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11. Scopo della tesi Il primo studio PND-ReScU

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Academic year: 2021

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11. Scopo della tesi

Il primo studio PND-ReScU®, sui fattori di rischio e sull’epidemiologia della depressione perinatale, ha messo in evidenza tassi di prevalenza periodica nel postpartum significativamente inferiori rispetto a quelli riportati in letteratura (Banti S et al, 2011). Questi dati hanno permesso di ipotizzare che l’organizzazione di una rete di supporto multi professionale, attorno alle donne che necessitano di un aiuto durante il periodo gestazionale, possa essere utile nel ridurre il carico di psicopatologia in gravidanza e nel primo anno postpartum; tuttavia, la mancanza di un gruppo di controllo non ha consentito di tracciare valutazioni conclusive.

Le potenzialità emerse dai risultati del primo studio hanno, quindi, guidato lo sviluppo di una seconda ricerca, condotta seguendo l’impostazione clinica della precedente, allo scopo di validare la procedura di screening già sperimentata, valutandone, in particolare, l’efficacia nell’individuare precocemente i soggetti ad alto rischio e fornire in maniera tempestiva un trattamento mirato nelle donne che presentano un disturbo sottosoglia o conclamato, già in gravidanza.

A tal fine, nel secondo studio PND-ReScU® sono stati confrontati due campioni di donne: il gruppo 1, arruolato in gravidanza, è stato seguito con le stesse modalità del primo studio; il gruppo 2, invece, reclutato e valutato per la prima volta al primo mese postpartum, ha costituito il gruppo di controllo.

In questa tesi sono stati esaminati i dati preliminari presenti nel database e il lavoro è, quindi, stato impostato sull’analisi delle differenze tra i due gruppi nei risultati delle scale di valutazione al primo mese postpartum.

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12. Materiali e metodo

Lo studio PND-ReScU® II è uno studio longitudinale naturalistico condotto presso l’Unità Operativa II di Psichiatria grazie alla collaborazione con le Unità Operative I e II di Ginecologia e Ostetricia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, il reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Lotti di Pontedera e i consultori di cinque Distretti sanitari pisani (Navacchio, Bientina, Pontedera, presidio distrettuale Via Torino e CEP di Pisa).

È stato effettuato un lavoro multidisciplinare che ha coinvolto i medici di medicina generale (MMG), le Unità Operative di Neonatologia e Pediatria e il personale dei consultori.

La pianificazione del progetto di ricerca ha previsto l’arruolamento nello studio delle gestanti e delle puerpere con modalità randomizzata tra i centri partecipanti, in modo che si creassero due gruppi distinti di donne, entrambi, poi, seguiti fino al primo anno dalla nascita del bambino.

Un primo gruppo (gruppo 1) è stato arruolato al momento della consegna del libretto ed è, quindi, stato seguito all’incirca a partire dal primo mese di gravidanza (T0) e con scadenza trimestrale al terzo (T1), sesto (T2) e ottavo (T3) mese di gravidanza, poi al primo (T4), terzo (T5), sesto (T6), nono (T7) e dodicesimo (T8) mese postpartum.

Il secondo gruppo (gruppo2) è, invece, costituito da donne non sottoposte a screening durante la gestazione, ma arruolate durante il primo mese postpartum (T4bis) e poi sottoposte a screening al terzo (T5), sesto (T6), nono (T7) e dodicesimo (T12) mese postpartum.

12.1. Arruolamento

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arruolato al primo mese di gravidanza presso i consultori di Pontedera, Navacchio, Bientina, il consultorio CEP e di Via Torino a Pisa; il gruppo 2 è stato arruolato durante il primo mese postpartum presso le Unità Operative I e II di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana e presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Lotti di Pontedera (Pisa).

In questi otto mesi di attività, è stata proposta la partecipazione al protocollo di ricerca a 1363 donne, con un’adesione di 946 donne (69.4%) e una percentuale di rifiuto del 30.6% (n=417).

Il personale dei consultori, l’ostetrica o il ginecologo, durante la consegna del libretto di gravidanza o durante il controllo della puerpera al primo mese postpartum, hanno sollecitato il personale indicato all’arruolamento delle donne per lo studio, laddove fossero presenti i requisiti di seguito elencati:

a) Criteri di inclusione nello studio

 Età ≥ 18 anni

 Disponibilità a firmare un consenso informato che prevedesse anche la possibilità di eventuali contatti telefonici da parte dello staff.

b) Criteri di esclusione dallo studio

 Scarsa conoscenza della lingua italiana (a meno che non potesse essere prevista la presenza di mediatori culturali) o altro limite alla comunicazione verbale, che compromettesse la capacità del soggetto di seguire il protocollo.

Al momento dell’arruolamento, alle donne veniva spiegato lo scopo dello studio e cosa avrebbe comportato la partecipazione in termini pratici. In particolare veniva chiarita la frequenza e le modalità con cui sarebbero state somministrate le scale di valutazione. Alle donne arruolate veniva, infine, chiesto di firmare il consenso informato, specificando che sarebbero state comunque libere di abbandonare lo studio in qualunque momento, qualora lo avessero voluto.

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Alle donne che avevano deciso di non partecipare allo studio è stato chiesto il consenso per la compilazione di una scheda contenente i dati anagrafici e socio demografici.

12.2. Strumenti

12.2.1. Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS)

La EPDS rappresenta lo strumento di screening per la depressione più largamente utilizzato (Cox JL et al, 1987) e viene somministrato allo scopo di identificare la presenza di sintomi depressivi.

La EPDS è stata originalmente sviluppata per lo screening della depressione postpartum; comprende 10 item, che indagano la presenza dei sintomi emotivi e cognitivi della depressione, nessuno dei quali è, però, specifico per la depressione post-natale.

Ciò che identifica la scala come uno strumento dedicato alla valutazione del periodo post-natale, è l’esclusione intenzionale di item riguardanti sintomi somatici, che consente di evitare di attribuire a sintomi fisiologi in queste circostanze, il significato di un sintomo depressivo.

