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Agricoltori-Allevatori custodi e Comunità del cibo

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Academic year: 2022

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Agricoltori-Allevatori custodi e

Comunità del cibo

AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

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Agricoltori-Allevatori custodi

e Comunità del cibo

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AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

A cura di:

Maurizio Arduin(1), Franca Bernardi(2), Domenico Cerbino(3), Fabiana Fiorani(4), Michele Giannini(1), Cinzia Lenzarini(4), Rita Turchi(5), Stefano Sanson(6), Alberto Sartori(1), Pietro Zienna(3)

(1) Veneto Agricoltura (Legnaro - Padova)

(2) Azienda agrituristica “Il Corniolo” di Franca Bernardi, Loc. Le Prade n. 25 (Castiglione di Garfagnana - Lucca)

(3) Alsia, Agenzia Lucana Sviluppo e Innovazione in Agricoltura (Potenza)

(4) Unione dei Comuni della Garfagnana (Castelnuovo di Garfagnana - Lucca)

(5) Regione Toscana (Firenze)

(6) Agrotecnico libero professionista (Belluno)

Realizzazione grafi ca:

Federica Mazzuccato

Pubblicazione edita da:

Veneto Agricoltura

Viale dell’Università, 14 - 35020 Legnaro (PD) Tel. 049 8293711 - Fax 049 8293815 e-mail: ricerca@venetoagricoltura.org www.venetoagricoltura.org

È consentita la riproduzione di testi, tabelle, grafi ci ecc. previa autorizzazione da parte di Veneto Agricoltura, citando gli estremi della pubblicazione.

Stampata nel mese di Febbraio 2020 presso Grafi che Venete - Padova

Progetto regionale BIODI.VE. - DGR n. 328/2018 - Legge n. 194/2015

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INDICE 3

Indice

Introduzione ... pag. 5

Legge 1° dicembre 2015, n. 194 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità

di interesse agricolo e alimentare” e le Comunità del cibo ... » 6 Alberto Sartori (Veneto Agricoltura - Legnaro, Padova)

La tutela e la valorizzazione dell’agrobiodiversità fi no alla Comunità del Cibo ... » 14 Rita Turchi (Regione Toscana - Firenze)

La Comunità del cibo della Garfagnana ... » 20 Fabiana Fiorani, Cinzia Lenzarini (Unione dei Comuni della Garfagnana - Castelnuovo di Garfagnana, Lucca)

e Franca Bernardi (Azienda agrituristica “Il Corniolo” - Castiglione di Garfagnana, Lucca)

Comunità del cibo del Pollino e del Lagonegrese ... » 30 Domenico Cerbino, Pietro Zienna (Alsia, Agenzia Lucana Sviluppo e Innovazione in Agricoltura - Potenza)

Alcune esperienze di conservazione dell’agrobiodiversità nella montagna bellunese ... » 38 Stefano Sanson (Agrotecnico libero professionista - Belluno)

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AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

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INTRODUZIONE 5

Introduzione

La Regione del Veneto sostiene la biodiversità di interesse agricolo ed alimentare attraverso iniziative, rivolte ad agricoltori e allevatori custodi.

In tale contesto si è ritenuto opportuno attivare una serie di iniziative correlate alle “Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agri- colo e alimentare”

Realizzazione di questo convegno fi nalizzato ad approfondire punti di forza e debolezza, opportunità e criticità, correlate alle “Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare” coinvolgen- do realtà regionali e non che hanno già iniziato tale percorso, agricoltori e allevatori, i responsabili dei Centri pubblici di conservazione presenti nel territorio regionale, tecnici delle associazioni e organizzazioni agri- cole, operatori economici di altri settori.

L’obiettivo di questa iniziativa è quello di accrescere la conoscenza pro- pedeutica ad una eventuale scelta consapevole degli operatori locali nella creazione delle Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare.

Questa attività ha inoltre contribuito all’animazione della giornata della biodiversità di interesse agricolo e alimentare off rendo un eff etto po- sitivo sul sistema regionale di tutela e valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, permettendo nel contempo di elimi- nare, o quantomeno di ridurre, il gap relazionale attualmente presente tra le attività dei centri pubblici di conservazione e le realtà aziendali composte da agricoltori e allevatori custodi.

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6 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

Legge 1° dicembre 2015, n. 194

“Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare”

e le Comunità del cibo

La LEGGE 1° dicembre 2015 , n. 194 “Dispo- sizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare e comunità del cibo” all’Art. 13 menziona la

“Comunità del cibo e della biodiversità di inte- resse agricolo e alimentare” e al comma (c.) 1 e 2 defi niscono la “Comunità del cibo e della bio- diversità di interesse agricolo e alimentare”.

Per comunità del cibo si intendono: gli ambiti locali derivanti da accordi tra:

• Agricoltori locali, agricoltori e allevatori cu- stodi,

• gruppi di acquisto solidale,

• istituti scolastici e universitari,

• centri di ricerca,

• associazioni per la tutela della qualità della biodiversità di interesse agricolo e alimen- tare,

• mense scolastiche, ospedali, esercizi di ri- storazione, esercizi commerciali, piccole e medie imprese artigiane di trasformazione agraria e alimentare,

• enti pubblici.

Gli accordi di cui al c. 2 possono avere come oggetto (c. 3):

a. lo studio, il recupero e la trasmissione di conoscenze sulle risorse genetiche di inte- resse alimentare ed agrario locali;

b. la realizzazione di forme di fi liera corta, di vendita diretta, di scambio e di acquisto di prodotti agricoli e alimentari nell’ambito di circuiti locali;

c. lo studio e la diff usione di pratiche proprie dell’agricoltura biologica e di altri sistemi colturali a basso impatto ambientale e volti al risparmio idrico, alla minore emissione di anidride carbonica, alla maggiore fertilità dei suoli e al minore utilizzo di imballaggi per la distribuzione e per la vendita dei prodotti;

d. lo studio, il recupero e la trasmissione dei saperi tradizionali relativi alle colture agra- rie, alla naturale selezione delle sementi per fare fronte ai mutamenti climatici e alla corretta alimentazione;

e. la realizzazione di orti didattici, sociali, urbani e collettivi, quali strumenti di valo- rizzazione delle varietà locali, educazione all’ambiente e alle pratiche agricole, aggre- gazione sociale, riqualifi cazione delle aree dismesse o degradate e dei terreni agricoli inutilizzati.

La comunità del cibo può essere considerata come un sistema che mettendo al centro il cibo considera tutte le interazioni che vi pos- sono essere con l’ambiente, l’economia e la società (Figura 1).

SOCIETÀ

CIBO

Sostenibilità

AMBIENTE ECONOMIA

Figura 1 – La sostenibilità del cibo.

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LEGGE 1° DICEMBRE 2015, N. 194 “DISPOSIZIONI PER LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ

DI INTERESSE AGRICOLO E ALIMENTARE” E LE COMUNITÀ DEL CIBO 7

La promozione di cibi in grado di soddisfare a modelli sostenibili di produzione e distribu- zione, l’attenzione al territorio, la qualità orga- nolettica, la tutela ambientale, la salvaguardia della biodiversità, la qualità della vita e del la- voro dei produttori, sono le motivazioni prin- cipali che spingono verso la costituzione delle

“Comunità del cibo”.

Gli obiettivi delle associazioni e comunità del cibo sono in generale: garantire la produzione e la diff usione di un cibo buono, pulito, giusto;

la tutela dell’ambiente; la valorizzazione del territorio; la diff usione delle pratiche di buona agricoltura e di buona alimentazione; la difesa e la tutela delle tradizioni e della cultura locale (Figura 2).

Formaggi, salumi, prodotti orticoli, frutticoli, carne bovina, confetture, conserve, miele, pro- dotti trasformati, vino, farine possono essere i prodotti ottenuti nel rispetto delle tradizioni locali, ma anche nel rispetto dell’ambiente in un’ottica di agricoltura sostenibile.

