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Eni, cash flow 2012 atteso al di sopra dei 17 miliardi (+18%)

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Eni, cash flow 2012 atteso al di sopra dei 17 miliardi (+18%)

Prosegue la crescita del gruppo romano che, grazie anche all’apporto dei nuovi giacimenti,

prevede per la fine dell’anno un utile netto in crescita a circa 8 miliardi e un balzo del 15% nell’utile operativo, atteso oltre i 21 miliardi.

“La crescita è la priorità numero uno e noi vogliamo riproporre anche nel futuro tassi di sviluppo superiori ai competitor facendo leva sulle

consolidate capacità di trovare e sviluppare nuovi giacimenti”. Nel contempo, puntualizza Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni,

“vogliamo consolidare la leadership nel mercato europeo del gas; un mercato oggi difficile ove però raccogliamo i frutti della rinegoziazione dei contratti di lungo termine, Gazprom in primis, mentre un contributo giungerà dalla nuova società di trading e shipping che opera a Londra, strumento fondamentale per operare in questi mercati volatili”. Una cura particolare sarà poi dedicata alla redditività e all’equilibrio strutturale poiché noi, prosegue Scaroni, “ abbiamo una previsione di investimenti molto importante che supporterà la nostra crescita futura con tassi superiori a quelli dei nostri competitor, coperti da una generazione di cassa da attività operative idonea anche a remunerare gli azionisti con un dividendo nella fascia alta dell’industria e a mantenere una solida struttura finanziaria, che ci auguriamo possa essere ancora più solida a valle della cessione di Snam”. Nel contempo, ricorda il capo azienda, stiamo lavorando per contrastare le difficoltà presenti nella raffinazione e marketing oltreché nello sviluppo dei nuovi impianti di chimica verde, grazie alla conversione di siti industriali originariamente dedicati al petrolichimico poiché i progetti bio hanno un futuro e sono economicamente compatibili come dimostra l’esempio di Porto Torres, ove il ritorno misurato dall’IRR è previsto superi significativamente il normale ritorno economico espresso dagli investimenti nel settore petrolchimico, collocandosi intorno al 20%.

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Centrale elettrica Enipower 2011 Italia

Centrale elettrica Enipower 2

Paolo Scaroni: le strategie di Eni

Ma procediamo con ordine ricordando che, come sottolinea Scaroni, “negli ultimi anni abbiamo ottenuto grandi successi esplorativi, che rappresentano il motore per la nostra importante crescita futura e solo negli ultimi 4 anni abbiamo scoperto circa 4 miliardi di barili di olio equivalente, portando la nostra base risorse a 32 miliardi di barili”. Nel frattempo, prosegue il capo azienda,

“con costi esplorativi unitari di circa 1,7 dollari a barile, i successi esplorativi hanno supportato la capacità di Eni di generare, sui nuovi progetti, ritorni sostenibili sotto quasi tutti gli scenari di prezzo

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del petrolio”. E noi oggi, completa Scaroni sull’argomento, “siamo più forti dell’anno scorso, e questo grazie alle grandi scoperte fatte in Mozambico, la più grande della nostra storia, in West Africa e in Norvegia”.

Più in particolare, proseguono a san Donato, al quartiere generale della multinazionale milanese del petrolio, “entro il 2015 contiamo di aggiungere circa 700 mila barili di olio equivalente al giorno di nuova produzione, di cui l’80% da giacimenti giant con plateau di produzione di lunga durata, attraverso 60 nuovi start up, incluso l’avvio di tre giacimenti nella penisola dello Yamal in Russia, di Goliat in Norvegia, di Perla e Junin 5 in Venezuela, del Blocco 15/06 in Angola e di Kashagan in Kazakhstan”. E della nuova produzione che sarà onstream entro il 2015, circa il 70% deriva dall'esplorazione, mentre il rimanente 30% viene dall'acquisizione di risorse undeveloped, in particolare nei campi dello Yamal in Russia e Junin5 in Venezuela.

Noi quindi oggi, puntualizza Scaroni, “abbiamo una solida pipeline di progetti che ci condurrà ad un incremento della nostra produzione di almeno il 3% annuo fino al 2015 e abbiamo innalzato le prospettive di crescita nel lungo termine dal 2% al 3%, soprattutto grazie alla scoperta del

Mozambico, che ci offre una visibilità sulla crescita attesa ben oltre il 2020. E sulla base dei nostri successi, nei prossimi quattro anni aumenteremo gli sforzi esplorativi per rafforzare ulteriormente le basi della crescita di lungo periodo”. Obiettivi di crescita che la compagnia ha basato, nel momento in cui è stato elaborato il piano, su uno scenario di prezzo del petrolio pari a 90 dollari al barile per il 2012 e 2013 e 85 dollari per gli anni seguenti. Valori decisamente prudenziali come emerge dai dati relativi al primo trimestre 2012 e ai contratti siglati per l’intero 2012; nel primo trimestre il prezzo medio del petrolio è stato di 118 dollari al barile rispetto ai 111 dollari del 2011 e le proiezioni elaborate sulla base dei contratti citati fissano il pezzo medio a barile a 113 dollari per l’intero 2012.

Buone notizie anche dal fronte del gas poiché, come ricordato, “abbiamo concluso recentemente le rinegoziazioni dei contratti di fornitura di gas con i nostri fornitori libici, algerini e russi e nella

seconda parte dell’anno avvieremo i negoziati anche con Statoil. Faremo poi leva sul migliore posizionamento in termini di costi e sulla maggiore flessibilità per continuare a consolidare la nostra posizione di leader nella commercializzazione del gas in Europa”. Nel contempo,

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proseguono all’Eni, “il migliore posizionamento a livello di costi sosterrà la crescita e consoliderà la nostra posizione nel retail europeo, tenuto conto di più di 1 milione di nuovi clienti acquisiti nel 2011”.

