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Capitolo 2 Il progetto LIFE SEKRET

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Academic year: 2021

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Capitolo 2

Il progetto LIFE SEKRET

2.1 Obiettivi del progetto

Il progetto life+ SEKRET – Sediment ElecroKinetic REmediation Treatment of heavy metal

pollution removal, nasce dalla sempre più forte necessità di bonificare grandi quantitativi di

sedimenti inquinati derivanti dalle operazioni di dragaggio. Fino ad ora l’attività di dragaggio è stata svolta per ragioni commerciali, ovvero mantenere una profondità tale da consentire la navigazione e quindi l’agibilità del porto.

I porti Europei sono luogo di affari legati ai trasporti, all’industria manifatturiera e chimica, alle raffinerie di pertrolio, sono luoghi di immagazzinamento di prodotti chimici, solventi, olii minerali, carta, cibo ecc. Inoltre, all’interno di certe aree si trattano rifiuti tossici e materiali non ferrosi. Vista questa presenza massiccia di attività umane invasive, i porti e le aree costiere in tutta

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Europa hanno sedimenti contaminati con metalli pesanti e sostanze organiche come idrocarburi e idrocarburi policromatici.

Lo scopo di questo progetto è di dimostrare, grazie a diverse azioni mirate, che i sedimenti di dragaggio delle acque portuali, caratterizzati da concentrazioni di metalli pesanti e idrocarburi sopra i livelli di guardia, possono essere trattati in un luogo appositamente equipaggiato grazie alla bonifica elettrocinetica (EKR) in maniera tale da poter rientrare in parametri accettabili. L’azione principale è la dimostrazione della tecnologia EKR grazie ad un impianto dimostrativo che è stato costruito in un’area preposta del Porto di Livorno per il trattamento di circa 150 m³ di sedimenti appositamente dragati (Figura 2.1).

L’impianto dimostrativo è costituito da una vasca (volume effettivo di 150 m³; profondità 1.25 m) contenuta in un prefabbricato rinforzato da mura di cemento e reso stagno da un rivestimento impermeabile. Seguendo il brevetto Lageman-Pool-Seffinga, l’impianto è equipaggiato con griglie interconnesse di pozzi e condutture fatte di materiali semi-impermeabile. La griglia include elettrodi metallici connessi ad un generatore di corrente. L’anolita e catolita vengono fatti circolare fra le condutture a griglia anodiche e catodiche. I due circuiti includono una struttura esterna di trattamento dell’acqua finalizzata alla rimozione i metalli disciolti con un trattamento fisico-chimico.

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2.2 Decontaminazione elettrocinetica

La bonifica elettrochimica dei suoli, in particolare quelli con struttura limo-argillosa, è stata ampiamente studiata ed anche applicata. Tuttavia, un numero molto limitato di studi è stato condotto per valutare l'applicabilità di bonifica elettrochimica ai i sedimenti marini contaminati. Circa 500 milioni di m3 di sedimenti contaminati vengono dragati ogni anno in Europa per scopi di navigazione. Molti dei quali necessitano di essere disidratati e trattati prima del loro riutilizzo o smaltimento in siti dedicati, facendo lievitare eccessivamente il costo del dragaggio.

I sedimenti sono caratterizzati da una possibile presenza contemporanea di diversi tipi di inquinanti che interagiscono con diversi componenti di matrici solide. Altri parametri, compresi contenuto di sale e umidità, possono anche avere una influenza sull’idoneità delle diverse opzioni di trattamento.

La tecnica di bonifica elettrocinetica rappresenta un'opzione promettente per i sedimenti perché raggiunge efficienza massima in terreni con granulometria fine e quindi bassa permeabilità, ed inoltre offre la possibilità di essere applicata direttamente in situ, permettendo pertanto il raggiungimento di disidratazione, consolidamento e rimozione di inquinanti organici ed inorganici in un singolo stadio di processo.

Tuttavia, la rimozione elettrocinetica dei metalli pesanti nei sedimenti spesso si è rivelata inefficace a causa di vari fattori: composizione chimica complessa, alta capacità tampone e diversa speciazione dei metalli rispetto al sedimento.

Poiché tutto il sistema di decontaminazione elettrocinetica è basato sul processo elettrochimico, simultaneamente alla bonifica si verificano numerose reazioni elettrochimiche. L'accoppiamento di queste reazioni con le interazioni suolo-contaminante rende la bonifica elettrocinetica un processo estremamente complesso.

I contaminanti possono esistere come specie adsorbite sulle superfici delle particelle del suolo, specie adsorbite su particelle colloidali in sospensione nel fluido interstiziale del suolo, specie disciolte nel liquido tra i pori del suolo o specie solide sotto forma di precipitati.

La tecnica di decontaminazione elettrocinetica può estrarre solo i contaminanti mobili dal suolo; in merito sono state fatte molte ricerche, sviluppando delle tecniche per solubilizzare i contaminanti nel sedimento e mantenerli in uno stato chimico mobile.

