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Antonio Cardigliano I paradossi della democrazia protetta

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Academic year: 2021

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e-ISSN 2280-8949

DOI 10.1285/i22808949a2n2p347

http://siba-ese.unisalento.it, © 2013 Università del Salento

Antonio Cardigliano

I paradossi della democrazia protetta

Abstract: The “defensive democracy” may be defined as the set of rules of a democratic system that forbids and punishes political behavior of certain movements, or illiberal parties, considered threatening the constitution. The “defensive democracy” institutional model was first theoretically and philosophically, then technically and legally analyzed through the comparison of four different legal systems belonging to Turkey, Spain, Germany and Italy. Theoretically, “defensive democracy” may be historically rooted in Hobbes' doctrine, but its more complete definition may be found in the XX century, as a firm reaction against the totalitarianism.

Keywords: Defensive democracy; Unconstitutional party; Basque independence

movement; Political Islam; Ideological and political extremism.

1. La democrazia protetta: teoria e tecnica

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esercizio del diritto di manifestazione del pensiero, del pluralismo dei partiti e delle libertà fondamentali in generale. Con gli istituti di democrazia protetta, la “libera concorrenza” ideologica risulta fortemente limitata, come alcuni principi costituzionali e i relativi diritti di libertà.

Il problema di fondo per la democrazia riguarda, quindi, il dilemma su quali strumenti utilizzare per difendersi dagli attacchi che riceve, se farlo attraverso gli strumenti che la stessa democrazia offre o se debba ricorrere ad un intervento che stabilisca chi può partecipare al libero gioco democratico e chi ne deve rimanere escluso:

«Ogni ordinamento costituito, qualunque sia la forma della sua esistenza politica, tenta di difendere se stesso; ma, in un ordinamento a base liberal-democratica, tale fenomeno si presenta in modo peculiare. In una liberal-democrazia le esigenze di protezione confliggono con quelle libertà, il cui riconoscimento costituzionale esprime proprio la specificità della struttura politica liberal-democratica: le libertà democratiche, quindi, possono divenire uno strumento per combattere la democrazia stessa; pertanto, per la difesa di questa è necessaria una limitazione di quelle».1

L’esigenza di proteggere un ordinamento da minacce che ne colpiscano le basi è intrinseca alle forze che danno vita a un qualsiasi assetto, che pretenda di durare nel tempo. Ma è alquanto dubbio che gli ordinamenti che si vogliono definire democratico-pluralistici possano fare di tale esigenza un’ossessione senza rinnegare se stessi; con tale “ossessione securitaria” contro mere opinioni radicalmente contrarie allo status quo si finisce per superare pericolosamente una frontiera,

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349 oltre la quale l’aggettivo “protetta” rischia di distruggere il sostantivo “democrazia”.

A questo punto sorge un'ulteriore domanda: «I democratici accettano con tranquillità un’uscita dalla democrazia stessa ?».2 I “custodi” del regime democratico sono in oggettiva difficoltà di fronte a movimenti politici con un programma potenzialmente anti-sistema, che svolgono un’attività politica e di propaganda formalmente compatibile con il dettato costituzionale, in quanto, se limitassero il pluralismo per combattere i nemici del pluralismo stesso, finirebbero per diventare troppo simili a questi ultimi. Non è da negare la possibilità che

«attraverso delle normative di difesa della democrazia e di limitazione del pluralismo, possano in realtà essere perseguiti avversari politici democratici dei governanti pro tempore, magari utilizzando l’ampiezza e l’indeterminatezza delle fattispecie previste, oppure che, dove ci si richiami alla legittimità per giustificare strutture illegali o extra-legali, si finisca per incamminarsi su una strada di negazione del pluralismo che spinga alcune forze potenzialmente integrabili verso posizioni più radicali antisistema».3

Una decisa protezione degli ordinamenti lede fortemente gli standard democratici: forte è il rischio è che essa sia funzionale a un perpetuarsi delle classi dirigenti al potere, impedendo il genuino formarsi dell’opinione pubblica e alterando pesantemente il pluralismo

2 S. CECCANTI, Le democrazie protette e semi-protette da eccezione a regola. Prima e dopo le Twin Towers, Torino, Giappichelli, 2004, pp. 2-3.

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competitivo di una normale lotta politica democratica.4

Da un punto di vista prettamente tecnico-giuridico, si possono individuare tre soglie progressive di protezione della democrazia.

In questo senso, danno esito negativo una moltitudine di articoli costituzionali, testi legislativi, sentenze di corti costituzionali di varie democrazie occidentali.

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1) La protezione che interviene ex ante, già nella fase di formazione del consenso o della sua trasformazione in seggi nelle assemblee elettive (la cosiddetta “protezione della rappresentanza”); è questo è il terreno classico di studio della democrazia protetta, che si concretizza nell’apposizione di limiti ai partiti politici rispetto alle finalità perseguite; tali limitazioni sono strutturalmente diverse e più pregnanti

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Così Kelsen, in una delle sue analisi più pregnanti sulla democrazia: «Se definiamo la democrazia come un metodo politico mediante il quale l’ordinamento sociale è creato e applicato da coloro che sono soggetti all’ordinamento stesso, in modo da assicurare la libertà politica nel senso di autodeterminazione, allora la democrazia serve necessariamente sempre e ovunque l’ideale della libertà politica. E se nella nostra definizione includiamo l’idea che l’ordinamento sociale, creato nel modo suindicato, per essere democratico, deve garantire alcune libertà intellettuali, come la libertà di coscienza, la libertà di stampa, ecc., allora la democrazia necessariamente, sempre e ovunque serve anche l’ideale della libertà intellettuale. Se in un caso concreto l’ordinamento sociale non è creato nel modo indicato dalla suddetta definizione o se esso non contiene garanzie di libertà, non è che la democrazia non serva gli ideali, ma sono gli ideali a non essere serviti perché la democrazia è stata abbandonata. Questa critica confonde l’idea di democrazia con una realtà politica che erroneamente interpreta se stessa come democrazia, sebbene non corrisponda a siffatta idea». H. KELSEN, La democrazia, Bologna, Il Mulino, 2004, p. 197; sulla stessa direttrice, M. Pierri: «Il

principio maggioritario infatti non nega ma si concilia con la protezione delle minoranze, in quanto l’esistenza di una maggioranza presuppone quella di una minoranza, il cui statuto è validato dalla costituzione e l’essenza della costituzione consiste proprio nella dialettica tra queste due entità. [...] Il relativismo politico insito nel sistema democratico (il relativismo è quella concezione del mondo che l’idea democratica suppone) è reso possibile dalla comune accettazione di principi costituzionali come la tolleranza, i diritti della minoranza, la libertà di parola e di pensiero, che contrappongono la democrazia ad un sistema politico che si fondi sulla credenza in valori assoluti». M. PIERRI, Autorità

democratiche e dinamiche democratiche, Padova, Cedam, 2009, pp. 43-44. 5

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351 rispetto quelle che impongono una democraticità interna o dei vincoli rispetto al finanziamento pubblico; mentre questi ultimi, in genere, tendono a sfociare in caso di inadempienza in forme di sanzioni pecuniarie, o amministrative, o penali, a carico dei responsabili, il controllo sui fini è potenzialmente molto più penetrante e comporta logicamente, in caso di non rispondenza alle finalità ammesse o di rispondenza alle finalità condannate, lo scioglimento del partito. 2) La protezione, in aggiunta o in alternativa, dall’accesso al governo di alcune forze politiche o da decisioni che esse possano prendere una volta giunte al governo (la cosiddetta “protezione dell’accesso all’esecutivo”), attraverso la previsione di una formula significativa di giuramento del capo dello Stato, con la quale egli si impegni non solo e non tanto a rispettare la costituzione e a dare garanzie su questo, ma anche a difenderla attivamente da eventuali nemici, o la previsione di un obbligo di giuramento da parte del governo.

