LA RIABILITAZIONE DOPO
GRAVE TRAUMA CRANIO-ENCEFALICO
Dr. Paolo Boldrini*
Gli esiti disabilitanti delle gravi cerebrolesioni, in particolare di quelle traumatiche, costituiscono un problema di particolare rilevanza sanitaria e sociale nel nostro paese, come nella maggior parte delle nazioni industrializzate.
Per la Medicina Riabilitativa, il trattamento dei pazienti affetti da queste patologie e la presa in carico delle loro famiglie costituisce un compito impegnativo ed estremamente complesso, non solo sul piano clinico, ma anche su quello organizzativo.
Definizione di Trauma Cranio-Encefalico (TCE)
Una definizione operativa di trauma cranio-encefalico è stata proposta da Jennett (1): rilievo anamnestico di un colpo al capo, e di lacerazione dello scalpo o della fronte, o di contusione cranica o presenza di lesioni del cranio evidenti all’esame radiologico, ed alterazione della coscienza, indipendentemente dalla sua durata.
Un’altra definizione che appare utile sul piano riabilitativo, in quanto sottolinea le possibili sequele disabilitanti del trauma e le sue conseguenze sociali, è quella proposta dalla National Head Injury Foundation (2): «Il trauma cranio encefalico è un danno cerebrale di natura non degenerativa né congenita, ma causato da un forza esterna. Tale danno può determinare una diminuzione od una alterazione del livello di coscienza, e menomazioni a livello cognitivo, emotivo, fisico. Tali menomazioni possono essere temporanee o permanenti e determinare disabilità parziale o completa e/o difficoltà di adattamento psicosociale.»
*Direttore della Unità di Alta Specialità per la Riabilitazione delle Gravi Cerebrolesioni, Dipartimento di Riabilitazione Azienda Ospedaliero- Universitaria di Ferrara
Dimensioni del fenomeno e aspetti generali
Il trauma cranio encefalico è stato definito “l’epidemia silente”, perché è un fenomeno di portata molto vasta, per il suo impatto sul piano sanitario e sociale, ma ancora largamente sconosciuto e sottostimato (3-5)
· I dati disponibili per il nostro paese (6-8) portano alle seguenti stime:
o circa 11.000 morti all’anno per trauma cranioencefalico (più di due volte la popolazione di una cittadina come Stresa);
o circa 140.000 persone all’anno ricoverate in Ospedale per trauma cranioencefalico (quasi l’intera popolazione di Perugia);
o circa 20.000 persone all’anno con difficoltà residue a lungo termine (fisiche, mentali) dovute a trauma cranico (come l’intera popolazione di Orvieto) o circa 14.000 persone all’anno affette da trauma cranioencefalico “grave” o
“gravissimo”, con stato di coma più o meno protratto; si stima che almeno la metà di esse, oltre alle cure intensive e neurochirurgiche, necessitino di trattamenti riabilitativi specializzati, lunghi e costosi, a causa di menomazioni fisiche, mentali, comportamentali, e di misure di assistenza a lungo termine.
Circa un quarto di esse non sarà in grado di riprendere l’attività scolastica o lavorativa precedente.
o Oltre 1000 persone (stima approssimativa) in “stato vegetativo” prolungato dopo trauma cranioencefalico (le persone che “non si risvegliano” dal coma).
· Per quanto riguarda l’Europa (9):
o Circa 80000 morti all’anno per trauma cranioencefalico (come tutta la popolazione dell’isola di Corfù)
o Circa 900.000 persone ricoverate in ospedale per trauma cranioencefalico (quasi l’intera popolazione di Bruxelles)
Il trauma cranioencefalico è la prima causa di morte fra i 15 e 15 anni in Italia, e la prima causa di morte sotto i 45 anni di età negli USA .
La causa principale in tutte le società industrializzate dell’Occidente è rappresentata dagli incidenti stradali (In Italia, circa il 60% di tutti i traumi cranioencefalici), specialmente automobilistici.