La somministrazione di questa scala di valutazione richiede la lettura di 10 affermazioni riguardanti la salute emotiva dalla donna, la quale dovrà scegliere per ognuna di queste, la risposta che più si avvicina al modo in cui si è sentita negli ultimi giorni, tra le quattro possibilità. La compilazione del questionario richiede in media 5 minuti, dimostrandosi, quindi, uno strumento tanto rapido quanto efficace. Ciascun item può essere codificato con 0, in caso di assenza del sintomo, fino ad un massimo di 3 punti, in presenza di una condizione di marcata severità o in caso di cambiamento nello stato attuale rispetto al periodo precedente la gravidanza. Particolare attenzione deve essere dedicata a punteggi maggiori o uguali a 1 nell’item n°10, riguardante l’ideazione suicidaria.

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La EPDS non è uno strumento di misura della morbilità psichiatrica generale e non rileva altri comuni disturbi presenti nel periodo perinatale, la scala non ha, inoltre, capacità predittiva, non fornendo, quindi, indicazioni riguardo il rischio di depressione futura, ma valuta esclusivamente il rischio in quella data fase.

I risultati degli studi che miravano ad identificare il cut-off con il miglior rapporto tra sensibilità e valore predittivo positivo sono contrastanti. In genere, per identificare una possibile depressione è utilizzato come cut-off un punteggio compreso tra 10 e 12 . La scelta di un cut-off più basso, pur permettendo l’identificazione di un numero maggiore di casi, evidenzierebbe anche un maggiore numero di falsi positivi. Scegliendo un cut-off più alto, al contrario, si ridurrebbero i falsi positivi, ma avremo un rischio maggiore di non riconoscere i casi di depressione.

Anche donne con punteggi elevati possono, quindi, non essere in realtà clinicamente depresse e, allo stesso tempo, utilizzando la scala non sarà possibile identificare tutti i casi di depressione; come tutti i metodi di screening, infatti, la EPDS non permette di fare diagnosi di depressione, ma fornisce dei dati che dovranno essere necessariamente integrati con i risultati di altre scale di valutazione e, soprattutto, con la valutazione clinica. In particolare, alcune donne potrebbero risultare falsamente positive, pur mostrando elevati punteggi all’EPDS, perché presentano sintomi ansiosi, anziché depressivi (Rowe HJ et al, 2010). L’EPDS è, infatti, uno strumento di screening utile anche per la valutazione della sintomatologia ansiosa perinatale (Swalm D et al, 2010).

Questo aspetto sottolinea l’importanza di una conferma diagnostica mediante strumenti standardizzati, come l’Intervista Clinica Strutturata per i Disturbi di Asse I (SCID-I) (First MB et al, 1995).

La EPDS è stata validata anche per lo screening della depressione nel periodo gestazionale e lo stesso studio ha messo in evidenza l’utilità di effettuare lo screening in ogni trimestre della gravidanza (Bergink V et al, 2011).

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Per le sue caratteristiche questa scala è stata scelta nel nostro studio, che mira, appunto, a valutare la sintomatologia depressiva sia nel postpartum che durante la gravidanza; e allo scopo di minimizzare i falsi positivi è stato adottato un cut-off più alto (EPDS ≥ 13). Il primo studio di validazione della scala, effettuato da Cox e colleghi (1987) su un campione pre-selezionato di donne depresse, riporta una sensibilità del 86% e un valore predittivo positivo del 73%, con un’affidabilità split-half di 0.88 con un coefficiente alfa di 0.87.

Murray e Carothers (1990) nel primo studio di validazione eseguito su un campione non pre-selezionato ha riportato un minor valore di sensibilità e un minor valore predittivo positivo: rispettivamente 67.7% e 66.7%.

L’EPDS è stata validata in numerosi paesi, nei Paesi Bassi (Pop VJ et al, 1992), in Portogallo (Arieias MEG et al, 1996), in Svezia (Wickberg B & Hwang CP, 1996), in Australia (Boyce P et al, 1993) e anche in Italia (Benvenuti P et al, 1998).

Gli studi condotti per verificare l’affidabilità dell’EPDS hanno utilizzato interviste psichiatriche standardizzate con criteri esterni di validazione e hanno dimostrato l’efficacia della scala nello screening della depressione in gravidanza (Murray L, 1988), nel postpartum (Cox JL et al, 1987; Harris T et al, 1989), nelle prime fasi della maternità (Thorpe K, 1990) e oltre il periodo del postpartum (Thorpe K, 1993).

La prima review sugli studi che hanno utilizzato l’EPDS ha riportato una probabilità di rilevare falsi positivi di circa il 50% (Eberhard-Gran M et al, 2001), e una meta-analisi condotta su 274 studi ha riportato un’ampia variazione dei valori di sensibilità e specificità tra i vari studi (Gibson J et al, 2009).

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La STAI (Spielberg CD et al, 1970) è una scala di autovalutazione ampiamente utilizzata sia nel contesto clinico che di ricerca e rappresenta lo strumento più noto e diffuso per la valutazione del disturbo d’ansia, il cui concetto è stato elaborato operando una distinzione tra ansia di stato e ansia di tratto. La STAI si articola, infatti, in due sub-scale, la STAI T-Anxiety Scale e la STAI S-T-Anxiety Scale, che esplorano, rispettivamente, l’ansia-tratto e l’ansia-stato. Nel 1983, sulla base dell’esperienza acquisita in oltre 10 anni di impiego, è stata pubblicata una revisione della STAI, la Form Y, capace di distinguere in maniera più netta i due tipi di ansia.

La scala è costituta da 40 item complessivi, 20 dei quali esplorano l’ansia di tratto e i restanti 20 quella di stato. Ad ogni item viene assegnato un punteggio da un minimo di 1 a un massimo di 4 punti, secondo una gradazione, che corrisponde, per la scala di tratto a “Per nulla”, “Un po’”, “Abbastanza”, “Moltissimo”, e per la scala di stato a “Quasi mai”, “Qualche volta”, “Spesso” e “Quasi sempre”.

Questa scala è stata originariamente concettualizzata per la ricerca dell’ansia nella popolazione adulta, ma è stata validata anche per la valutazione del disturbo ansioso in epoca perinatale (Grant KA et al, 2008).

Uno score complessivo superiore a 40 è considerato significativo in diversi studi condotti su donne gravide (Barnett B & Parker G, 1986; McMahon C et al, 2001; Hart R & McMahon CA, 2006). Questo valore di cut-off è stato più recentemente confermato da uno studio prospettico, che ha valutato il potere predittivo della STAI, sulla base dei criteri diagnostici del DSM-IV: ad un punteggio di 40 corrisponde il minor numero di falsi positivi e falsi negativi (Grant KA et al, 2008).

