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PIANO DI TUTELA DELL AMBIENTE MARINO E COSTIERO

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Academic year: 2022

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PIANO DI TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO

AMBITI COSTIERI 16-17-18

Unità fisiografiche Moneglia, Deiva, Ghiararo, Cinque Terre, Muzzerone, Golfo della Spezia e

Magra

ART. 41 LEGGE REGIONALE N° 20/2006

Relazione sui popolamenti marini bentonici (RB)

Pressione ed impatto della pesca (strascico abusivo e

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Indice

1. Introduzione 3

2. Raccolta dati 4

3. Risultati 5

3.1. Strascico 5

3.2. Macrorifiuti 7

4. Risposte 11

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1. Introduzione

Al fine di acquisire informazioni aggiornate e attendibili sul fenomeno della pesca a strascico abusiva (effettuata al di sopra dell’isobata dei 50 metri) è stato affidata all’Osservatorio Ligure per la Pesca e l’Ambiente (OLPA) un’inchiesta specifica sul tema.

Lo studio è stato condotto a scala regionale acquisendo informazioni su tutto l’arco ligure.

La porzione di mare interessata è quella compresa nei primi 50 metri di profondità, zona di particolare pregio per la presenza di biocenosi sensibili, nonché per gli equilibri in genere, sia ecologici, sia sedimentari della fascia costiera.

L’indubitabile pregio ittico del tratto di mare più prossimo alla costa (zone di nurserie in particolare) determina una grande attrattiva nei confronti di tutte le forme di sfruttamento delle risorse, anche attraverso l’uso di pratiche illegali quale lo strascico abusivo, che devono essere controllate e ostacolate facendo ricorso alla conoscenza completa della problematica ed alle possibili strategie di dissuasione.

Il censimento e la georeferenziazione delle attività di strascico abusivo sono stati effettuati mediante interviste ad operatori della piccola pesca professionale e rappresentanti delle comunità marinare, quotidianamente a contatto con l’ambiente costiero.

Le interviste effettuate, proprio in relazione alla professionalità dei soggetti intervistati, restituiscono in modo attendibile le informazioni sulle zone soggette a pratiche di pesca a strascico illegale.

Nel definire le aree a rischio non ci si è limitati a descrivere dove siano state notate attività illegittime di pesca a strascico, ma si sono definite le condizioni di possibile attività in relazione ai limiti di operatività delle reti ed agli ostacoli, naturali e non, presenti sui fondali.

Un secondo oggetto di indagine è stato l’impatto della presenza di strumenti di pesca abbandonati ed altri rifiuti ingombranti sui popolamenti bentonici ed in particolare sui popolamenti coralligeni che rappresentano l’habitat maggiormente vulnerabile e sensibile rispetto a tale tipologia di pressione.

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2. Raccolta dati

La raccolta di dati riguardanti gli sconfinamenti di pescherecci a strascico al di sopra della batimetria consentita è stata effettuata attraverso interviste telefoniche ai Comuni liguri interessati da fondali a prateria di Posidonia oceanica, ed incontri con pescatori, professionisti e non, operanti lungo la quasi totalità di litorale, da Ventimiglia a Lerici.

Dall’indagine svolta, risulta che la problematica dello strascico abusivo è ben conosciuta dai pescatori professionisti, mentre i Comuni ne ignorano quasi sempre l’esistenza. Anche per quanto riguarda la messa in atto di opere deterrenti lo strascico, a salvaguardia delle praterie di Posidonia oceanica, si può riassumere che da parte dei Comuni non è stata compiuta alcuna attività, con poche eccezioni.

Durante gli incontri, ai pescatori sono state mostrate carte ben dettagliate di piccole aree di costa ligure, con indicate le batimetrie e i posidonieti presenti; di conseguenza le zone interessate da attività di strascico abusivo sono state segnalate con una buona precisione; inoltre è stata individuata anche la presenza sui fondali di deterrenti meccanici (ostacoli all’attività delle strascicanti) sia naturali che antropici, quali scogli, relitti, tubi fognari, condotte idrauliche.

Le informazioni sono state raccolte presso tutte le principali marinerie liguri, realizzando degli incontri mirati con i professionisti della piccola pesca costiera.

Le indicazioni sulle aree interessate dagli abusi e sulle rotte di strascico sono state riportate direttamente su carte nautiche in modalità manuale, con una precisione proporzionata al numero di punti cospicui presenti in zona; la conoscenza empirica dei fondali consente, infatti, agli operatori coinvolti, di attribuire profondità e direzione ai tracciati indicati.