Bisogna inoltre ricordare che sotto l’effetto del campo elettrico, in corrispondenza degli elettrodi infissi nel terreno, si verifica l’elettrolisi delle molecole d’acqua, generando ioni H+ all'anodo e ioni OH- al catodo, i quali migrano continuamente nel suolo contaminato, con conseguente variazioni di pH del terreno, in funzione del tempo e dello spazio.

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Anodo: 2H2O O2 + 4H+ + 4e -Catodo: 2H2O + 2e- H2 + 2OH

-Sotto l'azione del campo elettrico questi ioni migrano verso gli elettrodi opposti, generando un gradiente di pH nella matrice. L’acidificazione che si propaga dall'anodo facilita il desorbimento di metalli e complessi polari che si portano in soluzione nel liquido interstiziale. Il fronte basico generato al catodo, al contrario, provoca la loro riprecipitazione, limitandone la mobilità. Viene pertanto contrastato dosando un acido nel catolita. In alternativa è anche possibile dosare sostanze chelanti negli elettroliti, controllandone nel contempo il pH al valore operativo. Una volta in soluzione, i contaminanti vengono trasportati verso gli elettrodi, raggiungendo gli elettroliti circolanti nei pozzetti elettrodici, dai quali possono poi essere separati mediante opportuni trattamenti della fase liquida.

I meccanismi di trasporto dei contaminanti sono essenzialmente tre:

• L’elettromigrazione, ovvero il trasporto, causato dal campo elettrico, di ioni e altri complessi (con carica non nulla) disciolti nella soluzione interstiziale;

• L’elettroosmosi, ovvero il trasporto di ioni, complessi e sostanze disciolte (anche senza carica) dovuto al movimento della stessa soluzione interstiziale, a sua volta generato dalla presenza del doppio strato elettrico sulle superfici cariche dei grani che costituiscono la matrice solida;

• L’elettroforesi, ovvero il movimento, all’interno del fluido interstiziale, di particelle colloidali dotate di carica superficiale, causato dal potenziale elettrico applicato, ritenuto minore rispetto agli altri due processi nelle condizioni operative usuali.

La decontaminazione elettrocinetica, rispetto ad altre tecnologie di bonifica, offre i seguenti vantaggi:

• applicabilità a matrici porose a bassa permeabilità quali limi e argille;

• applicabilità a suoli e sedimenti saturi o insaturi (comunque in presenza di un fluido interstiziale);

• capacità di rimozione di metalli pesanti, radionuclidi, composti organici; • flessibilità nell’utilizzo ex situ o in situ;

• possibilità di integrazione con altre tecniche di bonifica. Le principali limitazioni sono invece le seguenti:

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con la matrice da trattare il processo può risultare poco efficiente anche ricorrendo a condizionamento chimico;

• è necessario un fluido di processo, che deve essere approvvigionato e richiede opportuni trattamenti supplementari;

• alcune caratteristiche della matrice da trattare, come la capacità tampone, possono condizionare la fattibilità;

• ogni singola applicazione richiede un’indagine preliminare basata su test di laboratorio non ancora standardizzati per definire il processo.

I sedimenti marini, a fronte di alcuni aspetti favorevoli, come la tessitura spesso fine, presentano numerosi fattori negativi, come la salinità, la capacità tampone e il potere adsorbente elevati che ostacolano l'acidificazione del materiale e il trasporto dei contaminanti.

Figura 2.2 Schema elettrocinesi.

2.3 Struttura dell’impianto

L’impianto SEKRET, è stato progettato seguendo i principi scientifici che sostengono la tecnica di decontaminazione elettrocinetica, il cui schema di processo può essere così suddiviso:

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a) Vasca di trattamento contenente i sedimenti, con un sistema di pozzi e tubi per l'installazione

degli elettrodi e la circolazione dell'elettrolita. Inoltre tutta la vasca è dotata di una copertura a serra per evitare la possibile fuoriuscita di gas in atmosfera;

b) Sistema di Energizzazione per l'applicazione del campo elettrico al sedimento;

c) Sezione di Condizionamento elettrolita;

d) Sezione di osmosi inversa (RO) per il controllo della salinità dell’elettrolita;

e) Sezione di trattamento delle emissioni gassose per confinamento, raccolta e trattamento di

emergenza dell’atmosfera gassosa nel circuito di ricircolo dell’anolita.

Figura 2.3 Schema di processo.

2.3.1 Vasca di Trattamento

La vasca di trattamento assume la funzione di contenimento dei sedimenti prelevati dal porto per tutta la durata della sperimentazione, è stata costruita con particolari accorgimenti; non sono stati realizzati getti di CLS in opera; è stata garantita la tenuta idraulica; la vasca risulta completamente smontabile e rimovibile al termine della sperimentazione; è stata garantita l’interazione tra vasca, sedimenti e campo elettrico applicato (Figura 2.4).

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Figura 2.4 Vasca di trattamento.

La vasca è stata realizzata mediante pannelli prefabbricati in cemento armato di altezza 1,70 m di tipo auto-stabili e portanti, aventi classe di resistenza C45 (>45 Mpa) ed elevata classe di esposizione del calcestruzzo XA1 (ai sensi della norma UNI EN 206-1), in modo tale da garantire resistenza e durabilità rispetto all’attacco chimico dato dal contenuto salino dei sedimenti.

