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CAPITOLO VI

Tecnici, maestranze e materiali

ARCHITETTI COMUNALI

Giovanni Lazzarini nacque a Lucca nel 1769 e vi morì nel 1834. Trasferitosi con la famiglia a Roma studiò all’Accademia di S. Luca dove conseguì nel 1795 il 3° premio al Concorso Clementino. Quando tornò nella sua città natale, il 31 ottobre 1806 fu nominato“Architetto del Principato di Lucca” da Felice Baciocchi, interessandosi ai maggiori problemi urbanistici della città. Anche sotto il ducato di Maria Luisa continuò a ricoprire la stessa carica. Nel 1805 si occupò dei lavori al Palazzo Ducale; nel 1806 ridusse il Monastero di San Romano in quartieri per i Gendarmi e sempre nello stesso anno progettò per la sistemazione di Piazza Napoleone; nel 1808 si occupò della progettazione e del’attuazione del lavori per realizzare Porta Elisa; nel 1809 si occupò dei progetti di ponti levatoi a Porta Santa Maria e San Donato a Lucca; nel 1810 progettò l’ampliamento del Cimitero fuori Porta San Donato a Lucca. Nel 1811 si occupò della ristrutturazione delle carceri di San Giorgio mentre nel 1812 fu impegnato a compiere i lavori al palazzo di Giustizia. Fra il 1812 e il 1817, progettò e realizzò il Nuovo Teatro Regio e sempre in quegli anni lavorò alla ricostruzione del ponte di Monte S. Quirico; negli anni ’30 si interessò al ponte sul Serchio a Diecimo, e progettò il teatro a Viareggio, nonché l’altare della Cappella di S.Anna in San Frediano a Lucca.

Fonti Documentali; ASLu, Acque e strade, Maire di Lucca, Ponti e argini, segreteria di Stato e Gabinetto. Fonti Bibliografiche: CRESTI, C. - ZANGHERI, L., Architetti e ingegneri nella Toscana dell’Ottocento, 1978, Uniedit, Firenze, Pag. 128.

Lorenzo Nottolini fu architetto e ingegnere, nacque a Segromigno il 6 maggio del 1787 e morì a Lucca 12 settembre del 1851. Fu avviato dai genitori alla carriera ecclesiastica; più tardi lasciò il seminario, dove aveva fatto i primi anni di lettere, per dedicarsi all’architettura e all’idraulica. Da giovane ebbe degli incontri decisivi per la formazione del suo stile: conobbe Canova a Firenze e Antolini a Bologna. Visse a Vicenza e a

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Venezia per studiare le opere del Palladio e poi dal 1812 si trasferì a Roma. Nel 1818 fu eletto dai Borboni “Regio Architetto”, “Membro del Consiglio delle Acque, strade e Macchine del Ducato”, “Ingegnere Capo del Primo Dipartimento del Consiglio delle Acque, Strade e Macchie” e infine “Ingegnere Capo del Commissariato delle Acque e Strade”, e tenne questa carica per trent’anni. Sue opere sono il tempietto degli Orsetti (1924) al cimitero a Lucca e la chiesa del convento di Sant’Angelo (monti di Brancoli) dove perdurano echi palladiani. A Viareggio ricostruì la Cittadella, ora distrutta. Lavorò alla villa reale di Marlia e a San Pancrazio, dove iniziò la Specola (1819); alla Pieve di Santo Stefano progettò il Casino di Caccia per Carlo Ludovico, e lavorò alla Villa di Bagni di Lucca. Fu anche costruttore di ponti: dopo il 1836 ricostruì quello sulla Fegana (Val di Serchio) a un solo arco, e il Ponte delle Catene a Fornoli (Bagni di Lucca) nel 1824. La sua opera più nota è l’acquedotto di Lucca del 1822- 32 che dai monti di Vorno ha termine fuori della città, costruito con 459 archi su pilastri alti 12 m. e terminante con due tempietti monopteri, detti Torrioni delle Fontane. Come idraulico si occupò del corso del Serchio e ricostruì gli argini, tracciando anche una nuova strada lungo di esso da Ponte a Moriano a Diecimo. Infine aveva progettato il prosciugamento del lago di Massacciuccoli e un nuovo corso per il Serchio.

