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PLUS 31 dicembre 2010 Dove il 2011 inizia in salita - I casi Fonspa, Ber, C-Global, Seba, Mb e la vicenda di Classica Sim

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PLUS 31 dicembre 2010

Dove il 2011 inizia in salita - I casi Fonspa, Ber, C-Global, Seba, Mb e la vicenda di Classica Sim PLUS 31 dicembre 2010

La carica dei 182 fondi bancari PLUS 31 dicembre 2010

Mps e il nodo del costo del lavoro LA REPUBBLICA lunedì 3 gennaio 2011

"In Italia i mutui più cari d´Europa" L´allarme dei costruttori: 9 mila euro di costi extra per i tassi troppo alti LA REPUBBLICA lunedì 3 gennaio 2011

Tra crisi e prudenza le famiglie imparano a tirare la cinghia - Il Crif: anche nel 2010 prestiti in calo del 3% - Il dossier - In frenata anche i mutui, saliti di appena l´1% lo scorso anno dopo il +7% del 2009

LA REPUBBLICA lunedì 3 gennaio 2011

La doppia Fiat va all´esame della Borsa - Oggi l´esordio dei due titoli. Mirafiori, alt di Cofferati: lede i diritti - L´ex leader Cgil gela la Camusso: le regole interne vietano di aderire, credibilità a rischio

LA REPUBBLICA lunedì 3 gennaio 2011

Giuseppe Farina (Fim): parti dell´accordo non vanno bene, miglioriamolo in Federmeccanica - "Se Fiom firma l´intesa la Cisl non metterà veti" Non è giusto escludere dalle fabbriche chi dissente da un testo. Molto meglio la soluzione del ´93 che apriva ai sindacati forti del 5 per cento delle adesioni

Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Investimenti, nuovi target, ricerca: le ricette per scacciare la crisi Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Il fisco sul mattone non salva le città - Secondo l'Ifel la riforma toglie ai comuni 2,5 miliardi, il 10% delle somme in gioco

Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 - Incognita sugli immobili di chiesa e onlus Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

«Niente via libera senza altre entrate» «La leva fiscale rischia di essere usata per sopravvivere e non per le scelte politiche»

Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 - Password e blog con garanzia di lunga vita

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Per le banche un 2011 di prudente ottimismo milioni di contratti scambiati nel 2010 - Aumento della redditività ma con dividendi stabili

Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Quattro strade per un nuovo mutuo - In vista una proroga della misura che dà la possibilità di sospendere il pagamento

Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Un beneficio di 18 mesi se la rata diventa insostenibile Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Rimborso spostato in caso di difficoltà Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 - Valutare le esigenze, i costi e l'ok della banca Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Shopping in saldo con le idee chiare per non farsi illudere dai falsi affari Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

L'antiriciclaggio cerca il vero titolare - I professionisti devono risalire ai soggetti che detengono effettivamente la società o l'ente

Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Da maggio la comunicazione diventa solo telematica Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Tremonti ter al secondo appello - La deduzione può essere recuperata se si aspettava il via libera al cumulo Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

L'agevolazione non costituisce un aiuto di stato Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Telefisco 2011: si avvicina l'appuntamento del 26 gennaio ITALIA OGGI lunedì 3 gennaio 2011

Lo stress da lavoro mette in ansia - Imprese preoccupate da costi e complicazioni burocratiche ITALIA OGGI lunedì 3 gennaio 2011

Valutazione rischi da fare in team ITALIA OGGI lunedì 3 gennaio 2011 Stress sul lavoro ora si fa sul serio

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ITALIA OGGI lunedì 3 gennaio 2011

L'esperienza britannica nella metodologia suggerita dall'Ispesl CORRIERE DELLA SERA lunedì 3 gennaio 2011

Il caso Torino e il sindacato: una proposta sulla rappresentanza CORRIERE DELLA SERA lunedì 3 gennaio 2011

Primo maggio? Una domenica. L’anno dei ponti spariti - Il 2011 darà poche possibilità di partire per mini vacanze sfruttando le festività infrasettimanali

Il POPOLO Online lunedì 3 gennaio 2011

Ridurre la distanza tra Banca e Cittadino e più informazione PLUS 31 dicembre 2010

Il tribunale condanna Quadrifoglio

Return Articoli

PLUS 31 dicembre 2010

Dove il 2011 inizia in salita - I casi Fonspa, Ber, C-Global, Seba, Mb e la vicenda di Classica Sim Per molte grande ristrutturazioni chiuse con accordi (UniCredit, Ubi, Banco Popolare tra le maggiori), il 2010 bancario conta ancora molte spine, con centinaia di dipendenti che hanno perso o rischiano di perdere il lavoro. In sospeso ci sono i 170 dipendenti di Fonspa, l'istituto romano posto in vendita a inizio 2008 da Morgan Stanley. La vicenda si trascina da quasi tre anni, per ora senza risposte nonostante le pressioni dei sindacati su istituzioni nazionali e locali. A rischio anche 200 lavoratori di C-Global, azienda di outsourcing bancario controllata da Cedacri che intende chiudere gli stabilimenti di Firenze e Pisa e ha disposto unilateralmente il trasferimento a Collecchio (Parma) dei dipendenti. Il giudice del lavoro di Pisa si è pronunciato per un rinvio sulla richiesta di sospensione dei trasferimenti, mentre si riaprono spiragli di trattativa. Più difficile invece la posizione dei 35 dipendenti di Seba, società di servizi bancari jesina, per i quali il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, nei mesi scorsi ha chiesto – senza ottenere risposta – a Banca Marche, Carilo, Carifac, Carifermo e Carisap (azionisti di Seba) la riassunzione nelle loro strutture.

Per due anni riceveranno invece l'indennità della sezione emergenziale del Fondo di solidarietà i 33 dipendenti di Ber Banca, l'istituto emiliano in amministrazione straordinaria. Sono 28 i lavoratori che dal 15 dicembre hanno avuto accesso al Fondo mentre cinque lavoreranno per qualche mese e poi riceveranno un assegno equivalente a quello del Fondo. Su 112 dipendenti, in Banca Mb sono 60 ad aver avuto accesso al Fondo emergenziale, altri 14 hanno deciso di restare in banca mentre una dozzina avrebbe accettato l'esodo. Nessuna soluzione è ancora in vista per i dipendenti di Classica Sim, sottoposta a ispezione a marzo 2009 e commissariata da Banca d'Italia a settembre 2009. Il commissariamento è terminato a ottobre.