3) La protezione, in aggiunta o in alternativa, della costituzione, attraverso procedure o particolari contenuti (la cosiddetta “protezione della costituzione con rigidità ulteriori rispetto al normale irrigidimento procedurale”).6

Oltre che da una prospettiva puramente tecnico-giuridica, risulta interessante l’analisi della democrazia protetta da un punto di vista

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storico-filosofico, e l’indagine sulle influenze, sulle radici, sugli elementi che hanno condizionato la formazione e l’evoluzione di questa forma istituzionale. Il modello reale che più esprime questa idea di fondo è il modello della costituzione federale tedesca; esso è frutto di un’esperienza storica negativa, il Terzo Reich, congiunta alla forte influenza delle forze alleate di occupazione e dalla dottrina di Karl Loewestein,7

Loewestein muove dal presupposto che la democrazia debba essere difesa a tutti i costi dal dilagare del fascismo; l’unica condizione necessaria è che la democrazia creda ancora nella superiorità dei suoi valori; essa, infatti, non ha esaurito il suo ruolo nella storia e deve, quindi, combattere per rimanere al potere, in altre parole, deve diventare “militante”.

principale teorico della democrazia militante, che godeva di grande considerazione e influenza presso il comando militare alleato.

Il successo del fascismo è dovuto allo sfruttamento da parte dei movimenti e degli esponenti fascisti delle libertà democratiche contro la democrazia stessa; le istituzioni democratiche, infatti, non possono rifiutare loro il godimento dei diritti fondamentali (in particolare, quelli legati alla sfera sociale e politica) senza cadere nell’inevitabile “autonegazione”; le democrazie non possono, dunque, pensare di difendersi semplicemente riponendo la propria fiducia nella spontanea vittoria dell’idea democratica. Per Loewestein,

7 Karl Loewestein (1891-1973) fu filosofo, scienziato politico e costituzionalista tedesco;

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353 «il fondamentalismo democratico e la cecità legalistica non sono disposti a rendersi conto che il meccanismo della democrazia è il cavallo di Troia con il quale il nemico entra nella città».8

La battaglia può, quindi, essere condotta solo sul piano della volontà politica, di una volontà politica di protezione e di auto-preservazione, che si traduca in conseguenti misure legislative; tali misure legislative non possono che consistere nella restrizione delle libertà fondamentali, cioè di quei canali sfruttati dai movimenti fascisti per i propri scopi sovversivi. Per Loewestein, quindi, la giustificazione della democrazia che si difende sta nel suo essere «un fenomeno dello spirito», quindi, assoluto, di fronte al quale non può opporsi alcuna resistenza perché dotato di «giustificazioni metafisiche che possono essere derivate solo da valori assoluti»;9

Tutto questo esprime una concezione della democrazia protetta contrassegnata da una certa tendenza a riportare sul piano ideologico la risoluzione del conflitto politico: negando dignità all’avversario e affermando apoditticamente la propria superiorità, Loewestein non offre, infatti, argomenti razionali a sostegno dell’oggettività di quelli che lui stesso definisce i “valori assoluti” della democrazia, i quali possono tutt’al più essere creduti, divenendo, così, non già fondamento razionale della democrazia, bensì suo a priori ideologico; il valore si fa al contrario del fascismo, mera tecnica per la conquista e il mantenimento del potere, la cui unica giustificazione è il potere fine a se stesso.

8 K. LOEWESTEIN, Militant Democracy and Fundamental Rights, in «The American

Political Science Rewiew», XXXI, 3, June 1937, p. 424.

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intento politico animato da fede storica: in poche parole, si fa ideologia.10

Nel modello di democrazia protetta riecheggerebbero, inoltre, alcune istanze di fondo della politica hobbesiana. Per Hobbes, causa e fine della Stato è anzitutto il mantenimento della pace interna, condizione imprescindibile per la sicurezza individuale; lo Stato, quindi, si configura come una realtà artificiale creata con il fine essenziale di difendere e proteggere l’uomo naturale dai pericoli della sedizione e della guerra civile.

Per Hobbes, esiste un legame stretto tra storia dei disordini e delle guerre civili e storia delle opinioni sediziose; di conseguenza, il governo della pace non può prescindere dal governo delle opinioni; il concreto modo di essere di questo governo è il riconoscimento del potere sovrano dell’ultima istanza di decisione in ordine all’ammissibilità o meno di una dottrina. Scrive Rhonheimer:

«Per Hobbes, la pace è il metro stesso della verità, una dottrina può condurre alla concordia o alla conflittualità, e dato che il fine ultimo dello Stato è il mantenimento della pace, l’una sarà ammissibile, l’altra no; il sovrano dunque, non solo è giudice della verità intrinseca delle dottrine, ma giudice della loro idoneità a minacciare la pace, secondo un criterio di verità che trapassa dal metafisico al pragmatico».11

Il modello di democrazia protetta ha molte affinità con il modello hobbesiano: il potere sovrano, attraverso un giudice da esso istituito, stabilisce chi debba essere privato della libertà di espressione e quali

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Cfr. COSTA, Gli istituti di difesa della Costituzione, cit., p. 30.

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355 partiti abbiano il diritto di esistenza, attraverso la valutazione della pericolosità intrinseca di quanto propagandato, avvalendosi del diritto di libera manifestazione del pensiero e di ciò che un partito assume come propria finalità politica; quindi, la pericolosità delle dottrine in sé considerate o fattesi finalità di un partito politico.

Un giudice delle dottrine, dunque; ma un giudice delle dottrine che, al pari del sovrano hobbesiano, ha il fine dell’eliminazione delle possibilità di diffusione e di sviluppo politico di quelle dottrine, che sulla scorta di un giudizio preventivo, debbano ritenersi idonee a generare futuri concreti pericoli per la liberal-democrazia.

Il sistema di controllo delle dottrine, per essere efficace, necessita del controllo dell’opinione pubblica, il quale è favorito da una “spontanea” accondiscendenza dell’opinione pubblica stessa, che già Hobbes riteneva essere il risultato dell’“insegnamento” al popolo della dottrina reggente lo status quo.

Come già lo Stato hobbesiano, anche la democrazia militante non può che reggersi sull’insegnamento della dottrina liberal-democratica; dal circolo vizioso è impossibile uscire, se non riconoscendo nella concordia tra i cittadini e nella sicurezza, obiettivi a cui i due sistemi tendono, dei beni la cui primaria importanza non richieda una discussione sui propri fondamenti; su questa auto-evidenza poggia la capacità della democrazia protetta di resistere alle ovvie obiezioni che le si potrebbero rivolgere sulla base del principio democratico.12

Ma parlare di auto-evidenza significa parlare di un concetto metafisico. Il sistema hobbesiano ha, difatti, una propria chiusura

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metafisica nell’affermazione di una verità indisponibile anche al sovrano: la verità storica per cui Gesù è il Cristo (Veritas Jesus Christus); quest’affermazione si concilia con la logica causale secondo la quale una dottrina può condurre alla concordia o alla conflittualità, e dato che il fine ultimo dello Stato è il mantenimento della pace, l’una sarà ammissibile, l’altra no; quindi, nessuna dottrina potrà essere incompatibile con la Veritas Jesus Christus, e mai potrà accadere che il sovrano, il quale reprima le dottrine che siano motivo di disordini e di guerre, possa agire contrariamente alla verità.13

Nella democrazia protetta per antonomasia, quella tedesca, il fine di garantire la pace trova un proprio fondamento sia morale, che trascendente. Recita, infatti, il preambolo del Grundgesetz:

«Cosciente della propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini, animato dalla volontà di servire la pace nel mondo in qualità di membro di eguale diritto di un’Europa unita, il popolo tedesco ha adottato, in forza del suo potere costituente, questa legge fondamentale».14

Il fondamento della democrazia protetta tedesca sembra riposare sull’assunzione di responsabilità del popolo innanzi a Dio e innanzi

13 Significativo il passaggio di Kelsen: in merito alla relazione tra verità assoluta e

democrazia, egli ricorda l’episodio narrato nel Vangelo di S. Giovanni, relativo alla decisione di affidare al plebiscito del popolo il rilascio di Gesù. Il popolo si pronunciò a favore del ladro Barabba («Non Costui, ma Barabba»), ed a questo proposito Kelsen afferma: «Forse si obbietterà, forse i credenti politici, obietteranno che quest’esempio parla piuttosto a sfavore che a favore della democrazia. E bisogna riconoscere il valore di tale obbiezione; a condizione però che i credenti siano tanto sicuri della loro verità politica, che se necessario dovrà venire realizzata anche per vie cruente, quanto il figlio di Dio». KELSEN, La democrazia, cit., p. 152.