Fonti Bibliografiche: SALVETTI, C., L’acquedotto di Lorenzo Nottolini, Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, 1987; MOROLLI, G., Il Duca e l’architetto: Lorenzo Nottolini e Carlo Ludovico di Borbone: affetti e committenza nella Lucca romantica della Restaurazione, “Actum Luce”, XXVIII, 1999, 2, pp. 171

– 202.

ARCHITETTI

Umberto Colombini nacque a Lucca nel 1880 e, dopo aver frequentato il regio Istituto

delle Belle Arti dove conseguì il diploma in scultura, ricoprì fino al 1906 l’incarico di

Ingegnere ai Reali Ospedali e Ospizi di Lucca. Da questo incarico divenne titolare, in qualità di architetto, dell’Ufficio Tecnico d’Ingegneria Sanitaria e Architettura.

Giovanni Lelio Menesini nacque a Lucca nel 1882. Era considerato il più famoso e giovane architetto legato al movimento Liberty. Nel 1914 s’iscrisse ai corsi di Fisico-matematica per Ingegneri e poi passò alla Scuola d’Applicazione per gli Ingegneri dell’Università di Pisa. Può essere considerato un rappresentante di quei professionisti

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che, in mancanza di una precisa legislazione circa la professione di architetto, esercitavano ugualmente quest’attività senza aver ottenuto alcun diploma specifico; nei documenti ufficiali infatti risulta essere un geometra. Nel 1910 fu eletto nel Consiglio Comunale per il patito liberale e divenne Assessore ai Lavori Pubblici e all’Edilizia, e poi nel 1913 assunse la direzione di uno studio Tecnico in Piazza Napoleone e vi rimase fino agli anni Trenta.

Virginio Paolinelli nacque a Lucca nel 1875 dove frequentò il Corso di Scienze fisico-

matematiche per il passaggio alla scuola di applicazione per gli ingegneri civili; nel

1899 conseguì il diploma alla Regia scuola di Applicazione per gli ingegneri civili,

industriali ed architetti a Torino. Intorno al 1905 creò un proprio studio in via Fillungo

e nel 1912 fu eletto al Consiglio Comunale per poi continuare la sua attività di libero professionista anche durante gli anni venti. Nel 1923 fu rieletto Consigliere Comunale e in seguito divenne Assessore per i Lavori Pubblici, Edilizia, Giardini e Paesaggi fino al dominio fascista. Nel 1928 divenne ingegnere dei Reali Spedali e Ospizi di Lucca e tre anni dopo fu nominato Direttore Generale della Cassa di Risparmio di Lucca, dove rimase fino al 1943.

Umberto Pinzauti nacque a Firenze nel 1886. Era considerato uno dei migliori scultori di decorazione applicata all’architettura. Iniziò i suoi studi a Lucca, al Regio Istituto di Belle Arti, per poi trasferirsi a Firenze nel 1907. Qui si diplomò all’ Accademia di Belle Arti e lavorò per Galileo Chini, alla cui manifattura fornì modelli per sculture un ceramica durante il secondo e il terzo decennio del Novecento. Realizzò con questa tecnica, e probabilmente anch’essi dalla Fornaci San Lorenzo dello stesso Chini, sono i dodici putti posti nel 1922 sulle vetrine del negozio in piazza San Michele a Lucca. Inoltre, nel 1912 realizzò il monumento a Eudemio Menesini nel Cimitero Urbano di Lucca; nel 1915 forniva modelli per le decorazioni in cemento della Villa Sarti, allora in costruzione sul progetto del Menesini.

Bibliografia: ILG, U., Il liberty a Lucca : architetture e committenti di primo Novecento, Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, 2002, pp. 41, 137, 153, 200.

