ogni nuova costruzione deve prevedere lo studio di fattibilità tecnica, ambientale ed economica di sistemi alternativi ad alta efficienza, quali sistemi di fornitura energetica basati su fonti rinnovabili, cogenerazione, teleriscaldamento, pompe di calore. L'attestato di prestazione energetica dovrà essere previsto dagli stati membri entro il 9/1/2013 e servirà sia a conoscere la prestazione energetica del singolo edificio sia ad individuare i valori di requisiti minimi relativi.25

Tale direttiva riconosce gli attestati rilasciati secondo quanto indicato dalla 2002/91/CE. Altre disposizioni riguardano le tempistiche relative alle ispezioni degli impianti di climatizzazione, in funzione del valore della potenza nominale utile. Nonostante ciascuno Stato mantenga la propria individualità, la 2010/31/UE propone un approccio comune il cui fine è la diffusione delle attività rivolte all'efficienza energetica, tanto che le metodologie, le misure e gli strumenti devono rispettare la legislazione dell'Unione.

Indubbiamente, l'evoluzione della normativa ha contribuito alla riduzione dei consumi energetici: ciascuna norma si differenziava per valori limiti massimi inferiori rispetto alla precedente, permettendo così, in concomitanza ad una migliore progettazione degli involucri e degli impianti e alla previsione di incentivi economici, di ridurre i consumi.

1.5 La normativa nazionale

Le direttive internazionali non hanno applicazione immediata nell'ambito nazionale in quanto devono essere ratificate da ciascuno stato: spesso quindi intercorre un periodo più o meno lungo dall'emissione della direttiva al recepimento nella normativa nazionale, poiché segue l'iter di approvazione della legge.

In Italia la prima normativa nel settore termotecnico che si occupò del risparmio energetico fu la

Legge 30 Aprile 1976 n° 373, “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici”, con relativo Regolamento di attuazione, nata a seguito della crisi mondiale 24 Ad esempio edifici protetti perché storici, di culto..

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del petrolio del 1973: le sue finalità erano di limitare i consumi energetici in edilizia, intervenendo soprattutto sulle dispersioni termiche degli involucri. Imponeva prestazioni minime di isolamento termico degli edifici e di efficienza degli impianti di produzione e termoregolazione del calore. Il D.M. 10 marzo 1977 la integrò individuando le zone climatiche ed i relativi valori massimi di dispersione ammessi, in funzione dei coefficienti di forma, da confrontare con il coefficiente volumico di dispersione termica dell'unità abitativa in esame. Tale legge ebbe scarsa applicazione sia per la mancanza di controlli ma, soprattutto, perché la mentalità dei costruttori e degli utenti non era sensibile rispetto alle problematiche ambientali ed al risparmio energetico.

Si dovette attendere sino al 1991 per avere la Legge 9 gennaio 1991 n° 10, “Norme per

l'attuazione del Piano Energetico Nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili”, che fornì le linee guida sui consumi e

risparmi energetici, rimandando alle apposite UNI-CTI per le metodologie di calcolo; il DPR 26

agosto 1993 n°41226 ne è il regolamento di attuazione per la progettazione, l'installazione,

l'esercizio e la manutenzione degli impianti per il contenimento energetico.

La Legge 10/91, che nonostante le successive produzione normative, mantiene ad oggi una certa rilevanza, incentivava, in accordo con la politica energetica della Comunità economica europea27,

l'uso razionale dell'energia, il contenimento dei consumi e l'uso delle fonti rinnovabili per la salvaguardia dell'ambiente ed il benessere degli individui.

La legge si divide in tre titoli: il primo, indicante le finalità che si propone, l'ambito di applicazione e l'indicazione di futuri decreti attuativi, nonché una serie di incentivi finanziari per il raggiungimento degli scopi prefissati. Il secondo titolo contiene le norme per il contenimento energetico, l'individuazione dei limiti per i consumi e della relazione, ad opera di tecnici, relativa alla prestazione energetica degli edifici, cui consegue l'attestato di certificazione energetica; prevede inoltre le regole per l'esercizio e la manutenzione degli impianti, la cui efficienza deve essere garantita attraverso un piano di controlli e verifiche, pena sanzioni. Il titolo III si riferisce ai tempi di entrata in vigore, alla ripartizione dei fondi ed alla copertura finanziaria.