Altre cause importanti sono: gli incidenti domestici (specie per i bambini e gli anziani); gli atti di violenza; gli incidenti sul lavoro (circa il 20% di tutti i traumi in età adulta, fra i 30 e 60 anni); incidenti sportivi.
Il TCE presenta maggiore incidenza nel sesso maschile; si tratta per lo più di persone in piena età scolastica o lavorativa, perfettamente sane al momento del trauma. Altre fasce a rischio sono i bambini sotto i 5 anni e gli anziani.
Il trauma cranico “grave” non è solo una malattia dell’individuo ma di tutta la famiglia;
comporta interruzione del curriculum scolastico, perdita del lavoro e del reddito (del traumatizzato, ma spesso anche dei famigliari, che debbono assumersi oneri di assistenza a lungo termine), necessità di cure ed assistenza per lunghi periodi
I costi diretti (cure) per il trattamento delle persone affette da trauma cranioencefalico sono stati stimati negli USA a oltre 48 miliardi di dollari all’anno (pari al prodotto nazionale lordo di un paese come l’Algeria).
Il costo del trattamento intensivo (Rianimazione, Neurochirurgia) di un traumatizzato grave negli USA può arrivare a 130000 dollari, e il costo della riabilitazione ospedaliera a 75000 dollari.
Gli esiti disabilitanti dei traumi cranio-encefalici costituiscono quindi un problema di particolare rilevanza sanitaria e sociale.
Fasi del percorso di presa in carico riabilitativa della persona con TCE
Il percorso del paziente con TCE grave viene di norma suddiviso in diverse fasi temporali: la fase acuta (o rianimatoria, o neurochirurgica), la fase post-acuta (o riabilitativa), la fase degli esiti (Tabella 1)
Nella fase acuta predomina l’interesse verso il danno cerebrale e le menomazioni;
gli interventi si connotano essenzialmente come interventi sanitari intensivi, di tipo diagnostico, terapeutico ed assistenziale, che hanno per scopi principali l'identificazione dei
danni cerebrali ed associati (diagnosi di lesione) e la previsione della loro possibile evoluzione (prognosi di lesione); e il trattamento delle condizioni che possono aggravare il danno iniziale o comportare danni secondari, in particolare di quelle condizioni che possono comportare pericolo di vita.
Gli interventi riabilitativi in fase acuta hanno principalmente lo scopo di prevenire i danni e le menomazioni secondarie, facilitare la ripresa di contatto con l’ambiente, collaborare allo svezzamento dai sistemi di supporto alle funzioni vitali., dare sostegno alle famiglie offrendo informazioni "omogenee" sugli aspetti medici, prognostici, riabilitativi.
Nell’ambito della fase post-acuta, o riabilitativa, è possibile fare una ulteriore distinzione fra fase post-acuta precoce, che, per molti aspetti, è assimilabile alla fase denominata «acute rehabilitation» della letteratura anglosassone e la fase post-acuta tardiva.
Nella prima gli interventi sono focalizzati sulla definitiva stabilizzazione internistica (equilibrio metabolico-nutrizionale, cardiocircolatorio, respiratorio, risoluzione delle complicanze intercorrenti), sul trattamento delle principali menomazioni invalidanti e sul ripristino della autonomia nelle funzioni vitali di base e nella attività elementari della vita quotidiana (ADL primarie) Le strategie terapeutiche cercano soprattutto di favorire il recupero intrinseco, cioè il ripristino della capacità di effettuare una determinata attività con modalità analoghe a quelle precedenti al trauma. Di regola, nella fase post-acuta precoce gli interventi sono svolti in regime di ricovero, in strutture di riabilitazione intensiva, come le Unità di alta specialità riabilitativa per le Gravi Cerebrolesioni, o le strutture di riabilitazione di II livello.
