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DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE Corso di laurea magistrale in Medicina Veterinaria

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE Corso di laurea magistrale in Medicina Veterinaria

RILIEVI EMATOLOGICI ED EMATOCHIMICI IN GRAVIDANZA, PARTO E LATTAZIONE NELL'ASINA

Candidato: Daniele Serio Relatore: Prof.ssa Micaela Sgorbini

Correlatore: Dott.ssa Francesca Bonelli

(2)

A mio padre e a mia madre che mi hanno sostenuto, a mia sorella e alla sua famiglia numerosa che mi hanno motivato, ad Irene, che credendo in me, mi ha incoraggiato, ad Andrea che mi è stato vicino, a mio nonno, che da lassù, mi guarda compiaciuto.

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INDICE

INTRODUZIONE ... 7

1. GENERALITÀ, ORIGINI, ALLEVAMENTO E IMPIEGO DELL'ASINO ... 8

1.1 L'allevamento dell'asino ... 8

1.2 L’onoterapia ... 9

1.3 La produzione di latte ... 10

2. ANALISI DI LABORATORIO ... 12

2.1 Attendibilità degli esami di laboratorio ... 12

2.2 Precauzioni da adottare per prevenire errori nel prelievo di sangue ... 12

2.2.1 Emolisi ... 12

2.2.2 Paura, eccitazione e apprensione ... 13

2.2.3 Aggregazione piastrinica ... 13

2.2.4 Stabilità del campione ... 14

2.3 Prelievo del sangue ... 14

2.4 Anticoagulanti ... 15 3. EMATOLOGIA ... 16 3.1 Eritrociti ... 16 3.1.1 Ematocrito (Hct) ... 16 3.1.2 Emoglobina (Hgb) ... 17 3.1.3 Indici eritrocitari ... 18 3.2 Leucociti ... 19 3.2.1 Linfociti ... 19 3.2.2 Neutrofili ... 20 3.2.3 Eosinofili ... 21 3.2.4 Basofili ... 21 3.2.5 Monociti ... 21 3.3 Piastrine ... 22 4. BIOCHIMICA CLINICA ... 23 4.1 Glucosio ... 23 4.2 Bilirubina ... 24 4.3 Urea ... 24 4.4 Creatinina ... 25 4.5 Colesterolo e Trigliceridi ... 25

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4.6 Proteine totali ... 26

4.7 Albumina ... 27

4.8 Enzimi sierici ... 27

4.8.1 Fosfatasi alcalina (ALP) ... 28

4.8.2 Gamma-glutamiltranspeptidasi (GGT) ... 28 4.8.3 Aspartato-aminotransferasi (AST) ... 29 4.8.4 Creatin-chinasi (CK) ... 29 4.9 Elettroliti ... 30 4.9.1 Potassio (K) ... 30 4.9.2 Sodio ... 31 4.9.3 Cloro ... 31 4.9.4 Magnesio ... 32 4.9.5 Calcio ... 33

5. LO STATO DELL'ARTE SUI RILIEVI EMATOLOGICI ED EMATOCLINICI IN GRAVIDANZA E LATTAZIONE ... 34

PARTE SPERIMENTALE ... 43

6. MATERIALI E METODI ... 44

6.1. Animali ... 44

6.2. Raccolta e trattamento del campione ... 44

6.3. Conta delle cellule ematiche ... 45

6.4. Analisi biochimica ... 45

6.5. Analisi statistica ... 46

RISULTATI ... 47

CONCLUSIONI ... 53

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RIASSUNTO

Gli obiettivi di questo studio sono (1) verificare se avvengono cambiamenti significativi nei parametri ematologici e biochimici in asine durante gli ultimi 2 mesi di gravidanza e nei primi 2 mesi di lattazione, e (2) determinare eventuali differenze rispetto alle specie equine.

Materiali e metodi. I parametri ematologici e biochimici delle asine sono stati valutati ogni 15 giorni durante l'ultimo periodo di gravidanza, il parto e il primo periodo di allattamento. Sono stati applicati il test Kolmogorov-Smirnov, l'analisi della varianza per le misurazioni ripetute e il test di confronto multiplo di Tukey come post hoc. Il livello di significatività è stato impostato a P <0,05. L'analisi statistica ha mostrato differenze relative al tempo per il conteggio dei globuli rossi (RBC) e ematocrito (Hct), il numero di globuli bianchi (WBC), il numero di piastrine (PLT), le proteine totali, l'urea del sangue, i trigliceridi e le concentrazioni totali di colesterolo, aspartato aminotrasferasi, gamma-glutamiltransferasi, creatinfosfochinasi, sodio (Na) e potassio (K). RBC e Hct sono più alti negli ultimi mesi di gravidanza rispetto al periparto e l'allattamento. La relativa anemia potrebbe essere dovuta a una maggiore ingestione di acqua a causa delle perdite di fluido. La conta dei globuli bianchi è più elevata durante il periparto rispetto agli ultimi mesi di gravidanza e l'allattamento. Ciò potrebbe essere dovuto al rilascio di cortisolo e catecolamine durante il parto. Il numero delle piastrine ha mostrato un decremento dal parto ai primi 2 mesi di allattamento rispetto agli ultimi mesi della gestazione. L'urea nel sangue aumenta in prossimità del parto e rimane costante durante l'allattamento, ciò potrebbe essere dovuto all'elevata domanda di energia all'inizio dell'allattamento. Trigliceridi e colesterolo totale hanno mostrato una diminuzione a partire dal parto per via della lattazione; così, le asine, sembrano avere il metabolismo dei grassi simile a quello dei ponies e delle cavalle, caratterizzate da un maggior mobilitazione e quindi un maggior contenuto di grassi rispetto ai cavalli di razza leggera. L'attività dell'aspartato aminotransferasi è diminuita nel momento del parto e all'inizio dell'allattamento, probabilmente a causa di una predominanza dei processi anabolici rispetto ai processi catabolici durante la gravidanza. L'attività della gamma-glutamiltransferasi è più bassa al parto e durante l'allattamento rispetto a fine gestazione. Questo potrebbe essere dovuto a un carico fisiologico da parte del fegato nel periodo perinatale. L'attività della gamma-glutamiltransferasi è sempre più alta rispetto a quelle delle cavalle, ma comunque all'interno del range dei valori degli asini adulti. La creatinfosfochinasi è diminuita all'avvicinarsi del parto, rimarrà costante dal parto fino ai primi 2 mesi di allattamento. Il sodio diminuisce durante l'allattamento, probabilmente a causa di un maggiore riassorbimento tubulare mediata dal rilascio di aldosterone durante la gravidanza. Il potassio ha mostrato la stessa tendenza del sodio, e le concentrazioni sono in linea con la specie poiché, durante la gravidanza, l'intestino può assorbire il più alto quantitativo di potassio. Le proteine totali diminuiscono maggiormente durante il periodo postpartum e l'allattamento rispetto alla fase di gestazione.

In conclusione, il nostro risultato, ha mostrato cambiamenti significativi dei parametri ematologici e biochimici in asine durante gli ultimi 2 mesi di gravidanza e nei primi 2 mesi di lattazione, e queste variazioni sono solo parzialmente comparabili ai parametri delle cavalle.

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Parole chiave

Asine, Ematologia, Biochimica, Gravidanza, Parto, Lattazione ABSTRACT

The aims of this study were to (1) verify if significant changes occur in hematological and biochemical parameters in jennies during the last 2 months of pregnancy and the first 2 months of lactation, and (2) determine any differences with mares. Hematological and biochemical parameters were evaluated in jennies every 15 days during late pregnancy, parturition, and early lactation. The Kolmogorov– Smirnov test, analysis of variance for repeated measurements and Tukey’s multiple comparison test as post hoc were applied. The significance level was set at P < 0.05. Statistical analysis showed differences related to time for Red Blood Cells (RBC) count and Hematocrit (HCT), White Blood Cells (WBC) count, platelet count (PLT), total proteins, blood urea, triglycerides and total cholesterol concen-trations, aspartate aminotransferase, gamma-glutamyltransferase, creatine-phosphokinase activities, sodium (Na) and potassium (K). RBC and HCT were higher in late pregnancy than at foaling and during lactation. The relative anemia might be due to increased water ingestion because of fluid losses. The WBC count was higher at foaling than during late pregnancy and lactation. This could be related to the release of cortisol and catecholamine during delivery. The PLT trend showed lower values from delivery to the first 2 months of lactation compared to late gestation. Blood urea increased near parturition, and then remained constant during delivery and lactation, which might be due to the high energy demand at the beginning of lactation. Triglycerides and total cholesterol showed a decrease from delivery through the lactation period. Thus, jennies seem to have a similar metabolism of fats to ponies and draft horse mares, characterized by a greater fat content and mobilization than light breed horses. Aspartate aminotransferase activity decreased at parturition and early lactation, probably because of a predominance of anabolic over catabolic processes during pregnancy. Gamma-glutamyltransferase activity was lower at delivery and during lactation than at late gestation. This could be due to a physiological load on the liver in the perinatal period. Gamma-glutamyltransferase activity was always higher than in mares, but within the normal range for adult donkeys. Creatine-phosphokinase decreased near delivery, then was constant from parturition through the first 2 months of lactation. Na decreased during lactation, probably due to an increased renal retention mediated by aldosterone release during pregnancy. K showed the same trend as Na, and concentrations are in line with the species. The higher K during pregnancy may be due to reabsorption by the gut. Total proteins decreased more during the postpartum period and lactation than in the gestational period. In conclusion, our results showed significant changes in hematological and biochemical parameters in jennies during the last 2 months of pregnancy and the first 2 months of lactation and these changes are only partially comparable to mares.

