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3 ANALISI IDROGRAFICA - IDROLOGICA

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(1)

3

ANALISI IDROGRAFICA - IDROLOGICA

3.1

Introduzione

3.1.1 Il bacino imbrifero

Il bacino imbrifero relativo ad una sezione specifica di un corso d’acqua è “quella

superficie su cui cadono le acque meteoriche che contribuiscono al deflusso liquido attraverso la sezione presa in esame”.

L’intero bacino,cioè quello sotteso dalla sezione terminale del corso d’acqua,è delimitato da una linea spartiacque o di displuvio che separa la superficie le cui acque piovane vanno ad alimentare un corso d’acqua dalla superficie le cui acque piovane alimentano altri corsi d’acqua.

Le linee di displuvio sono individuabili sulle carte topografiche in quanto seguono l’andamento delle creste del suolo.

Il bacino oggetto di studio è rappresentato in fig.1

Fiume Cecina

Fiume Cecina

Torrente Trossa

(2)

3.1.2 Il Tempo di Corrivazione

Il tempo di corrivazione “ Tc ” è uno dei più importanti elementi caratteristici del bacino di studio.

Il Visentini lo definisce come “ il tempo che occorre per condurre un corso d’acqua, in

una certa sezione, da un livello ordinario dipendente dal contributo di esaurimento del bacino imbrifero, al massimo livello conseguente ad una precipitazione estesa a tutto il bacino e di durata almeno uguale, o meglio, piuttosto superiore al tempo di corrivazione medesimo”.

In pratica il Tc è il tempo che le acque di deflusso meteorico impiegano a raggiungere la sezione considerata partendo dai punti idraulicamente più lontani ma appartenenti al bacino imbrifero.

Un’ipotesi del modello cinematico, che sarà esposto più dettagliatamente in seguito, è quella che i tempi di corrivazione sia dell’intero bacino che di qualsiasi punto che si trovi al suo interno, sono delle grandezze caratteristiche del bacino stesso, ritenute invariabili; in effetti tali tempi dipendono non solo dalla lunghezza del percorso ma anche dalle velocità della particella liquida che a sua volta dipende dal tirante d’acqua e dalla scabrezza dell’alveo.

Nella realtà pratica i tempi di corrivazione variano in funzione della stagione in cui avviene l’evento pluviometrico, perché in relazione alle diverse coperture vegetali, e all’intensità di pioggia, infatti all’aumentare dell’intensità della precipitazione diminuiscono i tempi di corrivazione.Nonostante ciò l’ipotesi di considerare il tempo di corrivazione come invariabile nel tempo risulta essere presupposizione accettata se l’applicazione di tale metodo è ,come nel nostro caso, finalizzata alla determinazione delle portate di massima piena.

Se il percorso idraulico della particella liquida è divisibile in una serie di tratti di lunghezza noti e per ciascun tratto è possibile determinare approssimativamente la velocità media della particella liquida in condizioni di piena, allora applicando semplicemente la legge fisica si perviene a determinare :

= i i i c V l T (1)

(3)

Per comprendere meglio l’importanza di tale formula e quindi della conoscenza del tempo di corrivazione è utile notare la formula per la determinazione della portata di massima piena fornita dal Giandotti:

Q λ max γ ψ⋅ 0.278S h⋅ c ⋅ T ⋅ := tc (2)

dove i vari termini assumono il seguente significato:

γ ,ψ ,λ sono coefficienti proposti da Giandotti e sono in relazione solo della superficie S del bacino;

S è la superficie del bacino espressa in Kmq.; h l’altezza di pioggia espressa in mm.;

Tc è il tempo di corrivazione espresso in ore;

Si può immediatamente notare come una variazione di Tc a parità di tutte le altre grandezze comporta una modificazione diretta della portata massima; inoltre il tempo di corrivazione non influenza esclusivamente la portata massima ma anche la durata dell’onda di piena e quindi i volumi che attraversano una determinata sezione.

Per la determinazione del Tc si usano in genere delle formulazioni empiriche, basate sulla osservazione del comportamento dei bacini in cui sono presenti oltre ai pluviometri, gli idrometri.

La formula maggiormente utilizzata in quanto particolarmente adatta e sperimentata per i bacini italiani è data ancora una volta da Giandotti (1933) (il suffisso “G” sta ad indicare Giandotti per distinguerlo da altri metodi analizzati nel foglio di calcolo);

G 4⋅ S+1.5 L⋅ 0.8⋅ H m H o− := (3) nella quale:

- S esprime la superficie del bacino in kmq; - L è la lunghezza del corso principale in kmq;

- (Hm-Ho) esprime l’altezza media del bacino in metri rispetto alla sezione considerata, deducibile dalla curva ipsografica.

(4)

Un’altra formula che è stata considerata, ma non applicata in questa tesi, è quella dell’ S.C.S. che utilizza dati ottenuti applicando il metodo CN al bacino; questa formula però risulta tarata su bacini americani; si deve osservare che questa formula tiene conto della pendenza media delle pendici e della capacità di ritenzione potenziale media del bacino “S” ma non tiene conto della forma del bacino in quanto in essa non compare la superficie, parametro importante che è invece presente nella formula di Giandotti. tc SCS L 1000 0.3048 ⋅

⎛⎜

0.8 c r 25.4+ 1

0.7 ⋅ 0.6 1900⋅ ⋅(j 100⋅ )0.5 := • formula dell’ S.C.S. (4) con la quale:

- L è la lunghezza del corso principale in km - j è la pendenza media delle pendici

- cr è la capacità di ritenzione

Altre formulazioni sono state prese in considerazione (anche se più adatte

particolarmente per le bonifiche) al fine di comparare i dati ottenuti con la formula di Giandotti:

t cT:=1.085 S⋅ • formula del Turazza

(5)

- S superficie del bacino in kmq

tc V 0.0053 S i ⋅ ⋅24 :=

• formula del Ventura

(6)

- S superficie del bacino in kmq - i pendenza media del bacino

tc P 0.0045 i S L⋅ ( ) 1 3 ⋅ ⋅24 :=

• formula del Pasini

(5)

- S superficie del bacino in kmq - i pendenza media del bacino

- L è la lunghezza del corso principale in km

Altre formule che abbiamo preso in considerazione per calcolare il tempo di corrivazione sono quella del Canali (pubblicata sul giornale del Genio Civile) 1984, ma non molto attendibile data la sua scarsa utilizzazione, e la formula di Kirpich , che in genere fornisce tempi di corrivazione molto bassi rispetto alle altre formule in quanto Kirpich propone la sua formula su bacini di modeste superfici ( 0.5< S <45 ha.)

Nel nostro studio del bacino si è ritenuta più adatta l’applicazione della formula (3) di Giandotti, soprattutto perché determinata in base a numerose osservazioni su diversi corsi d’acqua italiani.

Così operando si è determinato un tempo di corrivazione del nostro bacino pari a :

Tc=8 ore

per la determinazione dell’idrogramma di piena;

dove le varie grandezze della (3) hanno i seguenti valori: - S = 112 kmq (superficie del bacino) - L = 15.4 km (lunghezza dell’asta fluviale) - Hm = 154.55 m. slm (quota media del bacino)

- H0 = 50.5 m. slm (quota alla confluenza con il fiume Cecina)

3.2

Elaborazione dei dati pluviometrici

3.2.1 Le precipitazioni meteoriche e loro misura

La precipitazione meteorica è denominazione generica con la quale si intende qualsiasi prodotto della condensazione del vapore acqueo che comunque pervenga alla superficie della terra.Tra le precipitazioni meteoriche o atmosferiche le piogge sono di gran lunga le più importanti.

La pioggia è probabilmente il primo elemento meteorologico che l’uomo ha misurato:se ne hanno notizie di osservazioni regolari effettuate in India già nel IV secolo a.c.

(6)

La misura della precipitazione meteorica è data dalla altezza misurata in millimetri e decimi di millimetri , alla quale si eleverebbe sul suolo lo strato d’acqua caduta se questa non scorresse, non si infiltrasse e non si perdesse per evaporazione. Questa altezza si deduce dal volume dell’acqua caduto su una superficie orizzontale di area nota.