Nella fase post-acuta tardiva, gli interventi sono prevalentemente orientati al recupero di autonomia nelle cosiddette attività «elaborate» o «complesse» della vita quotidiana (ADL secondarie), come la gestione delle proprie risorse finanziarie, l’uso dei mezzi di trasporto, la gestione della casa, e all’addestramento del paziente, dei famigliari e di altre persone significative dell’ambiente di vita abituale alla gestione delle problematiche disabilitanti a lungo termine. L’attenzione si sposta gradualmente dal recupero intrinseco a quello estrinseco, cioè all’apprendimento di nuove strategie per effettuare attività che non
possono essere più svolte come prima a causa di menomazioni non emendabili. In questa fase, in genere, hanno inizio gli interventi volti al graduale reinserimento del paziente in ambiente extraospedaliero (domicilio, strutture protette, strutture "di transizione" ); gli interventi riabilitativi indirizzati a menomazioni o disabilità specifiche possono essere proseguiti in regime di day-hospital, od ambulatoriale.
Nella fase degli esiti l’attenzione è focalizzata essenzialmente sulla facilitazione del reinserimento sociale (rientro al domicilio, risocializzazione nella comunità) lavorativo, scolastico, e sul contenimento dello svantaggio sociale, sia della persona sia della famiglia.
Criteri generali di organizzazione dei servizi riabilitativi per le persone con esiti di trauma cranio-encefalico
I servizi riabilitativi per la presa in carico delle persone con grave cerebrolesione debbono essere orientati a garantire:
ü Accessibilità e copertura: garanzia che il percorso di presa in carico sia attivato per tutte le persone che ne hanno necessità;
ü Continuità: garanzia della coerente successione ed integrazione dei diversi interventi in funzione delle fasi del processo morboso, della condizione clinica della persona, della situazione familiare ed ambientale.
ü Tempestività: garanzia dell'effettuazione degli interventi in tempi adeguati al tipo di bisogno, rispetto dei tempi di intervento in funzione delle fasi biologiche del recupero e delle necessità socioambientali.
ü Efficacia/essenzialità: effettuazione di interventi di validità riconosciuta e condivisa, evitando di alimentare aspettative verso interventi di efficacia dubbia o di alimentare una domanda impropria verso interventi che non hanno ragionevoli probabilità di avere effetti positivi sulle condizioni del paziente o della famiglia.
ü Coinvolgimento del paziente e della sua famiglia in tutte le fasi della presa in carico, intesa come facilitazione alla partecipazione attiva e consapevole al percorso di cura, da perseguire con azioni di educazione, supporto, informazione durante tutto il periodo
della presa in carico. Un obiettivo importante è favorire il processo di accettazione della quota di disabilità non emendabile, e la capacità alla sua gestione.
Il riconoscimento delle peculiarità di queste patologie, e dei loro fabbisogni riabilitativi, ha portato alla necessità di individuare modalità organizzative specifiche per la loro presa in carico. Questa scelta è stata effettuata sia in Italia (con la emanazione delle linee-guida sulle attività di riabilitazione, che prevedono strutture specificamente indirizzate alla riabilitazione intensiva di questa categoria di pazienti: le Unità di Alta Specialità per le Gravi Cerebrolesioni), che in molti paesi d’Europa ed in Nordamerica.
La necessità di strutture specificamente dedicate alla presa in carico riabilitativa di pazienti con gravi lesioni cerebrali acquisite trova conferme anche nelle linee di indirizzo elaborate a livello della Unione Europea: nell'ambito del progetto europeo HELIOS II sulla integrazione sociale dei disabili, cui hanno partecipato sia professionisti della riabilitazione che rappresentanti delle associazioni dei pazienti, sono state elaborate raccomandazioni sulla riabilitazione delle persone affette dal danno cerebrale (10). In tali raccomandazioni si sottolinea la necessità che le problematiche conseguenti a lesione cerebrale acquisita siano riconosciute come una specifica categoria di evento disabilitante, con caratteristiche peculiari che la differenziano da altre patologie di interessa riabilitativo, e che rendono necessaria la organizzazione di interventi da parte di equipes multiprofessionali specificamente formate. Sempre nello stesso documento, si raccomanda la adozione di sistemi di accreditamento per tutte le strutture e servizi coinvolte negli interventi su queste patologie.