Key words

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INTRODUZIONE

Gli asini (Equus asinus), da millenni, sono stretti compagni degli esseri umani, utilizzati perlopiù come animali da lavoro in tutto il mondo. Oggigiorno vengono sempre più spesso impiegati in altre attività come ad esempio la pet-therapy (Borioni et al, 2012). Il latte di asino inoltre, è consigliato nei bambini con intolleranza al latte vaccino (Carroccio et al, 2000; Muraro et al, 2002) e per questo ne aumenta la richiesta nell’industria alimentare. Il rinnovato interesse per questi animali è dimostrato dal numero di studi sulla determinazione dei dati basali delle variabili ematologiche e biochimiche nel sangue degli adulti (Nayieri, 1978; Laus et al, 2015) e dei neonati (Sgorbini et al, 2013; Veronesi, 2014).

La gravidanza e l'allattamento sono periodi fisiologici che portano a un aumento delle esigenze metaboliche, e sebbene i meccanismi omeostatici mantengano le sostanze nel sangue a livelli relativamente costanti, probabilmente si verificheranno alcuni cambiamenti di concentrazioni di analiti clinici (Harvey et al, 2005).

Durante la gravidanza si verifica un'espansione del volume plasmatico e della massa eritrocitaria, nonché un aumento della sintesi delle proteine plasmatiche (Larsson et al, 2008). Nelle donne è risaputo che durante la gravidanza gli intervalli di riferimento sono diversi dallo stato non gravido (Butte, 2000, Satuè et al, 2013). L'effetto della gravidanza, del parto e dell'allattamento sui parametri ematologici è stato studiato solo nei cavalli e in misura limitata in razze diverse (Hansen et al, 1950; www.aaep.org/info/vaccination-guidelines 2015). Solo uno studio (Mariella et al, 2014) ha riportato un'indagine approfondita degli ultimi mesi di gravidanza e del primo mese di allattamento e non sono presenti dati in letteratura sui valori ematologici e biochimici in asine durante lo stesso periodo. Pertanto, parametri più dettagliati in ematologia e biochimica durante l'ultimo periodo di gravidanza, il parto e l'allattamento nelle asine possono essere utili per una diagnosi accurata delle malattie. Gli scopi di lavoro studio sono stati quelli di verificare se esistono cambiamenti significativi nei parametri ematologici e biochimici in asine durante gli ultimi 2 mesi di gravidanza e nei primi 2 mesi di lattazione; e determinare eventuali differenze rispetto alle specie equine.

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1. GENERALITÀ, ORIGINI, ALLEVAMENTO E IMPIEGO DELL'ASINO

L'asino domestico discenderebbe, secondo uno studio (Albano et al, 2004), dall'asino selvatico africano, il cui mantello è fondamentalmente fulvo e grigio. Gli asini selvatici vivono in branchi non molto numerosi e si dice che siano guidati da una vecchia asina, anziché da uno stallone, come, generalmente, avviene nei cavalli selvatici. L'asino selvatico vive in località povere di vegetazione, desertiche e pietrose, grazie alla sua grande sobrietà e resistenza, che gli consentono anche periodiche migrazioni, se si rendono necessarie per la scarsa disponibilità foraggera. Oltre che lungo le coste dell'Africa orientale-settentrionale, vive ed ha vissuto nella Siria, in Mesopotamia, nell'Afghanistan, nella Persia, nella Russia asiatica meridionale, nel Tibet, nella Mongolia, ecc. Alcuni autori ritengono che dall'Equus

asinus africanus siano originate due sottospecie: una quasi estinta, di taglia minore e

cioè di m 1,15 al garrese, con striscia scura in corrispondenza della linea dorso-lombare e con una linea trasversale pure scura alle spalle e formante, con la prima, la cosiddetta linea crociata o croce di Sant'Andrea; e un’altra, Equus asinus taeniopus, di taglia maggiore, cioè di m 1,25 al garrese, priva quasi sempre della lista crociata, si è originata lungo la zona costiera africana del mar Rosso ed anche dell'Ogaden ed in Dancalia.

L'asino sarebbe stato addomesticato per la prima volta in Numidia. In Europa la specie fu conosciuta tardi e, cioè, nel Neolitico. I suoi resti fossili vi compaiono solo alla fine dell'epoca del bronzo e dell'epoca del ferro. Il mulo, quale prodotto dell'incrocio tra il cavallo e l'asino e la cui raffigurazione compare sui bassorilievi assiri, sembra che sia stato prodotto, la prima volta, nell'Occidente asiatico e precisamente nell'Asia Minore, in epoca immediatamente successiva all'immigrazione mongola.

In Asia si hanno specie equini affini all'asino e, cioè, l'Ermione (Equus hermionus) e l'Onagro (Equus onage).

1.1 L'allevamento dell'asino

L'allevamento si svolge nel suo complesso analogamente a quello del cavallo, con la differenza che il primo è assai meno esigente, più rustico, resistente e più sobrio.

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Possono entrare a far parte della razione quotidiana una maggior quantità di alimenti grossolani e ricchi di cellulosa (foglie e loppe di cereali e di leguminose, ecc.) meglio previamente trinciati per favorirne la digeribilità. Le asine gravide e allattanti e gli stalloni durante l'epoca delle monte, devono ricevere una sufficiente razione giornaliera di cereali (avena, ecc.) o di altri concentrati, in proporzione al peso vivo ed all'attività produttiva spiegata (Baroncini “L'asino il mulo e il bardotto”, Calderini Edagricole 2000). L'asina presenta in genere il primo ciclo di calore ad un anno di età. La stagione delle monte corrisponde a quella dei cavalli da marzo ad agosto. Il ciclo estrale, di norma, è più regolare che non nelle cavalle e dura 21-28 giorni e il calore 2-7 giorni. Il calore riappare, nell'asina che ha partorito, dopo 17-18 giorni e in genere l'ovulazione sembra che avvenga 48 ore dopo l'inizio del calore. La gravidanza dura 365 giorni, con variazioni di 8-12 giorni in più o in meno. Il comportamento degli ormoni sessuali nel sangue e nell'urina e di conseguenza la possibilità di fare la diagnosi di gravidanza mediante l'esame di tali liquidi è identico a quello delle cavalle.

L'asino stallone eiacula cc. 70-115 di materiale spermatico e, in media, cc. 40-100, con un contenuto nemaspermatico generalmente superiore a quello dello sperma di cavallo. L'ottenimento dell'eiaculazione con la vagina artificiale, ai fini della fecondazione artificiale è, in genere, facile e lo stallone si presta a montare il manichino anche più facilmente rispetto al cavallo. L'asino usato per la produzione mulina talvolta presenta qualche ritrosia a coprire la cavalla e allora bisogna ricorrere all'artificio di eccitarlo prima con un'asina in calore. Il tempo di preparazione, precedente alla copula, è molto più lungo che non nel cavallo.

1.2 L’onoterapia

L’onoterapia è un particolare ramo della pet-therapy che usa l’asino come

“terapeuta” (Borioni M et all, 2012). Questa tecnica sfrutta le particolari caratteristiche fisiche e comportamentali

dell’asino come la taglia ridotta, il manto morbido da toccare e accarezzare, l’indole paziente, la lentezza nei movimenti e l’inclinazione alle andature monotone e controllate, offrendo preziosi servizi per la riabilitazione e la cura degli handicap. La

pet-therapy viene anche utilizzata a favore di quelle persone, in particolare bambini,

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l’asino può trattare con pazienti autistici, depressi, aggressivi, ADHD1 e con ritardi cognitivi.

