• Non ci sono risultati.

Condizioni di detenzione: reclamo va proposto al Tribunale di sorveglianza. Nota a Cassazione penale , sez. I, sentenza 08.01.2015 n° 315

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Condizioni di detenzione: reclamo va proposto al Tribunale di sorveglianza. Nota a Cassazione penale , sez. I, sentenza 08.01.2015 n° 315"

Copied!
4
0
0

Testo completo

(1)

Condizioni di detenzione: reclamo va proposto al Tribunale di sorveglianza Cassazione penale , sez. I, sentenza 08.01.2015 n° 315

(Altalex, 2 febbraio 2015. Nota di Simone Marani)

A seguito dell'introduzione del D.L. 146/2013 (c.d. "Svuota carceri"), il reclamo va proposto al Tribunale di sorveglianza. E' quanto emerge dalla sentenza della Prima Sezione Penale della Cassazione dell'8 gennaio 2015, n. 315.

Il caso vedeva un detenuto promuovere reclamo al Magistrato di sorveglianza per le cattive condizioni di detenzione subite, consistenti, in particolare, nel fatto di trovarsi ristretto in una cella singola di grandezza inferiore a 8 metri quadri, dotata di una sola finestra e con annesso servizio igienico privo di apertura esterna in cui venivano periodicamente associati altri detenuti, in violazione degli artt. 1, 5, 6, 12, 69 ord. pen., e artt. 3, 34, 41, CEDU. Il Magistrato di sorveglianza dichiarava inammissibile il reclamo proposto in quanto, tenuto conto delle condizioni di detenzione del reclamante all'interno dell'istituto carcerario, non era possibile compiere alcuna valutazione sull'effettività delle violazioni lamentate.

Secondo gli ermellini, il ricorso presentato dal detenuto, qualificabile come reclamo, veniva presentato dopo l'entrata in vigore della nuova formulazione dell'art. 35-bis, comma 4, del D.L.

146/2013, con la conseguenza che, al momento del deposito, doveva applicarsi tale normativa, che prevede l'intervento della Cassazione solo dopo il reclamo al Tribunale di sorveglianza, nel termine di quindici giorni dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della decisione stessa.

"Una tale soluzione interpretativa si impone anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte che, da tempo, ha definito i confini del principio del tempus regit actum, con riferimento alla materia esecutiva, affermando che le modifiche legislative che incidono sulle modalità di esecuzione della pena si applicano a tutti i rapporti non ancora definiti al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina".

Conseguentemente, nella fattispecie, si doveva applicare l'art. 35-bis, comma 4, D.L. 146/2013,

nella sua nuova formulazione, costituente ius superveniens rispetto al diritto di reclamo dei detenuti.

(2)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I PENALE

Sentenza 17 dicembre 2014 - 8 gennaio 2015, n. 315 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIEFFI Severo - Presidente - Dott. CAVALLO Aldo - Consigliere - Dott. LOCATELLI Giuseppe - Consigliere - Dott. MAGI Raffaello - Consigliere -

Dott. CENTONZE Alessandr - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza sul ricorso proposto da:

L.P.S. N. IL (OMISSIS);

avverso il decreto n. 1286/2014 GIUD. SORVEGLIANZA di UDINE, del 31/03/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO CENTONZE;

lette le conclusioni del PG Dott. VIOLA Alfredo Pompeo che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con reclamo proposto al Magistrato di sorveglianza di Udine il 05/03/2014 L.P.S. premetteva di

trovarsi ristretto presso la Casa circondariale di Tolmezzo in una cella singola di grandezza inferiore

a 8 metri quadri, dotata di una sola finestra e con annesso servizio igienico privo di apertura esterna,

in cui venivano periodicamente associati altri detenuti, nella quale trascorreva almeno quattro ore

giornaliere, in luogo delle otto ore regolamentari.

(3)

Per queste ragioni, il L.P. chiedeva la condanna dell'Amministrazione penitenziaria e dello Stato italiano al risarcimento dei danni patiti per le condizioni di detenzione subite, che il reclamante riteneva di quantificare in 105.000,00 Euro.

A sostegno delle sue pretese il reclamante richiamava le previsioni degli artt. 1, 5, 6, 12 e 69 Ord.

Pen., nonchè la violazione degli artt. 3, 34 e 41 Convenzione EDU, così come reinterpretati nella sentenza emessa il 16/07/2009 nel caso Sulemajnovic contro Italia del 2009 dalla Corte EDU. 2.

Con ordinanza emessa il 31/03/2014 il Magistrato di sorveglianza di Udine dichiarava

inammissibile il reclamo proposto, evidenziando che, tenuto conto delle condizioni di detenzione del reclamante all'interno della Casa circondariale di Tolmezzo, non era possibile compiere alcuna valutazione sull'effettività delle violazioni lamentate.

Nell'ordinanza si ricostruiva la cornice sistematica in cui si inseriva il reclamo, con particolare riferimento agli artt. 1, 5, 6, 12 e 69 Ord. Pen., artt. 3, 34 e 41 Convenzione EDU, precisandosi che la materia è attualmente disciplinata dall'art. 35 bis Ord. Pen., introdotto dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10, che consente ai detenuti di proporre reclami giurisdizionali.

Si prendeva, inoltre, atto delle iniziative adottate dalla direzione dell'istituto penitenziario dove si trovava recluso il L.P. per contrastare il sovraffollamento carcerario, che venivano valutate in senso contrario alle richieste del reclamante.