La proprietà propone il licenziamento di metà dei 10 dipendenti milanesi e il trasferimento del resto a Padova. Nessun piano industriale né procedura di ristrutturazione sono stati forniti a Fiba/Cisl e Uilca aziendali. I dipendenti sono pronti anche ad azioni eclatanti.

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PLUS 31 dicembre 2010 La carica dei 182 fondi bancari Troppe strutture per 417mila iscritti. All'esame un'associazione di settore

La razionalizzazione del sistema della previdenza complementare nel settore del credito è un obiettivo condiviso dalle parti costitutive e dall'organismo di vigilanza del settore. La frammentazione dei fondi pensione bancari preesistenti è infatti assai elevata, con ricadute economiche e di governance. Il tema è stato al centro di un incontro che si è tenuto il 6 dicembre tra Covip, la Commissione di vigilanza sulla previdenza complementare, i sindacati del "primo tavolo" del settore bancario (Dircredito-Fd, Fabi, Falcri, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl Credito e Uilca) e l'Abi.

Secondo la Relazione annuale della Covip, la Commissione di vigilanza sulla previdenza complementare, a fine 2009 i fondi pensione preesistenti, istituiti prima del 15 novembre 1992, erano 391. Di questi, 255 erano autonomi, 136 posti nel bilancio dell'impresa (i cosiddetti "interni"). Ma sono ben 182 i fondi preesistenti bancari: 111 di tipo interno e 71 autonomi, che contano circa 417mila iscritti, tra i 327mila bancari in servizio e 90mila pensionati, con un patrimonio di oltre 23 miliardi. Il problema è che dei 111 fondi interni solo tre superano i 5mila iscritti e solo nove ne hanno tra mille e 5mila, mentre 60 ne hanno meno di 100 e addirittura 42 meno di 40. Invece, tra i 71 fondi autonomi, 21 hanno oltre 5.000 iscritti, mentre 11 ne hanno meno di 100 e tre sono in liquidazione.

Secondo Giacinto Palladino, segretario nazionale della Fiba/Cisl con delega al welfare, «la Covip sta predispondendo un prossimo intervento per fare chiarezza su alcuni passaggi assai rilevanti. Innanzitutto sui tassi di rendimento attesi degli investimenti immobiliari, che impattano sui bilanci. Ma anche sulle valutazioni immobiliari, nell'ottica della riduzione al 20% del patrimonio complessivo prevista entro maggio 2012».

«Una richiesta di trasparenza che si rende ancor più necessaria quando si consideri che nelle regole di governance di gran parte dei fondi pensione preesistenti del settore non sono previste regole di reale alternanza alla presidenza dei consigli di amministrazione o dei collegi sindacali. Questi ruoli sono spesso appannaggio solo di professionisti di espressione aziendale e questo, per la Commissione di vigilanza, è un dato negativo. La Covip poi pare orientata all'introduzione di misure cautelative sulla corretta redazione dei bilanci tecnici, in particolare nell'utilizzo di tassi attuariali di medio-lungo periodo. Non perché siano stati rilevati problemi, ma come strumento di prevenzione», sostiene Palladino.

Nell'incontro del 6 dicembre, inoltre, è stata introdotta una riflessione preliminare sulla possibilità e l'utilità di realizzare una associazione di fondi pensione di settore sul modello di Assofondipensione, che ha nella sua governance sia le parti datoriali che i sindacati. Tra gli aspetti positivi di un'eventuale iniziativa di questo genere ci sarebbe la possibilità di dare una controparte unica alla Commissione di vigilanza, che garantirebbe risposte coordinate ed efficienti quando si emanassero direttive di settore. Sul tema, i sindacati del settore bancario hanno deciso di rispondere nei prossimi mesi con una propria valutazione.

Sul tavolo è stata poi posta un'altra questione rilevante, quella di un "contenitore" nel quale potrebbero confluire i fondi "minori", "satellitari" o in esaurimento. Altro tema di cui si è discusso è la sollecitazione proveniente dalla Banca d'Italia di una maggiore presenza di rappresentanti dei fondi pensione, nella qualità di azionisti, alle assemblee delle società presenti nel patrimonio mobiliare. Un "azionariato attivo" che potrebbe puntare a sensibilizzare gli amministratori verso comportamenti più responsabili verso i lavoratori.

Anche in questo caso, il ruolo di un fondo "contenitore" di quelli residuali, secondo alcuni sindacati, potrebbe essere indirizzato ad aumentare la massa critica degli investimenti mobiliari e a posizionarla preferibilmente su azioni italiane, piuttosto che su titoli esteri, come avviene invece sempre più frequentemente. La Covip,

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infine, ha apprezzato l'iniziativa di formazione che i sindacati e l'Abi, attraverso il Fondo Banche Assicurazioni, hanno organizzato per i consiglieri di amministrazione dei fondi pensione.

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PLUS 31 dicembre 2010 Mps e il nodo del costo del lavoro Nicola Borzi

Mentre sta per scattare la trattativa sul piano di riassetto deciso il 17 dicembre dal Cda di Rocca Salimbeni, i 33mila dipendenti del Monte dei Paschi (28mila in capogruppo dopo le incorporazioni di Banca Toscana e Banca agricola mantovana) fronteggiano i tagli al costo del lavoro. Dircredito-Fd, Fabi, Falcri, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl Credito e Uilca chiedono un piano di assunzioni che risponda alle esigenze della rete. Dopo l'esodo incentivato 2010, l'azienda propone di potenziare il front office con 700 bancari ma vuol ridurre di un quinto quelli delle strutture centrali per risparmiare 180 milioni entro il 2013, con l'uscita di 1.400 dipendenti su base volontaria o in pensione. Non ci sono però solo i maxi-piani: fioccano anche i micro-tagli. Il 20 dicembre le Rsa di Banca Mps hanno definito "del tutto tardiva" la comunicazione della banca sullo slittamento dell'erogazione del sistema incentivante e dei compensi sulle prestazioni ai quadri direttivi – in precedenza pagati con lo stipendio di febbraio – che, con le nuove disposizioni, saranno calcolati sui risultati consolidati approvati dall'assemblea. Per i sindacati «l'impianto contrattuale sulla distribuzione del salario incentivante non è assolutamente in discussione» ma il confronto dovrà individuare soluzioni «coerenti con il valore del sistema di relazioni sindacali esistenti». Intanto Dircredito, Fabi, Fiba/Cisl e Fisac/Cgil dell'area NordEst Lombardia di Banca Mps hanno reso noto che la banca «venerdì 3 dicembre ha comunicato la decisione di disdettare unilateralmente i "patti di stabilità" (elargizioni unilaterali che vincolavano in Bmps alcune categorie di dipendenti, Ndr) scaduti» e, alla loro scadenza, anche quelli in corso. I sindacati esprimono «forte preoccupazione per questa iniziativa che, anche se formalmente legittima, rappresenta una riduzione economica» di un trattamento che molti «percepiscono da diversi anni».

