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TESI DI SPECIALIZZAZIONE

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Academic year: 2022

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE MEDICHE E FARMACEUTICHE

Scuola di Specializzazione in Medicina Legale

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

Il Medico Fiduciario di Compagnia in Italia e in Europa e la nascita delle Assicurazioni

Relatore:

Chiar.mo Prof. Francesco De Stefano

Correlatore:

Dott. Gian Michele Paccione

Candidata:

Dott.ssa Tiziana Tacchella

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INDICE

1. BREVE STORIA DEL FENOMENO ASSICURATIVO 1.1 Il mondo antico e le idee di sicurezza e mutualità 1.2 Lo sviluppo storico delle assicurazioni

1.3 Principi assicurativi nel diritto romano e nel Medioevo 1.4 La nascita dell’assicurazione a premio

1.5 L’assicurazione moderna

1.6 La legislazione assicurativa italiana 1.7 Il diritto comunitario

1.8 L’assicurazione al giorno d’oggi 1.9 Il Codice delle Assicurazioni Private 2. IL MEDICO LEGALE FIDUCIARIO

2.1 I collaboratori dell’impresa 2.2 Il Medico Fiduciario

2.3 Il contratto del Medico Fiduciario 2.3.1 Qualifiche richieste 2.3.2 Altri aspetti del contratto 3. IL PANORAMA EUROPEO

3.1 La valutazione del danno 3.2 Portogallo

3.3 Spagna 3.4 Francia 3.5 Belgio 3.6 Olanda 3.7 Germania 3.8 Regno Unito

4. LA VALUTAZIONE DEL DANNO NEGLI STATI UNITI D’AMERICA 4.1 Independent Medical Examinations

5. SINISTRI TRANSFRONTALIERI 5.1 Ufficio Centrale Italiano 6. CONCLUSIONI

7. BIBLIOGRAFIA

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1. BREVE STORIA DEL FENOMENO ASSICURATIVO

1.1 Il mondo antico e le idee di sicurezza e mutualità

L’imprevedibilità, connaturale alla condizione umana, ha generato sin dai tempi più remoti un fisiologico bisogno di sicurezza, nel quale va ravvisata l’origine del contratto di assicurazione1.

Questo bisogno di sicurezza può manifestarsi in una duplice direzione: sia come sicurezza da qualcosa (ad esempio dalla fame, dal bisogni, dal rischio di perdere la capacità di lavorare); sia come sicurezza di poter svolgere le attività desiderate, senza impedimenti o rischi. Questi due aspetti del bisogno di sicurezza sono alla base, rispettivamente, dell’assicurazione contro i danni e della responsabilità civile2. Ambedue queste forme del medesimo bisogno di sicurezza, nelle società più antiche, sono state soddisfatte frazionando il rischio dell’evento non voluto fra più persone, in modo che ciascuna di esse ne sopportasse solo un minuscolo frammento. A tanto provvedevano, innanzitutto, le aggregazioni naturali di individui (la famiglia, la stirpe, la tribù), sostenendo quello dei propri membri che venisse a trovarsi in stato di bisogno3. Alla base di questa pratica sta l’idea della mutualità, o reciproca assistenza, in virtù della quale il costo dell’evento dannoso occorso ad uno dei membri del gruppo viene ripartito tra tutti gli altri. Gli esempi di mutualità di gruppo sono numerosi nelle società arcaiche, e non solo in quelle più evolute: vi sono esempi tra i carovanieri in Egitto e tra i pescatori in Fenicia, per i quali vigeva la regola per cui la perdita dell’animale o della barca di uno dei membri, dovuta al caso fortuito od al fatto di terzi, veniva rimpiazzata con una spesa ripartita tra tutti gli altri membri4. Nell’Atene del V sec. A.C., una forma di mutualità reciproca era rappresentata da associazioni di mutuo soccorso sia a scopo di culto, sia a scopo di beneficienza, in cui ciascuno dei soci si autotassava per sostenere le spese necessarie al sostentamento dei più bisognosi tra essi5.

Molteplici erano le forme di mutuo soccorso anche nel mondo romano.

Sin da epoca remota, certamente anteriore al VI sec., fiorirono associazioni tra i cui scopi rientrava, da sola od insieme ad altre finalità, l’assistenza e la beneficienza tra gli associati6. Particolare diffusione ebbero i collegia tenuiorum ed i collegia funeraticia, i cui scopi sociali erano, rispettivamente, la beneficienza, la sepoltura

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degli indigenti e, talora, l’assistenza economica ai superstiti; nonché i collegia militum, il cui scopo pare fosse quello di sostenere economicamente i soldati trasferiti di guarnigione7.

Il modo in cui i collegia attuavano i propri scopi poteva essere duplice: talora ciascuno dei soci versava un contributo in una cassa comune, al fine di costituire un fondo da impiegare per l’assistenza vera e propria; talaltra, invece, la contribuzione pro capite avveniva solo in occasione del sinistro (ad es. la morte di uno degli associati), previa suddivisione del relativo costo tra tutti i soci2.

1.2 Lo sviluppo storico delle assicurazioni

Gli autori che si sono occupati della storia del diritto delle assicurazioni non sono molti e risalgono, in prevalenza, ad un periodo compreso tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900.

Larga parte degli studi realizzati in questo periodo sembrano muovere dal presupposto che esista, e sia ricostruibile, un sottile legame che lega i fenomeni assicurativi attraverso le varie epoche, e che rimonta addirittura al diritto romano.

L’assicurazione come oggi la conosciamo non sarebbe, quindi, che lo sviluppo e l’evoluzione di quelle antiche forme di trasferimento del rischio8.

Gli autori più moderni, invece, sono per lo più concordi nel ritenere che il contratto di assicurazione, al contrario di tutti gli altri contratti tipici previsti dal codice civile, abbia non una, ma molteplici scaturigini, ed affondi le proprie radici in esperienze molteplici e diverse, sia per epoca che per collocazione geografica, ognuna delle quali ha apportato un tassello alla costruzione di un risultato unitario, cioè il contratto qual oggi lo conosciamo9.

In questo senso un importante contributo è quello fornito da La Torre5. Secondo questo autore il contratto assicurativo rappresenta il precipitato di esigenze o idee diverse, che tutte hanno concorso all’emersione del concetto giuridico di trasferimento del rischio dietro pagamento del premio.

Il fulcro della tesi di La Torre è l’idea (peraltro largamente condivisa), che il fenomeno assicurativo tragga origine dal bisogno di sicurezza. Questo bisogno, connaturale all’uomo, dal punto di vista giuridico ha trovato soddisfazione attraverso forme diverse, tutte però confluite nel fenomeno assicurativo.

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Storicamente, infatti, il bisogno di sicurezza ha trovato attuazione attraverso2:

a) il meccanismo della mutualità, alla base della quale sta l’idea che il peso economico imprevisto può essere agevolmente sopportato, se frizionato tra una molteplicità di individui;

b) il meccanismo del rischio contrattato, alla base del quale sta l’idea che il rischio di un evento sfavorevole possa essere addossato ad un altro soggetto, che se lo accolli dietro pagamento di un compenso;

c) il meccanismo della garanzia, alla base del quale sta l’idea che il trasferimento del rischio possa avvenire non solo con una clausola accessoria al contratto dal quale il rischio medesimo possa derivare, ma anche attraverso un contratto autonomo, il cui oggetto sia puramente e semplicemente il trasferimento del rischio.