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Lorenzo Bartolini nacque a Sevignano di Prato il 7 gennaio 1777 e morì a Firenze il 20 gennaio 1850. Si formò all’Accademia di Belle Arti di Firenze, ma la sua carriera ebbe inizio a Parigi durante il governo di Napoleone Bonaparte, per il quale realizzò numerose opere, fra cui un busto che riproduce l’Imperatore. In seguito a queste importanti commissioni, Lorenzo Bartolini fu proposto come direttore della Scuola di Scultura all’Accademia delle Belle Arti di Carrara, che Elisa Baciocchi riorganizzava come una manifattura di Stato, destinata soprattutto a riprodurre i ritratti dell’Imperatore e dei suoi familiari. In questo periodo realizzò il busto di Napoleone, ora a Versailles, il ritratto di Elisa Baciocchi, il busto di Luciano Bonaparte e di Caterina i Westfalia. Nel 1810 fu commissionata allo scultore dalle autorità livornesi una statua colossale di Napoleone, però in seguito rifiutata dopo all’effimera gloria del Cento Giorni. Questa fu posta a Bastia, in Corsica, nel 185491. Nel 1815 tornò a Firenze, dove non ebbe alcuna commissione pubblica per le sue idee bonapartiste e artistiche, ma lavorò soprattutto per soddisfare le richieste di ritratti per committenti stranieri. Realizza inoltre due monumenti funebri: uno per la Cattedrale di Losanna per Enrichetta Stradford Canning e l’altro, destinato ad essere collocato nel cimitero inglese di Livorno, per Mary Temple Bodwin. Nel 1817 gli fu commissionata, inizialmente per la cappella al primo piano della Villa di Poggio Imperiale, la “Carità educatrice”, poi conservata della Galleria Palatina di Palazzo Pitti. Nel 1830 ebbe la commissione dai figli del principe russo Nicola Demidoff, che gli commissionarono un monumento in memoria, dal 1871 posto in piazza Demidoff a Firenze. Per quest’opera, composta da cinque gruppi di figure, Bartolini utilizzò un marmo particolarmente pregiato, lo zuccherino, ma molto fragile. Dal 1839 fu docente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. La sua opera più famosa è la fiducia in Dio, commissionata da Rosina Trivulzio Poldi Pezzoli nel 1835, e oggi conservata al Museo Poldi Pezzoli di Milano. Nel 1840 scolpì la figura dell'Inconsolabile per la tomba Mastiani nel il Camposanto di Pisa e nel 1845 realizzò la Ninfa dello scorpione, grandemente elogiata da Baudelaire. La

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CENTRO Di, Lorenzo Bartolini, Mostra delle attività di tutela, Prato, Palazzo Pretorio, febbraio – maggio 1978, Firenze, Stiav, 1987, pp. 286, 291.

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sua ultima importante opera fu il monumento sepolcrale alla principessa polacca Sofia Zamoyski, destinata alla Basilica di Santa Croce, al quale lavorò dal 1837 al 1844.

Bibliografia: CENRTO Di, Lorenzo Bartolini, Mostra delle attività di tutela, Prato, Palazzo Pretorio,

febbraio – maggio 1978, Firenze, Stiav, 1987, pp. 286 – 290.

Ulisse Cambi nacque a Firenze il 22 settembre 1807 e vi morì il 7 aprile 1895. Suo padre era scultore Pietro Cambi, molto famoso a Lucca. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico e l'Accademia d’Arte a Firenze continuò i propri studi a Roma, dove vi rimase quattro anni. Tornato a Firenze, dopo un iniziale periodo di difficoltà, riuscì ad affermarsi nell'ambiente artistico locale e venne nominato professore all'Accademia1 dove insegnò scultura.

Carlo Dal Poggetto nacque a Lucca nel 1828 e vi morì nel 1915. Nella sua città fu pittore, scultore e docente nell’Accademia di Belle Arti. Tra le sue opere si ricordano il dipinto della Beata Maria Maddalena Martinengo per la chiesa dei Cappuccini a Monte San Quirico, i due quadri per la cappella Demidoff a Bagni di Lucca e i due quadri di Santa Chiara e San Francesco in San Micheletto. Le opere di scultura che realizzò sono il busto di Pompero Batoni, collocato sulla sua casa natale in via dell’Anguillara, e alcuni monumenti nel Cimitero Urbano92.

Arnaldo Fazzi nacque nel 1855 e morì nel 1944, fu uno scultore e allievo di Duprè a Firenze93.