Le Comunità del cibo si impegnano a valoriz- zare la salubrità e qualità del prodotto e so- prattutto la sostenibilità della produzione. Si valorizza l’identità agroalimentare di un luogo a tutto vantaggio del territorio stesso, attin- gendo a prodotti di fi liera corta, stimolando uno sviluppo locale socio-culturale e ambien- tale armonico. In questo contesto il prodotto, il

“cibo” locale acquisisce un plus valore, un valo-

re aggiunto, dove l’Identità territoriale, la pro- fessionalità delle risorse umane e la diversità- specifi cità delle materie prime (biodiversità:

razze e varietà locali) diventano le componenti principali di valore che qualifi cano il prodotto locale stesso (Figura 3).

Attraverso le comunità del cibo si valorizzano le culture gastronomiche del territorio, dove il prodotto o i prodotti locali possono favorire ed incentivare il recupero o la reinterpretazione creativa, e in chiave attuale, di antiche ricette e metodi di preparazione artigianali, preservan- do la ricca cultura del cibo italiana.

Degustazioni, sistemi di accreditamento (gui- de Slow Food, guide/mappe ristoratori – agri- turismi, guide del gusto), uscite su media, cor- si, master di cucina con prodotti tipici locali, gruppi di assaggio rappresentano attività tutte che possono ulteriormente contribuire ad au- mentare il valore del prodotto, cibo della co- munità (Figura 4).

Esempi di comunità del cibo possono essere trovati in Toscana, nella Garfagnana, con la comunità del cibo della Garfagnana, in Sicilia con il Distretto cibi siciliano C.I.B.O., in Abruzzo con le “Food Comunities”, le comunità del cibo dell’area Gal Maiella Verde.

In Veneto attualmente non esistono comuni- tà del cibo vere o proprie, ma prodotti tipici riconosciuti, denotanti territori specifi ci, con sistemi e processi di produzione ben codifi ca-

Figura 2 – I fattori infl uenti la sostenibilità del cibo.

CIBO

Sostenibilità TUTELA DELLA

BIODIVERSITÀ

QUALITÀ

MULTIDIMENSIONALE SVILUPPO LOCALE

E RURALE

MENO GLOBALIZZAZIONE RIDEFINIZIONE

PRODUTTORE CONSUMATORE

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8 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

VALORE AGGIUNTO

DI UN PRODOTTO DIVERSITÀ-SPECIFICITÀ

DELLE MATERIE PRIME

IDENTITÀ

PROFESSIONALITÀ DELLE RISORSE UMANE Figura 3 – Il valore

aggiunto di un prodotto.

Figura 4 – Il circolo virtuoso del Valore.

ti e riconosciuti, un esempio potrebbe essere l’Agnello dell’Alpago, il fagiolo Lamon, i formag- gi della razza bovina Burlina, il radicchio di Tre- viso o la Gallina Padovana.

Anche in Veneto quindi le tipicità ci sono, re- sta solo da chiudere il sistema per far ricono- scere nuove comunità nel rispetto delle Legge 194/2015.

Biodiversità (razze e varietà locali)

Professionalità delle risorse umane

Identità territoriale Protezione

Comunicazione Car

atte

rizzazione

Valore aggiunto Recensioni

Degustazioni pubbliche

Sistemi di accreditamento

Guida Slow Food

Uscite sui media Passaparola

Guide del gusto Corsi/master

Schede sensoriali

Mappatura delle produzioni e dei servizi

Concorsi/premi

Gruppi di assaggio

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10 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

CASI DI STUDIO

Un allevatore/coltivatore custode, aderente ad una Comunità del Cibo e della biodiversità di inte- resse agricolo e alimentare, può realizzare una fi liera corta, trasformando e commercializzando un prodotto all’interno della Comunità? E può trasformare e commercializzare i propri prodotti tramite la Comunità stessa?

Sicuramente sì! L’importante è che i prodotti commercializzati all’interno della stessa Comunità o da questa verso l’esterno, siano essi trasformati o tal quali, provengano principalmente (non esclusivamente) da varietà e razze locali a rischio di estinzione del proprio territorio. Infatti il comma 1 dell’art. 13 della L. 194/2015, che istituisce le Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, recita che le stesse Comunità sono state pensate per “…sostene- re le produzioni agrarie e alimentari, in particolare della Rete nazionale di cui all’articolo 4… ossia Agricoltori e Allevatori custodi, banche del germoplasma/Centri di conservazione e altri soggetti interessati a vario titolo alla conservazione e valorizzazione delle risorse genetiche locali a rischio di estinzione, così come stabilito dal Decreto del MiPAAFT n. 10400 del 24 ottobre 2018. Il sud- detto comma 2 continua con: …nonché di promuovere comportamenti atti a tutelare la biodiversità di interesse agricolo e alimentare…”. Tutelare l’agrobiodiverstià signifi ca, non solo tutelare le risorse genetiche locali dall’estinzione, ma, con esse, tutelare l’ambiente (acqua, suolo e biodiversità) nel quale si sono caratterizzate ed hanno sviluppato nel tempo, grazie alla cura degli agricoltori, le loro peculiarità.

Un allevatore/coltivatore custode, aderente ad una Comunità del Cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare può vendere ad altri allevatori/coltivatori della stessa Comunità materiale genetico (semi o riproduttori) da destinare a produzioni tipiche della Comunità?

Solo se nel rispetto della normativa sementiera o della normativa sulla vendita di materiale di moltiplicazione per le specie frutticole, ossia:

1) la varietà oggetto di vendita della semente o del materiale di moltiplicazione, deve essere iscritta al registro nazionale per la commercializzazione delle sementi per le specie erbacee e al registro nazionale per la commercializzazione per le specie frutticole;

2) l’agricoltore deve essere in regola con i controlli fi tosanitari richiesti dalla legge, quindi iscri- zione dell’azienda al Registro del servizio fi tosanitario o come ditta sementiera o per la mol- tiplicazione di materiale vegetale. Non si può derogare questo punto sia per non diff ondere di fi topatologie importanti (come invece si sta assistendo ultimamente anche grazie ai cam- biamenti climatici), sia per il controllo della corrispondenza della varietà vegetale dichiarata in fase di vendita.

Per le razze animali va rispettata la specifi ca normativa in caso di vendita di riproduttori o di ma- teriale seminale o ovuli, ecc. alla quale si rimanda.

Un allevatore/coltivatore custode, aderente ad una Comunità del Cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare può vendere ad altre persone (hobbisti) materiale genetico (semi o riproduttori) per autoconsumo?

Solo nel rispetto di quanto risposto alla precedente domanda n. 2. Non esistono deroghe per gli hobbisti. L’autoconsumo avviene in azienda quindi non c’è vendita ed è ovviamente sempre ammesso.

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CASI DI STUDIO 11

Una Comunità del Cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare coinvolge diversi at- tori (agricoltori, trasformatori e commercianti/distributori) di un determinato territorio: esempio nella provincia di Padova, Treviso e Vicenza. Nell’accordo per la costituzione di questa Comunità del Cibo possono partecipare Gruppi di acquisto solidale o ristoratori ad esempio della Tosca- na?

Secondo quanto previsto dal citato Articolo 13 della L. 194/2015, la Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare è defi nita da ….gli ambiti locali derivanti da accordi tra… i soggetti elencati nel comma 2 dell’articolo 13. Quindi se l’ambito locale è defi nito dagli accordi tra agricoltori veneti, diffi cilmente si giustifi ca la presenza di ristoratori toscani. Più ap- propriato sembrerebbe che i ristoratori toscani possano essere solo clienti della Comunità del cibo di Padova, Treviso e Vicenza, anche perché verrebbe meno il riferimento all’ambito locale dei prodotti acquistati: sono del Veneto o della Toscana?

