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Academic year: 2021

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PREFAZIONE

Se la struttura della realtà è completamente dipendente da Dio, che tutto ordina e tutto conosce e dal quale tutto proviene, può l’uomo essere davvero libero? La questione è di primaria importanza poiché, senza concordia fra il libero arbitrio umano e l’azione divina, viene meno la responsabilità morale dell’uomo.

Anselmo d’Aosta tratta la questione al culmine della sua lunga e articolata meditazione sulla libertà nell’ultima opera della sua vita, il De concordia praescientiae et praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio.

Nelle prime due quaestiones dell’opera, Anselmo si confronta con il celeberrimo dilemma fatalistico, inserendosi in una secolare tradizione del problema che affonda le sue radici nel capitolo 9 del De interpretatione aristotelico.

Prima di passare all’analisi del testo anselmiano quindi, si

ritiene utile ricostruire una storia di quei contributi al dilemma che, a

vario titolo, sono confluiti nella trattazione anselmiana, a partire

dall’originaria formulazione logica aristotelica, passando per

l’elaborazione di età ellenistica fino a giungere, attraverso la

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ricontestualizzazione neoplatonica-cristiana, ai principali auctores anselmiani: Agostino e Boezio.

La seconda sezione del lavoro è dedicata all’analisi del contributo anselmiano al dilemma. Anselmo individua due nodi concettuali della risoluzione: da un lato la distinzione logica fra necessità conseguente e precedente (II. A), dall’altro la riflessione sul rapporto fra eternità divina e temporalità creaturale (II. B).

Una volta mostrata la concordia fra azione divina e libertà umana, viene scongiurata l’ipotesi della derivazione del male morale da Dio. Ma allora come può il male collocarsi nell’ordine del creato?

Nel terzo capitolo della seconda sezione si indagherà sulla questione (II. C).

Infine, l’ultima sezione è dedicata all’analisi della terza quaestio del De concordia. Qui si metterà in luce l’influenza della tradizione agostiniana sulle dottrine strettamente teologiche di Anselmo: il peccato originale (III. A) e il rapporto fra grazia e libero arbitrio (III.

B).

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