Normalmente, ogni informazione è stata rilevata dal confronto con almeno due soggetti per località.

Le marinerie interessate sono state le seguenti: San Remo, Imperia, Andora, Alassio, Noli, Bergeggi, Savona, Arenzano, Genova Sestri e Nervi, Camogli, Sestri Levante, Monterosso, Lerici.

I dati raccolti sono stati riversati su supporto informatico attraverso l’utilizzo di software GIS con il quale è stato possibile riassumere le informazioni acquisite sotto forma di cartografia georiferita delle aree interessate dal fenomeno. Al riferimento geografico è stata aggiunta una caratterizzazione delle stesse per mezzo di una tabella referenziata che ne riportasse lo stato e il grado di protezione o di impatto.

L’elaborazione ha prodotto, come risultato finale, una cartografia interattiva nella quale sono riportate due tipologie di zone interessate dal fenomeno: aree su cui insiste attività di strascico abusivo e quindi impattate dal fenomeno e zone in cui sussistono elementi di protezione diretta ed indiretta da tale attività. Nelle aree riparate dalla pesca a strascico abusiva sono state riportate le ragioni e l’origine della protezione che ne impedisca eventuali attività.

Per quanto riguarda la presenza di reti e rifiuti sui fondali sono state raccolte alcune segnalazioni provenienti dal mondo della ricerca: il Distav, dell’Università di Genova, centro di eccellenza nello studio degli habitat a coralligeno, ha fornito preziose indicazioni sull’entità di tale problematica nel territorio ligure.

Negli ultimi anni le conoscenze scientifiche su questo argomento hanno avuto un notevole incremento e sviluppo grazie agli studi promossi dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nell’ambito dell’applicazione della Direttiva “Marine Strategy”: Ispra, Distav ed Arpal hanno realizzato approfondite campagne di monitoraggio su molti siti liguri, come in seguito dettagliato.

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3. Risultati

3.1. Strascico

Le interviste effettuate hanno evidenziato che il fenomeno della pesca a strascico illegale può rappresentare ancor oggi, in alcune realtà locali, un importante fattore di pressione non sostenibile sui bassi fondali liguri.

Nonostante i divieti e i rischi di sanzione, questa fascia di fondale sembra essere molto allettante per le rese, così da spingere i pescatori di differenti località ad operare in tali tratti di mare.

Le zone interessate dagli abusi sembrano essere scelte esclusivamente in base alle condizioni di attuabilità della pesca a strascico e non da presupposti inerenti al particolare contesto dell’area in esame.

Il comportamento generale del pescatore abusivo è quello di prolungare la strascicata nella fase di rientro in porto, o piuttosto di anticiparla rispetto al raggiungimento della zona di competenza, estendendo l’attività di pesca in relazione ad un’approssimazione volontaria ed errata delle rotte legittime, in modo da poterne estendere i frutti alle zone interdette. Il tutto con il favore del buio del mattino o della sera.

Elaborando i dati relativi a tutto il tratto di costa Ligure si possono isolare le specifiche cause di dissuasione all’attività illecita. Esse sembrano essere riferibili a 2 motivi principali: ostacoli sul fondo che comportano il rischio di rottura delle reti e controlli da parte delle autorità che dissuadono i pescatori (rischio di sanzione).

L’attività di pesca a strascico illegale sembra comunque essere un’attività che coinvolge prevalentemente singoli individui particolarmente indifferenti alle normative, ove non vi sia un buon incentivo a non operarla.

Nei tratti di costa caratterizzati da ostacoli presenti sul fondale marino, sia naturali sia di origine antropica (tubature e strutture di altro genere), sembra sussistere un valido motivo di dissuasione, sebbene in alcuni casi i pescatori sembrino aver sviluppato una grande esperienza nell’operare in stretta prossimità delle zone inaccessibili.

In generale si può evidenziare come la riviera di levante sia caratterizzata da una maggiore presenza di controlli da parte delle autorità competenti, legata soprattutto alla presenza delle due aree marine protette di Portofino e Cinque Terre.

Nella riviera di ponente sembra insistere un maggiore impatto dovuto alla pesca a strascico abusiva, interrotta solo lungo i tratti di costa protetti da strutture sommerse costituite principalmente da scogli, relitti e tubature o condotte sottomarine.

Di fatto l’unica zona a rischio su tutta la riviera di levante, evidenziata dalle interviste, sembra essere quella prossimale al porticciolo di Sestri Levante, area in cui risulta insistere l’operazione, descritta in precedenza, di cala anticipata delle reti (o equivalente salpata ritardata) in aree a bassissimo fondale.