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La Postpartum Depression Predictors Inventory rappresenta il frutto di un lavoro condotto da Cheryl Tatano Beck sui dati ottenuti da due meta-analisi (Beck CT, 1996). La PDPI è un’intervista strutturata che, in questa prima versione, indagava il rischio di sintomalogia depressiva valutando otto item, che riguardavano: depressione prenatale, ansia prenatale, depressione pregressa, supporto sociale, soddisfazione coniugale, life events, stress per la cura del bambino, maternity blues.

La PDPI può essere utilizzata sia nel periodo prenatale che postnatale, si è dimostrata efficace nell’identificare le donne ad alto rischio di sviluppare depressione postpartum. La PDPI-Revised (Beck CT, 2002) è stata sviluppata sulla base dei risultati della meta-analisi di Beck del 2001, che ha identificato una lista di tredici fattori di rischio, dimostratisi legati in modo statisticamente significativo alla depressione postpartum. Mentre nella prima versione lo stress per la cura del bambino e il temperamento infantile venivano uniti in un solo item, nella PDPI-R questi due fattori di rischio sono stati separati e sono, inoltre, state aggiunte quattro voci ulteriori: autostima, condizione maritale, condizione socio-economica, gravidanza non pianificata /non desiderata.

La PDPI-R è stata suddivisa in due sezioni: la prima comprende dieci item (1.Stato maritale, 2.Condizione socio-economica, 3.Autostima, 4.Depressione prenatale, 5.Ansia prenatale, 6.Gravidanza non pianificata/ non desiderata, 7.Storia di precedente depressione, 8.Supporto sociale, 9.Soddisfazione coniugale, 10.Life stress), che possono essere valutati sia nel periodo prenatale che nel postpartum. La seconda sezione indaga, invece, i fattori di rischio specifici del postpartum (1.Stress per la cura del bambino, 2.Temperamento del neonato, 3.Maternity blues) e può essere, quindi, somministrata solo dopo che la donna ha partorito.

Ad ogni item è associato un punteggio: il punteggio totale della sezione prenatale della PDPI-R è compreso tra 0 e 32, quello della versione completa tra 0 e 39 (Beck & Rice,

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2006). Maggiore è il punteggio più alto è il rischio di sviluppare una depressione nel postpartum.

Analizzando la PDPI-R come misura continua, è stato messo in evidenza (Oppo A et al, 2009) che la predittività per depressione postpartum della sezione prenatale della PDPI-R è del 72.6% e del 78.2% quando somministrata, rispettivamente, al terzo e all’ottavo mese di gravidanza, utilizzando un cut-off di 3.5; la predittività per depressione post-partum della versione completa della PDPI-R è dell’83.4% quando somministrata al primo mese postpartum, utilizzando un cut-off di 5.5.

12.2.4. Intervista Clinica Strutturata per i Disturbi di Asse I (SCID-I)

La SCID-I (First MB et al, 1995) è un’intervista semi-strutturata sviluppata sulla base dei criteri del DSM-IV per la diagnosi della maggior parte dei disturbi di Asse I.

La versione clinica è suddivisa in 6 moduli relativamente autonomi: modulo A, per gli episodi dell'umore; modulo B, per i sintomi psicotici; modulo C, per i disturbi psicotici; modulo D, per i disturbi dell'umore; modulo E, per il disturbo da uso di sostanze psicoattive; e modulo F, per l'ansia ed altri disturbi. Ogni modulo è indipendente e può essere usato disgiuntamente dagli altri in funzione di specifiche ricerche; in questo protocollo è, infatti, stato previsto l’utilizzo dei moduli relativi ai disturbi dell’umore a ai disturbi d’ansia.

La SCID non è un’intervista rigidamente strutturata, ma uno strumento la cui efficacia è in grande parte affidata al giudizio clinico e deve perciò essere utilizzata da intervistatori esperti che siano, cioè, in grado, di fronte ad informazioni contrastanti, di estrapolare la valutazione dei criteri sulla base delle risposte.

L’intervista è organizzata secondo le categorie diagnostiche del DSM-IV, la sequenza delle domande ricalca la struttura del Manuale e gli item esplorano, in pratica, i criteri

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diagnostici. Nel corso dell’intervista viene posta una serie di domande, se necessario affiancate da domande accessorie ed esempi a scopo di chiarimento, per verificare la presenza dei criteri diagnostici fondamentali degli specifici disturbi; nel caso in cui questi non siano soddisfatti, i rimanenti item, relativi a quell’area diagnostica, non vengono indagati.

12.3. Screening

A tutte le donne arruolate nello studio è stata spedita una busta preaffrancata contenente un gruppo di strumenti di screening in grado di cogliere la presenza di specifici fattori di rischio per l’insorgenza di una sintomatologia ansiosa o depressiva durante il periodo perinatale (Postpartum Depression Predictors Inventory-Revised, PDPI-R; Beck CT, 2002) e la presenza di una fenomenica depressiva (Edinburgh Postpartum Depression Scale, EPDS; Cox JL et al, 1987) o ansiosa (State-Trait Anxiety Inventory, STAI; Spielberger CD et al, 1983) in atto.

I questionari erano in formato di autosomministrazione, risultavano di facile interpretazione e rapida compilazione, e permettevano di rilevare, con buona sensibilità e specificità, i fattori di rischio esistenti per la patologia del periodo perinatale.

Il protocollo dello studio prevedeva la somministrazione dei questionari PDPI-R, EPDS, STAI durante il I, III, VI, VIII mese di gravidanza (gruppo 1) e al I, III, VI, IX, XII mese postpartum (gruppo 1 e gruppo 2).

La valutazione iniziale dei due campioni di donne si è basata sui risultati delle scale di valutazione al I mese postpartum, ovvero il T4 per il gruppo arruolato in gravidanza e il T4bis per il gruppo arruolato nel postpartum, e ha consentito di verificare la presenza dei criteri di positività allo screening, che sono:

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 Punteggio STAI≥40;

 Punteggio PDPI-R≥4 in gravidanza o PDPI-R≥6 nel postpartum;

 Positività dell’item Depressione pregressa alla PDPI-R.

Le donne risultate positive allo screening iniziale venivano, successivamente, valutate con le sezioni dei disturbi dell’Umore e d’Ansia dell’Intervista Clinica Strutturata per i Disturbi di Asse I (SCID-I; First MB et al, 1995), per confermare una eventuale diagnosi di Asse I secondo i criteri del DSM-IV-TR e veniva proposto, in base all’entità della psicopatologia presente o su richiesta della donna, un trattamento psicoterapico e/o farmacologico adeguato.