La CARF (Commission for Accreditation of Rehabilitation Facilities), il più importante organismo non-governativo per l'accreditamento in riabilitazione negli USA, ha ritenuto necessario individuare specifici criteri e standard per i programmi di intervento rivolti alla riabilitazione delle persone con danno cerebrale acquisito (11).
In ambito nazionale, un riferimento scientifico di particolare rilievo è costituito dal documento conclusivo della Giuria della Consensus Conference sulle: “Modalità di trattamento riabilitativo del traumatizzato cranio-encefalico in fase acuta, criteri di
trasferibilità in strutture riabilitative e indicazioni a percorsi appropriati”, tenutasi nel giugno 2000 (12).
Bilancio della gravità del danno cerebrale
L'elemento clinico principale per definire la gravità del danno cerebrale traumatico è l'entità della compromissione della coscienza, che può giungere fino al coma. Il coma, secondo la definizione proposta da Jennett e Teasdale, è una condizione caratterizzata da assenza di apertura degli occhi anche dopo stimolo, assenza di produzione verbale, incapacità di eseguire al comando (13).
La Glasgow Coma Scale (GCS) (13) è lo strumento più diffusamente adottato per la valutazione clinica del livello di coscienza. Questa scala, affidabile, facilmente comunicabile e somministrabile anche dal personale infermieristico, si basa sulla valutazione di tre aspetti (tabella 6): la risposta motoria, la apertura degli occhi, la produzione verbale. Il punteggio minimo è di 3, corrispondente al più grave livello di coma; il massimo è 15, corrispondente ad un livello di coscienza completamente integro. Tutti i pazienti con un punteggio uguale od inferiore ad 8, e che non presentano apertura degli occhi, nemmeno su stimolo, sono considerati in coma.
La GCS si è dimostrata utile per la previsione dell'outcome sia in termini di sopravvivenza (14), che di esito funzionale (15), che di livello di reinserimento lavorativo e di qualità di vita (16,17) Il rilievo di un punteggio alla GCS inferiore a 7 dopo una settimana dal trauma comporta una probabilità inferiore al 12% di un recupero funzionale favorevole (18).
Un trauma cranio-encefalico viene definito grave quando la GCS iniziale è inferiore a 8; moderato quando la GCS iniziale è fra 9 e 12, lieve quando la GCS iniziale è superiore a12.
Oltre al punteggio alla GCS, nella valutazione della gravità del trauma si tiene in genere in considerazione anche il periodo di tempo durante il quale il paziente mantiene un punteggio inferiore ad un certo valore: in genere, si considera grave il trauma in cui il paziente presenta un punteggio CGS uguale o inferiore a 8 per più di sei ore .
Sequele disabilitanti del trauma cranioencefalico
Le lesioni cerebrali che si instaurano a seguito di un traumatismo si possono suddividere in:
lesioni o danni diretti, o primari, che si instaurano come immediata conseguenza del trauma, per effetto della applicazione della forza sul tessuto nervoso: tali sono le contusioni e lacerazioni cerebrali, ed il danno assonale diffuso.
lesioni o danni indiretti o secondari, che si instaurano per effetto di fattori intercorrenti (concomitanti lesioni vascolari), della alterazione dei meccanismi fisiologici di autoregolazione cerebrale, o di altre complicanze. Essi possono insorgere a breve distanza di tempo o a distanza dal trauma stesso. Tali sono gli ematomi, l’edema cerebrale, la ipossia cerebrale diffusa, l’atrofia cerebrale.
In rapporto alla estensione de danno e all’aspetto macroscopico delle lesioni, il danno può essere:
focale, cioè interessare aree circoscritte del parenchima; quando tali lesioni assumono rilevanza clinica, sono in genere visibili ad occhio nudo o attraverso l’indagine neuroradiologica;
diffuso, ed interessare diverse strutture; alcuni tipi di danno diffuso, anche quando producono effetti clinici evidenti, non sempre sono visibili o documentabili radiologicamente.
Nella maggior parte dei casi, il grave trauma cranio-encefalico si associa ad una o più lesioni a livello di altri organi ed apparati; l'esito funzionale complessivo, nonché la durata e l'entità degli interventi riabilitativi, possono essere significativamente influenzati da questi danni associati .