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14 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

La tutela e la valorizzazione dell’agrobiodiversità fi no alla Comunità del Cibo

Biodiversità e agrobiodioversità La tutela della biodiversità delle piante e degli animali per l’agricoltura e l’alimentazione con- tinua ad essere uno dei più urgenti bisogni del pianeta. La rapida scomparsa nel mondo di numerosissime razze animali e varietà vegetali ha sollevato all’attenzione di tutti, l’importan- za della tutela della diversità biologica per il sano perpetuarsi della vita sulla terra. Questo è uno degli obiettivi più importanti che la Co- munità internazionale si è posta in tempi rela- tivamente recenti: basti pensare che il termine

“biodiversità” è entrato nell’uso corrente solo dopo il 1992, ossia dopo la Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro, la quale appro- vò la “Convenzione sulla diversità biologica o biodiversità” (CBD), che rappresenta il primo e più importante documento internazionale sul tema1.

Nel 2012, le “Linee guida nazionali per la con- servazione in situ, on farm ed ex situ, della bio- diversità vegetale, animale e microbica di in- teresse agrario”, approvate con il Decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali (MiPAAF) del 6 luglio 2012, riportano le seguenti defi nizioni:

- Biodiversità (dalla CBD): l’insieme della di- versità delle forme viventi; il termine fa rife- rimento a tre livelli di complessità: diversità entro specie, diversità nel numero di spe- cie e diversità ecologica (diversità a livello di comunità di specie);

- Agrobiodiversità (o biodiversità di interesse agricolo e alimentare o biodiversità agra- ria): la diversità della vita relativa ai sistemi agricoli. L’agrobiodiversità è essenzialmen- te legata agli agro-ecosistemi, cioè agli eco- sistemi naturali modifi cati dall’uomo con l’introduzione della coltivazione fi nalizzata alla produzione agricola.

Quindi l’agrobiodiversità è un sottoinsieme del più grande mondo della biodiversità natu- rale e selvatica e “comprende la diversità delle colture, delle piante erbacee e arboree coltivate e spontanee, degli animali in allevamento e sel- vatici e dei microorganismi che contribuiscono alla produzione agricola e al mantenimento della fertilità del suolo. La biodiversità agraria riguar-

da anche la struttura e la distribuzione di questi componenti all’interno del sistema agricolo, la loro relazione con l’ambiente e con le risorse ge- netiche e tutte le buone pratiche che l’agricoltore esercita per raggiungere l’obiettivo di produzio- ne. I sistemi agricoli tradizionali, che prevedono l’integrazione tra colture arboree, erbacee e al- levamenti animali sono considerati più effi cienti nell’uso delle risorse naturali e in grado di garan- tire un maggiore accesso al cibo. I sistemi agricoli integrati, inoltre, forniscono servizi ecosistemici quali l’accumulo di carbonio, il risparmio idrico e l’aumento della biodiversità” (Vazzana, 2017;

Lorenz et Al., 2014; Altieri et Al., 2015).

Le azioni principali in tema di tutela dell’agro- biodiversità attivate negli ultimi anni soprat- tutto dalle Regioni italiane, riguardano il re- cupero, la caratterizzazione, la conservazione (in situ/on farm ed ex situ) e la valorizzazione delle risorse genetiche animali e vegetali, loca- li, a rischio di estinzione. Per meglio tentare di spiegare l’importanza della tutela delle risorse genetiche locali per la salvaguardia dell’agro- biodiversità, si può citare un testo di Concetta Vazzana, docente di Agraria all’Università degli Studi di Firenze, riportato in una pubblicazione della Regione Toscana del 19952 ancora molto attuale: “Gli agricoltori delle diverse zone con- traddistinte da particolari condizioni del suolo e ambientali, hanno operato una continua selezio- ne sulle specie di interesse agricolo, che ha por- tato alla costituzione di numerosissime varietà idonee a valorizzare le risorse naturali delle più svariate aree. In seguito, con l’industrializzazione dell’agricoltura, l’introduzione di concimi chimici e l’uso di energia fossile, si sono andate poi af- fermando le sementi selezionate che hanno so- stituito gli ecotipi locali. Al di là degli innegabili benefi ci conseguenti l’adozione di questi fattori produttivi, è stato registrato un impoverimento della base genetica, evidenziatosi specialmente con il manifestarsi di diff usi attacchi di agenti fi - topatogeni e con la mancanza di resistenza delle nuove sementi, selezionate o ibride, ai vari stress ambientali”.

La politica agricola della UE da tempo è im- pegnata sul lato ambientale e nella prossima programmazione, sembra che sia ancora più centrata sulla tutela dell’ambiente inteso come

1 Turchi R., 2006. La tutela e la valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali in toscana/

Conservation of And adding of value to the patrimony of local breeds and varieties in Tuscany.

Coordinamento: Natale Bazzanti e Matteo Bartoli. Testo inglese:

Lori Hetherington.

Pubblicazione ARSIA.

2 Vazzana C., Cerretelli G., 1995. Un seme, un ambiente - Manuale di autoriproduzione delle sementi. Regione Toscana, Giunta Regionale (Firenze).

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LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DELL’AGROBIODIVERSITÀ FINO ALLA COMUNITÀ DEL CIBO 15

suolo, acqua, biodiversità, ma anche clima, spingendo sempre più verso un’agricoltura so- stenibile dal punto di vista ambientale ed eco- nomico. Tuttavia la normativa a livello comu- nitario non presenta ancora il termine “biodi- versità agraria” o “agrobiodiversità”, limitando il concetto alla tutela delle “risorse genetiche in agricoltura” animali e vegetali, e mantenen- do un approccio di tutela ambientale dettato, forse necessariamente, dalle scienze naturali piuttosto che da quelle agrarie, imponendo quindi comportamenti spesso diffi cilmente comprensibili agli agricoltori.

Attualmente si può ben aff ermare che la bio- diversità diventa sempre più uno strumento irrinunciabile di gestione in agricoltura: un im- prenditore agricolo non può più non tenerne conto nelle proprie scelte. Considerare la tu- tela della biodiversità del proprio territorio ad- dirittura come un “fattore produttivo” signifi ca tenere in considerazione, come sopra citato, la diversità delle colture (compresi i parenti selvati- ci), delle piante erbacee e arboree anche sponta- nee, degli animali in allevamento e selvatici, degli insetti, dei microorganismi che contribuiscono alla produzione agricola e al mantenimento della fertilità del suolo3.

Inoltre i prodotti locali diventano sempre più espressione del territorio, portatori di una qualità riconoscibile, che se legata anche ad un’agricoltura sostenibile, diventano maggior- mente valorizzabili sul mercato.

È in questo scenario che si collocano i tentativi regionali e oggi anche quelli nazionali, di tutela e valorizzazione del patrimonio di razze e va- rietà locali a rischio di estinzione.

I sistemi regionali di tutela e valorizzazione delle risorse

genetiche locali di interesse agricolo e alimentare e l’avvento di quello nazionale della L. 194/2015

Sin dal 1997 alcune Regioni italiane hanno le- giferato in materia di tutela del proprio patri- monio di razze e varietà locali.

Elencando le varie leggi regionali in ordine cro- nologico si ha:

1 Legge regionale della Toscana n. 50/1997 sostituita dalla n. 64/2004;

2 Legge regionale del Lazio n. 15/2000;

3 Legge regionale dell’Umbria n. 25/2001;

4 Legge regionale del Friuli Venezia Giulia n.

11/2002;

5 Legge regionale delle Marche n. 12/2003;

3 Documento fi nale preparatorio alla Conferenza Regionale dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale, Lucca 2017 - Tavolo n° 2 ”Agrobiodiversità, prodotti di qualità e promozione, tradizione e sostenibilità alimentare”.

6 Regolamento della Campania n. 6/2012 di attuazione dell’articolo n. 33 della legge re- gionale n. 1/2007;

7 Legge regionale dell’Emilia Romagna n.

1/2008;

8 Legge regionale della Basilicata n.

26/2008;

9 Legge regionale Sicilia n. 19/2013;

10 Legge regionale della Puglia n. 39/2013;

11 Legge regionale della Sardegna n.

16/2014;

12 Legge regionale della Calabria n. 14/2018.

Dal 1° dicembre 2015 è in vigore la Legge del- lo Stato n. 194 su “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare”: lo schema 2 riporta una rappresentazione del sistema nazionale istitu- ito dalla Legge.

