COLPO DI FRUSTA CERVICALE TRA OGGETTIVITÀ E SOGGETTIVITÀ.
M. Orrico
*, G. Cannavò
ABSTRACT
Nel presente lavoro è stata effettuata una ricerca bibliografia al fine di verificare se in caso di trauma distorsivo cervicale siano descritte lesioni anatomiche a livello delle strutture legamentose del rachide cervicale.
È stata altresì effettuata una analisi dei dati della letteratura al fine di comprendere se, tra i pazienti che hanno subito un colpo di frusta, vi sia una prognosi peggiore in quelli già affetti da cervico-disco-artrosi rispetto ai pazienti che non sono affetti da tale patologia.
Lo scopo di tali analisi è quello di verificare se i dati scientifici possano legittimare il medico specialista in medicina legale a derogare al riferimento tabellare massimo del 2% previsto per i postumi del trauma distorsivo del rachide cervicale.
A literature search was performed to verify the existing data about the possible presence of anatomical lesions of ligaments of the cervical spine in patients with whiplash injury.
Moreover, literature data concerning the prognosis of whiplash in patients with and without cervical arthrosis were retrieved, in order to verify if the presence of this latter underlying condition can affect the outcome.
The purpose of these analyses was to verify if literature data allow the attribution of more than 2 points of disability in patients with whiplash injury.
INTRODUZIONE
* Medico Legale, Dottore di Ricerca in Scienze Forensi, Verona
Medico Legale, Presidente Associazione Medico Giuridica “Melchiorre Gioia”, Pisa
Il lavoro si propone di verificare se vi siano dati scientifici che possano legittimare il medico specialista in medicina legale a derogare al riferimento tabellare del 2%.
Nel D.M. 3/7/2003 sono previste infatti per i postumi da colpo di frusta unicamente due voci tabellari“Esiti di trauma minore del collo con persistente rachialgia e limitazione antalgica dei movimenti del capo: fino a 2%” e “Esiti di trauma minore del collo con persistente rachialgia, limitazione antalgica dei movimenti del capo e con disturbi trofico-sensitivi radicolari strumentalmente accertati: 2-4%”.
Nel caso in cui non vi siano quindi “disturbi trofico-sensitivi radicolari strumentalmente accertati” causati dal trauma, la normativa prevede un valore massimo del 2%.
Tuttavia nella pratica peritale si osservano non di rado valutazioni maggiori del 2%, anche in assenza di radicolopatia strumentalmente accertata.
La motivazione che usualmente viene data dal medico valutatore per giustificare la deroga al valore del 2% trova un suo riferimento nei criteri applicativi dello stesso DM 2003 quando viene indicato alla voce “Menomazioni preesistenti” quanto segue: “Nel caso in cui la menomazione interessi organi od apparati già sede di patologie od esiti di patologie, le indicazioni date dalla tabella andranno modificate a seconda della effettiva incidenza delle preesistenze rispetto ai valori medi”.
Generalmente la presenza di cervicoartrosi o di una discopatia cervicale vengono ritenuti motivi sufficienti per superare il 2% tabellato.
In realtà, nei sopra citati criteri applicativi è precisato che le indicazioni della tabelle andranno modificate a seconda della incidenza delle preesistenze rispetto ai valori medi, ma non è scritto che debbano necessariamente essere modifiche in senso maggiorativo, visto che un paziente con artrosi cervicale potrebbe di per sé accusare una sintomatologia dolorosa e in realtà il sinistro potrebbe non aver per nulla modificato la storia clinica della patologia.
Per questi motivi ci sembra doveroso approfondire l’argomento sulla base dei dati della letteratura, al fine di verificare in primo luogo se, in caso di trauma distorsivo del rachide cervicale, vi siano lesioni anatomiche oggettive (esclusi ovviamente in casi di frattura) e in secondo luogo se, tra i pazienti che hanno subito un colpo di frusta, la prognosi sia peggiore in quelli già affetti da cervico-disco-artrosi rispetto ai pazienti che non sono affetti da tale patologia.