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LA REPUBBLICA lunedì 3 gennaio 2011

"In Italia i mutui più cari d´Europa" L´allarme dei costruttori: 9 mila euro di costi extra per i tassi troppo alti

BARBARA ARDÙ

ROMA - Sono in Italia i mutui più cari d´Europa. Lo denuncia l´Ance. Messi al tappeto dalla crisi, i costruttori edili puntano il dito anche contro il caro mutui, che secondo loro finisce per costituire un ostacolo alla ripresa del mercato immobiliare.

Sotto accusa le banche, che rispetto agli altri Paesi della Ue, finiscono per far pagare di più i finanziamenti per l´acquisto dell´abitazione. Per dimostrarlo l´Ance ha preso come base di riferimento i tassi sui mutui alle famiglie della Bce e ha ipotizzato un finanziamento in Italia e Eurolandia pari a 150mila euro (durata di 25 anni). Quindi ha tirato le somme: il risultato è che lo stesso mutuo in Italia costa 9mila euro in più. Se sottoscritto a settembre, perché ad agosto la cifra arrivava a 17mila euro. Ma prendendo per buono settembre «è come se le famiglie italiane pagassero per dodici mesi in più rispetto a quelle europee», sottolinea l´Ance nel rapporto "Il credito nel settore delle costruzioni in Italia". Comportamento che secondo l´associazione dei costruttori è poco giustificato perché «la rischiosità delle famiglie italiane è rimasta molto bassa dall´inizio della crisi a oggi, al contrario di quanto accaduto in molti Paesi europei, caratterizzati da un

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forte indebitamento individuale». Un aspetto che non è sfuggito all´Abi, che nell´ultimo report di dicembre evidenzia come «l´incidenza delle sofferenze dei debitori famiglia si contiene all´1,5% del totale erogato».

Sotto accusa, secondo l´associazione dei costruttori, va messo il differenziale dei tassi di interesse tra Europa e Italia: mentre in Eurolandia a settembre i tassi medi sui mutui erano al 3,74%, in Italia la media era al 4,1%, con una differenza dello 0,36%. Un margine che a settembre, ammette l´Ance, si è ridotto, dopo il massimo di agosto (0,69%), ma che stenta a sparire. C´è una «resistenza a scendere dei tassi rispetto all´Irs 10 anni (il tasso base di indicizzazione)», scrive l´associazione, che ricorda come la stessa Banca d´Italia nella relazione annuale, abbia denunciato il più alto livello dei tassi.

Ma c´è di più, continua l´Ance. Gli italiani non solo pagano rate più salate, ma spesso sono "costretti" ad assumersi rischi di cui farebbero volentieri a meno. «I tassi maggiormente richiesti dalle famiglie - scrivono i costruttori - sono il fisso e il variabile con cap (che ha un tetto che blocca gli aumenti ndr)». Le banche, accusa l´Ance, «continuano però a erogare più della metà dei mutui a tasso variabile». E dato che «le aspettative sui tassi sono al rialzo, da tempo si esprimono dubbi su questo comportamento che mina la solidità del mercato».

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LA REPUBBLICA lunedì 3 gennaio 2011

Tra crisi e prudenza le famiglie imparano a tirare la cinghia - Il Crif: anche nel 2010 prestiti in calo del 3% - Il dossier - In frenata anche i mutui, saliti di appena l´1% lo scorso anno dopo il

+7% del 2009

"Si teme la fine di un´epoca e la domanda di credito continua a rallentare"

MARCO PATUCCHI

ROMA - "Fine di un´epoca". Sorprendono concetti come questi nelle parole di analisti che, di prassi, non si spingono più in là di fredde rilevazioni statistiche. Eppure è così. La crisi finanziaria globale ha lasciato un segno indelebile nelle tendenze socio-economiche delle famiglie italiane e la conferma arriva dalla domanda di finanziamenti. Ebbene, i dati definitivi per l´intero 2010 raccolti da Eurisc, il sistema di informazioni creditizie di Crif, ci spiegano come la cautela nel richiedere nuovi crediti sia ormai sintomatica della perdita di prospettiva che ha toccato molti italiani, soprattutto sul fronte dell´occupazione. «Il modello di sviluppo in cui siamo cresciuti (ogni generazione più istruita e benestante della precedente) - sottolinea Enrico Lodi, Direttore Generale Credit Bureau Services di Crif - non è più scontato. Probabilmente la crisi finanziaria dell´autunno 2008 e la conseguente recessione hannoindotto le famiglie italiane a ragionare in modo sano e responsabile, come se questi diciotto mesi non fossero stati caratterizzati da una semplice congiuntura (come è venuta, la crisi passerà), ma come se fosse la vera e propria fine di un´epoca». Ecco, i numeri dicono questo. E sono numeri statisticamente rilevanti perché Eurisc raccoglie i dati relativi a oltre 75 milioni di linee di credito.

Nell´intero 2010 la domanda di mutui ipotecari e di prestiti da parte delle famiglie italiane ha continuato a riflettere la crisi economica del nostro Paese. «Nello specifico - sottolineano al Crif - la richiesta di prestiti nei 12 mesi dell´anno appena concluso ha fatto registrare un -3% rispetto al totale del 2009, che a sua volta aveva fatto registrare un -8% rispetto al 2008. Per quanto riguarda invece i mutui, il volume complessivo di richieste registrate nell´intero 2010 ha segnato una crescita dell´1% rispetto al 2009, quando invece la crescita era stata di 7 punti percentuali rispetto al 2008». È anche, e almeno questo è un fattore rassicurante, la conferma di quella prudenza che da sempre è garanzia di tenuta per le famiglie del nostro Paese, il cui debito si mantiene ben al di sotto della media europea, con un rapporto rispetto al reddito disponibile che si è attestato nel primo semestre 2010 al 65%, contro il 97% (a marzo 2010) per la media dell´area euro e il 155% del Regno Unito. «Il quadro di "nuova normalità"- spiega ancora Enrico Lodi -

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dovrebbe risolversi per le famiglie italiane in un atterraggio più morbido rispetto a quello dei loro cugini europei più indebitati».