Su tale principio sono basati i pluviometri , strumenti molto semplici, che si impiegano per queste misure. I pluviometri sono realizzati mediante un ricevitore ad imbuto munito di un orlo tagliente che si appoggia su un recipiente raccoglitore

Esempio di pluviometro semplice o comune

Esempio di pluviometro

(7)

L’altezza della precipitazione non va disgiunta dal tempo al quale si riferisce : se si divide l’altezza stessa per il tempo relativo si ottiene una grandezza, delle dimensioni di una velocità, che si definisce intensità media della precipitazione per il tempo considerato. L’intensità istantanea è ovviamente data dalla tangente in ogni punto alla curva integrale delle precipitazioni.

Si definisce afflusso meteorico su una data superficie, la precipitazione sulla superficie per un certo periodo, ed è dato dal prodotto della altezza di pioggia per l’area della proiezione orizzontale della superficie stessa. L’afflusso meteorico viene misurato in milioni di metri cubi.

La quantità di precipitazione misurata decresce generalmente a parità di altre condizioni. Al crescere della altezza dello strumento da suolo. Questo è probabilmente dovuto sia al progressivo arricchimento, durante il loro moto di caduta, delle gocce più fredde dell’aria, per condensazione del vapore negli strati più bassi dell’atmosfera se questi sono in condizione di saturazione, sia all’azione deviatrice esercitata dai rigurgiti d’aria e dai vortici sulle traiettorie delle gocce stesse, azione che aumenta con l’altezza sul suolo. Come cifra di orientamento, con riferimento a medie dei totali annui, sulla base di osservazioni in diverse località d’Italia, è stata indicata dal Bramanti (L.Bramanti - Gradienti di pioggia- “La meteorologia pratica” anno:1942) una diminuzione del 0,67% per ogni metro d’aumento dell’altezza sul suolo e limitatamente a differenza delle altezze dell’ordine di una cinquantina di metri. Per il Wild (J.Lugeon) invece l’altezza “h” sul suolo del pluviometro comporta nelle misure delle precipitazioni errori che sono funzione di 6√h .

La maggiore o minore ampiezza della bocca ricevitrice dei pluviometri avrebbe pure una certa influenza sulla raccolta della quantità di precipitazione, ma dalle varie esperienze effettuate in proposito, tale influenza sarebbe trascurabile.

Per ottenere osservazioni omogenee e confrontabili è necessario che gli strumenti raccoglitori delle precipitazioni siano dello stesso tipo e collocati ad una stessa altezza dal suolo.

Il Servizio idrografico Italiano, come gran parte degli Enti idrografici europei, ha adottato pluviometri con bocca di 0,357 m. di diametro la cui superficie è uguale ad un decimo di metro quadrato. Ad ogni litro di acqua raccolta corrispondono in tal modo 10 mm di altezza di pioggia.

(8)

Il pluviometro viene installato ad una altezza dal suolo di 1,50 m. circa ed in luogo aperto, lontano da alberi e da fabbricati, in modo che la pioggia sia in ogni parte libera di cadere sul ricevitore del pluviogramma. Nell’installazione del pluviometro si ha cura che l’orlo sia perfettamente orizzontale. Per le zone a forte acclività da alcuni esperti viene consigliato di tenere la bocca del pluviometro, anziché orizzontale, parallela all’andamento del terreno disposizione che per l’influenza della variabilità dei venti e direzione delle precipitazioni non ha incontrato generale applicazione pratica.

Particolare attenzione va poi riservata all’azione del vento che esercita difatti una sensibile influenza sulla raccolta delle osservazioni da parte dei pluviometri: molte indagini confermano infatti che il fattore vento partecipa con un rapporto di 1,5 a 1 fra precipitazioni effettive e quelle raccolte da pluviometri in presenza di venti notevoli. Questa circostanza va tenuta particolarmente presente per gli strumenti destinati ad esser collocati ad alta quota,dove l’influenza del vento si manifesta più violenta, più insistente ed è spesso accompagnata da precipitazioni nevose.

In questi casi si dispongono sui pluviometri delle particolari protezioni (protezione Nipher) per permettere un più tranquillo recapito delle precipitazioni nella bocca recettrice.

Queste protezioni si applicano sempre ai pluviometri totalizzatori atti cioè a raccogliere e ad immagazzinare le precipitazioni di lunghi periodi (anche un intero anno).

Nei pluviometri ordinari non protetti contro l’evaporazione dell’acqua raccolta, è necessario compiere la misura almeno una volta al giorno e se possibile è opportuno rilevarla poco dopo la fine di ciascuna pioggia rimarchevole.

La lettura dei pluviometri viene fatta, per convenzione internazionale, alle ore 8 della mattina e si riferisce alle precipitazioni delle 24 ore precedenti.

Per giorno piovoso si intende quello in cui si abbia avuto una precipitazione di almeno 1 mm.

Nelle stazioni di particolare importanza si usano i pluviografi registratori che con particolari disposizioni danno il diagramma continuo delle quantità di precipitazione. Con essi si possono avere, salvo gli inevitabili errori del procedimento grafico, le durate effettive delle piogge e le intensità ad ogni istante. I pluviografi sono sempre accompagnati per confronto da pluviometri ordinari.

(9)

Altre precipitazione di interesse sono la neve e la grandine, queste vengono misurate come la pioggia mediante l’altezza in millimetri che raggiungerebbe sul suolo l’acqua da esse prodotta. Nei luoghi dove la neve non cade in grande quantità serve per la misura lo stesso pluviometro, generalmente privato dall’imbuto ricevitore e ridotto al solo ricevitore raccoglitore che allora prende in nome di nevometro.

Le osservazioni pluviometriche di una stazione sono sempre afflitte da errori che non è facile eliminare.

Secondo le ricerche del Serra (L.Serra – “La precision des mesures pluviometriques – “Association International d’ Hydrologie Scientifique” ) il vero valore delle precipitazioni di una stazione sarebbe ottenibile dalla media delle osservazioni di quattro pluviometri disposti ai vertici di un quadrato di lato 60 m.

Questo dispositivo non può chiaramente essere applicato in pratica, pertanto per la valutazione dell’errore probabile si può far affidamento al diagramma che lo stesso Serra elaborò.

errore percent

u

ale

giorni di pioggia

1

5

10

15

10 20 30

50

100

zona dei totali annui di pioggia

zona dei toali mensili di pioggia

pioggia giornaliera

Figura 3.2 – Diagramma dell’errore probabile

Nell’analisi di carattere idraulico-idrologico , oggetto del presente studio , è necessario prendere in esame e successivamente elaborare i dati disponibili per tutte le stazioni pluviometriche presenti nel bacino di interesse della rete idrografica.

(10)

Il primo elemento che si considera nello studio delle piogge per ogni stazione pluviometrica è per quanto detto la precipitazione, vale a dire l’altezza misurata in mm dello strato di acqua che dalle misure compiute risulta caduto durante il periodo di osservazione.

Per le stazioni più caratteristiche viene data la ripartizione dei giorni piovosi in relazione all’entità delle precipitazioni; la durata in ore delle precipitazioni mensili ed annue registrate dai pluviografi; le precipitazioni di massima intensità per intervalli di 1,3,6,12 e 24 ore; le massime precipitazioni dell’anno per periodi di più giorni significativi ( 1,2,3,4,5,10,20,30 giorni); il numero di giorni consecutivi con precipitazioni nulla o molto bassa (rispettivamente minore di 15 mm. e minore di 45 mm.); le massime precipitazioni giornaliere di ogni mese; le precipitazioni di notevole intensità e breve durata. Della neve è riportata l’altezza in cm. del manto nevoso sul suolo di giorni 10,20,30 del mese e delle precipitazioni nevose mensili e annue ed il numero dei giorni nevosi con precipitazioni uguali o superiori ad 1 cm.

Le informazioni registrate nelle stazioni pluviometriche vengono poi raccolte e pubblicate negli Annali Idrologici I e II parte e precisamente: le altezze in mm. delle precipitazioni giornaliere, decadiche, mensili ed annue e di queste ultime anche il valore medio normale ed il relativo scostamento, nonché il numero dei giorni piovosi di ogni mese e dell’anno. Ogni pubblicazione è poi corredata da una carta delle isoiete annue in scala 1:500000 .

3.2.2 La rappresentazione delle piogge

Fondamentale nell’elaborazione dei dati pluviometrici è individuare l’area del bacino di competenza di ciascuna stazione. Il metodo più semplice e di diffusa applicazione (applicato anche per il bacino in oggetto) è quello dei topoieti o poligoni di Thiessen. I topoieti definiscono per ogni stazione pluviometrica l’area per la quale si può supporre valevole la precipitazione verificatasi nella stazione stessa.