1.3 La produzione di latte

La rivalutazione dell’allevamento dell’asino a fini economici ha il suo fulcro nell’allevamento finalizzato alla produzione di latte d’asina. Il latte d’asina, com’è noto, si distingue notevolmente nella sua composizione, da quello di altri mammiferi comunemente allevati per la produzione di latte come vacca, pecora, capra e, viceversa, si avvicina alla composizione quanti-qualitativa del latte materno umano. La produzione di latte d’asina è finalizzata a tre principali indirizzi d’utilizzo:

1) Fini pediatrici alimentari

Le ricerche svolte hanno dimostrato l’efficacia dell’alimentazione basata su latte d’asina per neonati e bambini affetti da APLV/IPLV (Carroccio et al, 2000; Muraro et al, 2002).

L’APLV/IPLV è la più nota manifestazione allergica nel periodo neonatale e pediatrico ed è determinata dalla reazione immunologica alle proteine del latte vaccino ossia alle caseine, scarsamente presenti nel latte materno umano. Si stima che fino al 7% dei lattanti può potenzialmente soffrire di questa patologia, e che in questi casi l’alimentazione nei primi mesi di vita quando non si basa sul latte materno umano deve effettuarsi con un idoneo alimento sostitutivo. I comuni latti in polvere non sono considerabili idonei in quanto contengono ancora una consistente quota di caseine. Gli studi hanno dimostrato che il latte d’asina garantisce buoni risultati nel trattamento di questa patologia: rare reazioni allergizzanti, elevata palatabilità (gusto dolce gradito ai bambini), buoni incrementi di staturo-ponderali dei bambini trattati.

2) Impieghi in campo medico-farmaceutico

La presenza nel latte d'asina di sostanze ad attività probiotica, di fattori di rilascio ormonale, di anticorpi e di composti azotati ad azione antibatterica, rendono questo alimento molto utile anche nell'alimentazione di anziani e persone debilitate. Tra i

1 Attention Deficit Hyperactivity Disorder

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vari elementi contenuti nel latte d’asina, spicca un elevato contenuto in lisozima, di cui è nota la funzione antibiotica, coadiuvante delle turbe dispeptiche e gastroenteriche del lattante e nella terapia dell’Herpes simplex, nonché decongestionante della mucosa nasale. Il latte d’asina presenta inoltre elevati contenuti in lattoferrina, glicoproteina antimicrobica con un alto valore nutraceutico, nota per la sua attività trofica della mucosa intestinale e per l’incremento della biodisponibilità del ferro. In commercio è possibile reperire yogurt e bevande probiotiche a base di latte d’asina.

3) Produzione di cosmetici

Il latte d’asina è utilizzato in campo cosmetico per la produzione di saponi, creme, bagno schiuma e altri prodotti per la pelle. Secondo recenti studi l’elevata percentuale di lisozima presente nel latte d’asina ed il contenuto vitaminico risultano efficaci nel trattamento degli eczemi.

Tra i Paesi europei, l’Italia, la Francia e il Belgio contano già numerosi allevamenti asinini collegati alla trasformazione del latte in prodotti cosmetici.

Secondo un censimento on-line si stima che in Italia ci siano circa 70 aziende che allevano asini per la produzione di latte e che tali aziende si concentrano principalmente nell’Italia Centro Meridionale ed Insulare. Le suddette aziende presentano mediamente una consistenza in capi inferiore a 200 unità, ma in Italia è presente anche il più grande allevamento Europeo di asini che conta ben 680 capi. Le razze maggiormente allevate e più indicate per la produzione di latte sono quelle più pesanti, come le razze Martina Franca e Ragusana. I principali acquirenti di latte sono i privati che acquistano il prodotto direttamente dalle aziende sia sotto forma di latte che di prodotti trasformati come yogurt e cosmetici. Secondo una recente indagine emerge che ben il 63% del prodotto è distribuito tramite questi canali2 e che la restante quota di prodotto è venduto a cliniche ed ospedali pediatrici, ditte farmaceutiche e di cosmesi.

FONTE http//:www.agraria.org/zootecnia/asino

2 vendita diretta e on-line

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2. ANALISI DI LABORATORIO

2.1 Attendibilità degli esami di laboratorio

(Lubas, 2011)

Bisogna considerare che l'interpretazione dei dati derivanti dagli esami di laboratorio non è sempre attendibile. Tra le possibili cause possiamo avere:

1. un difetto nel metodo di analisi, ovvero un metodo analitico non accurato3; 2. un errore nell'esecuzione o nella registrazione dell'analisi;

3. un'interferenza di altre sostanze, come l'emolisi, campione lipemico, ecc. Se si ritiene opportuno, per avere ulteriori riscontri, il clinico può decidere: di ripetere le analisi, di riconsiderare il caso clinico dall'anamnesi, di eseguire ulteriori analisi per confermare o meno la sua diagnosi.

2.2 Precauzioni da adottare per prevenire errori nel prelievo di sangue

Per evitare di incorrere in errori è bene che il prelievo sia effettuato con l'animale a riposo, tranquillo, senza eccitazione, paura o stress. In questo modo il campione di sangue può essere considerato “rappresentativo” e quindi non alterato nelle componenti quali: Hct, glicemia, enzimi muscolari etc.

2.2.1 Emolisi

È il processo di distruzione dei globuli rossi con conseguente liberazione di emoglobina. L'emolisi indica un danno alla membrana cellulare, che si verifica spesso durante o dopo il prelievo. Può essere causata da:

1. eccessiva suzione, quando viene ad esempio utilizzata una siringa con un ago di piccolo diametro;

2. eccessiva pressione quando si trasferisce il sangue dalla siringa alla provetta, o se si fa ciò non togliendo l'ago;

3. eccessiva pressione negativa applicata sul sangue già presente nella siringa,

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quando si cerca di riposizionare l'ago in una vena che si è persa; 4. eccessiva stasi venosa durante il prelievo

5. congelamento del sangue 6. surriscaldamento del sangue

7. centrifugazione ad alta velocità e per troppo tempo;

8. eccessiva agitazione quando muoviamo la provetta per mescolare il sangue con l'anticoagulante;

9. lipemia per aumento della fragilità della membrana degli eritrociti; 10. ritardo dell'arrivo del campione al laboratorio.

Per quanto riguarda l’ultimo punto in elenco, sarebbe opportuno refrigerare il campione a +4°/+10°C, e se possibile separare il siero e il plasma prima dell'invio al laboratorio, perché si possono verificare delle modificazioni della concentrazione di enzimi, elettroliti e glucosio.

Si possono riscontrare errori dovuti al fatto che, alcuni elementi come il Na e il K sono presenti in concentrazioni diverse nel plasma e all'interno dei globuli rossi; pertanto se la concentrazione di una determinata sostanza è maggiore nell'eritrocita, l'emolisi produrrà un falso aumento di tale componente; invece se le concentrazioni nel globulo rosso è minore, avremmo una diluizione. Ovviamente, ci sarà una riduzione del numero degli eritrociti e dell'ematocrito (Htc), proporzionale all'emolisi; MCHC e MCH saranno aumentati; interferendo con i test spettrofotometrici, l'emolisi determina aumento dell'urea e fosforo inorganico, e diminuzione di bilirubina e calcio.

2.2.2 Paura, eccitazione e apprensione

Nel caso in cui l'animale sia soggetto a paure, eccitazione e apprensione, si ha il rilascio di catecolamine che determinano un aumento dell'Hct, emoglobina e globuli rossi, per contrazione splenica e leucocitosi neutrofila, dovuta all'aumento del pool circolante per effetto di redistribuzione del compartimento dei marginati.

2.2.3 Aggregazione piastrinica

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causato anche dal prelievo stesso, si innesca il processo coagulativo. La conseguente aggregazione piastrinica farà si che il contaglobuli registri trombocitopenia e una contemporanea leucocitosi, dato che tali aggregati saranno scambiati per globuli bianchi.

2.2.4 Stabilità del campione

Se il laboratorio è molto distante o se trascorso del tempo prima che il campione di sangue lo raggiunga, è preferibile separare il plasma o il siero dalla parte corpuscolata, dato che, temperature troppo elevate, o inferiori a +4°C e l'azione della luce solare diretta, possono compromettono di molto la sua stabilità. Il valore reale della glicemia, infatti, decresce col passare del tempo, in quanto i globuli consumano il glucosio come fonte per il loro metabolismo; tali eventi fisici possono determinare emolisi e una diminuzione delle componenti oggetto dell'esame clinico.

2.3 Prelievo del sangue

Il prelievo del sangue, effettuato tramite siringa, necessita di aghi la cui dimensione è compatibile con il diametro del vaso. A seguito del prelievo, il sangue viene trasferito in una provetta, togliendo l'ago in modo che il sangue defluisca lungo la parete della provetta. Il sangue può anche essere raccolto direttamente nella provetta mediante Vacutainer, dove si impiegano provette di vetro con o senza anticoagulante, tappate, sotto vuoto, una camicia porta provette e un ago. Con tale procedura è garantita la sterilità nella raccolta, inoltre l'utilizzo di provette di vetro assicura un'ottimale formazione e retrazione del coagulo (Messer, 1995).

