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Academic year: 2021

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PARTE PRIMA

La letteratura per l’infanzia e la

sua traduzione

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1.1 La letteratura per l’infanzia

1.1.1 Una difficile definizione

La letteratura per l‟infanzia è ancora oggi un ambito di difficile definizione. Si tratta, in particolare, di un sottoinsieme della letteratura generalista, cha ha un proprio specifico campo di produzione, distribuzione e ricezione1. Tuttavia, l‟insieme di testi che viene catalogato con questa definizione è molto eterogeneo e si rivolge a un pubblico di lettori altrettanto variegato, che comprende sia i bambini, sia gli adolescenti, sia coloro che sono definiti in inglese “young adults”2

. A questa varietà di pubblico corrisponde anche una varietà di forme, che va dal libro illustrato per i lettori alle prime armi, ai più complessi romanzi per i più grandi. Questa evidente ampiezza dimostra come non sia possibile adottare una definizione universale di letteratura per l‟infanzia, che si basi su una specificità delle tematiche, dello stile o delle caratteristiche testuali, condivise o no dalla vastità dei testi che rientrano sotto questa etichetta3.

Come si legge nella definizione di Innocenti, la letteratura per l‟infanzia:

indica infatti comunemente (e indifferentemente) un insieme assai variegato di testi, non troppo omogeneo e nemmeno chiaramente delimitabile. Si tratta davvero di un oggetto misterioso e cangiante, non facilmente interpretabile attraverso i consueti criteri della storia letteraria4.

La difficoltà nel definire questa disciplina è ulteriormente accentuata dal fatto che, a oggi, non esiste tra gli studiosi una denominazione univoca e

1 E. O‟Sullivan, Children’s Literature and translation studies, in C. Millán e F. Bartrina (eds.),

The Routledge Handbook of Translation Studies, Routledge, New York, 2013, p. 451.

2 “Young adults literature” è un termine è stato coniato negli Stati Uniti per indicare una

letteratura rivolta a lettori nella fascia d‟età compresa tra i dodici e i diciotto anni.

3 Ibidem.

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universalmente accettata e condivisa, sia in ambito nazione sia internazionale5. “Letteratura per l‟infanzia”,” per l‟infanzia e l‟adolescenza”, “infantile”, “per ragazzi” e “giovanile” sono tutte dizioni utilizzate per indicare questo ambito di studi.

La prima risulta essere la più comunemente adottata. Tuttavia, il termine “infanzia”, se si considera la ripartizione psicologica delle età della vita, esclude dall‟insieme delle competenze della disciplina una grossa parte della produzione degli scrittori e dell‟attenzione della critica, ossia l‟adolescenza6

. Risulta non poco dibattuto anche l‟utilizzo della preposizione “per”, che vuole indicare una produzione letteraria deliberatamente rivolta a un destinatario7. Eppure, molte opere che sono entrate a far parte del patrimonio letterario dei bambini in origine erano state destinate agli adulti (ad esempio Robinson

Crusoe).

Per il medesimo motivo, non sembrano essere esaustive le dizioni “letteratura per la fanciullezza” o “per fanciulli”, poiché la fanciullezza o terza infanzia in psicologia coincide con il periodo dai sei ai dieci anni.

Si dimostra analogamente inadeguata anche l‟espressione “letteratura per ragazzi”, perché anche in questo modo si escludono il bambino e il tardo adolescente8. La medesima osservazione vale per il termine “letteratura dei ragazzi” o “della gioventù”, che crea un‟ulteriore ambivalenza: indica, infatti, indistintamente le opere scritte per i ragazzi e quelle scritte dai ragazzi.

Anche la dizione “letteratura per la gioventù” incorre in una simile limitazione di significato, indicando un insieme di testi destinati all‟adolescenza e alla post-adolescenza9

.

Di fatto, esiste nella nostra come in altre lingue un‟oggettiva difficoltà nel definire questa particolare letteratura con un aggettivo o un sostantivo che raggruppi tutte le età dello sviluppo. Ad ogni modo, il fatto che si rivolga al

5 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p. 12.

6 Ivi, p.13. 7

Ivi, p.14.

8 Ibidem. 9 Ivi, p.15.

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5

soggetto in formazione ha fatto sì che sia stata proposta l‟espressione “narrativa formativa” o “letteratura formativa”10

. Questa, sebbene superi l‟ostacolo dell‟individuazione del destinatario, risulta incompleta sotto un altro punto di vista: non tutte le opere destinate ai giovani, infatti, hanno un intento formativo.

Secondo Nobile et al., quindi:

risulta più consona a inglobare tutta la produzione letteraria e paraletteraria rivolta all‟età evolutiva l‟espressione “Letteratura per l‟infanzia e l‟adolescenza”11

.

La maggiore chiarezza di questa dizione, tuttavia, va a discapito della brevità. Alternativamente, è stata suggerita l‟espressione “letteratura giovanile”; in questo caso, l‟aggettivo è sinonimo di “età giovane” in generale, dunque di età evolutiva. Si indica, così, l‟insieme dei testi scritti per i giovani, ma anche di quelli scelti da loro, pur essendo originariamente destinati agli adulti, nonché delle opere scritte da loro.

Per esigenze di brevità, nella presente trattazione utilizzerò indistintamente i termini “letteratura per l‟infanzia” e “letteratura giovanile”, per indicare la disciplina in generale; se sarà necessario distinguere le fasce d‟età di destinazione, si useranno le seguenti espressioni: “letteratura per l‟infanzia”, “per la fanciullezza” o “per l‟adolescenza”.

1.1.2 Caratteristiche

Nonostante la pluralità dell‟universo della letteratura per l‟infanzia, sono state individuate delle caratteristiche che sembrano definirla in opposizione alla letteratura per adulti12. I libri per bambini sono solitamente più brevi, e tendono ad avere una prevalenza di dialoghi. I protagonisti sono quasi sempre bambini o adolescenti e il linguaggio usato è sicuramente adatto al giovane pubblico.

10 H. A. Cavallera, cit. in A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e

l’adolescenza. Storia e critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p.15.

11 Ivi, p.16.

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Inoltre, si ravvisano spesso un chiaro intento educativo (una morale) e una tendenza all‟ottimismo. Queste caratteristiche, tuttavia, risultano poco esaustive per distinguere il sottoinsieme, in quanto molti testi se ne distanziano pur appartenendo al raggruppamento.

Sicuramente, una caratteristica condivisa dalle opere per l‟infanzia è che possiedono una duplice identità, letteraria ma allo stesso tempo pedagogica13. Questi due aspetti sono insiti nella testualità della letteratura per l‟infanzia: talvolta sono in equilibrio, altre volte si ha il prevalere dell‟uno sull‟altro. In ogni caso, costituiscono un tratto specifico di questa letteratura14.

Inoltre, una proprietà che viene riconosciuta come universalmente condivisa dai testi per l‟infanzia è il loro essere considerati appropriati per i bambini, sia da parte di coloro che li producono (autori, editori, ecc.), sia da parte dei critici e delle istituzioni preposte all‟educazione (ad esempio, le scuole e le biblioteche).

In altre parole:

“Children‟s literature is literature that is assigned to children by adults”. 15

Si può evincere da questa definizione che, appunto, la letteratura per l‟infanzia si definisce principalmente in relazione al pubblico cui è destinata, i giovani lettori. Come sottolinea O‟Sullivan, agli adulti viene riconosciuto un ruolo fondamentale, ossia quello di mediatori16. Il composito corpus della letteratura giovanile, infatti, comprende per la maggior parte testi che sono scritti, pubblicati, recensiti, raccomandati, e non ultimo, tradotti, da adulti. In un certo senso, si chiede a questo tipo di letteratura di rivolgersi a un pubblico

13

F. Cambi, Letteratura per l’infanzia: per una lettura complessa della sua testualità (e della

critica), F. Bacchetti (a cura di), Percorsi della letteratura per l’infanzia. Tra leggere e interpretare, CLUEB, Bologna, 2013, p. 3.

