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Oggetto: Patto per la salute 2014 – 2016, denuncia per possibile violazione normativa europea

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Roma, 20 luglio 2015

Alla C.a. del dott. Vytenis Andriukaitis Commissario Europeo per la salute e la sicurezza alimentare

Email: vytenis.andriukaitis@ec.europa.eu

Oggetto: Patto per la salute 2014 – 2016, denuncia per possibile violazione normativa europea

Gentile Commissario,

il Patto per la salute (in allegato), per il quale il 10 luglio 2014 è stata sancita l’intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, è un accordo finanziario e programmatico tra il Governo e le Regioni, di valenza triennale, in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario Nazionale, finalizzato a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e a garantire l’unitarietà del sistema.

Il Disegno di legge C. 2679-bis-B “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato(disegno di legge di stabilità 2015)”, approvato definitivamente il 22 dicembre 2014 (Legge n. 190 del 23 dicembre 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 29 dicembre 2014),ai commi 555-588 dà attuazione al Patto per la salute 2014-2016.

Il Patto per la salute 2014-2016 all’articolo 6 “Assistenza socio-sanitaria”, ai commi 1 e 2 sancisce che gli interventi relativi “alla non autosufficienza, alla disabilità, alla salute mentale adulta e dell'età evolutiva, alle dipendenze, all'assistenza ai minori” vadano erogati “nei limiti delle risorse programmate per il sistema sanitario regionale”.

La Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011 sulla mobilità e l'integrazione delle persone con disabilità e la strategia europea in materia di disabilità 2010-2020 (2010/2272(INI)) tra i propri obiettivi stabiliscono che “la spesa finanziaria e gli investimenti economici a favore delle persone con disabilità costituiscono un investimento a lungo termine per il benessere di tutti e per una società sostenibile in cui le persone possano vivere più a lungo e lavorare con maggiore efficienza in condizioni migliori; (…) non sono accettabili, nell’ambito di misure di austerità dei conti pubblici, tagli ingiustificati ai servizi per persone con disabilità o ai progetti finalizzati alla loro inclusione sociale, dal momento che questi tagli significherebbero il venir meno della garanzia di alcuni diritti fondamentali ed inalienabili delle persone con disabilità;

ritiene anzi che in questi ambiti gli investimenti andrebbero sensibilmente aumentati; ribadisce che tutti i sistemi sanitari dell'Unione europea dovrebbero essere fondati sui valori fondamentali dell'universalità, l'accessibilità di un’offerta assistenziale di qualità e la solidarietà;”

Il punto 7 (Salute) della Strategia Europea per la disabilità 2010 - 2020, prevede poi una

serie di prescrizioni, rivolte agli Stati membri, tese a garantire la piena tutela del diritto alla salute

delle persone con disabilità. La disposizione, nello specifico, stabilisce i seguenti principi: “Le

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persone con disabilità possono avere un accesso limitato ai servizi sanitari, tra cui i trattamenti medici ordinari, e possono essere vittime di disuguaglianze in materia di sanità non in relazione alla loro disabilità. Esse hanno diritto a un accesso equo ai servizi sanitari, tra cui le cure preventive, a servizi sanitari e rieducativi di qualità e ad un prezzo accessibile che tengano conto dei loro bisogni, compresi quelli legati al genere. Questo compito spetta principalmente agli Stati membri, che hanno la responsabilità di organizzare e fornire i servizi sanitari e le cure mediche. La Commissione sosterrà le politiche a favore di un accesso equo alle cure, compresi i servizi sanitari e rieducativi di qualità destinati ai disabili. Essa esaminerà in particolare la situazione delle persone con disabilità nell'attuazione delle politiche finalizzate a combattere le disuguaglianze in materia di sanità; (…) ”.

L’Unione Europea è firmataria della Convenzione ONU (UNCRPD) sui diritti delle persone con disabilità, entrata in vigore il 21 gennaio 2011, in conformità della decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. La Convenzione, che costituisce pertanto parte dell’ordinamento giuridico dell’UE, è inoltre menzionata espressamente nella stessa strategia europea 2010-2020, sopra citata. La stessa Convenzione è stata ratificata dall’Italia con la Legge 3 marzo 2009, n. 18.

La Convenzione delle Nazioni Unite vietando ogni forma di discriminazione, riguardante pertanto anche le persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza, si basa in particolare sulla valorizzazione della dignità intrinseca della persona disabile, principio cardine sancito all’articolo 3 della Convenzione medesima che, interpretato correttamente, impone agli Stati aderenti un dovere di solidarietà nei confronti delle persone con disabilità, in linea peraltro con i principi fondamentali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona, che nel settore specifico rendono doveroso valorizzare la persona disabile di per sé, come soggetto autonomo, a prescindere dal contesto familiare in cui è collocato, anche se ciò può comportare un aggravio economico per gli enti pubblici.

Ebbene, così formulata, la citata disposizione del Patto per la salute 2014 – 2016 appare invece discriminatoria per i malati poiché in contrasto con la normativa vigente sopracitata, oltre che con i principi sanciti in particolare negli articoli 10, 19 e 168 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), assicurando da un lato la copertura del servizio a soggetti con una sicura prospettiva di guarigione, e garantendo dall’altro solo parziale assistenza a chi invece, verosimilmente, potrà guarire con una probabilità statisticamente inferiore o, peggio ancora, non potrà mai guarire (non autosufficienti, disabili, malati cronici, anziani, pazienti psichiatrici, etc.), ciò nella misura in cui tale categoria di pazienti che usufruisce degli interventi erogati dal comparto socio-sanitario potrà beneficiarne soltanto finché saranno disponibili fondi nelle casse delle regioni.

In tale denegata ipotesi, detto in altri termini, gran parte dei suddetti pazienti rischierebbe concretamente di vedersi negata integralmente l’erogazione dell’assegno per le cure domiciliari.

Tutti i cittadini malati, che siano bambini, giovani, adulti, anziani, ricchi, poveri, provvisti o

meno di famiglie amorevoli e congiunti che stanno loro vicino oppure no, hanno invece equamente

esigenza e diritto in base alla normativa vigente, italiana ed europea, alle prestazioni sanitarie

indifferibili in tutti i casi in cui l’infermità non può, per qualsiasi motivo essere curata a domicilio

dai parenti che volontariamente si sostituiscono al Servizio sanitario nazionale.

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Accettare che le prestazioni domiciliari, semi-residenziali e residenziali, che incidono profondamente sugli aspetti vitali e di tutela della salute delle persone sopra indicate e dei loro congiunti, possono essere fornite «nei limiti delle risorse disponibili» significa permettere alle istituzioni italiane di non stanziare i finanziamenti indispensabili alla presa in carico sanitaria e sociosanitaria delle persone non autosufficienti e di considerarle come individui indegni di ricevere le prestazioni indifferibili ed indispensabili per garantire la loro esistenza.

Alla luce di quanto sopra descritto si chiede alla Commissione di valutare la conformità di tali misure nazionali con il diritto vigente a livello UE.

Si resta in attesa di cortese riscontro.

I portavoce del Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati

Giulia Di Vita

Massimo Enrico Baroni Matteo Dall’Osso Silvia Giordano Giulia Grillo

Marialucia Lorefice Matteo Mantero Vega Colonnese Dalila Nesci

I portavoce del Movimento 5 Stelle del Senato della Repubblica Daniela Donno

Elena Fattori Barbara Lezzi Paola Taverna

I portavoce del Movimento 5 Stelle al Parlamento Europeo

Ignazio Corrao

Laura Agea

Daniela Aiuto

Piernicola Pedicini

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