Tali ragioni inducevano il magistrato di sorveglianza a ritenere inammissibile il reclamo proposto.

3. Avverso tale ordinanza, ricorreva per cassazione, con atto depositato personalmente il

05/04/2014, L.P.S., ribadendo in ricorso la sussistenza di condizioni di detenzione che si ponevano in palese contrasto con le previsioni della Convenzione EDU richiamate nell'originario reclamo proposto al Magistrato di sorveglianza di Udine il 05/03/2014.

Si richiamavano, a conferma di tale ricostruzione, le specifiche condizioni detentive, con

riferimento al numero di detenuti ubicati nella cella dove il L.P. era ristretto, allo spazio abitativo individuale e all'inadeguatezza delle condizioni igieniche della sua cella.

Per queste ragioni, si reiterava la richiesta di risarcimento del danno, fondata sulla violazione degli artt. 3, 34 e 41 Convenzione EDU, quantificata in 105.000,00 Euro.

Motivi della decisione

1. In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso proposto da Santo L.P. deve essere qualificato come reclamo.

Si consideri, in proposito, che l'originario reclamo veniva presentato dal L.P. ai sensi del D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, art. 35 bis, comma 4, che, in sede di conversione con la legge 21 febbraio 2014, n. 10, entrata in vigore il 23/02/2013, era stato modificato, con la previsione del reclamo al tribunale di sorveglianza e, dopo di esso, del ricorso per cassazione.

Nel caso di specie, il ricorso veniva presentato il 05/04/2014, dopo l'entrata in vigore della nuova

formulazione del D.L. n. 146 del 2013, art. 35 bis, comma 4, con la conseguenza che, al momento

del deposito, doveva applicarsi tale disposizione, che prevede l'intervento della corte di cassazione

solo dopo il reclamo al tribunale di sorveglianza, previsto da tale disposizione, nel "termine di

quindici giorni dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della decisione stessa".

(4)

Ne discende che il L.P., prima di ricorrere a questa Corte, avrebbe dovuto proporre reclamo del D.L. n. 146 del 2013, ex art. 35 bis, comma 4 - nella sua nuova formulazione - al Tribunale di sorveglianza di Trieste e non già direttamente a questa Corte.

Una tale soluzione interpretativa si impone anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte che, da tempo, ha definito i confini del principio del tempus regit actum con riferimento alla materia esecutiva, affermando che le modifiche legislative che incidono sulle modalità di esecuzione della pena si applicano a tutti i rapporti non ancora definiti al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina. In conformità di tale principio, nel caso in esame, si doveva applicare del D.L. n. 146 del 2013, art. 35 bis, comma 4, nella sua nuova formulazione, costituente ius superveniens rispetto al diritto di reclamo dei detenuti, così come originariamente configurato (cfr. Sez. un., n. 24561 del 30/05/2006, dep. 17/07/2006, P.M. in proc. Aloi, Rv. 233976).

Da tali conclusioni, tuttavia, non deriva la caducazione del ricorso, in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nelle ipotesi in cui l'autorità giudiziaria sia stata investita erroneamente dell'impugnazione, questa potrà essere riqualificata ai sensi dell'art. 568 c.p.p., comma 5. In questo caso, quindi, occorrerà procedere alla riqualificazione del ricorso proposto dal L.P. sulla base del principio generale di conservazione degli atti processuali e del favor

impugnationis (cfr. Sez. 6, n. 240529, 21/04/2008, dep. 23/06/2008, Montinaro, Rv. 240529).

Ne discende conclusivamente che, nel caso di specie, il ricorso, a norma dell'art. 568 c.p.p., comma 5, deve essere riqualificato come reclamo avverso l'ordinanza emessa dal Magistrato di sorveglianza di Udine nei confronti di L.P.S., con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di

sorveglianza di Trieste, per la sua trattazione con le forme previste dall'art. 35 bis, comma 4, Ord.

Pen.

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come reclamo, ai sensi dell'art. 35 bis, comma 4, Ord. Pen., dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Trieste per quanto di competenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2015

 

Riferimenti

Documenti correlati

I presupposti del regime penitenziario della sorveglianza particolare vengono definiti dall'articolo 14 bis dell'Ordinamento Penitenziario, che al comma 1 stabilisce che possono

Ecco allora che, esattamente come avvenuto nel caso Torreggiani, il profilo di maggior interesse della pronuncia riguarda proprio le misure generali raccomandate allo Stato

230 del 2000, in tema di colloqui telefonici, per i quali sussiste un limite numerico settimanale e la sottoposizione alla valutazione del direttore dell'istituto di pena,

della tortura e altre pene o trattamenti inumani o degradanti, in particolare la Convenzione europea per la protezione dei diritti dell'uomo e le libertà fondamentali (CEDU) (articolo

Sicché prima ancora di fare ricorso allo strumento del rinvio pregiudiziale, è la stessa Corte di Giustizia (Corte giustizia CE, grande sezione, 13/03/2007, n. 432) che segnala

La prima ha coniato princìpi apparentemente garantistici, ma in realtà ever- sivi sul piano crimillologico (basti pensare alla tesi che ammette all'affidamento in prova il soggetto

[r]

(commi inseriti dall’art. 1, della citata legge 12 luglio 1999, n 231) dispone che non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere …se trattasi di