I singoli elementi prefabbricati (Figura 2.5), aventi dimensioni 110 x 400 x 170 cm e 110 x 200 x 170 cm, sono collegati fra loro a mezzo di giunti con guarnizione in neoprene resistente agli acidi, i quali garantiscono lo smontaggio ed il riutilizzo degli stessi per altre applicazioni.

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Inoltre, per una maggiore tenuta, ovvero per evitare interazione della struttura con il campo elettrico applicato per il trattamento, è stata prevista l’istallazione di un rivestimento interno alla vasca realizzato mediante una membrana per liquidi aggressivi “Panama” del peso di 900 gr/m2, in tessuto gommato protetto da geotessuto.

L’approntamento del piano di posa della vasca nonché l’istallazione degli elementi sono stati realizzati da ditte specializzate. L’intervento consiste in uno scotico superficiale di 10 cm di profondità per una larghezza di 110 cm (larghezza della base d’appoggio del singolo elemento). L’altezza totale della vasca (H = 1,70 m) è così ripartita:

• h = 10 cm interro al piano campagna per evitare i cedimenti superficiali;

• h = 23 cm strato di sabbia compatta così da assorbire gli eventuali cedimenti differenziali, che metterebbero a rischio l’integrità della membrana;

• h = 2 cm spessore della membrana;

• h = 125 cm strato di sedimenti;

• h = 10 cm franco di sicurezza al bordo superiore;

L’impronta in pianta totale esterna misurata al piede d’appoggio della vasca è 19,18 x 7,13 x 1,70 m; la volumetria effettiva dello strato di sedimenti risulta essere 18,55 x 6,48 x 1,25 m per un totale di 150,25 m3.

All’interno della vasca sono stati posizionati gli elettrodi che, tramite l’applicazione del campo elettrico, permettono la migrazione del contaminante verso la polarità di segno opposto.

Figura 2.6 Particolari della vasca: pozzetto e flussimetro.

La vasca è dotata di 42 anodi e 42 catodi (Figura 2.8) inseriti in altrettanti tubi microforati disposti verticalmente nel sedimento su 14 linee alternate (7 anodiche e 7 catodiche) da 6 elettrodi ciascuna, disposti su una maglia quadrata di 1 m di lato. In tali tubi sono fatti circolare il catolita e l’anolita mediante due circuiti indipendenti di condizionamento del pH. Le armature degli elementi

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prefabbricati sono collegate elettricamente al catodo per garantirne la protezione catodica. (Figura 2.6).

Figura 2.7 Misuratore di portata. Figura 2.8 Anodo e catodo.

L’impianto di circolazione e trattamento dell’elettrolita prevede un collettore esterno che distribuisce il flusso dell’elettrolita alle singole linee che poi si raccolgono in un collettore interno prima di uscire dalla vasca e tornare al serbatoio. L’elettrolita viene spinto dalle pompe all’interno del circuito, passando attraverso tutti i pozzetti per poi ritornare nel serbatoio.

I sensori misurano il pH e la conducibilità in modo da permettere a un sistema di dosaggio, collegato a un software, di intervenire sul pH dell’elettrolita qualora vengano superati determinati valori di pH. È stato infatti evidenziato che nella soluzione catodica il pH non deve superare il valore 3 per permettere una efficiente estrazione elettrocinetica. Infatti per valori di pH >4 la mobilità dei metalli è estremamente bassa e la decontaminazione risulta poco efficiente.

La soluzione anodica non deve presentare un pH inferiore a 1, altrimenti l’eccesso di ioni H+ crea un incremento di conduttività dell’elettrolita. Per evitare il superamento di tali valori di pH vengono utilizzati acido nitrico per neutralizzare gli ioni OH¯ prodotti al catodo e idrossido di sodio per neutralizzare gli ioni H+ prodotti all’anodo.

Ciascun pozzetto è costituito da una barra di tubo di diametro 90 mm, fessurato a spirale, alle cui estremità sono saldati i raccordi per l’ingresso ed uscita dell’elettrolita. Sull’estremità superiore del pozzetto è presente un tappo sul quale è ancorato l’elettrodo.

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Infine la vasca è coperta per il confinamento dei sedimenti dagli agenti meteorici da una struttura a serra completamente chiusa e costantemente mantenuta in depressione da un aspiratore. L’assenza di emissioni gassose in atmosfera è garantita grazie all’utilizzo dello scrubber nel quale viene convogliata l’aria aspirata dall’interno della struttura (Figura 2.9).

Figura 2.9 Sezione della copertura.

2.3.2 Impianto elettrico

L’impianto è composto da 84 elettrodi, gli elettrodi al catodo sono costituiti da un tubo in acciaio con diametro 25 mm, tagliato in senso longitudinale; ad una delle estremità è saldato un tondino portacorrente.

Gli elettrodi all’anodo sono costituiti da una rete in titanio rivestita di ossidi metallici; la scelta di questo materiale è dovuta alla stabilità del titanio in ambiente acido.