Il sangue intero o il plasma si ottengono utilizzando provette con l'anticoagulante. In questo modo si possono studiare gli elementi cellulari del sangue e della parte liquida. Il campione di sangue così ottenuto, in base all'anticoagulante utilizzato, ci permette il dosaggio dei vari parametri ematochimici.

Il siero si ottiene raccogliendo il campione ematico in provette senza anticoagulante. Quindi il campione viene lasciato coagulare o sottoposto a centrifuga. Il campione è così privo degli elementi cellulari e dei fattori della coagulazione, mentre il plasma resta privo solo degli elementi cellulari.

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Per la raccolta di campioni destinati all'ottenimento di siero possono essere utilizzate provette di vetro siliconate, o contenenti una membrana porosa o dei granuli che favoriscano la formazione del coagulo, e al contempo la netta separazione tra siero e massa corpuscolata al momento della centrifugazione.

Infatti, il siero dovrebbe essere separato dal campione coagulato mediante centrifugazione o semplicemente facendo coagulare il sangue con la provetta mantenuta in posizione verticale. Il versamento o il pipettaggio del siero e il suo stoccaggio in una eppendorf deve essere effettuato prima del suo trasporto in modo da evitare l'emolisi, che renderebbe inaccurata la valutazione di molti parametri di biochimica clinica (Richetts, 2003).

2.4 Anticoagulanti

Un anticoagulante è un composto in grado di rallentare o interrompere il processo di coagulazione del sangue. Gli anticoagulanti più utilizzati sono l'acido etilendiaminotetracetico (EDTA), l'eparina e il citrato di sodio.

1. EDTA, è raccomandato per lo studio della morfologia del sangue, in quanto preserva gli elementi cellulari meglio dell'eparina o degli ossalati. Svantaggio nel suo utilizzo è rappresentato dal fatto che un suo eccesso ( più di 2 mg/ml di sangue) raggrinza le cellule e influisce negativamente sul volume percentuale degli eritrociti (PCV), sul volume corpuscolare medio (MCV) e sulla concentrazione emoglobinica corpuscolare media (MCHA) (Penny et al, 1970).

2. Eparina: attiva l'antitrombina impedendo la conversione della protrombina in trombina. Non può essere quindi utilizzata per il profilo coagulativo e per la determinazione del fibrinogeno. Ha minor effetti sul volume corpuscolare degli eritrociti (Pennock e Jones, 1966) e sull'emolisi;

3. Citrato di sodio: indicato per la determinazione dei fattori della coagulazione, utilizzabile per trasfusioni.

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3. EMATOLOGIA 3.1 Eritrociti

(Lubas, 2011)

La cellula primitiva staminale totipotente, a livello midollare, da origine a cellule differenziate che evolvono nella linea eritrocitaria, granulocitaria, monocitaria e megacariocitaria.

Il processo di eritropoiesi si sviluppa nelle isole eritroblastiche che sono costituite da un macrofago a livello centrale (noto anche come cellulala accuditrice), circondato da un anello di cellule eritroidi in maturazione. Il regolatore principale dell'eritropoiesi è l'eritropoietina, glicoproteina sintetizzata a livello renale. Sotto stimolo di questa, la cellula staminale si differenzia in pro-eritroblasto, poi, per mezzo di un continuo processo di differenziazione, in eritroblasto, reticolocita e infine, eritrocita.

3.1.1 Ematocrito (Hct)

(Lubas, 2011)

L'ematocrito (Hct o PVC) è la frazione di sangue occupata dagli eritrociti, esclusi i leucociti e le piastrine. Si determina tramite centrifugazione ad alta velocità, per cui gli elementi cellulari del sangue vengono separati in base al loro differente peso specifico attraverso due tecniche:

1. Metodica di Wintrobe: tale tecnica si serve di una provetta con un diametro di 3 mm, graduata da 0 a 100 mm dall'estremità inferiore a quella superiore; viene riempita con sangue che proviene da un campione in una provetta contenente come anticoagulante EDTA o eparina, ino al segno 100. poi di centrifuga a 3.000 rpm (rotazione per minuto), per trenta minuti. In alto si ottiene il plasma, prodotto dalla spremitura del sangue privo di cellule; lo strato del buffy (intermedio), di colore cha va dal bianco al grigio, costituito

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da piastrine, strato superiore color crema, leucociti, strato intermedio grigio, e qualche volta eritrociti nucleati, i quali hanno un peso specifico minore rispetto a quelli più maturi; strato rosso, quello più in baso. Il valore dell'ematocrito viene letto all'estremità superiore dello strato dei globuli rossi. 2. Metodica del micormatocrito: si serve di un capillare che viene riempito di sangue, appena prelevato, per circa ¾ della sua lunghezza. Occorre però una particolare centrifuga che è capace di sviluppare una rotazione di 12.000 rpm in 1,2,3 minuti. Dopo la centrifuga, il sangue nel capillare presenta stessi strati presenti nella provetta Wintrobe. Tuttavia, non essendo questo capillare graduato, ci vuole un normogramma, costituito da un cursore mobile trasparente, nel quale inserire il capillare. I vantaggi di tale metodo, sono rappresentati dalla rapidità di metodo e dalla minima quantità di sangue necessaria.

L'aumento dell’Hct si ha in seguito a disidratazione, shock, perdita di liquidi per essudazioni cavitarie, paura ed eccitazione. Nell'adulto si manifesta anche per l'attività muscolare intensa, mentre di rado per eritrocitosi. Nell'interpretazione di tale risultato, come per tutti gli altri valori, non dobbiamo dimenticare eventuali artefatti (evaporazioni o contatto prolungato con anticoagulante EDTA).

Una sua diminuzione può essere causata da anemia, l'impiego di farmaci (tranquillanti anestetici), per emolisi durante o dopo il prelievo, o essere semplicemente un artefatto dato da eccesso di EDTA.

3.1.2 Emoglobina (Hgb)

(Lubas, 2011)

È sintetizzata nei globuli rossi immaturi nel midollo osseo, costituita da due paia di catene polipeptidiche, ciascuna con una sequenza specifica di amminoacidi differente per ogni specie animale e da quattro molecole di eme, ovvero un anello protoporfirinico con al centro un atomo di ferro allo stato ferroso.

Un aumento dell’Hgb si ha per:

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assunzione di acqua;

• eccitazione e paura, per contrazione splenica;;

• shock, è per spostamento di liquidi dal sangue periferico verso gli organi viscerali;

• lavoro muscolare prolungato, nell'animale adulto; • artefatti, quali evaporazioni, lipemia.

Una sua diminuzione è causata da: • anemia

• sedazione farmacologica

• artefatti (eccessiva diluizione del campione o presenza di coaguli).

3.1.3 Indici eritrocitari

(Lubas, 2011)

Sono stati ideati da Wintrobe, e definiscono il volume e il contenuto di Hgb degli eritrociti, dal valore del numero dei globuli rossi, della concentrazione di Hgb e l'Hct.

1. Volume Corpuscolare Medio (MCV)

Questo parametro esprime il volume medio degli eritrociti, e si ottiene dividendo l'Hct per il numero dei globuli rossi. Si individua così un MCV normale, detto appunto normocitico, nelle prime fasi di un'emorragia acuta, nell'emolisi, e da diminuita formazione eritrocitaria; CV aumentato (macrocitico), da aumentata attività del midollo osseo; MCV diminuito (microcitico) per deficienza di alcuni elementi, come ferro e rame.

2. Concentrazione Emoglobinica Corpuscolare Media (MCHC)

Riflette la concentrazione di Hgb all'interno del volume degli RBC impacchettati nell'Hct; ci fornisce una stima della concentrazione emoglobinica della massa eritrocitaria circolate, e si ottiene dividendo tale concentrazione per il valore di Hct. MCHC normale (normocromico) è riscontrato in alcuni tipi di anemia, in cui

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l'aumento o la diminuzione dell'MCV è accompagnato rispettivamente da un aumento o diminuzione della concentrazione di Hgb. MCHC diminuito (ipocromico), nell'anemia ipocromica. MCHC aumentato (ipercromico), risulta da artefatti, dal momento che l'eritrocita non può essere sovra-saturo di Hgb.

3. Emoglobina Corpuscolare Media (MCH)

Si ottiene dividendo l'emoglobina per il numero dei globuli rossi. Tale valore è meno utilizzato, rispetto agli altri due indici (MCV, MCHC), per classificare le anemia e di solito non è considerato di grande importanza diagnostica.