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Le Costituzioni degli Altri, Banca documenti del Consiglio regionale del Veneto, a cura

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357 agli uomini; il mantenimento della pace e della sicurezza attraverso il giudizio delle dottrine trova, allora, la propria legittimazione morale e trascendente: gravemente responsabile (davanti a Dio e agli uomini) sarebbe un’autorità costituita che permettesse la guerra, il disordine, la barbarie. Secondo questa visione,

«la pretesa di difendere l’ordinamento costituito non può fondarsi unicamente su di un apodittico principio di conservazione dello stesso, quale ne sia il concreto contenuto; le pretese difensive non possono che fondarsi, in ultima analisi, su di un’oggettività precedente, su di una razionalità precedente (auto-evidenza, veritas, principio trascendente), che costituisca il fondamento della pretesa di difendere l’ordinamento costituzionale da ogni suo nemico».15

Sono stati comparati quattro modelli diversi di democrazie protette europee. La loro diversità deriva dai differenti sostrati storici, politici, sociali che caratterizzano queste quattro nazioni, che si concretizzano in una varietà di architetture costituzionali e sistemi politici. Le nazioni in questione sono state scelte perché espressione di modelli di

15 COSTA, Gli istituti di difesa della Costituzione, cit., p. 139-140. Indicativo in questo

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democrazia protetta differenti tra loro, in quanto costruiti sull’avvertimento, come minaccia al loro ordine costituito, di fenomeni molto diversi tra loro, che rappresentano le varie fratture che compongono lediverse società in questione.

2. Turchia: islamismo politico vs laicità

In Turchia, fortissimo è lo scontro tra un modello istituzionale, che risale alla fondazione della moderna repubblica turca, decisamente laico e l’avanzare inarrestabile nella società sul piano politico e istituzionale dell’islamismo moderato. In particolare, è stato analizzato lo scioglimento da parte della corte costituzionale turca del Refah Partisi, avvenuto nel gennaio del 1998. Il Refah Partisi, partito di ispirazione islamica, fondato nel 1983, nel 1996 divenne il primo partito turco con il 35% dei voti, conquistando, quindi, la guida del governo.

Il Refah Partisi, giunto al potere, compie, da subito, degli atti che sembrano diretti a minacciare il principio di laicità, solennemente proclamato nella costituzione.16

16 Venne letta in questo senso la proposta, da parte del governo, di introdurre l’obbligo

per le donne di indossare il foulard islamico nelle scuole pubbliche e nei locali dell’amministrazione pubblica; diversi esponenti del Rafah Partisi dichiararono l’intenzione di voler modificare, con procedimento di revisione costituzionale l’attuale sistema politico laico nell’intento di instaurare un regime teocratico multi-giuridico, dove i seguaci di ciascun movimento religioso avrebbero seguito esclusivamente le regole stabilite dalle proprie organizzazioni e non i diritti costituzionali validi erga omnes; ciò avrebbe comportato l’abolizione del monopolio legislativo della camera elettiva e del principio di unità della giurisdizione; le numerose dichiarazioni del presidente del partito, Necmettin Erbakan, che invitavano tutti i musulmani ad aderire al suo partito perché sarebbe stato il solo in grado di instaurare la supremazia del Corano e di portare a termine la guerra santa.

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359 demandato il ruolo di garanti e custodi dei principi laici e secolari dello Stato turco, denunciarono subito la presunta islamizzazione strisciante della società e della politica turca e venne avviato, da parte del procuratore generale della corte di cassazione, un procedimento dinanzi alla corte costituzionale per far dichiarare illegale il Refah Partisi, motivato dalla forte preoccupazione espressa dal procuratore generale della corte di cassazione, che le proposte di legge e le dichiarazione dei membri e dirigenti del Refah Partisi altro non fossero che il preludio di un graduale, ma irreversibile processo di affermazione di uno Stato teocratico; la procura, inoltre, sosteneva che nessuno Stato è obbligato a tollerare l’esistenza di partiti politici miranti alla distruzione della democrazia e del principio della preminenza del diritto, e vista l’intenzione di sostituire la legislazione della repubblica con la Sharia, il Refah Partisi aveva mostrato l’incompatibilità dei suoi obiettivi con le esigenze di una società democratica.

Nonostante il ricorso del partito, esso venne sciolto nel gennaio 1998 dalla corte costituzionale turca, che considerò il partito come «il centro di attività contrarie al principio di laicità».17

Nelle motivazioni della corte relativamente allo scioglimento del partito, emerge come il carattere illecito delle sue attività sia stato rinvenuto principalmente nella mancata osservanza, da parte del movimento di ispirazione islamica e dei suoi maggiori esponenti, della concezione di laicità imposta dalla carta costituzionale turca; il principio di laicità viene

17 Cfr. I. NICOTRA, Democrazia convenzionale e partiti antisistema, Torino,

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considerato come condizione indispensabile per la democrazia, come caratteristica intrinseca e necessaria per uno Stato democratico. Viene, inoltre, ribadito il principio secondo il quale i partiti politici – pur essendo considerati come elementi indispensabili della vita politica e democratica – non possono godere di una libertà assoluta; la libertà di costituzione e di regolazione, di cui beneficiano i partiti politici, è comunque limitata dalla costituzione.

La decisione della corte turca fu impugnata dal partito davanti alla corte europea dei diritti dell’uomo, dove furono invocate numerose violazioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,18

18 «Articolo 9 - Libertà di pensiero, di coscienza e di religione: 1. Ogni persona ha diritto

alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti. 2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui». «Articolo 10 -

Libertà di espressione: 1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto

include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione. 2. L'esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, per l'integrità territoriale o per la pubblica sicurezza, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario». «Articolo 14 - Divieto di discriminazione: Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione». «Articolo 17 - Divieto dell'abuso del diritto: Nessuna disposizione della

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361 pensiero, di coscienza e di religione, il divieto di discriminazione, il divieto dell’abuso del diritto, e sottolineando, inoltre, che il partito non ha mai contestato il principio di laicità come valore fondante dello Stato e della società turca. Tale principio, infatti, è esplicitamente menzionato nel programma del partito; inoltre, fu ricordato alla corte che il Rehah Partisi era salito ed era restato al potere nel pieno rispetto della legalità, con un programma di governo che non esprimeva nessun proposito circa la violazione dei principi di laicità e democraticità e circa il cambiamento della struttura statale e sociale della Turchia. La corte europea si pronunciò nel luglio 2001,19

presente Convenzione può essere interpretata come implicante il diritto per uno Stato, un gruppo o un individuo di esercitare un'attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione o porre a questi diritti e a queste libertà limitazioni più ampie di quelle previste in detta Convenzione». Consultabile su http://www.unhcr.it/news/download/54/376/15/convenzione-europea-1950.html.

rigettando il ricorso del Refah Partisi e dichiarando sostanzialmente che la legge islamica contrastava con i principi democratici europei; centrale, infatti, per la Corte, risultava essere il principio democratico e quello di preminenza del diritto all’interno di un sistema preordinato alla tutela dei diritti umani. La democrazia, definita come l’elemento fondamentale dell’ordine pubblico europeo, era l’unico modello politico contemplato dalla convenzione e, pertanto, il solo compatibile con essa; per questo motivo, ai partiti politici si richiedeva l’assenza di mezzi violenti e la promozione di cambiamenti socio-politici in armonia con i valori democratici fondamentali; quindi, qualora un partito proponesse un

19 Cfr. sentenza della corte europea dei diritti dell’uomo, Affaire Refah Partisi (Parti de la

Prospérité) et autre c.Turquie, Strasburgo, 31 luglio 2001, Requêtes n. 41340/98, 41342/98, 41343/98, 41344/98, paragrafo 11, consultabile sul sito della corte.