La legge, nella sua piena validità, prevedeva che per ciascuna nuova costruzione venisse realizzata la progettazione termica, considerando sia le caratteristiche dell'involucro edilizio, sia le condizioni al contorno e dell'impianto, in grado di influenzare il bilancio termico dell'edificio stesso, introducendo così il concetto di “sistema edificio-impianto”. Impostava la verifica

26 poi modificato dal DPR 551/99 27 L.10/91, Titolo 1, art. 1 comma 1

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dell'isolamento termico e delle prestazione dell'edificio considerando il coefficiente volumico di dispersione termica ed il fabbisogno energetico normalizzato FEN. Il concetto di certificazione energetica e dei soggetti abilitati rimase sul piano teorico in quanto i decreti attuativi che avrebbero dovuto regolamentarla non furono mai approvati.

Il DPR 412/93 come integrato dal DPR 551/99 introdusse definizioni che vennero riprese anche dalle norme successive, quali l'unità di misura “gradi giorno”, su cui si basa tuttora l'individuazione delle zone climatiche in cui viene suddiviso il Paese per il confronto con i rispettivi valori massimi ammissibili considerati nei calcoli previsti dalla legge, la classificazione degli edifici, degli impianti e delle potenze in gioco, con i relativi rendimenti, ed i requisiti degli impianti termici. Le competenze di verifica e controllo, inizialmente attribuite allo Stato, furono trasferite alle Regioni e poi alle Province dal D.Lgs. 31 marzo 1998 n° 112.28 Il Regolamento in

esame indicò alcune regole che dovevano essere rispettate in caso di nuove costruzioni, di ristrutturazioni di edifici o di impianti. In particolare imponeva valori limite29 che avrebbero

obbligato il progettista ad utilizzare fonti alternative di energia, sfruttando al massimo gli apporti gratuiti disponibili, preferire sistemi ad alto rendimento e sfruttare il recupero del calore.

Il Protocollo di Kyoto del 1997 mosse le coscienze e con esse anche l'ambito legislativo nazionale: la Legge 1° giugno 2002 n° 120 ratificò tale trattato, prevedendo un piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra ed una relazione che indicasse le politiche e le misure finalizzate agli obiettivi di risparmio energetico e di sviluppo sostenibile, entrambi presentati al CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica). Successivamente, con il D.Lgs. 19 agosto 2005 n° 19230 furono recepiti i principi della Direttiva

2002/91/CE, stabilendo i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche, favorendo l'uso delle fonti di energia rinnovabili e la diversificazione energetica, in linea con il protocollo di Kyoto. Tale Decreto delineò la metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici, i relativi requisiti minimi, i criteri per la certificazione energetica e per i soggetti abilitati, la programmazione di controlli degli impianti di climatizzazione e la promozione dell'uso razionale dell'energia, promuovendo l'informazione agli utenti finali. I dati presi in considerazione riguardavano la composizione dell'involucro dell'edificio, degli impianti utilizzati e delle tecnologie, associati al contesto dell'edificio stesso.

28 recante disposizioni sul “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e gli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n° 59.

29 La norma prendeva a riferimento il coefficiente di dispersione volumica globale per trasmissione, il rendimento medio stagionale ed il fabbisogno energetico normalizzato; di ciascun valore forniva definizioni, metodi di

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Con l'emanazione del D.Lgs. 29 dicembre 2006 n. 311 sono state apportate modifiche ed integrazioni al DPR 192/05 introducendo nuove verifiche energetiche, differenziate in regime invernale e regime estivo, prevedendo l'analisi sull'involucro edilizio sia sull'impianto di climatizzazione sia sui componenti dell'involucro, richiamando le categorie di edificio al fine di differenziare le verifiche che dovranno essere effettuate in funzione della tipologia edilizia, del regime di funzionamento e della tipologia di intervento (come si evince dagli allegati al D.Lgs. 311/2006).

Attraverso il D.Lgs. 30 maggio 2008 n. 11531 è stata recepita la Direttiva 2006/32/CE, le cui

finalità vengono perseguite con un piano di azioni volte al miglioramento dell'efficienza degli usi finali di energia sotto il profilo costi-benefici. Vengono affidate ad una struttura dell'ENEA, definita semplicemente “Agenzia”, le funzioni di controllo del quadro di programmi e di verifica del risparmio di energia e delle misure di miglioramento del rendimento energetico.