3.2 Leucociti

(Blackwood, 2006)

I leucociti (globuli bianchi, o White Blood Cells o WBC) comprendono i granulociti (neutrofili, eosinofili, basofili) e le cellule mononucleate (monociti e linfociti). I leucociti sono fondamentali per le difese dell'ospite e per l'iniziazione e il controllo dell'infiammazione e dell'immunità. I macrofagi, i neutrofili e le cellule natural killer (NK, cellule linfoidi specializzate) rappresentano la prima linea di difesa contro l'invasione da parte di un patogeno, e non richiede memoria immunitaria. Le cellule linfoidi, invece, regolano la risposta immunitaria adattiva o acquisita, attivata dalla flogosi indotta da qualsiasi patogeno che riesca a superare le difese innate. Tale tipo di risposta sviluppa una memoria immunitaria. I leucociti, sebbene la loro funzione sia generalmente protettiva e di supporto dei tessuti dell'ospite, sono anche responsabili dei danni che caratterizzano le malattie allergiche e immuno-mediate. La valutazione dei leucociti comprende la conta totale e la formula leucocitaria (determinata su campioni di sangue in EDTA) e la valutazione dello striscio ematico. I leucociti nel sangue periferico rappresentano circa l'1,5% dei leucociti totali, mentre il 90% si ritrova nel midollo e il 7% nei tessuti.

3.2.1 Linfociti

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che essi siano statici nei tessuti, infatti, a differenza di altre cellule, rientrano in circolo dopo essere migrati nei tessuti linfoidi periferici, così che si assiste a un continuo ricircolo di cellule linfoidi tra diversi distretti dell'organismo. Le cellule linfoidi vengono drenate nei linfonodi dai tessuti (attraverso i vasi linfatici afferenti), entrano poi (attraverso i linfatici efferenti dai linfonodi) nel dotto toracico, che li riversa poi in circolo, da cui possono uscire in risposta ai fattori di adesione espressi sull'endotelio. Questo ricircolo, e la loro capacità di proliferare, viene conservata anche nei linfociti maturi.

3.2.2 Neutrofili

I neutrofili intervengono nella difesa dell'organismo nei confronti di potenziali patogeni, in quanto possono eliminare o inattivare batteri, funghi, lieviti, parassiti, modulare la risposta immunitaria e eliminare le cellule infette. I neutrofili sono presenti nell'organismo in tre differenti comparti o pool: comparto midollare, quello ematico e quello tissutale. Il comparto midollare comprende il pool mitotico, dove si trovano le cellule in attive divisioni, pool maturativo (cellule in maturazione) e un comparto di deposito, composto da elementi maturi. Solo quando la richiesta di neutrofili è elevata e questo compartimento viene depauperato, vengono rilasciati in circolo neutrofili proveniente dal pool maturativo. Del comparto ematico, si individuano un pool circolante e un pool marginale. Quest'ultimo consiste in cellule adese all'endotelio dei piccoli vasi o che si muovono lungo i vasi stessi, con movimenti di rotolamento. I prelievi di sangue campionano unicamente le cellule presenti nel pool circolante, pertanto spostamenti di cellule tra questo e il pool marginale possono influenzare il numero di cellule. I neutrofili che escono dal circolo sono persi attraverso le mucose o fagocitati nel fegato e nella milza. In condizioni normali non vi è un comparto tissutale di neutrofili, ma in condizioni patologiche, possono accumularsi nei tessuti grandi quantità di neutrofili.

In alcune situazioni è opportuno definire i neutrofili circolanti come spostamenti a sinistra o a destra.

• Spostamento a sinistra (left shift), si presenta quando il pool di riserva midollare è depauperato, ma continua a esserci una richiesta periferica di neutrofili, a cui il midollo fa fronte con il rilascio di neutrofili maturi dal

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comparto maturativo.

• Spostamento a destra (right shift), si verifica quando c'è una diminuzione dell'uscita dei neutrofili da circolo verso i tessuti, e di conseguenza aumenta il pool circolante a discapito di quello dei marginati. Tale situazione si verifica in seguito a rilascio di cortisolo endogeno o da corticosteroidi esogeni. Ne deriva una neutrofilia matura, co ipersegmentazione (nuclei con più di 5 lobi) e picnosi dei neutrofili, tipici segni di invecchiamento di quest'ultimi.

3.2.3 Eosinofili

Queste cellule rappresentano un importante difesa contro i parassiti, e mediano le reazioni infiammatorie. Inoltre, sono spesso le cellule responsabili dei danni tissutali, rilevabili in corso di malattie allergiche. A differenza dei neutrofili, hanno un cospicuo compartimento tissutale; si concentrano nelle zone a maggior rischio di invasione da parte dei patogeni: la cute, l'apparato respiratorio e quello gastroenterico.

3.2.4 Basofili

I basofili sono coinvolti nelle reazioni di tipo allergico e nella risposta immunitaria ai parassiti, e partecipano, insieme agli eosinofili, alle reazioni infiammatorie. Analogamente ai neutrofili e agli eosinofili, hanno un pool di deposito midollare e un'emivita in circolo relativamente breve, mentre nei tessuti possono sopravvivere fino a due settimane.

3.2.5 Monociti

Il monocita non è altro che la forma circolante del macrofago, e rimane in circolo per un periodo limitato (qualche ore), prima di migrare nei tessuti. Nei tessuti normali i macrofagi (macrofagi residenti), hanno un'emivita molto lunga (fino ad anni), mentre nel focolaio flogistico hanno una vita molto più breve. I macrofagi insieme ai neutrofili, e alle cellule natural killer (NK) sono la prima linea di difesa della

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risposta immunitaria innata. Essi presentano l'antigene ai linfociti, secernono citochine e mediatori dalla flogosi, e fagocitano patogeni, cellule morte o infettate da microorganismi.

3.3 Piastrine

le piastrine, o trombociti, sono piccoli frammenti cellulari anucleati, che hanno origine dai megacariociti; hanno un ruolo indispensabile nell'emostasi e nel mantenimento dell'integrità vascolare, ma anche nell'infiammazione, poiché interagiscono con i monociti, neutrofili, e fibroblasti, attraverso il rilascio di molti , mediatori (adenosindifosfato), serotonina, calcio, ATP, trombossano, A2, etc., contenuti in granuli secretori.

Come gli eritrociti, anche i trombociti possono essere sequestrati dalla milza, e un'eventuale contrazione splenica può incrementare la conta piastrinica dal 30% al 50%. Negli equini, le piastrine hanno un'emivita di 4-5 giorni, e successivamente, vengono rimosse dai macrofagi della milza, del fegato e del midollo osseo.

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4. BIOCHIMICA CLINICA

4.1 Glucosio

Prima che il puledro si allatti, la glicemia è leggermente inferiore alla norma; tuttavia, dopo che si è allattato, il livello di glucosio, nelle prime 24 ore di vita, supera quello dell'adulto e si mantiene alto nel primo mese di età. Ciò è legato alla frequenza con cui il puledro si allatta (Bauer, 1990).

Puledri ipossici, ipotermici, disvitali e anoressici vanno frequentemente incontro a ipoglicemia, che può portare a danni cellulari molto gravi e irreversibili. Cause comuni di ipoglicemia possono essere (Koterba et al, 1990):

1. Puledri prematuri e disvitali, nei quali lo stress dato dal maladattamento all'ambiente extrauterino porta a un consumo esagerato delle scarse riserve di glicogeno, con loro esaurimento.

2. Asfissia perinatale, fenomeni di shock, sepsi e ipotermia.

3. Diminuita gluconeogenesi, dovuta a carenza di attività enzimatica.

I puledri appaiono deboli, letargici, presentano difficoltà di suzione, incoordinamento dei movimenti; molto spesso manifestano difficoltà di stazione, talora si convulsive alternate a fasi simil-comatose. Risulta quindi opportuno una stima regolare e frequente della glicemia (Ricketts, 2003), che può essere determinata in maniera rapida servendosi di strisce reattive. Come già detto in precedenza, se il campione di sangue non viene centrifugato subito dopo il prelievo, il valore della glicemia non è attendibile, in quanto gli eritrociti consumano glucosio per il loro metabolismo. Più raramente di assiste a iperglicemia, le cause più frequenti possono essere eccessiva somministrazione di glucosio per via parenterale, situazioni di stress in quanto i glucocorticoidi determinano un effetto iperglicemizzante, sepsi, anche se il meccanismo che porta all'iperglicemia è ancora poco chiaro, essendo, in questo caso particolare, molto più recente l'ipoglicemia. Conseguenze dell'iperglicemia sono l'iperosmolarità plasmatica, la diuresi osmotica con conseguente disidratazione (Koterba et al, 1990).