Questi tre meccanismi non sono sorti insieme, ma hanno avuto origini e sviluppi assai diverse: l’idea della mutualità, la più antica, si è sviluppata all’interno delle comunità naturali (famiglia, tribù, città), ed ha trovato attuazione attraverso le comunità di mutuo aiuto e mutuo soccorso; l’idea del rischio contrattato, più moderna, ha trovato attuazione attraverso clausole contrattuali accessorie, che prevedevano l’aumento del corrispettivo pattuito nel caso di assunzione di un rischio ulteriore da parte dell’accipiens; l’idea della garanzia, la più moderna, si è sviluppata compiutamente soltanto con l’emersione della scienza statistica e la nascita delle grandi compagnie2.

1.3 Principi assicurativi nel diritto romano e nel Medioevo

Come già accennato, la nascita dell’assicurazione nel senso moderno del termine, esigeva il maturare dell’idea secondo cui il rischio potesse essere oggetto di contrattazione e trasferito da un soggetto all’altro, dietro pagamento di un corrispettivo.

Il diritto romano conosceva vari esempi di stipulationes nelle quali ricorrevano gli elementi del rischio e della aleatorietà, ma nessuno di essi può considerarsi una forma di assicurazione, nemmeno ancestrale.

Degno di nota in tal senso risulta, invece, il prestito marittimo (importato dalle città greche); tale istituto consisteva in un mutuo di scopo oneroso, nel quale la prestazione del mutuario (e cioè la restituzione di capitale ed interessi) era sottoposta

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alla condizione risolutiva del mancato ritorno in porto della nave, per naufragio od altre cause. In sostanza, il mercante che doveva affrontare un viaggio prendeva a mutuo la somma occorrente per l’acquisto delle merci e l’armamento della nave. Se il viaggio aveva felice esito, era tenuto a restituire il capitale con un alto tasso d’interesse; in caso contrario non era tenuto a restituire nulla. Si trattava, quindi, di un contratto nel quale vi era una contrattazione sul rischio, in quanto a fronte dei rischi corsi il mutuante era legittimato a pretendere un interesse particolarmente elevato.

Il collasso dell’impero romano d’occidente causò la fine di un’unità politica ed economica che si era conservata per quasi sei secoli.

Quando, verso l’XI-XII sec., i traffici commerciali cominciarono a rifiorire, tornò a farsi sentire impellente il problema della messa a punto di strumenti giuridici in grado di rendere più tollerabili i rischi economici connessi alla navigazione.

Anche in epoca altomedioevale per lungo tempo l’unico metodo di eliminazione del rischio restò quello di distribuirlo tra un numero il più possibile elevato e legate da un vincolo più o meno saldo. Per tutto l’alto medioevo si diffusero associazioni le quali continuarono a soddisfare il bisogno di sicurezza attraverso lo schema del frazionamento del rischio all’interno di una comunità più o meno ristretta2.

1.4 La nascita dell’assicurazione a premio

Come si è visto sia l’esperienza giuridica romana, sia quella altomedioevale, erano giunte a concepire l’idea di trasferire il rischio di un evento dannoso diretto dietro pagamento di un corrispettivo in denaro. Né l’una né l’altra, però, riuscirono a concepire l’assicurazione in senso moderno, poiché il trasferimento del rischio previa contrattazione avveniva pur sempre dall’una all’altra parte del contratto e, quindi, tra persone comunque cointeressate all’affare oggetto del contratto. Nessuno aveva pensato, ancora, che proprio “l’assunzione del rischio” in quanto tale potesse essere, di per sé e da sola, oggetto di attività commerciale.

Questa intuizione, ultimo anello mancante per la nascita della moderna assicurazione a premio, la si deve ai mercanti italiani del XVI sec., i quali per primi capirono che l’assicurazione del rischio altrui, dietro il pagamento di un premio, poteva costituire un ottimo e remunerativo affare2.

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I nuovi contratti avevano, infatti, come oggetto non già la somma di denaro ricevuta a scopo di garanzia, ma proprio il rischio in quanto tale; l’importo del premio, inoltre, era parametrato al presumibile ammontare del rischio e l’indennizzo dovuto all’assicuratore non era stabilito in misura forfettaria, ma era parametrato all’importo del pregiudizio patito dall’assicurato.

Con l’affermarsi di questi principi, all’inizio del Trecento, può dirsi nata l’assicurazione in senso moderno ed inventori ne furono i mercanti italiani. Il primo contratto indubitabilmente assicurativo del quale si abbia notizia è datato 20 febbraio 1343 e, per mezzo di esso, il procuratore di un mercante palermitano assicurò dieci balle di stoffa del valore di 680 fiorini, spedite per mare da Pisa alla Sicilia10.

1.5 L’assicurazione moderna

Nel Settecento diventarono inarrestabili due fenomeni che hanno contribuito in modo decisivo all’evoluzione in senso moderno dell’attività assicurativa: lo sviluppo di rami diversi dall’assicurazione dei trasporti marittimi e la nascita delle grandi compagnie. L’attività di queste ultime era caratterizzata dalla predisposizione di una rete capillare di agenti e il calcolo del premio su basi scientifiche, desunte dalle leggi statistiche 3.

Sebbene sia segnalata la presenza e l’attività di compagnie italiane a Siviglia sin dal 1500 attive nell’assicurazione dei trasporti transatlantici11, in realtà fu soltanto a partire dalla fine del Seicento che, con l’emergere della società per azioni, in Olanda ed in Inghilterra cominciarono ad affacciarsi sul mercato società di capitali dedite all’attività assicurativa2. La prima Compagnia Assicuratrice di cui si ebbe notizia certa è la Fire Office, fondata a Londra nel 1680 e dedita all’assicurazione contro gli incendi; nel 1720 vennero fondate, sempre a Londra, la Royal Exchange Assurance e la London Assurance12.

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8 1.6 La legislazione assicurativa italiana

La prima tappa fu la L. 4 aprile 1912 n. 305, con la quale venne costituito l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA), ente pubblico cui venne attribuito - anche se solo formalmente - il monopolio nell’esercizio delle assicurazioni del ramo vita.

La disciplina dell’attività assicurativa nel ramo danni rimaneva, tuttavia, libera da qualsiasi controllo o vigilanza.

Tale lacuna venne colmata dal R.D.L. 29 aprile 1923 n. 966 e dal regolamento di esecuzione, approvato con R.D. 4 gennaio 1925 n 63. Con questo blocco normativo assunse dignità normativa il principio secondo cui l’attività assicurativa costituisce, nel suo complesso, l’attuazione di un interesse pubblico e, dunque, non può essere svolta quomodo-libet, ma deve attenersi a rigorose regole di gestione e di amministrazione13.

Il terzo step del nostro legislatore verso la costruzione del diritto delle assicurazioni attuale fu l’emanazione del codice civile del 1942: accanto alle forme generali di tutela previste dagli artt. 1339 e 1419 c.c., venne espressamente prevista l’inderogabilità di una serie di norme in materia assicurativa, se non in modo più favorevole all’assicurato (art. 1932 c.c.). Infine, il testo unico approvato con D.P.R.

13 febbraio 1959 n. 449, riunì in un corpo organico tutte le norme sull’esercizio dell’attività assicurativa.

Dagli anni ’60 in poi, il diritto italiano delle assicurazioni conosce ulteriori assestamenti ed innovazioni: tra i principali, l’introduzione dell’assicurazione obbligatoria della Responsabilità Civile Auto (L. 24 dicembre 1969 n. 990);

l’istituzione di un organismo di vigilanza, l’ISVAP (L. 12 agosto 1982 n. 576); la disciplina delle partecipazioni azionarie o di imprese assicurative (L. 9 gennaio 1991 n. 20); la disciplina dell’attività di intermediazione (agenti di assicurazione e brokers); la disciplina dell’attività di perito assicurativo (L. 17 febbraio 1992 n. 166).

Con l’art. 4 della L. 29 luglio 2003 n. 229 era delegato al governo il compito di realizzare un testo unico in materia assicurativa; bozza di decreto legislativo (chiamata “codice delle assicurazioni private”) è stata approvata dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 15 luglio 2004.