14 Ivi, p.4. 15

E. O‟Sullivan, Children’s Literature and translation studies, in C. Millán e F. Bartrina (eds.), The Routledge Handbook of Translation Studies, Routledge, New York, 2013, p.452.

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di giovani lettori e allo stesso tempo anche di incontrare i gusti e gli interessi (spesso educativi) del pubblico adulto.

Questa definizione risulta, però, ancora una volta incompleta, poiché non considera altri due aspetti della letteratura per l‟infanzia. In particolare, insieme ai testi per i giovani17, cioè selezionati per loro dagli adulti, ci sono i testi volontariamente scelti dai giovani per essere letti18, sia che siano stati scritti in origine per loro, sia che siano successivamente entrati a far parte del patrimonio della letteratura giovanile, anche se destinati in principio agli adulti. Infine, in misura minoritaria, esiste letteratura scritta dai giovani19, che, quasi sempre si rivolge a un pubblico di coetanei.

I primi due ambiti si dimostrano, in realtà, interdipendenti: tra di essi si individua una vasta zona di interscambio, nella quale collocare un gran numero di testi. Esistono, di fatto, testi che possono essere definiti ambivalenti20, poiché sono caratterizzati da una pluralità di significati che permette di leggerli a due differenti livelli, uno più profondo e uno più superficiale e semplificato. Esempi illustri di questo fenomeno sono Robinson Crusoe e Gulliver’s Travels, originariamente scritti per un pubblico adulto. Allo stesso modo, i testi scritti per i giovani lettori, se letti da un occhio adulto, hanno qualche volta guadagnato un proprio prestigio all‟interno della letteratura con la „l‟ maiuscola, se così si può definire. Si veda, ad esempio, il capolavoro del Lorenzini, Pinocchio: dietro alla storia di un vivace burattino, infatti, si cela un‟ironica critica alla giustizia e all‟organizzazione della società coeva all‟autore21

.

Molto spesso la letteratura per l‟infanzia per il suo carattere non canonico è stata guardata come un ambito periferico della letteratura, rilegata ai margini della cultura “alta”. Di conseguenza, anche la traduzione di questa letteratura è stata sempre trattata come doppiamente secondaria, con il traduttore

17 O. Innocenti, La letteratura giovanile, Laterza, Bari, 2000, p.8, corsivo dell‟autrice. 18 Ivi, p. 9, corsivo dell‟autrice.

19 Ibidem, corsivo dell‟autrice. 20

Z. Shavit, Poetics of Children Literature, Paperback Edition, Georgia, 2009, p. 66.

21 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

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8 considerato un “Invisible Storyteller”22

. Prima di passare alla trattazione della teoria della traduzione specificamente legata alla produzione per l‟infanzia e l‟adolescenza, è utile fare qualche cenno alla storia della letteratura nel periodo che va indicativamente dalla sua nascita ai giorni nostri.

22 G. Lathey, The Role of Translators in children’s literature. Invisible Storytellers, Routledge,

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1.2 Storia della letteratura per l’infanzia tra Regno Unito e

Italia

1.2.1 Gli albori

Oggi è difficile immaginare il mercato dell‟editoria senza tenere conto dell‟importante spazio occupato dalla letteratura per l‟infanzia e per l‟adolescenza. Ma non è sempre stato così. Siamo così abituati a parlare di concetti come infanzia e libri per bambini, che ci sembrano essere sempre esistiti. Si tratta, tuttavia, di una conquista dell‟età moderna23: è difficile, infatti, parlare di libri scritti appositamente per i giovani lettori fino al diciottesimo secolo, e, il mercato vero e proprio di questa produzione esploderà solo nella seconda metà del Novecento.

È importante rilevare che il concetto stesso di infanzia è di per sé non universale e non da sempre riconosciuto24. L‟infanzia rappresenta, infatti, un periodo flessibile, che varia non solo secondo la cultura e l‟economia di un paese, ma che si intreccia anche con la storia familiare e individuale 25.

Secondo Hunt, una generalizzabile definizione d‟infanzia è la seguente:

[…] childhood is the period of life which the immediate culture thinks of as being free of responsibility and susceptible to education.26

La condizione necessaria per cui si è sviluppata una letteratura giovanile è che si sia riconosciuto una certa importanza all‟infanzia e si sia iniziato a considerare il bambino come un essere umano con le proprie particolarità, i propri bisogni e i propri interessi27. Fino a quando i bambini sono stati

23

A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p. 27.

24 G. Lathey, Translating Children’s Literature, Routledge, New York, 2016, p. 5.

25 P. Hunt, An Introduction to Children’s Literature, Oxford University Press, New York,

1994, p. 5.

26 Ibidem.

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considerati degli adulti in miniatura, infatti, è stata attribuita loro la capacità di comprendere le narrazioni pensate e scritte per gli adulti.

Dunque, questa mutata concezione dell‟infanzia riveste un ruolo fondamentale nel delineare la storia della letteratura giovanile, poiché si riflette nella produzione letteraria.

È vero, però, che i bambini hanno sempre letto, anche prima che i libri fossero scritti per loro. Le storie che i bambini ascoltavano erano quelle raccontate intorno al focolare, patrimonio della tradizione orale delle varie culture28. Inizialmente, ci furono i miti, che, pur non essendo stati composti per i giovani lettori, furono molto apprezzati dai più piccoli perché contenevano elementi fantastici e avventurosi e dagli adulti per il loro fine formativo29.

Dalla medesima prospettiva si guarda un altro genere molto popolare, la favola, che divenne tale per la sua semplicità e brevità nell‟esporre concetti anche complessi30.

Anche la fiaba, inoltre, occupa un posto d‟eccezione nella letteratura giovanile. Come nota Flavia Bacchetti, infatti:

si tratta di una struttura narrativa che agisce nel profondo, ha una valenza psico-analitica, incorpora l‟elemento magico e, proprio per questa complessità strutturale, la fiaba si propone come un paradigma della letteratura per l‟infanzia tutta31.

1.2.2 Dalle origini agli inizi del Novecento

La storia più antica della letteratura per l‟infanzia in Inghilterra è dominata dalle traduzioni. Si tratta, in particolare, di varie traduzioni della Bibbia, che

28 H. L. Smith, The Unreluctant Years, American Association Library, Chicago, 1967, trad. it.

di G. Lisciani e G. Vuoso, Uomini, ragazzi e libri. Generi e criteri di scelta della letteratura

per l’infanzia, Armando editore, Roma, 1971, p.23.

29 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p.27.

30 Ivi, p.28. 31

F. Bacchetti, Complessità e varietà della letteratura per l’infanzia, in F. Bacchetti (a cura di), Percorsi della letteratura per l’infanzia. Tra leggere e interpretare, CLUEB, Bologna, 2013, p.19.

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furono i testi con i quali i bambini entrarono più frequentemente in contatto32. Insieme a questi, poi, la maggior parte dei testi erano destinati a scopi educativi (ricordiamo che l‟educazione era, tuttavia, un privilegio per pochi).

Successivamente, rivestirono un ruolo importante le traduzioni del patrimonio favolistico e fiabesco provenienti dal resto del continente europeo; in questo senso, William Caxton, conosciuto per essere stato il primo stampatore in Inghilterra, è raramente ricordato per la sua importante opera di traduzione. Tradusse, infatti, intorno agli anni ‟80 del Quattrocento due testi fondamentali: le Favole di Esopo e la raccolta di “fabliaux”33 il Roman de

Renart34.

Sicuramente la letteratura per l‟infanzia ricevette un decisivo e durevole impulso dal genere della fiaba e, dunque, dalla Francia del Seicento, in cui questo genere conobbe grande fortuna. Qui Galland tradusse e rielaborò Le

Mille e una notte, un‟opera anonima che proveniva dall‟estremo Oriente.

