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Le aree valutarie e l’Unione economica e monetaria europea

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Academic year: 2021

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C

APITOLO

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Le aree valutarie e l’Unione economica e monetaria

europea

Domande di ripasso

1. I principali vantaggi della costituzione di un’unione monetaria sono i risparmi sui costi di transazione, la riduzione della discriminazione di prezzo tra i paesi aderenti e l’eliminazione della variabilità del tasso di cambio. Il costo più rilevante per i paesi aderenti è la perdita del- la capacità di condurre una politica monetaria indipendente.

2. La discriminazione di prezzo tra paesi diversi può ridursi solo se è possibile l’arbitraggio. In pratica, è improbabile che l’arbitraggio tra beni venduti in paesi diversi porti a una conver- genza dei prezzi, se non nelle aree di confine, a causa dei costi di transazione o degli ostacoli posti all’assistenza post-vendita.

3. Un’area valutaria ottimale è un’area geografica nell’ambito della quale è ottimale adottare una moneta unica. Un’area valutaria ottimale dovrebbe avere elevati volumi di traffici com- merciali tra i paesi aderenti, mercati del lavoro flessibili, elevata mobilità dei fattori di produ- zione e shock della domanda aggregata sincronici.

4. Non è facile stabilire se l’Unione economica e monetaria europea (UEM) sia un’area valuta- ria ottimale o meno. Da una parte, la UEM è caratterizzata da ingenti volumi di traffici commerciali e da cicli economici fortemente sincronici; ma dall’altra ci sono ancora rilevanti frizioni nei mercati del lavoro e una ancora limitata mobilità dei fattori di produzione.

5. Il federalismo fiscale è un sistema che prevede un bilancio e un sistema di imposte e trasfe- rimenti comuni a un gruppo di paesi. Il federalismo fiscale potrebbe alleviare i pericoli degli aggiustamenti macroeconomici, poiché permette di ricorrere alla politica fiscale quando la politica monetaria non è più praticabile.

6. A causa del problema del free-rider, i paesi membri di un’unione monetaria possono sceglie- re di assoggettare a regole la condotta della politica fiscale dei paesi membri. In un’unione monetaria, un aumento del premio per il rischio gravante sull’elevato livello di debito pub- blico di un paese potrebbe diffondersi anche agli altri paesi membri dell’unione monetaria.

Infatti gli investitori potrebbero intuire che, in caso di insolvenza, vi sia la possibilità di un salvataggio: perciò il paese in questione trarrebbe pieno beneficio da un’espansione fiscale, senza sopportarne integralmente i costi. Per limitare l’eccessivo ricorso all’indebitamento da parte dei paesi membri, l’unione monetaria può imporre severi vincoli di disavanzo e di in- debitamento.

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Problemi e applicazioni pratiche 1. (a)

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DA OALP

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OABP Figura 16.1

(b) A seguito dell’aumento della domanda di elettronica di consumo, il prodotto aggregato e l’occupazione aumentano in Circuitania e diminuiscono in Ruritania. Quindi, il livello di disoccupazione diminuisce in Circuitania e aumenta in Ruritania. Il livello dei prezzi aumenta in Circuitania e diminuisce in Ruritania, come mostra la figura 16.2.

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OABP Figura 16.2

(c) A seguito dello spostamento della domanda aggregata, la Circuitania potrebbe mettere in atto una politica monetaria restrittiva per ridurre le fluttuazioni del prodotto aggregato, mentre la Ruritania potrebbe mettere in atto una politica monetaria espansiva in modo da contrastare l’aumento della disoccupazione. Queste politiche sposterebbero le curve DA⬘ nella direzione mostrata dalla figura 16.3.

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Figura 16.3

(d) La variazione della domanda aggregata provocherebbe un deprezzamento del cob rispet- to al byte, a causa dell’aumento della domanda di byte. Il deprezzamento renderebbe i beni prodotti in Circuitania più costosi per i cittadini della Ruritania, portando a una contrazione delle esportazioni nette della Circuitania verso la Ruritania e a un aumento delle esportazioni nette della Ruritania verso la Circuitania. Tali effetti sono descritti gra- ficamente nella figura 16.4.

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Figura 16.4

2. Se la Ruritania e la Circuitania formano un’unione monetaria, rinunciano alla possibilità di condurre politiche monetarie indipendenti, adottando invece una politica monetaria di compromesso. Dal problema 1 appare chiaro che la Circuitania preferirebbe una politica monetaria restrittiva, mentre la Ruritania sarebbe favorevole a una politica monetaria espan- siva. Il governatore della banca centrale comune rileverebbe un’inflazione in crescita in Cir- cuitania e in diminuzione in Ruritania. Dato che il valore medio dell’inflazione non varia sensibilmente nell’area valutaria comune, il tasso di interesse resterebbe inalterato. Tale risul- tato potrebbe cambiare se il governatore della banca centrale fosse più preoccupato dell’andamento di uno dei due paesi membri dell’unione monetaria, o se i prezzi mostrassero

