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CAPITOLO 2 LA FINE DEL LEGAME CONIUGALE: IL PROCESSO

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CAPITOLO

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LA FINE DEL LEGAME CONIUGALE:

IL PROCESSO

1. La formazione della coppia: il patto coniugale

L’obiettivo principale che caratterizza la prima fase del ciclo di vita della famiglia è la costruzione dell’identità di coppia. Il passo decisivo nella formazione di questa identità sta nella scelta del partner, nel passaggio dall’innamoramento all’amore, ovvero dal patto segreto a quello

dichiarato, che vede nel matrimonio il suo rito di transizione.

La relazione coniugale, come suggerisce l’etimologia della parola stessa, si riferisce ad un vincolo-legame (com-iugo) che si stabilisce tra un uomo e una donna.

Esistono due concetti attraverso cui dare significato al vincolo: l’uno è quello di contratto e l’altro è quello di patto.

Con il primo concetto ci si riferisce ad una lunga tradizione di scambio tra famiglie che, a seguito di numerose negoziazioni, stabiliscono i termini dello stesso1. Concezione, questa, legata ad un epoca ormai lontana dove l’unione in matrimonio rappresentava un’unione di comodo, finalizzata a mantenere vivi interessi economici e legami tra gruppi. Il concetto di patto, invece, fa riferimento ad una differenza originale che si esprime nella differente appartenenza di genere dei suoi protagonisti. Il patto, difatti, è un legame tra due persone che sono differenti non solo

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41 caratterialmente e fisicamente ma anche e soprattutto originariamente, in

quanto esprimono due modalità specifiche dell’umano: quella femminile e quella maschile. Pertanto, si ritiene corretto sostenere che la relazione coniugale vive degli aspetti tipici del ruolo maschile e di quello femminile, ma che nel contempo affonda le sue radici nell’ignoto della differenza coniugale2.

Nella relazione coniugale appaiono necessari due ingredienti: il riconoscimento della differenza dell’altro (differenza di genere, di storia personale, di personalità, di carattere, di appartenenza sociale..…) e il riconoscimento di una comune condizione, quella umana.

Elementi questi che, assieme, conducono al concetto di reciprocità, inteso come incontro con la differenza dell’altro, il coniuge, con la sua storia e le sue caratteristiche di personalità, anch’esso costitutivo del patto coniugale.

Altro ingrediente fondamentale della relazione coniugale è la fiducia. E’ vero che il forte coinvolgimento emotivo nel rapporto di coppia è un fondamento culturale tipico della nostra società, ma senza fiducia il patto altro non è che un freddo contratto.

Il patto coniugale è istituito anche da una dimensione inconsapevole: il

patto segreto.

Il patto segreto è un accomunamento di bisogni e timori, di valori, di ideali e di aspettative che ognuno dei partner porta con sé dalla sua storia personale e che spera di soddisfare nel, e con, il rapporto di coppia3.

2

E. Scabini, V.Cigoli, Il famigliare. Legami, simboli e transizioni, Milano, Raffaello Cortina editore, 2000, p.50

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42 Mentre il patto dichiarato si rifà al registro etico, questo si rifà a quello

affettivo.

La fase di innamoramento - il patto segreto - costituisce per la coppia un vero e proprio momento “idilliaco” durante il quale i due partner si sentono uniti dall’interno in una relazione intima, che permette a ciascuno di colmare i propri bisogni consci e inconsci e di superare come coppia le difficoltà che emergono nel tempo4. Oggi giorno, come abbiamo visto, l’innamoramento costituisce l’atto fondante di una relazione di coppia, soprattutto per la sua capacità di offrire dosi multiple di fiducia e di speranza; allo stesso tempo, tuttavia, questa fase è destinata a perdere d’intensità e a lasciare spazio alla realtà della quotidianità. Con il tempo, infatti, l’illusione del primo contatto svanisce mettendo in evidenza i limiti sia della relazione di coppia in sé per sé, che i propri e quelli del partner e anche l’irreale pretesa di poter soddisfare tutti i bisogni e le proprie aspettative. I due partner si ritrovano in una fase di disillusione nella quale la routine quotidiana svela la realtà del rapporto per quella che è.

Questa fase critica potrebbe segnare la fine del rapporto oppure, se ben affrontata, potrebbe rappresentare un importante salto qualitativo capace di far maturare la coppia in modo tale che ognuno dei partner accetti l’altro per quello che realmente è, come individuo autonomo con i suoi difetti e i suoi limiti, senza più illusioni.