Con l'emanazione del D.M.26-06-2006, si dà attuazione alle disposizioni primarie afferenti la certificazione energetica, attraverso la predisposizione di precise ed organiche linee guida, sia per le nuove costruzioni che per gli edifici esistenti. Tale norma integra la normativa precedente, richiamando ad esempio il D.Lgs.192/2005 sul risparmio energetico e, in conformità al decreto 112/98, delega alle Regioni l'attuazione e la definizione delle competenze, attribuendo allo Stato il compito di definire le linee guida. Individua gli elementi essenziali del sistema di certificazione energetica degli edifici, indicandone campi di applicazione, i dati necessari, le metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche, le norme tecniche di riferimento, la validità temporale e le varie prescrizioni. Delegando la regolamentazione alle Regioni, nonostante la metodologia di base sia fondamentalmente uguale su tutto il territorio nazionale, esiste la possibilità di redigere certificazioni energetiche secondo schemi differenti.

Accanto alle normative analizzate sinora, prettamente collegate all'ambito edilizio, in Italia si è cercato di ampliare il più possibile la diffusione e applicazione di leggi su tale tema, inserendo all'interno delle finanziarie annuali incentivi sia per le imprese costruttrici sia per gli utenti finali. Ad esempio la Legge 27 dicembre 2006 n° 296 (Finanziaria 2007) detta anche legge della

detrazione del 55%, definisce le linee guida sugli incentivi economici per l'installazione dei

pannelli solari, la riqualificazione energetica degli edifici, per il miglioramento del comportamento termico dell'involucro degli edifici esistenti e per la sostituzione degli impianti di riscaldamento.

Successivamente, la Legge 24 dicembre 2007 n. 244 (Finanziaria 2008) ha introdotto l'obbligo

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dell'uso di fonti rinnovabili per la produzione non inferiore ad 1kW di energia elettrica per ogni nuova unità abitativa, pena la negazione del permesso di costruire. Inoltre mantiene le detrazioni fiscali e gli incentivi economici per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti. In attuazione dell'articolo 1, comma 24, lett. a) della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è stato emanato il Decreto 11 marzo 2008, coordinato successivamente con Decreto 26 gennaio 2010, per la definizione dei valori limite di fabbisogno di energia primaria annuo e di trasmittanza termica.

1.5.1 La normativa regionale Liguria

A seguito della delega affidata alle regioni dal D.M. 26-06-2006 in materia di energia, il Consiglio Regionale della Liguria ha approvato, in data 29 maggio 2007, la Legge Regionale

n.22 “Norme in materia di energia”. Tale norma mirava a disciplinare “la programmazione degli

interventi operativi della Regione e degli Enti Locali in materia di energia, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile del sistema energetico, nel rispetto dell'ambiente, della salute dei cittadini e del paesaggio, in conformità all'articolo 117 della Costituzione, in coerenza con i principi derivanti dall'ordinamento comunitario e con gli indirizzi della politica energetica nazionale.”32

La legge regionale riprende gli obiettivi proposti dal protocollo di Kyoto, quali il miglioramento dell'efficienza energetica e del risparmio energetico attraverso un uso razionale dell'energia, lo sfruttamento di fonti rinnovabili e di soluzioni costruttive innovative, privilegiando le risorse locali, la ricerca e la formazione.

La programmazione energetica, di competenza della Regione, viene stabilita attraverso il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR), lo strumento di attuazione della politica energetica regionale, che definisce oltre alle azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi suindicati, anche i fabbisogni energetici regionali con le relative dotazioni infrastrutturali, gli obiettivi di contenimento energetico in tutti gli ambiti, la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili e le risorse finanziarie necessarie all'attuazione di quanto stabilito. Il PEAR viene approvato dal Consiglio Regionale, ha validità quinquennale e deve essere integrato con la Valutazione Ambientale Strategica (VAS): assieme a tale strumento, la programmazione viene affidata ai piani attuativi del PEAR, al Programma annuale degli interventi ed al documento di monitoraggio e valutazione stilato dalla Giunta Regionale.

