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5. REVISIONE DELLA LETTERATURA

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5. REVISIONE DELLA LETTERATURA

L’approccio chirurgico alle affezioni del naso e dei seni paranasali si è sempre dimostrato complesso, per la difficoltà ad esaminare ed accedere alle regioni dove l’anatomia è rappresentata da passaggi stretti e tortuosi, spesso mascherati da strutture ossee e dove le patologie, spesso, impediscono la completa visualizzazione dell’area da trattare125.

E’ solo all’inizio degli anni ’50, che con l’avvento dei primi rudimentali endoscopi, ideati da Hopkins, si è assistito ad un miglioramento, dapprima della diagnostica otorinolaringoiatrica e successivamente, con il perfezionamento degli strumenti e delle tecniche, anche dell’approccio chirurgico.

Proprio il vantaggio di poter lavorare in zone ristrette, supervisionando ogni fase dell’intervento e limitando selettivamente l’atto chirurgico a ciò che è strettamente necessario, ha permesso a queste metodiche di essere considerate tecniche microchirurgiche funzionali.

La microchirurgia del naso e dei seni paranasali è ormai codificata come il più moderno strumento chirurgico nel trattamento di varie patologie, quali: deviazioni settali, sinusiti croniche, poliposi126. La chirurgia endoscopica è stata introdotta con successo nell’ultima decade per la resezione di neoplasie benigne come il papilloma invertito, le lesioni vascolari, i tumori fibroossei, gli osteomi, gli adenomi pleomorfici, i gliomi e gli schwannomi. In casi selezionati questa tecnica chirurgica, permette la rimozione completa del tumore con inferiore tasso di morbidità, minor numero di giorni di ricovero, perdita inferiore di sangue e assenza di cicatrici esterne, se paragonato con la chirurgia tradizionale. Con il rispetto per quest’ultima, l’approccio endoscopico mostra altri vantaggi, come la migliore visualizzazione e definizione del tumore e dei suoi bordi, con il conseguente risparmio di mucosa sana e strutture anatomiche, altrimenti sezionate125.

Potrebbe sembrare ovvio che un approccio aperto vada a garantire una migliore visualizzazione e accesso alla neoplasia sinusale, in realtà questo potrebbe non essere vero.

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Nell’era moderna con strumentazioni adeguate, in particolare il telescopio di Hopkins combinato con sistemi di navigazione tridimensionali e la moderna diagnostica per immagini, rendono la valutazione e la gestione di tali neoplasie attraverso un approccio transnasale fattibile127.

Gli endoscopi vengono schematicamente divisi in flessibili e rigidi: il primo viene generalmente utilizzato per la diagnosi ambulatoriale, proprio per la sua capacità di visualizzare ed adattarsi ad aree ristrette con un ottimo indice di tollerabilità da parte del paziente; solo in rarissimi casi è necessario utilizzare un’anestesia locale per contatto. Gli endoscopi rigidi a fibre ottiche sono meno utilizzati a livello ambulatoriale, sia per le dimensioni che, appunto, per la loro rigidità. A loro vantaggio bisogna ascrivre una maggiore nitidezza e definizione dell’immagine che, unita al fatto di poterli indirizzare in zone mirate insieme a pinze o taglienti, li rendono strumenti perfetti per la pratica chirurgica. Entrambi gli strumenti vengono alimentati tramite una sorgente luminosa a luce fredda e possono essere collegati ad una telecamera, ad un monitor e ad un sistema di registrazione per la documentazione delle immagini.

Il primo dubbio che può sorgere, potrebbe riguardare l’impossibilità, attraverso l’approccio endoscopico, di rimuovere en-bloc un tumore di dimensioni significative; da un punto di vista pratico, tuttavia, ciò raramente risulta possibile anche con qualsiasi chirurgia aperta correntemente utilizzata (es. midfacial degloving, rinotomia laterale, approccio di

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Caldwell-Luc). D’altro canto, un chirurgo esperto in tecnica endoscopica dei seni paranasali, potrebbe non trovare difficoltà nella rimozione dello stesso tumore attraverso un approccio transnasale, con in più il vantaggio di un minore tempo di ricovero ed una minor incidenza di morbosità127. Il concetto fondamentale alla base della tecnica è il rispetto delle strutture nasali e paranasali con limitata aggressione e invasività.

L’approccio endoscopico può essere utilizzato insieme a quello esterno ogni volta che non sia possibile una completa visualizzazione e, di conseguenza, una resezione efficace del tumore o nei casi di invasione di regioni anatomicamente inaccessibili.

Al fine di una corretta valutazione della neoplasia e dell’opzione terapeutica da intraprendere, è necessario avvalersi almeno di un esame radiologico insieme ad una visita endoscopica.