LA SINTESI DELLA LETTERATURA INTERNAZIONALE: LESIONI ANATOMICHE A LIVELLO DELLE STRUTTURE LEGAMENTOSE DEL RACHIDE CERVICALE
Il trauma distorsivo del rachide cervicale, definito anche "colpo di frusta cervicale "
o "cervicalgia da contraccolpo", è una patologia traumatica del suddetto distretto
rachideo provocata meccanicamente da un’iperestensione del collo, seguita da un’iperflessione compressiva, associata o meno ad un movimento di inclinazione laterale e/o di rotazione.
Ricordiamo la classificazione WAD (Whiplash Associated Disorders), proposta nel 1995 dalla Quebec Task Force (Spitzer WO et al, Spine 1995), e completata successivamente dalla stessa Scuola con altre specifiche cliniche e patologiche (Caruso A. et al, Tagete 2003).
Quella della Quebec Task Force (Q.T.F.) è una classificazione clinica, basata sui disturbi associati al colpo di frusta cervicale, che identifica 5 possibili livelli di espressività sintomatologica:
Grado 0: Assenza di sintomatologia soggettiva e di obiettività clinica
Grado1°: Cervicalgia, rigidità o iperestesia del collo.
Grado 2°: Cervicalgia e segni muscolo-scheletrici (riduzione della articolarità e presenza di punti di dolorabilità - iperstesia).
Grado 3°: Cervicalgia, segni obiettivi muscolo-scheletrici ed interessamento neurologico periferico (R.O.T. diminuiti o assenti, ipostenia muscolare, deficit sensitivi).
Grado 4°: Cervicalgia con frattura e/o lussazione.
Facendo riferimento alle lesioni anatomo - patologiche determinate dal trauma, può essere considerata un’altra classificazione della distorsione del rachide cervicale (Caruso A. et al, Tagete 2003):
Grado 1°: “Lieve distrazione dei muscoli lunghi e spleni del collo“
Grado 2°: “Distrazione più intensa e più vasta dei muscoli con il coinvolgimento dei legamenti e con modico interessamento delle capsule delle apofisi articolari vertebrali“
Grado 3°: “Parziale lacerazione dei legamenti con grave distrazione delle capsule delle apofisi articolari“
Grado 4°: “Lacerazione completa dei legamenti - rottura delle capsule articolari“
Grado 5°: “Dislocazione di uno o più processi articolari - fratture dei processi articolari”.
Nella pratica peritale si osservano quasi unicamente traumi distorsivi che andrebbero inquadrati come lesioni di grado 1°, in quanto non risultano quasi mai documentate lesioni a livello delle capsule, dei legamenti o delle articolazioni. Infatti, nella quasi totalità dei casi si tratta di uno stiramento muscolare, senza lesioni anatomiche, come emerge dal fatto che molti pazienti, anche sottoposti ad esami specifici (in particolare RMN), solo raramente risultano affetti da lesioni anatomiche delle parti molli, parziali lacerazioni di fibre muscolari, emorragie, ecc.
Particolare attenzione nel corso degli anni è stata posta allo studio dei legamenti alari, strutture legamentose che connettono l’odontoide ai condili occipitali e rappresentano, insieme alla membrana tettoria, una delle strutture più importanti per la stabilizzazione del rachide sull’occipite (Sean Jackson R. et al J Am Acad Orthop Surg 2002).
Ricordiamo in particolare uno studio del 1991 (Davis SJ et al Radiology 1991) effettuato con metodiche di risonanza magnetica che dimostra lesioni a carico dei legamenti che uniscono le vertebre cervicali con conseguente separazione del disco intervertebrale dalla limitante somatica dei corpi vertebrali, ed addirittura in alcuni casi la presenza di fratture, in pazienti che avevano subito un trauma cervicale con meccanismo a colpo di frusta.