Ferdinando Fontana nacque a Carrara nel 1791. Si suppone che fu avviato allo studio della scultura da suo fratello Pietro probabilmente gli fu anche maestro. Frequentò l’Accademia di Carrara e fu allievo di illustri insegnanti fra qui si possono ricordare Lorenzo Bartolini e Angelo Pizzi. Studiò a Firenze, a Roma e all’Accademia di Francia. Ma la sua carriera, così brillante agli inizi, ad un certo punto sembrò esaurirsi e si ha solo menzione di una statua della “Fede” commissionata dal Granduca di Toscana per la cappella di Poggio Imperiale. Nel 1827 divenne insegnante all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Morì nell’agosto del 1847.

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BELLI BARSALI, 1988, pag. 273.

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Bibliografia: CAROZZI, R., Gli artisti, in Scultura a Carrara nell’Ottocento, Carrara, Edizioni Bolis, 1993, p. 102.

Luigi Giorgi nacque a Lucca nel 1848 e morì a Roma il 20 agosto 1912. Nella sua città natale fu allievo all’Accademia delle Belle Arti e poi si trasferì a Firenze, dove vi rimase fino al 1906. In quest’anno, vinto il concorso come incisore capo della Reale Zecca, si trasferì a Roma, dove insegnò nella Reale scuola dell’Arte della Medaglia. E’ sepolto nel Famedio del Cimitero di Lucca94.

Urbano Lucchesi nacque a Lucca nel 1844 e morì a Firenze il 7 gennaio 1906. Studiò all’Istituto d’Arte di Lucca e nella bottega dell’intagliatore Luigi Bigotti. La stima e l’appoggio dello scultore e concittadino Vincenzo Consani gli permise di entrare nell’ambito dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, di cui in seguito divenne Presidente. Fu anche direttore della fabbrica di ceramiche del conte Ginori a Doccia. Per la sua città scolpì i monumenti di Mazzini, Garibaldi, Cairoli e quello di Piazza XX Settembre, mentre per la città di Viareggio realizzò la statua del poeta inglese Shelley. Concorse al progetto per la statua di Vittorio Emanuele II, opera poi affidata ad Augusto Passaglia. Realizzò lo stesso soggetto, invece, per la città di Spoleto. Numerosi furono i suoi monumenti funebri. Per la facciata di S. Maria del Fiore a Firenze realizzò la statua dell’apostolo Giuda95.

Augusto Passaglia nacque a Lucca il 1° maggio 1837 e vi morì il 5 settembre del 1918 da una famiglia di modesti operai96. Fin da bambino dimostrò uno spiccato interesse per l’arte e, sulla scia del celebre scultore lucchese Vincenzo Consani, si dedicò alla scultura, ma anche all’architettura e al disegno. Per un periodo visse a Firenze, dove esercitò prima la professione d’insegnante e poi divenne il Direttore della Scuola Artistica. Per la facciata di Santa Maria del Fiore realizzò il portale laterale destro e quello centrale, la statua del Padre Eterno e il grandioso altorilievo della Madonna del Popolo. Scolpì la statua di Boccaccio a Certaldo, quella di Vittorio Emanuele II e del Carrara a Lucca. Per il cimitero urbano di Lucca realizzò un grandioso monumento per

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BELLI BARSALI, 1988, pag. 276.

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LUCIANI, 2007.

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la famiglia Tognini, il monumento al filosofo Pelliccia, il monumento al dottor Basilio Giovanni e quello per la signora Del Secco Bevilacqua.

Francesco Petroni nacque a Lucca il 29 marzo 1877 e morì il 4 aprile 1960. Studiò all’Accademia d’Arte, dove si diplomò in scultura. Lavorò per il Cimitero Monumentale, realizzò il monumento per Carlo Montanari a Verona, quello di Dante Alighieri per Cordoba, in Argentina, e per Genova scolpì il monumento per onorare la figura del sindacalista socialista Giulietti.

ARTIGIANI E OPERAI

Intorno a grandi progetti e a importanti professionisti ruotava una fitta schiera di artigiani e piccoli operai che contribuirono con la loro arte, inconsapevolmente, all’attuazione dell’ammodernamento della città. La presente ricerca ha permesso di individuare, purtroppo, solo i nomi e le specializzazioni di questi piccoli artigiani senza poter agilmente ricostruire una panoramica più completa sulle loro opere. Alcuni di essi, i migliori e più specializzati, nel prendere incarichi dal Comune e nel presentare dettagli di stima dei lavori, presentavano fogli intestai con indicazioni più precise su dove, a Lucca, avevano la propria officina o il proprio laboratorio.