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Il soggetto operativo di cui si avvale la Regione per il perseguimento degli obiettivi preposti è l'Agenzia Regionale per l'Energia della Liguria (A.R.E. Liguria S.p.A.), costituita e partecipata dalla Regione stessa33. L'A.R.E. Liguria verifica l'idoneità delle certificazioni energetiche degli

edifici, collabora con la Regione per l'indicazione delle linee guida e la realizzazione di iniziative volte al perseguimento delle finalità di sviluppo sostenibile.

Di competenza delle Province rimangono le autorizzazione connesse agli impianti di produzione e distribuzione di energia attraverso fonti rinnovabili, le funzioni di controllo e verifica rispetto all'uso razionale dell'energia, secondo quanto indicato dal PEAR, e del rendimento energetico e dello stato di manutenzione degli impianti termici per i Comuni inferiori a 40.000 abitanti (secondo le direttive del D.P.R. 412/93 e del D.Lgs. 192/05). A seguito dell'emanazione della

Legge Regionale 6 giugno 2008 n. 16 (e successive modifiche) che disciplina l'attività edilizia,

sono state variate alcune definizioni e procedure relative al rilascio delle autorizzazione per gli impianti termici di competenza delle Province

Infine i Comuni provvedono a favorire la diffusione delle fonti rinnovabili, dell'uso razionale dell'energia e del risparmio energetico, seguendo le indicazione del PEAR ed utilizzando anche i propri strumenti urbanistici.

Si deve precisare che la L.R. 22/2007 amplia il campo di azione inserendo al Titolo III le disposizioni per il contenimento dell'inquinamento luminoso e risparmio energetico, definendo inquinamento luminoso ogni irradiazioni di luce artificiale che si disperda oltre le aree cui è dedicata, e inquinamento ottico ogni irradiazione artificiale diretta su superfici o cose cui non è funzionalmente dedicata. Rimanda poi ai Comuni la redazione (entro cinque anni dalla data in vigore della legge), in linea con le indicazione del PEAR, di appositi Regolamenti dell'Illuminazione, con il compito di verificare lo stato degli impianti presenti nel territorio, pianificando nuove installazioni, manutenzione ed adeguamento dell'esistente.

Le Province mantengono il ruolo di controllo e verifica sui consumi di energia elettrica degli impianti di illuminazione esterna di propria competenza, sui Comuni per il rispetto delle presenti norme ed infine promuovono corsi di formazione ed aggiornamento tecnico e professionale nell'ambito dell'illuminazione.

Il medesimo provvedimento stabilisce i requisiti tecnici che devono avere gli impianti di illuminazione esterna sia pubblica che privata, garantiti da apposita certificazione di conformità alla legge.

33 attraverso la società finanziaria per lo sviluppo economico costituita con la legge regionale n° 48/1973, la FI.L.S.E. S.p.A

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In tema di rendimento energetico degli edifici, la legge in attuazione delle disposizioni contenute nella direttiva 2002/91/CE e nel D.Lgs. 192/2005, dispone che la Regione raccolga i dati relativi agli usi finali dell'energia, vigilando il rispetto della normativa nazionale, proponendo poi soluzioni per l'uso efficiente dell'energia nel settore civile. Disciplina i criteri volti al contenimento dei consumi in funzione delle tipologie e destinazione d'uso degli edifici, individua le metodologie di calcolo per le prestazioni energetiche ed i requisiti minimi sia per le nuove costruzioni sia per l'esistente, stabilisce infine i criteri e le caratteristiche della certificazione energetica e dei soggetti abilitati alla sua redazione. Nello specifico, tale norma stabilisce che le nuove costruzioni e le ristrutturazioni (in funzione del tipo di intervento) siano realizzate secondo criteri di bassi consumi energetici, nel rispetto dei requisiti minimi di rendimento, favorendo il ricorso a fonti di energia rinnovabile per il soddisfacimento dei fabbisogni energetici per il riscaldamento, il condizionamento, l'illuminazione e la produzione di acqua calda. Viene previsto che ogni nuova edificazione, così come le ristrutturazioni di edificio con superficie utile superiore a 1000 m2, debba essere corredata di attestato di certificazione energetica che ne

indichi le prestazioni. Tale documento, in un arco temporale differente in funzione alla metratura utile, diventerà obbligatorio anche per gli edifici esistenti in caso di compravendite o locazioni, divenendo parte integrante dei contratti.