Nel gruppo di donne positive allo screening i questionari EPDS, STAI e PDPI-R sono stati somministrati, oltre che ai tempi previsti dal protocollo (III, VI, VIII mese di gravidanza e I, III, VI, IX e XII mese postpartum), anche ad ogni controllo clinico programmato. Inoltre, qualora alle scale di valutazione venivano riscontrati punteggi elevati, sono stati effettuati controlli telefonici al fine di approfondire le caratteristiche del disagio presentato dalla donna.

Attraverso la valutazione dell’andamento dei punteggi ottenuti con la scala EPDS è stato possibile dare una misura dell’evoluzione del quadro depressivo e della eventuale risposta o non risposta al trattamento.

In particolare, in caso di punteggio all’ EPDS ≥13, la riduzione di 4 punti e la discesa sotto il cut-off di 13 era indice di remissione; in caso di EPDS >13, la riduzione di 4 punti senza la discesa sotto il cut-off di 13 era indice di risposta al trattamento; mentre, l’aumento di 4 punti rispetto al punteggio basale era indice di peggioramento della sintomatologia depressiva.

A tutela delle donne che erano risultate negative allo screening, nell’eventualità che avessero presentato evidenti motivi di disagio o problemi di ordine psicopatologico per cui

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il ginecologo, il medico di medicina generale, l’ostetrica, il pediatra di libera scelta avessero segnalato una specifica necessità, è stata prevista la possibilità di usufruire dei servizi di assistenza senza entrare a far parte della elaborazione statistica.

Nell’analisi statistica sono stati utilizzati i dati anagrafici e socio demografici delle donne che non hanno accettato di partecipare al protocollo, ma che hanno firmato il consenso per il loro utilizzo, al fine di evidenziare la presenza di eventuali differenze tra le donne che hanno rifiutato di partecipare allo studio e quelle che sono state arruolate.

Il confronto tra i due gruppi di donne arruolate nello studio si è basato sull’analisi dei risultati delle scale di valutazione al primo mese postpartum (T4 e T4bis). In particolare, sono stati esaminati i punteggi della EPDS per valutare i sintomi soggettivi della depressione, della STAI-Y per valutare la fenomenica ansiosa e della PDPI-R per analizzare i fattori di rischio.

Inoltre, è stata analizzata l’associazione tra elevati punteggi alla EPDS e alla STAI al primo mese postpartum e i fattori di rischio presenti nelle donne.

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13. Valutazione psichiatrica e trattamento

A tutte le donne che sono risultate positive allo screening è stata somministrata l’intervista clinica strutturata per i Disturbi di Asse I (SCID-I; First MB et al, 1995) ed è stata offerta la possibilità di sottoporsi a visita psichiatrica allo scopo di approfondire la diagnosi di depressione e di valutare i fattori di rischio evidenziati.

Le necessità specifiche emerse al colloquio clinico hanno orientato le scelte terapeutiche al fine di proporre un piano di prevenzione e/o di terapia personalizzato. Nella definizione dell’approccio terapeutico si è resa necessaria una stretta collaborazione tra lo psichiatra e lo psicologo e altre figure professionali, quali il medico di medicina generale, l’ostetrica, il ginecologo, il neonatologo, il pediatra di libera scelta al fine di individuare una linea terapeutica condivisa.

In presenza di un disagio psicologico o di un disturbo mentale, è stato possibile attuare interventi tempestivi, che hanno previsto la combinazione, adattata alle specifiche esigenze della donna, di una serie di misure terapeutiche.

In caso di depressione lieve, la prima linea di intervento comprendeva il sostegno psicologico e gli incontri psicoeducazionali di gruppo, volti a fornire informazioni sulla gravidanza e sul puerperio fisiologico e complicato, al fine di affrontare nel modo più consapevole il periodo perinatale.

A seconda dei bisogni, poteva essere proposto anche un intervento psicoterapico strutturato (psicoterapia cognitivo-comportamentale, psicoterapia interpersonale breve, psicoterapia familiare e di coppia).

Nei casi di depressione moderata o grave veniva consigliato l’uso di antidepressivi, che potevano essere utilizzati da soli, o nell’ambito di una terapia di tipo combinato. Le pazienti, per le quali l’entità della sintomatologia depressiva rendesse necessario un trattamento psicoterapico e/o farmacologico, venivano seguite in maniera naturalistica. Il

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trattamento veniva registrato per tipo di intervento psicoterapico, per tipo e dose di farmaco/i impiegato/i e per l’andamento della sintomatologia.

L’attivazione dei servizi sociali, con la possibilità di offrire un supporto domiciliare, era un’opzione terapeutica rivolta alle donne in gravidanza ma, soprattutto, alle puerpere con reali problematiche di mancanza di supporto familiare o da parte del compagno.

Nel caso di donne con sintomatologia depressiva clinicamente significativa, il medico curante della paziente veniva informato, tramite lettera, circa le condizioni psicopatologiche della stessa. In questi casi, oltre alla disponibilità di uno psicologo per il counseling ed il supporto del soggetto per tutta la durata dell’osservazione, poteva essere consigliato un intervento presso il servizio di consulenza psichiatrica, attivo presso la Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa.

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14. Dimensione del campione e stato del reclutamento

Il calcolo della dimensione campionaria si è basato sui dati della letteratura (Gaynes BN et al, 2005) riguardo la percentuale di donne con sintomi depressivi clinicamente significativi nel primo anno dopo il parto, che indicano una prevalenza di periodo variabile dal 6.5% al 12.9%.

Nello studio PND-ReScU® I è stato riscontrato un tasso di prevalenza di depressione maggiore e minore del 6.1%.

Sulla base di questi dati, si è stimato che fosse necessario reclutare circa 320 donne in gravidanza e circa 320 donne durante il primo mese postpartum. Questo calcolo è stato effettuato basandosi sull’estremo inferiore dell’intervallo di confidenza al 95% della proporzione 6.5% e si può, quindi, considerare una stima conservativa.

A Giugno 2010 è stata raggiunta la dimensione campionaria prefissata per il gruppo 2, reclutato nel postpartum, con un totale di 491 puerpere, mentre ad Agosto 2010 è stata raggiunta la dimensione campionaria prefissata per il gruppo 1, reclutato in gravidanza, pari a 455 gestanti (Figura 2).