Il codice delle assicurazioni private (di cui si dirà in seguito), approvato nella seduta del consiglio dei ministri del 2 settembre 2005, è stato definitivamente trasfuso nel D. Lg. 21 settembre 2005 n. 209, in vigore dal 1° gennaio 2006.

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9 1.7 Il diritto comunitario

In tale quadro normativo va ricordato che anche il legislatore di Bruxelles è intervenuto con ben quattro “generazioni” di direttive comunitarie sull’esercizio transfrontaliero dell’attività assicurativa2.

La prima generazione di direttive risale agli anni ’70 ed ebbe ad oggetto la libertà di stabilimento delle imprese assicuratrici.

La seconda generazione ebbe ad oggetto la libertà di prestazione dei servizi, cioè l’esercizio di attività assicurativa da parte di imprese non residenti.

La terza generazione di direttive ha introdotto la c.d. “licenza unica” e cioè il principio secondo cui è lo Stato di origine della società assicuratrice a dover vigilare su quest’ultima, anche per le attività svolte in altro Stato membro.

Tali direttive sono state abrogate da ultimo dalla Direttiva n. 138 del 2009.

Il diritto dell’Unione Europea è giunto a dettare norme di secondo livello (cioè norme sulla produzione delle norme) in materia assicurativa, istituendo - per l’emanazione delle norme di attuazione delle disposizioni quadro - l’EIOPC (Comitato Europeo per l’Assicurazione e i Fondi Pensione), composto da funzionari degli Stati membri, coadiuvato da un comitato di controllori, con compiti consultivi.

In attuazione di questo metodo legislativo, è stata da ultimo emanata la Direttiva Unica sull’intera attività assicurativa, e cioè la sopra citata Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo, in materia di accesso ed esercizio dell’attività di assicurazione e di riassicurazione.

Delle ripercussioni in ambito di RCA di tali direttive si dirà in seguito.

1.8 L’assicurazione al giorno d’oggi

In quasi sette secoli di storia il volto sia del contratto di assicurazione, sia dell’impresa di assicurazione, si è profondamente trasformato, sebbene sia stato osservato che nell’assicurazione moderna siano ancora rintracciabili, una per una, tutte le “idee fondanti” che a suo tempo determinarono la nascita e lo sviluppo del fenomeno assicurativo: l’idea della mutualità, quella del trasferimento del rischio e quella del rischio contrattato5.

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Oggi il fenomeno assicurativo rappresenta una realtà vastissima ed assai complessa:

sia per il numero e la diversità delle attività svolte; sia per la rilevanza delle risorse assorbite; sia per il ruolo sempre più vicario che si è venuto assumendo rispetto ad attività in precedenza gestite dallo Stato, come la tutela previdenziale. Persino l’UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development, organo dell’ONU) ha messo a punto nel 1995 un Insurance Programme, dedicato all’individuazione delle criticità del mercato assicurativo e del suo controllo15.

Non è, pertanto, agevole tracciare un quadro di sintesi di un fenomeno così smisurato e complesso. E, forse, non è neanche azzardato affermare che, al giorno d’oggi, sono ben pochi gli aspetti della vita dell’uomo cui sia del tutto estranea l’attività assicurativa.

Va, in primis, considerato il vastissimo settore della previdenza e della sicurezza sociale, che costituisce diretta attuazione dell’art. 38 della Costituzione; adempiono a ciò le assicurazione sociali, gestite da enti pubblici. Esse non danno vita ad un contratto, ma ad un “rapporto assicurativo” ex lege, nel quale assicurato è il lavoratore (ovvero, per determinati eventi, qualunque cittadino) ed assicuratore è l’ente pubblico.

Accanto all’universo delle assicurazioni sociali ed in posizione sempre più complementare rispetto a quello, sta l’universo delle assicurazioni private. Queste si estendono a coprire, ormai, un numero assai elevato di rischi. Il moltiplicarsi e l’embricarsi delle attività (economiche e non), aumenta esponenzialmente i potenziali conflitti tra coloro che le esercitano e ciò produce un corrispondente aumento del bisogno di sicurezza soddisfatto dall’assicurazione.

Tale bisogno nasce sia dall’interesse a svolgere determinate attività senza il rischio di dover essere chiamati a dare conto e ragione delle esternalità causate, sia dall’interesse di svolgere determinate attività senza che i risultati di esse siano infirmati o azzerati da fattori imprevisti.

Il primo bisogno è soddisfatto dalle multiformi assicurazioni della responsabilità civile, che conoscono oggi forme ed estensione sempre maggiori (si pensi alla copertura della responsabilità dei liberi professionisti, ormai indispensabile per l’esercizio delle professioni); il secondo dalle assicurazioni contro i danni, le quali possono avere ad oggetto un numero di rischi sterminato: dall’insolvenza del debitore alla mancata stipula del contratto, dalla sospensione della produzione ai facta principis.

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Occorre, infine, considerare i contratti che, nati dal tronco dell’assicurazione vita, in realtà hanno finito per assumere una causa puramente di risparmio e non già, di previdenza. Si tratta delle polizze collegate alle fluttuazioni di valori mobiliari e, più in generale, della c.d. bancassicurazione, e cioè la commistione tra fornitori di servizi bancari ed assicurativi2.

Appare, perciò, del tutto corretto il rilievo secondo cui, al giorno d’oggi, si è realizzata una “inevitabilità di fatto” del ricorso all’assicurazione, in quanto sono ben poche le attività che potrebbero essere compiute senza di essa15.

1.9 Il Codice delle Assicurazioni Private

La principale fonte normativa italiana in materia di assicurazioni private è rappresentata dal “Codice delle assicurazioni private”, instituito con decreto legislativo n. 209 del 9 settembre 2005 (D. Lgs. 209/2005). Esso regolamenta tutti gli aspetti del contratto di assicurazione.

Nell’art. 1, infatti, sono riportate definizioni e classificazioni generali circa il vasto mondo assicurativo. Di interesse appaiono i primi due punti dell’art. 1 che riportano una macroscopica distinzione tra le assicurazioni contro i danni (c.d. ramo danni) e le assicurazioni sulla vita (c.d. ramo vita):

“Agli effetti del codice delle assicurazioni private si intendono per: a) assicurazione contro i danni: le assicurazioni indicate all'articolo 2, comma 3; b) assicurazione sulla vita: le assicurazioni e le operazioni indicate all'articolo 2, comma 1[...]”.

La categoria in cui sono raggruppati i rischi similari prende il nome di “ramo”, così come indicato nella art. 2 (“Classificazione per ramo”):

“1. Nei rami vita la classificazione per ramo è la seguente:

I. le assicurazioni sulla durata della vita umana;

II. le assicurazioni di nuzialità e di natalità;

III. le assicurazioni, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento;

IV. l'assicurazione malattia e l'assicurazione contro il rischio di non autosufficienza che siano garantite mediante contratti di lunga durata, non rescindibili, per il rischio di invalidità grave dovuta a malattia o a infortunio o a longevità;

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12 V. le operazioni di capitalizzazione;

VI. le operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per

l'erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa.

2. L'impresa che ha ottenuto l'autorizzazione all'esercizio delle assicurazioni di cui ai rami I, II o III del comma 1, ovvero quella di cui al ramo V del comma 1 se è stata autorizzata ad esercitare anche un altro ramo vita con assunzione di un rischio demografico, con i relativi contratti può garantire in via complementare i rischi di danni alla persona, comprese l'incapacità al lavoro professionale, la morte in seguito ad infortunio, l'invalidità a seguito di infortunio o di malattia. L'impresa che ha ottenuto l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di cui al ramo VI del comma 1, in via complementare ai relativi contratti, può garantire prestazioni di invalidità e di premorienza secondo quanto previsto nella normativa sulle forme pensionistiche complementari.