Da una prima analisi si rileva che il sistema na- zionale si pone in modo complementare ai si- stemi regionali già vigenti, facendo intravede- re una coesistenza non solo possibile, ma con alta probabilità di importanti sinergie. Infatti, la prossimità al territorio del sistema regionale rispetto a quello nazionale e, viceversa, la pos- sibilità di accedere ad una visione più ampia di quella locale off erta dal sistema nazionale, potrebbero portare ad importanti risultati a tutti i livelli.

A favore della complementarità del sistema nazionale con quelli regionali vi sono diversi elementi, primo tra tutti la modalità di iscrizio- ne di una risorsa genetica nell’Anagrafe nazio- nale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare (banca dati analoga ai registri e re- pertori regionali). Infatti, il Ministero delle poli- tiche agricole alimentari, forestali e del turismo (MiPAAFT) che ne ha la competenza, si avvale del parere delle stesse commissioni tecnico- scientifi che nominate nei sistemi regionali. Le Regioni e le Province Autonome che ne sono sprovviste (n. 9 ad oggi) si possono dotare di

“Nuclei di valutazione” con una composizio- ne e un funzionamento simile alle commis- sioni tecnico-scientifi che (v. D.M. n. 1862 del 18/01/2018 sulle modalità di funzionamento dell’Anagrafe).

Con Decreto direttoriale MiPAAFT n. 36583 del 21 dicembre 2018 sono state iscritte nell’Ana- grafe nazionale le risorse genetiche locali a ri- schio di estinzione delle Regioni Marche, Lazio, Emilia-Romagna, Campania, Toscana e Umbria per un totale di 1.480 risorse genetiche vege- tali e di 90 risorse genetiche animali. Questi numeri sono destinati ad aumentare in modo

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16 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

Schema 1 - Il sistema nazionale istituito dalla L.

194/2015.

notevole se si pensa che anche le altre Regioni con un proprio registro regionale, ma anche le altre attualmente non dotate di una propria legge regionale in materia, si stanno attivando per iscrivere le proprie risorse genetiche locali a rischio di estinzione nell’Anagrafe nazionale.

Anche la Rete nazionale della biodiversità di in- teresse agricolo e alimentare istituita sempre dalla L. 194/2015 il cui funzionamento è detta- to dal D.M. n. 10.400 del 24/10/2018 pubblica- to sul sito del MiPAAFT, si presenta come uno strumento analogo alle “reti” esistenti a livello regionale.

La Rete nazionale è composta di diritto dagli

Agricoltori e dagli Allevatori Custodi, così come avviene nelle reti regionali vigenti e quelli già esistenti a livello regionale e possono acceder- vi direttamente.

Anche le banche del germoplasma o centri di conservazione delle risorse genetiche, ricono- sciute dai sistemi regionali per la conservazio- ne principalmente “ex situ” delle risorse gene- tiche locali a rischio di estinzione, possono far parte di diritto della Rete nazionale.

Il fatto che i sistemi regionali possano dialo- gare con il sistema nazionale, risulta estrema- mente importante e vantaggioso sia in fase di prima applicazione, che a regime.

SISTEMA NAZIONALE DI TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ DI INTERESSE AGRICOLO E ALIMENTARE

ANAGRAFE NAZIONALE DELLA BIODIVERSITÀ DI INTERESSE AGRICOLO E ALIMENTARE

RETE NAZIONALE DELLA BIODIVERSITÀ DI INTERESSE AGRICOLO E ALIMENTARE

DOMANDA DI ISCRIZIONE ALL’ANAGRAFE

INDIVIDUAZIONE DELLE RISORSE GENETICHE LOCALI A RISCHIO DI ESTINZIONE Strumenti

di gestione:

- Fondo per la tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimetare- Piano e Linee guida nazionali per la conservazione della biodiversità di interesse agricolo e alimetare- Comitato permanente per la biodiversità di interesse agricolo e alimetare

CONSERVAZIONE (IN SITU, EX SITU) VALORIZZAZIONE

ITER: presentazione delle domande alle Regioni e Province Autonome di competenza le quali provvedono all’istruttoria e a sottoporre la domanda al parere vincolante della Commissione tecnico-scientifi ca o del Nucleo di valutazione; con parere positivo le domande vengono trasmesse al MiPAAF che provvede a verifi care il corretto contenuto delle domande e alla

presenza del parere positivo di cui sopra; con decreto del direttore del MiPAAF avviene l’icrizione all’Anagrafe e alla pubblicazione sul Portale.

BANCHE DEL GERMOPLASMA (strutture locali, regionali e nazionali per la conservazione del germoplasma “ex situ” - a) comma 1, art. 4)

AGRICOLTORI CUSTORI eALLEVATORI CUSTODI - Reti organizzate di

agricoltori e allevatori - Enti pubblici e privati

senza scopo di lucro feedback continuo

feedback continuo

- COMUNITÀ DEL CIBO E DELLA BIODIVERSITÀ DI INTERESSE AGRICOLO E ALIMENTARE

- ITINERARI DELLA BIODIVERSITÀ DI INTERESSE AGRICOLO E ALIMENTARE - GIORNATA NAZIONALE DELLA BIODIVERSITÀ DI INTERESSE AGRICOLO E

ALIMENTARE (20 maggio di ogni anno)

- COMMERCIALIZZAZIONE DI SEMENTI DI VARIETÒ DA CONSERVAZIONE DA PARTE DEGLI AGRICOLTORI

- INIZIATIVE PRESSO LE SCUOLE

- INTERVENTI PER LA RICERCA SULLA BIODIVERSITÀ DI INTERESSE AGRICOLO E ALIMENTARE

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LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DELL’AGROBIODIVERSITÀ FINO ALLA COMUNITÀ DEL CIBO 17

Da sottolineare infi ne, che L. 194/2015 ha isti- tuito altri importanti strumenti di lavoro come le Linee guida nazionali per la conservazione del- la biodiversità di interesse agricolo e alimentare e il Piano nazionale per la biodiversità di interesse agricolo (strumenti già esistenti ma resi stabili dalla Legge e con obbligo di aggiornamento quinquennale). La Legge nazionale prevede anche strumenti di valorizzazione dell’agro- biodiversità come la Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, gli Itinerari dell’agrobiodiversità, la Giornata na- zionale fi ssata per il 20 maggio di ogni anno, il sostegno ad iniziative presso le scuole, il so- stegno alla ricerca scientifi ca in materia di agro biodiversità, la possibilità per gli agricoltori di commercializzare direttamente in azienda se- menti di varietà da conservazione (N.B: fatto già presente in normativa sementiera attuale, ma ancora non realizzabile perché mancano le norme attuative).

La L. 194/2015 è inoltre dotata di un proprio Fondo di Euro 500.000,00 all’anno per soste- nere le azioni in attuazione della stessa.

Alcune considerazioni generali sulle Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare Volendo approfondire alcuni concetti attorno alla Comunità del cibo e della biodiversità di in- teresse agricolo e alimentare istituita dall’art. 13 della L. 194/2015, occorre necessariamente analizzarne il contenuto.

La suddetta Comunità del cibo e della biodiver- sità di interesse agricolo e alimentare è defi nita nel comma 2 dell’articolo 13 suddetto, come gli ambiti locali derivanti da accordi stabiliti tra:

agricoltori locali, agricoltori e allevatori custodi, gruppi di acquisto solidale, istituti scolastici e universitari, centri di ricerca, associazioni per la tutela della qualità della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, mense scolastiche, ospe- dali, esercizi di ristorazione, esercizi commerciali, piccole e medie imprese artigiane di trasforma- zione agraria e alimentare, nonché enti pubblici.