La definizione dei criteri per il contenimento dei consumi di energia, dei requisiti minimi di rendimento, la metodologia di calcolo e le modalità per la certificazione energetica vengono demandate ad un apposito regolamento di attuazione.

Il Titolo V della L.R. 22/07 individua infine le sanzioni per le violazioni ai dispositivi suindicati (dall'inerzia degli enti locali attuatori alla mancata consegna dell'attestato di certificazione energetica)..

In attuazione alla L.R. N° 22/2007, è stato approvato dalla Giunta Regionale in data 22 gennaio 2009, il Regolamento n° 1/2009 recante “Norme in materia di certificazione energetica degli

edifici”, in sostituzione del regolamento regionale n° 6 del 8.11.2007. Tale Provvedimento si

applica sostanzialmente agli artt. 27 e 28 della L.R.22/07, dedicati rispettivamente alla valorizzazione delle fonti energetiche rinnovabili ed alla certificazione energetica degli edifici: più precisamente definisce i criteri per il contenimento dei consumi di energia, i requisiti minimi e la metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche, il complesso sistema della certificazione energetica e le modalità di verifica.

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soggetti a vincolo dei Beni Culturali per cui il rispetto delle presenti norme implicherebbe una alterazione inaccettabile..

La procedura operativa adottata da tale regolamento prende come riferimento per i calcoli la trasmittanza termica degli elementi, l'indice di prestazione per la climatizzazione invernale ed il rendimento globale medio stagionale degli impianti per la climatizzazione invernale. Si nota quindi che, nonostante la direttiva europea 2002/91/CE preveda che la valutazione delle prestazioni energetiche degli edifici venga fatta considerando tutti gli usi di energia,la normativa regionale ligure, così come nel resto del Paese, prenda in considerazione solamente il fabbisogno di energia primaria dell'impianto di climatizzazione invernale e quello per la produzione di acqua calda sanitaria.

Il regolamento richiama le UNI/TS 1130034 che forniscono il metodo di calcolo delle prestazioni

energetiche degli edifici (vengono considerati solo il contributo per la climatizzazione invernale e quello per la produzione di acs) e dei fabbisogni di energia primaria in esame, di cui sono tabellati i valori limite negli allegati a corredo della norma.

La normativa regionale ligure considera quali parametri di riferimento l'indicatore di prestazione energetica globale Epgl espresso come sommatoria del contributo per il riscaldamento invernale e

quello per la produzione di acqua calda sanitaria: viene così effettuata la classificazione degli edifici, confrontando di volta in volta gli indici di prestazione ottenuti con la metodologia di calcolo fornita dalle UNI/TS 11300 con i valori limite indicati dalla norma (metodologie di calcolo, valori limite e tabelle esplicative per la raccolta dati sono indicate negli allegati del regolamento).

L'attestato della certificazione energetica è il documento che “contiene le informazioni tecniche relative al sistema edificio-impianto e fornisce all'utente le informazioni sulla qualità energetica dell'edificio nel suo complesso e nei singoli elementi35”. Il Regolamento ne specifica l'aspetto e

individua i dati che devono essere in esso indicati: “generalità” dell'edificio, classe energetica di appartenenza e classe energetica ottenibile in caso di interventi di miglioramento (da valutare in fase di elaborazione del documento).

Il Regolamento in esame specifica la procedura per il rilascio della certificazione energetica, facendo riferimento alla figura di “professionista abilitato ed iscritto all'elenco regionale dei professionisti di cui all'art. 30 della L.R. 22/2007”: tale albo è stato istituito dal D.G.R. N° 954 del 03.08.200736.

34 UNI/TS 11300 Prestazioni energetiche degli edifici, Maggio 2008. 35 Art. 15 comma 1, Regolamento n° 1/2009 Regione Liguria.