Questa venne, poi, tradotta in inglese e pubblicata nel 1706, e contribuì a creare nell‟immaginario occidentale la fantasia di un oriente incantato e fiabesco35

. Direttamente dalla Francia arrivarono anche le fiabe di Perrault, tradotte in inglese e pubblicate nel 1729. Fanno parte della sua produzione fiabe molto note, diventate patrimonio dei giovani di ogni generazione, quali Le Petit

Chaperon Rouge, La belle au Bois-Dormant, Cendrillon, Le Chatte Botté e

molte altre36.

All‟inizio del diciottesimo secolo, prima che si rendesse concreto l‟interesse per il bambino e le sue letture, due libri destinati al pubblico adulto ottennero

32 G. Lathey, The Role of Translators in children’s literature. Invisible Storytellers, Routledge,

New York, 2010, p. 15.

33

Si tratta di racconti che nascono in Francia a partire dal XIII secolo. Si collocano tra la fiaba e la favola, ossia tra il fantastico e il reale, e fanno la satira di alcune caratteristiche della società.

34 Ivi, p. 34. 35

Ivi, p. 43.

36 H. L. Smith, The Unreluctant Years, American Association Library, Chicago, 1967, trad. it.

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una grande risonanza anche tra i più giovani: si tratta di Robinson Crusoe di Daniel Defoe e dei Gulliver’s Travels di Jonathan Swift37.

A questo secolo si fa risalire l‟inizio di una letteratura consapevolmente per l'infanzia in Inghilterra. Nel 1744 John Newbery pubblicò uno dei primi libri per bambini, dal titolo di A Little Pretty Pocket Book38. Come già rilevato, la

creazione di opere pensate e destinate ai bambini fu la conseguenza di una nuova concezione dell‟infanzia, come un periodo della vita caratterizzato dalle proprie specificità e dai propri bisogni (cfr. § 1.2.1).

Il successo di romanzi, fiabe e favole tra la fine del diciassettesimo e l‟inizio del diciottesimo secolo in Inghilterra è dovuto anche ai progressi fatti con le stampatrici, e alla conseguente circolazione tramite i venditori itineranti dei cosiddetti chapbooks39. Il loro nome deriva da “cheap book”, ossia dal fatto che fossero più economici dei precedenti formati, anche perché più piccoli (spesso si trattava di formati in ottavo)40. Essendo più economici e più maneggevoli, i

chapbooks assicurarono una vasta diffusione della letteratura, anche tra i lettori

più giovani.

Insieme all‟opera di Newbery, venne pubblicata in Inghilterra il Tommy

Thumb’s Pretty Song Book di Cooper, una raccolta di nursery rhymes, la prima

di cui si abbia memoria41. Le nursery rhymes sono composizioni (filastrocche, ninne nanne e indovinelli) in rima, con i quali si cerca di solleticare la fantasia del bambino.

Il panorama italiano si mostra per certi aspetti diverso e per certi simile a quello inglese. In Italia, la nascita di una letteratura per l‟infanzia si fa risalire al 1775, quando il conte Carlo Bettoni di Brescia istituì in Lombardia un

37 H. L. Smith, The Unreluctant Years, American Association Library, Chicago, 1967, trad. it.

di G. Lisciani e G. Vuoso, Uomini, ragazzi e libri, Armando editore, Roma, 1971, p. 27.

38

P. Hunt, An Introduction to Children’s Literature, Oxford University Press, New York, 1994, p. 29 ; H. L. Smith, op. cit., p.27.

39 G. Lathey, The Role of Translators in children’s literature. Invisible Storytellers, Routledge,

New York, 2010, p. 38.

40

Ibidem.

41 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

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concorso per premiare le migliori novelle morali e istruttive per i giovani42. Sebbene il concorso non avesse incoronato nessun vincitore, questa data si considera simbolica della nuova tendenza di scrivere e pubblicare testi appositamente per l‟infanzia e l‟adolescenza.

L‟influenza dei generi della favola e della fiaba fu molto presente anche in Italia. Già nel 1400 gli umanisti italiani trassero ispirazione dal materiale esopiano. Tuttavia, l‟Italia mostrò un notevole ritardo nell‟adattamento e nella traduzione di molte delle narrazioni della tradizione popolare, poiché la letteratura per l‟infanzia ebbe fino alla metà dell‟Ottocento come unico scopo quello di educare e istruire43. Basti pensare che la traduzione delle fiabe di Charles Perrault per opera di Collodi fu pubblicata soltanto nel 1875, con più di un secolo di ritardo rispetto all‟Inghilterra.

La fiaba continuò ad apportare grandi contributi alla letteratura giovanile anche nell‟Inghilterra del primo Ottocento. In particolare, in Germania furono pubblicati i racconti popolari dei fratelli Grimm, tra il 1812 e il 1824, che vennero poco dopo tradotti in inglese da Edgar Taylor. La loro importanza sta nell‟aver presentato in chiave del tutto innovativa il patrimonio fiabesco della tradizione orale tedesca: questi racconti nati in epoche arcaiche e stratificatisi nella tradizione folkloristica divennero letture per bambini, con un intento principalmente educativo44. Dalla vicina Danimarca, arrivarono, invece, le fiabe di Hans Andersen, alcune delle quali furono tradotte da Mary Howitt e pubblicate nel 1846.

Questa volta anche l‟Italia non tardò molto a tradurre alcuni dei racconti dello scrittore danese, che vennero dati alle stampe già nel 1864. Per le fiabe dei fratelli Grimm, invece, si dovette attendere fino al 1897 con l‟edizione curata da Fanny Vanzi Mussini.

42 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p. 39.

43

Ivi, p.49.

44 F. Bacchetti, F. Cambi, A. Nobile e F. Trequadrini, La letteratura per l’infanzia oggi,

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La tendenza degli autori, dunque, si rivelò duplice: da un lato si riscrissero le fiabe, dall‟altro si sviluppò il romanzo per ragazzi, che racchiudeva in sé “avventura, buoni sentimenti, valori etici e civili”45

.

La strada del romanzo per ragazzi fu percorsa soprattutto in Inghilterra nella prima metà del secolo, quando fu pubblicato il romanzo storico di Walter Scott

Ivanhoe (1819), e Charles Dickens diede vita al nuovo genere del romanzo

sociale con opere come Oliver Twist e David Copperfield.

Nella seconda metà dell‟Ottocento, poi, fu pubblicato uno dei libri più influenti nell‟ambito della letteratura per ragazzi, ossia Alice’s Adventures in

Wonderland di Lewis Carroll (1864). Con Carroll, il genere della fiaba:

si sviluppa e si sofistica, si intride di altri generi, dà vita a testi di assoluta complessità, scritti sì per l‟infanzia ma apertissimi a una lettura adulta, forse la sola capace di coglierne tutto lo spessore letterario. 46

Solitamente, il periodo che va dalla pubblicazione del capolavoro di Carroll alla Prima Guerra Mondiale è considerato il primo secolo d‟oro della letteratura per l‟infanzia47

. Furono, infatti, pubblicati molti testi che hanno avuto una grande risonanza tra i giovani. Inoltre, i metodi per stampare subirono notevoli modifiche e miglioramenti, che resero i libri sempre più economici, con una conseguente espansione del mercato. Allo stesso tempo, l‟educazione elementare in Inghilterra divenne gratuita, incrementando notevolmente il numero dei bambini che poterono accedere all‟istruzione. Di conseguenza, si nota, nello steso periodo, una letteratura giovanile in espansione, che si andava distanziando da quella adulta; i libri diventarono

45 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p.45.

46 F. Bacchetti, F. Cambi, A. Nobile e F. Trequadrini, La letteratura per l’infanzia oggi,

CLUEB, Bologna, 2009, p. 15.

47 P. Hunt, An Introduction to Children’s Literature, Oxford University Press, New York,

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sempre più complessi e ogni intento didattico passò in secondo piano rispetto alla volontà di intrattenimento48.