Più in dettaglio, i numeri di Crif evidenziano come nel mese di dicembre 2010 la domanda dei mutui ipotecari abbia fatto registrare un +16% (dato ponderato sui giorni lavorativi) rispetto al corrispondente mese del 2009. Questo porta il totale delle richieste di finanziamenti per l´acquisto di immobili residenziali nell´intero 2010 ad una crescita dell´1% rispetto all´anno 2009, che a sua volta aveva fatto registrare un +7% sul 2008.

Per trovare un segno negativo occorre tornare proprio al 2008, anno in cui si era verificato un calo del 4%

sul 2007. «Nell´analisi di questi dati - sottolineano al Crif - occorre però tenere in considerazione che la domanda ancora continua ad essere sostenuta da surroghe e rinegoziazioni, che costituiscono ormai un fenomeno consolidato». In base alla distribuzione per fasce di durata, si conferma la crescita della quota parte di domanda di mutui nella classe tra i 20 e i 25 anni, classe che nell´intero anno 2010 ha rappresentato quasi il 20% del totale della domanda. È però la classe di durata compresa tra i 25 e i 30 anni ad essere ancora una volta quella maggiormente richiesta dalle famiglie italiane, con una quota pari al 29,36% del totale, anche se in calo di 1,24 punti percentuali rispetto al 2009. Relativamente alla distribuzione per importo delle richieste di mutuo, invece, continua l´incremento della quota di domanda nelle fasce più elevate (oltre i 150.000 euro), in crescita di quasi il 2% rispetto al 2009. Rimane comunque la classe di importo compresa tra i 100 e i 150.000 euro quella nella quale si sono maggiormente concentrate le richieste delle famiglie italiane, con il 31,37% del totale. Nel corso del 2010 l´importo medio dei mutui richiesti segna una leggera crescita, assestandosi a circa 139.000 euro contro i 136.500 del 2009.

Passando ai prestiti (personali e finalizzati), i numeri sulla domanda nel mese di dicembre 2010 hanno segnato una crescita dell´1%, che conferma l´inversione di tendenza registrata nell´ultima parte dell´anno dopo molti mesi di costanti contrazioni. Analizzando la distribuzione si evince come la classe superiore ai 60 mesi sia quella maggiormente richiesta, con quasi il 21% del totale. Crescono i prestiti per meno di 5.000 euro a scapito di tutte le altre classi, rappresentano il 45,7% del totale.

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LA REPUBBLICA lunedì 3 gennaio 2011

La doppia Fiat va all´esame della Borsa - Oggi l´esordio dei due titoli. Mirafiori, alt di Cofferati: lede i diritti - L´ex leader Cgil gela la Camusso: le regole interne vietano di aderire,

credibilità a rischio

TORINO - La Fiat si divide in Borsa, la Cgil si spacca sull´accordo di Mirafiori. Con Sergio Cofferati, ex segretario generale, che mette clamorosamente in discussione la linea scelta dall´attuale segreteria per trovare una via d´uscita all´accordo separato di Torino.

Fiat Industrial, il nuovo titolo del Lingotto, nasce oggi alle 9 a Milano. Con una cerimonia scenografica (autobus e trattori in Piazza Affari), Sergio Marchionne lancia la scissione Fiat: «Con lo spin-off l´auto sarà più libera», aveva detto nei mesi scorsi l´ad presentando l´operazione. Ora anche Cnh e Iveco potranno seguire la strada di nuove alleanze – ipotizzano molti osservatori - se non di vere e proprie cessioni.

Secondo le previsioni degli analisti, il titolo Industrial dovrebbe assestarsi intorno ai 9,40 euro (mentre Fiat Auto dovrebbe valere intorno ai 6 euro).

Previsioni che solo questa mattina si confronteranno con la realtà. Certamente da oggi la Fiat non sarà più la stessa. E con questo cambiamento di pelle faranno i conti tutti i protagonisti in una fase della storia dell´azienda torinese particolarmente delicata. A Mirafiori inizia di fatto la campagna elettorale in vista del referendum (data prevista tra il 18 e il 20 gennaio) per approvare o respingere l´accordo separato del 23 dicembre scorso. Da giorni la Cgil sta premendo sulla Fiom perché, in caso di vittoria dei sì e dunque di approvazione dell´intesa da parte dei lavoratori, anche i metalmeccanici di Landini firmino l´accordo. «Senza

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quella firma - spiegano i dirigenti della Cgil - la Fiom resterebbe senza rappresentanti in fabbrica. Chi tutelerà gli iscritti che hanno appoggiato la Cgil in questi mesi?».

Per queste ragioni nei giorni scorsi Susanna Camusso e i membri della segreteria generale hanno suggerito che la Fiom apponga una "firma tecnica" in caso di sconfitta al referendum. Dove per firma tecnica si intende una sorta di presa d´atto del volere della maggioranza dei lavoratori pur mantenendo il dissenso sul merito dell´accordo. E su questa via d´uscita è rotolato nel pomeriggio il macigno di Cofferati: «Una firma tecnica di quel genere - scrive l´ex segretario generale in una nota - non è possibile e la discussione in atto è surreale.

Lo statuto della Cgil impedisce all´organizzazione di firmare accordi che ledano i diritti dei lavoratori. Per questa ragione, prima di ogni altra considerazione, la firma della Fiom su quell´accordo è semplicemente impossibile». Un colpo durissimo perché proviene da un iscritto come Cofferati che gode tuttora di grande prestigio nell´organizzazione.

Così nel giro di poco tempo sono scesi in campo altri esponenti di rilievo a controbattere quello che è parso un attacco diretto di Cofferati a Susanna Camusso: «Quella di Cofferati è un´entrata a gamba tesa nel mezzo di una discussione complicata», dichiara Agostino Megale (segretario generale della Fisac-Cgil) aggiungendo con durezza: «L´unica cosa surreale è Cofferati che dice alla Cgil quello che deve fare». Più moderato nei toni ma sulla stessa linea è Cesare Damiano: «Contesto le affermazioni di Cofferati e sostengo invece con convinzione la linea adottata da Susanna Camusso», dice l´ex ministro del Lavoro. - (p. g.)