(26)

1.6 La certificazione energetica applicata al caso Liguria

Trascurando l'evoluzione della normativa e delle metodologie che hanno delineato nel tempo le linee guida della Certificazione Energetica, prima di passare all'analisi dettagliata di ciò che accade ad oggi nella Regione Liguria, occorre menzionare quanto indicato dal decreto ministeriale del 26 giugno 2009, che si applica nelle realtà locali in cui sia assente una normativa regionale propria, nonostante anche in queste ultime si devono adottare misure che favoriscano un allineamento tra gli strumenti regionali e le linee guida nazionali. Per la classificazione degli edifici dal punto di vista energetico, tali direttive individuano il parametro “Indice di prestazione

energetica globale, Epgl”37:

EPgl = EPi + EPacs + EPe + EPill

essendo EPi indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale;

EPacs indice di prestazione energetica per la produzione di acqua calda sanitaria;

EPe indice di prestazione energetica per la climatizzazione estiva;

EPill indice di prestazione energetica per l'illuminazione artificiale.

Il calcolo delle prestazioni energetiche viene effettuato secondo quanto indicato nelle norme tecniche UNI TS 11300, suddivise in tre parti: la prima riguarda la determinazione del fabbisogno di energia termica dell'edificio per la climatizzazione estiva e invernale, la seconda il fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e la produzione di acqua calda sanitaria nel caso di utilizzo dei combustibili fossili ed infine la terza riporta il metodo di calcolo per la climatizzazione estiva..

In funzione delle finalità e delle circostanze di applicazione, i dati di ingresso possono derivare o dal progetto dell'edificio e degli impianti oppure dal rilievo sull'edificio esistente (o con indagini

in situ o per analogia costruttiva con altri edifici e sistemi impiantistici coevi o sulla base dei

principali dati climatici, tipologici, geometrici ed impiantistici).38 La determinazione delle

prestazioni energetiche degli edifici richiede metodi di calcolo per:

1. il fabbisogno di energia per il riscaldamento e il raffrescamento ambiente; 2. il fabbisogno di energia per acqua calda sanitaria;

3. il rendimento e il fabbisogno di energia primaria degli impianti di climatizzazione 37 definito come il rapporto tra il fabbisogno di energia primaria complessivo dell'edificio e la superficie utile di

(27)

invernale;

4. il rendimento e il fabbisogno di energia primaria per la produzione di acqua calda

sanitaria;

5. il risparmio di energia primaria ottenibile utilizzando energie rinnovabili ed altri metodi

di generazione per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria;

6. il rendimento e il fabbisogno di energia primaria degli impianti di climatizzazione estiva.

I riferimenti possono essere le UNI/TS, oppure le linee guida nazionali o, infine, il metodo di calcolo DOCET, sistema predisposto da CNR ed ENEA sulla base delle UNI/TS 11300. Il decreto 29 giugno 2009 riassume in uno schema le metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche impiegabili in relazione alle finalità e alla tipologia di edificio:

Fig. 1-10: Schema procedurale per il calcolo delle prestazioni energetiche.-Decreto Ministeriale 26/6/2009. Metodo di calcolo di progetto (par. 5.1) Metodo di calcolo da rilievo sull'edificio (par. 5.2 punto 1) Metodo di calcolo da rilievo sull'edificio (par. 5.2 punto 2) Metodo di calcolo da rilievo sull'edificio (par. 5.2 punto 3) EDIFICI INTERESSATI Tutte le tipologie di edifici nuovi ed esistenti Tutte le tipologie di edifici esistenti Edifici residenziali con Sutile ≤ 3000 m2 Edifici residenziali con Sutile ≤ 1000 m2 Prestazione invernale involucro edilizio Norme UNI/TS 11300 Norme UNI/TS 11300 DOCET (CNR-ENEA) Metodo semplificato (allegato 2) Energia primaria prestazione invernale Norme UNI/TS 11300 Norme UNI/TS 11300 DOCET (CNR-ENEA) Metodo semplificato (allegato 2) Energia primaria ACS Norme UNI/TS 11300 Norme UNI/TS 11300 DOCET (CNR-ENEA) Norme UNI/TS 11300 (esistenti) Prestazione estiva involucro edilizio Norme UNI/TS 11300 Norme UNI/TS 11300 DOCET (CNR-ENEA) Norme UNI/TS 11300 o DOCET o metodologia par. 6.2

