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IL BOSCO: SISTEMA DI RETE NATURALE

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L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments       73 (4/5): 153‐159, 2018 

© 2018 Accademia Italiana di Scienze Forestali       doi: 10.4129/ifm.2018.4.5.01 

ORAZIO CIANCIO (*)

IL BOSCO: SISTEMA DI RETE NATURALE

(*) Presidente Accademia Italiana di Scienze Forestali; ciancio@aisf.it

In questi anni le scienze forestali hanno dimostrato che il bosco è un “sistema biologico complesso”. Ad esso vanno attribuiti quei diritti che si riconoscono alle comunità biotiche. I diritti del bosco, appun- to. Se al bosco si attribuisce questo status, si pongono problemi di natura giuridica ed etica.

L’Autore esprime alcune riflessioni per sostenere e promuovere un quadro giuridico che consideri la cen- tralità degli ecosistemi forestali e riconosca il “valore intrinseco” del sistema biologico complesso bosco.

Parole chiave: bosco soggetto di diritti; bosco sistema biologico complesso; selvicoltura sistemica.

Key words: i ntrinsic value; complex biological system; systemic silviculture.

Citazione: Ciancio O., 2018 - Il bosco: sistema di rete naturale. L’Italia Forestale e Montana, 73 (4/5):

153-159. https://doi.org/10.4129/ifm.2018.4.5.01

1. I L BOSCO BENE ESSENZIALE PER LA COLLETTIVITÀ

L’analisi del lungo, contrastato rapporto Bosco-Uomo evidenzia quanto sia essenziale la tutela delle risorse naturali per lo sviluppo socioeconomico e culturale del nostro Paese. La protezione del suolo, l’uso razionale delle risorse rinnovabili, la conservazione della biodiversità, la tutela del paesaggio, fanno parte di una visione dell’ambiente diversa, più vasta e completa. Ciò comporta un collegamento tra i problemi economici e ambientali con quelli sociali e culturali.

Il bosco è un bene essenziale per la collettività. Ormai è stata acquisita la consapevolezza che ogni turbativa in contrasto con i delicati e complessi meccanismi che regolano l’equilibrio dinamico dell’ecosistema bosco provoca danni solo parzialmente riassorbibili. E comunque intollerabili. Negli ultimi lu- stri si è affermata una cultura dello sviluppo basata sulle tre E: Ecologia, Econo- mia, Etica. In questo quadro, l’impegno deve essere rivolto alla tutela delle risorse naturali e alla difesa del bosco la cui conservazione, oggi più che mai, corrisponde a un’altissima esigenza di carattere regionale, nazionale, mondiale.

Difendere il bosco spesso vuol dire entrare in conflitto con altri usi e inte-

ressi. La complessità del problema tocca non solo gli aspetti scientifici e tecnici,

ma anche la sfera etica, sociale, economica e politica. È indispensabile ricono-

scere i valori in gioco perché solo così è possibile proporre strategie coerenti

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con gli obiettivi dichiarati e quindi in grado di ottenere il consenso dei molte- plici attori coinvolti.

Occorre sostenere e promuovere un quadro giuridico che consideri la centra- lità degli ecosistemi forestali e riconosca il “valore intrinseco” del bosco. Non si può sacrificare il presente e prospettare il futuro restando ancorati al passato.

2. I L CAMBIAMENTO DEL PAESAGGIO INTELLETTUALE

La rilettura dell’attività forestale nel XX secolo e il progresso conoscitivo conseguito nel campo delle scienze forestali e ambientali hanno determinato un mutamento nelle modalità concettuali di approccio al bosco. La base di rifles- sione è quella relativa alla concezione della conoscenza, cioè all’epistemologia, e all’assiologia, ovvero a quella dei valori.

Molti non attribuiscono al bosco “valore in sé”. Altri, invece, ritengono che se il bosco ha titolo a esistere, allora, come da qualche tempo hanno evidenzia- to alcuni filosofi e taluni accademici forestali, il problema dei diritti è inevitabi- le. Al più si potrà discutere sulla priorità e sui limiti da assegnare ad alcuni dirit- ti rispetto ad altri.