3. Nei rami danni la classificazione dei rischi è la seguente:

1. Infortuni (compresi gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); prestazioni forfettarie; indennità temporanee; forme miste; persone trasportate;

2. Malattia: prestazioni forfettarie; indennità temporanee; forme miste;

3. Corpi di veicoli terrestri (esclusi quelli ferroviari): ogni danno subito da: veicoli terrestri automotori; veicoli terrestri non automotori;

4. Corpi di veicoli ferroviari: ogni danno subito da veicoli ferroviari;

5. Corpi di veicoli aerei: ogni danno subito da veicoli aerei;

6. Corpi di veicoli marittimi, lacustri e fluviali: ogni danno subito da: veicoli fluviali;

veicoli lacustri; veicoli marittimi;

7. Merci trasportate (compresi merci, bagagli e ogni altro bene): ogni danno subito dalle merci trasportate o dai bagagli, indipendentemente dalla natura del mezzo di trasporto;

8. Incendio ed elementi naturali: ogni danno subito dai beni (diversi dai beni compresi nei rami 3, 4, 5, 6 e 7) causato da: incendio; esplosione; tempesta; elementi naturali diversi dalla tempesta; energia nucleare; cedimento del terreno;

9. Altri danni ai beni: ogni danno subito dai beni (diversi dai beni compresi nei rami 3, 4, 5, 6 e 7) causato dalla grandine o dal gelo, nonché da qualsiasi altro evento, quale il furto, diverso da quelli compresi al n. 8;

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10. Responsabilità civile autoveicoli terrestri: ogni responsabilità risultante dall'uso di autoveicoli terrestri (compresa la responsabilità del vettore);

11. Responsabilità civile aeromobili: ogni responsabilità risultante dall'uso di veicoli aerei (compresa la responsabilità del vettore);

12. Responsabilità civile veicoli marittimi, lacustri e fluviali: ogni responsabilità risultante dall'uso di veicoli fluviali, lacustri e marittimi (compresa la responsabilità del vettore);

13. Responsabilità civile generale: ogni responsabilità diversa da quelle menzionate ai numeri 10, 11 e 12;

14. Credito: perdite patrimoniali derivanti da insolvenze; credito all'esportazione;

vendita a rate; credito ipotecario; credito agricolo;

15. Cauzione: cauzione diretta; cauzione indiretta;

16. Perdite pecuniarie di vario genere: rischi relativi all'occupazione; insufficienza di entrate (generale); intemperie; perdite di utili; persistenza di spese generali; spese commerciali impreviste; perdita di valore venale; perdita di fitti o di redditi; perdite commerciali indirette diverse da quelle menzionate precedentemente; perdite pecuniarie non commerciali; altre perdite pecuniarie;

17. Tutela legale: tutela legale;

18. Assistenza: assistenza alle persone in situazione di difficoltà.

4. Nei rami danni l'autorizzazione rilasciata cumulativamente per più rami è così denominata: a) per i rami di cui ai numeri 1 e 2, "Infortuni e malattia"; b) per i rami di cui ai numeri 1, persone trasportate, 3, 7 e 10, "Assicurazioni auto"; c) per i rami di cui ai numeri 1, persone trasportate, 4, 6, 7 e 12, "Assicurazioni marittime e trasporti; d) per i rami di cui al numero 1, rischio persone trasportate, 5, 7 e 11,

"Assicurazioni aeronautiche"; e) per i rami di cui ai numeri 8 e 9, "Incendio ed altri danni ai beni"; f) per i rami di cui ai numeri 10, 11, 12 e 13, "Responsabilità civile";

g) per i rami di cui ai numeri 14 e 15, "Credito e cauzione"; h) per tutti i rami, "Tutti i rami danni".

5. Nei rami danni l'impresa che ha ottenuto l'autorizzazione per un rischio principale, appartenente ad un ramo o ad un gruppo di rami, può garantire i rischi compresi in un altro ramo, senza necessità di un'ulteriore autorizzazione quando i medesimi rischi:

a) sono connessi con il rischio principale; b) riguardano l'oggetto coperto contro il rischio principale; c) sono garantiti dallo stesso contratto che copre il rischio principale. I rischi compresi nei rami 14, 15 e 17 di cui al comma 3 non possono

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essere considerati accessori di altri rami; tuttavia, fermo il rispetto delle condizioni di cui alle lettere a), b) e c), i rischi compresi nel ramo 17 possono essere considerati come rischi accessori del ramo 18 quando il rischio principale riguardi solo l'assistenza da fornire alle persone in difficoltà durante trasferimenti o assenze dal domicilio o dal luogo di residenza o quando riguardino controversie relative all'utilizzazione di navi o comunque connesse a tale utilizzazione.

6. L'ISVAP adotta, con regolamento, le istruzioni applicative sulla classificazione dei rischi all'interno dei rami nel rispetto del principio di equivalenza dell'autorizzazione nel territorio comunitario”.

Le assicurazioni “ramo vita”, pertanto, hanno lo scopo di tutelare l’assicurato e i suoi familiari dalla non conoscenza della durata della vita umana, ovvero dalla morte, ma anche dall’invalidità e dalla vecchiaia. L’entità della polizza e del premio, infatti, è calcolato prevalentemente sulla possibilità che l’assicurato ha di vivere o morire entro una certa data. Queste tipologie di danno vengono indennizzate attraverso tecniche e modalità diverse: l'erogazione di un capitale (soprattutto in caso di morte), di una rendita o di un indennizzo (anche in caso di morte, ma soprattutto per invalidità e vecchiaia).

Le assicurazioni “ramo danni”, invece, tutelano l’assicurato da eventi che possano danneggiare il suo patrimonio e le sue possibilità di guadagno, reintegrandone l’entità al momento della liquidazione del risarcimento. In questa categoria rientrano i danni contro le cose (ad esempio il furto di veicoli), i danni contro le persone (in particolare infortuni e malattie), la responsabilità civile (ovvero i danni causati dal soggetto a terzi, come la R.C.A.), i rischi commerciali e finanziari (riguardanti il settore crediti).

Già questi soli primi due articoli rendono l’idea di quanto sia ampio e variegato il fenomeno assicurativo.

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2. IL MEDICO LEGALE FIDUCIARIO

2.1 I collaboratori dell’impresa

Alla luce della sua complessità, l’esercizio dell’impresa assicurativa esige la collaborazione di un gran numero di persone che, in senso lato ed atecnico, si possono definire ausiliari dell’impresa.

Non tutti gli ausiliari, però, sono legati all’imprenditore (la società assicuratrice) da rapporti dello stesso tipo. A tal proposito è utile la distinzione tra ausiliari dipendenti ed ausiliari autonomi16, equivalente a quella tra collaboratori nell’impresa e collaboratori dell’impresa3.

I primi sono legati all’imprenditore da un rapporto di lavoro subordinato; i secondi da rapporto di natura diversa (che può essere di agenzia, di prestazione d’opera professionale, di mediazione, ecc.) 2.

Secondo l’art. 2094 c.c. è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare con l’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

Per l’esercizio della propria attività, tuttavia, la società assicuratrice è obbligata ad avvalersi anche dell’ausilio di numerose figure di liberi professionisti (consulenti aziendali, commercialisti, consulenti del lavoro, ecc.).

Il rapporto tra l’impresa e tutti i liberi professionisti che con essa collaborano è regolato dagli artt. 2222 (“Contratto d’opera”) e ss. c.c.

L’articolo 2222 c.c. (“Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo [...]”) fornisce la definizione di contratto d’opera, delineandone i caratteri essenziali quali:

a) prestazione di lavoro prevalentemente personale;

b) assenza di vincolo di subordinazione;

c) corresponsione di un corrispettivo.