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LA REPUBBLICA lunedì 3 gennaio 2011

Giuseppe Farina (Fim): parti dell´accordo non vanno bene, miglioriamolo in Federmeccanica - "Se Fiom firma l´intesa la Cisl non metterà veti" Non è giusto escludere dalle fabbriche chi dissente da un testo. Molto meglio la soluzione del ´93 che apriva ai sindacati forti del 5 per

cento delle adesioni PAOLO GRISERI

TORINO - Se la Fiom decidesse di firmare l´accordo di Mirafiori dopo il referendum di metà gennaio, «la Fim non si opporrebbe». Giuseppe Farina, segretario generale del metalmeccanici Cisl, è uno dei soggetti che può impedire alla Fiom di rientrare in gioco, in caso di vittoria dei sì nella consultazione di Torino. In base all´intesa l´adesione di nuove sigle è subordinata all´assenso degli attuali firmatari.

Se Fiom mettesse una firma tecnica in calce all´accordo, la Fim darebbe il suo assenso?

«Saremmo favorevoli».

Anche con una firma tecnica?

«Firma tecnica? Dovremo metterci d´accordo sul significato».

Una firma messa prendendo atto dell´eventuale sconfitta nel referendum. Accettereste?

«Alle firme tecniche non credo. Credo alle firme. Se una organizzazione come la Fiom firma un testo, si impegna e quel testo lo rispetta».

Dopo i giudizi espressi sull´accordo, la Fiom può rientrare?

«Ci sono punti che anche noi avremmo preferito modificare. Se dovessi firmare solo gli accordi che mi piacciono, non farei il sindacalista».

La Fiom ha sostenuto che ci sono parti dell´intesa che violano le leggi e il diritto di sciopero?

«Non è la nostra interpretazione dei punti controversi, come la famosa clausola di responsabilità. E la stessa Fiat ha smentito che quella clausola riduca i diritti. Se vogliamo una scrittura migliore di quel testo, possiamo sfruttare il tavolo aperto in Federmeccanica e recuperare, nel nuovo contratto che si sta scrivendo, una formulazione più nitida».

E´ giusto che un accordo escluda dal diritto di avere rappresentanti in fabbrica le organizzazioni dissenzienti?

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«Non è giusto. Molto meglio il testo dell´accordo del ´93 tra le confederazioni e Confindustria. Quello che concede il diritto a essere rappresentati a tutti i sindacati che raccolgano il 5% delle firme in fabbrica.

Ricordo, per inciso, che quando fu firmato quel testo, ormai 17 anni fa, la Fiom non lo firmò come non ha firmato molti altri testi».

E´ per non applicare quell´articolo che la Fiat ha fatto uscire le newco da Confindustria…

«Non credo sia solo per quello. In ogni caso il tavolo di Federmeccanica serve anche a recuperare il diritto di rappresentanza per chi non firma gli accordi. Con una precisazione importante».

Quale?

«Che dobbiamo garantire il rispetto degli impegni presi. Se un accordo viene validato con un referendum dai lavoratori che lo approvano, anche chi dissente deve adeguarsi. Altrimenti avremmo una totale instabilità nelle fabbriche. E quell´instabilità è un lusso che nella globalizzazione nessuno può concedersi».

Come si chiuderà la vicenda?

«Se la Fiom smetterà di fare politica e tornerà a fare sindacato, come sa fare, allora potremo provare a gestire dall´interno, migliorandolo insieme, un accordo che porta un investimento da un miliardo.

Nell´interesse dei lavoratori».

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Investimenti, nuovi target, ricerca: le ricette per scacciare la crisi

Investimenti nell'innovazione, clientela di fascia medio-alta, ordinativi in ripresa, soprattutto sui mercati internazionali. Per i piccoli imprenditori sono queste le "armi" messe in campo per affrontare con maggior grinta il 2011. Anche se resta la consapevolezza che fare impresa in Italia sta diventando sempre più complicato. «È meglio non parlare dei rapporti con la Pa», si lamenta un imprenditore del Nord-Est. E c'è chi sente ancora lo Stato lontano: «Cosa si sta facendo per il manifatturiero? Poco o nulla».

Difficoltà che comunque non scalfiscono la voglia di recuperare dopo la crisi iniziata nel 2008. «Il nuovo anno comincia abbastanza bene, ma c'è una grande incertezza a causa dell'esplosione dei costi delle materie prime: non sappiamo come reagirà la filiera» dice Silvio Albini, ad del Cotonificio Albini. Per la pmi bergamasca, che chiude il 2010 con un +14% dei ricavi rispetto ai 102 milioni del 2009, le commesse arrivano fino alla fine di febbraio, mentre «un anno fa la visibilità era a una sola settimana. Le basi per quest'anno sono buone perché dall'estero ci chiedono stock di tessuti di altissima qualità». Risultati ottenuti anche grazie alla strategia scelta: «In un periodo di crisi, tra difesa e attacco, io attacco» aggiunge Albini. La contromossa è all'insegna dell'innovazione, grazie a un piano d'investimenti da oltre 20 milioni iniziato nel 2008-2009. «Oggi stiamo investendo altri 6 milioni per essere più flessibili e ridurre i tempi di consegna».

Salto di qualità scaccia-crisi anche per la Nicoline di Altamura, che produce divani. «Quest'anno puntiamo sulla fascia medio-alta e le prospettive sono buone – spiega Nicola Palasciano, amministratore unico –.

Nonostante la crisi siamo riusciti ad aumentare il fatturato con linee di maggior pregio». Nel 2010 gli imbottiti della Nicoline hanno raggiunto i negozi di Pechino e di altre metropoli del Far East. Ma per una realtà che fattura circa 7 milioni raggiungere quei mercati lontani richiede uno sforzo notevole. «Per essere competitivi chiedo un aiuto per partecipare alle fiere, per fare marketing e per investire in ricerca e sviluppo» rimarca Palasciano. Oggi si guarda a India e Russia e, se i riscontri saranno positivi, si potrebbero anche creare nuovi posti di lavoro ad Altamura.