Il cambiamento investe un insieme di problemi che in passato non poteva essere preso nella dovuta considerazione. Forse non si valutavano nella giusta dimensione le profonde trasformazioni conseguenti allo sviluppo tecnologico.

Molti allora pensavano - e alcuni lo pensano ancora - che non si doveva porre limiti allo sviluppo, e non si rendevano conto - come afferma nel 1976 George- scu-Roegen (1906-1994) - che uno sviluppo illimitato in un ambiente finito è impossibile.

Giuliano Toraldo di Francia (1916-2011) concorda con questa analisi e af- ferma (1990): “La scienza si è fatta talmente potente da mettere nel sacco an- che le belle norme della morale tradizionale. Prima di tutto l’adattamento dell’ambiente ai nostri bisogni comincia a fallire. […] l’ambiente terrestre è ‘li- mitato’ […] La fiducia di alcune anime belle di poter rimettere tutto a posto con una serie di negazioni e proibizioni è tanto nobile quanto mal riposta”.

Non aver tenuto presente - e da alcuni studiosi e tecnici italiani, e non solo, continuare a non tenere presente le suddette ipotesi - è stato ed è un errore concettuale che in campo forestale ha alterato in modo grave le prospettive di una gestione realmente sostenibile. Oggi sarebbe opportuno soffermarsi su un’idea. È mutato il paesaggio intellettuale complessivo e il portato di questo muta- mento è una visione diversa, più vasta e completa del bosco.

In questi anni le scienze forestali hanno dimostrato che il bosco è un “si-

stema biologico complesso”. Se al bosco si attribuisce questo status, si pongono

problemi di natura giuridica ed etica. Di natura giuridica perché, con tale ricono-

scimento, è necessario definire la figura di chi e come possa e debba svolgere la

funzione di referente. Di natura etica perché il bosco, oltre alla memoria di seg-

menti di cultura, costituisce una ricchezza inestimabile da rispettare poiché fon-

te di conoscenza e di vita.

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Bisogna rendersi conto che si sta vivendo un mutamento di paradigma. Si va verso un diverso atteggiamento nei confronti della natura e del bosco. Pren- dono corpo nuovi concetti, nuovi valori, anche se l’umanesimo moderno rappre- senta un ostacolo difficile da superare e fa considerare la questione come un puro nonsenso. Eppure, ciò che oggi può far sorridere, domani può costituire la base per una diversa concezione delle cose.

Le emozioni che il bosco suscita in chi, allontanatosi dal frastuono cittadino, si attende a osservare il paesaggio nella quiete dei selvosi monti confermano quanto da tempo vado sostenendo e ripetendo: Il bosco rende vivibile il presente e pos- sibile il futuro. Il che comporta per i forestali nuove e più ampie responsabilità.

In questi ultimi anni nei confronti del bosco molto è cambiato. Siamo di fronte a questioni che attengono all’operare quotidiano e al dovere, come inse- gna la natura nelle sue varie espressioni, di rispettare il bosco: un sistema viven- te che ha valore in sé, al quale, proprio per questo, vanno attribuiti quei diritti che si riconoscono alle comunità biotiche. I diritti del bosco, appunto.

3. L A PREFIGURAZIONE DELL ’ ORIZZONTE POSSIBILE

Il Bosco e l’Uomo, una storia infinita. L’intreccio di questa storia è emble- matico: un ricorsivo fare e disfare che s’invera più nel disfare che nel fare.

L’aforisma di François R. Chateaubriand (1768-1848) Les forêts précèdent les peu- ples, les déserts les suivent - Le foreste precedono i popoli, i deserti le seguono - e quello di Giambattista Vico (1668-1774) “L’ordine delle cose umane procedet- te: che prima furono le selve, dopo i tuguri, quindi i villaggi, appresso le città, finalmente le Accademie”, dovrebbero far riflettere tutti.