Il topoieto è per ogni stazione una costante, di data area, che non varia con l’intensità della precipitazione e l’estensione del periodo di osservazione, ma solo con la densità della rete pluviometrica che in genere non subisce frequenti mutamenti. La definizione del topoieto è facilmente realizzabile con procedimenti grafici: nel piano rappresentativo si collega infatti ogni stazione con quelle contermini; dei vari segmenti così ottenuti si trovano i punti di mezzo che a loro volta si uniscono con una spezzata. Tra topoieto e topoieto si formano così delle aree poligonali che ulteriormente si

(11)

suddividono secondo le varie direttrici assegnando ogni porzione al topoieto con cui hanno un lato a comune.

Il tracciamento dei topoieti presuppone sostanzialmente una variazione lineare delle precipitazioni tra stazione e stazione, tuttavia pur non astraendo dalla costruzione geometrica che ne costituisce la base, tale tracciamento deve tener conto della morfologia del terreno, delle principali caratteristiche geologiche, climatologiche, fitologiche, ecc. Così per stazioni separate da catene montuose il contorno dei topoieti seguirà , piuttosto che i vari punti di mezzo, dei segmenti congiungenti, la cresta spartiacque; stazioni che per la loro ubicazione lascino supporre regimi pluviometrici del tutto particolari avranno un topoieto limitato estendendosi invece quelli contermini e così via per ogni altro elemento che si ritiene possa intervenire nell’andamento della distribuzione delle piogge.

La determinazione degli afflussi meteorici attraverso i topoieti è immediata essendo il risultato della somma dei prodotti parziali della precipitazione su ogni topoieto per l’area del topoieto stesso. Se invece del valore assoluto dell’area di ogni topoieto si considera la quota parte percentuale rispetto a quella totale del bacino considerato la somma dei prodotti parziali di cui sopra si ha come risultato la pioggia media ragguagliata su tutto il bacino.

Il metodo dei topoieti è da preferirsi rispetto a quello delle isoiete quando, come negli studi delle piene sia necessario calcolare i volumi di afflusso meteorico per diversi intervalli consecutivi di tempo, altrimenti dovrebbero esser tracciati diversi sistemi di isoiete, mentre con i topoieti è sufficiente, per una data rete pluviometrica, un lavoro grafico paragonabile al tracciamento di un solo sistema di curve isoiete, il che fornisce poi immediatamente e meccanicamente per qualsiasi precipitazione e per qualsiasi intervallo di tempo i relativi volumi di afflusso e le precipitazioni medie ragguagliate. Il metodo di rappresentazione delle piogge detto dei topoieti ,che può essere chiamato anche come metodo del reticolato di Thiessen,presenta una variante nel metodo dei piani inclinati.

In questo metodo la superficie compresa tra le varie stazioni pluviometriche viene suddivisa in tanti triangoli con i segmenti che collegano le stazioni stesse. Ora ogni triangolo può essere concepito come la proiezione di un piano inclinato nello spazio passante per tre punti, in corrispondenza di ogni stazione, le cui ordinate siano uguali all’altezza della precipitazione in quella particolare stazione. L’area dei vari triangoli può essere più o meno completamente compresa nella zona di ricerca, per quella

(12)

parte che vi è comunque compresa si determina il centro di gravità e quindi la precipitazione corrispondente che è quella dell’ordinata che interessa il già considerato piano inclinato. Questa precipitazione si suppone infine uniformemente distribuita su tutta l’area triangolare di dominio della zona di ricerca. Il procedimento viene quindi ripetuto per ogni triangolo tracciato.

Per definire le altezze di pioggia in un punto, (baricentro o vertice del topoieto) si utilizza una formula del tipo sotto indicata:

P i k 1 n P k D ik

= 1 n i 1 D ik

= := (8)

Dove si indicano con:

- “n” numero di stazioni di misura o prese in considerazione - “Dik” distanza del nodo “i”dalla generica stazione “k”

- “Pk” pioggia nella generica stazione “k”

Si nota come il peso assegnato al valore registrato in ogni stazione è inversamente proporzionale alla distanza, cioè in un generico punto l’altezza di pioggia sarà influenzata maggiormente dalle stazioni pluviometriche più vicine al punto in esame.

Le metodologie basate sui topoieti presentano, specie in relazione al metodo delle isoiete, precisi vantaggi:

- oggettività del metodo

- attitudine al calcolo numerico, ed in particolar modo a quello elettronico, potendosi eliminare ogni elaborazione grafica e ogni intervento decisionale sia nella fase di calcolo delle superfici dei topoieti e loro plotterizzazione, sia in quella di calcolo dell’afflusso e della pioggia media

- invariabilità dei topoieti al variare della pioggia e quindi il loro uso del tutto ripetitivo per qualsivoglia evento e configurazione idrometrica. Emerge pertanto la comodità del metodo nel caso di calcolo ripetitivo degli afflussi e la sua fondamentale importanza nei modelli di previsione delle piene in tempo reale, in

(13)

cui all’istante stesso avvengono le precipitazioni e ne vengono teletrasmesse le loro misure al centro di elaborazione dei calcoli; si dovranno stimare i volumi di afflusso e , tramite una funzione di trasformazione afflussi-deflussi , le portate da prevedere.

Tale metodo (topoieti) presenta anche degli aspetti negativi che però tendono a diminuire all’aumentare del numero di topoieti e quindi al diminuire della distanza tra i vari nodi della rete pluviometrica e della superficie dei topoieti stessi. I difetti derivano infatti dalla discretizzazione della variabile pioggia che i topoieti effettuano sulla base dei dati puntuali di misura. I topoieti non rappresentano perciò fedelmente la variazione di pioggia e non ne consentono pertanto buone stime nei vari punti del territorio.

Le stazioni pluviometriche che sono state prese in considerazione nella costruzione dei topoieti sono:

- Libbiano - Ponteginori

- Serrazzano Paese

- Larderello

Non si considerano le stazioni di Berignone e Sassa che si trovano in bacini adiacenti a quello del Trossa, sia perché le misurazioni delle precipitazioni disponibili sono relative a pochi anni di funzionamento, sia perché distano notevolmente dalla stazione di Libbiano (centro del topoieto) e quindi caratterizzano in maniera limitrofa le piogge sul bacino in questione.

x

z

Ponteginori

x

z

Berignone

x

z

x

z

x

z

Libbiano Sassa Larderello

x

z

Serrazzano P.

(14)

3.2.3 La curva di possibilità climatica o pluviometrica

Individuate le stazioni pluviometriche che determinano la rete di topoieti del bacino oggetto di studio e quindi stazioni rappresentative del bacino si passa alla elaborazione dei dati di pioggia relativi ad ogni stazione di misura.

Per ogni stazione pluviometrica, conoscendo i valori delle precipitazioni massime in ogni anno per le durate di 1, 3, 6, 12 e 24 ore ,valori deducibili dal Servizio Idrografico, si determina la relazione esistente tra l’altezza di pioggia “h” in mm delle precipitazioni, le loro durate “t” in ore ed il tempo di ritorno “Tr” in anni.

La legge di uso più frequente per determinare tale legame è:

h t

( )

:=

a t

n

(9)

Chiamata curva segnalatrice di possibilità climatica o pluviometrica, dove:

- h altezza di pioggia in mm.

- t durata della stessa

- a e n parametri che si determinano dall’analisi dei dati storici e che dipendono dal tempo di ritorno prefissato.

In pratica esistono numerose leggi a carattere storico-universale che seguono la distribuzione dei valori delle altezze di pioggia:

- la legge di Gumbel (metodo di massima verosimiglianza e metodo dei

momenti)

- la legge di Fuller-Coutagne

Nello studio di questo bacino si è ritenuto più attendibile adottare la distribuzione statistica di Gumbel con metodo della massima verosimiglianza.

Non si ritiene opportuno dilungarsi nel riportare la descrizione del metodo di calcolo in quanto è ampiamente riportata in appendice.

A titolo informativo si riportano altre analisi statistiche che utilizzano diverse distribuzioni teoriche, in particolare:

- Distribuzione GEV (Generalized Extreme Value ) - LN3 (Log normale a 3 parametri)

- LP3 (Log Pearson a 3 parametri) - P3 (Pearson a 3 parametri)

(15)

Tali metodi, nota la serie cronologica dei valori assunti da una certa grandezza (in questo caso le altezze di pioggia di una data durata), consentono di individuare sia i valori di tale grandezza corrispondenti ad un prefissato tempo di ritorno Tr,che cioè hanno probabilità di verificarsi non più di una volta in un determinato intervallo di anni, sia il tempo di ritorno corrispondente ad un dato valore della grandezza in esame.