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progetto politico non rispettoso di una o più regole della democrazia, mirando, anche senza l’uso della forza, alla distruzione della stessa, esso non avrebbe potuto avvalersi della tutela della convenzione contro le sanzioni inflitte dagli Stati nazionali per tali motivi.

Lo Stato nazionale può, quindi, impedire l’attività di un partito politico quando i suoi comportamenti e i discorsi pubblici dei suoi membri possano compromettere la pace civile e la democrazia nel paese, anche se questo impedimento potrebbe risultare contrario ai principi della convenzione.

Nello specifico, secondo la corte europea, la corte costituzionale turca ha lecitamente dichiarato illegale il partito e ineleggibili i suoi dirigenti, nonostante la partecipazione e la vittoria assolutamente legittime nelle elezioni, basandosi sulla presenza di alcune grandi minacce al sistema democratico, generate dall’operato del Refah Partisi, come l’intenzione si instaurare un sistema multigiuridico basato sulla discriminazione religiosa, ovvero la presenza di elementi che denotano la volontà di applicare la Sharia alla comunità musulmana (e, quindi, alla quasi totalità della popolazione turca), oltre ai riferimenti alla jihad come metodo politico.

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363 3. Spagna: dalla democrazia aperta a quella protetta

La Spagna è segnata dalla presenza di forti regionalismi praticamente in ogni sua comunità autonoma, ma anche dal radicato nazionalismo basco, espressione di una oggettiva diversità etnico-culturale, che ancora oggi non è riuscita a trovare l’agognato riconoscimento.

Sia la costituzione, che la legge sui partiti del 1978 delineavano in Spagna un ordinamento nel quale i partiti sono caratterizzati dai principi di libertà, soggezione all’ordinamento giuridico e democrazia interna. L’impronta spiccatamente liberale e la centralità del principio di pluralismo nella costituzione spagnola possono essere meglio compresi considerando il contesto storico-sociale in cui il testo venne adottato, vale a dire quello di reazione forte al precedente periodo franchista; ciò rendeva necessario, quindi, proclamare come inviolabili i diritti ideologico-politici e la libertà di espressione di tutte le opinioni, attraverso cui imporre un principio forte a testimonianza del cambiamento di rotta intrapreso per edificare il nuovo Stato.20

Questa impostazione, che rendeva lo scioglimento di un partito un’ipotesi meramente teorica, ebbe un brusco stravolgimento con l’approvazione della legge organica 6/2002,21

20 Cfr. NICOTRA, Democrazia convenzionale e partiti antisistema, cit., p. 60.

che si prefissava l’identificazione e la conseguente esclusione dal panorama politico dei movimenti politici che basino la loro azione politica nella connivenza con la violenza, il terrore, la discriminazione, l’esclusione e la

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violazione dei diritti e delle libertà”.22 Obiettivo implicito della legge risulta essere chiaramente lo scioglimento del partito nazionalista basco Herri Batasuna,23 vicino all’ETA,24

Infatti, non era stato possibile applicare al partito Batasuna la precedente normativa, che prevedeva la possibilità di dichiarare illegale un partito quando ricorressero i presupposti per qualificarlo come “associazione illecita”, oppure quando la sua organizzazione o attività fosse contraria al principio democratico, per il semplice motivo che Batasuna non presentava nel proprio statuto, o non dichiarava apertamente, una finalità illecita, oppure non impiegava mezzi violenti o che implicassero una compressione della libertà di manifestazione del pensiero dei propri associati.

impedendogli di presentarsi alle elezioni comunali del maggio 2003.

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Relazione introduttiva alla legge n. 6 del 2002, in «Bollettino ufficiale di Stato», 28 giugno 2002, n. 154.

23 Letteralmente “Unità popolare”, fondato nel 1978, attivo nelle regioni spagnole di

Navarra e dei Paesi Baschi e nel dipartimento francese dei Pirenei atlantici (territori noti come Euskal Herria). Ha goduto, fin quando non è stato dichiarato illegale, di circa il 10% dei voti nelle aree basche spagnole. Nel corso degli anni ha cambiato più volte il suo nome (Herri Batasuna, Euskal Herritarrok, Batasuna), per aggirare i divieti posti dallo Stato spagnolo. Tra i suoi obiettivi prioritari c’è la creazione di uno Stato socialista che porti prima all’autodeterminazione e poi all’indipendenza dei paesi baschi dallo Stato spagnolo e da quello francese. In Francia, invece, Batasuna è ancora un partito legale. Gli Stati Uniti considerano Batasuna a tutti gli effetti un’organizzazione terroristica dal maggio dello stesso 2003 e a questa risoluzione sono giunti anche un mese dopo i paesi della UE.

24Euskadi Ta Askatasuna (letteralmente, “paese basco e libertà”), è un'organizzazione

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365 La legge 6/2002 prevede, invece, l’introduzione di un procedimento giurisdizionale per lo scioglimento di quei partiti che, con comportamenti o attività, offrano appoggio politico reale ed effettivo alla violenza e al terrorismo, agevolando una strategia del terrore, in disprezzo dei valori costituzionali e dei diritti umani, attraverso la sistematica violazione delle libertà e dei diritti fondamentali; che promuovano o giustifichino gli attentati contro la vita o l’integrità delle persone o la persecuzione in ragione dell’ideologia, della religione, della credenza, della nazionalità, della razza, del sesso o delle inclinazioni sessuali; che fomentino o legittimino la violenza come metodo per conseguire obiettivi politici o impediscano l’esercizio della democrazia, del pluralismo e delle libertà politiche; che forniscano appoggio politico ad azioni di organizzazioni terroristiche, che mirino a sovvertire l’ordine costituzionale o alterare gravemente la pace pubblica, cercando di sottomettere a un clima di terrore i pubblici poteri, persone o gruppi della società, o la popolazione in generale.25 Afferma Nicotra:

«La legge peraltro, non si limita ad indicare soltanto siffatti comportamenti come indici sintomatici per sancire l’ illiceità di un partito ma stabilisce che, anche in assenza di quelle condotte, il semplice appoggio politico espresso o tacito a bande armate e rivoluzionarie, che giovi a legittimare le loro azioni per l’ottenimento di un fine politico, costituisce sufficiente presupposto per mettere al bando una organizzazione politica, insieme all’utilizzazione da parte di un partito di simboli, messaggi, o altri elementi che rappresentano o si identificano con un gruppo sovversivo, nonché offrire appoggi con mezzi amministrativi, economici

25 Cfr. N

(20)

366

ad entità sediziose, ovvero omaggiare o dare copertura ad azioni di intimidazioni o di disordini sociali costituiscono elementi per apprezzare un eventuale collegamento stabile di collaborazione tra partito ed estremisti».26

Per procedere alla messa al bando di un partito, si richiede la presenza dei caratteri di continuità e ripetizione dei comportamenti vietati, che potrebbero essere provati da risoluzioni, documenti e comunicati resi noti dai dirigenti del partito, dai gruppi parlamentari e consiliari, dalle proposte formulate nelle sedi istituzionali, così come anche da attività poste in essere da militanti e candidati.

L’organo giurisdizionale competente a dichiarare l’illegalità di un partito e la sua conseguente dissoluzione è il tribunale supremo. Il governo è obbligato a porre tale questione al tribunale supremo, qualora ciò sia richiesto dal congresso dei deputati o dal senato; la legge non prevede maggioranze qualificate; quindi, il procedimento di controllo sulla democraticità di un partito politico può essere avviato con un atto monocamerale approvato a maggioranza semplice e trasmesso dall’ufficio di presidenza del congresso e del senato.