Ottimismo anche al Gruppo Schiavoni di Ancona, leader nell'elettrotecnica industriale. «Guardando il numero delle richieste di offerte ricevute negli ultimi tempi sembra che il 2011 inizi bene» commenta Sergio Schiavoni, presidente del Gruppo. Non ci sono difficoltà nel settore energia, «le commesse arrivano al 2012, ma langue la domanda interna». L'impiantistica navale beneficia degli ordini dei main contractor, che assicurano commesse per almeno tre anni. Un ciclo nel complesso favorevole che dovrebbe portare a una

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crescita del 5-10% dei ricavi, intorno ai 115 milioni nel 2010, e un export al 60%, con un occhio pure ai mercati del Nord Europa.

«È ripartita la domanda - conferma Bruno Tullio, presidente della Friulco, leader nel valvolame per centrali termoelettriche e per l'oil&gas - e per i prossimi due anni non vedo grandi problemi». L'azienda è una delle tante mini-corazzate del Nord-Est che esporta circa il 90% della produzione. «Investiamo in ricerca e sviluppo perché abbiamo i cinesi alle calcagna - avverte Tullio -. A metterci in difficoltà sono la lentezza della burocrazia che rallenta l'ampliamento dello stabilimento, l'accesso al credito e la fatica nel trovare personale specializzato».

Segnali di ripresa della domanda interna da Mario Carnaghi, presidente e ad dell'omonima azienda di Olgiate Olona, leader nella produzione di torni verticali. Negli ultimi tempi c'è stato un aumento delle richieste di preventivi e le commesse coprono circa 15 mesi di attività. «Lavoreremo anche per alcune macchine ordinate ad aziende italiane, segno che si sta ritornando a investire - spiega Carnaghi -. Ma molti imprenditori restano cauti».

È prudente Bruno Bellò, presidente del Gruppo Clivet di Feltre, circa 110 milioni di ricavi, che produce sistemi per la climatizzazione ad alta efficienza. Quest'anno prevede un aumento delle vendite del 5-6%, mentre nel 2012 il gruppo dovrebbe recuperare i livelli pre-crisi. Intanto si lavora per aumentare l'efficienza e per innovare.

Di parere opposto Alberto Zamperla, presidente dell'omonima azienda leader mondiale nella produzione di attrazioni: sarà un buon 2011 grazie a commesse arrivare da tutto il mondo mentre è pessimista verso l'anno prossimo. «Inseguiamo l'efficienza in vista dei tempi duri».

Incognita elezioni di primavera, infine, per Francesco Mangione, presidente della Spi Finestre, realtà calabrese che produce serramenti isolanti. «Sono abbastanza ottimista - confida -, ma non nel caso di elezioni a primavera». A oggi le commesse in portafoglio coprono tutto gennaio, «sarebbe però ottimale avere due mesi di ordini». E per il 2011 punta ad ampliare la gamma dei prodotti.

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Il fisco sul mattone non salva le città - Secondo l'Ifel la riforma toglie ai comuni 2,5 miliardi, il 10% delle somme in gioco

PAGINA A CURA DI Gianni Trovati

Ai sindaci i conti del federalismo fiscale non tornano. Mentre il decreto attuativo è dovuto approdare in parlamento senza il parere dei diretti interessati, proprio a causa delle incertezze sui fondi, i tecnici dell'Ifel, la fondazione dell'Anci per la finanza locale, si sono tuffati nelle tabelle del ministero dell'Economia e della commissione tecnica per l'attuazione della riforma, e ne sono riemersi con un timore circostanziato: la riforma disegnata dal decreto attuativo può costare ai comuni quasi 2,5 miliardi, cioè circa il 10% delle risorse in gioco, e conferma a regime tutti i tagli imposti dalla manovra estiva (la sforbiciata ai trasferimenti vale 1,5 miliardi per il 2011 e un altro miliardo per il 2012). Non solo, perché le stime fornite dal governo sul gettito dei nuovi tributi, per esempio l'emersione del "nero" sugli affitti grazie alla cedolare secca, sembrano spesso ottimistiche, e se si rivelassero contraddette dalla realtà il conto per i sindaci diventerebbe anche più pesante.

Dubbi, obiezioni e timori dei sindaci sono finiti in un dossier elaborato dall'Ifel, che ora offrirà la base di trattativa con il governo nell'ambito del tavolo tecnico che accompagna la riforma in parlamento sempre in attesa del parere dei comuni. Per ottenere il «sì» degli amministratori locali, il governo dovrà offrire garanzie su tutti i punti deboli indicati dall'Ifel (chiamato anche a lavorare ai fabbisogni standard, quale «partner scientifico» di Sose, e delegato all'attuazione delle attività di diretto contatto con i comuni).

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Il meccanismo

Per capire il problema, bisogna percorrere la strada che dovrebbe portare i comuni dall'attuale sistema di finanza derivata, dipendente in larga parte dall'assegno dello stato, all'autonomia prevista dal federalismo, e fondata soprattutto sui frutti fiscali del mattone. Nel passaggio, bisognerà dire addio a gran parte dei trasferimenti statali e all'addizionale sull'energia elettrica, mentre l'Ici sopravvissuta all'abolizione sulla prima casa verrà assorbita dalla nuova Imu dal 2014: in tutto, si tratta di 25,1 miliardi di euro, che dovranno essere sostituiti dall'assegnazione ai comuni del fisco immobiliare (registro, imposte ipotecarie e catastali, bolli, tributi catastali, cedolare secca sugli affitti e Irpef sui redditi fondiari, quest'ultima destinata al tramonto) e, dal 2014, dal varo dell'imposta municipale unica (Imu) che ingloberà quasi tutte queste voci.

I calcoli

I numeri dell'Ifel partono dalle basi imponibili indicate dal- l'Economia e dalla Copaff, su cui vengono applicate le aliquote attuali e quelle che dovrebbero caratterizzare l'Imu. Le richieste dell'Imu sui trasferimenti sono già nel decreto (8%, 2% per la prima casa), mentre quelle sull'Imu legata al possesso si desumono dai calcoli ministeriali (10,6 per mille, 5,3 per mille sugli immobili dati in affitto o di proprietà di imprese). Fissate le richieste, e calcolata la fetta che lo stato continuerà a incamerare per assicurare la «neutralità finanziaria»

della riforma (lo prevede il decreto), arrivano i risultati: su 25,1 miliardi, ne ballano quasi 2,5.