La scansione TC è eccellente per evidenziare cambiamenti ossei, distorsioni, espansioni o erosioni e la massa di tessuto molle. D’altro canto, immagini di RM, sono spesso necessarie per differenziare il tessuto neoplastico da quello infiammatorio. E’ fondamentale avere una ricostruzione tridimensionale del processo neoplastico per distinguerlo dal tessuto infiammatorio che spesso si associa ad esso. Tali tecniche tomografiche dovrebbero essere effettuate sia sul piano assiale che coronale per quanto riguarda la TC, mentre in tre piani per le immagini RM. A tal proposito, oggi, la TC spirale garantisce un ottimo inquadramento della patologia nel suo contesto anatomico127.

La valutazione tomografica viene supportata dall’endoscopia nasale, in particolare al fine di valutare l’area di inserzione del tumore e distinguerla da quella in cui, invece, resta solo in contatto con la superficie interna del naso.

Ulteriori accertamenti, dipendenti dalla natura del tumore, possono comprendere l’angiografia, con o senza embolizzazione, nel caso di neoplasie vascolari come l’angiofibroma.

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Quindi al fine di ottenere una delineazione tridimensionale dell’estensione tumorale, è necessario avvalersi in modo combinato di scansioni TC e immagini di RM.

Una volta stabilito, dunque, sede, dimensioni e natura della lesione è possibile decidere l’approccio chirurgico da intraprendere.

L’osteoma della regione fronto-etmoidale può essere rimosso endoscopicamente, specialmente se è localizzato al livello delle cellule etmoidali, del recesso frontale o vicino all’infundibolo. Come riportato da Schick et al, un osteoma localizzato al livello della parete infero-posteriore del seno frontale e non oltre un piano virtuale sagittale passante attraverso la lamina papiracea, è suscettibile di trattamento endoscopico. Se invece la lesione è localizzata profondamente nel seno frontale e lontana dall’infundibolo, non può esser visualizzata e rimossa con la sola tecnica endoscopica, ma necessita di un approccio esterno125.

La chirurgia endoscopica può essere applicata alla gestione del papilloma invertito, anche se, ad oggi, non esistono indicazioni univoche. In base alla revisione della letteratura esistono due tipi di indicazioni, eseguite da due diversi Autori, considerati parimenti validi ed autorevoli. Secondo Han63 (2001) sono deputati ad un approccio esclusivamente endoscopico i papillomi limitati alle cavità nasali, alla parete laterale del naso, alla parete mediale del seno mascellare, all’etmoide, allo sfenoide (Gruppo 1); mentre se le lesioni sono estese alla parete laterale del naso (Gruppo 2) l’approccio endoscopico deve essere associato ad uno trans-antrale per la parete antero/laterale del seno mascellare. Il papilloma del seno frontale (Gruppo 3) è candidato alla chirurgia endoscopica per la porzione mediale, mentre l’approccio esterno è indicato per il seno frontale superiore e posteriore a completamento di quello endoscopico.

Secondo Krouse44 (2001) invece, l’approccio esclusivo endoscopico è indicato in caso di tumore totalmente confinato alla cavità nasale, può interessare una sola parete o può essere diffuso, ma non deve estendersi ai seni o avere estensione extra-sinusale all’esame

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endoscopico e/o TC (T1); è inoltre applicabile se il papilloma è limitato alla porzione mediale e superiore del seno mascellare e/o interessante l’etmoide con/senza coinvolgimento della cavità nasali (T2). Se, invece, il tumore coinvolge la parete laterale, anteriore, inferiore, posteriore del seno mascellare, il seno sfenoidale, frontale, con/senza coinvolgimento dell’etmoide o delle cavità nasali (T3), l’approccio endoscopico può esser effettuato se il chirurgo ritiene di avere un’adeguata esposizione del campo chirurgico e se pensa di poter rimuovere completamente il tumore in questo modo, altrimenti, in alternativa si deve ricorrere ad un approccio esterno.

Disegno schematico di come appare un papilloma invertito dello sfenoide attraverso la via trans-etmoidale.

Dal 1981, quando Stammberger67 per primo la utilizzò, ad oggi, molti altri Autori hanno documentato la loro esperienza nella gestione del papilloma invertito tramite la tecnica endoscopica44-50-63-119-120. Circa 500 pazienti sono stati trattati con tale metodica: gli Autori hanno riportato una percentuale di recidive compreso tra lo 0% ed il 33%, dimostrando così la competitività, in termini di risultati, dell’approccio endoscopico rispetto alle tecniche tradizionali63-119-120.