Le fi nalità della Comunità del cibo e della bio- diversità di interesse agricolo e alimentare, sono riportate nel comma 1 del medesimo articolo 13, il quale prevede che la suddetta Comunità deve essere volta al raggiungimento di 3 fi na- lità principali:

1) sensibilizzare la popolazione, sottintenden- do alla tutela e alla valorizzazione della

biodiversità di interesse agricolo e alimen- tare;

2) sostenere le produzioni agrarie e alimentari in particolare della Rete nazionale di cui all’arti- colo 4, della Legge 194/2015: quindi soste- nere le produzioni degli Allevatori e degli Agricoltori custodi ottenute dall’allevamen- to e dalla coltivazione delle risorse gene- tiche locali a rischio di estinzione (quindi iscritte nell’Anagrafe nazionale della stessa legge) delle quali sono “Custodi”; ma anche sostenere le produzioni ottenute sempre da risorse genetiche iscritte nell’Anagrafe nazionale, ma di allevatori e agricoltori non iscritti alla Rete nazionale come “Custodi”;

3) promuovere comportamenti atti a tutelare la biodiversità di interesse agricolo e alimentare.

L’aspetto principale è sicuramente la tutela della biodiversità agraria o agrobiodiversità a partire dai produttori agricoli locali degli Alle- vatori e degli Agricoltori custodi. Quindi non solo il recupero, conservazione e tutela delle risorse genetiche locali a rischio di estinzione di interesse agrario e alimentare, ma anche la tutela della diversità della vita relativa ai siste- mi agricoli (vedi defi nizione di agrobiodiversità delle Linee guida nazionali per la conservazione e la caratterizzazione della biodiversità vegetale di interesse per l’agricoltura di cui al DM 6 luglio 2012). Pertanto diversità delle colture (compresi i parenti selvatici), delle piante erbacee e arboree anche spontanee, degli animali in allevamento e selvatici, degli insetti, dei microorganismi che contribuiscono alla produzione agricola e al mantenimento della fertilità del suolo.

Se ne deduce che una Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità non può non tener conto, tra le proprie fi nalità, di un’agricoltura sosteni- bile che si propone di valorizzare, non solo le risorse genetiche locali a rischio di estinzione, ma anche il territorio nel quale esse insisto- no, in termini di tutela dell’ambiente, del suo- lo, dell’acqua, della biodiversità e della salute umana.

L’altro elemento costitutivo di una Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità è rappresenta- to dagli accordi i quali, secondo il comma 3 dell’art. 13, possono avere come oggetto:

a) lo studio, il recupero e la trasmissione di conoscenze sulle risorse genetiche di inte- resse alimentare ed agrario locali;

b) la realizzazione di forme di fi liera corta, di vendita diretta, di scambio e di acquisto di prodotti agricoli e alimentari nell’ambito di circuiti locali;

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18 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

c) lo studio e la diff usione di pratiche proprie dell’agricoltura biologica e di altri sistemi colturali a basso impatto ambientale e volti al risparmio idrico, alla minore emissione di anidride carbonica, alla maggiore fertilità dei suoli e al minore utilizzo di imballaggi per la distribuzione e per la vendita dei prodotti;

d) lo studio, il recupero e la trasmissione dei saperi tradizionali relativi alle colture agra- rie, alla naturale selezione delle sementi per fare fronte ai mutamenti climatici e alla corretta alimentazione;

e) la realizzazione di orti didattici, sociali, urbani e collettivi, quali strumenti di valo- rizzazione delle varietà locali, educazione all’ambiente e alle pratiche agricole, aggre- gazione sociale, riqualifi cazione delle aree dismesse o degradate e dei terreni agricoli inutilizzati.

Da questa prima analisi emerge che le carat- teristiche principali di una Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità sono:

• l’ambito locale;

• la presenza nello stesso ambito territoriale, di risorse genetiche locali di interesse agri- colo e alimentare, a rischio di estinzione quindi iscritte nell’Anagrafe nazionale della stessa L. 194/2015;

• la presenza nello stesso ambito locale, di diverse tipologie di soggetti interessati, a vario titolo, al recupero, caratterizzazione, conservazione e valorizzazione di risorse genetiche locali, vegetali e animali, a rischio di estinzione del territorio; ma anche, più in generale, alla tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare e alla cultu- ra rurale e agraria ad essa legata, propria dell’ambito locale di riferimento;

• la presenza di almeno 1 accordo tra i sog- getti suddetti, che regoli le loro relazio- ni, volte al raggiungimento delle 3 fi nalità principali della Comunità del cibo e dell’agro- biodiversità sopra elencate, attraverso la realizzazione di almeno alcune delle azioni attivabili in tal senso e elencate nel comma 3 dell’articolo 13 (v. precedenti lettere a, b, c, d ed e).

La prima considerazione che si può fare dopo questa veloce analisi, è sull’importanza di que- sto “strumento” di aggregazione che è la Comu- nità del cibo e della biodiversità di interesse agri- colo e alimentare, volto alla tutela e valorizzazio- ne dell’agrobiodiversità di un intero territorio attraverso la valorizzazione degli agricoltori e

degli allevatori di razze animali e varietà vege- tali, locali a rischio di estinzione dello stesso ambito locale e delle relative produzioni. Tutto ciò a partire dagli attori principali della Rete na- zionale della L. 194/2015, ossia dagli Allevatori e Agricoltori Custodi e dai centri di conserva- zione e banche del germoplasma delle stesse risorse genetiche “custodite” in situ/on farm.

Se quanto sopra riportato è l’obiettivo princi- pale di questo strumento che è la Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità, si può anche af- fermare che le tipologie dei soggetti possibili componenti della Comunità, elencati nel com- ma 2 dell’articolo 13, non possono considerarsi esaustive. Al contrario è da considerarsi come una lista “aperta” anche a possibili altre tipolo- gie di soggetti eventualmente non comprese in quelle già citate dal comma 2 dell’articolo 13, purché di carattere locale, che comunque intendono esplicitamente condividere le stes- se fi nalità della Comunità e operare coerente- mente in tal senso.

Alla luce della stessa considerazione è altret- tanto lecito pensare che non è necessaria la presenza contemporanea di tutte le tipologie di soggetti citate dal comma 2 dell’articolo 3, per poter dar vita ad una Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità, ma che possano essere suffi cienti anche solo alcune di esse, almeno inizialmente. Indispensabile invece è che tut- ti i soggetti che intendono aggregarsi in una Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità condi- vidano ed intendano operare nell’ambito della Comunità, secondo le fi nalità stabilite dal com- ma 1 dell’articolo 13.

La complessità delle relazioni che possono na- scere con il tempo e magari prendere la forma anche di più accordi nell’ambito della Comu- nità, o la stessa con soggetti esterni, possono rendere più o meno merito all’attività della Co- munità, ma sicuramente non in modo slegato dai risultati che nel tempo potranno essere raggiunti; risultati che potranno essere misu- rati anche a partire dalla “soddisfazione” che ogni soggetto esprime nel tempo, nell’appar- tenere alla Comunità. Se ne deduce che non è detto che una Comunità complessa in termini di relazioni sia necessariamente capace di rag- giungere gli obiettivi preposti.

Pertanto, da quanto fi nora detto, si può dire che le Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità possono avere caratteristiche molto diverse tra di loro, vista la diversità dei possibili accordi realizzabili, derivanti dalle diverse relazioni che si possono instaurare tra i vari soggetti coin- volti.