P x( ) 1 Tr :=

Il valore del tempo di ritorno è legato a quello della probabilità di superamento (probabilità che l’evento assuma un valore uguale o maggiore di X ) dalla seguente relazione:

(10)

Mentre il valore della probabilità di non superamento è:

Φ

( )

x

:=

1

P

( )

x

(11)

Al termine di questo paragrafo si riportano le tabelle dell’Ufficio Idrografico di Pisa relative ai dati delle massime intensità di pioggia per durate di 1, 3. 6, 12 e 24 ore registrate ai pluviografi di Libbiano, Ponteginori, Serrazzano Paese e Larderello nei vari anni del periodo di osservazioni disponibili.

In appendice è poi riportato il procedimento di calcolo delle altezze di pioggia delle varie durate per tempi di ritorno pari a 25, 50, 100, 150 e 200 anni, in cui i coefficienti “N” e “1/α” del metodo di Gumbel sono stati calcolati con il metodo della massima verosimiglianza in quanto più attendibile.

Per determinare la curva di possibilità climatica avente un assegnato tempo di ritorno, si determina innanzi tutto, per ciascuna durata della serie di campioni, l’altezza di pioggia avente il suddetto tempo di ritorno. Si ottengono pertanto tanti valori di “ h ” ,uno per ciascun valore del tempo di pioggia ( tp ) di cui si hanno i dati storici, tutti relativi allo stesso tempo di ritorno Tr ; tali valori, ipotizzando una legge di regressione del tipo indicata in (9), possono essere elaborati, mediante il metodo dei minimi quadrati, per dare in definitiva la curva di pioggia caratteristica del tempo di ritorno Tr prefissato.

Cambiando Tr si ottengono tante curve di possibilità climatica ognuna corrispondente al tempo di ritorno assegnato.

(16)

Per ottenere i valori “a” e “n” della (9), dopo aver dedotto per ogni durata tp il valore dell’altezza di pioggia “ h ” relativo ad un assegnato tempo di ritorno, è necessario passare ai logaritmi per cui dalla (9) si ha:

log h

( )

:=

log a

( )

+

n log t

( )

(12) da cui segue:

Y:=A+ n X⋅ (13)

con

X:=log t( ) Y:=log h( ) A:=log a( )

Applicando il metodo dei minimi quadrati alla retta XY , ed indicando con N il numero delle coppie di valori ( h-t) ricavate per ogni durata tp attraverso l’elaborazione dei valori estremi di Gumbel, si ottiene:

A X2

Y−

X⋅

X⋅Y N⋅

X2

⎛⎜

X

2 − := n N⋅

X⋅Y−

X⋅

Y N⋅

X2

⎛⎜

X

2 − =

Ricavati “A” e “n” si può dedurre il valore del parametro “a” e quindi si può valutare l’equazione della curva segnalatrice di possibilità climatica (9) corrispondente ad un assegnato tempo di ritorno Tr .

Quanto detto va ripetuto per ogni tempo di ritorno di cui si vuol conoscere il valore dell’altezza di pioggia del bacino ; in definitiva abbiamo i seguenti valori medi relativi all’ intero bacino:

h200

( )

t

:=

75.608

t

0.264

h150 t

( )

:=

72.658t

0.264

h100 t

( )

:=

68.495t

0.265

h50 t

( )

:=

61.36 t

0.266 h25 t( ):=54.176 t⋅ 0.268 tcG 8.012= ore

Che inserendo il valore del tempo di corrivazione del bacino calcolato con la formula di Giandotti, pari a :

(17)

3.2.4 Variazione delle piogge nello spazio e nel tempo

Le osservazioni pluviometriche estese per lunghi periodi di tempo e per molte e diverse regioni hanno messo in evidenza come la piovosità ed anche le precipitazioni annue ed entro certi limiti quelle mensili di stazioni sottoposte simultaneamente alla influenza delle stesse correnti umide, vale a dire per stazioni situate ala stessa distanza dal mare la quantità di precipitazione aumenti linearmente con l’altitudine.

Tale legge è espressa dalla:

P h

( )

:=

k

h

(14)

P(h) rappresenta l’altezza di precipitazione (annua,mensile,media annua ecc.)

h rappresenta l’altitudine

k è un parametro che si determina in base alla precipitazione P(h0) alla altitudine della stazione di riferimento h0 (h0<h)

I rilievi del terreno provocano infatti l’innalzamento delle correnti che li colpiscono, per cui sono soggetti, sul versante esposto ai venti umidi, a precipitazioni più elevate di quelle delle adiacenti regioni di pianura a meno che il raffreddamento per l’espansione non sia compensato dal riscaldamento per contatto col suolo più caldo delle correnti stesse. Le irregolarità del terreno, comunque, determinando resistenza al moto e quindi sollevamento ed espansione delle correnti, esaltano le precipitazioni.

D’altra parte le correnti umide inoltrandosi dalla costa verso l’interno, se non incontrano rilievi degni di nota, esauriscono gradualmente il loro contenuto di umidità per cui nelle stazioni situate alla stessa altitudine ma a diversa distanza dal mare le precipitazioni diminuiscono secondo una legge esponenziale che possiamo esprimere come:

(15)

P

( )

d

λ

e

µ d d

(

o

)

2

:=

P(d) rappresenta l’altezza di precipitazione alla distanza d dal mare

λ,µ sono due costanti variabili da zona a zona che si determinano in base alla precipitazione P(d0) della stazione di riferimento distante dal mare d0

La combinazione delle due espressioni consente, secondo il Serra (L.Serra-Interpretation des mesures pluviometriques . Lois de la pluviositè – La Houille che ) di interpretare l’andamento parabolico che si riscontra nella maggior parte delle formule rappresentative delle variazioni delle altezze di precipitazione con l’altitudine.

(18)

La risultante dei due spostamenti da luogo ad una curva del tipo:

P h d

(

,

)

λ e

µ

(

d d o

)

2

:= ⋅

+

k h

(16)

Questa trattazione trova conferma con i dati sperimentali infatti si riscontra:

1. L’esistenza di un massimo di piovosità in montagna, in quanto per alcune situazioni ben definite di ubicazione o di orientamento di un massiccio montuoso, le precipitazioni aumentano fino ad un massimo P(h1) per l’altitudine h (optimum pluviale) per poi cominciare a diminuire. Nei massicci molto elevati può esistere un secondo massimo P(h2) per una altitudine h2 > h1 (optimum secondario), dopo di che le precipitazioni ricominciano se l’altitudine cresce indefinitivamente.

2. La diminuzione in alcuni casi particolari della piovosità con l’altitudine come per esempio succede sull’isola di Madagascar dove sulla costa, sottoposta alternativamente all’influenza degli alisei e dei monsoni,si riscontra una piovosità molto superiore rispetto alla piovosità che si registra all’interno ad una altitudine di 1600 m.

Le variazioni delle precipitazioni con l’altitudine sono messe in evidenza quando si dispone di un numero sufficiente di stazioni, con un buon tracciamento delle isoiete. Sono anche molto usati i profili ietografici ed altimetrici lungo una vallata che danno una immediata idea della influenza dei fattori di distanza ed altitudine sulle precipitazioni.

In conclusione, sebbene non si possa parlare di gradienti pluviometrici nel senso usato per i gradienti termici, per la grande variabilità di situazioni morfologiche ed idrometriche, a titolo di orientamento si può ritenere che detto gradiente sia compreso tra 50 e 100 mm annui per ogni 100 m. di altitudine . Va però ricordato che le precipitazioni diminuiscono meno rapidamente del pendio, il che sta a dimostrare che i rilievi montuosi fanno risentire la loro influenza sulle precipitazioni prima che inizi il pendio stesso.

Per ogni pioggia di data durata che si estenda su una certa superficie si ha un centro di massimo rovescio o scroscio o di massima intensità, a partire dal quale la quantità di pioggia che si ha durante la durata stessa o la sua intensità diminuiscono più o meno gradualmente con l’estensione dell’area e con le durate delle piogge.