Alcune figure di professionisti, pur non prestando, ovviamente, la propria opera esclusivamente per le imprese assicuratrici, possono trovare, però, nel rapporto con queste, un terreno d’elezione per lo svolgimento dell’attività professionale.

Tra questi rientrano gli avvocati e i medici legali.

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Per entrambi questi professionisti, trattandosi di professione intellettuale vige, oltre a quanto riportato nell’art. 2222 c.c., quanto riportato nell’articolo 2229 c.c.

(“Esercizio delle professioni intellettuali”): “La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi […]”.

2.2 Il Medico Fiduciario

Il medico che svolge attività per conto delle Compagnie Assicuratrici, c.d.

Fiduciario, ha un ruolo centrale in almeno tre settori2:

(a) nel previo accertamento delle condizioni di salute delle persone che chiedono di stipulare un’assicurazione sulla vita;

(b) nell’accertamento del grado di invalidità permanente residuato all’assicurato, nelle polizze infortuni e malattia;

(c) nell’accertamento dei danni lamentati dal terzo danneggiato, nell’assicurazione responsabilità civile.

Analizzando varie fonti normative come il Codice Civile (dove il Capo XX fa preciso riferimento al fenomeno assicurativo, “Dell’Assicurazione”) o il Codice delle Assicurazioni, emerge la mancanza di una precisa definizione di “Medico Fiduciario” o l’indicazione di quale percorso formativo e/o Specialità sia richiesta per svolgere tale funzione.

Nel Codice delle Assicurazioni (art. 156 – Attività peritale) si trova, infatti, una precisa descrizione solo in riferimento al ruolo di “perito assicurativo per l’accertamento e la stima dei danni alle cose derivanti dalla circolazione, dal furto e dall’incendio dei veicoli a motore e dei natanti”, che può essere svolto solo da chi sia iscritto al ruolo (art. 157), dopo aver “conseguito un diploma di scuola media secondaria superiore o di laurea triennale; aver svolto tirocinio di durata biennale presso un perito abilitato; aver superato una prova di idoneità” (art. 158).

Per avere, invece, indicazioni circa le qualifiche e le competenze richieste al Medico Fiduciario, è necessario far riferimento ai contratti che le singole Compagnie Assicuratrici stipulano con tale figura professionale.

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17 2.3 Il contratto del Medico Fiduciario

Come detto nel precedente capitolo, il rapporto che lega il Medico Fiduciario con la compagnia assicuratrice è un rapporto di libera professione, regolato da un contratto scritto, secondo quanto previsto dall’art. 1341 c.c.: “le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza. In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”.

Per comprendere, però, le specifiche del contratto che lega il Medico Fiduciario alle Compagnie Assicuratrici, si sono presi a campione alcuni dei contratti stipulati dalle principali Imprese Assicuratrici italiane.

2.3.1 Qualifiche e competenze richieste

In primo luogo si è analizzato il destinatario del contratto, al fine di delineare più precisamente la figura del Medico Fiduciario.

Appare subito evidente il fatto che ogni Compagnia Assicuratrice utilizzi aggettivi differenti e “formule” più o meno sintetiche, per delineare il Professionista a cui è rivolto il contratto, come si può osservare nei seguenti esempi:

“Medici Liberi Professionisti – che dispongano di idonea competenza, capacità ed esperienza per l’effettuazione in completa autonomia delle prestazioni indicate nella presente – singoli incarichi professionali consistenti nella redazione di perizie medico legali su assicurati e/o controparti che asseriscono di essere lesionati in conseguenza di un sinistro”;

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“Il Professionista dichiara e garantisce di possedere i requisiti e le necessarie autorizzazioni per l’esecuzione dell’attività rilasciandone autocertificazione”;

“Egregio Dottor … incarichi attinenti alla valutazione delle conseguenze sia temporanee sia permanenti di fatti traumatici concernenti i rami della Responsabilità Civile e della Infortunistica Privata […] inserimento nel nostro Albo”;

“Specialista in ______________ […] Professionista per la valutazione medico-legale di posizioni assicurative […] il Professionista provvederà a depositare documento o autocertificazione relativo a titolo di studio ed EVENTUALE specializzazione, certificato di iscrizione all’Ordine professionale dei medici-chirurghi […] Gli accertamenti tecnici medico legali assegnati al professionista dovranno essere svolti ed espletati secondo la miglior scienza ed esperienza medico legale”;

“Professionisti esperti nella valutazione del danno alla persona”;

“Medici fiduciari”.

Non vi è dubbio che non sia mai espressamente richiesta la specializzazione in medicina legale, bensì “solo” la competenza medico-legale e, nella maggior parte dei casi, la specifica competenza circa la valutazione del danno; alcune Compagnie esplicitano poi, sempre nel contratto, quali sono tali competenze:

“incarichi professionali di natura medica, concernenti consulenza medica, visite mediche ed accertamenti, per tutte le tipologie di sinistri gestiti (RCA, RCD, INF, MALATTIE, VITA) nonché consulenze tecniche e pareri medico- legali assicurativi, anche ai fini della assunzione e valutazione dei rischi, con redazione delle rispettive relazioni medico legali assicurative”;

“incarichi per lo svolgimento di determinate prestazioni di medicina legale […] visita medica ed accertamenti, esame della documentazione medica, successiva redazione di relazione o perizia medico-legale”;

“incarichi inerenti alla valutazione delle conseguenze sia temporanee sia permanenti di fatti traumatici concernenti i rami della Responsabilità Civile e della Infortunistica Privata”;

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“attività di consulenza medico-legale tramite la propria struttura professionale per tutte le tipologie di danni (RCA ed Rc, polizze vita, sanitarie, previdenziale”.

Si può ritenere, pertanto, che i requisiti richiesti al Medico Fiduciario siano la laurea in Medicina e Chirurgia e la conoscenza nell’ambito della medicina legale assicurativa.

D’altro canto, ancora oggi, gli unici riferimenti normativi in cui sia esplicitamente richiesta la specializzazione in Medicina Legale si trovano nella nuova legge sulla Responsabilità Sanitaria17, all’art. 15 - “Nomina dei consulenti tecnici d’ufficio e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria” (“Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento”) e nell’art. 62 del nuovo Codice Deontologico del medico (“Il medico legale, nei casi di responsabilità medica, si avvale di un collega specialista di comprovata competenza nella disciplina interessata; in analoghe circostanze, il medico clinico si avvale di un medico legale”)18.

Ciò detto, va, però, sottolineato che la tendenza attuale delle Compagnie Assicuratrici sia volta sempre più a stipulare contratti solo con Specialisti in Medicina Legale, al fine di avere migliori garanzie sulla qualità del prodotto.

2.3.2 Altri aspetti del contratto

Come detto, ogni contratto è un accordo a sé, sancito tra quella determinata Compagnia Assicuratrice e quel Medico Fiduciario; vi sono, però, concetti fondamentali che sono presenti nella stragrande maggioranza dei contratti.

Di seguito ne sono presi in considerazione, a titolo esemplificativo, i principali.

 Durata del contratto

La maggior parte dei contratti analizzati riporta validità di un anno, con la clausola, però, che alla scadenza di tale periodo (in assenza di disdetta di una delle parti), il contratto è tacitamente rinnovato per un ulteriore anno e così avviene ad ogni scadenza.

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Alcune Compagnie propongono, invece, un accordo senza alcuna determinazione di tempo.

In entrambi i casi è, comunque, ben esplicitato che la Compagnia ha il diritto di recedere dal contratto in qualsiasi momento (solo in alcuni contratti e per alcune condizioni è previsto l’obbligo di dare preavviso) e senza fornire alcuna motivazione.