La disillusione riguardo al rapporto e al partner stesso, in pratica, permette il passaggio dall’innamoramento - patto segreto - all’amore

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43 - patto dichiarato -, al poter dire ti scelgo come sei e non per come vorrei

che tu fossi5.

Grazie al patto dichiarato, i partner possono approfondire la loro conoscenza e rivedere non solo le regole della propria relazione, ma anche l’immagine di sé e le proprie aspettative in merito alla relazione stessa e all’altro.

Le coppie disfunzionali, di solito, si fermano alla prima forma di contratto, poiché non sono in grado di riconoscere la disillusione come occasione di crescita, e piuttosto che ammettere l’esigenza di ridefinire se stessi e la relazione, incolpano l’altro di non essere adeguato alle aspettative o di non essere più quello che era.

La dimensione affettiva relativa al patto segreto rimane comunque fondamentale nella coppia anche con il passare del tempo. L’attrattiva reciproca, la possibilità di poter esprimere le proprie esigenze, di sentirsi corrisposti sono elementi che restano essenziali durante tutto l’arco di vita della coppia, ciò che è necessario è la loro ridefinizione in funzione dei differenti bisogni e attese del partner.

La relazione di coppia, dunque, è qualcosa che va coltivato e rinnovato durante tutta la sua esistenza, e non qualcosa di statico che rimane immutato nel tempo.

L’obiettivo fisso resta il mantenimento di un patto coniugale che conservi viva la convergenza tra patto segreto e patto dichiarato, anche a distanza di anni.

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44 2. La rottura del patto coniugale: il processo di transizione

Le alte aspettative dei coniugi, sia quelle proiettate sull’altro che quelle relative alla relazione in sé per sé, la ricerca del benessere personale unite al calo del controllo sociale, fanno si che la coppia si confronti e riveda più volte il proprio patto coniugale e può accadere che da questo processo di revisione la relazione ne esca perdente. Ci si ritrova, pertanto, a dover fare i conti con la fine del legame, cioè con la separazione.

La crisi provocata dalla separazione va ben aldilà del momento stesso in cui avviene la frattura, in tal senso si ritiene corretto parlare di processo, per l’esattezza di processo di transizione.

L’obiettivo della fase di transizione è quello di affrontare la fine del legame coniugale tentando di portare in salvo il legame stesso. Per riuscire in questo, per alcuni aspetti paradossale, fine è necessario che la ex coppia si impegni in un cammino a ritroso sino alle origini della loro relazione al fine di cercare quelli che sono stati gli aspetti positivi dell’unione poichè , nonostante il fallimento, è comunque valsa la pena vivere la storia, sia nei suoi lati positivi che in quelli negativi6.

Non sarà di certo un percorso semplice, in quanto la coppia si ritroverà costretta ad ammettere che, nonostante tutto, qualcosa che li accomuna ancora esiste e che è solo risalendo alle origini del proprio legame che sarà possibile capire in che modo affrontarne la fine.

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45 “La fine rimanda al principio”, vale a dire a ciò che ha dato inizio al

legame, a quelle che erano le aspettative iniziali, i desideri e i bisogni ad esso legato.

Nella fase di scioglimento del legame ciascuno dei due ex coniugi si troverà di fronte ad un duplice compito: al fine di portare in salvo qualcosa (da qui il duplice compito) le persone coinvolte devono riuscire a riconoscere quel che di buono è stato fatto insieme durante la relazione, mentre il più delle volte ognuno ricorda solo il negativo e il male subito7. In sintesi, quindi, solamente analizzando il rapporto partendo dalle sue origini è possibile affrontare il delicato passaggio della separazione; passaggio che si rivela ancora più importante quando nella coppia sono presenti dei figli.

La fine del patto coniugale può prendere diverse forme, ma ciò che è importante è che gli ex coniugi si impegnino nella ricerca dei possibili motivi che li hanno condotti allo scioglimento del loro legame, e per questo è essenziale risalire alla nascita del patto il quale, si ricorda, è dato dall’incastro tra patto segreto e patto dichiarato, dove quest’ultimo si riferisce all’impegno della coppia di condividere gioie e dolori, salute e malattia, mentre il patto segreto è l’incontro, per lo più inconsapevole, dei bisogni e delle attese dei membri della coppia.