In un lavoro del 2002 (Krakenes J, et al Neuroradiology 2002) gli autori avevano evidenziato la presenza di lesioni dei legamenti alari dell’articolazione cranio-cervicale a seguito di trauma distorsivo cervicale.
Tali studi iniziali in realtà non sono stati confermati dalla letteratura degli anni successivi.
In particolare in una review del 2007 (Bitterling H et al. Rofo. 2007) è stato dimostrato che “biomechanical studies give no evidence of alar ligament involvement in whiplash disease. Using MRI, signal alterations of alar ligaments can hardly be differentiated from common normal variants. Functional MRI provides no diagnostic yield”, ovvero che non vi è alcuna evidenza che nel trauma distorsivo cervicale vi sia una lesione dei legamenti alari in quanto la RMN non è in grado di differenziare reali lesioni da comuni varianti anatomiche.
Nel 2008 (Myran R et al Spine 2008) sono stati riportati i risultati di uno studio caso- controllo in doppio cieco, utilizzando la risonanza magnetica ad alta risoluzione su 173 soggetti suddivisi in tre gruppi: 59 soggetti accusavano persistente cervicalgia (gradi WAD 1 e 2) a seguito di sinistro stradale tra autoveicoli, 57 soggetti lamentavano cervicalgia cronica senza aver subito traumi e 57 soggetti non lamentavano alcun sintomo al collo e non avevano subito traumi.
In tutti i tre gruppi sono state osservate alterazioni di segnale a livello dei legamenti alari. In particolare, aree di elevata intensità di segnale sono state osservate nel 49% dei pazienti del primo gruppo, nel 33% dei pazienti del 2° gruppo e nel 40% dei controlli.
Gli Autori quindi non hanno evidenziato alcuna alterazione a carico dei legamenti alari che sia correlata con un trauma o anche semplicemente con i sintomi lamentati: “The previously reported assumption that these changes are due to a trauma itself is not supported by this study. The diagnostic value and the clinical relevance of magnetic resonance detectable areas of high intensity in the alar ligaments are questionable”.
Nel 2009 (Vetti N et al Neuroradiology. 2009) sono stati riportati i risultati di uno studio su 1266 pazienti che avevano subito un trauma distorsivo cervicale (WAD 1-2) evidenziando modifiche dei legamenti alari, ma ritenendo necessari ulteriori studi per verificare se tali modifiche siano o meno dipendenti dal trauma: “Further studies are needed to clarify whether such changes are caused by trauma”.
Del 2011 (Vetti N et al Spine 2011) è uno studio cross-sectional su 114 pazienti che avevano subito un trauma distorsivo cervicale confrontati con 157 soggetti che non avevano subito alcun trauma.
Gli Autori hanno concluso che il trauma cervicale non induce alterazioni di segnale dei legamenti alari: “This first study on high-resolution MRI of craniovertebral ligaments in acute WAD 1-2 indicates that such trauma does not induce high-signal changes”.
In buona sostanza quindi non risulta provato che il trauma distorsivo cervicale sia associato a lesioni anatomiche.
È interessante inoltre osservare che nel 2011 (Myran R et al Spine 2011) uno studio cross-sectional ha valutato se l’aumento di segnale dei legamenti alari è correlato con dolore e disabilità. Gli Autori concludono che “the previously reported assumption that changes in the alar ligaments detected on MRI are associated with pain and disability is not supported by the present study. The diagnostic value and the clinical relevance of MR-detectable areas of high intensity in the alar ligaments remain questionable” ovvero che non solo il valore diagnostico della RMN è opinabile nell’evidenziare lesioni post- traumatiche dei legamenti alari, ma anche che l’aumento di segnale dei legamenti alari stessi non è associato ad una prognosi peggiore.
Pertanto, quando si discute di trauma distorsivo cervicale, si tratta nella quasi totalità dei casi di un dato meramente soggettivo dovuto ad una contrattura muscolare che si verifica a seguito del rapido movimento di flesso-estensione del collo e che la presenza di un aumento di segnale evidenziato anche con esami RMN ad alta risoluzione non è associato ad una maggior grado di invalidità.