Nel bilancio del paziente traumatizzato cranio-encefalico in fase acuta è quindi indispensabile includere anche la valutazione di questi aspetti.
Le sequele disabilitanti dei traumi cranioencefalico possono essere dovute a:
· Menomazioni sensomotorie (paresi/plegia, atassia, spasticità-rigidità, retrazioni, disfagia, deficit della motilità oculare, deficit visivi, uditivi, somatosensoriali…)
· Menomazioni cognitive (disordini di memoria, attenzione, concentrazione, linguaggio)
· Menomazioni comportamentali (inerzia, impulsività, disinibizione…)(19).
Lo spettro di disabilità residua dopo trauma cranio-encefalico grave è, nella maggior parte dei casi, dovuto al coesistere di menomazioni sensomotorie e cogntivo-comportamentali.
Strumenti di valutazione riabilitativa del TCE
Esistono diversi strumenti per valutare e descrivere la situazione complessiva del paziente con TCE dopo la fase acuta; in genere si tratta di strumenti multidimensionali, che tengono conto sia delle menomazioni, che della disabilità, che dell'handicap.
Uno strumento estremamente diffuso è la Glasgow Outcome Scale (20) abbreviata in GOS. Si tratta di una scala ordinale molto semplice, che comprende cinque livelli di outcome. La scale è riportata in tabella 2. Esiste anche una versione espansa della scala, che comprende 8 livelli di outcome; quest'ultima versione si è però dimostrata meno affidabile di quella originale.
La classificazione secondo la GOS si è mostrata correlata con diverse misure di gravità del trauma in fase acuta; essa è diffusamente usata in studi epidemiologici su ampie popolazioni ed in ambito rianimatorio e neurochirurgico (21). Ha mostrato anche validità concorrente rispetto a misure di outcome funzionale, come la autonomia nel self- care e negli spostamenti, mentre la correlazione con misure di reintegrazione sociale (come il ritorno al lavoro) è meno evidente . Il suo interesse in ambito riabilitativo è relativamente modesto, data la scarsa sensibilità, la tendenza a stabilizzarsi dopo il sesto mese dal trauma, e la scarsa utilità nel fornire indicazioni utili alla pianificazione del trattamento (22).
Uno strumento di valutazione globale elaborato specificamente per il paziente con trauma cranio- encefalico è la Disability Rating Scale (23) abbreviata in DRS. E' uno strumento composito, che include la valutazione della menomazione, disabilità ed handicap, e consente la attribuzione di un punteggio complessivo. I principali vantaggi della DRS sono la semplicità e rapidità di somminstrazione, la affidabilità e la validità
rispetto ad altre scale, e la capacità predittiva circa la possibilità di reinserimento sociale (24-28) Per la valutazione riabilitativa longitudinale e multidimensionale del paziente con esiti di TCE sono stati proposti dei protocolli, che includono diversi strumenti di valutazione standardizzata, e che consentono una descrizione del danno, menomazione, disacilità ed handicap. Fra questi protocolli, quello proposto dalla European Brain Injury Society (29), che è disponibile anche in versione italiana, e il protocollo di valutazione riabilitativa di minima per il paziente con TCE elaborato dalla Sezione sulla riabilitazione del TCE della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione (30).
Per la valutazione del livello funzionale in fase post-acuta, si possono utilizzare gli stessi strumenti adottati per altre patologie disabilitanti.
In ambito riabilitativo, vengono utilizzati per il traumatizzato cranio-encefalico la Funcional Independence Measure (31), e il Patient Evaluation Conference System (32 ).
Uno strumento estremamente semplice, utile a valutare rapidamente il livello di assistenza richiesto dal paziente, è la Supervision Rating Scale (33).