Allo stato attuale le donne che hanno eseguito le valutazioni al primo mese postpartum sono 455 per gruppo 1, ovvero il campione che è stato arruolato all’incirca al primo mese di gravidanza, 130 delle quali hanno completato le valutazioni fino al T4 (primo mese postpartum).

Il gruppo 2, ovvero il campione arruolato nel primo mese postpartum, è costituito da 491 donne , 271 delle quali hanno riconsegnato la valutazione T4 bis (primo mese postpartum).

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15. Analisi statistiche

Il gruppo 1, arruolato in gravidanza, il gruppo 2, arruolato nel primo mese postpartum, e il gruppo delle donne che non hanno aderito allo studio sono stati analizzati mediante il test χ2

per confrontare le caratteristiche demografiche.

I punteggi delle scale EPDS e STAI al primo mese postpartum del gruppo 1 e del gruppo 2 sono stati confrontati con il test t di Student per campioni indipendenti, mentre per valutare le percentuali di donne che superavano i cut-off del punteggio EPDS≥13 e STAI≥40 è stato utilizzato il test χ2.

Inoltre, sono stati calcolati gli odds ratio (OR) con intervalli di confidenza (IC) al 95%. Per i fattori di rischio dicotomici della PDPI-R nei due gruppi è stato usato il test χ2, per quelli non dicotomici il test t di Student per campioni indipendenti.

Infine, le variabili associate ad elevati punteggi della STAI sono state calcolate mediante un modello di regressione logistica con metodo stepwise aggiustato per l’età, mentre quelle associate ad elevati punteggi dell’EPDS sono state calcolate con un modello di regressione lineare multipla con metodo stepwise aggiustato per l’età.

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16. Risultati

16.1. Caratteristiche sociodemografiche del campione vs donne che hanno rifiutato di partecipare allo studio

Abbiamo, inizialmente, confrontato le caratteristiche sociodemografiche delle donne incluse nello studio (n=946; 69.4%) con le caratteristiche sociodemografiche di quelle che, per vari motivi, avevano rifiutato di partecipare (n=417; 30.6%) (Tabella 1).

Nel gruppo 1 l’età media era di 32.75 (±4.84) anni, quella del gruppo 2 era 33.36 (±4.81) e quella del gruppo che aveva rifiutato di partecipare era 32.58 (±5.70). E’ stata condotta un’analisi della varianza ad una via allo scopo di valutare se, nei tre gruppi, le donne avessero un’età diversa, ma non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente significativa tra i gruppi (F=2.62; p=0.07).

Le altre variabili socio demografiche sono state prese in esame successivamente, effettuando il test del χ2 per valutare se nei tre gruppi vi fosse una distribuzione significativamente differente delle caratteristiche.

L’area di residenza delle donne di tutti e tre i gruppi era prevalentemente urbana (totale: n=579, 46.7%; gruppo 1: n=176, 42.5%; gruppo 2: n=218, 50.8%; rifiuti: n=185, 46.6%) o suburbana (totale: n=624, 50.3%; gruppo 1: n=225, 54.3%; gruppo 2: n=200, 46.6%; rifiuti: n=199, 50.1%), mentre coloro che risiedevano in un’area rurale rappresentavano un’esigua minoranza (totale: n=37, 3.0%; gruppo 1: n=13, 3.1%; gruppo 2: n=11, 2.6%; rifiuti: n=13, 3.3%). Non si ravvisavano differenze statisticamente significative fra i tre gruppi (χ2= 6.0; p=0.19).

Per quanto riguarda lo stato civile, la maggior parte delle donne nei tre gruppi era coniugata o convivente (gruppo 1: n=381, 90.9%; gruppo 2: n=389, 89.8%; rifiuti: n=353, 87.2%); non è stata tuttavia rilevata alcuna differenza nei tre gruppi (χ2= 8.48; p=0.21).

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Nel valutare il tipo di occupazione è emerso che la maggior parte delle donne di ogni gruppo era una lavoratrice dipendente (totale: n=753, 60.1%; gruppo 1: n=262, 62.7%; gruppo 2: n=263, 60.7%; rifiuti: n=228, 56.7%). L’unica differenza riscontrata nei tre gruppi, sempre prendendo in considerazione la variabile dell’occupazione, era la maggior probabilità che le donne che non avevano partecipato allo studio fossero casalinghe (χ2=28.1; p<.001).

Se si prendeva in considerazione il titolo di studio emergeva, invece, una differenza statisticamente significativa tra le donne incluse nello studio e quelle che avevano rifiutato di partecipare (χ2= 99.64; p<.001).

Le donne che non avevano aderito allo studio erano, infatti, meno istruite, cioè presentavano una minore probabilità di avere un diploma di scuola media superiore (gruppo 1: n=206, 49.4%; gruppo 2: n=210, 48.7%; rifiuti: n=112, 28.6%) e una maggiore probabilità di avere una licenza media inferiore (gruppo 1: n=74, 17.7%; gruppo 2: n=67, 15.5%; rifiuti: n=163, 41.7%), anche se il numero delle laureate non differiva in modo significativo nei tre gruppi (gruppo 1: n=132, 31.7%; gruppo 2: n=151, 35.0%; rifiuti: n=115, 29.4%).

Si è voluto, quindi, esaminare la nazionalità delle donne nei tre gruppi e si è visto che le donne non incluse nello studio avevano una maggiore probabilità di essere non italiane (χ2=63.1; p<.001). Nel complesso, 1114 donne (87.8%) erano italiane (gruppo 1: n=393, 93.1%; gruppo 2: n=401, 92.6%; rifiuti: n=320, 77.3%).

Un’ulteriore caratteristica che differenziava le donne non incluse nello studio da quelle arruolate era la condizione socioeconomica nei tre gruppi: dall’analisi dei dati è emerso che le donne che non avevano accettato di partecipare allo studio avevano più frequentemente una bassa condizione socioeconomica (χ2=15.27; p=.004).

Ad ogni modo, la stragrande maggioranza delle donne dichiarava uno stato socioeconomico medio (gruppo 1: n=373, 90.8%; gruppo 2: n=390, 90.7%; rifiuti: n=316,

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83.2%).

Nei tre gruppi di donne non è stata, invece, riscontrata alcuna differenza riguardo la parità (χ2=4.98; p=0.08): 723 donne (57.4%) risultavano primipare (gruppo 1: n=253, 61.6%; gruppo 2: n= 245, 56.8%; rifiuti: n=225, 54.0%).