(19)

Al riguardo bisogna aver presente che a parità di area, il coefficiente di ragguaglio varia con la durata della pioggia e più precisamente diviene sempre più piccolo al diminuire di tale durata. Infatti,le piogge intense di breve durata sono dovute a perturbazioni atmosferiche a carattere localizzato, con forte riduzione dell’intensità man mano che ci si allontani dal centro di scroscio, mentre le piogge intense di maggior durata risultano molto più uniformi nello spazio, sia perché sono dovute a perturbazioni che interessano vaste aree e sia per lo spostamento del centro di scroscio nel corso dell’evento.

Quindi il coefficiente di ragguaglio delle altezze di pioggia è funzione non solo dell’estensione dell’area in osservazione, ma anche della durata della pioggia; pertanto, se l’altezza di precipitazione al centro di scroscio è rappresentata

dall’equazione utilizzata nei calcoli (vedi allegati in appendice):

h t

( )

:=

a t

n

(17)

allora per la pioggia ragguagliata sull’area , devono variare sia il coefficiente a che l’esponente n nella durata t della pioggia rispetto ai corrispondenti valori dell’equazione valida puntualmente. L’equazione diviene:

h1 t

( )

:=

a1 t

n1 (18)

nella quale i coefficienti a1 e n1 variano in funzione dell’area.

Si può facilmente constatare che l’equazione sopra riportata non può essere valida per qualsiasi valore di A e t , poiché essendo n1≠n, esiste di certo, per un determinato valore di A una durata t’ di pioggia per la quale le equazioni (17) e (18) si intersecano,fornendo lo stesso valore di h come mostrato in figura sottostante

fig. 1

h t( ) h1( )t

(20)

Come si può notare per t>t’ l’espressione (2) non può avere validità, in quanto fornirebbe altezze di pioggia ragguagliate all’area maggiore della stazione di osservazione.(è questo il caso che si verificherà quando si valuterà la curva di possibilità climatica ragguagliata per la stazione di Libbiano).

Per il ragguaglio delle altezze di pioggia sono state suggerite varie formulazione per il calcolo dei coefficienti di ragguaglio.

Il Puppini nel 1932, in base ai dati relativi alla città di Milano, per aree fino a 2000 ettari e piogge di durata fino a 5 ore, ha proposto i seguenti coefficienti:

a1 a 1 0.052 S 100 ⋅ − 0.002 S 100

⎛⎜

2 ⋅ +

⋅ := (19) n1 n 0.0175 S 100 ⋅ + := (20)

nelle quali S è espressa in ettari e t in ore.

Le (19) e (20) mantengono la loro validità se sono rispettate le seguenti condizioni: • deve risultare sempre a1 < a

• il coefficiente n1 < 1

• la (18) deve dare sempre un’altezza h minore di quella che si ricava dalla (1)

Columbo nel 1960, sempre per la città di Milano, ha determinato i valori dei coefficienti di ragguaglio delle altezze di pioggia all’area, per piogge di durata variabile da 0,25 a 24 ore e aree da 100 a 5000 ettari.Tali coefficienti sono poi stati raccolti in una opportuna tabella.

Marchetti,elaborando i dati della tabella di Columbo ha proposto le espressioni:

a1 a 1 0.06 S 100

⎛⎜

0.4 −

⋅ := (21) n 1 n 0.003

⎛⎜

100S

0.4 ⋅ + := (22)

(21)

Tali espressioni sono valide per t<10 ore e per 100 ha. < A < 5000 ha. e danno luogo in genere a degli smorzamenti della altezze h di pioggia meno accentuate rispetto agli analoghi proposti da Pappini.

Anche le (5) e (6) hanno un campo di validità che deve essere accertata verificando che l’altezza di pioggia di una certa durata ragguagliata all’area risulti inferiore all’altezza di pari durata relativa alla stazione di misura, condizione in genere sempre soddisfatta nel campo di applicazioni indicato da Marchetti.

Per piogge di durata da 1 a 5 giorni e aree fino a 600 kmq. Puppini , in base ai dati della bonifica Renana, ha proposto per gli stessi coefficienti

a1 a 1 0.084 S 100 ⋅ − 0.007 S 100

⎛⎜

2 ⋅ +

⋅ := (23) n 1 n 0.0175:= + ⋅100S (24)

Nelle quali A è espressa in kmq e t in giorni.

Vale il solito discorso sul campo di validità per l’applicabilità delle formule sopra citate.

Si deve comunque tener presente che le espressioni dei coefficienti di ragguaglio delle piogge all’area, sopra riportate, vanno in ogni caso applicate con cautela per zone aventi caratteristiche climatiche e orografiche diverse da quelle in base alle quali sono state ricavate le espressioni stesse; infatti nei bacini imbriferi delle reti idrografiche, per la forte variazione della piovosità con l’altitudine,per il diverso orientamento dei versanti e delle vallate e per la variabilità dell’orografia, le riduzioni delle altezze di pioggia con l’estensione dell’area possono risultare ben diverse da quelle che sono state ricavate per aree pianeggianti; ciò spiega le diversità tra le formule sopra riportate e quelle riportate e quelle ricavate per alcune aree degli U.S.A. e riportate in letteratura tecnica.

(22)

Il ragguagliare le curve di possibilità climatica o pluviometrica all’area del bacino permette di avere le corrispondenti curve ragguagliate.

Tali curve sono:

h200 1 t

( )

:=

72.783 t

0.2893

h150 1 t

( )

:=

69.932 t

0.2895

h100 1 t

( )

:=

65.91 t

0.2893

h50 1 t

( )

:=

59.165 t

0.2893

h25 1 t

( )

:=

52.072t

0.2893

Graficamente le due curve sono rappresentate nel grafico seguente:

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 190 200 cpc 200 anni ragg cpc 150 anni ragg cpc 100 anni ragg cpc 50 anni ragg cpc 25 anni ragg cpc 200 anni cpc 150 anni cpc 100 anni cpc 50 anni cpc 25 anni

CURVE DI POSSIBILITA' CLIMATICA "TROSSA"

durata della pioggia in ore

al tez z a del la pi oggi a i n m m 200 0 h200 1(t) h150 1(t) h100 1(t) h50 1(t) h25 1(t) h200 (t) h150 (t) h100 (t) h50 (t) h25 (t) 30 0 t

(23)

NOTA:

Un tal modo di procedere è quello che di norma viene eseguito per determinare la curva di possibilità climatica al fine di determinare la pioggia netta che cade sul bacino oggetto di studio.

In realtà in questo studio è emersa una particolarità significativa che ha suggerito di determinare la curva di possibilità climatica in modo differente.

Infatti se andiamo a confrontare le curve di possibilità delle varie stazioni pluviometriche osserviamo che la stazione di Libbiano non segue un andamento pressoché costante con le curve delle altre stazioni.

Ciò è dato dal fatto che il valore del coefficiente “n” della (1) è sensibilmente diverso dagli analoghi coefficienti delle altra stazioni.

A titolo di esempio si riporta per il Tr di 200 anni le curve di possibilità climatica relative alle varie stazioni dove esalta il valore discordante della stazione di Libbiano:

0 2 4 6 8 0 50 100 150 200 10 153.954 0 h lar t( ) h lib t( ) h pon t( ) h ser t( ) 10 0 t

con le curve espresse dalle equazioni:

hlar t( ):=70.915 t⋅ 0.283 hlib t( ):=81.121 t⋅ 0.166 hpon t( ):=71.844 t⋅ 0.331 hser t( ):=71.25 t⋅0.275

(24)

Da ciò si evince come non sia stato possibile adottare la classica procedura di determinazione della curva di possibilità climatica o pluviometrica ragguagliata all’area con i coefficienti determinati con i procedimenti sopra esposti, ma si sia dovuto procedere con più cautela.

L’osservazione dei dati ha suggerito, al fine di non avere una curva decisamente condizionata dai coefficienti relativi alla stazione di Libbiano, di ragguagliare anzichè i coefficienti “a” e “n” delle varie curve all'area del topoieto relativo alla stazione, ragguagliare direttamente le altezze di pioggia delle varie stazioni alle superfici dei topoieti relativi.

Un tale modo di operare ha portato pertanto alla determinazione delle seguenti curve di possibilità che vengono assunte come definitive per gli studi successivi che verranno eseguiti al fine di determinare la pioggia do progetto.