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4.2 Bilirubina

La bilirubina deriva in massima parte (70-90%) dalla degradazione dell'anello porfirinico dell'emoglobina e in minima parte dal catabolismo della mioglobina e delle altre ferro-proteine. La degradazione dell'emoglobina è operata da parte da parte delle cellule del sistema reticoloendoteliale (prevalentemente a livello splenico, epatico e del midollo osseo), le quali fagocitano e distruggono i globuli rossi invecchiati (eritrocateresi). L'elaborazione della bilirubina nelle cellule del sistema reticoloendoteliale, avviene attraverso le seguenti fasi: emoglobina, verde emocromogeno, biliverdina e bilirubina. Quest'ultima, non essendo solubile nel plasma, quando viene liberata dalle cellule reticoloendoteliali, viene legata all'albumina e coniugata con acido glucuronico dalle cellule epatiche. Successivamente, viene immessa nelle vie biliari e eliminata con la bile (Marcato, 1997).

I livelli della forma indiretta (non coniugata con acido glucuronico), per la modalità di escrezione della bile negli equidi, non essendo dotati di colecisti, sia nell'asino che nel cavallo, possono aumentare considerevolmente senza che ci sia una sintomatologia clinica, pertanto bisogna tenerlo presente quando si vanno a interpretare i risultati di laboratorio. Aumenti della bilirubinemia sono normali in seguito a periodi di anoressia, o alterazioni della motilità e funzionalità intestinale. Nel puledro i livelli di bilirubina aumentano quando non si allatta, a in seguito a isoeritrolisi neonatale (Ricketts, 2003).

4.3 Urea

È sintetizzata a livello epatico, a partire da due molecole di ammoniaca, che arriva all'epatocita, dopo essersi formata a livello intestinale dalla deaminazione degli amminoacidi. Il suo livello, misura quindi la funzionalità epatica, che renale, in quanto viene escreta con le urina (Squires, 2006).

Un suo aumento si riscontra nei puledri disidratati, emoconcentrati, poiché aumenta il suo riassorbimento ( per ogni molecola di urea che viene riassorbita dal tubulo renale, viene riassorbita anche una molecola d'acqua), e nei puledri con uroperitoneo (Ricketts, 2003).

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4.4 Creatinina

(Squires, 2006)

È di derivazione muscolare, proviene dal metabolismo della creatina. La quantità di creatinina formata giornalmente, dipende perciò dalla creatina totale che, a sua volta, è influenzata dalla dieta, dalla velocità di sintesi e, soprattutto, dalla massa muscolare totale. Eliminata con le urine, viene totalmente escreta e non c'è quota di riassorbimento. Pertanto, il suo aumento nel siero rivela una diminuzione della filtrazione glomerulare, che può accadere nell'insufficienza renale pre-renale (associata a ridotta perfusione renale per emorragia, ipovolemia, sequestro di liquidi nelle peritoniti, traumi, ustioni gravi, pericarditi o versamenti pericardici, in cui si ha un tamponamento cardiaco e quindi diminuzione della gittata cardiaca, setticemia), renale (per patologie renali in cui si è ridotto il numero di nefroni funzionanti), post-renale (più spesso per ostruzioni delle basse vie urinarie). Tuttavia, l'utilizzo precoce della creatinina come precoce indice d'insufficienza renale non è molto affidabile, poiché prima di avere un aumento della sua concentrazione, bisogna che più del 75% del parenchima renale abbia perso la sua funzione.

4.5 Colesterolo e Trigliceridi

(Tarrant et al, 1998)

L'iperlipidemia è un disordine del metabolismo dei lipidi, che più spesso si incontra nel pony e nel cavallo con un elevato tasso di mortalità (Schotmann e Wagener, 1969).

Il disturbo è principalmente primario, in quanto è stato descritto solo un caso di iperlipemia in un puledro pony (Gilbert, 1989), a differenza di quello che accade nelle altre specie in cui i difetti ereditari del metabolismo dei lipidi sono molto frequenti (Bartley, 1989; Ford, 1996).

L'iperlipidemia nell'asino ha un tasso di mortalità, dall'86% al 95% (Fowler, 1989), molto più alto che nel pony. La condizione tende a presentarsi, di solito, intorno alla mezza età, in asini obesi, in situazioni di malessere generale in seguito a fattori

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stressanti (Whitehead et al, 1991) o condizioni di salute scadenti (laminite, infestazioni parassitarie). Inizialmente, i segni clinici sono rappresentati da debolezza, letargia, anoressia, diminuzione della motilità intestinale, tremori muscolari, dispnea, come e morte (Whitehead et al, 1991).

Alla necroscopia si ritrova infiltrazione grassa di fegato, rene, muscolo scheletrico e cuore, trombosi vascolare nel polmone, rene e cervello (Jeffcot, Field, 1985). Talvolta, si ritrova edema polmonare e ulcere gastroenteriche (Gay et al, 1978). La diagnosi è confermata dal ritrovamento nel plasma di concentrazioni di trigliceridi superiori a 5,7 mmol/L (Naylor et al, 1980).

Fattori predisponenti all'aumento della concentrazione di colesterolo e trigliceridi nel siero, è associata ad anoressia, puledri disvitali, prematuri, che non hanno assunto colostro, che non si allattano, o nella sindrome della risposta infiammatoria sistemica, in cui molti organi vanno incontro a insufficienza funzionale.

4.6 Proteine totali

Il fegato sintetizza la maggior parte delle proteine, tra cui le albumine e alfa e beta globuline, tranne la gamma che sono prodotte dalle cellule del sistema reticolo endoteliale, e il fibrinogeno. Le anormalità sia dal punto di vista quantitativo, che qualitativo delle proteine plasmatiche non sono patognomoniche di alcuna specifica malattia, ma di un'alterazione dell'equilibrio tra il catabolismo e l'anabolismo proteico (McGrotty, Tennant, 2006).

Per una corretta interpretazione delle proteine plasmatiche, è necessario non solo conoscere la concentrazione delle proteine totali, ma anche le diverse frazioni proteiche, perché la diminuzione di una frazione può essere mascherata da un aumento dell'altra. La tecnica che permette di distinguere le varie frazioni proteiche è l'elettroforesi zonale, che va eseguita su un campione di siero o di plasma (l'elettroforesi effettuata su siero esclude il fibrinogeno, il quale è coinvolto nella coagulazione del sangue) (Mcgrotty, Tennant, 2006).

nei puledri più grandi, le proteine totali, l'albumina e le globuline, vengono misurate per valutare lo stato generale di salute dell'animale, lo stato di nutrizione e la eventuale risposta a malattie infettive (enteriti da E. Coli, Salmonella) e parassitarie. È stata osservata ipoalbuminemia e aumento delle globuline, in caso d'infestazione

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da strongili, ciatostomi, patologie epatiche, flogosi purulente (Ricketts, 2003).

4.7 Albumina

(McGrotty, Tennant, 2006)

È una grossa proteina osmoticamente attiva, caratterizzata da un peso molecolare medio di 69.000 Daltons; è sintetizzata dal fegato ed è responsabile di quasi il 75% della pressione colloidosmotica. Qualsiasi diminuzione della sua concentrazione può quindi determinare un significativo decremento della pressione oncotica, con un conseguente passaggio di fluidi dal compartimento intravasale verso l'interstizio, e la comparsa di ipotensione, edema (sottocutaneo, polmonare) e versamenti nelle cavità preformate (versamento pleurico, addominale). Diminuiti livelli di albumina si possono avere in seguito a patologie epatiche, malattie infiammatorie (nelle quali si ha un aumento delle proteine della fase acuta), enteropatie proteino-disperdenti, nefropatie proteino-disperdenti, essudazioni e versamenti cavitari. Gli incrementi della sua concentrazione sono in genere il risultato di una disidratazione o di emoconcentrazione.

4.8 Enzimi sierici

(Hall, German, 2006)

Gli enzimi cellulari, in caso di danno o sofferenza cellulare, si riversano nel liquido extra-cellulare e poi vanno nel circolo ematico. Attori che determinano l'aumento degli enzimi in circolo, o la loro presenza sono: citolisi, ipossia, invecchiamento e alterazione della permeabilità cellulare, ostruzione biliare intraepatica o extraepatica, in cui si ha un ostacolo alla normale via d'eliminazione della bile, aumentata sintesi, per l'induzione enzimatica, che può essere causata dall'assunzione di alcuni farmaci (tranquillanti, anticonvulsivanti, FANS, cortisonici, ecc.). in circolo, si riscontrano gli enzimi degli elementi corpuscolati del sangue: eritrocitari (G6PD, glucosio-6-fosfato deidrogenasi, GSH-R, glutatione reduttasi); leucocitari (ALP, fosfatasi alcalina). Vi sono poi gli enzimi plasmatici che a loro volta si dividono in enzimi della coagulazione ( protrombina, fattore V, fattore VII, ecc.), i quali sono plasma

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specifici, e quelli non plasma specifici, che non svolgono le loro azioni nel plasma. Questi ultimi possono essere di secrezione, come amilasi, lipasi, tripsina, pepsinogeno, oppure enzimi del metabolismo cellulare (citoplasmatici o mitocondriali), come ALP (fosfatasi alcalina), GGT (gamma-glutamiltranspeptidasi), CK (creatin-fosfochinasi), AST (aspartato-aminotransferasi) ALT (alanina-aminotrasferasi), LDH (lattato deidrogenasi), SDH (sorbitolo deidrogenasi), ecc.