Una grande varietà di libri fu pubblicata in questo periodo. Tra questi, ad esempio, conobbe molta fortuna il romanzo di avventura. Si ricordano, in particolare, Treasure Island (1883), di Robert Louis Stevenson, e The Jungle

Book (1893-1894) di Kipling. In America, furono dati alle stampe, tra gli altri, The Adventures of Huckleberry Finn di Twain e il romanzo Little Women

(1880) della Alcott. Questi rappresentano due capisaldi della letteratura di matrice americana. Il romanzo della Alcott, infatti, conobbe un‟enorme diffusione su scala nazionale e internazionale come romanzo di formazione per bambine. Del romanzo di Twain, invece, si mette in evidenza l‟estrema cura nella riproduzione dell‟AAVE (African-American Vernacular English), parlato da alcuni dei suoi personaggi. L‟autenticità del dialetto dei suoi personaggi è ottenuta tramite la rappresentazione scritta di come realmente parlano: in particolare, l‟autore ricorre all‟espediente dell‟“eye dialect”, scrivendo le parole con un‟ortografia che devia dallo standard49

.

A questo punto è importante sottolineare come il ritardo dell‟Italia ottocentesca tanto nelle traduzioni di questi grandi capolavori, quanto nella produzione di una letteratura per l‟infanzia di matrice propria, è stato attribuito alla frammentarietà del territorio. Non è possibile, invero, parlare propriamente di storia della letteratura per l‟infanzia in Italia prima dell‟Unità50

.

D‟altra parte fu con il capolavoro di Carlo Collodi Le avventure di

Pinocchio. Storia di un burattino, che nacque la vera letteratura per

l‟infanzia51. L‟opera fu pubblicata a puntate dal 1881 al 1883 sul “Giornale per

i bambini”52

, e raggiunse un tale successo da essere poi stata ristampata in

48 P. Hunt, An Introduction to Children’s Literature, Oxford University Press, New York,

1994, p. 59.

49 R. Berthele, “Translating African-American Vernacular English into German: The problem

of „Jim‟ in Huckleberry Finn”, in Journal of Sociolinguistics, 4 (4), 2000, 588-613, p. 596.

50 P. Boero e C. De Luca, La letteratura per l’infanzia (nuova ed.), Laterza, Bari, 2009, p.19. 51

A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p. 52.

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numerosissime edizioni, tradotta in più di duecento lingue, e trasposta nell‟omonimo cartone animato della Disney e in diverse versioni cinematografiche. Pinocchio si mostrava in tutta la sua innovazione all‟Italia di quell‟epoca: la storia disincantata di un burattino tra fiaba, favola e romanzo d‟avventura, accompagnata dalla vena a volte umoristica, a volte parodica, a volte satirica del suo autore53. Tutto ciò ha contribuito a dare al testo una pluralità di significati, leggibili e interpretabili a diversi livelli, che da sempre ne hanno decretato il successo non solo tra i giovani lettori ma anche tra gli adulti, e hanno suscitato grande interesse nella critica.

Qualche anno più tardi, nel 1886, fu pubblicato il romanzo di Edmondo De Amicis, Cuore. Sebbene fosse nato originariamente come testo scolastico, riscosse tanta fortuna presso il pubblico infantile: questa deve essere probabilmente attribuita alla sua forma diaristica, scandita dai giorni di un anno scolastico. Al contrario di Collodi, l‟intento di De Amicis fu primariamente educativo e sociale, con un messaggio rivolto ai giovani sulla necessità di crescere e di farsi uomini54.

Per quanto riguarda il romanzo d‟avventura in Italia, poi, il massimo esponente si individua in Emilio Salgari. Tra i suoi romanzi dalle straordinarie atmosfere citiamo il ciclo dei pirati della Malesia, con tre opere pubblicate tra 1895 e il 1900 (I misteri della giungla nera; Le tigri di Mompracem; Sandokan

alla riscossa)55.

All‟inizio del Novecento una figura di spicco fu quella di Luigi Bertelli, noto al pubblico come Vamba. La sua opera che conobbe più fama tra i giovani lettori fu sicuramente il Giornalino di Gian Burrasca, uscito in cinquantadue puntate in appendice al “Giornalino della Domenica” e, nel 1912, in volume. Si rilevano due particolarità di questo romanzo. Prima di tutto, Vamba eliminò qualsiasi intento pedagogico, trattandosi del racconto umoristico delle marachelle di Giannino Stoppani, il protagonista, a danno degli adulti che lo

53 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p. 53.

54 P. Boero e C. De Luca, La letteratura per l’infanzia (nuova ed.), Laterza, Bari, 2009, p. 61. 55 Nobile, Giancane e Marini, op. cit., p. 61.

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circondano. In secondo luogo, utilizzò sapientemente la “varietà toscana degli italiani ragionali”56arricchita da toscanismi, dando vita ad “un italiano elegante,

familiare e brillante”57

allo stesso tempo.

In seguito, il triennio della Prima Guerra Mondiale in Italia fu contraddistinto, anche nel campo della letteratura per l‟infanzia, dal tentativo degli intellettuali di convincere le classi inferiori della necessità del conflitto, insistendo su sentimenti semplici e su temi come Dio, la patria e la famiglia58. In questo senso, le opere più rappresentative del periodo sono di autori come Laura Orvieto (Beppe racconta la guerra), Salvatore Gotta (Piccolo alpino) e Sergio Tofano (Il romanzo delle mie delusioni).

1.2.3 Dalla fine della Prima Guerra Mondiale ai giorni nostri

L‟intervallo di tempo tra le due guerre per l‟Inghilterra fu un periodo di contrasti, in cui, come si legge dalla critica, accanto a pochi libri degni di nota se ne susseguirono moltissimi di poco valore59. Tra i primi, ricordiamo la serie per ragazzi Winnie-the-Poh ideata da A. A. Milne, il cui primo libro uscì nel 1926. Poco dopo, nel 1930, fu pubblicato anche il primo libro della serie

Swallows and Amazons di Arthur Ransome. Infine, nel 1937, fu dato alle

stampe il racconto di fantasia di J. R. R. Tolkien The Hobbit, seguito circa dieci anni dopo dai tre volumi di The Lord of the Rings.

Per quanto riguarda l‟Italia si è spinti, per ragioni storiche, a una più profonda riflessione: nel periodo che va dal 1922 al 1943, infatti, si assistette prima alla presa del potere da parte del partito fascista, poi alla creazione di un regime totalitario sotto la guida del leader del partito, Mussolini. Questo influenzò la produzione letteraria giovanile principalmente in due direzioni. Visto, infatti, il ruolo educativo della letteratura per l‟infanzia, questa venne sfruttata inizialmente come canale di propaganda tra i giovani. In un secondo

56 P. Boero e C. De Luca, La letteratura per l’infanzia (nuova ed.), Laterza, Bari, 2009, p. 119. 57

Ibidem.

58 Ivi, p. 106. 59 Ibidem.

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18

momento, con la presa del potere totale, si attuarono duri provvedimenti censori, vietando la lettura di opere italiane e straniere. Nel 1938 fu anche creata la “Commissione per la Bonifica libraria”, che cercò di attuare una strategia per controllare tutta la produzione per ragazzi, dai libri, ai fumetti, ai periodici, fino alla radio e al cinema60. Nell‟elenco degli autori stranieri dannosi furono inseriti, tra gli altri, anche Carroll, Kipling, la Alcott e anche le fiabe di Perrault61. Tuttavia, a causa della poca organizzazione, alcune pubblicazioni riuscirono a sfuggire al controllo del regime (soprattutto all‟inizio del ventennio fascista), andando a formare quella che Boero e De Luca definiscono “zona franca”62.

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale segnò indubbiamente una battuta d‟arresto nella produzione letteraria per l‟infanzia sia inglese sia italiana. In Inghilterra l‟unica autrice che sembrò non esserne condizionata fu Enid Blyton, che durante la guerra scrisse e pubblicò molto. Tra le sue opere si ricorda Five on a Treasure Island (1942), il primo episodio di una lunga e fortunata seria63.