Per quanto riguarda l’assunzione di psicofarmaci al momento dell’arruolamento non è stato possibile effettuare il confronto tra le donne che avevano deciso di partecipare allo studio e quelle che non avevano accettato. Del campione che aveva rifiutato la partecipazione, infatti, solo 25 (5.9%) avevano risposto al quesito, dichiarando tutte quante di non assumere psicofarmaci. Del campione arruolato nello studio, 40 (10.0%) donne del gruppo 1 e 25 (5.8%) donne del gruppo 2 avevano dichiarato di assumere psicofarmaci al momento dell’intervista.

La stessa problematica si è ripresentava relativamente alla valutazione della modalità del concepimento. Non siamo in grado di confrontare le donne incluse nello studio e quelle che avevano rifiutato, per il fatto che, di quest’ultime, avevano risposto al quesito soltanto 41 (2 donne hanno dichiarato di aver concepito tramite inseminazione artificiale). Nel gruppo 1 e nel gruppo 2 venivano riferiti rispettivamente 8 e 2 casi di inseminazione artificiale.

Nel gruppo 1 sono stati registrati 31 casi di aborto, pari al 7.0%, in accordo con i dati della letteratura (Regan L & Rai R, 2000).

16.2. Analisi dei punteggi EPDS e STAI al primo mese postpartum

Dopo aver valutato le caratteristiche sociodemografiche abbiamo, quindi, preso in considerazione le valutazioni del gruppo 1 e del gruppo 2 relative al primo mese postpartum.

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valutare i sintomi soggettivi di depressione, della STAI-Y per valutare la fenomenica ansiosa, della PDPI-R per analizzare i diversi fattori di rischio.

Abbiamo confrontato le valutazioni T4 (I mese postpartum) di 130 pazienti reclutate al primo mese di gravidanza (gruppo 1) e le valutazioni T4 bis (I mese postpartum) di 271 pazienti reclutate nel primo mese postpartum (gruppo 2), che al momento delle analisi risultavano inserite nel database sviluppato per la raccolta dei dati.

Il punteggio medio dell’EPDS compilata nel primo mese postpartum nel gruppo 1 è risultato essere di 3.4(±3.9), mentre nel gruppo 2 è risultato essere 6.1(±4.2) (Tabella 2). Quindi, con il test t di Student per campioni indipendenti abbiamo potuto verificare che nel gruppo 2 i punteggi medi dell’EPDS, rispetto al gruppo 1, risultavano più alti in modo statisticamente significativo (t=-6.140; p<.001) (Tabella 3).

Per la valutazione della fenomenica ansiosa sono stati esaminati i punteggi medi della STAI di stato al primo mese postpartum, che risultavano 30.4±(6.8) per il gruppo 1 e 34.5(±8.6) per il gruppo 2 (Tabella 2). Con il test t di Student per campioni indipendenti abbiamo potuto notare che i punteggi del gruppo 2 erano più alti in modo statisticamente significativo (t=-4.800; p<.001) (Tabella 3).

Utilizzando il test χ2 abbiamo, quindi, valutato se nei due gruppi la percentuale di donne che superava il cut-off EPDS di 12 risultava diversa, ma non abbiamo riscontrato differenze significative, a causa della scarsa numerosità del campione (OR=1.99; 95%IC=0.73-5.43) (Tabella 4).

Per quanto riguarda, invece, il punteggio della STAI, la percentuale di donne che superava il cut-off di 40, in accordo con Grant KA e colleghi (2008), risultava maggiore in modo statisticamente significativo nel gruppo 2 (OR 2.79; 95%IC=1.37-5.71) (Tabella 5).

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Successivamente abbiamo esaminato i fattori di rischio valutati con la PDPI-R al primo mese postpartum, andando a ricercare eventuali differenze tra il gruppo reclutato in gravidanza e quello reclutato nel postpartum.

Utilizzando il test χ2 abbiamo preso in esame le variabili dicotomiche: è emerso che le uniche due variabili che differivano in modo statisticamente significativo tra i due gruppi erano rappresentate dall’essere non coniugato/convivente (test esatto di Fisher, p=0.044, OR=4.35, 95%IC=0.99-19.12) e dal maternity blues (χ2=8.9, p<.003, OR=1.96, 95%IC=1.26-3.07), condizioni entrambe più probabili nel gruppo 2.

Al contrario, non è stata trovata una differenza statisticamente significativa per stato sociale (p=0.68, OR=2.42, 95%IC=0.29-20.36), depressione in gravidanza (χ2=2.15, p=0.14, OR=1.73, 95%IC=0.83-3.62), ansia in gravidanza (χ2=2.36, p=0.12, OR=1.46, 95%IC=0.89-2.38), gravidanza pianificata (χ2=0.46, p=0.49, OR 1.17, 95%IC=.074-1.84), gravidanza non desiderata (χ2=2.20, p=0.14, OR=1.83, 95%IC=0.81-4.13) e depressione pregressa (χ2=0.013, p=0.91, OR=0.97, 95%IC=0.54-1.72) (Tabella 6).

Successivamente, mediante il test t di Student per campioni indipendenti, abbiamo confrontato i fattori di rischio non dicotomici: l’analisi dei dati ha messo in evidenza che le donne reclutate in gravidanza (gruppo 1) presentavano al primo mese postpartum una migliore autostima (F=11.10; p=.001), un maggiore sostegno da parte del compagno (F=36.49; p<.001), della famiglia (F=13.73; p<.001) e degli amici (F=4.55; p=0.03), riportavano minori problemi coniugali (F=6.73; p=0.01) e lamentavano meno problemi con il temperamento del bambino (F=26.16; p<.001) (Tabella 7).

16.4.Analisi dei fattori di rischio associati ad elevati punteggi della STAI e dell’EPDS al primo mese postparum

Utilizzando il modello di regressione logistica con il metodo stepwise aggiustato per l’età, abbiamo valutato quali variabili erano associate a punteggi della STAI≥40. L’analisi è stata

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effettuata in modo separato nei due gruppi.

Nel gruppo 1 le variabili associate ad elevati punteggi ansiosi sono risultate: una storia pregressa di depressione (p=0.012; OR=13.49; 95%IC=1.76-103.31) e un elevato punteggio dell’EPDS (p<0.001; OR=1.67; 95%IC=1.26-2.21) (Tabella 8).