Da rilevare inoltre che in seguito al deconsolidamento di Snam, ormai prossimo, e della cessione delle partecipazioni nelle pipelines internazionali TAG, TENP e Transitgas, perfezionato verso la fine dello scorso anno, il perimetro della divisione G&P (gas and power) di Eni cambia. Il nuovo business, come sottolinea Alessandro Bernini, cfo dell’Eni, “sarà formato da due parti: la prima è un’attività semi-regolata, composta dalle pipelines internazionali rimanenti e da alcune distribuzioni locali”. E questa parte di G&P, aggiunge Bernini, “nel 2011 ha contribuito per circa 600 milioni di Ebitda proforma e dovrebbe continuare a generare ritorni stabili anche nei prossimi anni, mentre la seconda è rappresentata dal segmento marketing, con un forte portafoglio diversificato di contratti di fornitura gas di lungo periodo, una capacità di generazione di energia di circa 5,5 GW ed una posizione di leadership nel mercato gas europeo”.

Da rilevare inoltre che, come aggiunge il cfo dell’Eni, “mentre ci aspettiamo che l’attuale debolezza del mercato continui a mettere pressione sul nostro business commerciale nella prima parte del periodo di piano, confidiamo che dal 2014-2015 in avanti il mercato del gas europeo torni a rafforzarsi”. Dal lato della domanda, prosegue, “la compagnia prevede una crescita dei volumi di lungo termine, guidati dalla ripresa economica nell’area euro e dal progressivo passaggio dal fuel oil o carbone al gas nella produzione di elettricità, in linea con l’obiettivo europeo di ridurre le emissioni di CO2”. Eni prevede anche che “la domanda europea cresca da circa 500 miliardi di metri cubi a oltre 560 miliardi di metri cubi entro il 2015 e vicino ai 600 miliardi di metri cubi al 2020, mentre prevede una contrazione dell’offerta in Europa a causa del declino dei giacimenti attualmente in produzione”. Un business sul quale, precisa Scaroni, “abbiamo fissato due obiettivi commerciali: consolidare la posizione di leader sul mercato europeo e accrescere la penetrazione nel segmento europeo del retail, aumentando la base clienti di almeno il 30% nei prossimi 4 anni.

E già ora – ricorda - stiamo rafforzando la nostra posizione in questo segmento: lo scorso anno, in Italia, abbiamo stipulato 500 mila nuovi contratti, attraverso l’offerta luce e gas e una rete di vendita innovativa, mentre in Europa, con l’acquisizione di Altergaz e Nuon, abbiamo consolidato la nostra base clienti in Francia e Belgio”.

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Da rilevare inoltre che per quanto riguarda il mercato del gas, Eni per il 2012 si attende un

beneficio dalla ripresa delle forniture libiche e dalla chiusura delle rinegoziazioni con Gazprom, con effetti economici retroattivi al gennaio 2011. E guardando ancora oltre, ha spiegato l’Eni

presentando il piano strategico, “il progressivo rafforzamento del mercato europeo risulterà in una ulteriore crescita delle vendite e dei margini”. Scaroni ha poi aggiunto sull’argomento che “noi faremo leva sulle flessibilità del nostro portafoglio per cogliere opportunità di trading in Europa e Far East”.

Novità sono attese anche nell’area R&M (raffinazione e marketing) ove il gruppo continua a fronteggiare uno scenario difficile con domanda debole per i prodotti e una sovraccapacità di raffinazione persistente, specialmente nel mercato del Mediterraneo. Noi, precisano a San Donato,

“ci attendiamo che lo scenario in Europa non mostri miglioramenti nel medio termine, ma

supporteremo i margini attraverso il completo sfruttamento della capacità di conversione, grazie al previsto avvio del nuovo impianto con tecnologia EST a Sannazzaro, l'integrazione del sistema di raffinazione, nonché la maggiore flessibilità degli impianti che consentirà di poter utilizzare

differenti tipi di greggi in modo da cogliere i vantaggi derivanti dai differenti prezzi”. Più in particolare, puntualizza il cfo Bernini. “continueremo a focalizzarci sulla riduzione dei costi e consolideremo la redditività del marketing, puntando sul rebranding del network, sulla completa automazione delle stazioni e sull'opportunità di espandere le attività non oil offerta dal processo di liberalizzazione in Italia”. Queste azioni, spiegano, “miglioreranno i risultati R&M di circa 550 milioni entro il 2015, allo stesso scenario del 2011, con più di 400 milioni derivanti dal segmento della raffinazione”.

Novità di grande rilievo pure nella chimica, il settore che negli ultimi anni ha sofferto molto per la crescente pressione dei prezzi sui prodotti di base, con un costo di produzione di etilene in Europa maggiore rispetto a quello in Medio Oriente. Di conseguenza, nonostante i savings cumulati di 360 milioni tra il 2006 ed il 2011 derivanti dalla maggiore efficienza, in condizioni di mercato positive, il business genera profitti limitati, mentre, durante cicli di mercato negativi, assorbe cassa. Ed è anche per questo che, spiegano all’Eni, “la compagnia fonderà la propria strategia su tre pilastri. Il primo è la rifocalizzazione del business, aumentando la propria presenza in prodotti ad alto valore aggiunto come elastomeri, stirenici, resine ed EVA, nei quali la compagnia è leader in Europa;

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prodotti per i quali è attesa una crescita nei prossimi anni con margini resistenti anche a più alti prezzi del feedstock. L’obiettivo è un incremento delle vendite del 50% entro il 2015, quando i prodotti a valore aggiunto rappresenteranno più del 40% del fatturato. Il secondo obiettivo è rappresentato dall’espansione internazionale, costruendo la propria presenza nei mercati emergenti, specialmente in Asia ed America Latina, attraverso accordi di licensing, alleanze produttive e joint ventures. L’obiettivo è di raddoppiare le vendite extra-Europa fino a 700 milioni circa entro il 2015. Il terzo pilastro è rappresentato dall’efficienza e dalla capacità di

razionalizzazione. La compagnia, oltre al risparmio energetico e all'ulteriore integrazione dei cicli produttivi, pianifica di chiudere o convertire i siti in perdita, tagliando la capacità di produrre polietilene del 20% e supportando la rifocalizzazione sui prodotti a valore aggiunto.