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bilizzatori automatici. È questo il caso del sussidio di disoccupazione finanziato da un’imposta proporzionale sul reddito. Con la tassazione proporzionale del reddito, lo shock positivo della domanda produrrebbe in Circuitania un aumento del gettito fiscale;

a causa dello shock avverso, invece, la Ruritania riceverebbe maggiori trasferimenti in forma di sussidi di disoccupazione o supporto al reddito. Però gli stabilizzatori automati- ci in genere offrono soltanto una copertura assicurativa parziale. A causa del problema del rischio morale, i sussidi di disoccupazione in genere sono inferiori al reddito che il lavoratore guadagnerebbe se avesse un’occupazione. In linea di principio, un uso attivo della politica fiscale potrebbe offrire un’ulteriore copertura. Per esempio, i responsabili della politica fiscale federale potrebbero aumentare ulteriormente le entrate con un’imposta proporzionale e attuare un programma di spesa pubblica in Ruritania per contrastare gli effetti dello shock negativo della domanda. Il problema di una politica di questo tipo, però, è che tali provvedimenti di solito richiedono molto tempo per essere approvati e messi in atto; perciò potrebbe accadere che la politica fiscale vada a stimolare l’economia della Ruritania a spese dell’economia della Circuitania quando già la prima ha avviato la ripresa. In questi casi il ricorso alla politica fiscale attiva non farebbe che e- sacerbare le fluttuazioni economiche, invece di ammortizzarle.

4. La specializzazione nella produzione di beni e servizi differenti non è necessariamente un fattore che dovrebbe scoraggiare la creazione di un’unione monetaria. Per esempio, le diverse aree degli Stati Uniti presentano diversi connotati produttivi; di conseguenza, ciascuno degli Stati intrattiene scambi commerciali molto intensi con gli altri. In un simile contesto, l’unione monetaria permette di realizzare notevoli risparmi sui costi di transazione.

Rispetto all’area dell’euro, l’area del dollaro è caratterizzata da una maggiore mobilità di lavoro e capitale; in particolare, la mobilità del lavoro è favorita dal fatto che tutti gli Stati membri hanno la stessa lingua e, in una certa misura, lo stesso sistema pensionistico. Inoltre, diversamente da quanto avviene nella UE, gli Stati Uniti sono una federazione di Stati a tutti gli effetti, con un bilancio federale di proporzioni rilevanti: pertanto il governo federale può far ricorso alla politica fiscale per facilitare gli aggiustamenti a seguito di shock economici i- diosincratici. I trasferimenti, in forma di sussidi di disoccupazione e supporto al reddito, possono rappresentare un’assicurazione per intere regioni.

Come per le altre unioni monetarie, il successo a lungo termine della UEM dipende in larga parte dalla praticabilità del progetto di creazione di una vera e propria unione politica europea. Un ampliamento del bilancio dell’Unione rispetto ai singoli bilanci nazionali e l’esclusione del salvataggio in caso di insolvenza dei singoli Stati potrebbero migliorare le prospettive a lungo termine dell’Unione economica e monetaria europea.

5. (a) Vero. Se i volumi degli scambi sono elevati, l’abbattimento dei costi di transazione può apportare un notevole beneficio ai paesi in questione.

(b) Falso. I volumi degli scambi sono soltanto uno dei criteri che determinano un’area valu- taria ottimale. La perdita derivante dall’adozione di una politica monetaria di compro- messo può annullare i risparmi dei costi di transazione, rendendo indesiderabile l’istituzione di un’unione monetaria.

6. Il problema del rischio morale è associato alla possibilità che gli altri paesi membri proceda- no al salvataggio di un paese che rischia una crisi del debito. Alcuni economisti ritengono che il problema del free-rider sia sovrastimato: i paesi non conducono una politica fiscale ir- responsabile, perché sanno che la punizione dei mercati sarebbe molto severa e comporte- rebbe un aumento dei tassi di interesse sulle nuove emissioni di titoli del debito. Il premio per il rischio sulle emissioni obbligazionarie costituisce un meccanismo di incentivo che in- duce i paesi membri a comportamenti corretti.

Altri economisti sono convinti che il premio per il rischio gravante sui titoli di Stato dei paesi meno responsabili non costituisca un deterrente sufficiente a garantire un comporta- mento corretto. Tali economisti sottolineano che il premio per il rischio pagato dai membri dell’area dell’euro potrebbe essere troppo basso, perché la Banca centrale europea accetta come garanzia i titoli del debito emessi da tutti i paesi membri oppure perché alcuni paesi sono considerati «troppo grandi per essere insolventi». Per esempio, alcuni economisti riten- gono che la Banca centrale europea non reagirebbe se la Germania o la Francia avessero pro- blemi a rinnovare le proprie emissioni obbligazionarie. Per garantire che il problema del ri- schio morale non diventi eccessivo, è necessario limitare severamente l’indebitamento ed e- scludere tassativamente il salvataggio dei paesi insolventi.

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7. Sia la Danimarca sia la Svezia hanno tenuto referendum popolari sull’adesione alla UEM. I danesi hanno rigettato la proposta di accessione nel 2000 e gli svedesi hanno fatto altrettanto nel 2003. Entrambi i paesi intrattengono circa un terzo degli scambi commerciali con paesi membri della UEM. Dato che la corona danese è già ancorata all’euro, con una ristrettissima banda di oscillazione, si potrebbe affermare che il paese abbia già, in effetti, rinunciato a una politica monetaria autonoma e che avrebbe ben poco da perdere dal rinunciare anche alla propria moneta nazionale.

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