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LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DELL’AGROBIODIVERSITÀ FINO ALLA COMUNITÀ DEL CIBO 19

L’esperienza toscana in tema di tutela delle razze e varietà locali a rischio di estinzione e la nascita della Comunità del Cibo della Garfagnana

A partire dal 1997 esiste in Toscana un siste- ma di tutela delle risorse genetiche locali di interesse agrario, zootecnico e forestale che nel 2004 ha avuto notevoli modifi che fi no alla defi nizione del sistema regionale attuale, sta- bilito dalla Legge regionale 64/2004 (v. http://

germoplasma.regione.toscana.it). Il sistema toscano è costituito da strumenti analoghi alla legge nazionale che, sinergicamente attiva- ti tra loro, tendono a scongiurare il rischio di estinzione di molte razze e varietà locali. Tali strumenti sono:

- i Repertori regionali che ad oggi annovera- no n. 879 accessioni tra razze animali e va- rietà vegetali, locali, delle quali 753 a rischio di estinzione;

- n. 180 i Coltivatori Custodi (conservazione

“in situ/on farm”), in costante aumento, ma non ancora suffi cienti;

- la Banca Regionale del Germoplasma (10 banche del germoplasma responsabili del- la conservazione soprattutto “ex situ”);

- la Rete di “conservazione e sicurezza” delle risorse genetiche locali, della quale fanno parte tutti i Coltivatori Custodi, le banche del germoplasma e tutti i soggetti presen- ti sul territorio toscano, interessati a vario titolo alla conservazione e valorizzazione delle razze e varietà locali regionali per un totale di circa 340 soggetti coinvolti attual- mente, che tendono ad aumentare.

Una delle esperienze più interessanti ad oggi è rappresentata dalle banche del germopla- sma di specie erbacee del sistema regionale in rapporto con i Coltivatori Custodi. Infatti esse devono ricevere annualmente i campioni di seme provenienti dai Coltivatori Custodi che conservano “in situ/on farm” le stesse varie- tà locali a rischio di estinzione (questo anche allo scopo di rinnovo del materiale di molti- plicazione conservato). Per contro, la banca del germoplasma deve verifi care la corretta conservazione della risorsa genetica realizzata dal Coltivatore Custode, tramite prove varie- tali periodiche, programmate allo scopo. Non sempre questo avviene per diffi coltà a volte oggettive dei gestori delle stesse banche del

germoplasma, ma là dove avviene si realizza quel circuito virtuoso tra i Coltivatori Custodi e il soggetto gestore della banca del germopla- sma, fi no ad attivare un feedback continuo tra i protagonisti del sistema, che crea una rete locale di conoscenze, competenze e di espe- rienze attorno alla conservazione e coltivazio- ne delle razze e delle varietà locali a rischio di estinzione, tutto a benefi cio dei vari territori.

Esempi di questo sono la Sezione della Ban- ca regionale del germoplasma dell’Unione dei Comuni Montani del Casentino per la zona omonima; la Sezione dell’Istituto d’Istruzione Superiore Professionale e Tecnico Agrario e Forestale “A. Fanfani – A. M. Camaiti” di Pieve Santo Stefano (AR) per la Valtiberina toscana;

la Sezione dell’Unione dei Comuni della Gar- fagnana che è giunta fi no a costituire la pri- ma Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare (art. 13, L. 194/2015) della Toscana, denominata “Co- munità del cibo e dell’agrobiodiversità della Garfagnana” (Figura 1).

Le “reti” locali costruite dal rapporto di scam- bio reciproco di semi e di know how tra i Col- tivatori custodi e le banche del germoplasma riconosciute dal sistema regionale, spesso costituiscono il tessuto ideale per la realizza- zione di progetti territoriali di valorizzazione delle proprie razze e varietà locali a benefi cio dei Coltivatori Custodi in particolare, ma an- che degli altri agricoltori dei vari comprensori territoriali. Essi infatti sono una presenza fon- damentale sui territori, soprattutto montani o svantaggiati, per combattere lo spopolamento di molte zone e il conseguente abbandono dei terreni con perdita di biodiversità.

Figura 1 – Logo della Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare della Garfagnana (art. 13 L. 194/2015).

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20 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

La Comunità del cibo della Garfagnana

L’agrobiodiversità, coltivata e allevata, è espressione della coevoluzione tra territorio e comunità e ne determina la ricchezza cultu- rale e naturale. Da questa consapevolezza na- sce la volontà di tutelare e valorizzare questo patrimonio, attraverso la defi nizione di politi- che attive e d’iniziative che coinvolgano tutti gli attori presenti su un territorio.

La Costituzione della Comunità del cibo si è concretizzata grazie ad un progetto pilota realizzato dall’Unione Comuni Garfagnana, voluto dalla regione Toscana e da Terre Re- gionali Toscane, fi nanziato da quest’ultima sul PSR 2014/2020, sottomisura 10.2 ”sostegno alla conservazione e all’uso sostenibile del- le risorse genetiche in agricoltura”. L’azione concreta del progetto denominato “Ru.Co.La.

- Rural Community of Local Agrobiodiversity”

è stata la progettazione di un modello ope- rative per la istituzione di una Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare” con la realizzazione di un caso concreto. Il progetto ha defi nito e raccolto in un manuale di progettazione le diverse attivi- tà e i passaggi fondamentali per la costituzio- ne della Comunità, con l’obbiettivo di mettere a punto uno strumento operativo, un modello applicativo replicabile e adattabile ad altri ter- ritori (Figura 1).

Figura 1 – Manuale.

La Comunità del cibo e della agro-biodiver- sità della Garfagnana è stata formalmen- te istituita il 3 novembre del 2017, a monte dell’atto fondativo sta un lungo percorso di preparazione, coinvolgimento, discussione e confronto messo in atto con e tra gli attori che a vario titolo erano stati individuati come po- tenziali aderenti alla Comunità, realizzato con il coordinamento scientifi co del DiSAAA-a dell Università di Pisa e il Laboratorio sismondi.

L’Unione Comuni forte della profonda cono- scenza delle dinamiche esistenti nel territorio, ha eff ettuato un importante scelta di fondo optando per sostenere una Comunità che po- tesse nascere e svilupparsi dal basso, come espressione diretta del territorio. E’ stato un cammino condiviso e partecipato, lasciato li- bero di esprimersi e di scegliere la forma più adeguata alle dinamiche emerse dal contesto locale.

Gli ambiti di intervento e gli obiettivi della Co- munità sono il frutto del confronto fra attori locali che ne hanno promosso la nascita. Du- rante il percorso per la costituzione della Co- munità è stato possibile identifi care interventi comuni e trasversali, come lo studio dell’agro- biodiversità locale, la promozione di circuiti lo- cali di produzione, trasformazione e vendita , la sensibilizzazione della cittadinanza sull’impor-

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LA COMUNITÀ DEL CIBO DELLA GARFAGNANA 21

tanza della tutela dell’agrobiodiversità locale come elemento identitario, la creazione di reti tra agricoltori e altri operatori della fi liera per la condivisione degli aspetti tecnici della colti- vazione, dell’allevamento, della trasformazione e dell’utilizzo dei prodotti locali biodiversi.

Il percorso di nascita e strutturazione della Co- munità è stato realizzato attraverso la condivi- sione dei principi comuni, obiettivi condivisi e passi concreti per realizzarli. A tal fi ne è stato importante creare uno spazio di confronto organizzato e guidato, fra tutti i soggetti del sistema, e prevedere un’articolazione di docu- menti utili a sottoscrivere gli impegni reciproci dei diversi attori coinvolti.

Una volta individuati i soggetti interessati, sono stai proposti due tipi documenti da sot- toscrivere:

la Carta della Comunità e il Patto del cibo e dell’agrobiodiversità . A partire dalla condivi- sione dei principi e degli obiettivi, gli aderenti della Comunità (sottoscrittori della Carta) e i fi rmatari del Patto hanno elaborato il Piano Strategico, un programma di azioni concrete a sostegno della valorizzazione dell’Agrobiodi- versità locale.