Una serie di iniziative grazie le quali, come ricorda Bernini, “ci sarà un Ebit addizionale di 400 milioni assumendo il medesimo scenario del 2011. E questo business efficiente e rifocalizzato, con la sua esposizione su mercati a maggiore redditività, ci consentirà di meglio controbilanciare i cicli negativi”. Da rilevare infine che per meglio riflettere questa nuova strategia Eni ha rinominato il business come Versalis abbandonando il precedente Polimeri Europa.

Ma ritorniamo ai principali obiettivi strategici per ricordare che nei prossimi quattro anni al servizio della crescita “saranno indirizzati 59,6 miliardi di investimenti, dei quali 6,2 miliardi di pertinenza Snam e che quindi saranno deconsolidati nel periodo di piano. Ma anche escludendo Snam, l’importo complessivo degli investimenti rappresenta un incremento di 6,4 miliardi di euro rispetto a quanto previsto dallo scorso piano. Incremento da ricondurre all’implementazione del piano di esplorazione e sviluppo portato avanti dalla nostra divisione E&P e in particolare, alla prima tranche dello sviluppo del campo di Mamba, in Mozambico, e agli sviluppi dei campi giant in Nigeria, Indonesia e Mare di Barents”.

L’altro pilastro è rappresentato dalla redditività in quanto, come sottolinea Bernini, “l’efficienza continuerà a essere una parte importante della nostra strategia. Dall’inizio del nostro programma, nel 2006, abbiamo conseguito oltre 3,1 miliardi di euro di risparmio sui costi attraverso

l’ottimizzazione dei nostri processi e il miglioramento dell’efficienza delle nostre attività operative. I risparmi conseguiti nel 2011 ammontano a oltre 600 milioni di euro, dei quali la metà derivano da

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incrementi di efficienza a livello corporate. E il nostro nuovo piano ha ulteriormente innalzato il target di risparmio sui costi, che ci aspettiamo possa conseguire l’obiettivo di 5 miliardi di euro complessivi nel periodo 2004-2015”.

C’è poi il tema della solidità patrimoniale e della sostenibilità degli investimenti in quanto “nel nostro scenario di piano il prezzo medio del petrolio è stato calcolato in 90 dollari al barile per il 2012-2013 e 85 dollari nei due anni seguenti. Presupposti dai quali emerge come il nostro cash flow operativo consentirà di coprire il fabbisogno derivante dagli investimenti e dai dividendi e consentirà altresì di ridurre al di sotto del 40% entro il 2015 il leverage e cioè il rapporto fra debito finanziario netto e mezzi propri. Tutto ciò, naturalmente, a perimetro invariato, vale a dire

escludendo la riduzione del leverage che si verificherebbe in seguito a potenziali dismissioni e al deconsolidamento di Snam”.

Iniziative i cui effetti sono solo parzialmente presenti nei conti in esame, anche se il primo trimestre 2012 è stato definito molto molto buono da Scaroni in quanto Eni “ha ottenuto risultati eccellenti grazie alla ripresa produttiva in Libia e all’incremento del prezzo del petrolio, nonostante un mercato difficile per Gas & Power, Refining & Marketing, Chimica”. I nostri risultati “sono stati positivi grazie anche agli effetti della rinegoziazione dei contratti con Gazprom, mentre l’attività esplorativa ha continuato a produrre ottimi risultati, con altre importanti scoperte in Mozambico e nuovi successi nel Mare di Barents”. Scaroni conclude ricordando che “sono molto soddisfatto del recente accordo con Rosneft che marcherà la nostra attività dei esplorazione per molti anni, rafforzando le nostre prospettive di crescita a lungo termine”.

I primi mesi del 2012 sono quindi risultati eccellenti grazie anche alla ripresa della produzione in Libia e al contributo dell’elevato prezzo del petrolio oltreché della richiamata rinegoziazione dei contratti a lungo termine sul gas. L’utile operativo adjusted è così migliorato del 27% a 6,45 miliardi e l’utile netto adjusted è cresciuto del 13% a 2,48 miliardi, ma quello puntuale è migliorato del 42%

a 3,62 miliardi, mentre il cash flow si è fissato a 4,19 miliardi. Risultati considerati eccellenti anche perché incorporano una produzione di 1,674 milioni di barili al giorno a -0,6% ma +0,2%

escludendo l’effetto prezzo, con vendite di gas ad oltre 30 miliardi di metri cubi (-5,3% a causa della debolezza della domanda in uno scenario congiunturale negativo). Nei primi tre mesi del

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2012 è stato inoltre conseguito il citato ulteriore successo esplorativo in Mozambico e siglato il citato accordo strategico con Rosneft russo principalmente per attività upstream nella parte russa del Mare di Barents e del Mar Nero, mentre è stata avviata la produzione in Siberia ed è

proseguita con successo la campagna esplorativa nel Mare di Barents. Da rilevare infine la firma in Cina di un importante contratto per l’esplorazione nell’offshore.

Ed è anche per tutto ciò che il 2012 si profila interessante e degno di nota. Le proiezioni sull’intero esercizio indicano infatti un utile operativo in progresso di oltre il 15% a circa 21 miliardi rispetto ai 17,9 del 2011, mentre l’utile netto dovrebbe tendere agli otto miliardi rispetto ai sette del 2011. Il cash flow dovrebbe così conseguire un balzo di oltre tre miliardi e collocarsi ben al di sopra dei 17 miliardi rispetto ai 14,4 del 2011. Risorse grazie le quali supportare gli impegnativi piani di

investimenti previsti dal piano e confermare una politica di dividendi generosa, ma compatibile e sostenibile. Il gruppo dovrebbe infatti conseguire prima delle attese il ridimensionamento

dell’indebitamento poiché il rapporto debiti/patrimonio è stato fissato al di sotto del 40% entro il 2015 a parità di perimetro, ma già alla fine del primo trimestre 2012 era sceso al 43% rispetto al 46% di fine 2011 e lo scenario cambierà completamente con il deconsolidamento di Snam e dei suoi 12 miliardi di debiti; operazione possibile entro l’estate e cioè dopo la comunicazione del decreto del consiglio dei Ministri che formalizzerà le procedure di separazione di Snam dall’Eni. È doveroso inoltre ricordare che le proiezioni a fine 2012 sono ottenute applicando un prezzo medio del petrolio di 113 dollari a barile, superiore di due dollari ai prezzi medi del 2011 ma inferiori ai 118 registrati nei primi tre mesi, e un rapporto di cambio dollaro euro di circa 1,3 rispetto agli 1,4 del 2011. Segnaliamo inoltre che il prezzo medio del barile è stato desunto dalla media dei contratti già siglati ed esistenti per questo 2012.