In Liguria, il Regolamento Regionale 22 gennaio 2009 n. 1, in attuazione dell'articolo 29 della Legge Regionale 29 maggio 2007 n. 22, definisce il sistema di certificazione energetica degli edifici, con lo scopo di ridurre i consumi energetici nel settore civile. Tale norma esclude dall'ambito di applicazione gli edifici ricadenti nella sfera dei Beni Culturali, i fabbricati

(28)

artigianali, industriali ed agricoli non residenziali, per i quali il riscaldamento è o necessità produttiva o scarto di produzione, quelli isolati con superficie utile inferiore ai 50 metri quadrati ed infine gli impianti installati ai fini del processo produttivo realizzato nell'edificio anche se utilizzati, in parte non preponderante, per gli usi tipici del settore civile.39

Il Regolamento n. 1 del 22 gennaio 2009 definisce i requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici relativamente all'involucro edilizio ed alla climatizzazione invernale (valutando anche il rendimento globale medio stagionale), tralasciando quindi le considerazioni per la produzione di acqua calda sanitaria, per la climatizzazione estiva e l'illuminazione artificiale. Per le categorie di edifici classificati dal D.P.R. 412/93, in caso di nuove costruzioni, di ristrutturazioni o ampliamenti, di manutenzione straordinaria, di sostituzione del generatore, devono essere verificati i valori limite tabellati negli allegati B, C e D. rispettivamente per la trasmittanza termica, per l'indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale ed il rendimento globale medio stagionale degli impianti per la climatizzazione invernale. Nel caso della trasmittanza termica , i valori limite sono dettagliati in funzione delle zone climatiche (individuate in base dei gradi giorno) e delle tipologie degli elementi40; i valori limite dell'indice

di prestazione energetica sono rapportati alle destinazioni d'uso degli edifici in esame, alla zona climatica in cui si trovano ed al rapporto di forma dell'edificio stesso. 41 Per le pareti verticali,

oltre al non superamento dei limiti indicati, devono inoltre essere verificate l'assenza di condensazione superficiale e che quella interstiziale sia limitata alla quantità rievaporabile; inoltre, il valore della massa superficiale deve essere maggiore o uguale a 230 Kg/m2 laddove

l'irradianza sul piano orizzontale nel mese di massima esposizione abbia un valore medio maggiore o uguale a 290 W/m2 per tutte le zone climatiche esclusa la F. Il rendimento globale

medio stagionale deve essere superiore al valore dato dall'espressione: ηg = (75 + 3·logPn)%

e ηg = (75 + 4·logPn)% nel caso di edifici pubblici.

dove: logPn = logaritmo in base 10 della Potenza del generatore espressa in kW. Se la potenza è

superiore a 1000 kW, il rendimento globale medio stagionale viene indicato pari a 84% (87% nel caso di edifici pubblici).

Il Regolamento in esame impone la presenza di una centralina di termoregolazione, pilotata da

39 Art. 2, comma 2, Reg n. 1 del 22/05/2009.

40 Sono presi in considerazione sia le strutture opache (verticali, orizzontali o inclinate), sia le chiusure trasparenti ed anche le strutture di separazione tra edifici o unità immobiliari.

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sonde di rilevamento della temperatura interna ed eventualmente anche esterna, programmabile per ogni generatore di calore, associata a dispositivi modulanti per la regolazione automatica nei diversi ambienti: la programmazione deve avvenire almeno su due livelli di temperatura nell'arco delle 24 ore. Per gli edifici pubblici o ad uso pubblico, invece, gli impianti per la climatizzazione invernale devono essere centralizzati.

L'allegato E del Regolamento specifica che in caso di sostituzione del generatore di calore a combustione il rendimento termico utile, in corrispondenza di un carico pari al 100% della potenza termica utile nominale, dovrà essere superiore o uguale al valore dato dall'espressione:

ηu = (90 + 2·logPn)%

mentre in corrispondenza di un carico pari al 30% della potenza termica utile nominale, sarà maggiore o uguale a:

ηu = (90 + 2·logPn)% .

Nel caso di potenza utile nominale del generatore superiore a 400 kW, si applica il limite massimo corrispondente a 400 Kw in entrambi i casi.