Tra i primi obiettivi è stato individuato l’incre- mento della biodiversità coltivata e allevata, allo scopo di ampliare le produzioni e proget- tare attività di valorizzazione sulla base di una

Coinvolgimento del territorio Incontri tra attori locali

e condivisione dei linguaggi

Il nucleo promotore (agricoltori…) organizza incontri per spiegare cosa è la comunità e defi nire gli obiettivi

Costituzione della Comunità La Carta della

Comunità Il nucleo promotore traduce gli obiettivi nella Carta documento che sarà sottoscritto dai membri della Comunità

Allargamento delle alleanze Il Patto della

terra per il cibo e l’agrobiodiversità

Il nucleo promotore individua altri soggetti a supporto delle attività della comunità e li coinvolge nella sottoscrizione di un documento di intenti con obiettivi complementari alla Carta

Piano strategico

La Comunità del cibo, insieme ai fi rmatari del Patto, identifi ca le azioni da realizzare, i tempi e le modalità, i soggeti attuatori

“massa critica” di operatori, superfi ci coltivate e prodotti. Ma le azioni concrete toccano vari ambiti: turismo, cultura, istruzione, formazio- ne, opportunità commerciali, ristorazione col- lettiva.

La carta della comunità

Hanno sottoscritto la Carta della Comunità 54 soggetti di cui 31 coltivatori e allevatori custodi; il 46% sono aziende agricole e zoo- tecniche, 9% sono associazioni e 44% consu- matori fi nali (associazioni del territorio, GAS, ristoranti, piccoli commercianti e membri della società civile a vario titolo). Con la sottoscrizio- ne si sono impegnati a rispettarne i principi e a realizzare tutte le azioni utili alla tutela, alla va- lorizzazione e alla promozione della Agrobio- diversità locale, immenso patrimonio materia- le e immateriale, che da generazioni disegna la comunità e il territorio, riconoscendo nella stessa:

• la propria identità locale

• uno strumento di valorizzazione delle pro- duzioni locali.

I principi della carta

• Valorizzare il lavoro e l’impegno degli altri soggetti aderenti alla Comunità, attraver-

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22 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

so azioni co-progettate che diano a tutti i membri la possibilità di partecipare alle strategie di valorizzazione, ognuno per le proprie competenze e specifi cità,

• Promuovere la creazione di circuiti econo- mici locali per la valorizzazione della agro- biodiversità, attraverso azioni di auto-orga- nizzazione e azioni coordinate di relazione con i soggetti sottoscrittori del Patto,

• Supportare la creazione e lo sviluppo del- la conoscenza condivisa tra i membri della Comunità,

• Sensibilizzare gli attori territoriali e gli Enti pubblici nella valorizzazione della agrobio- diversità locale, promuovendo e concertan- do azioni coordinate per le politiche locali e per la defi nizione di progetti strategici,

• Promuovere azioni di formazione e educa- zione nei confronti della comunità locale, a partire dal coinvolgimento e dalla sensibi- lizzazione degli istituti scolastici,

• Stimolare la creazione di circuiti di produ- zione-vendita-consumo locale per valo- rizzare la agrobiodiversità tra gli attori del territorio e al di fuori della Garfagnana,

• Stimolare la creazione di percorsi culturali, esperienziali e turistici che valorizzino il pa- trimonio di Agrobiodiversità locale,

• Promuovere la defi nizione di politiche di promozione territoriale coordinate,

• Mettere in atto tutte le azioni possibili per garantire la conoscenza delle attività della Comunità sul territorio e oltre, promuo- vendo la sottoscrizione della Carta della Comunità e del Patto della Terra a nuovi potenziali partecipanti.

Il patto per il cibo e l’agrobiodiversità

I soggetti deputati a portare avanti azioni di supporto e sostegno alla Comunità, hanno sottoscritto il Patto della Terra, sono:

• Unione Comuni Garfagnana ed alcuni dei comuni associati;

• istituti scolastici (IC Barga, IC Camporgiano, IC Gallicano, IC Piazza al Serchio, ISI Barga), Associazione nazionale Città Del Castagno;

• ASL Toscana Nord Ovest;

• associazioni di categoria (Confederazione Italia Agricoltori C.I.A., Federazioone Pro- vinciale Coltivatori Diretti COLDIRETTI);

• GAL Montagna Appennino;

• Parco Nazionale Appennino Tosco-Emilia- Hanno riconosciuto che:no.

• l’Agrobiodiversità è identità locale;

• l’Agrobiodiversità disegna il paesaggio;

• l’Agrobiodiversità valorizza l’economia loca- le.

Foto 1 – I prodotti.

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LA COMUNITÀ DEL CIBO DELLA GARFAGNANA 23

Si sono impegnati a:

(rappresentanti delle istituzioni e altri sottoscrittori del Patto della Terra)

• Promuovere la coerenza tra le azioni pro- mosse dalla Comunità del cibo e le politi- che pubbliche progettate per il territorio;

• Promuovere la crescita della comunità lo- cale, attraverso la diff usione della consape- volezza del ruolo della tutela della agrobio- diversità per lo sviluppo del territorio;

• Promuovere il coordinamento inter isti- tuzionale per individuare percorsi orga- nizzativi e amministrativi che facilitano il raggiungimento degli obiettivi condivisi per la tutela e la valorizzazione della Agrobiodi- versità locale;

• Promuovere azioni volte al raff orzamento della comunità locale, con particolare at- tenzione alla partecipazione e all’ìinclusio- ne dei cittadini in condizioni di diffi coltà.

(Amministrazioni Comunali, dell’Unione dei Comuni, del GAL, dei Parchi)

• Implementare progettazioni coerenti con i bisogni espressi dalla Comunità del cibo, anche attingendo a risorse messe a dispo- sizione da altri enti o dall’Unione Europea;

• Ricercare la coerenza con gli obiettivi della Comunità nella pianifi cazione territoriale, nella progettazione a valere sulle risorse messe a disposizione su bilancio proprio,

nelle iniziative di animazione e promozione territoriale e nelle azioni di ordinaria ammi- nistrazione.

(Istituti Scolastici e dei Servizi educativi)

• Progettare, insieme alla Comunità, percor- si di formazione e sensibilizzazione per co- noscere e valorizzare le risorse genetiche locali, in base ai bisogni e alle capacità dei bambini/e e dei ragazzi/e;

• Raff orzare il coinvolgimento di tutta la comunità educante (istituti, famiglie, bambini/e, ragazzi/e)nella condivisione de- gli obiettivi e dei percorsi, consapevoli che solo attraverso proposte coerenti è possi- bile far maturare il reale cambiamento del- la comunità.

(ASL Toscana Nord Ovest)

• Valorizzare le specifi cità del territorio nei piani di educazione alla salute (alimenta- zione e life skill su identità culturale e em- powerment);

• Valutare le modalità di valorizzazione degli alimenti biodiversità nella refezione collet- tiva (RSA, scuole e servizi per l’infanzia), nei percorsi di prevenzione e di educazione sui corretti stili di vita;

• Mettere in atto tutte le azioni possibili per supportare la Comunità nella realizzazione dei propri obiettivi.

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24 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

Figura 2 – Logo della Comunità.

(Associazioni di categoria)

• Formare e supportare i nostri associati nel- la valorizzazione dei prodotti del territorio;

• Creare le condizioni per lo sviluppo di ac- cordi locali tra operatori delle fi liere agroa- limentari, del turismo e della conoscenza.

(Università e mondo della ricerca)

• Supportare gli operatori locali per lo svilup- po e la diff usione delle varietà locali, attra- verso approcci multidisciplinari o appro- fondimenti scientifi ci sulle caratteristiche peculiari dei prodotti del territorio.

Piano strategico

Nel documento sono state previste le azioni da mettere in atto per:

• consolidare la Comunità e la rete di con- servazione dell’Agrobiodiversità locale;

• individuare le attività da mettere in atto nel territorio;

• defi nire le priorità;

• monitorare l’effi cacia delle scelte eff ettuate;

• mobilitare risorse economiche;

• dare continuità all’animazione sul territorio.