E le due variabili indicate sono determinanti per le ricadute sulla redditività poiché il rafforzamento di un centesimo nel rapporto di cambio fra dollaro ed euro, derivante da una rivalutazione del dollaro o da una svalutazione dell’euro, determina un maggiore Ebit di 140 milioni di euro per il gruppo, mentre la crescita di un dollaro a barile genera 250 milioni di euro di maggiore ebit nei conti dell’Eni. E nelle ipotesi indicate il rapporto di cambio migliora di quasi dieci punti con un effetto di 1,4 miliardi, mentre il prezzo del barile sale di due dollari con un beneficio di oltre 500 milioni di euro. Complessivamente da queste due variabili emerge un maggior Ebit di oltre 1,9

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miliardi. Un contributo determinante giungerà poi dalla Libia poiché nel 2012 il gruppo dovrebbe conseguire una maggiore produzione di circa 140 mila barili al giorno, che sulla base di una valutazione “prudenziale” dovrebbe apportare ben oltre un miliardo in più di Ebit al netto dei maggiori costi di produzione per barile connessi all’avvio dei nuovi giacimenti e agli effetti delle citate difficoltà su gas, power, raffinazione e chimica.

Un piccolo approfondimento è doveroso, anche per gli effetti connessi, sulle partecipazioni in Snam e Galp Energia. Questo in quanto per quanto riguarda la quota in Snam, correntemente valutata a circa 7 miliardi di euro secondo i valori di mercato, l’uscita di Eni a sarà regolata attraverso un decreto governativo che sarà emanato entro la fine di maggio e dovrà essere completata entro settembre 2013. E Scaroni ricorda al riguardo che “vedremo quali saranno i contenuti del decreto ma, in ogni caso, la posizione del cda di Eni è che il processo di separazione dovrà soddisfare tre requisiti. Primo, dovrà soddisfare gli interessi degli azionisti Eni, conseguibile con una operazione in grado di riconoscere il pieno valore della nostra quota in Snam. Secondo, dovrà proteggere l’interesse degli azionisti di Snam, limitando il più possibile l’ overhang sul titolo della società. Terzo, il bilancio di Eni ne dovrà uscire rafforzato in vista della nostra straordinaria prospettiva di crescita costruita sui nostri successi esplorativi”.

A livello finanziario, il leverage di Snam è relativamente basso se comparato a quello dei peers regolati ed è relativamente elevato se comparato alle attività core dell’oil&gas di Eni. Questo significa che già il semplice deconsolidamento della Snam abbasserebbe il gearing di Eni. Infatti, sottraendo gli 11,2 miliardi di euro di debito Snam a fine 2011, il debt to equity ratio 2011 di Eni scenderebbe da 0,46 a 0,30. Se, di pari passo al deconsolidamento del debito, si assumesse un’entrata cash in linea con il valore di mercato della quota di Eni in Snam, il leverage di Eni scenderebbe sotto lo 0,2. Il deconsolidamento di Snam accrescerebbe anche il ritorno sul capitale investito di Eni dal livello di fine anno del 9,8% a 10,4% deconsolidando Snam e a 11,4% se si considerasse il realizzo di un corrispettivo pari al valore di mercato della quota in Snam.

A fine marzo è stato raggiunto un’importante intesa anche su Galp poiché Eni, Amorim Energia e Caixa Geral de Depósitos (CGD) hanno firmato una serie di accordi che prevedono la vendita da parte di Eni del 5% di Galp Energia ad Amorim Energia. In seguito alla vendita, Eni cesserà di

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essere parte del patto parasociale vigente fra le tre società. Amorim Energia si è impegnata ad acquistare la partecipazione del 5% in Galp Energia entro 150 giorni dalla firma degli accordi.

Amorim Energia ha reso nota la sua intenzione di finalizzare l’acquisto entro le prossime 3-5 settimane a un prezzo di 14,25 euro per azione. Sempre in base agli accordi sottoscritti fra le parti, Eni ha il diritto di vendere sul mercato fino al 18% (con possibilità di un ulteriore 2% in caso di emissione di titoli convertibili) del capitale Galp in suo possesso. CGD, in relazione alla sua partecipazione dell'1%, ha il diritto di vendere la propria quota contestualmente alla vendita effettuata da Eni sul mercato (tag along right). Dopo la vendita del 18%, Eni avrà il diritto di

vendere le altre azioni rimanenti in Galp Energia. Amorim Energia ha inoltre una call option che gli conferisce il diritto di acquistare, o designare un terzo per l'acquisto, fino ad un ulteriore 5% del capitale di Galp . Per quanto riguarda la vendita del restante 5,34% detenuto da Eni, Amorim Energia mantiene un diritto di prelazione in base al quale può scegliere di acquistare o designare un terzo per l'acquistoalle stesse condizioni alle quali un terzo fosse interessato a comprare; nel caso in cui la call option non venga esercitatail diritto si eleva al 10,34% . L'Amministratore Delegato di Eni, Paolo Scaroni,a margine della firma degli accordi aveva commentato : "Sono molto soddisfatto dell'accordo di oggi perché ci permette di massimizzare il valore della nostra partecipazione con maggiore flessibilità. Galp è stato finora per Eni un investimento di successo e rimane un business con ottima esposizione su mercati ad alta crescita. Il nostro focus è comunque orientato alla gestione diretta di asset che riteniamo possano creare valore per gli azionisti".