Finalmente, con la fine della guerra, si assistette a una rinascita in tutti i sensi, della quale beneficiò anche la letteratura. Il periodo che va dagli anni Cinquanta agli anni Settanta fu caratterizzato da molte innovazioni e cambiamenti: la notevole crescita dell‟economia che diede vita a una società spinta sempre di più al consumo, l‟avvento della televisione e l‟attenzione all‟infanzia più significativa influenzarono in modi e tempi diversi la produzione letteraria infantile.

In Inghilterra la produzione si orientò alternativamente verso racconti fantasy oppure verso un rinnovato realismo64. Per quanto riguarda il racconto fantastico, vale la pena nominare i sette romanzi di C. S. Lewis delle serie di

The Chronicles of Narnia, pubblicati tra il 1950 e il 1956. All‟interno dello

60 P. Boero e C. De Luca, La letteratura per l’infanzia (nuova ed.), Laterza, Bari, 2009, p. 171. 61 Ivi, p. 173.

62 Ivi, p. 170. 63

P. Hunt., An Introduction to Children’s Literature, Oxford University Press, New York, 1994, p. 130.

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19

stesso filone, si collocano anche le opere di Alan Garner, che spesso non ricevettero tanto successo quanta attenzione dalla critica: tra queste, ad esempio, The Owl Service del 196765.

Si parla, invece, di “rinnovato realismo” poiché si accentuò in questi anni la tendenza a costruire una letteratura che fosse sempre più “specchio della realtà”66

, sia sul piano dei contenuti, sia sul piano della lingua. Entrarono nella produzione letteraria per l‟infanzia temi sociali molto rilevanti e anche difficili da trattare (sessualità, violenza, morte, ecc.) che, fino a quel momento, non erano stati considerati appropriati per i giovani.

In Italia, gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento furono importanti, ricchi di nuove opere per l‟infanzia ma anche di numerose riedizioni dei classici. In questa sede ci limiteremo a nominare le Fiabe italiane di Italo Calvino, che, un po‟ come avevano già fatto i fratelli Grimm, raccolse duecento storie del folklore di tutte le regioni italiane67.

Un altro autore molto importante fu Gianni Rodari, le cui opere maggiori per bambini si collocano intorno il 1950 e il 1970 circa. In particole, Rodari viene considerato un “punto di snodo”68

della letteratura per l‟infanzia nel Novecento. Infatti, con la sua produzione introdusse dei temi fino a quel momento estranei alla letteratura per bambini: la solidarietà tra oppressi, lo sfruttamento del lavoro, il pacifismo e le disparità della società69.

Inoltre, le sue narrazioni sono spesso ambientate in un mondo contadino, ricco di precisi riferimenti alla tradizione popolare, e sono caratterizzate principalmente dalla parodia, dalle contrapposizioni (tra mondo degli adulti e dei bambini, ad esempio), dai rimandi all‟utopia del paese della cuccagna e di un mondo alla rovescia70 (quello che si ritrova nelle sue favole). Tra le sue

65 P. Hunt., An Introduction to Children’s Literature, Oxford University Press, New York,

1994, p.138.

66 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p.129, corsivo degli autori.

67 P. Boero e C. De Luca, La letteratura per l’infanzia (nuova ed.), Laterza, Bari, 2009, p.254. 68

Nobile, Giancane e Marini, op. cit., p. 109.

69 Boero e De Luca, op. cit., p. 257. 70 Ibidem.

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20

opere ricordiamo: Filastrocche in cielo e in terra, Favole al telefono e La torta

in cielo. Nel 1973, poi, fu pubblicato il suo Grammatica della fantasia, un

manuale in cui Rodari analizzò e spiegò la genesi e i processi della sua scrittura creativa.

Negli anni Settanta, inoltre, la traduzione in italiano e successiva pubblicazione de Il Signore degli anelli di Tolkien, dette una spinta notevole al genere fantasy, che in Italia era stato considerato minoritario fino a quel momento71.

Sulla scia di quanto accaduto dalla seconda metà del secolo, gli anni Ottanta rappresentarono un periodo di ulteriori novità per quanto riguarda la produzione letteraria per l‟infanzia e l‟adolescenza. Innanzitutto si dedicò largo spazio alla letteratura per i bambini più piccoli (dai 2 ai 6 anni), spinti dai numerosi studi di matrice soprattutto americana che riconoscevano un‟importanza fondamentale alla lettura fin dalle prime fasi dell‟età evolutiva72. Si trattava di libri costituiti per la maggior parte da illustrazioni e solo da una piccola parte di scrittura. Nacquero così dei personaggi che hanno segnato intere generazioni di piccoli “lettori”, come il cagnolino giallo Spotty, ideato da Eric Hill.

In relazione alla popolarità dei libri per i più piccoli, gli anni Ottanta videro una spinta decisiva verso il libro illustrato. L‟illustrazione, che era sempre stata presente nella produzione per l‟infanzia, assunse in questo periodo una sua importanza, che non era più solo decorativa73.

In linea con la tendenza al realismo tipica della seconda metà del XX secolo (cfr. sopra), gli anni Ottanta sono anche stati definiti il secolo della “letteratura trasgressiva”74

, con riferimento alla produzione specificamente ideata per la tarda fanciullezza e l‟adolescenza. Di sicuro, uno dei primi autori a fare propria questa tendenza fu Roald Dahl, scrittore di grande successo, che merita un

71A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p. 110.

72

Ivi, p.124.

73 Ivi, p. 127. 74 Ivi, p. 129.

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posto di eccezione nella letteratura per l‟infanzia di matrice anglofona. Una peculiarità delle sue opere fu quella di rendere labile il confine che divide la letteratura per ragazzi da quella per adulti, tanto che sono state e sono tutt‟oggi indifferentemente apprezzate dagli uni e dagli altri75. In particolare, nella sua produzione:

dà vita a un universo spietato e ironico, amaro e violento, in cui si propone di rappresentare la verità dell‟esistenza umana, senza false mitologie o vana retorica76.

Tra le sue opere citiamo in particolare The Twits (1980), The BFG (1982) e

Matilda (1988).

Sulla scia di Dahl e di Rodari, anche in Italia si assistette a una frattura rispetto agli schemi e ai contenuti del passato nel romanzo. In questo senso, due opere rappresentative sono da considerarsi L’incredibile storia di Lavinia (1985) di Bianca Pitzorno e Lo stralisco (1987) di Roberto Piumini. Entrambi gli autori rivestono un ruolo importante nella storia della narrativa per bambini per la loro copiosa produzione per l‟infanzia e l‟adolescenza.

Un altro fenomeno molto importante che prese vita e si diffuse in quell‟epoca fu il libro-game (da gamebook), che nacque in America, ma si spostò rapidamente anche nell‟area anglosassone ed europea77. La caratteristica principale del libro-game è la non linearità: la sua interattività, infatti, permette al lettore di seguire dei percorsi propri, in modo che soltanto l‟inizio sia uguale per tutti78. Un autore molto in vista di questo genere fu Joe Dever, che ideò la fortunata serie del Lone Wolf, pubblicata a partire dal 1984 in America e nel Regno Unito, e dal 1985 in Italia.

75 P. Hunt., An Introduction to Children’s Literature, Oxford University Press, New York,

1994, p. 21.

76 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p.130, corsivo degli autori.

77 Ivi, p.132. 78 Ibidem.

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22

Gli anni Novanta del Novecento mostrano tendenze simili per quanto riguarda la produzione per l‟infanzia e l‟adolescenza in Inghilterra e in Italia. Alla fine degli anni Ottanta, si andò delineando una svolta nella letteratura, che si affermò definitivamente negli anni Novanta. Infatti, la lettura divenne tra i giovani un‟attività sempre più episodica e altalenante79, poiché nei momenti di svago si dedicava molto più tempo ai nuovi media (televisione, computer, ecc.). L‟editoria sentì, dunque, la necessità di innovare la produzione letteraria per ragazzi per rendere più facile l‟approccio alla lettura (che appunto era diventata frammentaria); una facilità che non era tipica sicuramente del romanzo tradizionale. Inoltre, le case editrici si fecero promotrici di numerose iniziative per incoraggiare i giovani alla lettura, attraverso molteplici canali (la stampa, la televisione, le scuole, le librerie).