Nel gruppo 2 le variabili associate ad elevati punteggi ansiosi erano rappresentate da un elevato punteggio dell’EPDS (p<0.001; OR=1.65, 95%IC=1.34-2.04), dalla mancanza di sostegno degli amici (p=0.007; OR=1.77; 95%IC=1.17-2.68) e da eventi vitali stressanti (p=0.018; OR=1.94; 95%IC=1.21-3.37) (Tabella 9).

Quindi, abbiamo preso in esame i fattori associati ad elevati punteggi dell’EPDS mediante il modello di regressione lineare multipla utilizzando il metodo stepwise aggiustato per età. L’analisi è stata effettuata, anche in questo caso, separatamente nei due gruppi.

Nel gruppo 1 i fattori di rischio predittori di un alto punteggio dell’EPDS (R2=0.72) erano molteplici: il punteggio della STAI di stato nella valutazione T4 (β=0.49; p<0.001), il maternity blues (β=0.27; p<0.001), la mancanza di sostegno del compagno (β=0.29; p<0.001), una gravidanza non desiderata (β=0.15; p=0.008), il temperamento del bambino (β=0.19; p=0.002), la presenza di depressione in gravidanza (β=0.21; p=0.001), la presenza di problemi coniugali (β=-0.26; p=0.001) e lo stato civile, ovvero il non essere coniugata o convivente (β=0.16; p=0.011) (Tabella 10).

Nel gruppo 2 i predittori di elevati punteggi all’EPDS (R2=0.64) sono risultati: il punteggio della STAI di stato nella valutazione T4 (β=0.73; p<0.001), il maternity blues (β=0.13; p=0.009), lo stress per la cura del bambino (β=0.13; p=0.009) e il temperamento del bambino (β=-0.10; p=0.042) (Tabella 11).

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17. Discussione

Il confronto tra i due gruppi di donne che sono state arruolate per lo studio e il gruppo di donne che, invece, ha deciso di rifiutare di partecipare allo stesso si è potuto basare sui dati relativi alle caratteristiche sociodemografiche.

Dall’analisi dei risultati emerge che le donne che non avevano prestato il consenso alla partecipazione allo studio differivano in modo statisticamente significativo per quanto riguarda il titolo di studio, l’occupazione, lo stato socioeconomico e la nazionalità. Queste donne risultavano, infatti, mediamente meno istruite, erano più frequentemente casalinghe, dichiaravano di appartenere ad una condizione socioeconomica più bassa ed erano con maggiore probabilità non italiane.

Analizzando i risultati delle scale di valutazione, dal confronto dei punteggi medi nei due gruppi all’EPDS e alla STAI, relativi al primo mese postpartum, si è potuto notare come il gruppo delle donne reclutate durante la gravidanza presentasse valori medi significativamente inferiori, indicativi sia di una minore sintomatologia ansiosa che di una minore sintomatologia depressiva.

Non è stato possibile, tuttavia, stabilire se la percentuale di donne che superava il cut off di 12 dell’EPDS fosse statisticamente diversa nei due gruppi a causa della ridotta numerosità del campione.

I dati a nostra disposizione ci consentivano, invece, di affermare che la percentuale di donne che superava il cut off di 40 della STAI era maggiore nel gruppo 2 in modo statisticamente significativo: le donne, che erano state arruolate al primo mese postpartum e che, quindi, non erano state seguite fin dall’inizio della gravidanza, presentavano un rischio quasi tre volte maggiore di avere punteggi elevati alla STAI rispetto alle donne che avevano effettuato le valutazioni in gravidanza.

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psicoeducazionale effettuati sulle donne in gravidanza e seguite in diversi momenti a partire dalla consegna del libretto possano permetterci di rilevare le gestanti più a rischio e di intervenire, quindi, in modo tempestivo, riducendo il carico di psicopatologia perinatale, in particolare nel primo mese postpartum che, dai dati della letteratura (Cox et al, 1993) risulta essere il periodo più critico dal punto di vista psicopatologico.

Abbiamo un’ulteriore conferma di questa ipotesi se consideriamo che, dopo aver indagato i vari fattori di rischio valutati mediante la PDPI-R nei due gruppi, abbiamo osservato che le donne entrate nello studio nel postpartum avevano una probabilità quasi due volte maggiore di presentare un maternity blues rispetto alle donne che venivano reclutate e seguite per tutta la gravidanza.

Differiva in modo statisticamente significativo tra i due gruppi anche un altro fattore della PDPI-R, ovvero il non essere coniugato/convivente, condizione più frequente nelle donne entrate nello studio nel postpartum.

Tuttavia, questo dato è al limite della significatività (95% IC=0.99-19.12) e potrebbe avere due spiegazioni: da un lato, potrebbe trattarsi di un risultato casuale poiché i dati in nostro possesso sono incompleti e appaiono instabili, essendo l’intervallo di confidenza piuttosto ampio; dall’altro lato ci potrebbe essere stato un drop-out selettivo, per il quale le pazienti non coniugate/conviventi avrebbero una maggior tendenza ad abbandonare lo studio. Il confronto dei fattori di rischio ha permesso, inoltre, di notare che le donne reclutate e seguite per tutto il periodo della gravidanza presentavano al primo mese postpartum migliori livelli di autostima, maggiore sostegno da parte del compagno, della famiglia e degli amici, minori problemi coniugali e minore tendenza a lamentarsi del temperamento del bambino.

Questo dato spinge ad una riflessione circa l’efficacia di un intervento psicoeducazionale effettuato durante la gravidanza, che potrebbe, quindi, consentire alle donne di affrontare questa particolare fase della vita con maggiore consapevolezza, aiutandole a trovare un

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migliore supporto nell’entourage familiare e preparandole ad accudire il neonato in modo più sereno.

Dall’analisi dei fattori di rischio associati a elevati punteggi della STAI al primo mese postpartum è emerso che nel gruppo di donne seguite durante la gravidanza, quelle che risultavano più ansiose riportavano con maggiore frequenza elevati punteggi dell’EPDS e un’anamnesi positiva per depressione pregressa.

Ad ogni item positivo in più all’EPDS corrispondeva un aumentato rischio di avere una fenomenica ansiosa importante e, in particolare, l’avere avuto una depressione pregressa aumentava il rischio di avere una fenomenica ansiosa importante di più di 13 volte, pur essendo l’IC piuttosto ampio (95%IC=1.76-103.31).