Numerose le voci di dissenso nei confronti della legge organica 6/2002; le maggiori critiche riguardano la presunta inconciliabilità tra il sistema di democrazia protetta, che sembra emergere dalla legge organica 6/2002, e l’ordinamento di spiccata matrice liberal-democratica vigente in Spagna dal 1978, che non costituisce

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367 «un modello di controllo delle organizzazioni partitiche basato esclusivamente sulla conformità di programmi politici, di opinioni o ideologie alla costituzione».27

Nel sistema costituzionale spagnolo, il dovere di rispetto della costituzione è stato sempre interpretato per i partiti come non implicante né adesione ideologica, né dovere di conformarsi ai principi espressi dalla costituzione e neppure un dovere di adesione al suo intero contenuto; si comprende, quindi, chiaramente, il contrasto con la nuova legge organica che, all’art. 6, sancisce l’obbligo per i partiti di

«adeguare la propria organizzazione, funzionamento e attività ai principi democratici e a quanto previsto dalla costituzione»;28

richiesta, quindi, di sottoscrizione di tutti i valori costituzionali e non più mero rispetto delle regole democratiche.

I partiti di minoranza hanno denunciato l’incostituzionalità della legge, che permetterebbe di sciogliere partiti democratici e pacifici solo perché ipotizzano l’avvento di un regime diverso da quello esistente, in quanto favorevoli all’indipendentismo, alla repubblica, a un regime anti-capitalista; secondo questa interpretazione, infatti, la legge criminalizzerebbe alcune ideologie politiche, con pregiudizio della libertà di associazione politica e, più in generale, della libertà di

27 Ibid., p. 65.

28 P.P. SABATELLI, Spagna. La nuova legge sui partiti: il “caso” Batasuna, in

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pensiero e opinione, che invece caratterizzerebbe una vera società pluralistica.29

A meno di due mesi dall’entrata in vigore della nuova disciplina sui partiti politici, il parlamento spagnolo ha avviato la procedura per mettere fuori legge il movimento nazionalista basco Batasuna, accusato di rappresentare il braccio politico dell’ETA.

Nel marzo 2003, il tribunale supremo ha pronunciato la sentenza di scioglimento del partito: secondo i giudici, quindi, il silenzio strategico e sistematicamente reiterato da parte della classe dirigente di un partito politico davanti all’attività terroristica va interpretato, nell’ottica politico-costituzionale, come un chiaro segno di

«“accettazione per omissione” o “accettazione implicita” della stessa, vale a dire, come “un allinearsi con le tesi degli autori di tali fatti criminosi”, nonché quale tacito assenso verso il ricorso alla violenza quale metodo per il raggiungimento di determinati obiettivi che, alla luce dei principi basilari dell’ordinamento costituzionale spagnolo, devono essere perseguiti, necessariamente, con l’adozione del metodo democratico».30

Per i giudici, non si può ritenere vulnerata la libertà di espressione nell’ipotesi in cui la legittimazione delle azioni terroristiche avvenga attraverso atteggiamenti volti a minimizzare il suo significato anti-democratico e la violazione dei diritti fondamentali. Lo scioglimento del partito, lungi dal qualificarsi come sanzione penale, si configura

29 Le cause di dissoluzione sono assolutamente generali e possono prestarsi alle più

disparate interpretazioni, anche a causa della genericità delle formule adottate, come risulta evidente nella disposizione che prevede lo scioglimento nei casi in cui un partito «vulneri con la sua attività i principi democratici e, particolarmente, quando la stessa sia finalizzata a distruggere il regime delle libertà». SABATELLI,Spagna, cit.

30 N

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369 piuttosto come un intervento restaurativo di un ordine fisiologico di svolgimento del processo politico.

Italia e Germania hanno molto in comune. Entrambi i paesi uscirono sconfitti dall’avventura totalitaria, che li condusse nella seconda guerra mondiale, ed entrambe le democrazie post-belliche furono espressione della situazione geopolitica risultante dagli accordi di Yalta, che ne condizionò inevitabilmente la formazione e l’esistenza successiva. Entrambi i paesi, a partire dalla fine degli anni ’60 per oltre un ventennio, sono stati scossi dalla presenza di numerosi e agguerriti movimenti eversivi di diverse matrici politiche, che ha implicato una imponente controffensiva giuridica e legislativa, che ha inciso sull’intero assetto politico-istituzionale.

4. Germania: il prototipo di democrazia protetta

La legge fondamentale tedesca, fortemente influenzata dagli eventi storici che l’hanno preceduta, è strutturata per combattere la cosiddetta “sindrome di Weimar”: il timore, quasi ossessivo, che il pluripartitismo estremo possa degenerare nel suicidio della democrazia, ha spinto la nuova carta costituzionale tedesca a proibire o, per lo meno, a ostacolare fortemente l’estremismo politico.

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370

«L’ordinamento in questione, quindi, limita il diritto del cittadino di criticare i principi liberal-democratici, in quanto lo statuto dei diritti di libertà appare finalizzato alla realizzazione e alla promozione di un ordinamento liberal-democratico, la tutela dei primi passa necessariamente dalla conservazione del secondo; i vincoli a carico dell’associazionismo politico si inseriscono coerentemente in questa logica di elevazione a valore supremo della democrazia liberale, anche rispetto alla partecipazione dei cittadini al concorso nella determinazione della politica nazionale».31

Numerose le disposizioni presenti nella legge fondamentale, che delineano l’ordinamento tedesco come “democrazia protetta”; ricordiamo, in particolare, l’art. 21, comma 2:

«I partiti, che, per le loro finalità o per il comportamento dei loro aderenti, si prefiggono di attentare all’ordinamento costituzionale democratico e liberale, o di sovvertirlo, o di mettere in pericolo l’esistenza della Repubblica Federale tedesca, sono incostituzionali. Sulla questione d’incostituzionalità decide il tribunale costituzionale federale».32

Nella storia della repubblica federale, l’art. 21 è stata applicato per due casi: nel 1952 contro il partito socialista del Reich (SozialistischeReichpartei - SRP),33

31Ibid., p. 46.

la cui organizzazione interna e le cui finalità furono dichiarate dai giudici contrarie ai principi liberal-democratici; all’obiezione, opposta alla difesa, secondo la quale il

32 Le Costituzioni degli Altri, cit.

33 Il partito socialista del Reich tedesco, fondato nel 1949, fu apertamente

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371 partito socialista del Reich non avrebbe in realtà mai propugnato manifestamente un’ideologia contraria al sistema, il tribunale rispose che l’anti-democraticità di una formazione poteva essere rilevata anche se le finalità non erano apertamente dichiarate, giudicando, di conseguenza, la SRP un partito “pericoloso”. La dottrina rilevò che il motivo determinante per sciogliere la SRP era stato rinvenuto dal Bundesverfassungsgericht nella sua analogia con il partito nazional-socialista, In altri termini, la sentenza sul partito filo-nazista sarebbe stata una sentenza basata non su fatti obiettivi, bensì, più discutibilmente, su una prevedibile azione futura.

Il secondo caso interessò, nel 1956, il partito comunista (Kommunistische Partei Deutschlands - KPD):34 in tale occasione, il tribunale, nella dichiarazione di scioglimento, riconobbe che la sola ideologia del partito comunista, considerata antitetica all’ordinamento liberal-democratico vigente, non sarebbe stata sufficiente, da sola, per realizzare il contenuto materiale del concetto di “partito rivoluzionario” e, quindi, di partito incostituzionale. La condizione necessaria per tale configurazione è un comportamento «attivamente combattivo e aggressivo nei confronti dell’ordinamento giuridico vigente»,35

34 Fondato nel 1918 da socialisti che si opponevano alla guerra e condotto da Rosa

Luxemburg e Karl Liebknecht, il partito, dopo la morte della fondatrice, si avvicinò al leninismo e, nel 1920, da una scissione di sinistra nacque il KPD. Negli anni Trenta divenne completamente fedele all’Unione Sovietica e al suo leader Josif Stalin. Bandito e perseguitato dal regime nazista di Adolf Hitler, che assassinò in carcere il suo segretario generale Ernst Thälmann, il KPD mantenne un’organizzazione clandestina e dovette subire pesanti perdite. Il partito rinacque nella Germania post-bellica e conquistò pochi seggi (15) alla prima elezione al Bundestag del 1949 dopo il suo scioglimento, ma, nel 1968, fu fondato un nuovo partito comunista, il partito comunista tedesco (DKP).

che

35http://www.unifi.it/offertaformativa/allegati/uploaded_files/2010/200005/A000840/Rel

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dimostri una vera intenzione di danneggiare o eliminare il sistema di valori instaurato dal Grundgesetz.36

Successivamente a questi due episodi, il II comma dell’art. 21 non ha trovato, finora, ulteriori applicazioni, poiché, successivamente al 1956, emerse chiara la tendenza a rinunciare allo strumento offerto dal II comma dell’art. 21 e a orientare l’azione del potere statale verso altre forme di difesa dei principi di democrazia occidentale, nei confronti sia dei partiti politici, sia dell’estremismo politico in generale.