Il mondo forestale deve attraversare la frontiera circoscritta all’ottenimento del massimo di utilità dirette e indirette, che spesso si traduce nello sfruttamento per lo sfruttamento. Il termine tedesco Raubwirtschaft, economia di sfruttamento o, meglio, economia di rapina, rende bene l’idea. In una società nella quale la protervia è considerata un simbolo di potere, la deturpazione è ritenuta un se- gno di forza e l’oltraggio si configura come un’allegoria afrodisiaca, occorre mutare atteggiamento nei confronti del bosco.

Questo mutamento del rapporto Bosco-Uomo comporta l’adozione del pa- radigma scientifico olistico e sistemico. Se così è, allora la nuova selvicoltura non è solo biologia come vorrebbero alcuni e neppure solo economia come vorrebbero altri, ma bioeconomia. E poiché il bosco è un sistema biologico com- plesso, la Selvicoltura sistemica o Silvosistemica si può articolare anche come bioeconomia dei silvosistemi.

Attualmente si tende ad ampliare l’orizzonte. Si parla e si scrive sempre più di

Selvicoltura sistemica o Silvosistemica. Un progetto di ricerca dagli sviluppi futu-

ri imprevedibili. E che, appunto per questo, Imre Lakatos (1922-1974) defini-

rebbe progressivo (1995). Un progetto in cui l’uomo opera nell’interesse e in fa-

vore del bosco. L’obiettivo è duplice: rispettarne l’organizzazione e non pre-

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determinarne la struttura. In questo spazio l’uomo ha titolo a operare in quanto parte del sistema con il quale interagisce. “Ogni azione è conoscenza e ogni conoscenza è azione”, affermano nel 1992 Humberto Maturana e Francisco Varela (1946-2001). Ciò si traduce nell’agire con “saggezza” (Cian- cio e Nocentini, 1996).

Occorre un new deal, un nuovo pensiero, una nuova prospettiva filosofica nei confronti della natura; o, se si vuole, un nuovo modo di vedere il bosco. È necessario pensare alla gestione del bosco non solo sotto l’aspetto pratico, ma anche in senso metafisico, estetico, ed etico.

Quando tra i forestali sorgono controversie di natura tecnica e si vuole ap- pianarle, si usa dire andiamo in bosco, discutiamo sul campo. Un modo come un altro per anteporre le ragioni del cuore alle passioni della ragione di pascaliana me- moria (Pascal, 1994). La saggezza del forestale si manifesta a contatto con il bosco. Al cospetto di esso quasi sempre le ragioni del cuore prevalgono sulle pas- sioni della ragione; entra in causa il comune sentire, il rispetto per la natura, l’etica forestale. In sintesi, l’esprit forestier.

Oggigiorno la società guarda al bosco come ricerca di “natura”. È quasi pandemia, e si diffonde con sorprendente rapidità. La domanda non è più cto- nia. Emerge forte e chiara da tutti gli strati sociali. Non solo dagli ambientalisti.

L’istanza c’è. E, proprio per questo, è legittima. Dapprima ha assunto la carat- teristica di contestazione, poi quella propositiva. Quali, dunque, i nuovi rappor- ti tra uomo e bosco, tra cultura e bosco, tra alberi e città?

L’eccezione conferma la regola, recita un vecchio aforisma. Ora, Enzo Sici- liano (1934-2006), in merito a Pier Paolo Pasolini (1922-1975), nel 1993 affer- ma che “il nuovo non sembra nuovo, sembra diverso”. Ed Eugenio Montale (1896-1981) in seguito ai tanti eventi del cambiamento direbbe “disguidi del possibile”. Nell’esegesi degli alberi, della città, del bosco e della montagna si ri- velano simboli e metafore.

E i simboli e le metafore hanno più significati. Il bosco, appunto. Risorsa o Riserva? Soggetto o Oggetto? Ovvero, entità di valore intrinseco, e come tale soggetto di diritti, o entità di valore strumentale? Biocenosi che forma un tessuto connesso da reciproche relazioni - un sistema - o macchina per produrre legno, oppure stru- mento per accumulare anidride carbonica, o quant’altro? E la città, oppressa da orrendi falansteri, disadorna di alberi, labirinto o centro di vita sociale e culturale?