In questi anni, si impose definitivamente la produzione per i lettori piccolissimi, dai due ai sei anni, soprattutto con i libri gioco e gli albi illustrati. In Italia, si impegnarono con successo nella produzione per questa fascia d‟età Nicoletta Costa e Agostino Traino, che dettero vita a una narrazione e a personaggi di grande spessore.

Per quanto concerne la letteratura per l‟adolescenza, si continuò a scrivere su temi di rilevanza sociale, come quello della famiglia difficile (Dakota of the

Whits Flats di P. Ridley e in Italia la Principessa Laurentina di Bianca

Pitzorno), della ricerca di indipendenza dalla famiglia e dell‟omosessualità (Ghost in the Mirror di S. Welford)80.

Alla fine degli anni Novanta, poi, si assistette alla nascita di quello che sarebbe diventato un successo planetario: nel 1997, infatti, fu dato alle stampe il primo romanzo della fortunata saga di Harry Potter, scritto dalla scozzese J. K. Rowling. In Italia sarà pubblicato un anno dopo, nel 1998.

Il racconto delle avventure del giovane mago in sette episodi (che corrispondono a sette romanzi, l‟ultimo dei quali è stato pubblicato nel 2007)

79 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p. 136.

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23

oltrepassò in poco tempo il confine della letteratura per l‟infanzia. Infatti, grazie alle trasposizioni cinematografiche e alla conseguente esposizione mediatica, è diventato (ed è ancora oggi) un fenomeno di massa. In un certo senso, questo successo smisurato ha ulteriormente contribuito a innalzare lo statuto della letteratura giovanile, considerata da sempre letteratura secondaria.

D‟altra parte, il “fenomeno Potter”81

ha dato una spinta decisiva al genere fantasy, che nel terzo millennio occupa una larga parte della produzione letteraria per l‟infanzia. Tra le opere in lingua inglese, ricordiamo Molly Moon

and the Incredible Book of Hypnotism (2002), primo dei romanzi della serie

ideata da Georgia Byng. Nel mondo fantasy di matrice italiana, tra i diversi autori emersi nel primo decennio del nostro millennio, troviamo Silvana De Mari e Licia Troisi. La De Mari ha ideato una saga fantastica il cui apice si raggiunge con L’ultimo elfo (2004), mentre le opere della Troisi sono confluite nella Trilogia completa (2009)82.

Secondo un modello tipico della seconda metà del secolo (cfr. sopra), accanto al fantasy si è sviluppato l‟interesse per temi di pregnanza sociale e educativa, come l‟apertura alla diversità e alla multiculturalità, le nuove famiglie che nascono dalla separazione dei genitori, ma anche patologie quali anoressia e bulimia83. La scrittura si è evoluta diventando un vero e proprio impegno per l‟autore a spiegare ai giovani i problemi che stanno affliggendo il nostro tempo, con un duplice intento: da una parte renderli consapevoli della dura realtà del mondo che li circonda, dall‟altra lanciare comunque dei messaggi di speranza. Tra le pubblicazioni italiane sul tema della diversità, e più specificatamente delle disabilità, si ricordano Il bambino di porcellana di Francesco Enna e Clara va al mare di Guido Quarzo, i cui protagonisti sono rispettivamente un bambino autistico e una ragazza con la sindrome di down. Sui drammi adolescenziali legati ai disturbi alimentari, invece, scrive Jacquelin

81 P. Boero e C. De Luca, La letteratura per l’infanzia (nuova ed.), Laterza, Bari, 2009, p.444. 82 A. Nobile, D. Giancane e C. Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e

critica pedagogica, La Scuola, Brescia, 2011, p. 150.

(23)

24

Wilson in Inghilterra (Girl in stress) e Antonella Pandini in Italia (Pesante

come una libellula).

Quanto esposto in questo paragrafo vuole essere soltanto un piccolo excursus sulla storia della letteratura per l‟infanzia tra Inghilterra e Italia, dalle sue origini ai giorni nostri. Per esigenze di brevità, non sono stati tenuti in considerazione alcuni prodotti caratterizzanti della letteratura per ragazzi, come la produzione in versi, ma anche la stampa periodica, il fumetto e la graphic

novel, i quali hanno sicuramente avuto (e continuano ad avere) un ruolo

importante.

Nella sezione successiva, si tratteranno le specificità della traduzione della letteratura per l‟infanzia e l‟adolescenza.

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25

2.1 La traduzione della letteratura per l’infanzia

2.1.1 Introduzione

La traduzione di opere per l‟infanzia e per l‟adolescenza ha occupato a lungo una posizione di secondo piano nel quadro più generale della letteratura, a causa della poca considerazione che ha riguardato la letteratura giovanile (cfr. § 1.1). Questo ambito è per molto tempo trascurato sia dal punto di vista teorico sia da quello della critica, e, soltanto dalla seconda metà del XX secolo si è assistito a una crescita dell‟interesse verso la traduzione per l‟infanzia.

Lo spazio occupato dalla letteratura per l‟infanzia e per l‟adolescenza, infatti, è stato definito “trasversale”1 per la sua tendenza ad abbattere i confini geografici e le barriere sociali. I suoi elementi di continuità devono essere individuati, perciò, nella dimensione temporale (periodo dell‟infanzia e dell‟adolescenza), piuttosto che spaziale (all‟interno di una nazione). In questo senso, la traduzione ha rivestito e riveste un ruolo fondamentale.

Per quanto riguarda l‟Italia, circa un quarto delle opere pubblicate sono traduzioni e tra queste più della metà interessano la letteratura per l‟infanzia2. D‟altra parte, le traduzioni in lingua inglese da altre lingue sono sempre state in numero più limitato. Nell‟ultimo ventennio, tuttavia, soprattutto per quanto riguarda il mercato anglosassone, si è assistito a una svolta favorevole in questo senso3.

È importante evidenziare come la traduzione sia un processo che occorre in una cultura ben precisa e in un arco temporale limitato, e che perciò si inserisce

1

O. Innocenti, La letteratura giovanile, Laterza, Bari, 2000, p.30.

2 S. Mambrini, C’era due volte … Tradurre la letteratura per ragazzi, in E. Di Giovanni, C.

Elefante, e R. Pederzoli(a cura di), Écrire et traduire pour les enfants. Voix, images et mots.

Writing and Translating for Children. Voices, Images and Texts, Peter Lang, Bruxelless, 2010,

p. 254.

3 G. Lathey, The Role of Translators in children’s literature. Invisible Storytellers, Routledge,

(25)

26

in una rete ben precisa di elementi sia della cultura di partenza, sia di quella di arrivo4.

Anche quando le due culture coinvolte non sono molto distanti, come nel caso di quella italiana e quella anglosassone, le difficoltà del traduttore risiedono nel rendere al meglio gli aspetti culturali del testo insieme con quelli linguistico-testuali. Questa complessità aumenta quando i destinatari della traduzione sono i bambini.

La letteratura tradotta ha un ruolo fondamentale e non può essere trascurata come strumento di formazione e di creazione dell‟immaginario nei lettori più piccoli5. Per i giovani lettori che non padroneggiano una lingua straniera, la traduzione è il solo modo per entrare in contatto con la diversità di una cultura e una letteratura diverse dalla propria.

Secondo una definizione molto azzeccata di Simona Mambrini, tradurre significa:

affrontare la differenza, confrontarsi con culture e mondi atri, e trasmettere tali culture e mondi plurali al lettore che, nella propria lingua, può così viaggiare in un universo lontano, „diverso‟6.

Questa consapevolezza, insieme con la nuova importanza attribuita alla letteratura per l‟infanzia, che a lungo è stata considerata un sottogenere della letteratura per adulti, ha contribuito a innalzare lo status di questa disciplina. A oggi la traduzione della letteratura per l‟infanzia è ritenuta una disciplina con i propri diritti e le proprie peculiarità, non meno impegnativa della traduzione di opere per adulti. E, la notevole mole di traduzioni di libri per bambini negli ultimi decenni del secolo scorso è stata accompagnata da un crescente interesse da parte del mondo accademico verso la disciplina.