Gradualmente prese forma una legislazione ordinaria “speciale”, cioè di leggi che non sono passate attraverso la procedura di revisione costituzionale, ma caratterizzate comunque dal contenuto fortemente eversivo rispetto all’ordinamento giuridico e sociale.

Nel corso degli anni ’70 e ’80 furono varate numerose leggi limitative dei diritti fondamentali e costituzionali allo scopo di contrastare l’estremismo politico dilagante all’epoca ed il terrorismo soprattutto di matrice marxista di formazioni come le Revolutionäre Zellen (RZ)37 e la Rote Armee Fraktion (RAF).38

36 Gli “indizi” della volontà di un partito di rovesciare l’ordine costituzionale esistente

sarebbero da ricercare, secondo il tribunale, in una pluralità di elementi, quali il programma, le dichiarazioni ufficiali, gli scritti degli autori che il partito stesso riconosce come diretti ispiratori della sua ideologia, i discorsi dei funzionari e dei dirigenti, il materiale di propaganda e di preparazione dottrinale, le affermazioni contenute nei giornali e nelle riviste pubblicate o influenzate dal partito. Anche i comportamenti degli aderenti (e, quindi, non solo dei dirigenti) possono, a parere del tribunale, essere considerati indizi della natura incostituzionale di una formazione politica.

Tra i numerosi

37 Organizzazione terroristica di estrema sinistra attiva nella Germania occidentale, che fu

responsabile di 296 attentati fra il 1973 e il 1995.

38 Nelle prime fasi, conosciuta comunemente come banda Baader-Meinhof, è stato uno

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373 provvedimenti ricordiamo innanzitutto il Berufsverbot (divieto della professione, interdizione dall’impiego) che entrò in vigore nel 1972, con il nome ufficiale di “Radikalerenlass” (legge contro i radicali): tale norma prevedeva il licenziamento e la non assunzione nella pubblica amministrazione di coloro che aderivano a formazione politiche estremiste.39

Oltre al già citato Radikalerenlass, degne di nota sono leggi anti-terrorismo (Antiterrorgesetzen) del 18 agosto 1976, del 30 settembre 1977, del 19 dicembre 1986, che a vario titolo limitarono il diritto di difesa dei terroristi, autorizzarono un uso più ampio della carcerazione preventiva, centralizzarono al livello federale l’organizzazione delle forze di polizia, riducendo le competenze dei Lander, introdussero l’art. 129 del codice penale, il quale criminalizza la partecipazione, la promozione e l’appoggio a organizzazione terroristiche, più che gli atti criminali in sé, rendendo, quindi, fondamentale la costruzione di una

formalmente disciolta nel 1998. La Rote Armee Fraktion fu responsabile di numerose operazioni terroristiche, specialmente nell'autunno del 1977, che portarono ad una crisi nazionale conosciuta con il nome di “autunno tedesco”. È stata responsabile di 34 morti, fra cui anche vittime secondarie come autisti e guardie del corpo, e di molti ferimenti nei suoi 30 anni di attività. Il gruppo ha sempre avuto il nome di Rote Armee Fraktion. Il nome “banda Baader-Meinhof” o “gruppo Baader-Meinhof” fu usato per la prima volta dai media, in quanto lo status di giornalista ha fatto sì che il cognome della Meinhof fosse usato dai media per identificare il gruppo terroristico. Si sono evidenziate 3 fasi storiche nell'organizzazione: la “prima generazione” di Baader e dei suoi sodali; la “seconda generazione” della RAF, che iniziò a metà anni ’70; infine, la “terza generazione” degli anni ’80 e ’90.

39 La sentenza della corte costituzionale di Karlsruhe del 22 maggio 1975 conferma

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organizzazione terroristica come prerequisito per l'uso di questo reato da parte di una pubblica accusa. Essendo un “reato associativo”, esso permette che un individuo possa essere perseguito e punito per tutti i reati commessi dall’organizzazione della quale è parte, anche senza la prova che sia coinvolto direttamente in nessuno di essi; inoltre, fino al 2003, la definizione di “terrorismo” era completamente assente dai testi di legge.

La detenzione è un elemento centrale dell’articolo: i sospetti sono tenuti in prigione per mesi o anni in attesa di giudizio; i diritti di visita sono molto limitati; i sospetti sono tenuti in isolamento per 23 ore al giorno;40

Nel settembre 1974, fu introdotto nel codice penale il paragrafo 138, che dà al tribunale la facoltà di sospendere dalla difesa quegli avvocati su cui sia grave il sospetto di complicità con gli interessi dei detenuti in attesa di giudizio; fu autorizzato anche lo svolgimento di processi in assenza di imputati, nel caso che essi fossero stati espulsi per aver turbato l’ordine pubblico o per indisposizione fisica.

è permesso loro di ricevere solo una visita alla settimana, e anche gli avvocati devono parlare ai loro assistiti attraverso un vetro antiproiettile. Il diritto alla difesa viene pesantemente limitato, dato che gli avvocati non hanno accesso agli atti di indagine, rendendo la preparazione della difesa dei loro assistiti molto complessa, come anche il fatto che la corrispondenza dell’arrestato è totalmente sotto il controllo del giudice.

40 Famosa la “tortura bianca”: isolamento in celle insonorizzate e con luce sempre

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375 A partire dagli anni ’80, l’attenzione della democrazia protetta tedesca si è spostata sulle formazioni politiche di estrema destra, determinando lo scioglimento di oltre 20 associazioni estremiste, condannando, punendo tutte le attività successive e confiscando beni e fondi. Attualmente, il Verfassungsschutz, l’ufficio federale per la tutela della costituzione,41 mantiene sotto costante osservazioni due partiti di levatura nazionale: l’NPD42 e la Die Linke.43

41Bundesamt für Verfassungsschutz (BFV, Ufficio Federale per la protezione della

costituzione), è un organismo che raccoglie informazioni e monitorizza le formazioni estremiste a tutela della costituzione e del libero ordinamento democratico.

42 Il N

PD (National-Demokratische Partei Deutschlands), sorto alla fine del 1964, minacciato fin dalla fondazione di scioglimento dai partiti istituzionali, in applicazione delle stesse leggi che, negli anni ’50, sancirono lo scioglimento del partito comunista e del partito socialista del Reich tedesco, ha dovuto fin dalla sua comparsa sottostare a tale ricatto ed allo stesso tempo ha goduto della tutela che gli derivava dall’essere una forza parlamentare, mentre altre piccole formazioni neo-naziste concorrenti sono state messe fuorilegge. Un anno dopo la sua formazione prese parte alle elezioni per il parlamento, raggiungendo il 2% dei voti. Conobbe i suoi massimi successi nella seconda metà degli anni Sessanta (4.3%, ottenendo un seggio nel parlamento tedesco). Dopo ciò iniziò la decadenza del partito, durata fino alla metà degli anni ’90, quando iniziò una graduale ripresa nel numero dei militanti e dei voti. Dopo la riunificazione è entrato in alcuni parlamenti regionali dell’ex Germania Est (Meclemburgo – Pomerania anteriore e Sassonia); nelle elezioni federali, invece, oscilla sopra l’1 %. Dopo la fusione al suo interno della DVU (Deutsche Volksunion), l’NPD è divenuto il principale partito di destra radicale in Germania.