Struttura del vertice

Gruppo ENI

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Stato patrimoniale e grado di copertura

Conto economico e dati per azione

E_P Successi esplorativi

2012-2015 investimenti

Dati ENI

Le opinioni degli analisti su ENI

Il buy è ancora dominante sostenuto dai nuovi successi nella ricerca di nuovi giacimenti

Equita è passata da buy a hold a metà marzo perché “aveva sovraperformato, sia i mercati che i

principali competitor, mentre emergevano timori su una possibile correzione dei prezzi del petrolio a seguito della revisione al ribasso della domanda, a sua volta condizionata da uno scenario che indicava una riduzione della crescita mondiale del Pil nei prossimi trimestri”. La cautela è

considerata necessaria anche per “il permanere delle difficoltà nel comparto gas&power, la cui redditività è massa a dura prova da una domanda che resta debole e conseguentemente prezzi bassi rispetto a quelli impliciti nei contratti di acquisto in essere” il tutto anche se, concludono,

“apprezziamo i buoni risultati dalla ricerca a sviluppo di nuovi giacimenti come dimostrato in Mozambico, area con vaste e importanti potenzialità”.

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Intermonte conferma l’outperform con target a 22 euro perché “ci aspettiamo una buona crescita nella produzione di E&P e un impotto positivo dalla separazione da Snam in quanto il debito si ridurrà sensibilmente con annesso rirating del titolo Eni”. Siamo positivi anche perché, completa l’analista, “è miglioratala visibilità sulle potenzialità di medio-lungo grazie prevalentemente ai successi esplorativi conseguiti in Mozambico e in altre aree quali Venezuela e Mare del Nord”.

Banca Imi ripropone il buy con target a 21,7 euro perché “è sottovalutata sui fondamentali

considerando che sono state avviate azioni straordinarie che creeranno valore come la cessione di Snam e Galp, mentre il nuovo piano industriale presenta obiettivi raggiungibili che apporteranno altgro valofre al titolo”.

Banca Akros conferma il buy con target a 21,5 euro perché il titolo è sottovalutato e potrà

beneficiare della cessine di asset, quali Snam e Galp, mentre il prezzo del petrolio continua a rimanere elevato e resterà così anche nel 2013”.

Merrill Lynch conferma il buy e alza il prezzo obiettivo da 21,5 a 21,8 euro per “riflettere

l’accelerazione nella crescita prevista nel 2012-15. Prospettiva possibile grazie anche ai successi raggiunti nelle esplorazioni nel corso degli ultimi 18 mesi”. I giudizi positivi sono sostenuti anche dalle attese sui benefici inerenti la cessione di Snam e di Galp, ove comunque rimangono alcune incertezze”.

Mediobanca rilancia l’outperform con prezzo obiettivo a 22,2 euro perché “vediamo il rirating del multiplo E&P dopo lo scorpora di Snam e merito il deconsolidamento del debito, mentre ci attendiamo nuovi sviluppo nell’attività di ricerca e sfruttamento dei nuovi giacimenti come è stato dimostrato anche recentemente con il Mozambico oltreché con la Norvegia e il Venezuela”.

UBS conferma il buy e alza il prezzo da 19,5 a 21 euro in quanto “attendiamo un aumento di attrattività del titolo grazie alla vendita di Galp e Snam, la qualità del business upstream e i successi registrati nell’Exploration”.

Morgan Stanley esprime l’equal-weight con target price a 19,4 euro perché “ è attraente merito la forte generazione di cassa e per le aspettative del dividend yield al 2014, mentre riconosce al

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gruppo la capacità di essere riusciti a implementare in modo efficiente gli obiettivi che si era preposta negli scorsi mesi”.

Credit Suisse passa da neutral ad outperform con prezzo obiettivo in aumento da 20,2 a 21 euro

“per le prospettive di crescita a lungo periodo resi possibili grazie ai successi riscontrati nelle esplorazioni”.

Nomura mantiene buy e alza il target da 20 a 21 euro perché “riteniamo che con la vendita del 5%

delle azioni Galp e la comunicazione dei target aziendali possa attuare una ristrutturazione per diventare un operatore globale con prospettive di crescita e ritorni competitivi”.

I fondamentali sostengono la sovraperformance

Eni chiude il primo trimestre 2012 con risultati eccellenti e il titolo reagisce con uno scatto di oltre il 2% anche se la volatlità resta elevata e il progresso viene parzialmente riassorbito nei giorni successivi. È comunque confermata la sovreperformance sul listino.

La Borsa ha accolto gli “eccellenti” risultati del primo trimestre 2012 di Eni con un rialzo del 2,17%

a 16,92 euro venerdì 27 aprile, anche se poi lunedì 30 ha impresso una rettifica dello 0,89% a 16,77 euro; un valore che si colloca in una posizione mediana rispetto all’andamento di questo non facile inizio d’anno. Un periodo nel corso del quale le quotazioni dell’Eni sono passate dal minimo di 15,95 euro del 2 gennaio al massimo di 18,72 euro del 19 marzo; cinquantacinque giorni nel corso dei quali il titolo ha inanellato una performance di oltre il 17% prima di innestare la

retromarcia e lasciare sul terreno oltre il 10% del proprio valore. Il tutto pur confermando quell’alta volatilità che contraddistingue la Borsa intera sin da quella lontana tarda primavera del 2007 quando la crisi dei mutui sub-prime si è scatenata sui mercati finanziari mondiali. Uno tzunami che ancora oggi devasta alcune fra le principali economie mondiali come testimoniano i venti di crisi che continuano a investire l’euro. Nonostante ciò, comunque, l’Eni ha recuperato il 35% sul minimo di 12,46 euro del 9 marzo 2009; uno dei tanti giorni neri che si sono succeduti in questi ultimi cinque anni. Cinque anni nel corso dei quali la multinazionale italiana del petrolio è però riuscita a migliorare in modo sensibile il proprio posizionamento, superando momenti anche molto complessi come quelli che per circa un anno hanno quasi bloccato la produzione in Libia e messo in dubbio

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persino la prosecuzione dell’attività. Una storia ora superata poiché nel 2012 l’attività libica dovrebbe ritornare in prossimità della normalità con una produzione che dovrebbe aggiungere 140mila nuovi barili giorno, mentre notizie estremamente positive emergono dal Mozambico e da numerose altre aree ove il gruppo è attivo (vedere servizi in pagina). E forse è anche per tutto ciò che dei 39 analisti che seguono il titolo ben 23 suggeriscono di comprare e solo tre consigliano di vendere.