La situazione è ben diversa nel ponente ligure dove il controllo da parte delle autorità preposte risulta inferiore e viene restituito uno scenario più gravoso.

In questa regione le aree su cui insiste lo strascico abusivo interessano quasi tutte le maggiori località di pesca e si interrompono solo dove vi siano noti ostacoli sommersi o vi sia una eccessiva visibilità dai principali centri abitati o porti.

Si rilevano informazioni di grande interesse, sul tratto di costa a levante di Ventimiglia, ove viene denunciata attività di pesca in corrispondenza del tratto di fondale occupato dall’acquedotto sottomarino che corre lungo costa. Uno scenario del genere evidenzia come, anche in presenza di ostacoli che dovrebbero dissuadere dalle operazioni di strascico, i pescatori abbiano sviluppato un’elevata conoscenza delle strutture che esistono sotto la superficie del mare, tanto da spingersi ad operare in stretta prossimità di esse, senza farsi scoraggiare dagli eventuali rischi di danno alle attrezzature.

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Figura 3.1.1. Aree di interesse per lo strascico abusivo e zone controllate efficacemente nel territorio degli ambiti del Piano

Dalla carta si evince che gli ambiti di interesse sembrerebbe non particolarmente interessati da questo tipo di impatto; l’area di mare tra Framura e Levanto e nell’Area Marina Protetta delle Cinque terre risultano efficacemente controllate, mentre vi è l’unico tratto di costa segnalato ai margini settentrionali, tra Punta Moneglia e Punta Baffe; un’analisi di maggiore dettaglio, attraverso l’incrocio con la presenza di habitat sensibili, rivela però che anche in questa situazione marginale l’impatto potrebbe incidere su una situazione particolarmente sensibile.

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Figura 3.2.2. Dettaglio per lo strascico abusivo tra Punta Baffe e Punta Moneglia in relazione alla presenza di habitat sensibili

Come mostrato in figura 3.1.2. nella zona per le quali esistono segnalazioni di strascico sottocosta tra Punta Baffe e Punta Moneglia si trova la presenza di praterie di Posidonia oceanica (in verde) e di popolamenti del Coralligeno (in rosso), per le quali è stato individuato un obiettivo prioritario di salvaguardia e miglioramento. Le misure di conservazione per la Zona Speciale di Conservazione

“Fondali Punta Baffe”, designata con D.M. 13 ottobre 2016 per la tutela di questi habitat, prevedono sia il divieto dello strascico sulle aree coralligene al di sotto dei 50 metri di profondità, sia azioni di controllo contro gli abusivismi.

3.2. Macrorifiuti

In base ai dati disponibili si può affermare che il fenomeno rappresenta in Liguria una concreta problematica di conservazione, limitata comunque a siti e ad habitat localizzati: sono in particolare i popolamenti sciafili di substrato duro a costituire il bersaglio di tale pressione: da un lato la piccola pesca professionale e dilettantistica trova presso tali habitat degli ottimi siti, per l’alta biodiversità e conseguente ricchezza di specie pregiate; dall’altro le asperità del fondale e le stesse biocostruzioni che caratterizzano il popolamento rendono frequente l’incagliamento e la perdita accidentale degli attrezzi.

Nei fondi coralligeni interessati dalla presenza di attrezzi da pesca abbandonati o persi sono in particolare presenti resti di reti da posta e lenze che ingombrano il substrato producendo i seguenti danni:

− danneggiamento e distruzione per trazione e abrasione meccanica delle specie cospicue e strutturanti dell’habitat (gorgonie, spugne, briozoi);

− catture accidentali e conseguente uccisione di specie animali di pregio;

− deturpamento estetico e perdita di valore per l’offerta turistico-ricreativa.

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Figura 3.2.1. Fondi coralligeni presso i fondali rocciosi di Punta Montenero (Riomaggiore): Impatto di una rete a strascico (Scala bar: 10 cm) (“Programmi di Monitoraggio per la Strategia Marina - MODULO 7 Habitat coralligeno - Condizione dell’habitat”, DISTAV, 2017)

Nell’ambito dei Programmi di Monitoraggio per la Strategia Marina (Art. 11, D.lgs. 190/2010), Ispra e il Dipartimento per lo Studio del Territorio, dell’Ambiente e della Vita (DISTAV) dell’Università degli Studi di Genova hanno svolto, per conto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, indagini su fondi coralligeni con un’attenzione anche agli impatti antropici dovuti alla presenza di

“marine-litter” comprendente spazzatura generica e attrezzi da pesca.