43 Fondata nel giugno 2007 dalla fusione dei partiti P

DS (il partito del socialismo democratico, Partei des Demokratischen Sozialismus), erede del partito socialista unificato di Germania SED, il partito comunista della Germania Est), e del WASG (Lavoro e Giustizia sociale - Alternativa elettorale, o WASG Arbeit und soziale Gerechtigkeit –

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376

5. Italia: un modello sui generis

Prendendo in considerazione la costituzione italiana, emerge che l’ordinamento italiano ha optato per un modello aperto alle formazioni politiche, prevedendo solamente le eccezioni contenute nella XII disposizione transitoria e finale della costituzione44 e nell’articolo 139 della stessa.45 L’art. 49 afferma:

«Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

Il metodo democratico andrebbe, quindi, scisso dallo scopo a cui tendono i partiti politici: la determinazione della politica nazionale. La

44 Essa recita: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito

fascista». Il principale problema interpretativo posto dalla disposizione in questione è la definizione di ciò che debba intendersi con “partito fascista”. L’orientamento prevalente sembra indicare, quale soggetto passivo della norma in esame, non un qualsiasi partito che abbia tendenze generiche alla violenza e al totalitarismo riconducibili, quindi, grosso modo al partito fascista, ma precisamente quel partito storicamente esistito tra il 1919 e il 1943. La norma sembra, quindi, riflettere una concezione storicamente condizionata del problema, legata a un’esperienza storica concreta ben contraddistinta.

45 Limite espresso al potere di revisione costituzionale, esso recita: «La forma

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377 costituzione ha indicato le condizioni e i modi per concorrere a determinare la politica nazionale; in altri termini, la costituzione sancisce che, se i partiti concorrono alla determinazione della politica nazionale, devono farlo con metodo democratico. I partiti, quindi, in linea teorica, potrebbero proporsi come fine ultimo una concezione della società e dello Stato diversa da quella fatta propria dai regimi democratici, cioè potrebbero tendere a trasformare l’attuale regime per sostituirlo con un regime alternativo.

Sarebbe parimenti difficile ammettere l’ingresso, in un regime liberale, di discipline di penalizzazione di associazioni eversive: invero, nei confronti di movimenti che si prefiggono il mutamento degli attuali assetti istituzionali, l’ordinamento dovrebbe esprimere un giudizio di piena compatibilità, alla luce delle puntuali previsioni costituzionali che circoscrivono rigorosamente le ipotesi di partiti vietati (il rispetto del metodo democratico). Non sembra, infatti, si possa dubitare dell’atteggiamento di favore dello Stato italiano a formazioni partitiche che, non facendo uso della violenza, perseguono finalità non riconducibili alle istituzioni democratiche, poiché nessuna interpretazione estensiva della previsione appena richiamata potrebbe consentire di intendere l’espressione “metodo” come sinonimo di “programma”. Scrive Nicotra:

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rendere effettiva verso le minoranze la libertà di azione politica».46

Malgrado la non accettazione dei principi della democrazia e dello Stato di diritto, i partiti che perseguono con mezzi pacifici ideologie lontane rispetto ai valori basilari dovrebbero essere tollerati dal sistema, non essendo preclusa da alcuna disposizione l’esistenza di gruppi portatori di fini inconciliabili con quelli dell’ordinamento. Ciò nonostante, di fronte ad un ordinamento basato sulla costituzione che delinea un modello istituzionale di democrazia “aperta”, nel corso degli anni, è emerso, attraverso la legislazione ordinaria, un assetto tendente a controllare e reprimere l’estremismo e la radicalità politica delle formazioni anti-sistema.

Prima in ordine di tempo, fu la disciplina di attuazione della XII disposizione, la legge 20 giugno 1952 n. 645 (la cosiddetta “legge Scelba”).47 Essa cercò di dirimere i dubbi circa l’interpretazione della XII disposizione, provando a risolvere l’evidente contraddizione presente: una norma non può avere ad oggetto una determinata realtà storica quando essa sia ormai esaurita e consegnata al passato; è un non senso disporre in ordine ad un fatto storico esaurito che, come tale, non può che essere irripetibile. Verrebbe a delinearsi, quindi, una norma incapace di esprimere un qualunque contenuto precettivo innanzi alla mutevolezza esteriore con cui si possono presentare fenomeni analoghi nella sostanza.48

46 N

ICOTRA, Democrazia convenzionale e partiti antisistema, cit., p. 32.

Di fronte a ciò, si può tendere ad intravedere nella XII

47 Dal nome del ministro degli Interni dell’epoca, Mario Scelba, politico di spicco della

Democrazia Cristiana.

48 Cfr. C

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379 disposizione l’implicito divieto di esistenza di ogni partito che, come quello fascista, persegua l’instaurazione di dittature o l’abbandono dei vigenti principi democratici, un divieto che non solo colpisce lo storico PNF, ma anche il manifestarsi “sotto qualsiasi forma” di nuovi fascismi, di nuove finalità dittatoriali e totalitarie tout court, focalizzando l’attenzione più sulla concreta pericolosità per l’ordinamento democratico, che sulla loro radice storico-ideologica.

La legge Scelba contiene una definizione di ciò che dovrebbe intendersi per “riorganizzazione del disciolto partito fascista”, che al suo interno include tre diverse fattispecie: il perseguimento di finalità anti-democratiche proprie del partito fascista (attraverso una serie di attività tipizzate, che vanno dall’esaltazione della violenza, quale metodo di lotta politica, alla propaganda razzista); l’esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito; il compimento di manifestazioni esteriori di carattere fascista.

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che la prima e la seconda fattispecie previste dall’art. 1 della legge 645 facciano propria una nozione estensiva di partito fascista, ciò per evitare una radicale intransigenza verso qualunque organizzazione di carattere fascista (tanto da non ritenere necessario un giudizio sui concreti fini e sulla concreta pericolosità dell’organizzazione) e al contempo la tolleranza verso organizzazioni politiche di ispirazione non fascista, ma non per questo meno pericolose per la democrazia: evidente difetto di razionalità ed eccesso di contenuto ideologico».49

La legge Scelba è stata, però, utilizzata solo contro movimenti neo-fascisti: nel 1973, venne decretato su iniziativa dal ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani, con l’accusa di ricostituzione del disciolto partito fascista, lo scioglimento del movimento politico Ordine Nuovo;50 nel 1976, il tribunale di Roma condannò gran parte dei dirigenti e degli attivisti di Avanguardia Nazionale51

La legge 25 giugno 1993, n. 205, la cosiddetta “legge Mancino, per ricostituzione del disciolto partito fascista.

52

49 Ibid., p. 72.

è il principale strumento legislativo che l’ordinamento italiano offre per

50 Ordine Nuovo nacque come centro studi nel 1956 sotto la guida di Pino Rauti,

all’interno del MSI; nel 1956 divenne autonomo fino al 1969, quando Rauti e buona parte del centro studi decise di rientrare nel MSI. I militanti contrari al rientro nel MSI, guidati da Clemente Graziani, fondarono il movimento politico Ordine Nuovo.

51 Stefano Delle Chiaie abbandonò il MSI nel 1956 e insieme ad altri fuoriusciti aderì al

Centro Studi Ordine Nuovo di Pino Rauti. In seno al movimento, in polemica con i dirigenti, fondò nel 1958 i Gruppi Armati Rivoluzionari (GAR). I GAR cambiarono denominazione in “Avanguardia Nazionale Giovanile”. Nel 1965, Avanguardia Nazionale Giovanile, sotto pressione per le indagini e le perquisizioni di polizia, decise di auto-sciogliersi e gli aderenti, pur non rompendo i collegamenti tra loro, parteciparono sotto altre sigle all’esperienza politica della destra radicale. Avanguardia Nazionale Giovanile fu ricostituita nel 1970, inizialmente sotto la guida di Sandro Pisano, poi di Adriano Tilgher, in concomitanza con il processo di parziale riassorbimento di Ordine Nuovo nel MSI, assumendo la nuova denominazione di “Avanguardia Nazionale”.