In genere questi strumenti non sono sufficienti a descrivere in modo compiuto il quadro funzionale del paziente, specie per i pazienti maggiormente disabili, come i pazienti a bassa responsività protratta. Per queste situazioni sono stati elaborati strumenti specifici, che saranno descritti in seguito. Anche per i pazienti maggiormente autonomi nelle attività di base della vita quotidiana le comuni scale di valutazione funzionale si sono rivalte insufficienti. Per questi ultimi, è necessario valutare la autonomia anche in compiti più complessi (le cosiddette ADL secondarie, o elaborate).
Per rispondere a questa ultima esigenza, è stata elaborata la Functional Asessment Measure (FAM) (34). La FAM comprende 12 items, cui viene attribuito un punteggio variabile da 1 a 7, analogamente a quanto previsto nella FIM. Gli tems della FAM riguardano: deglutizione, capacità di salire/scendere dall'auto, capacità di accedere ai locali pubblici, lettura, scrittura, intelligibilità dell'eloquio, situazione emozionale, adattamento alle limitazioni, impiegabilità, orientamento, attenzione, valutazione del rischio.
Il Community Integration Questionnaire (CIQ) è stato specificamente elaborato e validato per la valutazione dello svantaggio sociale dopo TCE (35, 36); è stato tradotto in italiano e sottoposto ad uno studio di validazione sulla popolazione del nostro paese (37).
Valuta tre aspetti: l'integrazione famigliare, l'integrazione sociale e l'integrazione in attività produttive.
Un altro strumento per la valutazione di questi aspetti è la CHART (Craig Handicap Assessment and Reporting Technique), elaborata in origine per la valutazione dell'handicap in pazienti con lesioni vertebromidollari (38). La sua affidabilità e validità sono state documentate; il suo svantaggio è quello della lunghezza di somministrazione.
Tabella 1 – Fasi del percorso di cura dopo grave TCE Fase Dimensione/i
di maggiore interesse
Durata* Strutture ove si effettuano gli interventi
Finalità principali degli interventi riabilitativi ACUTA:
Dal momento dell’insorgenza
della lesione cerebrale fino alla risoluzione
delle problematiche
rianimatorie e neurochirurgiche
DANNO MENOMAZIONE
Da alcune ore ad alcune settimane
· Trauma center
· Rianimazione
· Neurochirurgi a
· Unità per acuti
· Supporto agli interventi rianimatori e neurochirurgici nella prevenzione del danno secondario;
· Minimizzazione delle menomazioni
· Facilitazione della ripresa di contatto ambientale
· Informazione/supporto alla famiglia
POST-ACUTA O RIABILITATIVA
Dalla stabilizzazione
delle funzioni vitali fino al raggiungimento
del massimo livello di autonomia possibile in funzione delle
menomazioni residue
MENOMAZIONE DISABILITÀ (LIMITAZIONE DELL’ATTIVITA
Da alcune settimane
a vari mesi
· Unità di Riabilitazione Intensiva (II III livello);
· Trattamento delle menomazioni;
· Minimizzazione della disabilità residua;
· Informazione e addestramento alla gestione delle problematiche disabilitanti
DEGLI ESITI Dalla stabilizzazione della disabilità
residua al raggiungimento e mantenimento
del massimo livello di integrazione sociale possibile, in funzione delle menomazioni e
disabilità
HANDICAP (PARTECIPAZIO
NE)
Da alcuni mesi ad
alcuni anni
· Strutture Sociali ed Agenzie Comunitarie per la reintegrazion e famigliare, scolastica, lavorativa;
· Strutture residenziali o semiresidenzi ali protette
· Facilitazione all’utilizzo ottimale delle capacità e competenze residue in ambito famigliare, sociale, lavorativo
· Modificazione dell’ambiente per favorire al meglio l’utilizzo delle capacità residue.
* La durata delle fasi è quella osservata nella maggioranza dei casi; vi possono essere significativi scostamenti.
Tabella 2 - Categorie della Glasgow Outcome Scale MORTE
STATO VEGETATIVO Vigile ma non responsivo DISABILITÀ GRAVE Disabile, dipendente da altri
DISABILITÀ MODERATA Disabile ma non dipendente da altri BUON RECUPERO Non disabile, indipendente
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