Azioni e obiettivi

Dalla sua costituzione ad oggi, è stato nomi- nato un gruppo operativo tra i membri della Comunità che si è impegnato a veicolare gli obiettivi, ed insieme ai soggetti fi rmatari di Carta e Patto ha:

• adottato il logo uffi ciale (Figura 2), realizzato attraverso un concorso dedicato alle scuo- le locali, che ne hanno elaborato la grafi ca, vincitore la scuola media di Camporgiano;

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LA COMUNITÀ DEL CIBO DELLA GARFAGNANA 25

• dettato le prime regole di funzionamento, elaborato la scheda di adesione,

• realizzato la mappatura delle aziende e dei prodotti (Figure 3 e 4),

• promosso iniziative locali legate al prodot- to locale, degna di nota a manifestazione

“Garfagnana Terra Unica” che ha dedicato un largo spazio alla nascente comunità del cibo;

• iniziato un lavoro capillare di sensibilizza- zione alla biodiversità, soprattutto attraver- so le scuole ed aperto il dialogo sull’intro-

Figura 3 – Mappatura delle aziende della Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità della Garfagnana.

duzione dei prodotti della Comunità nelle mense;

• iniziato il percorso per l’associazionismo, redatto lo statuto e l’atto costitutivo.

La Comunità del cibo della Garfagnana è un progetto ambiziose, che si identifi ca oggi in un movimento etico e culturale attraverso il quale si vogliono infatti veicolare tutti i temi e i valo- ri legati al cibo: storia e tradizione, paesaggio, rispetto del lavoro, tutela della biodiversità, si- curezza alimentare e legame con la terra e la natura in senso lato. È tutto ciò il presupposto

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26 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

Figura 4 – Mappatura di prodotto.

per creare e raff orzare nel tempo una rete di consumatori e produttori locali ben defi niti, condividenti metodi di coltivazione e alleva- mento rispettosi dell’ambiente e degli animali

e in sinergia fra loro, in grado di curare, so- stenere il territorio e consegnarlo integro alle future generazioni, con molteplici opportunità di ulteriore sviluppo sostenibile.

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LA COMUNITÀ DEL CIBO DELLA GARFAGNANA 27

Coltivatore Custode Franca Bernardi - Azienda agrituristica “Il Corniolo”, Castiglione di Garfagnana (Lucca)

Anche se ha preso il via dalla Legge Regionale della Regione Toscana n. 64 del 16 Novembre 2004 – “Tutela e valo- rizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario, zootecnico e forestale“ di fatto la Comunità del Cibo della Garfagnana è la diretta attuazione di quanto previsto dalla Legge n. 194 dell’1 Dicembre 2015 – “Salvaguar- dia della Biodiversità” nell’ Articolo 13 riportato in sintesi di seguito

Art. 13. Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare 1. Obiettivi

- sensibilizzare la popolazione

- sostenere le produzioni agrarie e alimentari, in particolare della Rete nazionale (art. 4) - promuovere comportamenti atti a tutelare la biodiversità di interesse agricolo e alimentare 2. Obiettivi realizzati tramite Ambiti locali derivanti da accordi tra

- agricoltori locali

- agricoltori e allevatori custodi - gruppi di acquisto solidale - istituti scolastici e universitari - centri di ricerca

- associazioni per la tutela della qualità della biodiversità di interesse agricolo e alimentare - mense scolastiche, ospedali

- esercizi di ristorazione, esercizi commerciali

- piccole e medie imprese artigiane di trasformazione agraria e alimentare - nonché enti pubblici.

Basandosi su questi principi, la comunità del cibo della Garfagnana nasce a Settembre 2017 con il nucleo degli Agri- coltori Custodi ai quali si aggiungono altri soggetti e in 54 fi rmano a Novembre la Carta della Comunità.

Il principio cardine della Comunità è il riconoscimento del valore di un cibo che sia

• Buono – riscoperta e valore dei sapori

• Sano – consapevolezza del fatto che siamo quello che mangiamo

• Equo – equilibrio economico tra produttore e consumatore

• Sostenibile – rispetto per l’ambiente

• Espressione di questo territorio – riconoscere e condividere le proprie radici attraverso il cibo

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28 AGRICOLTORI-ALLEVATORI CUSTODI E COMUNITÀ DEL CIBO

Una Comunità formata da coltivatori custodi, nucleo per la salvaguardia della biodiversità, agricoltori, allevatori, tra- sformatori, GAS/cittadini consumatori, associazioni culturali e paesane, scuole, ristoratori uniti in una micro economia virtuosa e sostenibile per tutti, alimentata dal cibo che tutti riconoscono come proprio.

Sempre riferendosi a quanto previsto dall’Art. 13 la Comunità del Cibo si propone di perseguire i seguenti obiettivi

• continuare e amplifi care lo studio, il recupero e la trasmissione di conoscenze sulle risorse genetiche di interesse alimentare ed agrario locali

• realizzare forme di fi liera corta, di vendita diretta, di scambio e di acquisto di prodotti agricoli e alimentari nell’am- bito di circuiti locali e non solo

• perseguire un’agricoltura a basso impatto ambientale, volta al risparmio idrico, alla minore emissione di anidride carbonica, alla maggiore fertilità dei suoli

• continuare e amplifi care lo studio, recupero e trasmissione dei saperi tradizionali relativi alle colture agrarie, alla naturale selezione delle sementi per fare fronte ai mutamenti climatici e alla corretta alimentazione

Andando sul concreto la Comunità del Cibo ritiene che la realizzazione degli obiettivi deve passare… dal piatto e quin- di la prima sfi da è proprio quella di comparire nei menù di chi fa ristorazione con il seguente schema

• Quanti ristoratori.... almeno uno per tipologia (agriturismo, ristorante, pizzeria)

• Dove.... in Garfagnana per partire

• Che cosa off rire.... dal pasto completo, pane incluso ad una sola pietanza

• Con che frequenza.... almeno una volta al mese

• Obblighi da parte del ristoratore.... tracciabilità completa per avere il logo della Comunità in menù o in esposizione nel locale

Ovviamente tutto questo deve tener conto dell’ impatto che la biodiversità può avere sull’ organizzazione ristoratore infatti per alcuni prodotti tipo la carne o le farine di grani antichi esiste una componente di imprevedibilità dovuta alla peculiarità del prodotto, per esempio la farina di grani antichi lievita diversamente a seconda dell’ umidità, la carne di bovini biodiversi è molto soda, etc.

Ma proprio queste peculiarità favoriscono la comunità, arricchendo la conoscenza degli attori coinvolti, rinnovando la curiosità su temi rodati, ma messi ad una nuova prova.

Una Comunità del Cibo in marcia dal 2017, che sta cercando una sua identità, un spazio per se e soprattutto per il suo Cibo. Vediamo cosa è stato fatto ad oggi

2018 in sintesi

• Al nucleo degli Agricoltori Custodi si sono aggiunte Aziende Agricole nuove

• Sono state defi nite le linee guida per l’ ammissibilità di soggetti

• Alla salvaguardia della biodiversità si è aggiunto il criterio di coltivare e allevare in modo etico e tradizionale

• Per gli allevatori la biodiversità è rappresentata dalla storicità di presenza della razza allevata e quindi un nucleo di allevatori si è unito alla Comunità

• Un concorso scolastico tra diverse scuole locali ha creato il Marchio

• Con il Marchio sono arrivate le linee guida per il suo uso da parte dei membri della Comunità e di chi non ne fa parte, ma usa I prodotti della Comunità del Cibo

• La Comunità ha un paniere che comprende - ortive in prevalenza biodiversa

- frutta in prevalenza biodiversa

- cereali e mais in prevalenza biodiversa e di gran pregio,incluso farine - carni

- latte e formaggi

• Alcuni panifi ci stanno aderendo

• Un ristoratore ha accettato la sfi da ed è riuscito a fare un’ intera cena biodiversa

• Un’Associazione Paesana ha fatto un evento di 2 giorni con prodotti biodiversi (farine) 2019 - Sfi de

• Costituire una vera Associazione

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