Ovviamente anche il Professionista può recedere dal contratto senza particolari obblighi se non, nella maggior parte dei casi, di dare preavviso (con le tempistiche riportate sul contratto) e, talora, di portare a termine gli incarichi già assegnati.

In merito agli incarichi assegnati, è chiaramente indicato in tutti i contratti che non vi è un numero minimo di incarichi pattuito, anzi è sempre ribadito che la Compagnia non assume alcun impegno circa il numero minimo di casi conferiti al Fiduciario.

Anche per quel che riguarda tali concetti, tuttavia, la tendenza è quella di mantenere rapporti stabili nel tempo con i Professionisti con cui la Compagnia ha intrapreso la collaborazione, almeno che non vi siano specifici motivi tali da indurre a interrompere il rapporto professionale.

 Utilizzo del portale

La maggior parte delle Compagnie sono, ormai, dotate di portale informatico che è utilizzato, a seconda dei casi, per il conferimento degli incarichi, per l’espletamento degli stessi, per fornire comunicazioni, nonché per la parcellazione; quando presente, il Professionista è espressamente tenuto all’utilizzo di tale strumento.

 Trattamento dei dati personali

In tutti i contratti vi è il riferimento al D.L. 30/06/2003 n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”, a cui il Professionista medico è scrupolosamente tenuto ad attenersi. L’accento è calcato particolarmente sul fatto che vada impedito l’accesso alle informazioni da parte di Terzi non autorizzati e che vadano adottate tutte le misure idonee a garantire la riservatezza e la protezione dei dati, ciò anche (e a maggior ragione) in considerazione dell’informatizzazione di tutti i processi.

 Autonomia e responsabilità del Medico Fiduciario

Senza alcuna eccezione, al Medico è lasciata completa autonomia nella gestione degli incarichi; è sempre indicato, tuttavia, che ciò avviene a suo rischio e con responsabilità a suo carico in caso di eventuali danni a Terzi o alla Società, che

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rimane estranea a qualsiasi pretesa avanzata da Terzi, in relazione a comportamenti messi in atto dai propri collaboratori (tra cui il Medico Fiduciario).

Tale concetto è ribadito anche a fronte di richieste risarcitorie conseguenti al mancato rispetto delle norme inerenti il trattamento dei dati personali, di cui sopra.

 Clausola anticorruzione

Come noto, il reato di corruzione si può verificare non solo nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, ma interessa anche il rapporto tra privati. In linea generale, il reato di corruzione si configura, infatti, nel momento in cui un soggetto, con un comportamento doloso, corrisponda, riceva oppure semplicemente offra denaro o altre forme di utilità al solo scopo di compiere atti in violazione dei propri obblighi. E’ ben evidente come tali problematiche possano riguardare il mondo assicurativo. Di conseguenza è altrettanto palese che in tutti i contratti tra Compagnie Assicuratrici e i loro Collaboratori vi sia un richiamo esplicito alla clausola anticorruzione.

 Trasparenza

Altra tematica che si ritrova uniformemente nei diversi contratti è la richiesta al Medico di “trasparenza” informativa nei confronti della Compagnia, con istanza di rendere noto qualora vi siano procedimenti penali in corso (o condanne anche non definitive) a carico dello stesso, circa delitti non colposi. In alcuni contratti, oltre a procedimenti penali, vi è il riferimento anche a procedimenti giudiziari o disciplinari inerenti l’esercizio dell’attività professionale.

 Codice Etico

Alcune Imprese si sono dotate di un proprio Codice Etico o Codice di condotta, ai cui principi il Fiduciario è tenuto a conformarsi. Spesso vi è, comunque, un riferimento anche alle norme deontologiche stabilite dall’Ordine Professionale di appartenenza del professionista, oltre alla richiesta di svolgere l’attività nel rispetto dei più elevati standard professionali e con lealtà, correttezza, fedeltà, diligenza, segretezza e riservatezza.

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 Verifica

Oltre agli obblighi imposti al Fiduciario, le Compagnie includono anche la loro possibilità di verifica circa l’operato dei Professionisti che con essa collaborano, sia mediante l’ispezione dei luoghi in cui il Medico svolge la propria attività per conto della Compagnia, sia dal punto di vista professionale, tramite il controllo delle relazioni da lui redatte da parte di un organo definito Consulenza Medica Centrale, che è composta da Medici Legali di provata esperienza, scelti dalla Compagnia.

 Conflitto di interesse

Nella maggior parte dei contratti è esplicitato il fatto che in caso di conflitto d’interesse il Fiduciario dovrà dichiarare tale situazione ed astenersi dall’accettare l’incarico e dovrà impegnarsi a non assumere incarichi in conflitto di interesse con la Compagnia Assicuratrice stessa.

Nel contratto è anche esplicitato il rapporto con la Pubblica Amministrazione, nei termini in cui è richiesta un’autocertificazione circa il fatto che il Professionista non abbia rapporti di dipendenza con la Pubblica Amministrazione o, comunque, sia in possesso di un’autorizzazione della stessa per intraprendere il rapporto professionale con la Compagnia, secondo quanto previsto dall’art. 53 comma 9 del D. Lgs.

165/2001 (“Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi”).

 Aggiornamento del Professionista

Benché in tutti i contratti sia richiesto un elevato standard qualitativo da parte del Medico Fiduciario, solo in pochi casi vi è un esplicito riferimento alla necessità di aggiornamento professionale in merito alle tematiche assicurative; in casi ancor più sporadici è la Compagnia stessa a proporre e tenere corsi di aggiornamento

“specifici”.

 Consulenze mediche specialistiche

Anche per quanto riguarda tale questione non vi è un riferimento costante nei diversi contratti. Quando questo avviene, di norma, è indicata anche la prassi a cui il Medico Fiduciario si deve attenere per la nomina dello Specialista, che è differente da

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Compagnia a Compagnia. In alcuni casi vi è un Albo interno alla Compagnia dove sono elencati i diversi Specialisti, in altri casi è la Compagnia a nominare lo Specialista di volta in volta secondo le indicazioni del Fiduciario circa la specialità necessaria, in altri casi ancora è direttamente il Medico che nomina un consulente di propria fiducia, previa autorizzazione da parte della Compagnia.

 Compensi e tempistiche svolgimento incarico

In ultimo, si evidenzia che in tutti i contratti sono descritte le modalità di svolgimento degli incarichi, le relative tempistiche (dalla convocazione a visita del periziando al deposito del parere) e i compensi previsti per ogni attività (visita in studio, parere sugli atti, visite domiciliari, partecipazione a CTU e arbitrati e così via).

Non si ritiene, tuttavia, necessario fare una disamina di tali elementi in quanto sono propri di ogni singolo contratto e possono presentare ampie differenze tra loro.

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3. IL PANORAMA EUROPEO

3.1 La valutazione del danno

In merito al danno psico-fisico vi è sempre stata discussione a livello internazionale, riguardo a come e da chi vada risarcito un danno corporeo prodotto da un soggetto terzo, se e come il responsabile vada punito e quali figure professionali dovrebbero intervenire nella valutazione delle perdite, patrimoniali e non, correlate all’evento dannoso.

Le risposte sono state (e sono tuttora) assai variabili, a seconda dei valori e dei principi socio-culturali in voga nei diversi sistemi giuridici e nei differenti periodi storici19.

Nell’epoca postmoderna il principio prevalente che accomuna la maggior parte dei panorami giuridici nazionali è basato sul pieno risarcimento delle perdite, causalmente correlate all’evento dannoso, sia di quelle già avvenute, sia di quelle in corso, sia di quelle future (principio della restituito ad integrum).