Nelle città

Se questo è il dato generale, i calcoli Ifel fanno un passo ulteriore, e in ogni comune mettono a confronto le risorse destinate a cadere con il federalismo fiscale (cioè trasferimenti e addizionale sull'energia elettrica) con quelle che le dovrebbero sostituire, stimando anche un recupero di evasione intorno ai 450 milioni di euro all'anno, spalmato in modo uniforme in tutt'Italia. Quest'ultimo calcolo è un esercizio teorico, perché nei primi anni le risorse del fisco sul mattone andranno a un fondo sperimentale di riequilibrio, che le distribuirà in modo da attenuare le differenze. I dati mostrano bene però gli squilibri di partenza: nei territori a statuto ordinario, il confronto fra le due voci segna a Napoli un -50% (anche a causa dei trasferimenti extra che arrivano alla città), i capoluoghi calabresi accusano perdite tra il 40 e il 50% mentre all'altro capo della classifica si incontrano le città medie del Nord. Viste le premesse, sono più i comuni che ci perdono di quelli che ci guadagnano: soffrono soprattutto i centri più piccoli (nei 4.660 comuni sotto i 5mila abitanti la flessione media è del 16,9%) e le grandi città (-5,2% sopra i 250mila abitanti).

Il grado di (s)fortuna del singolo comune nello scambio tra fisco e trasferimenti dipende da molti fattori: il Sud, capeggiato da Napoli, è penalizzato dall'incrocio fra un'elevata dipendenza dai fondi statali e un fisco immobiliare reso meno promettente da un mercato meno vivace, da un'evasione più diffusa e da valori catastali più arcaici. A regime, il compito di ridurre queste differenze è affidato al fondo di perequazione, che dovrà anche tenere conto dei fabbisogni standard di ogni comune; ma, lamentano i sindaci, questo strumento non ha ancora trovato spazio nei decreti attuativi.

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 - Incognita sugli immobili di chiesa e onlus

Siamo certi che si possano tassare senza battere ciglio gli immobili di onlus ed enti ecclesiastici e gli appartamenti concessi in uso gratuito a un familiare o a un parente, che oggi sono esenti? Siamo sicuri che l'introduzione della cedolare secca darà una botta immediata ai contratti in nero, duratura tradizione di tanti appartamenti italiani dati in affitto? E che il mercato del mattone riprenda a far crescere le basi imponibili a un ritmo apprezzabile?

L'analisi dei tecnici Ifel offre la stessa risposta, negativa, a tutte queste domande, ciascuna delle quali vale miliardi. Tanta incertezza non è immotivata: nei piani disegnati dal decreto legislativo sul fisco municipale il

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passaggio ai sindaci del fisco immobiliare coincide con una riforma strutturale del prelievo che introduce la tassa piatta sugli affitti, prevede (dal 2014) forti sconti sulle compravendite e cancella esenzioni storiche, finora difese dal governo anche contro le contestazioni europee.

Proprio il capitolo esenzioni solleva uno dei dubbi più importanti sulle cifre in gioco nel ballo del mattone.

L'imposta municipale sul possesso descritta nel decreto attuativo non salverebbe più dai versamenti gli immobili degli enti ecclesiastici e quelli delle onlus, e cancellando le assimilazioni all'abitazione principale chiederebbe addirittura l'aliquota massima ai proprietari delle case concessi gratis a parenti e familiari.

Secondo i calcoli Ifel, l'ingresso di questi immobili nella platea del mattone tassabile aumenterebbe la base imponibile di 171,5 miliardi, che con un'aliquota del 7,35 per mille (media fra l'ordinaria del 10,6 e l'agevolata del 5,3 per mille desumibile dai dati Copaff) produrrebbero un gettito da 1,26 miliardi all'anno. È tutto da dimostrare, però, che questi soldi possano davvero arrivare nelle casse dei comuni. I sindaci, per esempio, dovrebbero bussare alla porta di neo-contribuenti che svolgono attività sociali (le onlus) e che dal loro immobile non traggono profitto; resta da vedere, poi, se il cambio di rotta in chiave «ultra-laica» sul trattamento degli immobili della Chiesa (su cui anche l'Unione europea sta continuando a indagare) sarà davvero sostenibile politicamente. Anche l'Ici originaria, come ricordano gli stessi amministratori locali, all'inizio non prevedeva le esclusioni e gli sconti imbarcati nel tempo.

Ancora più urgente è la questione della cedolare, che secondo i piani del governo continua a vedere il proprio debutto nel 2011. La sfida, in quel caso, è l'emersione del «nero», aiutata dalle maxi-sanzioni previste per chi si sottrae: l'evasione, però, non è uguale dappertutto, e ci sono ampie zone del paese dove il recupero del sommerso, anche se stimato con generosità, non riesce a pareggiare i conti con l'abbattimento dell'aliquota.

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

«Niente via libera senza altre entrate» «La leva fiscale rischia di essere usata per sopravvivere e non per le scelte politiche»

«È indispensabile introdurre una clausola di salvaguardia che garantisca ai comuni per tutto il periodo transitorio un livello di entrate almeno pari al 2010, prima dei tagli; e servono altre basi imponibili, per esempio una compartecipazione all'Irpef come quella ottenuta dalle province, oppure la service tax proposta dal Pd. Senza questi elementi, difficilmente il nostro parere sul federalismo municipale sarà positivo». Dopo settimane di tira e molla in attesa di chiarimenti che non sono arrivati, i comuni mettono le carte sul tavolo e dettano le condizioni alla vigilia della ripresa dei lavori della bicamerale sul federalismo municipale. Angelo Rughetti, segretario generale dell'Anci, ci tiene a rimanere sul piano tecnico, ma le ricadute politiche dei suoi ragionamenti sono evidenti.

I comuni sono stati i primi fautori di un'autonomia basata sul fisco immobiliare. Il decreto attuativo segue questa impostazione. Che cosa c'è che non va?

I numeri mostrano un rischio elevatissimo: quello di affidare ai comuni una base di entrata troppo sottile, e di lasciare a loro il cerino degli aumenti fiscali. In quel caso la leva fiscale non verrebbe usata per fare politiche autonome, sulla base di un patto con i cittadini, ma semplicemente per sopravvivere.

Chi rischia di più?

A livello macro rischia tutto il comparto, perché i tributi devoluti sono insufficienti. A livello micro rischiano di più i sindaci delle zone in cui il mercato è meno vivace e il catasto è meno aggiornato: è una situazione a macchia di leopardo, che non distingue Nord e Sud e penalizza soprattutto i piccoli comuni. Senza contare che il meccanismo pensato dal governo è esposto a problemi ulteriori, non tutti quantificabili.