Ciascun elettrodo è lungo 90 cm e largo 6 cm, piegato a L nel senso longitudinale. Ad una estremità è saldato un tondino portacorrente che permette la connessione al cavo elettrico.

L’applicazione del campo elettrico in corrente continua riveste un ruolo fondamentale nella tecnica di decontaminazione elettrocinetica, poiché il campo elettrico è il responsabile della migrazione del fluido e dei contaminanti all’interno della matrice solida.

Per tale ragione l’energizzazione sarà realizzata mediante allacciamento alla rete elettrica trifase 400V AC, con potenza massima 50 kW. L’impianto prevede il controllo di tensione e corrente con

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mantenere costante la tensione, la corrente o la potenza applicata. I dispositivi sono gestiti tramite un PC, attraverso interfaccia Modbus su bus RS-485. Il software installato sul PC comunica con i dispositivi regolatori di potenza ed imposta la tensione in uscita in modo da mantenere il valore di densità di corrente di 5 A/m2, col limite massimo di 30V imposto per ragioni di sicurezza.

La sezione di energizzazione è stata dimensionata sulla base dei seguenti dati e parametri:

• Resistività del sedimento (si tiene conto anche dell’eventuale evoluzione temporale del valore nel corso del trattamento);

• Densità di corrente massima ammissibile;

• Distanza e numero di elettrodi necessari per il trattamento;

• Corrente massima ammissibile per elettrodo;

• Effetto Joule;

• Tensione massima ammissibile (per ragioni di sicurezza).

Scenario A B

Resistività (Ωm) 0.5 10

Densità di corrente (A/m2) 5 5 Corrente totale (A) 526.5 526.5 Potenza specifica (W/m3) 12.5 125 Potenza totale (kW) 1.9 18.75

Numero di elettrodi 84 Resistività sedimenti 2 Ωm Densità di corrente 5 A/m2 Corrente per array 71 A Corrente per elettrodo 11.9 A Corrente totale 688.5 A Campo elettrico 10 V/m Tensione max. 10.6 V Potenza 7.5 kW Tabella 2.1 2.3.3 Condizionamento Elettrolita

La gestione del sistema di condizionamento dell’elettrolita assume un ruolo fondamentale in un impianto di decontaminazione elettrocinetica. Per tale ragione il sistema è stato progettato considerando la stretta connessione tra la migrazione dei contaminanti e il valore del pH dei

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Gli ioni H+ e OH- generati migrano nel terreno grazie al campo elettrico indotto; ne risulta che vicino l’anodo il pH si abbassa mentre si alza in corrispondenza del catodo. Per ovviare a questo problema e gestire il pH a valori ottimali i pozzetti catodici e anodici sono connessi a due circuiti di ricircolo indipendenti, ciascuno dei quali dotato di un serbatoio a pelo libero di disconnessione e di una coppia di pompe di ricircolo. Ogni circuito è dotato di due gruppi di sonde di misura continua di pH, potenziale redox, temperatura e conducibilità poste in ingresso ed uscita dalla vasca. Il pH del catolita viene automaticamente regolato dosando acido nitrico per neutralizzare gli ioni OH -prodotti e mantenerne il valore nell'intervallo 2,5 - 3,5 mediante controllo PID a set-points regolabili. Per evitare eccessiva acidità, il pH dell'anolita viene analogamente regolato dosando idrossido di sodio al set-point regolabile di circa 1,5. Come strategia alternativa, il pH dell'anolita può essere controllato scambiando un’aliquota regolabile degli elettroliti fra i due circuiti previa rimozione del contenuto salino.

La gestione del sistema di condizionamento dell’elettrolita assume un ruolo fondamentale in un impianto di decontaminazione elettrocinetica. Per tale ragione il sistema è stato progettato considerando la stretta connessione tra la migrazione dei contaminanti e il valore del pH dei sedimenti e dell’elettrolita stesso.

Sono state sviluppate diverse tecniche di condizionamento dell’elettrolita. Lo scopo principale delle tecniche di condizionamento è quello di mantenere il pH all’interno di un range operativo.

Nella maggior parte dei casi l’azione si espleta cercando di alzare il pH dell'anolita ed abbassare quello del catolita.

I principali requisiti cui porre attenzione nel condizionamento sono i seguenti:

• La precipitazione dei contaminanti metallici dovrebbero essere evitata mantenendoli in soluzione e mobilitati;

• La conducibilità elettrica del campione non deve essere aumentata eccessivamente in modo da evitare la diminuzione del trasporto di contaminante;

• La reazione di elettrolisi al catodo dovrebbe eventualmente essere depolarizzata per evitare la generazione di ioni OH- e il loro trasporto nel campione;

• La depolarizzazione potrebbe aiutare a diminuire la differenza di potenziale elettrico attraverso il campione e ridurre il consumo energetico del processo;

• Le sostanze chimiche speciali introdotte non dovrebbero comportare alcun aumento di residui tossici nel suolo;

• Il costo aggiuntivo delle sostanze chimiche e/o attrezzature per il condizionamento non dovrebbe aumentare il costo complessivo del processo di bonifica elettrochimico in modo

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Per avere la solubilizzazione dei metalli e consentire la loro migrazione verso il catodo sono necessari valori di pH acido, preferibilmente inferiore a 4.