Malgrado questo principio comune e i vari tentativi per armonizzare il diritto civile internazionale, ancora esistono eterogeneità e divergenze tra i differenti sistemi giuridici nazionali, riguardo il tipo di danno, patrimoniale e non, che deve essere risarcito (“quantum debeatur”), i criteri da usare per determinare le responsabilità (responsabilità oggettiva o meno) e il tempo di prescrizione per esercitare i propri diritti da parte del soggetto leso.

Il “quantum”, riconosciuto come un’entità a sé e specifica nella maggior parte dei Paesi, unito al danno non patrimoniale, ovvero le menomazioni psico-fisiche e la sofferenza morale o danno esistenziale, è strettamente e sempre più correlato all’obbiettività e “all’evidence-based medicine” (medicina basata su evidenze scientifiche).

Pertanto il punto di partenza di ogni valutazione del danno attuale, dovrebbe essere un accertamento clinico/medico-legale, comprendente l’acquisizione della dettagliata descrizione dell’evento che ha causato la lesione psico-fisica, il meccanismo di lesione, la preesistente condizione di salute del soggetto danneggiato e le conseguenze psico-fisiche della lesione, in termini di inabilità temporanea, invalidità permanente, disabilità, perdita della capacità lavorativa, perdita di autonomia e qualità di vita.

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Sebbene si tratti di un processo principalmente di natura medico-legale, vi è la mancanza del riconoscimento di una figura professionale specificatamente dedicata all’accertamento e alla valutazione delle lesioni psico-fisiche e del danno biologico.

In molti Paesi, infatti, oltre ad essere interpellati Specialisti in medicina legale, sono coinvolti anche Clinici di differenti specialità (come ortopedia, neurologia, psichiatria, ecc.)20.

Si tratta, dunque, di una questione rilevante che ha, sia per il singolo che per la collettività, un importante valore esistenziale, culturale, sociale nonché economico, attualmente affrontata con posizioni legislative e procedurali differenti nei diversi Paesi, con il coinvolgimento di altrettanto differenti figure (mediche, ma non solo) che effettuano la valutazione del danno, mettendo in pratica metodologie di accertamento anche assai dissimili tra loro, in un’epoca in cui è sempre più importante l’oggettività, la dimostrabilità e l’inconfutabilità delle evidenze scientifiche.

Nella maggior parte dei Paesi la Giurisprudenza o le Società Scientifiche nazionali hanno sviluppato tabelle per la valutazione del danno, che sono utilizzate per quantificare danni fisici derivati da traumi o malattie e “tradurli” in una percentuale di invalidità permanente, così da facilitare la determinazione della liquidazione monetaria, che va assegnata al soggetto che, come risultato di un danno o di una malattia, ha subito un danno psico-fisico obiettivabile.

In Europa non vi sono Baremé o Scale di Valutazione ufficiali valide a livello europeo. In molte nazioni il risarcimento per i danni non patrimoniali è lasciato alla discrezione del giudice, che a sua volta si basa sull’orientamento giurisprudenziale nazionale, mentre in altri Paesi dell’Unione Europea sono utilizzati Baremés e Tabelle (come in Belgio, Francia, Italia, Portogallo, Spagna e Olanda)21.

Nel corso degli anni sono stati effettuati alcuni tentativi per arrivare alla creazione di Scale di valutazione unificate, come ad esempio nel giugno del 2000 da parte del

“Trier Group”, che sull’onda di una Consensus Conference tenuta all’Accademia del Diritto Pubblico Europeo (ERA) ha proposto una Raccomandazione alla Commissione, Parlamento e Concilio Europei sulla “razionalizzazione della valutazione medico-legale dei danni non economici”. Allo stesso modo, nel maggio del 2003, un gruppo di Esperti, supportati dalla Confederazione Europea d’esperti sulla valutazione e il risarcimento del danno corporale (CEREDOC) ha presentato un’ulteriore Raccomandazione alla Commissione, Parlamento e Concilio Europei

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proponendo un Baremé Europeo di valutazione sulla base delle tabelle di risarcimento usate in Francia, Belgio, Italia e Spagna22.

Entrambe le proposte, tuttavia, hanno incontrato l’avversione del gruppo PEOPIL (“Pan-European Organisation of Personal Injury Lawyers”), il quale ritiene che, sebbene vi possa essere un interesse da un punto di vista accademico, l’idea di una scala medico-legale unificata basata su un sistema di punti percentuali per ogni categoria di lesione psico-fisica da utilizzare in tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea, implicherebbe una significativa imposizione, laddove vi sono importanti differenze in riferimento all’accertamento medico e all’approccio valutativo nelle diverse realtà nazionali21.

Come riportato da SD. Ferrara20, la mancanza di Baremés validati a livello europeo risente, a monte, assai probabilmente, dell’assenza di una metodologia comune per quanto riguarda l’accertamento clinico e medico-legale. Prima di definire qualsiasi criterio di valutazione del danno, infatti, risulta di massima importanza definire i requisiti di qualità per la metodologia di accertamento del danno psico-fisico, che sono essenziali per garantire l’obiettività e la riproducibilità dei dati raccolti.

Attualmente non esistono linee guida nazionali o sovranazionali circa la specifica metodologia di accertamento delle lesioni psico-fisiche, intesa come gli steps logici che devono essere seguiti per la valutazione di eventuali danni e/o disabilità e non come Baremés o Guide per trasformare in percentuale il danno valutato.

Come detto, pertanto, ad oggi, a livello internazionale esistono numerose differenze in materia di valutazione del danno, sia per quanto riguarda la metodologia dell’accertamento medico-legale, sia nei barémes di valutazione, nella terminologia, nonché nella figura di chi effettua la valutazione del danno psico-fisico, come si vedrà qui di seguito.

A tale proposito si sono presi ad esempio alcuni Paesi dell’Unione Europea, analizzando i percorsi formativi che consentono di effettuare la valutazione del danno, con particolare riferimento al ruolo di Medico Fiduciario.

3.2 Portogallo

In Portogallo vi sono due differenti tipi di figure mediche esperte nella valutazione del danno: Specialisti in medicina legale e Specialisti privati con una competenza

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specifica e dimostrabile circa la valutazione del danno. Entrambi questi Esperti devono dimostrare di aver ricevuto una solida preparazione sia in campo medico che legale e di possedere una adeguata competenza medico-legale23.

Comunque, secondo la legge portoghese, chiunque con una laurea in Medicina e Chirurgia può effettuare la valutazione del danno (anche per conto delle Compagnie Assicuratrici) e prendere parte ad una causa civile come Esperto24.

In Portogallo i servizi di medicina legale sono concentrati in un unico Istituto, l’Istituto Nazionale di Medicina Legale, che ha la sede principale a Coimbra e tre sedi di rappresentanza a Lisbona, Coimbra e Porto, più un network di 31 uffici medicolegali sparsi nel territorio. Questi sono localizzati negli ospedali principali e fanno capo ad una delle tre sedi di rappresentanza, in base alla posizione geografica25.

3.3 Spagna

La valutazione del danno, fortemente correlata con la Medicina Legale, ha cominciato a svilupparsi concettualmente e scientificamente in Europa nel sedicesimo secolo, quando i medici hanno iniziato a comparire nei tribunali con il ruolo di Esperti. Nel diciottesimo secolo l’Illuminismo francese e l’influenza rivoluzionaria, sono state essenziali per lo svilupparsi di concetti e principi come il valore economico della persona e la necessità di risarcimento per tutti gli individui.

In particolare i testi “Contratto Sociale” di Jean Jacques Rousseau (1762) e “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria (1763) enfatizzarono l’importanza della Scienza per determinare una giustizia più equa e moderna. Queste idee hanno influenzato lo sviluppo legislativo e scientifico anche in Spagna.