Perché questo processo di rilettura a posteriori della relazione si realizzi e porti buoni risultati è necessario che i due ex partner si impegnino assieme in un processo di ridefinizione del legame che, se ben condotto, li condurrà ad un’elaborazione costruttiva della fine del proprio rapporto.

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46 Non è detto che le cause del divorzio si possano ritrovare sempre in una

forma di incastro sofferente dei due tipi di patto anzi, esso spesso è causato da un articolato insieme di motivazioni personali, sociali e culturali. Quel che è certo è che il divorzio permette di rendere esplicita la struttura fondante il patto che, il più delle volte, diviene comprensibile solo a posteriori.

3. L’evoluzione emotiva del processo di divorzio: il modello di Emery

Separazione e divorzio sono due eventi i cui tempi di realizzazione risultano essere molto lunghi e difficili e comportano la costruzione di veri e propri percorsi che condurranno le persone coinvolte all’elaborazione di quanto gli sta accadendo, in modo da permettergli una ristrutturazione delle proprie relazioni al fine di raggiungere una nuova organizzazione familiare.

Differenti possono essere le modalità di articolazione di questo processo. In questa sede ci rifaremo agli studi condotti da Robert E. Emery.

Nel processo di divorzio, l’autore mette in primo piano la dimensione della perdita, sostenendo che per affrontare al meglio la fine di un rapporto occorre elaborare il lutto ad esso legato. In questo contesto, il lutto è inteso come una reazione potente e duratura alla perdita di qualcosa che amiamo, o che un tempo abbiamo amato; viene definito come quell’insieme di emozioni che mettiamo in atto quando vogliamo

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47 affrontare la perdita di qualcosa, o di qualcuno, e per tentare una

riconciliazione con coloro che amavamo ma che abbiamo perduto8. A differenza del lutto legato alla morte, che prima o dopo termina con l’accettazione della perdita, quello legato al divorzio è qualitativamente differente, soprattutto perché nella vita di una famiglia il divorzio non ha mai veramente fine. La possibilità che la coppia si riconcili è, comunque, sempre presente e la presenza dei figli fa si che la rottura non sia mai definitiva.

Emery ha elaborato un modello denominato “modello ciclico del lutto” con il quale ha tentato di sottolineare l’andamento non lineare del processo di divorzio. Secondo questa teoria, le persone coinvolte si muovono continuamente tra tre fasi: l’amore, la collera e la tristezza9. In principio, il lutto a seguito di un divorzio si manifesta con un lungo periodo in cui sentimenti dominanti non sono altro che amore per l’ex coniuge e nostalgia di un legame considerato importante. Questa fase è seguita da un periodo caratterizzato dalla rabbia verso l’ex coniuge, dalla frustrazione e dal risentimento per la separazione.

Infine, nell’ultima fase c’è tristezza, solitudine e disperazione per un legame finito. Nei momenti di massima intensità può presentarsi anche la sofferenza fisica10.

Affinché il lutto possa fare il suo giusto corso è necessario che i coniugi sperimentino tutte e tre le fasi emozionali sopra descritte, con il tempo, poi, l’intensità delle emozioni andrà a scemare naturalmente e ogni ciclo si accorcerà e confluirà in quello successivo. Attraverso questo

8

R. E. Emery, ibidem, p. 39

9

P. Gambini, Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale, Milano, FrancoAngeli editore, 2012, p.237

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48 sovrapporsi di emozioni l’elaborazione del lutto legato al divorzio diverrà

più realistica e meno dolorosa11.

Quando, invece, la fusione delle emozioni non avviene, le persone rischiano di restare intrappolate in una o nell’altra fase del ciclo, con risvolti negativi per loro stessi e gli altri soggetti coinvolti. Alcuni, per esempio, potrebbero incagliarsi nella fase dell’amore e, pertanto, negare la realtà dei fatti e continuare per un tempo indefinito a sperare in una riconciliazione con l’ex partner. Altri, ancora, potrebbero rimanere fissati sulla collera: sicuramente questa è l’emozione più complicata da gestire, specie in situazioni dove sono presenti dei bambini, ma è anche quella che più di tutte è necessario affrontare e superare.