La quantità di acido/base per le reazioni di elettrolisi che avvengono presso l'elettrodo viene definita in anticipo, in quanto dipende solo dalla corrente elettrica applicata. Ne consegue che i valori di pH nell'elettrolita dipendono solo dalla portata di ricircolo e non dal dosaggio acido/base (che è fisso). Pertanto risulta essere di estrema importanza assegnare un valore preciso della portata per mantenere il pH entro certi limiti.

2.3.3.1 Quantità di acido/base

E’ noto che l’applicazione del campo elettrico nei sedimenti causa l’elettrolisi delle molecole d’acqua con produzione di ioni H+ e OH- rispettivamente all’Anodo e al Catodo, come mostrato nella reazione redox:

Anodo: 2H2O → O2 + 4H+ + 4e -Catodo: 2H2O + 2e- → H2 + 2OH

-Dalla reazione risulta che per ogni mole di elettrone si genera una mole di H+ all’anodo e una mole di OH- al catodo. Questo permette all’elettrolita di acidificarsi sempre più all’anodo, raggiungendo valori estremamente bassi con incremento di conduttività, mentre tende a diventare alcalino al catodo. Questo spiega il motivo per cui risulta necessario dosare una soluzione alcalina all’interno del circuito dell’anolita (nel nostro caso idrossido di sodio (NaOH)) e una soluzione acida per il catolita (nel nostro caso acido nitrico (HNO3)).

La portata complessiva richiesta per la circolazione degli elettroliti sulle 14 linee da 6 pozzetti è stata calcolata con i seguenti criteri:

1. Il pH in uscita da ogni singola linea non deve essere superiore a 3, in modo da consentire l’acidificazione dei sedimenti;

2. La differenza di pH nei pozzetti deve essere minimizzata.

Il criterio 2 è dovuto al funzionamento in serie dei sei pozzetti presenti in ciascuna delle 14 linee. Infatti, nel fluire da un pozzetto all'altro, gli elettroliti si arricchiscono progressivamente di ioni H+ nell'anolita ed OH- nel catolita, generando un significativo gradiente di pH nel circuito.

Per conoscere la quantità di reagente necessario a mantenere i valori di pH entro i limiti operativi bisogna anzitutto calcolare la quantità di H+ e OH- prodotte.

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Ricordando che F = 96485 C/mol, C = Amp × secondi e conoscendo la densità di corrente, si ricava:

= × × ℎ × − 1 = 5 × 6.48 × 1.25 × 17 = 535.5 1

Dove:

J = 5 A/m2 Densità di corrente w = 6.48 m Larghezza della vasca h = 1.25 m Altezza strato di sedimenti n = 14 Numero di linee = × = 535.5 × 86400 = 4.6 × 10 ⁄ 2 = ! " = # = 4.6 × 10 96485 = 472 ⁄ 3

I reagenti utilizzati per il condizionamento del pH a valori di progetto sono [HNO3] (Acido nitrico) e [NaOH] (Idrossido di Sodio), aventi le caratteristiche mostrate in Tabella 2.2:

Base (Anodo) NaOH

Concentrazione S% 30 %

Densità ρ 1.328 kg/l Molarità 10 M

PMNaOH 40 g/mol

Acido (Catodo) HNO3

Concentrazione S% 52 %

Densità ρ 1.322 kg/l Molarità 10.9 M PM HNO3 63 g/mol

Tabella 2.2

La quantità di reagente da dosare sarà ovviamente funzione della quantità di ioni H+ e OH- prodotti, calcolati precedentemente.

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%!& = ! "× '()*+, -%/0123 × 4 × 1000 × 2 = 43.2 ⁄ 4 %5! = × '(*6+) -%782/× 4 × 1000 = 47.4 ⁄ 5

E’ da notare che i calcoli sono svolti in funzione della densità di corrente imposta al valore max di 5 A/m2; ciò significa che le quantità di reagenti appena calcolate si hanno nella condizione più sfavorevole.

Il consumo di reagenti è stato stimato in funzione della corrente applicata di 5 A/m2, cui corrisponde una produzione di 472 mol H+/g e 472 mol OH-/g. Ne risultano i valori di 43.2 L/g di HNO3 al 52% e 47.4 L/g di NaOH al 30%. Il consumo di acido nitrico è stimato in circa 17 m3 per l’intera durata del trattamento di 18 mesi. Una riduzione significativa può essere ottenuta adottando la strategia dello scambio di elettroliti.

Le curve in Figura 2.10 mostrano, in funzione della portata di ricircolo e della densità di corrente applicata, i valori di pH da immettere nei circuiti anodico e catodico per ottenere pH=3 in uscita. In base ad esse è stata dimensionata la massima portata delle pompe di ricircolo in 10 L/s.

Figura 2.10 Portate di acido e base in funzione del pH.

2.3.4 Scrubber per il trattamento dell’atmosfera gassosa

Il trattamento del gas è necessario solo per il circuito dell’anolita. Lo sviluppo di cloro gas all'anodo è dovuta al campo elettrico applicato, secondo la seguente reazione:

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Figura 2.11 Interno della vasca di trattamento.