In seguito, agli inizi del diciannovesimo secolo, in Spagna nacque il Corpo Nazionale della Medicina Legale; ciò portò all’introduzione di un gruppo di Ufficiali Medici (che dipendevano dal Ministro della Giustizia) il cui ruolo era quello di consiglieri dei tribunali penali spagnoli. In seguito questi Esperti fornivano ai Giudici e ai Tribunali, sia in ambito penale che civile, pareri specialistici in argomenti di interesse medico-biologico26.

Tuttavia, a partire dalla promulgazione delle legge organica sul potere giudiziario (nel 1985) e la regolazione nelle Comunità Autonome dal 2000 (in Andalusia ad

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esempio dal 2002), gli Esperti sono stati riorganizzati sotto forma di organo collegiale nell’Istituto di Medicina Legale (ve ne è uno per provincia), dipendente dai governi delle Comunità Autonome, con servizio di patologia forense, clinica medica forense, laboratori e un’unità di valutazione della violenza di genere.

Gli Istituti di Medicina Legale sono stati creati come corpi tecnici con lo scopo di assistere i giudici, i tribunali (penali e civili) e i pubblici ministeri in quelle aree che appartengono alla medicina e alla biologia umana e che sono comprese nella sfera della conoscenza medico-legale.

Il fatto che tutti gli ambiti della medicina legale gravitino attorno all’Istituto di Medicina Legale, in associazione ai criteri di specializzazione e razionalizzazione delle risorse umane e materiali consentono di servire un servizio pubblico di alta qualità27.

Ogni anno il Ministro della Salute indice un concorso per formare specialisti in medicina legale in Scuole accreditate, quali l’università di Granada e di Madrid;

dopo aver ottenuto il diploma, tuttavia, nella maggior parte dei casi gli specialisti non trovano occupazione né nell’ambito pubblico, né negli Istituti di Medicina Legale;

più ampie risultano, invece, le possibilità di lavoro come Medico Fiduciario per le Compagnie Assicuratrici o in studi privati. Per lavorare come consulente in ambito privato, tuttavia, è sufficiente una qualunque specializzazione medica; a ciò è dovuto il fatto che, nella valutazione del danno, intervengono Specialisti di assai differenti discipline, dalla medicina legale, all’ortopedia, ginecologia, neurologia, fisiatria e così via.

Per svolgere l’attività di Medico Fiduciario, invece, non è richiesta alcuna specializzazione, se non la laurea in medicina, essere iscritti all’albo dei medici ed essere in regola con le imposte, come stabilito nei Codici di Procedura, sia penale che civile28. In realtà, tuttavia, spesso è richiesta la specializzazione in medicina legale, medicina del lavoro o in ortopedia, oppure è richiesto di aver seguito studi complementari sulla valutazione del danno alla persona e sulla medicina legale assicurativa.

Gli Esperti sono intesi come utile strumento giudiziario, utile sia per il giudice che per le parti29.

Gli Esperti in medicina legale (“Médicos Forenses”) non ricevono una specifica istruzione nella valutazione del danno. Alcuni argomenti in tale ambito sono inclusi nel corso di studi e nell’esame finale; poi, durante il breve periodo prima che

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comincino a lavorare, prendono parte alle attività proprie del Medico Legale, tra cui visitare persone che hanno subito un danno, negli Istituti di medicina legale.

Nella sfera privata i medici specialisti e i professori di medicina legale (che, a loro volta, tendono ad essere specialisti e il più delle volte medici legali in pensione) sono stati appositamente istruiti da professori universitari durante un periodo di sei mesi, con istruzione sia teorica che pratica (come il riesame di casi o la stesura di pareri sulla valutazione del danno)30.

I medici specialisti, inoltre, accedono alle scuole universitarie di specialità in medicina legale (situate solo a Granada e a Madrid) della durata di tre anni, dove seguono uno specifico corso teorico-pratico di circa sei mesi sulla valutazione del danno.

Al termine della specializzazione, spesso, gli specialisti trovano lavoro nel settore privato, non essendovi spazio nella sanità pubblica o negli istituti di medicina legale.

Gli altri professionisti, sebbene non siano obbligati, seguono corsi aggiuntivi sulla valutazione del danno, che sono offerti da molte università come master post-laurea (con un notevole loro beneficio economico).

Gli specialisti che hanno partecipato a questo master sono, in genere, preferiti sia dagli avvocati che dai cittadini quando devono farsi fare una relazione medico legale.

Nel campo delle Compagnie Assicurative i medici ricevono una specifica formazione o direttamente da parte dalle Compagnie per cui lavorano o, nella maggior parte dei casi, attraverso master e corsi offerti dalle università.

In conclusione in Spagna è possibile recarsi da qualunque medico specialista, senza alcuna formazione in campo medico legale, per ottenere informazioni circa la gravità e le conseguenze economiche di un danno fisico27.

La nuova legge 35/2015 ha, per la prima volta, stabilito la necessità di una relazione medica nei casi di R.C.A. (estesa a tutti gli altri casi di R.C.).

3.4 Francia

Negli ultimi decenni, in Francia, vi è stata una chiara tendenza verso l’unificazione dei criteri di valutazione del danno che sono utilizzati dalle Compagnie Assicuratrici e dai Tribunali. Ciò ha portato ad una diminuzione delle differenze esistenti tra i medici che effettuano la valutazione del danno per conto dei Tribunali e quelli che

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lavorano per le Compagnie Assicuratrici. Tale dato appare positivo, da un lato in considerazione della carenza di medici (e, di conseguenza, anche di medici esperti nella valutazione del danno) che si registra negli ultimi anni in Francia e, dall’altro lato, perché consente una più equa, e probabilmente migliore, valutazione per tutti i soggetti lesi31.

In Francia chi effettua la valutazione del danno può essere un medico Esperto in medicina legale, ovvero che ha frequentato un internato e un dottorato (la cui durata, di solito è di almeno tre anni) in una delle università francesi, dopo aver concluso il ciclo di studi in medicina, della durata di sei anni.

Un altro modo per ottenere la qualifica è quello di seguire un master sulla valutazione del danno, che può durare 1-2 anni e durante il quale lo studente segue un corso teorico di 100 ore, oltre a seguire l’attività di uno specialista “senior”. Dopo questo periodo lo studente sarà una “recluta” per il tribunale e, infine, diventerà uno specialista nel campo della valutazione del danno quando avrà seguito un sufficiente numero di casi come principiante. Solo a questo punto può essere un Esperto per il tribunale.

Entrambe le qualifiche consentono al medico di effettuare la valutazione del danno in ambito privato32.

La maggior parte delle valutazioni del danno sono fatte da medici che lavorano per le Compagnie Assicurative, che sono spesso chiamati “specialisti”, ma che in realtà sono medici che svolgono l’attività di consulenti per le Compagnie Assicurative senza avere alcuna specializzazione.

Per questo motivo il Mediatore della Repubblica francese ha raccomandato di migliorare le procedure per la selezione degli Specialisti, rivedendo, tra gli altri, i criteri secondo cui è composto l’elenco nazionale dei Medici Specialisti, redatto sotto la responsabilità degli uffici della Corte d’appello33.

Per i danni conseguenti a responsabilità sanitaria, invece, esiste una lista a sé di Esperti, controllata dalla Commissione nazionale per i danni iatrogeni34. Per entrare a far parte di tale lista è necessario inviare cinque relazioni che saranno esaminate dalla Commissione e avere il titolo di specialista in una specialità medica e/o nella valutazione del danno; in quest’ultimo caso è necessario essere in possesso di uno dei due diplomi universitari descritti in precedenza35.

Il Medico Fiduciario è un medico che pratica le valutazioni del danno corporeo in modo prevalente e, talvolta, quasi esclusivo.

Riferimenti

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