Tali curve sono:

h 1_200 t( ):=75.407 t⋅ 0.239 h 1_150 t( ):=72.474 t⋅ 0.24 h 1_100 t( ):=68.331 t⋅ 0.242 h 1_50 t( ):=61.232 t⋅ 0.245 h 1_25 t( ):=54.081 t⋅ 0.248

(25)

Massimi annui di precipitazione in mm

(tabb. III e V degli Annali Idrologici - parte I, sez. B)

Libbiano [2160]

Anno 5' 10'

15'

20'

30'

1

h

3

h

6

h

12

h

24

h

1976

3.8

7.4

9.6 12.6 20.2 27.4 31.6 32.2

1977

12.8

18.2 22.4 22.4 29.0 29.0

1978

13.4

20.0 33.0 49.8 49.8 56.2

1979

13.2

20.2 31.2 35.8 55.4 58.6

1980

6.2

12.0 16.8 21.4 23.6 25.8 26.6 33.8

1982

12.2

22.0 23.0 25.0 26.4 60.0

1983

15.0 28.0 33.4 47.4 64.2

1984

11.6

22.6 28.6 54.2 91.0 91.0 91.0 91.0

1985

12.4

17.0 23.6 27.0 28.0 30.8

1987 10.0 10.6 11.2 11.8 13.0 16.0 32.0 32.4 55.0 62.6

1988

5.0 8.4 11.0 12.1 14.1 20.4 36.0 49.4 68.0 76.6

1989

8.3 13.3 17.5 24.0 33.4 55.0 67.8 67.8 67.8 67.8

1991

11.8

16.6 21.2 31.6 44.8 55.2 61.6 85.0

1992

11.4

12.8 14.2 18.4 31.4 31.4 31.4 57.0

Ufficio Idrografico e Mareografico di Pisa - L.no Pacinotti, 49 - 56100 Pisa - tel. 050 915311 - fax 050 915324 Sezione staccata di Firenze: Via Ricasoli, 21 - 50100 Firenze - tel. 055 2670200 - fax 055 2675504

(26)

Massimi annui di precipitazione in mm

(tabb. III e V degli Annali Idrologici - parte I, sez. B)

Ponteginori [2150]

Anno 5' 10' 15'

20'

30'

1

h

3

h

6

h

12

h

24

h

1940

35.0 48.0

55.0

56.0 59.2 76.8

1941

33.0 34.8

35.6

43.6 52.0 69.2

1947

30.8

55.0

58.2 58.2 97.0

1948

45.0

52.8

53.0 69.6 119.6

1949

50.0 115.0 172.4 193.4 203.2

1950

27.4

29.0

41.0 50.4 60.6

1951

10.0

17.2 26.2

38.8

40.6 51.2 51.2

1952

15.0

28.0 40.6

47.2

47.2 48.4 48.4

1953

12.0 16.6

33.0

41.4 46.8 54.6

1954

14.0

17.4

21.2

32.8 33.0 33.0

1955

47.0

47.0

70.4 88.2 88.4

1956

18.0

22.0

36.6

45.0 48.6 59.4

1957

10.0 12.0

23.8

26.0 28.4 40.2

1958

13.2 14.8

28.0

48.0 79.0 98.8

1959

21.0

25.6

30.2

30.2 34.4 35.0

1960

27.0

40.0

61.6

63.6 63.8 69.4

1961

21.0 35.0

51.4

51.4 51.6 56.8

1962

24.0

26.8

34.2

53.0 62.0 65.0

1963

23.0

30.0

48.0

52.2 52.2 52.2

1964

16.0

23.8

36.8

43.4 45.0 53.0

1965

24.0

34.0

35.4

38.0 50.0 83.0

1966

11.0

20.0

25.0

38.0

60.0 76.6 131.2

1967

15.0

28.0

66.2

70.6 70.8 70.8

1968

13 0

23 4

24 2

26 8

35 8

54 4

(27)

1969

10.4

23.6

27.0

29.8 37.4 44.4

1970

23.0 30.0

50.4

51.0 55.2 68.8

1971

10.6

13.6 16.8 26.4

56.6

77.4 102.6 115.0

1972

16.4

22.2

36.4

36.4 36.4 36.6

1973

28.2

37.4

38.0

42.4 45.6 78.0

1974

13.6

14.4

18.0

20.8 28.6 41.0

1975

12.0

13.2

19.0

24.0 30.2 43.6

1976

2.6

5.2

7.8 14.6

22.6

30.4 35.0 38.6

1977

15.2

18.0

20.4

33.4 45.4 51.0

1978

18.4

42.8

56.0

56.6 56.6 56.6

1979

12.2

24.8

25.4

33.0 35.2 43.8

1980

2.2

2.6

3.0

4.8

11.0

16.8 21.6 24.2

1981

11.2

1982

12.6

22.8

25.0

26.6 36.0 65.0

1983

10.4

13.0

28.4

38.0 42.4 45.4

1984

15.0

24.0 31.2 42.0

91.6

91.6 91.6 91.6

1985

11.2

11.2

18.2

22.4 26.4 31.4

1986

10.0 12.0 14.0 18.0 29.8

33.8

33.8 38.6 49.8

1987

10.8 12.8 14.8 18.8 27.6

48.0

60.0 66.2 98.8

1989 11.5 14.4 17.4 20.3 23.9 32.6

39.2

39.3 46.6 46.6

1990

9.8

18.8 27.8 27.8

36.4

46.2 47.2 50.0

1991

11.4

14.4 18.6 33.0

63.8 117.4 150.4 159.2

1992

9.4

14.0 16.6 25.2

44.8

44.8 44.8 44.8

1993

2.4

4.6

6.8 11.2

18.2

27.8 32.2 35.2

1994

12.2

18.2 24.2 35.2

48.6

48.6 53.4 61.8

1995

3.6

7.0

9.8 16.2

29.2

41.2 42.2 42.2

1996

2.6

5.0

7.6 14.8

40.4

53.0 57.0 57.0

Ufficio Idrografico e Mareografico di Pisa - L.no Pacinotti, 49 - 56100 Pisa - tel. 050 915311 - fax 050 915324 Sezione staccata di Firenze: Via Ricasoli, 21 - 50100 Firenze - tel. 055 2670200 - fax 055 267550

(28)

Massimi annui di precipitazione in mm

(tabb. III e V degli Annali Idrologici - parte I, sez. B)

Serrazzano Paese [2330]

Anno 5' 10' 15'

20'

30'

1

h

3

h

6

h

12

h

24

h

1975

22.0 36.8

46.6 62.8 67.8

1976

17.4

48.4 75.0

80.2 89.8 89.8

1977

12.4

20.8 25.2

30.6 36.4 38.0

1978

13.2

26.0 47.8

65.2 74.4 85.6

1979

12.6

21.6 41.8

42.4 42.4 63.2

1980

10.2

18.2 29.0

29.2 50.4 68.4

1981

10.0

19.0 29.2

37.6 37.6 48.8

1983

19.6 31.4

32.0 35.6 51.8

1984

18.0

30.4 80.0 110.0 110.0 110.0

1985

14.6

32.0 44.6

50.0 50.2 58.0

1987 11.0 12.8 14.4 16.0 19.2 30.8 45.2

52.8 73.0 97.2

1988 16.4 16.8 17.2 17.6 18.4 19.7 21.9

30.9 32.2 32.8

1989 10.1 10.6 11.0 12.0 14.5 22.9 34.6

46.0 62.2 68.1

1991

8.6

11.4 13.2 19.6 38.4

47.8 51.6 86.4

1993

6.6

11.4 13.2 18.4 41.2

56.2 75.4 81.8

1994

14.4

21.6 23.6 29.8 63.8

65.2 74.6 75.6

1995

26.8

29.4 32.2 36.4 36.6

36.6 44.0 52.2

1996

13.2

17.8 22.2 43.8 86.0

89.4 89.4 89.4

Ufficio Idrografico e Mareografico di Pisa - L.no Pacinotti, 49 - 56100 Pisa - tel. 050 915311 - fax 050 915324 Sezione staccata di Firenze: Via Ricasoli, 21 - 50100 Firenze - tel. 055 2670200 - fax 055 2675504

(29)

Massimi annui di precipitazione in mm

(tabb. III e V degli Annali Idrologici - parte I, sez. B)

Larderello [2110]

Anno 5' 10' 15'

20'

30'