4.8.1 Fosfatasi alcalina (ALP)

(Hall, German, 2006)

Tale enzima è presente in diversi tessuti, tra cui fegato e tessuto osseo, ma anche rene, intestino e placenta. Gli isoenzimi renali e intestinali tuttavia, raramente contribuiscono all'aumento dell'ALP totale sierica, che invece può dipendere da colestasi o aumento dell'attività osteoblastica. Il suo valore può aumentare in seguito a patologie ossee (fratture, neoplasie, metastasi ossee, osteiti-osteomieliti, artrite, rachitismo o fisiologicamente, durante l'accrescimento), o epatiche, che coinvolgono principalmente i dotti biliari (colangiti, ascessi epatici, o qualsiasi causa che produca colestasi). Una sua diminuzione può essere dovuta a malnutrizione o età avanzata.

4.8.2 Gamma-glutamiltranspeptidasi (GGT)

(Hall, German, 2006)

È un enzima che si ritrova in vari distretti corporei, quali fegato e vie biliari; si può trovare anche, in misura inferiore, nel cuore, pancreas, intestino, polmoni, muscolo, reni e eritrociti, ma la gran parte della GGT circolante è di origine epatica. L'analisi di questo enzima è utile per la diagnosi di patologie epatiche, infatti, molto spesso, i suoi livelli, vengono valutati in concomitanza a quelli della fosfatasi alcalina. I valori di GGT vengono alterati in caso di colestasi più che da lesioni epatiche. In caso di lesioni epatiche focali, o fibrosi epatica, l'attività di GGT può non aumentare significativamente, mentre in caso di dislocazione del colon, ci può essere un incremento della sua concentrazione, dovuta a colestasi secondaria (Divers, 1992).

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4.8.3 Aspartato-aminotransferasi (AST)

(Hall, German, 2006)

L'AST è un enzima citoplasmatico e mitocondriale rilevabile in moltissimi tessuti, ma livelli più elevati si apprezzano nel fegato e muscolo scheletrico e in misura minore nel miocardio. Di conseguenza, il tenore ematico della AST, aumenta ogni qualvolta ci sia un danno cellulare dei tessuti menzionati. Tramite elettroforesi, sono stati individuati due isoenzimi: MAST, esclusivamente a livello mitocondriale, e CAST, presente nel citoplasma e sarcoplasma.

Viene utilizzato principalmente come test di funzionalità epatica, anche se la specificità di questa analiti è comunque bassa, in quanto ci dà poche informazioni sulla natura del problema epatico. Aumenti significativisi riscontrano in presenza di epatiti acute, necrosi epatica tossica, colestasi, ischemia epatica e miositi. Inoltre, trattandosi di un enzima presente in vari organi, sono moltissime le patologie in grado di indurre variazioni nei livelli di aspartato-aminotrasferasi nel sangue: traumi, contusioni muscolari, ematomi intramuscolari, infarto al miocardio, pericardite. Si possono poi avere aumenti moderati in seguito a trattamenti con steroidi anabolizzanti, cortisonici, FANS, antibiotici, ecc.

4.8.4 Creatin-chinasi (CK)

(Olby, 2006)

È un enzima citoplasmatico che catalizza la reazione di idrolisi della creatina fosfato in creatina e fosfato. Tale reazione chimica, è la sola fonte di energia per il muscolo all'inizio della contrazione. CK viene rilasciata nel torrente circolatorio, quando si verifica una permeabilizzazione del sarcolemma (membrana cellulare dei miociti). I tessuti più ricchi di tale enzima sono i muscoli scheletrici, il cervello e il cuore. Se ne conoscono tre isoenzimi:

• CK-MM, che è la quasi totalità della CK misurata nei muscoli scheletrici; • CK-MB, si ritrova prevalentemente nel miocardio;

• CK-BB, presente a livello del tessuto nervoso.

Molte sono però le patologie in cui la CK aumenta: miosite traumatica, idiopatica, immunomediata o infettiva; miopatie tossiche o indotte dai armaci; investimenti,

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schiacciamenti muscolari, ipertermia maligna, rabdomiolisi da esercizio.

4.9 Elettroliti

(Shelly, Mellanby, 2006)

Il mantenimento delle normali concentrazioni elettrolitiche è fondamentale per l'organismo. Alterazioni dell'equilibrio elettrolitico possono influenzare la funzionalità di molti organi, compreso il sistema nervoso, la muscolatura cardiaca e quella scheletrica. Squilibri di notevole entità possono portare a gravi segni clinici e alla morte. I livelli degli elettroliti più importanti (potassio, sodio, cloro e calcio) sono strettamente controllati dall'azione di numerosi ormoni e dal rene.

4.9.1 Potassio (K)

Il potassio è localizzato principalmente nel citosol ed è mantenuto in questo compartimento dalla pompa sodio/potassio. Quest'elettrolita viene introdotto nell'organismo attraverso il cibo. La principale via d'escrezione è quella renale e, in piccole quantità, viene perso attraverso il sudore e le feci.

L'iperkaliemia può essere dovuta a errori di laboratorio, insufficiente escrezione renale, ostruzione e/o rottura delle vie urinarie, ridistribuzione del potassio al di fuori delle cellule nel fluido extracellulare o può dipendere dall'assunzione di potassio esogeno.

L'ipokaliemia può essere causata da:

1. Diminuita assunzione che vede come causa principale l'anoressia;

2. Aumentata perdita, tra le cause abbiamo perdite gastrointestinali, come diarrea; perdite urinarie: insufficienza renale cronica, diuresi post-ostruzione, poliuria, acidosi renale tubulare, iperadrenocorticismo, ipomagnesiemia, acidosi metabolica, terapie farmacologiche come penicillina, diuretici d'ansa e eccesso di mineralcorticoidi;

3. Ridistribuzione del potassio per aumentato ingresso nelle cellule: alcalemia, elevati livelli di insulina, somministrazione di beta-stimolanti, ipotermia.

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4.9.2 Sodio

Il sodio è il principale responsabile della perdita e del mantenimento dell'acqua attraverso i reni. In condizioni normali, il sodio, e quindi di acqua, all'interno dell'organismo è relativamente costante e fluttua in un range molto stretto.

Il sodio è il catione più importante presente nel fluido extracellulare ed è responsabile del mantenimento della neutralità elettrolitica.

I livelli plasmatici di sodio sono controllati attraverso la regolazione della volemia e dell'osmolarità del plasma, con i seguenti meccanismi:

• attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone; • rilascio di ADH.

L'ipernatriemia può essere causata da:

1. perdita di fluidi ipotonici: patologie gastrointestinali come la diarrea, insufficienza renale, terapia diuretica;

2. perdita di acqua ma non di sali: adipsia primaria, colpo di calore, febbre, ustioni o estese soluzioni di continuo della cute, mancanza d'acqua;

3. ipernatriemia da eccessiva introduzione di sodio: aumentata ingestione di sale, fluido-terapia endovenosa ipertonica, somministrazione endovenosa di bicarbonato di sodio, iperadrenocorticismo.

L'iponatriemia, invece, può essere causata da:

1. perdita di sodio: ipoadrenocorticismo, perdite gastrointestinali (diarrea), perdita di fluidi nel terzo spazio (versamenti pleurici, versamenti addominali);

2. aumento della volemia: insufficienza cardiaca congestizia, sindrome nefrosica, patologie epatiche, patologie renali avanzate;

3. aumentata osmolarità plasmatica: somministrazione di mannitolo.

4.9.3 Cloro

il cloro costituisce i due terzi della concentrazione totale degli anioni nel liquido extracellulare, seguito dai bicarbonati. Perciò, alterazioni nella concentrazioni di cloro sono seguite da cambiamenti nelle concentrazioni di sodio o di bicarbonati, al fine di mantenere la neutralità elettrolitica.

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L'ipercloremia può presentarsi in associazione con ipernatriemia, quando la perdita di acqua è superiore a quella del sodio, o per eccessiva assunzione di sodio. L'ipercloremia senza ipernatriemia è in genere dovuta a un'aumentata perdita di bicarbonati attraverso l'intestino (diarrea) o attraverso il rene nella cosiddetta acidosi renale tubulare. Entrambe queste situazioni portano a un'acidosi metabolica senza variazioni nel gap anionico. L'ipercloremia può inoltre essere dovuta ad aumentata assunzione di cloro, sia iatrogena (fluido-terapia, farmaci contenenti cloro), sia accidentale (intossicazione da sale).