Durante la fase iniziale del trattamento la concentrazione di cloro può essere abbastanza elevata a causa del contenuto di sale dell'acqua di mare, provocando lo strippaggio di cloro gas dall’anolita. La generazione di Cl2 aumenta significativamente al ridursi del pH e all'aumentare dei cloruri. Nelle stesse condizioni, a parità di corrente applicata, si riduce la produzione di ioni H+, e quindi l'efficacia di acidificazione della matrice necessaria per desorbire i contaminanti.

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Per controllare le emissioni di Cl2 è stato implementato un sistema di aspirazione d'aria dai serbatoi elettrolitici, dotato di una torre di abbattimento finale, lo scrubber. Per evitare il rischio di rilasci accidentali di cloro dai pozzetti elettrodici, l'intera vasca di trattamento è stata dotata di copertura a tenuta, collegata al sistema di aspirazione dimensionato per garantire 10 ricambi/ora. Tutto il gas prodotto agli elettrodi viene raccolto dai pozzetti e convogliato alla sezione di trattamento del gas. La sezione è costituita da uno scrubber con ricircolo di una soluzione di idrossido di sodio (NaOH).

Il principio di funzionamento di un impianto scrubber consiste nel convogliare l'aria contaminata in una camera all’interno della quale l’aria entra in contatto con corpi di riempimento in materiale plastico e ciclo di trattamento ad umido con idrossido di sodio. In tal modo i contaminanti vengono trasferiti dall'aria all’acqua così l’aria priva dei contaminanti può essere immessa in atmosfera entro i limiti imposti dalla normativa.

2.3.4.1 Dimensionamento Scrubber

Le torri di lavaggio o “scrubbers” sono generalmente utilizzati per la rimozione di particolati e/o gas inquinanti da scarichi di impianti industriali.

Tradizionalmente gli scrubbers sono stati intesi come dei sistemi di rimozione di inquinanti da correnti gassose per mezzo di getti o correnti liquide fatti interagire con la corrente gassosa. Tuttavia, nelle recenti classi di applicazione di tali sistemi, si prevede l’utilizzo di reagenti secchi (o di sospensioni in acqua di reagenti secchi) iniettati nella corrente gassosa al fine di rimuovere, per mezzo di una reazione chimica, eventuali inquinanti (tipicamente gas acidi) dalla corrente.

Si è scelto un sistema di abbattimento di inquinanti ad umido, nel dimensionamento di un sistema scrubber di questo tipo è di fondamentale importanza tenere conto di due parametri,il tempo di contatto e la velocità dell’aria:

Tempo di Contatto = Volume x 3600 / Portata Aria

Il volume può essere determinato con l'aiuto della velocità dell'aria (in accordo con le cadute di pressione che si creano, le quali non devono superare un massimo di 150 mm H2O).

Per calcolare il flusso d'aria è stata fatta una prima stima del volume di aria da aspirare dalla serra. Partendo dalle dimensioni della copertura della vasca, il volume totale di aria in tutto il sistema (chiuso) è stato calcolato ed è di circa 183 m3.

Larghezza 6.63 m

Lunghezza 18.68 m

Altezza 2.5 m

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Quindi, poiché si assume un ricircolo d’aria pari a 10 ricambi/ora, la portata d’aria totale da trattare risulta 11833 m3/h.

In definitiva, le dimensioni effettive dello scrubber sono mostrate in Tabella 2.3.

Portata Aria 1833 m3/h Tempo di Contatto 4 s Velocità di Attraversamento 0.4 m/s Altezza 1.5 m Diametro 1.3 m Volume Scrubber 2.04 m3 Tabella 2.3

A questo punto è possibile calcolare la quantità di idrossido di sodio (NaOH) da aggiungere per trattare la quantità di cloro gas stimata al precedente paragrafo, tenendo in considerazione che la reazione tra idrossido di sodio e cloro gas è:

2NaOH + Cl2 → NaOCl + NaCl + H2O

Si ricorda che tutto il sistema di copertura della vasca, nonché il serbatoio anolita, sono mantenuti in leggera depressione grazie ad una aspiratore, il quale, in continuo, convoglia i gas all’interno dello

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2.4 Smaltimento dell’elettrolita esausto

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti il residuo del processo di elettrocinesi nell’impianto SEKRET è l’elettrolita “esausto”, cioè un liquido ad alta salinità, arricchito di ioni di metalli pesanti e altri macro-componenti presenti nel sedimento, che deve essere smaltito.

Lo studio ed il progetto di smaltimento dell’elettrolita sono stati l’argomento principale della mia Tesi.

Per impostare tale progetto di smaltimento è stato necessario caratterizzare il prodotto da smaltire e definire gli obiettivi. La caratterizzazione dell’elettrolita (vedi Capitolo 4) ha messo in luce che l’elettrolita dell’impianto è ricco di cloruro di sodio, principale causa dell’aumento di conducibilità e motivo di sostituzione dello stesso.