4 B. G. Cascallana, Translating Cultural Intertextuality in Children’s Literature, in J. Van

Coillie e W. P. Verschueren (eds.), Children’s Literature in Translation. Challenges and

Strategies (2nd ed.), Routledge, New York, 2014, p. 97.

5 S. Mambrini, C’era due volte… Tradurre la letteratura per ragazzi, in E. Di Giovanni, C.

Elefante e R. Pederzoli (a cura di), Écrire et traduire pour les enfants. Voix, images et mots.

Writing and Translating for Children. Voices, Images and Texts, Peter Lang, Bruxelless, 2010,

p. 255.

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27

2.1.2 Un po’ di teoria

Nell‟area disciplinare della letteratura per l‟infanzia le prime pubblicazioni riguardanti la traduzione risalgono agli anni Sessanta del Novecento: si tratta principalmente di studi sull‟importanza della traduzione per promuovere l‟internazionalizzazione della cultura7

. Soltanto a partire dal decennio successivo, tuttavia, questo ambito di studi attira l‟attenzione di specialisti del settore.

La prima a dedicarsi alla traduzione per l‟infanzia in modo sistematico è Katharina Reiss8, che applica a questa disciplina le proprie conoscenze provenienti dall‟area dei translation studies. In particolare, nella sua opera identifica tre principali fattori che la differenziano dalla traduzione di opere per adulti, ossia l‟asimmetria dell‟intero processo traduttivo, lo scopo essenzialmente educativo dei testi e la differenza di pubblico (il bambino ha una conoscenza del mondo e ha fatto esperienze non paragonabili a quelle di un adulto).

L‟approccio di questi anni è di tipo prevalentemente prescrittivo e si crede che l‟integrità del source text debba essere alterata il meno possibile.

Con gli anni Ottanta, l‟attenzione della critica si orienta maggiormente verso il target text e l‟approccio si fa descrittivo9. In questo periodo e fino alla fine del XX secolo, lo studio della letteratura per l‟infanzia e della sua traduzione riceve una spinta notevole dalle numerose acquisizioni teoriche sia nel campo della letteratura generalista sia in quello dei translation studies10. Tra queste, quattro in particolare meritano di essere menzionate.

7

E. O‟Sullivan, Children’s Literature and translation studies, in C. Millàn e F. Bartrina (eds.),

The Routledge Handbook of Translation Studies, Routledge, New York, 2013, p. 454.

8 K. Reiss, op. cit. in E. O‟Sullivan, p. 454.

9 J. Van Coillie e W. P. Verschueren, Preface, in J. Van Coillie e W. P. Verschueren (eds.),

Children’s Literature in Translation. Challenges and Strategies (2nd

ed.), Routledge, New

York, 2014, p. VI.

(27)

28

Innanzitutto, negli anni Settanta Even-Zohar introduce il concetto onnicomprensivo di “polysystem”11, che è stato successivamente applicato alla letteratura per l‟infanzia dalla Shavit. Con polisistema letterario si intende l‟insieme dei sistemi che costituiscono la letteratura. Altri concetti fondamentali per lo studioso israeliano sono quelli di “canone” e di “centro vs. periferia”. I testi cosiddetti “canonized”12

sono quelli che rispondono al canone stabilito dalla grande letteratura, e si contrappongo a quelli “non-canonized”13. In particolare, la letteratura tradotta costituisce uno dei sistemi all‟interno del polisistema letterario, nel quale occupa una posizione periferica14.

Partendo dalla medesima considerazione riguardo alla letteratura per l‟infanzia, la Shavit osserva che:

The translator of children's literature can permit himself great liberties regarding the text because of the peripheral position children's literature occupies in the polysystem15.

Dunque, è la posizione periferica occupata dalla letteratura per l‟infanzia all‟interno del polisistema letterario a consentire al traduttore una maggiore libertà. Tuttavia, si deve sempre rispettare quelli che, secondo lei, sono i due principi fondanti della traduzione della letteratura per l‟infanzia: adattare il testo in modo che abbia uno scopo didattico (“what society thinks is good for the child”16

), e modificarlo nella trama, nella caratterizzazione e nel linguaggio per renderlo appropriato alle capacità di lettura e comprensione del bambino.

Collegandosi alla differenziazione tra letteratura canonica e non canonica proposta da Even-Zohar (cfr. sopra), la Shavit osserva l‟esistenza di una “systemic affiliation”17

tra la letteratura adulta non canonica e la letteratura per l‟infanzia (canonica e non), che si manifesta in alcune similarità presenti nelle

11

I. Even-Zohar, “The Position of Translated Literature within the Literary Polysystem”, in

Poetics Today, 11 (1), 45-51, 1990, p. 46.

12

Z. Shavit, “Translation of Children‟s Literature as a Function of Its Position in the Literary Polysystem”, in Poetics Today, 2 (4), 171-179, 1981, p. 172.

13 Ibidem.

14 Even-Zohar,op. cit. , p. 50. 15

Shavit, op. cit., p. 171.

16 Ivi, p. 172. 17 Ibidem.

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29

traduzioni di entrambi, anche se per ragioni diverse o in maniera diversa. Ai fini della seguente trattazione si espongono solo le caratteristiche che riguardano la traduzione per l‟infanzia.

La prima è che i testi tradotti per i giovani lettori tendono a essere adattati a dei modelli già esistenti nella cultura di arrivo. Può accadere, ad esempio, che una satira originariamente scritta per adulti, sia trasformata in un semplice racconto fantasy, perché il genere della satira non appartiene alla produzione letteraria per bambini della cultura d‟arrivo (si vedano, ad esempio, i Gulliver’s

Travels)18.

La seconda riguarda l‟integrità del testo che, a differenza della letteratura “canonica” per adulti, non è un principio fondamentale in quella per bambini: al traduttore è concesso di eliminare parti del testo se considerate non adatte ai lettori più piccoli o poco comprensibili19.

La terza caratteristica va di pari passo con le due caratteristiche sopraelencate e può essere considerata una conseguenza di queste. Si tratta della tendenza a semplificare il testo rispetto all‟originale nelle traduzioni per bambini, a livello delle tematiche, del linguaggio e della struttura20.

La quarta è una caratteristica esclusiva della produzione per l‟infanzia, ossia il suo intento prevalentemente didattico, che può giustificare i cambiamenti nel

source text. Il target text, dunque, risulta spesso assumere la funzione di un

vero e proprio “strumento ideologico”21.

Per la medesima finalità didattica, infine, l‟ultima peculiarità implica che nella traduzione di opere per l‟infanzia si utilizzi uno stile alto, per educare e arricchire il vocabolario dei giovani lettori22.

Insieme al lavoro della Shavit, anche il concetto di Gideon Toury di norme traduttive ha esercitato una notevole influenza nel campo degli studi sulla traduzione per l‟infanzia. Prima di tutto, è importante osservare che l‟approccio

18 Z. Shavit, “Translation of Children‟s Literature as a Function of Its Position in the Literary

Polysystem”, in Poetics Today, 2 (4), 171-179, 1981, pp. 172-173.

19 Ivi, p. 173. 20

Ivi, p. 175.

21 Ivi, p. 177. 22 Ibidem.

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30

di Toury alla traduzione è di tipo descrittivo e orientato esclusivamente al sistema d‟arrivo. Egli considera il target text non come una semplice riproduzione del source text, ma come un testo primario che fa parte del sistema letterario della cultura d‟arrivo23

. Come rileva, infatti: “translations are facts of target cultures.”24

Ogni traduzione occupa, secondo lui, un posto ben preciso lungo un continuum che va dal polo dell‟“adeguatezza” a quello dell‟“accettabilità”25

.

Una traduzione “adeguata” è una traduzione che rispetta le norme della lingua e della cultura di partenza. Una traduzione “accettabile”, al contrario, rispetta le norme della lingua e cultura di arrivo. Eppure, spesso una traduzione non è soltanto l‟una o l‟altra cosa, ma occupa una posizione intermedia tra questi due poli.