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Quindi è ormai universalmente accettato il concetto che l’assenza di recidiva dipenda dalla completa rimozione della neoplasia (confermato dal fatto che la recidiva compare quasi invariabilmente nella sede primaria del tumore128-129) e pertanto al di là della tecnica chirurgica utilizzata il successo dell’intervento è determinato dall’esperienza e dalla capacità del chirurgo.

a. Immagine RM che dimostra un papilloma invertito che origina dalla parete mediale del

seno mascellare e che si estende in esso fino al meato medio. b. Scansione RM dopo 3 mesi dall’intervento chirurgico in endoscopia.

La tecnica endoscopica è senza dubbio vantaggiosa, se paragonata con gli approcci esterni, per il trattamento di casi selezionati di angiofibroma giovanile, in quanto il ricorso ad osteotomie e l’impiego di placche osteosintetiche non assorbibili della chirurgia aperta, potrebbero influenzare negativamente lo sviluppo dello scheletro facciale125. Si ritiene che l’approccio endoscopico sia utile nei casi di angiofibroma giovanile agli stadi I, II e III-A (secondo Andrews e Fisch) in casi selezionati; inoltre, nei casi in cui il tumore si estende verso la porzione laterale della fossa pterigo-mascellare e verso la fossa infratemporale, un approccio endoscopico endonasale/transantrale combinato o una maxillectomia mediale endoscopica radicale può aiutare nell’ottenere una migliore visualizzazione lateroposteriore per rimuovere la lesione130. La principale limitazione all’approccio endoscopico endonasale,

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nella gestione delle lesioni vascolari è rappresentato da un interessamento massivo della fossa infratemporale e dall’estensione intracranica del tumore con vasi afferenti provenienti dall’arteria carotide interna. In quest’ultima situazione, sarebbe migliore trattare la lesione attraverso un approccio infratemporale per facilitare il controllo dell’approvvigionamento sanguigno da parte dell’arteria carotide interna125.

Lo schwannoma è generalmente un tumore a lenta crescita il cui trattamento può essere rimandato sino alla comparsa dei sintomi; anche in questo caso la chirurgia endoscopica può garantire ottimi risultati e, talvolta, persino una resezione incompleta può essere utile per migliorare la sintomatologia125.

L’adenoma pleomorfico del setto non è considerata una lesione particolarmente difficile da operare; il principale problema con tale tumore è la fuoriuscita di stroma mixoide e cellule tumorali nel campo operatorio, cosa che potrebbe determinare recidive e di conseguenza ulteriori interventi125. A causa del numero limitato i pazienti studiati, risulta un po’ difficile spiegare la migliore tipologia di trattamento per questo raro tumore. Tuttavia, la chirurgia endoscopica è stata utilizzata anche per tali lesioni con successo126.

L’emangioma può essere rimosso per via endoscopica, anche se bisognerebbe notare che il debulking del tumore potrebbe determinare un’emorragia diffusa. Perciò è raccomandata la resezione en bloc della lesione con margini di tessuto normale. Questo potrebbe risultare arduo in presenza di neoplasie di grandi dimansioni126.

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Immagini pre-operatorie, in scansione coronale e assiale di un emangioma del seno etmoidale sinistro.

Scansioni TC assiale e coronale postoperatorie, che dimostrano la resezione dell’emangioma.

Visione endoscopica postoperatoria della cavità nasale sinistra dopo la resezione dell’emangioma del seno etmoidale sinistro.

In conclusione è stato dimostrato che la tecnica endoscopica può essere applicata con successo nella gestione di vari tumori benigni del naso e dei seni paranasali, dando risultati migliori rispetto alla chirurgia aperta. Questa procedura, tuttavia, richiede un’ampia esperienza in chirurgia endoscopica nasale (molta di più di quella necessaria per il

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trattamento di malattie infiammatorie)126 in quanto, talvolta, possono presentarsi limiti o complicanze solo nel corso dell’intervento. Per questo motivo è necessario mettere a conoscenza il paziente dell’eventualità di un approccio esterno ed indicarlo nel consenso informato; il chirurgo deve saper convertire l’approccio da endonasale a tradizionale nel caso in cui l’estensione della lesione superasse le indicazioni stabilite. Quando confrontata con la chirurgia esterna tradizionale, la tecnica endoscopica è caratterizzata da minore morbidità, inferiore tempo di ricovero e minore perdita di sangue125.

La gestione pre-operatoria si avvale di scansioni TC e, se necessario, RM insieme con un esame clinico endoscopico, in modo da stabilire la tecnica chirurgica più appropriata.

La percentuale di recidiva non è influenzata dalla scelta di un approccio endoscopico, in quanto, se l’intervento è effettuato da mani esperte, i risultati ottenuti sono identici a quelli auspicabili per mezzo della chirurgia tradizionale.

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