I rapporti tra uomo e bosco, tra cultura e bosco, lo si sa, variano nel tempo e nello spazio. Così è possibile che, in relazione all’appartenenza a una data epoca, a una determinata latitudine, a una data classe sociale, il bosco sia consi- derato risorsa per sopravvivere; riserva biologica; bene di interesse pubblico;

salute del corpo e della mente; onda letea che lava lo stress; oblio delle inquie- tudini; rifugio spirituale; luogo di paura. E si potrebbe continuare all’infinito.

Perché infinito è l’intreccio di rapporti che tocca la sfera dell’immaginario, della religione, della cultura...

Oggigiorno si pensa e si guarda al bosco e alla montagna come distacco,

come astrazione dalle preoccupazioni quotidiane. Alla città come vertigine: al-

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legoria della selva del peccato di dantesca memoria, simbolo di castrazione, ove si vive ai ritmi frenetici di una danza che frastorna.

Il bosco interessa tutti, ma ai forestali in particolare. Eppure, essi debbono ancora giocare la partita più difficile: ottenere consenso e credibilità. Il fatto è che il consenso non si impone. Si conquista. E per conquistarlo è necessario che le conoscenze acquisite e quelle acquisibili siano sottoposte alla valutazione di una comunità molto più ampia di quanto non lo sia quella scientifica. E non si può non concordare con Friedrich Dürrenmatt (1921-1990) quando (1993) afferma che “Ciò che riguarda tutti può essere risolto soltanto da tutti. Ogni tentativo del singolo di risolvere per conto suo ciò che riguarda tutti è destinato a fallire”.

La validità del pensiero forestale e la sua utilità pratica si misurano, dunque, sulla base della coerenza con le tradizioni culturali e della congruenza rispetto agli obiettivi e alle attese sociali. A questa regola non si sfugge. Non tenerne conto, come sovente avviene, significa nutrire speranze illusorie.

D’altra parte, la scala di priorità dei problemi da affrontare dipende dai mu- tamenti che avvengono nella società. La dimostrazione è nei fatti. Basti pensare alle nuove scoperte in merito ai sistemi complessi e alla cosiddetta “coscienza ecologica” - la definizione è di Luisella Battaglia (2002) - che ha portato alla consapevolezza dell’unità strutturale e funzionale del mondo vivente. La com- plessità, che introduce un felice disordine nelle artificiose gerarchie in cui il tecnicismo esasperato costringe il bosco, finisce per attrarre di più.

Una società che si muove verso nuovi orizzonti deve farsi carico concre- tamente della questione forestale e, quindi, della razionale gestione del bo- sco. Il nostro è un Paese tecnologicamente avanzato. E non può fare selvi- coltura da Paese povero. Come, invece, si è fatto e come purtroppo si conti- nua a fare. Cioè, si tratta il bosco alla stregua di una miniera. Si estrae tutto senza nulla dare. Occorre porre un freno a questo stato di cose. Invertire questa tendenza.

Oggigiorno, senza dimenticare il passato, occorre disegnare il futuro. La co- sa non è facile. Da un lato, presuppone chiarezza di idee, coerenza e rigore lo- gico. Dall’altro, implica la volontà di percorrere nuovi sentieri senza discono- scere quelli noti.

Gli statuti della gestione forestale sono messi in discussione da una serie di eventi e crisi. È semplicistico ricondurre questa situazione a soli motivi interni o a sole mutazioni sociali e tecnologiche esterne. È necessario ridefinire la po- sizione della gestione forestale. Epperò, non esiste presa di posizione su questo argomento che non sia anche una posizione dinanzi alla società. Viviamo un momento storico in cui la visione del mondo scricchiola sotto la spinta impres- sa dalla cultura della complessità biologica.

Perché il settore forestale possa raggiungere il break even point, il livello di

equilibrio minimo, occorre che esso sappia darsi identità, progettualità, comunica-

zione. L’identità è quella forestale che è una piattaforma storica, tecnica e scien-

tifica per andare nella direzione della cultura ambientale, dell’olismo, dell’etica,

dell’informazione.