Inoltre, ritiene fondamentale considerare che tipo di equivalenza si stabilisca tra il source text (ST) e il target text (TT) e quali siano le norme che la determinano26. Per questo individua due tipologie di norme traduttive: le cosiddette “preliminary norms”27

, che determinano la scelta del testo da tradurre nel sistema della cultura d‟arrivo, e le “operational norms”28

, che guidano il traduttore durante il processo traduttivo vero e proprio. Quest‟ultime si suddividono a loro volta in “matricial norms”29

e “textual-linguistic norms”30

: le prime governano la completezza del materiale linguistico del testo d‟arrivo, la sua distribuzione nel testo e la segmentazione testuale; le seconde, come si intuisce già dal nome, riguardano la scelta del materiale linguistico e testuale del testo d‟arrivo.

23 G. Toury, Descriptive Translation Studies and beyond, John Benjamin‟s North America,

Philadelphia, 1995, p. 29.

24 Ibidem. 25 Ivi, p. 57.

26 “The apparent contradiction between any traditional concept of equivalence and the limited

model into which a translation has just been claimed to be moulded can only be resolved by postulating that it is norms that determine the (type and extent of) equivalence manifested by actual translations.” Ivi, p. 61.

27 Ivi, p. 58. 28

Ibidem.

29 Ivi , p. 59. 30 Ibidem.

(30)

31

In particolare, se si applica il suo approccio alla traduzione per l‟infanzia, si evidenzia come questa operi all‟interno del sistema di arrivo31

. Ci si aspetta che in una traduzione per bambini il testo tradotto si collochi più vicino al polo dell‟accettabilità, per le caratteristiche del destinatario cui si rivolge. Il bambino, infatti, con una capacità di lettura e una conoscenza del mondo non al pari di quella di un adulto, viene considerato non in grado di fare i conti con una grande quantità di elementi stranieri nel testo tradotto.

Questo approccio fornisce una cornice teoretica per studiare il testo tradotto in generale e opera a un piano descrittivo. Il modello proposto dalla Shavit, invece, è applicabile direttamente alla letteratura e alla traduzione per l‟infanzia.

Infine, agli inizi degli anni Novanta un contributo teorico fondamentale arriva da Riitta Oittinen.

2.1.3 Riitta Oittinen

L‟approccio della studiosa finlandese si dimostra innovativo perché mette al centro il traduttore, con l‟intento di dimostrare come l‟intero processo di traduzione abbia la precedenza su qualsiasi altro aspetto che si possa prendere in considerazione32. Una particolare attenzione, inoltre, è rivolta all‟operazione di lettura e ai lettori dell‟opera tradotta, che sono in prima istanza i traduttori e, solo successivamente, i lettori del target text.

La traduzione di narrativa per l‟infanzia è per certi aspetti simile a quella per adulti, in quanto si tratta di operazioni situazionali. Infatti: “translators never translate words in isolation, but whole situations.”33

Tuttavia, un aspetto centrale che caratterizza soltanto la traduzione di opere per l‟infanzia è, secondo la Oittinen, il concetto di “child image”34

. Di fatto,

31 T. Puurtinen, Translating Children’s Literature: Theoretical Approaches and Empirical

Studies, in G. Lathey (ed.), The Translation of Children’s Literature: A Reader,

MULTILINGUAL MATTERS LTD, Clevedon, 2006, p. 57.

32

R. Oittinen, Translating for children, Garland Publishing Inc., New York, 2000, p.3.

33 Ibidem. 34 Ivi, p.4.

(31)

32

quando si traduce per i bambini, si sta intrattenendo un dialogo con più interlocutori: con l‟immagine dell‟infanzia propria della cultura d‟arrivo, con i bambini di quella cultura, futuri lettori del testo tradotto, ma anche con il bambino passato e presente che risiede nel traduttore, con la sua infanzia e i ricordi che questo porta con sé35.

Il suo punto di partenza è che:

anything we create for children – whether writing, illustrating or translating – reflects our views of childhood, of being a child36.

Quello di “child image” risulta, d‟altra parte, un concetto di non semplice definizione, che ha due dimensioni, una strettamente personale e una collettiva. La prima riguarda ogni persona, nella propria individualità, poiché prima di essere diventati adulti si è stati tutti bambini, e tutti ci portiamo dietro i ricordi della fanciullezza37. La seconda riguarda ogni società in cui si sviluppano, per ragioni storiche, piuttosto che geografiche o economiche, concetti diversi d‟infanzia, che variano anche secondo le epoche38

.

Il modo in cui la “child immage” influenza la traduzione rimanda a un altro concetto altrettanto importante per la Oittinen, quello di “superaddressee”39. Si tratta di un destinatario ideale, in grado di cogliere perfettamente il messaggio dell‟autore; un destinatario che nella realtà non esiste, poiché ogni lettore, grande o piccolo che sia, è influenzato da tanti fattori nel processo di lettura (ad esempio, dalle esperienze precedenti). Secondo la Oittinen, il “superaddressee” tende a coincidere con la “child image” del traduttore, e dunque a influenzare a sua volta diversi aspetti del testo tradotto, quali, ad esempio, le scelti lessicali40.

Un altro punto di non minore rilevanza nella teoria della Oittinen è l‟interesse nella lettura come processo iniziale di ogni traduzione41

: infatti, il

35

R. Oittinen, Translating for children, Garland Publishing Inc., New York, 2000, p. 26.

36 Ivi, p.41. 37 Ivi, p. 26. 38 Ivi, p. 41. 39 Ivi, p.24. 40 Ibidem. 41 Ivi, p. 15.

(32)

33

traduttore è prima di tutto un lettore. La lettura e la comprensione del messaggio dell‟autore del testo originale dipendono da diversi fattori, quali ad esempio le capacità di lettura, le letture precedenti, ma anche le esperienze che abbiamo avuto, o il modo in cui si reagisce ad alcuni elementi presenti nel libro. Si tratta di un‟operazione soggettiva, che comprende un coinvolgimento emotivo sempre diverso da parte del lettore. La lettura, inoltre, si configura come situazionale, determinata in larga parte dal contesto in cui prende vita42. È un processo attivo in cui il lettore svolge un ruolo fondamentale ai fini della ricezione del messaggio43.

Riitta Oittinen riprende la teoria della Rosenblatt44, secondo cui esistono due strategie di lettura: una “estetica”, che genera piacere, emozioni, sensazioni, e una “efferente”, finalizzata all‟acquisizione di informazioni. Quando si legge un libro, infatti, si ha in mente una finalità ben precisa: si può leggere, ad esempio, per ottenere delle informazioni oppure per semplice svago e, in questi due casi, l‟attitudine del lettore sarà completamente diversa.

Quindi, se la prima esperienza di lettura del traduttore è principalmente “estetica”, il processo di traduzione vero e proprio rientra nella seconda45

. Tuttavia, nonostante si tratti di un‟operazione critica e analitica, il traduttore ha sempre in mente la prima esperienza “estetica” di lettura, che in qualche modo influenzerà la sua traduzione.

Infine, Riitta Oittinen rileva come quando si traducono opere per l‟infanzia e l‟adolescenza diventa cruciale mettere in primo piano il nostro pubblico e porsi la domanda “PER CHI STIAMO TRADUCENDO?” (“FOR

WHOM?”46

).

42 R. Oittinen, No Innocent Act. On the Ethics of Translating for Children, in J. Van Coillie e

W. P. Verschueren (eds.), Children’s Literature in Translation. Challenges and Strategies (2nd

ed.), Routledge, New York, 2014, p. 38.

43 Ibidem.

44 L. M. Rosenblatt, op. cit. in R. Oittinen, Translating for children, Garland Publishing Inc.,

New York, 2000, pp. 27-28.

45 R. Oittinen, Translating for children, Garland Publishing Inc., New York, 2000, p. 28. 46 Ivi, p.41.

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