Con l’obiettivo di ridurre la conducibilità dell’elettrolita sono stati scartati i trattamenti basati sul dosaggio di reagenti in quanto gli stessi reagenti dissociati in acqua tendono a rilasciare a loro volta ioni che mantengono alta la conducibilità del liquido. Ad esempio, nel caso di un trattamento di chiariflocculazione, anche dopo il trattamento si avrebbe la precipitazione di parte dei sali disciolti ma non un abbattimento sostanziale della conducibilità.

Sono state escluse anche tutte le tecniche di filtrazione poiché i sali disciolti non sono trattenuti dalla filtrazione. Sfrutteremo questi processi nei pretrattamenti per l’osmosi inversa, per la rimozione dei solidi in sospensione (Paragrafo 4.3).

Inoltre non possiamo limitarci allo smaltimento dell’elettrolita, che potrebbe essere fatto con il conferimento in discarica o affidando l’elettrolita esausto a ditte specializzate nello smaltimento di liquami, senza indagare sulle tipologie di smaltimento ma valutando soltanto l’aspetto economico. L’obiettivo del trattamento dell’elettrolita deve mirare, in un’ottica ecologica, al riuso ed al risparmio energetico. Abbiamo quindi fissato come obiettivo il recupero dell’acqua contenuta nell’elettrolita con la minor spesa energetica. Considerando che il cloruro di sodio è il principale sale disciolto nell’elettrolita, le tecniche su cui abbiamo concentrato lo studio riguardano i processi di dissalazione. Pertanto sono stati valutati tutti i processi comunemente utilizzati per produrre acqua dolce da acqua marina o salmastra.

Una prima classificazione dei processi di dissalazione è stata fatta considerando il metodo di separazione utilizzato.

Sono stati individuati due gruppi di processi: i processi termici ed i processi a membrana. I processi termici possono essere a loro volta distinti in processi in cui il calore viene fornito causando l’evaporazione dell’acqua, ed altri in cui il calore viene sottratto ottenendo una separazione per cristallizzazione. Questi ultimi hanno un’importanza minima tra i processi di

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Dei processi in cui viene fornito calore fanno parte i processi di evaporazione monostadio, i processi multi flash ed i processi di evaporazione ad effetti multipli. In tutti questi processi l’evaporazione è generata dal riscaldamento della soluzione salata di cui sarà utilizzato il vapore che può essere generato in caldaia o con un semplice compressore che ne aumenta l’entalpia, oppure può essere prodotto in unità di adsorbimento.

Di limitato utilizzo sono invece i processi di umidificazione-deumidificazione nei quali l’evaporazione dell’acqua avviene a una temperatura inferiore a quella di ebollizione grazie ad un gradiente di concentrazione presente all’interfaccia tra la soluzione salata e una corrente di aria secca.

Infine, ancora poco utilizzati ma in crescita, sono i processi che utilizzano energia solare o altre fonti di energia alternative.

Nei processi a membrana la dissalazione viene operata attraverso membrane sintetiche semipermeabili. Nei processi ad osmosi inversa, ampiamente utilizzati “nell’industria della dissalazione”, le membrane, sotto una differenza di pressione che dipende dal grado di salinità dell’acqua da dissalare, ostacolano il passaggio degli ioni permettendo invece quello del solvente. Nei processi ad elettrodialisi le membrane permettono selettivamente il passaggio ad anioni e cationi. Il processo consiste a grandi linee nella creazione di un campo elettrico tra due membrane, una cationica e una anionica, che genera un movimento degli ioni negativi oltre una membrana e di quelli positivi oltre l’altra, lasciando scorrere tra le due l’acqua dissalata.

Un’altra classificazione dei processi viene fatta in base alla tipologia di energia utilizzata. Si distinguono tre gruppi di processi alimentati da:

• energia termica;

• energia meccanica;

• energia elettrica.

I primi processi sono quelli in cui la separazione avviene per cristallizzazione o evaporazione del solvente e nei quali il calore viene fornito dalla combustione diretta di un combustibile o indirettamente dalla cessazione di calore latente da parte di vapore. In pratica essi coincidono con i processi classificati come termici secondo il criterio visto in precedenza, fatta eccezione per il processo a compressione meccanica del vapore. Di questo gruppo fanno parte anche i processi ad energia solare intesa proprio come energia termica irradiata.

Al secondo gruppo appartiene il processo di compressione nel quale l’energia viene fornita al vapore attraverso un compressore che ne aumenta l’entalpia. In questo caso la pressione è sufficiente ad alimentare il processo di evaporazione del solvente ed è l’unica fonte di costo

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Tra i processi alimentati ad energia meccanica rientra il processo di osmosi inversa. In questo caso la forza spingente per la separazione è la differenza di pressione generata tra le due facce della membrana per creare il passaggio di solvente dalla soluzione salina al prodotto dissalato.

Infine il processo a elettrodialisi è alimentato da energia elettrica utilizzata per generare il campo elettrico che muoverà le cariche dalla soluzione salina alla salamoia concentrata.