Consensus e Stime Analisti

Criticità - Crescono le incertezze anche sul prezzo petrolio

Gli operatori apprezzano gli ottimi risultati conseguiti nei primi tre mesi del 2012 oltreché gli effetti delle attese dismissioni di Snam, ma esprimono incertezza sulle conseguenze di una possibile revisione al ribasso della crescita mondiale e timori sull’evoluzione degli scenari in alcune delle aree di confine ove il gruppo opera. Questo in quanto una riduzione della domanda potrebbe riflettersi sui prezzi del petrolio e ciò, come sottolineano i critici, “potrebbe avere ripercussioni sulle strategie in quanto il piano prevede investimenti nell’ordine dei 15 miliardi all’anno ma tale cifra non è compatibile con prezzi del petrolio inferiori ai 100 euro se il gruppo non vuole intervenire sul monte dividendi”. E il tema della congiuntura si ripresenta pure in Europa, ove aumentano i timori su una possibile estensione della recessione con effetti sulladomanda di gas, ove c’è già un gap importante fra prezzo spot e quelli di acquisto su contratti di lungo termine. Uno scenario che si riflette pure sulla petrolchimica, che continua a perdere soldi e nessuno individua la fine del tunnel. Gli osservatori più critici pongono poi l’accento su alcuni temi strutturali, quali quelli attinenti all’indebolimento della prima linea del management e ai rischi che ciò incorpora se il capo azienda optasse nel futuro per una uscita dal gruppo, oppure sulla qualità della comunicazione, considerata poco proattiva in una fase in cui anche i più recenti avvenimenti esterni dovrebbero suggerire maggiore attenzione.

Approfondimenti - Claudio Descalzi illustra le attività in Africa

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“Siamo entrati in Africa nel 1954 e siamo cresciuti rapidamente fino a diventare leader nel continente, dove negli ultimi 4 anni abbiamo scoperto gran parte dei circa 4 miliardi di barili portando la nostra base di risorse nel mondo a 32 miliardi di barili. E, come ricordato, nel continente africano siamo il primo operatore internazionale per produzione di idrocarburi e presenza geografica”.

“Eni ha fatto il proprio ingresso in Africa nel 1954, specificatamente in Egitto, ed è cresciuta rapidamente fino a diventare leader nel continente con una posizione rilevante sia nelle aree di presenza storica come Nord Africa, Angola, Nigeria e Congo, sia nei nuovi Paesi produttori, come Togo, Ghana, Gabon, Sudafrica e Mozambico, dove lo scorso anno abbiamo effettuato una nuova scoperta di gas naturale di importanza storica”.

“Negli ultimi 4 anni - spiega Claudio Descalzi, Direttore della Divisione Exploration & Production di Eni - abbiamo scoperto circa 4 miliardi di barili di olio equivalente di nuove risorse, portando la nostra base di risorse a 32 miliardi di barili. Le scoperte più importanti vengono proprio dal continente africano, dove siamo il primo operatore internazionale per produzione di idrocarburi e presenza geografica”.

In termini di crescita futura, prosegue Descalzi, “un ruolo cruciale è giocato dalla regione dell’Africa sub sahariana, uno degli hub esplorativi e produttivi di maggiore potenziale. Tra le recenti scoperte più significative che abbiamo fatto nell’area vanno infatti ricordate quelle in Angola, Mozambico, Congo, Ghana e Nigeria”.

“Con 800 mila barili di olio equivalente al giorno le nostre attività africane hanno contribuito per circa il 50% alla nostra produzione complessiva dell’anno, bilanciando il temporaneo rallentamento della produzione libica avvenuto nel 2011 in seguito al conflitto nel Paese”.

Le attività africane, proseguono dal quartier generale, “continueranno a rappresentare la spina dorsale per la nostra crescita futura, tenendo anche conto che la nostra produzione libica tornerà a pieno regime a fine 2012, e il piano strategico lo conferma, dato che per il prossimo quadriennio è previsto per il continente africano circa il 60% degli investimenti destinati all’esplorazione (5,5 miliardi di euro su 44,8 miliardi complessivamente pianificati per la divisione E&P), e in particolare

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il 41% per la sola area sub sahariana dalla quale ci aspettiamo un contributo alla produzione complessiva di 500 mila barili di olio equivalente al giorno già entro il 2015 e circa 750 mila boe al giorno nel lungo termine, contro gli oltre 360 mila prodotti nel 2011 in Angola, Congo e Nigeria”.

Oltre alla storica scoperta del giacimento di Mamba in Mozambico, spiega Descalzi, “i progetti chiave che sosterranno la nostra crescita nel continente nel medio e lungo termine saranno quelli relativi al blocco 15/06 nell’offshore dell’Angola, al permesso esplorativo OPL 245 in Nigeria e alle scoperte di gas e condensati Sankofa e Gye Nyame effettuate nell’offshore del Ghana, per le quali stiamo valutando opzioni sia per la commercializzazione domestica sia per l’export”.