L'ipocloremia può presentarsi in associazione con iponatriemia. In assenza di quest'ultima, l'ipocloremia è di norma legata ad alcalosi (l'eccesso di bicarbonati porta a una riduzione del cloro per mantenere la neutralità elettrolitica) e i segni clinici sono secondari ai disturbi acido-base. Altre possibili cause possono essere:

• uso di diuretici tiazinici o di diuretici d'ansa;

• somministrazioni di farmaci o fluido-terapie che contengono, in proporzione, più sodio che cloro;

4.9.4 Magnesio

Solo l'1% circa del magnesio corporeo totale è presente nel siero, la forma fisiologicamente attiva è quella ionizzata che rappresenta circa il 70% del magnesio totale. Il magnesio è presente nell'organismo nello spazio extracellulare, è un cofattore importante per il funzionamento della pompa sodio-potassio ATPasi-dipendente e per questo ha un ruolo importante nella distribuzione del sodio e del potassio nello spazio extracellulare e intracellulare, rispettivamente. Viene assorbito a livello intestinale ed escreto dal rene.

L'ipermagnesiemia si riscontra raramente in medicina veterinaria, la causa principale è rappresentata dall'insufficienza renale, nella quale la quantità di magnesio escreta dal rene diminuisce parallelamente alla diminuzione della GFR. I segni clinici di ipermagnesiemia non sono evidenti, fino a quando la concentrazione sierica non aumenta notevolmente.

Molte delle condizioni che causano ipokaliemia determinano anche ipomagnesiemia. Le cause di ipomagnesiemia includono:

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• anoressia;

• malattie tubulari renali; • ipercalcemia;

• somministrazione di farmaci (diuretici) L'ipomagnesiamia può causare aritmie cardiache.

4.9.5 Calcio

Nel plasma, il calcio si trova in tre forme:

• la forma ionizzata fisiologicamente attiva (circa il 50% del calcio totale); • la forma chelata, complessata con lattati, citrato e bicarbonati (circa il 10%

del calcio totale);

• la forma legata alle proteine (circa il 40% del calcio totale), principalmente legata alle albumine, che legano quattro volte più calcio di quanto ne leghino le globuline.

La distribuzione del calcio tra le tre diverse forme sopra riportate è variabile e dipende dai livelli di albumine e di altre proteine, dall'equilibrio acido-base e dalla concentrazione di potenziali chelanti, come il citrato. L'ipoalbuminemia può causare una falsa ipocalcemia o, al contrario, mascherare un'ipercalcemia.

Gli ormoni principalmente coinvolti nella regolazione del metabolismo del calcio, negli animali sani, sono il paratormone, la 1.25-diidrossivitamina D e la calcitonina.

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5. LO STATO DELL'ARTE SUI RILIEVI EMATOLOGICI ED EMATOCLINICI IN GRAVIDANZA E LATTAZIONE

Negli anni cinquanta è stato avviato uno studio negli USA (Hansen et al, 1950) per determinare come la composizione del sangue, nella razza purosangue, sia stata influenzata dall'allattamento.

A tale scopo sono state confrontate le analisi ematiche di 17 cavalle purosangue con quelle di 17 fattrici purosangue in lattazione; tutti i soggetti di questo studio sono stati distribuiti in due scuderie.

Le cavalle non in lattazione hanno mostrato, in modo costante, valori medi superiori a quelli delle fattrici in lattazione.

Nella prima scuderia, nove cavalle non in lattazione hanno fatto registrare i seguenti valori ematici medi:

• eritrociti 9.400.000/ul; • emoglobina, 13.18 g/100 ml; • leucociti 9.800/ul;

• MCV 41.7%.

Sempre nella prima scuderia, sette fattrici in lattazione hanno fatto registrare i seguenti valori ematici:

• eritrociti 8.410.000 /ul; • emoglobina, 12.05 g/100 ml; • leucociti 8.900/cm;

• MCV 36.4%.

Per quanto riguarda la seconda scuderia, otto cavalle esaminate hanno mostrato i seguenti valori medi:

• eritrociti 10.000.000/ul; • emoglobina 13.87 g/100 ml; • leucociti 11.900/ul;

• MCV 42.2 %%.

Sempre nella seconda scuderia, dieci fattrici in lattazione hanno mostrato i seguenti valori medi:

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• emoglobina 12.33 g /100 ml; • leucociti 8.800/ul;

• MCV 36.6%.

La differenza di conta degli eritrociti e i valori dell’emoglobina tra le cavalle e le fattrici in lattazione è stata statisticamente significativa, mentre per la conta dei leucociti per queste due categorie di cavalle è risultata invece significativa solo ad un livello del 5%.

Negli anni ottanta alcuni ricercatori (Meuten et al, 1980) hanno condotto uno studio su cavalle quarter horse con lo scopo di determinare se la fosfatasi alcalina (ALP) fosse aumentata durante la gravidanza.

Gli autori di questo studio hanno evidenziato che il valore medio di ALP nel siero, valutato ogni mese durante la gravidanza, non è stato significativamente diverso di quello delle fattrici non gravide e non si è verificato un progressivo aumento nei mesi successivi di gravidanza. I valori medi per ogni mese di gestazione sono rimasti sempre all'interno del range e solo durante il primo mese di gestazione la media e l'errore standard hanno superato l'intervallo normale.

In uno studio condotto in Inghilterra nei primi anni novanta (Watson, 1993), gli autori hanno valutato le concentrazioni plasmatiche di lipidi e lipoproteine per stabilire il lorometabolismo basale; l’analisi è stata condotta su sei ponies Shetland prima della gravidanza, nelle ultime sei settimane di gestazione e un mese dopo il parto.

I risultati hanno mostrato che le concentrazioni plasmatiche del colesterolo e dei trigliceridi sono state significativamente più alte nei ponies alla fine della gestazione rispetto al periodo che precede la gravidanza, ciò è dovuto ad aumenti rilevanti delle concentrazioni del colesterolo VLDL e HDL, mentre non vi è stata alcuna modifica significativa nelle concentrazioni di colesterolo LDL o NEFA.

Dopo il parto, la concentrazione del colesterolo è aumentata, ma non statisticamente diversa dai valori prima della gravidanza. La concentrazione dei trigliceridi ha visto un’importante diminuzione ritornando a valori basali, mentre quelli di VLDL sono diminuiti come prima della gravidanza. Non vi è stata alcuna modifica delle concentrazioni di colesterolo LDL o HDL. Da sottolineare che le concentrazioni

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plasmatiche dei NEFA sono aumentate significativamente dopo il parto.

I cambiamenti nella composizione di LDL alla fine della gravidanza hanno visto una indicativa riduzione delle quantità di esteri del colesterolo e proteine e un aumento significativo del colesterolo libero. Non ci sono stati cambiamenti nella composizione LDL dopo il parto e le quantità di trigliceridi e di fosfolipidi non sono state influenzate né dalla gravidanza né dalla lattazione.

La quantità dei trigliceridi in HDL è diminuita nei ponies durante la gravidanza e aumentata dopo il parto, mentre i valori di esteri del colesterolo, il colesterolo libero, i fosfolipidi e la proteina in HDL, sono rimasti inalterati sia durante la gravidanza che nell'allattamento.

Le attività della lipoproteina lipasi e dei lipidi epatici nelle ponies gravide sono state simili a quelle riscontrate prima della gravidanza, mentre dopo il parto, sono aumentate significativamente, in media del 329% (lipoproteina lipasi) e del 94% (lipasi epatica) rispetto ai valori basali.

Ulteriori risultati giungono da uno lavoro (Harvey et al, 1994) condotto su 16 cavalle purosangue e quarter horse. Questo studio è stato avviato in primo luogo per determinare se si fossero verificati cambiamenti significativi nelle analisi ematologiche nelle fattrici a fine gestazione, al giorno del parto e durante l'allattamento; in secondo luogo, per determinare quale effetto avrebbe indotto la gravidanza, il parto o la lattazione sui valori ematici del ferro, sulla capacità di legame di quest'ultimo e la concentrazione di ferritina. In terzo luogo, lo studio, ha cercato di determinare se l'aggiunta di minerali a una dieta bilanciata, avrebbe apportato benefici ematologici misurabili durante la tarda gravidanza o l'allattamento.

Le fattrici sono state distribuite casualmente in tre gruppi, a ciascun gruppo è stato somministrato uno dei tre integratori:

1. supplemento A costituito da farina di soia;

2. supplemento B costituito da farina di soia e aggiunta di un supplemento commerciale che contiene una combinazione di sale inorganico, minerali e proteinati;

3. supplemento C costituito da farina di soia e minerali inorganici.

I valori medi di ferritina sierica sono stati costantemente più alti nel gruppo a cui veniva somministrato il supplemento A, che ha visto una minore aggiunta di ferro.

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