Il rendimento termico utile, in condizioni nominali riferito all'energia primaria, di nuove pompe di calore elettriche deve essere maggiore o uguale al valore ottenuto dall'espressione:

ηu = (90 + 3·logPn)%

facendo riferimento per le conversioni tra energia elettrica e primaria al D. Lgs. 115/2008 e successive modifiche ed integrazioni.

Infine, nell'eventualità di edifici privi di impianti termici per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria, per cui quindi sia impossibile calcolare le relative prestazioni energetiche, si fa riferimento alle norme UNI/TS 11300-142 per la climatizzazione

invernale e la UNI/TS 11300-243 per la produzione di acqua calda sanitaria. In questo caso, si

suppone di affidare il riscaldamento degli ambienti e quello dell'acqua ad apparecchi alimentati dalla rete elettrica: bisogna quindi correggere i valori mediante il fattore fp,el di conversione

dell'energia primaria in energia elettrica.

Il Regolamento fornisce anche le linee guida per la raccolta dei dati necessari alla valutazione del fabbisogno energetico degli edifici e per la redazione della certificazione energetica. Il punto di partenza è rappresentato dalla documentazione di progetto o, in assenza di questa, del rilievo

42 Parte 1: Determinazione del fabbisogno di energia termica dell'edificio per la climatizzazione estiva ed invernale.

43 Parte 2: Determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria.

(30)

dell'edificio, considerando le piante, i prospetti e le sezioni. Nell'eventualità che manchi il progetto originario e che il rilievo presenti difficoltà nel reperire dati attendibili, interviene la UNI/TS 11300-1: l'Appendice A consente la “determinazione semplificata della trasmittanza

termica dei componenti opachi in edifici esistenti” in quanto fornisce valori tabellati della

trasmittanza termica in funzione degli spessori e della tipologia degli elementi.

L'edificio viene poi catalogato all'interno della classificazione della zona climatica (in riferimento ai gradi giorno), ne viene indicata la proprietà, la tipologia edilizia e le strutture verticali ed orizzontali che lo costituiscono. Per l'impianto di riscaldamento e quello di produzione di acqua calda devono essere forniti i dati relativi non solo alla tipologia dei sistemi, ma anche al tipo di generatori e di alimentazione, alla regolazione, alla distribuzione: laddove non si riesca a reperire i dati effettivi, si può far riferimento alle UNI/TS 11300 che completano le lacune con dati semplificati.

Il calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici viene effettuato secondo le norme UNI/TS 11300-1 e 11300-2, per le quali il fabbisogno globale di energia primaria per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria è dato dalla seguente espressione:

Qp,H,W= ∑QH,c,i∙fp,i + ∑QW,c,j ∙fp,j + (QH,aux + QW,aux + Qint,aux - Qel,exp)∙fp,el [kWh]

dove:

QH,c,i [kW]: fabbisogno di energia per il solo riscaldamento ottenuto di ciascun vettore energetico

i (calcolato secondo le UNI/TS 11300-1 ed incrementato delle perdite, secondo le

UNI/TS 11300-2); fp,i: fattore di conversione in energia primaria del vettore energetico i;

QW,c,j [kW]: fabbisogno di energia per acqua calda sanitaria ottenuto da ciascun vettore energetico

j (calcolato secondo le UNI/TS 11300-2);

fp,j: fattore di conversione in energia primaria del vettore energetico j;

QH,aux [kW]: fabbisogno di energia per gli ausiliari degli impianti di riscaldamento (valutato

secondo le UNI/TS 11300-2);

QW,aux [kW]: fabbisogno di energia per gli ausiliari degli impianti di produzione di acqua calda

sanitaria (valutato secondo le UNI/TS 11300-2);

QInt,aux [kW]: fabbisogno di energia elettrica per gli ausiliari di eventuali sistemi che utilizzano

Figura

Fig. 1-1: Consumi energetici secondo l'EIA
Fig. 1-2: Consumi energetici secondo l'IEA
Fig.   1-5:   Disponibilità   ed   impieghi   fonti   energetiche   2009.  -   Ministero   dello   Sviluppo  Energetico, Bilancio 2009 Disponibilità  ed Impieghi ANNO 2009 Solidi Gas
Fig.   1-6:   Disponibilità   ed   impieghi   fonti   energetiche   2008.  -   Ministero   dello   Sviluppo  Energetico, Bilancio 2009
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