“La nostra posizione di leader in Africa, oltre che dagli importanti risultati tecnici operativi, deriva principalmente dal successo del modello di cooperazione che adottiamo nel nostro approccio con i Paesi produttori”. Investiamo con una visione di lungo termine offrendo soluzioni alle esigenze dei Paesi in cui operiamo, continua il Direttore, “in termini di sviluppo locale, economico e sociale. Un modello che è parte integrante delle strategie aziendali fin dai tempi di Enrico Mattei e oggi si traduce in una sempre maggiore integrazione tra i progetti di sviluppo dell’azienda e sviluppo di opportunità di crescita dei territori in cui questa opera. I nostri successi recenti derivano anche dalla nostra efficienza esplorativa frutto di tecnologie avanzate e innovative e delle competenze specifiche dei nostri uomini”.

Oltre all’Africa sub-sahariana pilastro per la nostra crescita futura, conclude Descalzi, “abbiamo un ruolo di primo piano anche in Nord Africa. Siamo infatti presenti in Algeria, Libia, Egitto e Tunisia, paesi di presenza storica per Eni che complessivamente nel 2011 hanno contribuito alla nostra produzione per circa 430 mila barili di olio equivalente al giorno, pur penalizzata dalla crisi libica, e continueranno a rappresentare una parte fondamentale delle nostre attività”.

Claudio Descalzi_Direttore Generale EeP

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Approfondimenti - Daniele Ferrari delinea la nuova strategia nella chimica

“Il settore europeo della chimica negli ultimi anni ha sofferto della crescente pressione dei prezzi sulla chimica di base. Per questo la nostra strategia prevede la rifocalizzazione su prodotti a maggior valore aggiunto e ci stiamo impegnando nell'espansione delle attività in mercati emergenti attraverso partnership strategiche, mentre ricerchiamo maggiore efficienza negli impianti e nei processi”.

“Il settore europeo della chimica negli ultimi anni ha sofferto della crescente pressione dei prezzi sulla chimica di base, con un costo di produzione delle olefine maggiore rispetto a quello in Medio Oriente. Di conseguenza, nonostante i proventi cumulati di €360 milioni derivanti dalla maggiore efficienza tra il 2006 ed il 2011 in condizioni di mercato positive, il business genera profitti limitati mentre durante cicli di mercato negativi assorbe cassa”.

La nostra strategia, spiega Daniele Ferrari, Amministratore delegato di Versalis, la nuova società di Eni, “prevede la rifocalizzazione su prodotti a maggior valore aggiunto, con un target di crescita delle vendite in questo ambito del 50% e investimenti nella riconversione di alcuni impianti, come il progetto Matrìca, in joint venture con Novamont, che prevede la realizzazione a Porto Torres di un impianto di prodotti bio-chimici tra i più grandi al mondo o la trasformazione di Priolo dove

produrremo intermedi per l'industria degli adesivi e sigillanti. Ci stiamo impegnando inoltre nell'espansione delle attività in mercati emergenti attraverso partnership strategiche e stiamo promuovendo iniziative di miglioramento dell'efficienza di impianti e processi. Il miglioramento atteso dell'EBIT è di oltre €400 milioni nel 2015”.

Il 5 aprile, prosegue Ferrari, “Polimeri Europa prima azienda chimica in Italia e tra le principali a livello europeo, ha cambiato nome ed è diventata Versalis. Il renaming della società rappresenta il segno tangibile del progetto di rilancio del settore da noi avviato nel 2011 ed esprime pienamente gli elementi di svolta e di rinnovamento contenuti nel Piano Strategico 2012-2015”.

Lo scenario in cui Versalis opera attualmente, dice Ferrari, “è ben diverso da quello del 1995, anno in cui è stata fondata Polimeri Europa. Oggi la società si muove in un mercato profondamente competitivo e dinamico che propone ogni giorno nuove sfide. Per affrontarle al meglio la strategia

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aziendale prevede una forte spinta verso l'internazionalizzazione, l'ampliamento del portafoglio prodotti e l'aumento degli investimenti nella sostenibilità facendo leva sull'eccellenza tecnologica e sulle riconosciute capacità professionali delle proprie persone”.

Versalis, spiegano dal quartier generale, “vuole essere una risposta concreta alle sfide che impone il mercato globale una struttura disegnata per operare nei business più qualificati della

petrolchimica e delle materie plastiche sotto il profilo dei costi e della qualità. Versalis è il risultato di un processo di focalizzazione, che ha il suo punto di forza nell'integrazione: dalle materie prime alle strutture produttive, dai laboratori di ricerca alle tecnologie fino all'interfaccia con il mercato, che può così rivolgersi ad un unico interlocutore con la certezza di trovare soluzioni alle proprie necessità non solo in termini di prodotti ma anche di servizi, assistenza e innovazione.”

Il continuo impegno nell'innovazione dei prodotti, dei processi e delle tecnologie, continua Ferrari,

“è la premessa fondamentale per mantenere e rafforzare la competitività e le posizioni di

leadership. Questo impegno è alla base del rapporto di collaborazione e fiducia con i clienti, che devono poter contare su un fornitore, anzi un partner, capace di anticipare le domande e dare risposte in tempi veloci. La nostra ricerca, concentrata nei business della chimica di base, del polietilene, degli stirenici e degli elastomeri, ha come principali finalità la messa a punto di nuove classi di prodotti ad alte prestazioni, lo sviluppo di processi innovativi, il potenziamento delle tecnologie proprietarie specie nelle aree a più alto tasso d'innovazione e la definizione di soluzioni atte a limitare l'impatto ambientale dei processi e dei prodotti esistenti”.

Per raggiungere questi obiettivi, conclude l’amministratore, “ci avvaliamo di una squadra di circa 300 ricercatori e tecnologi, centralizzati nei nostri Centri di Ricerca di Mantova, Ferrara, Ravenna. I Centri di Ricerca sono strutture ad elevato grado di specializzazione nei diversi settori di business, dedicate al miglioramento dei processi e all'innovazione dei prodotti in funzione delle esigenze del mercato. Oltre alle nostre strutture di ricerca, possiamo contare su di un ampio network di contatti e collaborazioni con importanti laboratori universitari italiani ed esteri. Tutti i nostri centri di ricerca dispongono di sofisticate apparecchiature scientifiche che consentono di arrivare ad una completa conoscenza delle caratteristiche dei nostri prodotti e di valutarne opportunamente le prestazioni, per renderli sempre meglio rispondenti alle esigenze della clientela. Il ruolo attivo dei nostri

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ricercatori nelle aree scientifiche di interesse, l'efficace monitoraggio dell'evoluzione delle

tecnologie produttive e applicative, il rapporto costante e diretto con i nostri clienti, realizzato anche attraverso qualificate strutture di assistenza tecnica, consentono una costante focalizzazione dei nostri obiettivi di innovazione e di evoluzione di prodotti e processi”.