Angelucci Palmiro Marmista.

Bianchi Eugenio Scalpellino

Caniparoli Artigiano marmista di Carrara.

Canterini Giovanni e Buonfiglio Bernardo Muratori vincitori dell’appalto per

l’impianto delle tubature per lo scolo delle acque piovane per i lavori da attuarsi in tutta la città decretati da Carlo Ludovico di Borbone nel 1828.

Cinni e Lungoni Scalpellini di Lucca

Frediani Carlo Artista del ferro battuto

Gemignani Domenico Fabbro.

Giampaoli Fortunato Marmista di oggetti monumentali, aveva

un laboratorio per la lavorazione di marmi e pietre a Lucca, in via San Paolino n. 13.

Guidi Raffaele Fabbro.

Iardella Marmista di Lucca.

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Lippi Pietro Fabbro di Pistoia.

Luporini Pietro di Lucca Muratore vincitore dell’appalto per i lavori di muratura, imbiancatura e coloritura delle facciate dei palazzi per i lavori da attuarsi in tutta la città decretati da Carlo Ludovico di Borbone nel 1828.

Mani Artemisio Marmista scalpellino

Martinelli Demetrio Marmista scalpellino.

Massaglia Bernardo Muratore.

Massaglia e Lenzi Marmisti di Lucca.

Pergola Amerigo “capomastro”, intagliatore, visse a Lucca

fra il 1871 e il 1945.

Salani Alfonso Marmista scalpellino.

Spiacciani Franco e suo figlio Carlo Intagliatore del legno

Toselli Giovanni Fabbro, aveva la sua bottega in piazza del

Battistero.

LE CAVE

La Pietra di Guamo e la Pietra di Matraia, costituiscono, insieme al Calcare Ceroide di Santa Maria del Giudice i materiali litoidi da costruzione più usati a Lucca. I profondi cambiamenti avvenuti anche nelle tecniche costruttive attuarono delle modifiche anche nelle forme di estrazione e di lavorazione della pietra, così da determinare nuove scelte nell´utilizzo di determinati materiali costruttivi. Vennero impiegati prevalentemente calcari bianchi, verrucano e arenarie spaccate come base delle murature assieme ai laterizi, anche se potevano essere materiali reimpiegati o comunque non più riquadrati. Rispetto ai periodi precedenti, acquista un ruolo centrale l´arenaria macigno. Grazie alla sua duttilità e lavorabilità la roccia fu scelta per la maggior parte delle rifiniture ed aperture degli edifici rinascimentali e moderni che restavano in risalto dagli strati di intonaco. Fu, quindi, l´unico materiale ancora coltivato a conci in modo sistematico per gli elementi architettonici semplici o modanati, come i portali, i marcapiani e le finestre. Questo non vuole dire che scompaiono altri materiali quali il verrucano, molto impiegato ad esempio dal Nottolini nel XIX secolo, ma ci fu una maggior specializzazione nell´impiego dei diversi tipi di roccia.

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Le cave di Matraia e di Guamo si trovano in territorio capannorese e danno il nome alle omonime rocce che vi vengono estratte. Entrambe constituiscono i materiali da costruzione più utilizzati a Lucca dal Medioevo fino a tutto l'Ottocento e vennero impiegate per le costruzioni più disparate: per i palazzi, le chiese e le case di campagna, fino ad arrivare alle porte e le decorazioni delle mura cinquecentesche97.

La pietra di Guamo viene estratta non solo dalla cava di Guamo, una zona che a sud del territorio di Capannori, ma anche in altre parti dei Monti Pisani. Questa pietra fa parte del tipo litologico della quarziti bianco-rosate ed è particolarmente adatta come materiale di costruzione e pietra da taglio; è nota anche con il nome di “Verrucano”. È, infatti, molto resistente agli agenti atmosferici e l'elevata resistenza alla compressione. Ancora oggi vi sono alcune cave attive nella zona di Guamo e la pietra estratta è destinata al rivestimento "a vista" o alla lastricatura, piuttosto che a strutture edilizie vere e proprie.