Il DISTAV ha, in particolare, realizzato una valutazione dello stato ambientale a partire dalle indagini ROV ad alta risoluzione. La relazione tra attività di pesca e stato di salute delle comunità bentoniche rappresenta tuttavia una tematica molto complessa, difficilmente circoscrivibile ad un singolo parametro. Potrebbero infatti essere coinvolti fattori ambientali (come la topografia del substrato e le correnti che influenzano il modo in cui gli attrezzi si appoggiano ed eventualmente si muovono sul fondale), biologici (come il grado di aggregazione delle specie strutturanti, la loro forma, dimensione e la flessibilità dei loro scheletri, la suscettibilità all’epibiosi ed il loro tasso di crescita in grado di influenzare la probabilità di rimanere impigliati, l’intensità del danno meccanico a seguito di un impatto e la loro resilienza all’impatto), meccanici (come la lunghezza degli attrezzi, il numero e la dimensione degli ami, il tempo di permanenza sul fondo in grado di influenzare la probabilità degli organismi di rimanere impigliati) e sociali (come il numero di pescatori, la capacità commerciale dei porti coinvolti, il

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I siti indagati negli ambiti di interesse del presente Piano sono: Punta Mesco e Tinetto nel 2014, Punta Baffe (2015), Punta Mesco e Punta Montenero (2016).

Figura 3.3.2. Siti indagati nell’ambito dei Programmi di Monitoraggio per la Strategia Marina (Art. 11, D.lgs. 190/2010) per gli ambiti 16-17-18 del PTAMC Nel 2014 nell’area del Tinetto l’indagine è stata svolta secondo un modello descrittivo di tipo più qualitativo che quantitativo: è stata rinvenuta la presenza di lenze, reti e rifiuti che confermavano la presenza di impatti che potrebbero essere stati almeno in parte responsabili dei fenomeni di necrosi evidenziati nelle specie presenti (Distav, 2014).

Nel 2015 e nel 2016 i dati globali sul marine litter, analizzando il totale dei transetti su tutto il fondale ligure, mostrano che il 13-15% dei rifiuti rientrano nella categoria dei rifiuti generici mentre l’87-85%

sono collegabili alle attività di pesca. La categoria dei rifiuti generici è risultata molto varia, con una dominanza nella composizione della plastica; mentre la categoria degli attrezzi da pesca ha evidenziato una netta dominanza delle lenze su cime e reti.

Sito densità totale

oggetti ogni 100 m

densità litter generico

N° litter ogni 100

m

Densità attrezzi

attrezzi ogni 100

m

Punta Baffe

0,11 6 0,02 1 0,09 5

0,26 13 0,05 3 0,21 11

0,06 3 0,01 1 0,05 3

Montenero 0,14 7 0 0 0,14 7

Punta Mesco

0,24 12 0,01 1 0,23 12

0,13 7 0 0 0,13 7

0,15 8 0 0 0,15 8

transetto

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I rifiuti generici non sono presenti in ogni transetto analizzato, a differenza degli attrezzi da pesca che risultano ubiquitari. Questi ultimi presentano una densità mediamente elevata ovunque con un picco massimo a Punta Mesco dove si contano 12 attrezzi ogni 100 m e Punta Baffe con 11 attrezzi ogni 100 m.

Le considerazioni conclusive sottolineano che questo tipo di impatto antropico in Liguria rappresenta senza dubbio un problema evidente. Si osservano rifiuti antropici in tutti i siti esplorati. Mentre la componente di rifiuti generica proviene probabilmente in buona parte dalla costa attraverso i fiumi, la componente legata alla pesca, che è dominante, deriva da un utilizzo estremamente diffuso di una ricca varietà di attrezzi. Oltre alla presenza di numerosi attrezzi persi, si registrano anche numerosi impigli sul fondale, sulle colonie ed anche in diversi organismi a sviluppo verticale più ridotto. Questo fenomeno è diffuso a tutte le batimetriche, indipendentemente dalla distanza dalla costa e dalla vicinanza con una zona di tutela.

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4. Risposte

Per risolvere le problematiche di conservazione sopra evidenziate non esiste un’unica strategia di intervento: ogni situazione locale deve trovare azioni appropriate in base alle condizioni territoriali e socioeconomiche sito specifiche.