LA SINTESI DELLA LETTERATURA INTERNAZIONALE: CERVICO-DISCO-ARTROSI COME FATTORE PROGNOSTICO NEGATIVO IN CASO DI TRAUMA DISTORSIVO CERVICALE
Per quanto riguarda la problematica relativa alla cervico-artrosi ricordiamo uno studio scientifico pubblicato nel 2008 (Kongsted A et al. Eur Spine J. 2008) in cui viene messo in evidenza che la presenza di patologia degenerativa discale (la più frequente tra C5- C6 e C6-C7) non è associata con una prognosi peggiore in caso di trauma distorsivo cervicale (valutata a 3 mesi e ad un anno) rispetto ai soggetti privi di patologia discale (“pre-existing degeneration is not associated with prognosis”).
Gli autori sottolineano che in studi precedenti (Pettersson K et al Acta Orthop Scand 1994; Radanov BP et al Medicine 1995; Borchgrevink GE et al Acta Radiol 1995;
Borchgrevink G, et al Injury 1997) era stato evidenziato invece un maggior dolore nei soggetti affetti da patologia degenerativa. Gli autori ipotizzano che questo fatto sia dovuto non tanto ad un aggravamento della lesione preesistente quanto al fatto che nel loro studio non erano stati inclusi i soggetti affetti da patologia degenerativa sintomatica. Pertanto ipotizzano che l’associazione precedentemente evidenziata potrebbe essere in realtà dovuta al fatto che i pazienti soffrivano già di cervicalgia prima del sinistro proprio a causa della patologia degenerativa.
Del 2009 sono i risultati di uno studio (Ichihara D et al J Orthop Sci. 2009) condotto su 133 pazienti che hanno subito un trauma distorsivo cervicale tra il 1993 e il 1996, valutando i pazienti a distanza di 10 anni dal sinistro mediante esame RMN. Gli Autori hanno osservato che “progression of degenerative changes of the cervical spine on MRI
was not associated with clinical symptoms during the 10-year period after whiplash injury” ovvero che la progressione di alterazioni degenerative a livello del rachide cervicale evidenziate da RMN non erano associate con sintomi clinici durante i 10 anni successivi al trauma cervicale. In sostanza quindi la alterazione degenerativa non determina in realtà un “maggior danno” neppure sul piano sintomatologico rispetto a quello che si verifica in un soggetto con rachide indenne.
Nel 2009 (Okada E et al Spine 2009) sono stati indagati i fattori che possono determinare unpeggioramento anatomico delle strutture del rachide cervicale.
Gli Autori hanno documentato che “Progression of degeneration of cervical spine on MRI was frequently observed during 10-year period, with development of symptoms in 34% of subjects. No factor related to progression of degeneration of cervical spine was identified except for age” ovvero che la progressione della degenerazione del rachide cervicale evidenziata alla RMN è stata frequentemente osservata durante il periodo di 10 anni in soggetti volontari sani, con comparsa di sintomi nel 34% dei casi: nessun fattore è stato evidenziato essere causa della degenerazione cervicale eccetto l’età.