La Pietra di Matraia, come quella di Guamo, prende il nome dalla località nella quale viene estratta, e cioè da una frazione della zona nord del Comune di Capannori, situata su uno sperone dell'Altopiano delle Pizzorne. Il suo impiego risale all'alto Medioevo e caratterizza le pievi sparse nella zona collinare del territorio e, successivamente, le decorazioni ed i paramenti esterni di gran parte dei palazzi rinascimentali lucchesi. Dal punto di vista geologico la pietra è un'arenaria, volgarmente chiamata anche "macigno", è di colore grigio-azzurro appena estratta ed assume una colorazione grigio-giallastra a seguito di fenomeni di alterazione dovuti all’ambiente esterno. Proprio per questo, come tutte le arenarie e contrariamente a quella di Guamo, pur essendo stata inizialmente utilizzata come materiale da costruzione, nel tempo la sua scarsa resistenza agli agenti atmosferici ne ha consigliato l'impiego per scopi ornamentali, di rivestimento e di pavimentazione. Le poche cave attualmente in attività prevedono l'estrazione e la lavorazione in loco della pietra, con mazza e scalpello secondo criteri tradizionali che consentono solo la produzione limitata, ma di elevato valore decorativo.

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La pavimentazione di piazze, di strade e di marciapiedi nei centri storici è uno dei settori dove la pietra è maggiormente usata. Grazie alla resistenza all'usura ed alla lavorabilità del materiale, l'uso delle lastre di pietra per pavimentare gli esterni permette una serie di soluzioni tecniche ed estetiche che difficilmente troviamo in altri tipi di materiali. La pietra può essere lavorata in vari modi, le tipologie di lavorazioni più diffuse sono: la lastra "subbiata" che può essere diagonale, dritta o a spina di pesce; la lavorazione "bocciardata" forma una superficie ruvida e antisdrucciolo; la lavorazione "picchettata" crea invece una superficie scavata e irregolare; infine c'è la lastra "sfiammata" che presenta una superficie mossa ma più uniforme.

Marmo di Seravezza

Seravezza, in provincia di Lucca, è un comune della Versilia. Sorge sulle montagne fra la pianura che arriva fino al mare, e le vette del monte Altissimo, inserite a loro volta nel parco nazionale delle Apuane. Nel centro cittadino di Seravezza nasce, dalle confluenze del Serra e del Vezza, il fiume Versilia. Il suo territorio e la sua economia sono stati caratterizzati per secoli da numerosi giacimenti marmiferi (Ceragiola, Trambiserra, Cappella e Monte Altissimo) dai quali sono estratti marmi bianchi, bardigli, arabescati e brecce. È famosa perché nel 1515 il Comune di Seravezza donò all’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze la proprietà del Monte Altissimo, e di conseguenza le sue cave, dalle quali Michelangelo ebbe (inizialmente) la possibilità di estrarre tutto il marmo di cui aveva bisogno98.

Marmo bianco: marmo a grana fine, di colore bianco livido con venature di grigio uniformi. Il colore grigio delle vene è dovuto a pirite microcristallina.

Marmo bardiglio: marmo di colore grigio scuro, a grana fine, con vene di colore grigio – chiaro non uniformi. Il colore grigio è dovuto alla presenza di pirite microcristallina. Marmo arabescato: breccia a clasti di marmo bianco puro, appiattiti sulle superfici di scistosità, in cemento a dominante calcarea di colore grigio verde per presenza di pirite microcristallina.

Breccia Rio Serra: l’unico giacimento in cui è possibile trovare questo tipo di marmo è sul Monte Altissimo, in località La Polla. Si tratta di un marmo di colore bianco grigio in

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cemento calcareo di colore grigio per la presenza di pirite microcristallina e inglobate in clasti di dimensioni molto piccole99.

Porfido è un tipo di pietra utilizzata per lo più per applicazioni all'esterno poiché è molto resistente sia al forte freddo sia a temperature decisamente elevate. È impiegato in particolare in vari tipi di pavimentazioni (dai bolognini o sanpietrini a lastre di modeste dimensioni).

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Riferimenti

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