1

h

3

h

6

h

12

h

24

h

1926

78.0

1927

24.0

1929

13.0

100.1

1930

14.5

1931

9.8

13.0

18.0

40.0 52.0 52.6 82.0

1932

10.2 19.8

1933

29.4 33.6

39.6 40.2 48.4 57.6

1934

25.8

48.2 66.0 71.8 88.6

1935

24.0 26.8

1936

26.8 33.8

46.8 51.8 51.8 59.8

1937

12.0 21.0

24.4 30.6 48.6 59.0

1938

15.6 19.0

23.4 28.0 47.6 49.8

1939

12.2

36.4

54.2 55.6 55.6 72.0

1940

28.4 33.0

53.8 58.2 71.0 71.0

1941

16.4 17.4

18.4 26.2 31.2 34.6

1942

22.0

43.0 54.0 62.6 67.4

1943

22.4

24.0 34.0 40.8 51.0

1945

16.4

21.6 21.6 21.6 29.8

1946

42.0

53.8 54.2 54.2 64.6

1947

18.0

18.6 19.4 30.0 46.2

1948

60.0

62.4 62.4 62.4 62.4

1949

49 4

53 6 61 0

71 8 126 4

(30)

1950

27.8

41.4 55.8 59.8 59.8

1951

20.0 21.6 26.6

38.6 39.6 48.4 58.6

1952

16.0 22.8

36.6 42.6 50.8 90.0

1953

30.0 42.0

45.2 46.2 50.2 66.4

1954

30.0

44.0

50.6 51.0 51.0 54.8

1955

35.2 40.2

46.4 89.0 90.2 97.8

1956

41.8 41.8

43.0 58.8 62.4 65.6

1957

20.0 26.2

37.0 41.2 46.4 68.0

1958

16.0

23.0

48.0 73.0 126.4 135.4

1959

20.0 32.0

76.2 88.0 88.0 100.6

1960

26.0

44.0

74.8 87.2 87.2 87.2

1961

26.0 39.4

61.4 61.6 103.0 122.6

1962

13.0 22.4

30.4 37.2 49.8 63.0

1963

20.0

27.0

31.0 40.6 47.2 62.2

1964

15.0

35.0

52.4 81.0 82.0 118.8

1965

26.0

38.0

63.0 90.0 114.8 118.0

1966

20.0

27.0

40.6 60.6 108.0 175.0

1967

24.0

29.0

52.0 64.0 64.4 64.8

1968

20.0

23.0

24.0 33.6 41.6 49.0

1969

25.6

38.8

39.6 41.4 54.2 57.8

1970

12.0

28.2

56.0 59.6 60.8 62.0

1971

4.0

7.6 10.6 15.0

30.8 51.6 83.8 91.0

1972

12.4

15.2

23.0 27.8 33.2 64.2

1973

20.4

52.2

67.4 80.6 82.6 82.6

1974

20.2

36.8

41.4 42.6 42.6 50.2

1975

25.0

30.0

34.0 54.8 72.8 75.4

1976

2.8

5.6

8.4 12.4

24.4 33.0 41.2 45.0

1977

11.2

25.2

25.2 25.2 25.2 29.4

1978

10.2

19.8

30.2 43.2 49.8 57.6

1979

15 8

19 6

20 0 30 4

41 4

54 8

(31)

1980

2.4

4.8

7.2 14.2

32.2 41.6 49.0 49.0

1981

12.2

20.0

25.2 34.0 54.0 79.6

1982

12.4

20.0

27.0 38.0 60.0 65.0

1983

13.6

20.0

38.6 43.0 51.0 62.2

1984

8.0

12.4 15.0 25.6

35.8 36.2 36.2 36.2

1985

25.0 30.0

58.0 64.8 64.8 64.8

1986

10.0 10.2 10.4 11.2 17.2

25.6 35.6 44.2 54.0

1987 11.0 12.6 15.0 19.2 21.4 31.8

58.4 69.4 88.4 120.0

1988

1.7 3.3 5.0

6.7

9.6 15.6

23.6 33.4 45.2 58.6

1989

8.4 10.1 13.5 13.9 14.7 26.2

29.2 45.7 72.1 79.6

1990

11.8

14.6 17.4 25.8

49.6 77.4 81.8 81.8

1991

10.0

11.2 12.6 19.2

34.4 53.2 67.0 74.4

1992

8.0

11.8 13.8 23.2

38.4 45.8 59.8 82.0

1993

11.4

13.4 14.4 17.4

26.0 32.0 47.2 58.0

1994

7.8

13.6 18.2 32.2

55.2 55.2 61.2 66.4

1995

8.6

12.4 16.0 31.8

42.0 42.0 42.0 44.4

1996

18.6

29.0 37.4 55.0

97.0 99.4 99.4 99.4

1997

11.4

15.2 19.2 28.6

54.6 56.4 86.6 94.8

1998

11.6

14.0 16.2 18.2

29.8 36.4 41.2 51.2

Ufficio Idrografico e Mareografico di Pisa - L.no Pacinotti, 49 - 56100 Pisa - tel. 050 915311 - fax 050 915324 Sezione staccata di Firenze: Via Ricasoli, 21 - 50100 Firenze - tel. 055 2670200 - fax 055 2675504

(32)

3.2.5 Implementazione delle conoscenze

Il quadro conoscitivo derivante dai dati disponibili, dovrà essere progressivamente sistematizzato ed omogeneizzato nell’ambito del Sistema Informativo Territoriale di cui all’Art.4 della L.R. 5/95, in riferimento ai contenuti di cui al D.P.R. 18/7/1995, ed integrato tramite l’acquisizione di studi ed approfondimenti redatti dagli enti locali nella redazione dei propri atti di pianificazione, adottati successivamente agli adempimenti di cui al D.L.180/98.

Tale attività sarà svolta dalle strutture tecniche delle Province e del Bacino nell’ambito dei criteri definiti dal protocollo d’intesa tra Amministrazioni Provinciali e Amministrazione Regionale.

In particolare i dati conoscitivi esistenti dovranno essere sistematizzati ed omogeneizzati con l’utilizzo di un’unica base cartografica vettoriale già disponibile per tutto il territorio del Bacino (cartografia numerica scala 1:10.000) e progressivamente implementati con i seguenti ulteriori tematismi:

1) verifica di tutte le stazioni di rilevamento idropluviometrico presenti nel bacino e dei relativi enti gestori con riorganizzazione e sistematizzazione dei dati relativi alle stazioni di monitoraggio ed individuazione di areali ove necessita l’installazione di nuove apparecchiature;

2) individuazione del reticolo dei corsi d’acqua pubblica alla luce del D.P.R. n.238/99 (regolamento di attuazione della Legge n.36/94);

3) integrazione dello studio “P.I.N.” relativo alla regionalizzazione delle portate di piena in Toscana con particolare riferimento ai principali corsi d’acqua, arrivando a definire le portate (Tr 20-100- 200) tramite modellazione idraulica;

4) trasferimento su cartografia vettoriale delle ricognizioni previste dall’Art.2 della Legge 11/12/2000 n.365;

5) integrazione della individuazione dei processi evolutivi della fascia costiera e relativo trasferimento su cartografia vettoriale.

Il P.A.I. è quindi uno strumento dinamico, in continua evoluzione, un “Piano Processo”, che deve essere aggiornato in relazione alle nuove conoscenze legate a fenomeni naturali, all’evoluzione del contesto territoriale, nonché all’attuazione degli interventi di piano ed alla valutazione della efficacia degli stessi.

(33)

3.3

La pioggia di progetto

3.3.1 Introduzione

Per il bacino idrografico del torrente Trossa, si presenta il problema di eseguire una stima della portata di massima piena, con un prefissato tempo di ritorno e con la sola disponibilità dei dati storici relativi alla pluviometria delle stazioni di interesse.

Data la mancanza di letture relative alla portata del corso d’acqua, si procederà in questa tesi alla loro determinazione ed in particolar modo verrà definita l’onda di piena utilizzando un sistema di trasformazione degli afflussi (precipitazioni meteoriche sul bacino) in deflussi (portate liquide nelle varie sezioni del torrente).

Nel precedente paragrafo si è descritta la pluviometria del bacino, ora partendo da tale studio, si dovrà pervenire alla definizione della “pioggia di progetto” vale a dire l’input che ci permetterà di avere successivamente come output le “portate di progetto” la cui conoscenza ci permetterà di dimensionare le opere di interesse per la sistemazione idraulica del torrente Trossa.