Nel 2010 (Matsumoto M et al Spine 2010) sono stati riportati i risultati di uno studio effettuato con RMN dal 1993 al 1996 su 508 pazienti che hanno subito un colpo di frusta e 497 soggetti asintomatici. Gli autori infatti hanno sottolineato che“comparisons with healthy persons, who presumably will exhibit the effects of the natural aging process, are important for understanding the true long-term impact of whiplash injuries on the symptoms and radiologic findings of patients”. Lo studio ha evidenziato che nei pazienti che hanno subito un colpo di frusta vi era una differenza statisticamente significativa (P<
0.001) di persistenza di cervicalgia nel corso del follow-up (25,6% dei pazienti che hanno subito colpo di frusta accusavano ancora cervicalgia, contro il 9,9% dei pazienti che non avevano subito il trauma). Tuttavia non vi era alcuna differenza statisticamente significativa nella correlazione tra il dolore al collo e la progressione delle alterazioni rilevate alla RMN : “There was no statistically significant correlation between neck pain and progression in each MR finding in either group”. Gli autori precisano che “whiplash injury may not significantly accelerate the symptomatic structural deterioration of the cervical spine during the 10-year period following injury and the progression of disc degeneration observed using MRI in the majority of WAD patients might be attributable to the normal aging process, similar to the changes seen in the healthy control volunteers”. In buona sostanza quindi gli Autori hanno rilevato che il trauma distorsivo cervicale non è correlato ad un peggioramento anatomico del rachide, il quale è invece da attribuirsi al fisiologico invecchiamento.
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Dall’esame della letteratura scientifica internazionale risulta quindi appurato che il trauma distorsivo cervicale è caratterizzato dalla assenza di lesioni anatomiche.
Come infatti indicato in una nota guida di valutazione del danno (Palmieri L et al 2006), la voce tabellare del DM 2003 «fa riferimento alla mera soggettività, per cui l’operato del medico legale rimarrà sostanzialmente limitato alla problematica della attendibilità della sintomatologia lamentata, sulla base del dato anamnestico documentale».
Per quanto riguarda la valutazione dei postumi da colpo di frusta e la eventuale maggiorazione in caso di rachide affetto da artrosi o discopatia ricordiamo che nel Bargagna (Bargagna et al 2011, pag 82) è indicato che “la preesistenza di alterazioni spondiloartrosiche può concorrere nel determinismo della suddetta sintomatologica e d’altra parte può anche giustificarla di per sè”. Ciò significa, secondo l’Autore, che in caso di trauma distorsivo cervicale in un soggetto artrosico il danno potrebbe anche non esserci.
Nel Luvoni (Luvoni et al 2002, pag 11) viene indicato in merito allo stato anteriore che in caso di “Preesistenza concorrente di modesta entità” la valutazione della menomazione indotta (a prescindere che sia di“modesta, rilevante o grave entità”) sarà effettuata “come in soggetti normali”. Per cui, ad esempio, in caso di una artrosi modesta, secondo questo manuale non sarebbe concesso riconoscere un danno permanente maggiore a quello previsto nei riferimenti tabellari indicati dall’Autore(“esiti di colpo di frusta senza lesioni scheletrico-legamentose con rachialgia e modesta limitazione funzionale antalgica: 2%”).
Nel caso in cui la menomazione concorrente sia invece di “entità rilevante o grave” e la menomazione indotta sia di “modesta entità”,la valutazione dovrebbe essere:“per solito di entità maggiore in relazione alla maggiore riduzione della validità residua, tenendo peraltro conto della preesistente svalutazione biologica del soggetto”. Un soggetto ad esempio con un rachide gravemente cervico-artrosico potrebbe rientrare nella seguente categoria: rimane quindi il problema indicato dal Bargagna circa una eventuale maggiorazione o riduzione del punteggio.
In realtà c’è da chiedersi quale possa essere quel quid pluris che un trauma distorsivo cervicale ha comportato in quel soggetto.
In realtà la domanda dovrebbe essere formulata diversamente:su quali basi scientifiche il medico legale è in grado di stabilire se in un soggetto con rachide gravemente cervico-artrosico vi è stato un peggioramento della condizione preesistente?
È importante precisare che l’indicazione valutativa indicata dal Luvoni è a nostro avviso da tenere in considerazione in caso di lesioni anatomiche oggettive: se ad esempio un paziente con rigidità di due terzi nella flesso-estensione del polso subisse una frattura che comportasse la abolizione del movimento, non sarebbe equo risarcire la perdita della funzione, ma non sarebbe altrettanto equo risarcire una limitazione di un terzo come se tale limitazione fosse avvenuta in un soggetto sano. Lo spirito quindi della indicazione dottrinale sopra indicata è, a nostro avviso, quello di riconoscere la giusta valutazione nei casi in cui vi è oggettivamente un danno maggiore.