Le donne con elevati punteggi alla STAI reclutate nel postpartum presentavano elevati punteggi dell’EPDS e alla fenomenica ansiosa era associata la presenza di eventi di vitali stressanti e la mancanza di sostegno da parte degli amici.

Gli eventi stressanti, in particolare, raddoppiavano la probabilità di avere un punteggio alla STAI di stato al T4 bis ≥ 40, mettendo in evidenza come queste donne risultassero più vulnerabili ai fattori esterni e alla mancanza di un supporto.

Nelle donne seguite per tutta la gravidanza, gli elevati punteggi dell’EPDS al primo mese postpartum erano spiegati per il 72% da queste variabili: elevati punteggi della STAI di stato al T4, presenza di maternity blues, mancanza di sostegno del compagno, gravidanza non desiderata, temperamento del bambino, depressione in gravidanza, problemi coniugali e stato civile (essere non coniugata/convivente).

Invece, nelle donne arruolate nel postpartum elevati punteggi dell’EPDS sono risultati associati per il 64% ad un elevato punteggio della STAI di stato al T4, all’aver avuto un maternity blues, allo stress per la cura del bambino e al temperamento del bambino.

Si può pertanto notare come i fattori di rischio associati a un elevato punteggio dell’EPDS al primo mese postpartum siano più numerosi per le donne seguite in gravidanza rispetto a

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quelle entrate nello studio nel postpartum.

Allo stato attuale, in letteratura non è riportato alcuno studio che ci permetta di confrontare tale risultato, né tantomeno di spiegarlo.

Possiamo però ipotizzare che il maggior numero di fattori di rischio nelle donne del gruppo 1 con punteggi EPDS elevati nel postpartum sia dovuto alla selezione dei casi più gravi, con un carico psicopatologico maggiore ed un numero superiore di problematiche; in altri termini, è come se le donne seguite in gravidanza avessero bisogno di molti più fattori di rischio per sviluppare una sintomatologia depressiva nel primo mese postpartum.

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18. Limiti dello studio

I limiti di questo studio sono rappresentati dal fatto che le donne che hanno negato la loro partecipazione allo studio presentavano delle caratteristiche sociodemografiche differenti rispetto al nostro campione, per cui di fatto il nostro screening è stato effettuato su una popolazione di donne prevalentemente italiane con uno stato socioeconomico mediamente più elevato e con un livello di istruzione maggiore.

Inoltre, la temporanea ridotta numerosità del campione non ci ha consentito di determinare se, al primo mese postpartum, la percentuale di donne che superava il cut off EPDS di 12 nei due gruppi fosse significativamente differente.

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19. Conclusioni

I dati preliminari del PND-ReScU® II mettono in evidenza l’importanza di attuare un intervento preventivo volto alla riduzione della psicopatologia perinatale già nelle prime fasi della gravidanza.

Lo studio ha permesso di validare l’efficacia di uno screening semplificato ed essenziale nell’individuare e trattare precocemente le donne che presentavano fattori di rischio al fine di migliorare il profilo sintomatologico e la qualità di vita delle nuove madri, in particolare al primo mese postpartum.

Il protocollo di ricerca prevedeva una gestione multidisciplinare delle criticità emerse e un piano di intervento a più livelli, che si adattava alle esigenze delle singole donne. Nei casi più problematici è stata data la possibilità di usufruire di un servizio di consulenza psicologica e psichiatrica ed è stato proposto, quando necessario, un trattamento farmacologico o psicoterapico adeguato, che ha consentito di arginare il disagio e di ristabilire le funzioni materne.

I risultati emersi supportano l’ipotesi che un intervento psicoeducazionale con finalità informative effettuato nel corso della gravidanza possa permettere alle donne di assimilare gli strumenti per affrontare il periodo perinatale in modo più consapevole.

L’educazione in tema di psicopatologia perinatale rappresenta, infatti, il primo passo per il superamento del tabù della depressione e per offrire alle donne la possibilità di esprimere il proprio disagio senza reticenze.

Spesso per le donne il passo più difficile da compiere è proprio chiedere aiuto, per questo lo screening precoce come parte di un intervento di prevenzione esteso a tutte le donne in gravidanza, oltre che permettere di individuare i casi più gravi e intervenire in maniera tempestiva, potrebbe promuovere lo sviluppo di una coscienza collettiva più ampia su questa problematica.

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La sensibilizzazione dell’opinione pubblica e della classe medica sulla vulnerabilità psichica nel periodo perinatale potrebbe aiutare le nuove madri a rompere il muro del silenzio e ad uscire dallo stato di solitudine in cui spesso si trovano.

La comune pratica clinica rappresenta la piattaforma di partenza ideale per la definizione di un piano di prevenzione. La gravidanza rappresenta, infatti, un momento privilegiato per attuare uno screening precoce efficace, ma è necessario che il personale che si occupa dell’assistenza alle donne nel periodo perinatale sia in grado di riconoscere e affrontare con competenza le eventuali criticità.

Figure professionali come le ostetriche, ginecologi, neonatologi che hanno frequenti occasioni di contatto con le nuove madri, se adeguatamente formate, possono rappresentare, infatti, una potenziale risorsa per la diagnosi precoce.

Come sembrano confermare i risultati di questa tesi, strumenti di screening come la EPDS, la STAI e la PDPI-R, rapidi da compilare e di facile comprensione, sono efficaci nell’intercettare in fase precoce i sintomi che portano al disagio psichico e potrebbero entrare a far parte del normale iter diagnostico effettuato alle donne in gravidanza.

Sono auspicabili ulteriori ricerche che permettano una migliore caratterizzazione dei fattori di rischio, degli strumenti di screening più idonei e delle modalità di intervento più utili nelle varie fasi della gravidanza.

I dati presenti in letteratura non permettono, infatti, di trarre delle conclusioni per la disomogeneità degli studi finora condotti, che presentano spesso limiti metodologici importanti, forse anche per la delicatezza del problema affrontato.

La prevenzione in gravidanza è un obiettivo importante ma ancora sfuggente; il fine ultimo è quello di arrivare a linee guida condivise nella gestione di questo disturbo, che consentano di rendere più accessibili e vicine alle donne le occasioni di aiuto, per accompagnarle in questa delicata fase della vita, rendendo l’esperienza della maternità, davvero, un momento felice.

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