Secondo quanto esposto finora, la portata di progetto avrà un tempo di ritorno pari a quello della pioggia di progetto che l’ ha generata; tuttavia si precisa che non necessariamente una pioggia con un determinato Tr genera una piena che ha lo stesso Tr in quanto la piena è il risultato della pioggia su tutto il bacino, nel senso che alla formazione dell’onda di piena concorrono altri fattori tra i quali si annoverano: la distribuzione spaziale e temporale della pioggia, le condizioni di umidità antecedenti l’evento meteorico, lo sviluppo vegetativo della copertura vegetale della stagione in cui si verifica la precipitazione di interesse e altri fattori.

Si ricorda anche che il periodo in cui statisticamente si hanno le piogge più pericolose è l’autunno nei mesi di ottobre e novembre in cui si ha il riposo vegetativo; pertanto per la determinazione delle piene si farà riferimento a tale periodo.

(34)

3.3.2 La variazione delle piogge nel tempo

per meglio comprendere il significato della variabilità delle piogge nel tempo si introducono preliminarmente alcune grandezze idrologiche caratteristiche:

Altezza di pioggia:

h A V

:= (25)

Data dal rapporto tra il volume di pioggia (V) caduto in un certo intervallo di tempo (t) considerato su una data superficie (A)

Intensità di pioggia:

i

h

t

:=

(26)

che esprime il rapporto tra l’altezza di pioggia (h) caduta in un dato intervallo di tempo (t) e l’intervallo stesso.

Durante un evento pluviometrico qualsiasi si può osservare come l’intensità di pioggia vari in maniera del tutto casuale.

Un grafico che riporta in ascisse i tempi ed in ordinate le intensità di pioggia prende il nome di “ietogramma di pioggia”.Tramite numerose osservazioni, è noto che generalmente una pioggia, col passare del tempo, cade con quantità sempre minori;cioè l’intensità delle precipitazioni diminuisce con la durata e le piogge brevi sono quelle più intense.

Per quanto riguarda la definizione della pioggia di progetto, nella pratica ingegneristica vengono adottati ietogrammi detti “sintetici”,tali cioè da non rappresentare il reale andamento dell’evento pluviometrico, ma in grado di introdurre nelle procedure di trasformazione afflussi-deflussi una variabilità temporale della pioggia che dia luogo a risultati che si possono ritenere cautelativi.

La legge di distribuzione che si introduce rappresenta ,in tal modo, quello che si definisce lo “ietogramma di progetto”; mentre in molti paesi la scelta del tipo di ietogramma è fissata da apposite normative, cosa del tutto assente in Italia.

Nel caso in esame, tra le varie procedure disponibili, si è utilizzata quella più semplice basata su uno ietogramma di tipo rettangolare nel quale quindi si suppone che l’intensità di pioggia sia costante su tutto il bacino ed i suoi sottobacini, questo si traduce in uno ietogramma del tipo:

(35)

i

Tp

in

tensità di pioggia

Figura 3.5 – Ietogramma di pioggia rettangolare

La forma dello ietogramma di pioggia influenza decisamente l’idrogramma di piena; pertanto adottando uno ietogramma rettangolare si commette in realtà un errore che si ritiene accettabile in virtù della forte semplificazione che comporta; per ottenere risultati più aderenti alla realtà si dovrebbe conoscere con una buona precisione l’andamento effettivo dello ietogramma di pioggia.

Un altro tipo di ietogramma spesso utilizzato è quello tipo Chicago che presenta un picco di intensità a 3/8 del tempo di pioggia e codificato nel ramo ascendente e discendente con delle espressioni che variano da luogo a luogo. Si tenga presente però che all’aumentare dell’area,l’influenza delle variazioni dell’intensità di pioggia sull’idrogramma di piena si fa sentire sempre meno, vale a dire che mentre per una fognatura urbana,che ha una risposta più immediata all’input pluviometrico,

considerare l’intensità costante o con il suo reale andamento nel tempo seppure schematizzato può comportare delle forti differenze,per un bacino naturale come è il nostro, non si ritiene necessario uno studio idrologico relativo agli ietogrammi che provocano le piene,viste le incerte ipotesi che si accompagnano alla loro

determinazione.Pertanto assumere lo ietogramma rettangolare non comporterà degli errori grossolani negli studi successivi e l’andamento dell’onda di piena è dettato dalla variazione temporale delle superfici scolanti contribuenti al deflusso secondo il metodo della corrivazione.

(36)

3.3.3 La variazione delle piogge nello spazio

Confrontando le altezze di pioggia registrate contemporaneamente nei pluviografi interessati dalla precipitazione, si osserva che raramente le piogge si manifestano con la stessa intensità su aree estese, specialmente se le precipitazioni sono brevi ed intense; pertanto anche la distribuzione spaziale delle piogge presenta una marcata variabilità e casualità similmente alla distribuzione temporale.

Si nota infatti che su di un area estesa, per ogni pioggia di durata nota, si osserva un punto in cui le precipitazioni raggiungono la massima intensità (centro della pioggia o centro di scroscio), mano a mano che da tale punto ci si allontana l’intensità di pioggia diminuisce più o meno gradualmente.

3.3.4 AMC (Antecedent Moisture Condition)

Un altro fattore importante e che influenza l’idrogramma di piena prodotto da una determinata pioggia di progetto è il grado di imbibizione che il suolo presenta già all’inizio della precipitazione.

Si osserva che generalmente piogge di notevole intensità che si verificano

immediatamente dopo un lungo periodo di siccità, vengono in larga misura assorbite dal terreno o trattenute dagli invasi superficiali e quindi risultano meno critiche per il bacino, di piogge di minore intensità ma che si verificano subito dopo un lungo periodo di precipitazioni, anche modeste, che hanno saturato il terreno e gli invasi superficiali. Per un bacino come quello del Trossa che per la maggior parte è ricoperto da boschi di latifoglie e conifere ma anche da brughiere e cespuglietti,aree a vegetazione

sclerofilla ed aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione, si intuisce, data la notevole estensione della superficie fogliare, quanto sia importante il fatto che il bosco sia già bagnato o meno, in quanto il bosco aumenta enormemente l’acqua pellicolare e cioè quel sottile velo che ricopre tutte le superfici bagnate; è infatti noto che un bosco intercetta senza dar origine ad alcun deflusso dai 5 ai 10 mm di altezza di pioggia. Per la determinazione delle portate di massima piena come vedremo in seguito, l’infiltrazione è il fattore determinante del coefficiente di deflusso; l’infiltrazione è assai minore quanto più acqua contiene il suolo al momento delle precipitazioni.

Con quanto esposto si evince quanto importante siano le condizioni di umidità il cui si trova il suolo.

(37)

Il metodo “CN”, che verrà esposto successivamente, tiene conto di questo fattore e prevede tre situazioni possibili in base al quantitativo di pioggia caduto nei cinque giorni antecedenti l’evento considerato e dalla stagione vegetativa.

Secondo il National Engineering Handbook si ha:

CONDITION AMC

(Antecedent Moisture Condition)

stagione di riposo vegetativo stagione di crescita vegetativa

asciutte I < 12.7 mm < 35 mm 35,5 - 53.3 mm 12.7 - 28 mm II normali > 53 mm > 28 mm III bagnate Tabella 1 – AMC

Il parametro “CN” aumenta passando dalle condizioni di umidità AMC I alla AMC II e alla AMC III con legge discontinua; anticipiamo ora che il parametro “CN” (Curve Number) è un parametro adimensionale variabile da 0 a 100 alla base delle formule utilizzate dall’ S.C.S per la determinazione della pioggia netta di progetto; il valore CN=100 implica che tutta la pioggia che cada sul territorio si trasforma in deflusso superficiale utile per la formazione delle piene, mentre CN=0 viene associato a quelle superfici che per uso del suolo e caratteristiche geologiche non producono alcun deflusso superficiale utili alla formazione delle piene.

Nella presente tesi, dati gli scopi per cui è utilizzato il CN, appare evidente la scelta della condizione AMC III che è una condizione del suolo cautelativa per la riduzione del rischio idraulico del bacino del Trossa.

Si deve inoltre ricordare che il periodo delle piogge più gravoso (cioè settembre, ottobre, novembre) è quello di minor sviluppo vegetativo per cui è anche probabile trovarsi in condizioni bagnate visto che per raggiungere la condizione AMC III occorre che si abbiano soltanto 28 mm di pioggia nei 5 giorni precedenti un’eventuale pioggia critica.

Riferimenti

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