Nel caso di trauma distorsivo cervicale si discute invece unicamente di allegazione di sintomi.
La letteratura internazionale sopra indicata ha chiaramente evidenziato come la presenza di una cervico-discopatia non comporti una prognosi peggiore rispetto a
quella dei pazienti che non hanno l’artrosi e che il trauma in un soggetto artrosico non determina conseguenze più gravi rispetto al soggetto artrosico che non ha subito un trauma.
Alla domanda sopra posta (“su quali basi scientifiche il medico legale è in grado di stabilire se in un soggetto con rachide gravemente cervico-artrosico vi è stato un peggioramento della condizione preesistente?”) il medico legale non può che rispondere in modo negativo, proprio sulla base dei dati sopra riportati.
A nostro avviso quindi risulta davvero improprio riconoscere un punteggio di danno biologico permanente maggiore del 2% in caso di artrosi cervicale, in quanto il riconoscimento di un danno permanente biologico maggiore di quello che, a parità di lesione traumatica iniziale, si riconosce solitamente, ha motivo di accadere quando si ha concretamente l’evidenza che la patologia preesistete si è “aggravata” a seguito dell’evento lesivo ovvero quando lo stato anteriore ha giocato come fattore concausale a realizzare una entità patologica che altrimenti, da sola, a parità di evento, non si sarebbe realizzata.
Peraltro nella grande maggioranza dei casi di pazienti con artrosi cervicale l’iter diagnostico ed il quadro clinico finale non si discostano da quelli che usualmente si osservano nei pazienti privi di artrosi: sono infatti effettuate in entrambi i casi visite ortopediche, fisiatriche, neurologiche e ORL, con prescrizione di FKT, e in sede di visita il paziente lamenta cervicalgia e limitazioni funzionali.
Oltre che una motivazione scientifica vi è a nostro avviso anche una motivazione prettamente giuridica che non giustifica il riconoscimento di un danno permanente maggiore.
Le tabelle del DM 2003 prevedono infatti voci di danno nelle quali sono inquadrate alcune delle tipologie di menomazioni più frequenti, in modo da graduare il riconoscimento del punteggio danno biologico in base alla gravità clinica della menomazione.
Menomazioni più gravi prevedono infatti il riconoscimento di una danno permanente più elevato.
Se si osservano le tabelle relative al rachide cervicale risulta la voce “Esiti dolorosi di frattura di un'apofisi o dello spigolo antero-superiore o antero-inferiore di una vertebra senza schiacciamento del corpo; a seconda della alterazione anatomica e/o della limitazione dei movimenti del capo”: si tratta di una situazione caratterizzata da un reale danno anatomico, che ovviamente è più grave dal punto di vista clinico della voce relativa al colpo di frusta “Esiti di trauma minore del collo con persistente rachialgia e limitazione antalgica dei movimenti del capo”. La prima voce indicata prevede un range valutativo dal 2 al 6%, quindi nei gradi inferiori della menomazioni risulta essere equiparata al 2% massimo previsto per la seconda voce.
Se quindi si riconoscesse un punteggio superiore al 2% per un soggetto con una artrosi cervicale/discopatia si giungerebbe ad una situazione paradossale in cui un paziente con una frattura di una apofisi vertebrale guarita con modeste limitazioni verrebbe risarcito in misura inferiore rispetto ad un soggetto che ha subito un trauma da cui residua unicamente una sintomatologia soggettiva.
In buona sostanza quindi non vi sono motivi scientifici per poter ritenere che i postumi da trauma distorsivo cervicale in un soggetto con rachide cervico-artrosico o affetto da patologia discale meritino una deroga al valore massimo del 2% previsto dalle tabelle del DM 2003.
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