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La dimensione progettuale dovrebbe dare respiro alla “questione forestale”.

Solo così si configura un orizzonte di progresso e di sviluppo ecocompatibile.

La consapevolezza ambientale ormai è diffusa in ampi settori sociali che non sono più disposti ad accettare politiche di welfare che consumano il futuro a be- neficio del presente, cioè politiche che manifestano una tendenziale rottura del- la solidarietà intra e intergenerazionale.

Luca e Francesco Cavalli Sforza (2007) affermano: “Abituarsi a stabilire una comunicazione tra discipline diverse è un primo passo, che può aiutare gli scien- ziati anche a imparare a comunicare con il pubblico. Il ricercatore, di solito usa denaro pubblico per le sue ricerche. Non può attendersi che ciò avvenga senza difficoltà se si rinchiude nella sua torre d’avorio e si rifiuta di comunicare le pro- prie osservazioni in modo comprensibile a chi gli fornisce i mezzi per farle”.

Comunicare vuol dire dibattere, informare. Il che significa avere la consa- pevolezza che più apprendiamo e più scopriamo foreste di ignoranza intorno a noi. In una di esse, lì fuori, il taglio sbagliato di un bosco, l’incendio e la scom- parsa di una specie, apparentemente inutile, è capace di provocare catastrofi al- luvionali e disastri economici.

Un settore in cui si dibatte e si comunica poco o nulla finisce per esaurirsi in dispute dietro le quali a volte si dissimulano soltanto rivalità accademiche, personali e di gruppo. Per costruire una cultura forestale aperta all’esterno, occor- re saperla aprire all’interno.

4. L A RICERCA E LA POLITICA FORESTALE

La ricerca attraversa una fase di stasi per l’inadeguatezza della politica e dell’impegno finanziario dello Stato e, di conseguenza, per i problemi ai quali devono sottostare i ricercatori. Alcuni di questi - e sono i più - non possono dare il meglio di sé perché stressati a causa dell’enorme spreco di energie e di tempo impiegato per trovare i fondi necessari alle loro ricerche. Altri perché, seguendo il vecchio apparato paradigmatico, non riescono a uscire da una men- talità non più aderente alla realtà. Manca loro quella spinta propulsiva che de- termina il passaggio dal pensiero innovativo alla realtà.

Eppure, viviamo tempi di rivoluzione scientifica permanente. I sistemi bio- logici a complessità organizzata come il bosco, sono il frutto di una lunga evo- luzione. Si deve trasmettere ai giovani conoscenza e, in particolare, conoscenza di frontiera, nella consapevolezza che la frontiera di oggi è il limite di domani.

È necessario effettuare una full immersion nelle infinite attrattive che il bosco elargisce in grande quantità. Il bosco, sistema biologico complesso, è il laborato- rio dove è possibile scoprire l’autentica essenza dell’arte e della scienza forestale e acquisire quel nutrimento spirituale, etico e culturale al quale i forestali non possono abdicare.

Il bosco ha un suo linguaggio. Sta all’uomo interpretarlo, comprenderne il

significato e interloquire con il bosco per assumere gli interventi in favore di

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questo sistema complesso e composito, facendo prevalere le ragioni del cuore ri- spetto alle passioni della ragione. Un aspetto che desidero enunciare sotto forma di aforisma: C’è chi parla di bosco e chi parla con il bosco. Per creare cultura forestale, bisogna prima imparare il linguaggio e poi parlare con il bosco.

SUMMARY

The forest: a natural network system

Over the last years, Forest Science has demonstrated that the forest is a “complex biological system”. Like all biotic communities the forest must be considered a subject of rights, precisely the rights of the forest. This poses legal and ethical problems. The Author discusses the need for a legal frame that considers the central role of forest ecosystems and acknowledges the “intrinsic value” of the forest.

BIBLIOGRAFIA

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Cavalli Sforza L., e F., 2007 - Scienza e Umanesimo: oltre le “due culture”. In: I classici e la scienza.

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