Gasolio

Approfondimenti - Claudio Descalzi spiega il progetto per il Mozambico

Lo scorso anno Eni ha annunciato la scoperta di un giacimento giant di gas naturale in Mozambico a circa 40 chilometri al largo di Capo Delgado. “Questa scoperta farà del Mozambico un polo essenziale della nostra strategia futura e insieme ai nostri importanti progetti del West Africa rappresenterà uno dei pilastri per la nostra crescita prevista tra qui e il 2021”.

“La scoperta era stata annunciata nell’ottobre dello scorso anno: un giacimento giant di gas naturale nel prospetto esplorativo Mamba Sud 1, nell’Area 4 dell’offshore settentrionale del Mozambico, circa 40 chilometri al largo di Capo Delgado. Allora si valutava un potenziale della scoperta pari a circa 425 miliardi di metri cubi di gas in posto”.

L’Italia, spiega Claudio Descalzi, direttore della divisione E&P di Eni, “ne consuma mediamente tra il 70 e gli 80 miliardi l’anno. Cosi a distanza di pochi giorni le valutazioni erano salite a 637,5 miliardi di metri cubi di gas e si preannunciava la perforazione di un secondo pozzo il Mamba Nord 1, situato 22 chilometri a nord del primo. Con Mamba Nord 1 avevamo portato le valutazioni sulla scoperta a 850 miliardi di metri cubi ma ora, dopo la perforazione del terzo pozzo, il Mamba Nord

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Est 1, siamo a ben 1.133 miliardi di metri cubi, un risultato senza precedenti nella nostra storia e una delle più grandi scoperte di gas della storia della nostra industria”.

“Con quest’ultimo pozzo - prosegue Descalzi - perforato a oltre 1.800 metri di profondità d’acqua nella parte orientale dell’Area4, 15 chilometri a nord est da Mamba Sud 1, abbiamo aggiunto oltre 280 miliardi di metri cubi di gas a quanto scoperto in precedenza e dobbiamo perforare altri 5/7 nuovi pozzi, acquisire ulteriori dati sismici sull’area di Mamba, con un investimento complessivo nei prossimi due anni di 400 milioni di euro”.

Questa scoperta, spiegano dal quartier generale, “farà del Mozambico un polo essenziale della nostra strategia futura e insieme ai nostri importanti progetti del West Africa rappresenterà uno dei pilastri per la nostra crescita prevista tra qui e il 2021. Ed è soprattutto grazie al Mozambico che abbiamo potuto accrescere la nostra previsione di crescita per il lungo termine dal 2 al 3 per cento l’anno”.

Come tempi per l’avvio della produzione, spiega Descalzi, “ci attendiamo il 2018 e l’investimento complessivo sarà indicativamente di 50 miliardi di dollari in carico all’intera joint venture. Va ricordato infatti che noi siamo l’operatore dell’Area 4 con una partecipazione del 70%, in partnership con la portoghese Galp Energia, con la coreana KOGAS e con la società di Stato mozambicana ENH, ciascuna con il 10%. Attraverso lo sviluppo delle risorse del Mozambico assumeremo una posizione strategica di grande rilievo nel mercato del gas asiatico, un mercato con consumi in grande crescita che coinvolge Paesi come India, Thailandia, Vietnam, Corea del Sud, Giappone, Taiwan”. “Questo gas infatti andrà verso quei Paesi via nave sotto forma di gas naturale liquefatto (GNL). La nostra strategia legata al mercato del gas in Asia, che stiamo già implementando poiché produciamo gas in Indonesia e in Australia, potrà essere sicuramente molto più aggressiva grazie a questa scoperta del Mozambico. Ma questo risultato è molto importante anche per il Paese stesso e per il ruolo che lo porterà ad avere nel settore”.

Questo grande progetto implicherà la realizzazione di impianti e ingenti infrastrutture di supporto alle attività. È prematuro entrare nei dettagli di quello che il progetto implicherà, dice Descalzi, “ma certamente occorreranno strade, alloggi, stabilimenti per la base operativa che dovrà accogliere migliaia di persone, tra locali ed espatriati. Quello che è sicuro è che qualunque cosa faremo dovrà

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essere compatibile con l’ambiente, trattandosi tra l’altro di un Paese meraviglioso, e soprattutto compatibile e coerente con i piani di sviluppo nel Paese, con il quale agiremo in piena intesa”.

“Inoltre, dato che ci dobbiamo dotare delle risorse umane necessarie per la realizzazione delle attività anche attraverso la formazione di personale locale, assumeremo alcune centinaia di mozambicani e li formeremo e addestreremo in Italia e in altre realtà operative che abbiamo nel mondo in modo che tra alcuni anni potranno rientrare nel Paese ben formati all’industria degli idrocarburi. Nel contempo faremo partecipare duecento ingegneri dell’Università di Ingegneria di Maputo ai nostri programmi di formazione”.

“Questo importante risultato – conclude il Direttore - è frutto della nostra tecnologia e delle competenze dei nostri uomini, fattori che sono alla base della nostra efficienza esplorativa. In Mozambico abbiamo infatti utilizzato tecnologie e schemi interpretativi che nascono dall’esperienza e da un’efficace integrazione di tutte le nostre competenze in ambito geologico ed ingegneristico.

Questo credo che sia uno dei segreti del nostro successo”.

Pubblicato il 07 maggio 2012 - 15:20:54

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