Le diverse tipologie di dissalazione sono state confrontate sulla base dei seguenti aspetti, approfonditi di seguito:

• semplicità di esercizio; • manutenzione ed affidabilità; • sorgente di energia utilizzata; • costi di impianto;

• costi di esercizio;

• qualità del prodotto finale;

• reperibilità sul mercato dei componenti;

• vita media di un impianto e dei suoi componenti principali; • problematiche ambientali.

Per valutare la semplicità di esercizio è stato preso in considerazione il tempo di avviamento richiesto dalle varie tipologie di impianto. I tempi di avviamento sono in genere maggiori per i dissalatori operanti sulla base di trasformazioni termodinamiche critiche. Tra questi l’avviamento si complica con l’aumentare del numero di stadi o effetti e con la quantità dei circuiti di regolazione richiesti. I tempi di avviamento per i processi termici variano dalle 2 alle 4 o più ore in funzione delle dimensioni dell’impianto.

Per quanto riguarda i processi ad osmosi inversa l’avviamento per i processi monostadio è dell’ordine di 10 minuti, mentre il tempo aumenta per i processi a più stadi.

In riferimento a manutenzione e affidabilità i processi termici sono quelli che richiedono minor manutenzione in quanto il loro elemento base è un’apparecchiatura statica (evaporatore) che al limite è soggetta solo a problemi di evaporazione. Nei processi termici il costo di costruzione e manutenzione risulta inversamente proporzionale alla dimensione dell’impianto.

L’osmosi inversa invece presenta problemi nella manutenzione della pompa principale poiché le membrane presentano una vita limitata (5 anni) e la pompa in questione, per dissalare acqua di mare, lavora attorno a 60-80 atm. Inoltre è bene osservare che la teorica semplicità di esercizio dell’impianto ad osmosi inversa può essere compromessa dalla presenza di complessi stadi di pretrattamento necessari per preservare a lungo l’efficienza delle membrane.

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Per l’approvvigionamento di energia il processo di osmosi inversa richiede solo l’allacciamento alla corrente elettrica mentre i processi termici che utilizzano combustibili necessitano dell’approvvigionamento degli stessi e della gestione dei residui della combustione. Ciò ne giustifica l’utilizzo solo per grandi impianti.

Nel considerare i costi di impianto è necessario valutare le portate di acqua dolce prodotta. Gli impianti termici hanno un rapporto costi di impianto e manutenzione per m3 di acqua prodotta nettamente inferiore all’impianto ad osmosi inversa, ma questo avviene solo per grandi impianti.

Per quanto riguarda la qualità dell’acqua prodotta i processi termici danno sicuramente risultati migliori producendo acqua distillata con contenuto salino inferiore a 10 ppm, mentre i processi ad osmosi inversa hanno sempre un residuo di solidi disciolti intorno a 300-500 ppm che variano con il contenuto di sali del fluido in ingresso.

Per quanto riguarda gli impianti termici di dissalazione i componenti impiegati sono quelli utilizzati dalla grande industria, facilmente reperibili ma di grandi dimensioni.

La situazione è diversa per i processi a membrana, infatti la fabbricazione delle membrane sia per osmosi inversa che per elettrodialisi sono in pratica monopolio di poche società.

La vita media di un impianto dipende dalla tipologia del processo utilizzato. I processi termici sono quelli che danno meno problemi di manutenzione e garantiscono una lunga vita potendo raggiungere i 30-40 anni. Per i processi a membrana la vita dell’impianto è limitata dall’usura della membrana, che ha una durata massima di 5 anni e che si riduce a 2-3 anni in caso di alimentazione con acqua con valori di SDI (vedi Paragrafo 3.5.2) maggiori di 2-3.

Andando a scegliere quale tecnica potesse essere per noi più vantaggiosa abbiamo innanzitutto escluso l’elettrodialisi che lavora a basse concentrazioni di sali disciolti non permettendoci di concentrare adeguatamente l’elettrolita. I processi termici hanno mostrato caratteristiche meno idonee al nostro uso rispetto all’osmosi inversa in quanto presentano una gestione più complessa con lunghi tempi di avvio, necessitano di combustibile e richiedono la gestione dei fumi: hanno una buona resa su grandi impianti, ma non si prestano ad un impianto pilota sperimentale con portate modeste.

Non è da trascurare il contenuto di inquinanti che pur non danneggiando l’impianto termico, dopo riscaldamento possono risultare difficilmente gestibili o comunque richiedere attenzioni costruttive troppo gravose.

È stato quindi deciso di approfondire lo studio dei processi di filtrazione su membrana (che saranno trattati nel prossimo Capitolo) avviando una sperimentazione volta a valutare l’applicabilità dei processi ad osmosi inversa nello smaltimento dell’elettrolita (vedi Capitolo 5). Visti i buoni

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installare nel progetto SEKRET per il recupero dell’acqua e lo smaltimento dell’elettrolita

“esausto”.

Il trattamento termico è stato preso in considerazione per la disidratazione finale della salamoia residua dopo il trattamento con osmosi inversa. È stata prevista la disidratazione della salamoia (vedi Paragrafo 6.3) che sarà effettuata sfruttando l’energia solare all’interno della vasca di trattamento risolvendo così il problema di eventuali emissioni di inquinanti durante il trattamento termico.

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