Per quanto riguarda il fenomeno della pesca a strascico abusiva esistono diverse possibili strategie deterrenti, anche da metter in atto in maniera integrata e sinergica:

- intensificazione dei controlli

- sensibilizzazione delle marinerie locali - creazione di barriere artificiali antistrascico - sistemi innovativi (web-cam, sistemi acustici)

Per quanto riguarda le reti abbandonate ed altri rifiuti derivanti dall’attività di pesca sui fondali caratterizzati da popolamenti coralligeni occorre prevedere azioni ed attività quali, ad esempio, interventi di pulizia mirati, attività di sensibilizzazione in sinergia con gli uffici regionali competenti nell’ambito della pesca, strumenti innovativi di cartografia elettronica utilizzabili dagli operatori del settore della pesca al fine di evitare di operare nelle zone a rischio per la perdita degli attrezzi.

Con la designazione delle Zone Speciali di Conservazione (D.M. 13 ottobre 2016) la Regione ha elaborato specifiche misure di conservazione dedicate a questa problematica prevedendo le seguenti azioni:

• programma di monitoraggio, a ciclo sessennale, sulla presenza di attrezzi da pesca abbandonati e sul relativo impatto;

• eventuale regolamentazione delle attività di pesca, nei casi in cui il monitoraggio ne evidenzi la necessità;

• eventuale programma di recupero degli attrezzi da pesca abbandonati nei siti impattati, da organizzare con la collaborazione di soggetti scientifici e di soggetti tecnici territorialmente competenti;

• programma di educazione e sensibilizzazione sull’impatto degli attrezzi da pesca indirizzato prioritariamente ai pescatori.

Tali azioni risultano previste per le seguenti ZSC presenti nell’ambito di interesse:

• IT1333370 Fondali Punta Baffe

• IT13333690 Fondali Punta Moneglia

• IT1344273 Fondali Anzo

• IT1344270 Fondali Punta Mesco – Riomaggiore

• IT1345175 Fondali Isole Palmaria – Tino – Tinetto

A seguito della sempre maggiore consapevolezza del problema, messo a fuoco in maniera progressiva dai precedenti stralci del PTAMC (ambito 15 e ambito 8, approvati rispettivamente nel 2012 e nel 2016) e dalle Misure di Conservazione per le Zone Speciali di Conservazione marine, questo argomento è stato inserito a partire dal 2015 nel Programma Regionale della Pesca e dell’Acquacoltura della Regione Liguria, a cura dell’Assessorato all'Agricoltura, floricoltura, pesca e acquacoltura - Settore Politiche Agricole e della Pesca; al fine di mitigare e risolvere la criticità degli attrezzi da pesca sui fondali interessati dalla presenza di coralligeno all’interno delle ZSC marine sono state avviate specifiche azioni:

- intervenendo preventivamente su alcuni comportamenti scorretti da parte dei pescatori attraverso adeguate forme di formazione ed informazione;

- attraverso il recupero di attrezzi da pesca preesistenti nei siti interessati;

- attraverso forme particolari di gestione dell’attività di pesca professionale e dilettantistica presso i siti interessati.

A tale riguardo è da segnalare che nell’ambito delle attività del FLAG “Gruppo di Azione Costiera Savonese” sono state avviate attività per la realizzazione di un’azione pilota di pulizia dei fondali in un sito opportunamente selezionato che prevede in particolare i seguenti filoni di attività:

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- messa a punto di una bozza di protocollo di lavoro per la rimozione degli attrezzi persi che causi il minor danno possibile sull’ambiente;

- redazione di un protocollo di recupero attraverso il quale, all’atto della denuncia di perdita di un attrezzo, venga prontamente attivata da parte dell’Autorità Marittima o dell’Ente Gestore una unità operativa appositamente attrezzata ed autorizzata volta alla rimozione immediata.

- individuazione di un percorso per lo smaltimento e un possibile futuro recupero e riciclaggio del materiale recuperato (PVC e nylon);

- monitoraggio dell’evoluzione temporale della comunità bentonica dopo le operazioni di bonifica.

- azioni di divulgazione volte a spiegare i problemi arrecati dagli attrezzi da pesca persi

Dal 2018, infine, la Regione Liguria è capofila di un progetto di cooperazione a valere sul Programma Italia-Francia Marittimo, denominato “P.Ri.S.Ma.- Med”, che ha l’ obiettivo di innovare la governance e la gestione integrata di rifiuti e scarti derivati da pesca, acquacoltura, e diporto, attraverso l’adozione di un piano rifiuti e scarti.

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