Quando si realizza questa eventualità capita che le persone cerchino di ottenere in modo quasi ossessivo vendetta riguardo ai propri diritti nei confronti di terzi. In presenza di figli,infatti, la rabbia oltre a portare distruzione nelle loro vite, può causare molti altri problemi: spesso capita che molti genitori si oppongano alle decisioni riguardo la custodia dei loro figli, non tanto per poter avere maggior contatto con i figli, bensì per contestare le ragioni dell’altro o semplicemente per fargli un dispetto. Dunque, secondo R. Emery, affinchè l’esperienza del lutto sia completa occorre percorrere tutti e tre gli stadi emotivi e viverli intensamente, riuscendo però ad elaborarli correttamente, senza farsi controllare troppo dalle emozioni.

Un percorso positivo conduce alla consapevolezza delle proprie emozioni riguardo alla separazione e all’accettazione dei sentimenti intensi dell’altro ex partner. Tale comprensione emotiva pone i genitori in una

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49 situazione migliore e, certamente, maggiormente produttiva per gli

eventuali figli. Potrà aiutarli, per esempio, a comprendere che per il bene dei propri figli è fondamentale evitare ogni tipo di conflitto con l’altro partner, specie se basati su futili motivi; selezionare le questioni per cui può essere importante battersi, senza però dare vita ad una lotta infinita, poiché è proprio non combattendo che i bambini vincono; stabilire e creare nuovi confini che permettano la regolazione delle interazioni tra i partner.

4. Differenti modalità di gestione delle emozioni e differenti tipologie di divorzio

Di seguito ci rifaremo ancora una volta agli studi condotti da R. E. Emery. Nello specifico analizzeremo i suoi studi in merito alla connessione esistente tra la gestione delle emozioni legate al divorzio e le diverse tipologie di divorzio stesso, tenendo conto delle conseguenze che questo ha sui figli coinvolti.

Emery sostiene che, pur essendo ogni divorzio diverso dall’altro, per alcuni aspetti possono ricadere tutti in tre macrocategorie generali: il divorzio ostile, il divorzio distante e il divorzio cooperativo 12.

Il divorzio ostile è caratteristico di quelle coppie che percepiscono in

maniera forte la rabbia e il dolore e faticano ad accettare la fine della loro unione. Probabilmente questo tipo di divorzio è causato dalla scoperta di una relazione extra coniugale, o da un abuso, o da una violenza familiare

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50 oppure si realizza in situazioni in cui i due partner non hanno mai fatto

fronte a delle emozioni reali durante il loro matrimonio continuando a fuggirne. Un divorzio di questo tipo può rappresentare un grosso pericolo per gli eventuali figli coinvolti perché i due ex coniugi, invece che continuare ad essere genitori, concentrano le loro energie sui propri sentimenti e sulla propria ostilità, senza pensare in alcun modo alle conseguenze che questo loro comportamento potrà avere sui loro figli. In una situazione come questa la cosa migliore da fare è tenere le distanze e cercare di minimizzare gli effetti dei comportamenti scorretti ignorandoli.

Il divorzio distante, invece, è caratteristico di quelle coppie in cui i due

ex partner, nonostante si sentano feriti, arrabbiati e frustrati dai comportamenti dell’altro, riescono ugualmente a nascondere il conflitto agli occhi dei figli. E’ proprio l’investimento delle loro energie nei confronti di questi ultimi che gli impedisce di farsi la guerra. La distanza è ciò che gli permette di portare avanti la cogenitorialità nonostante tutto. Il merito di questi genitori è quello di limitare i contatti allo stretto necessario, rispettando gli spazi reciproci, così da assolvere al meglio ai bisogni dei figli.

Infine, abbiamo il divorzio cooperativo, che purtroppo è quello più raro. In questa tipologia i genitori comprendono i loro figli, empatizzano le loro emozioni e si prendono le proprie responsabilità. Sono genitori che proteggono i loro bambini dai litigi e che hanno imparato a gestire la propria rabbia. Le coppie che riescono a realizzare questa tipologia di divorzio sono quelle che hanno saputo gestire al meglio le emozioni e hanno elaborato gran parte del lutto legato alla separazione. Come suggerisce la definizione stessa, questi genitori sono in grado di

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51 collaborare, in quanto hanno saputo mettere da parte le loro differenze e

il loro astio; sono persone che rispettano l’unica cosa che li legherà per sempre: i loro figli. Perché, teniamo sempre a mente, che si può smettere di essere una coppia, ma non si smetterà mai di essere genitori.

In qualsiasi modo lo si affronti, resta il fatto che il divorzio rappresenta un momento emotivamente intenso, durante il quale due persone vanno incontro ad un evento insieme, ma affrontandolo separatamente13.

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