52 Dal ministro dell’Interno proponente, il democristiano Nicola Mancino; in realtà, la sua

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381 la repressione dei crimini d’odio; essa, infatti, condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, e aventi per scopo l’incitamento alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. La legge punisce anche l’utilizzo di simbologie legate a simili movimenti politici.

Tale legge ha sollevato molte critiche circa la sua costituzionalità, in quanto accusata di essere lesiva di alcune libertà fondamentali per un cittadino italiano, attraverso le sue disposizioni; questa legge, di fatto, pone dei limiti ben determinati ed assoluti alla libertà di pensiero e di parola, stabilendo un tentativo di definire quali siano le idee ed i valori legittimi (e legali) e quali siano le idee e i valori illegittimi (e illegali). Viene definito in modo generico il concetto di “atti di discriminazione per motivi razziali, nazionali o religiosi”; laddove “discriminare” ha lo stesso significato di “preferire”, “distinguere”, “scegliere”, tutte libertà fondamentali in uno Stato di diritto. Non vi è nessun riferimento all’“incitamento all’odio per motivi politici”. Da ciò si deduce l’assoluta immunità per quei soggetti e quei gruppi politici che non solo “discriminano” la parte avversa (cosa peraltro legittima), ma che, mossi da un sentimento di “odio”, usano un linguaggio esplicitamente lesivo della dignità e dell’onore personale e agiscono a livello concreto (con presidi, blocchi, contro-manifestazioni non autorizzate) per impedire agli avversari politici la libertà di propaganda e di espressione; le pene accessorie previste (ritiro dei documenti, divieto di partecipare alla vita pubblica, lavoro e rientro coatto, sequestro degli immobili di proprietà),

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oltre a quelle detentive, mostrano in modo inequivocabile la volontà di colpire, prima ancora che un presunto reato, innanzitutto un modo di essere, di pensare, la vita personale stessa dell’individuo. Essa, inoltre, prevede un giudizio per direttissima, che riduce al minimo le garanzie processuali e incide pesantemente su altri specifici reati, laddove le aggravanti per “motivi razziali” si applicano senza considerazione delle attenuanti.

Anche l’applicazione concreta della legge si presta ad alcune critiche, apparendo orientata in un’unica direzione: la “tutela” di qualsivoglia minoranza, sia essa etnica, religiosa, sessuale. Il rischio potrebbe essere quello di un’assenza di tutela avverso gli atti di discriminazione compiuti dalle minoranze nei confronti delle maggioranze.

A seguito dell’introduzione della legge Mancino, la magistratura italiana ha utilizzato questo strumento per colpire duramente diversi movimenti ed esponenti della destra radicale italiana. In pochi mesi dall’introduzione, furono colpiti in due diverse operazioni prima il Movimento politico occidentale53 e Base Autonoma, in seguito il Fronte Nazionale;54

53 Il Movimento Politico, o MP, fu un’organizzazione di estrema destra nata a

Grottaferrata nel 1984, i cui leaders erano Maurizio Boccacci, Roberto Valacchi, Alberto Devitofrancesco. Nacque da un gruppo di reduci dalle esperienze fatte prima in Avanguardia Nazionale e, poi, nella sezione romana del FUAN di via Siena, e il Dart, ovvero la divisione artistica del movimento giovanile del MSI, il Fronte della Gioventù. Principalmente strutturato nel Lazio, a Roma e nella zona dei Castelli romani, nel ’90 il Movimento Politico Occidentale entra a far parte, insieme a Azione Skinhead e al Veneto Fronte Skinheads, del movimento Skinhead d’Italia. Nel ’91 aderisce al network d’estrema destra Base Autonoma.

in entrambi i casi, nessuna arma fu sequestrata, non

54 Il Fronte Nazionale è stato fondato il 21 dicembre 1990, ma la costituzione ufficiale del

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383 vi fu nessuna menzione a reati specifici quali aggressioni o episodi di violenza commessi da qualcuno degli indagati e ci si riferì solamente ai reati di opinione.

Al pari della Germania, anche in Italia negli anni ’70 e ’80 è stato varato un corpus di leggi speciali per il contrasto del fenomeno terroristico. Ad aprire la strada è stata la cosiddetta “legge Reale”,55

Subito dopo il rapimento Moro, è stato varato il decreto legge 53 del 21 marzo 1978, che ha introdotto nuove ipotesi di reato, come il sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione, quello a scopo di estorsione e il riciclaggio di denaro proveniente da delitto. Sul piano procedurale, la novella ha previsto l’interrogatorio dell’indiziato senza la presenza del difensore, l’autorizzazione alle intercettazioni di comunicazioni “data anche oralmente” dal magistrato, l’intercettazione “preventiva” di comunicazioni, il fermo di polizia per l’identificazione, che ha limitato i casi di libertà provvisoria, ha previsto l’abbreviazione d’urgenza dei termini processuali, l’arresto senza flagranza, un potere straordinario di perquisizione personale a favore dell’autorità di polizia, il rito direttissimo per i reati in tema di armi, l’ampliamento dei casi di uso legittimo delle armi da parte delle forze dell’ordine ed il patrocinio a spese dello Stato per la difesa di agenti e ufficiali di polizia.

“questione razziale”. Dopo le condanne ai dirigenti, il Fronte Nazionale venne sciolto dal ministero dell’Interno con decreto del 9 novembre 2000.

55 La legge prende il nome dal principale redattore, il ministro di Grazia e Giustizia,

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e l’obbligo di comunicare entro quarantotto ore all’autorità di pubblica sicurezza la vendita o la locazione di immobili.

Di rilievo il decreto legge 15 dicembre 1979 n. 625, un pacchetto di misure emergenziali in tema di reati e di rito penale, fra i quali spiccano l’aggravante della “finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico”56

Quanto al fermo preventivo di polizia, esso consiste nell’attribuzione alla polizia di un potere di coercizione personale svincolato dalla commissione di un precedente reato (in ciò si distingue dal cosiddetto fermo giudiziario) e diretto alla prevenzione di reati futuri; l’atto è sottoposto a convalida giurisdizionale.

e il cosiddetto fermo preventivo di polizia o di sicurezza. In presenza della circostanza aggravante speciale, che si sostanzia nel proposito di far valere istanze politiche o sociali attraverso atti di violenza, “la pena è sempre aumentata della metà” e nel calcolo della pena non si computano eventuali attenuanti.

In questi anni, viene introdotta la cosiddetta “legislazione premiale”, finalizzata a disarticolare gli organigrammi e la capacità criminale delle

56 Art. 270 bis C.P., che “aggiorna” la fattispecie di associazione sovversiva risalente al

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385 organizzazioni eversive, favorendo la dissociazione e la collaborazione sia dei terroristi già individuati, sia di quelli ancora nella clandestinità. L’insieme di queste leggi rappresenta l’instaurazione di uno stato d’emergenza sui generis, istituito per fronteggiare il fenomeno terroristico. Questo sistema di prescrizioni, derogatorie della disciplina vigente principalmente in materia di reati e di procedimento penale, è però dotato di efficacia permanente. Il risultato, quindi, è stato l’edificazione di uno stato di emergenza permanente, caratterizzato, contrariamente allo stato d’eccezione classico, dalla sua natura dissimulata sotto l’apparente aspetto della normalità giuridica.

L’atipicità deriva appunto dall’aver utilizzato il procedimento legislativo ordinario (oppure, nel caso di ricorso alla decretazione d’urgenza, dall’aver stabilizzato le norme provvisorie in sede di conversione) senza porre alcun termine o condizione. Come ha precisato Marazzita,

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previsti in costituzione: i residui normativi di tali tecniche creano il rischio di futuri arbitrii».57

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