Per esempio?

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Alcune cifre stimate dal governo sembrano troppo generose. Il dato più evidente è l'emersione del nero grazie alla cedolare secca: al di là della discussione sui numeri, è evidente che, se tutto va bene, i primi risultati di emersione del sommerso ci saranno nel 2012, anche perché i comuni, a differenza dello stato, non possono far quadrare i conti con entrate future, promesse dalla lotta all'evasione. Non sembra un caso, poi, che la cedolare secca, promessa da anni, venga introdotta proprio nell'anno in cui il suo gettito passa ai comuni: sembra quasi un modo per trasferire il rischio sui sindaci. C'è poi un problema di sostenibilità della base imponibile pensata per l'Imu. La nuova imposta dovrebbe cancellare quasi tutte le agevolazioni che oggi l'Ici riserva agli enti ecclesiastici, alle onlus eccetera: siamo sicuri che questa impostazione regga alla prova dei fatti?

Come se ne esce?

È indispensabile trovare il modo di garantire il livello di finanziamento precedente ai tagli, com'è previsto dalla stessa manovra estiva approvata a luglio. Una strada possibile è quella di introdurre una compartecipazione Irpef. Nella trattativa con il governo, poi, le regioni hanno ottenuto la promessa a una profonda revisione dei tagli previsti per il 2012: è ovvio che questo impegno va esteso anche ai comuni.

Alcuni dei problemi che evidenziate, però, dovrebbero essere affrontati dal fondo di perequazione.

Come funzionerà? Come sarà alimentato? Proprio a questo scopo noi chiediamo la compartecipazione Irpef, che potrebbe aggirarsi sui 3-4 miliardi e garantire il riequilibrio. È un meccanismo delicato, che ha bisogno di un decreto ad hoc. Problemi simili riguardano la quota di compartecipazione dello stato ai tributi devoluti: noi chiediamo che sia fissata all'inizio, e non sia dinamica di anno in anno, in modo che il gettito aggiuntivo rimanga ai comuni.

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 - Password e blog con garanzia di lunga vita

Privato in vita, per sempre pubblico in eredità. Decine di password (e tonnellate di carta...) per tutelare la privacy. Lucchetti invisibili per sottrarre a occhi indiscreti le foto personali, i propri "viaggi" su internet, i blog, i pensieri espressi solo agli amici via email o profili blindati persino sui social network. O, più prosaicamente, chiavi di accesso multiple nascoste tra i file per difendere conti correnti e investimenti nascosti.

Ma, se non si provvede prima, ecco che i segreti (lievi o inconfessabili) diventano lacrime nella pioggia dei bit. Perché al momento della successione si attua un curioso quanto non meditato rovesciamento di fronte: i servizi del web 2.0 si trasformano in cassetti aperti, senza riguardo per le informazioni che l'interessato voleva trasmettere alle persone care, distruggere o lasciare in stand by nell'eterno della rete.

Non sempre con conseguenze piacevoli: anche senza arrivare ai picchi della cronaca, come la disastrosa apertura dei file di Alberto Stasi nell'omicidio di Garlasco, è vero che oggi, nel cuore del pc, si riversano spesso altri se stessi. Che, come le lettere di un amore trascorso, sarebbe meglio lasciare "in riposo".

La realtà è che solo pochissimi pensano all'eredità digitale. Anche se la platea si sta affollando. Un passo importante è arrivato da Facebook che da fine 2009 consente la pratica di "memorializzazione": basta richiedere che, in caso di decesso, il proprio account venga trasformato in commemorativo o rimosso del tutto. Se l'account viene trasformato in commemorativo, alcune informazioni sensibili vengono rimosse e la privacy è impostata in modo che solo gli amici possano visualizzare il profilo. «La bacheca – si legge sul modulo – continua a essere disponibile in modo che amici e familiari possono lasciare post in memoria della persona defunta». E viceversa, perché internet si propone anche di "allungare" l'esistenza. In un incrocio fino a poco fa impensabile tra la fantascentifica semivita post morte di Philip Dick e il moderno avatar di Second Life, alcuni siti provvedono a spedire messaggi o istruzioni dall'aldilà. Come ricorda il libro di Evan Carroll e John Romano «Your Digital Afterlife», recensito sul Sole 24 Ore del 23 dicembre scorso, tra i primi sono stati AssetLock e Estate Logic. In Francia è stato attivato La vie d'apres, che trasmette – in nome e per conto del

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defunto – messaggi, video, foto, parole, password per i social network o le email, in modo che i destinatari continuino a farlo vivere (sul web). Dettagliatissime, ancora, le indicazioni di The digital beyond che spiega punto per punto che cosa può accadere e che cosa bisogna fare in caso di trapasso, se si è iscritti su Facebook, Gmail, Twitter, Yahoo e YouTube.

Anche per questi piccoli paradisi digitali forse tra un po' occorrerà stabilire qualche regola: il Codice civile italiano del 1942, ovviamente, non contempla il caso; ma neppure Oltreoceano sono già attrezzati. E i notai – categoria peraltro superinformatizzata – di conseguenza.

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Per le banche un 2011 di prudente ottimismo milioni di contratti scambiati nel 2010 - Aumento della redditività ma con dividendi stabili

I creditori, scriveva Ambrose Bierce agli inizi del Novecento, appartengono a una tribù di selvaggi che abitano al di là degli Stretti Finanziari e sono temuti per le loro devastanti incursioni. Un secolo dopo, mutatis mutandis, banchieri e bancari si augurano che nel 2011 non abbiano a verificarsi incursioni di questo genere. Gli analisti finanziari paiono dar ragione a chi spera: nell'anno appena iniziato i bilanci dei principali istituti di credito quotati italiani dovrebbero migliorare notevolmente. Ma gli autori di quegli "oroscopi finanziari" che sono spesso i report degli esperti non nascondono i rischi: una nuova crisi del debito sovrano dell'eurozona, un peggioramento delle condizioni economiche complessive e, last but not least, un aumento delle tensioni sindacali. Ecco perché molti analisti restano neutrali sul settore.

Certo, in Borsa nel 2010 le banche non hanno vantato performance brillanti. In Italia l'indice Ftse Mib settoriale ha chiuso l'anno con un ribasso vicino al 30%, tra i peggiori a livello globale. È vero che l'indice dei 40 titoli principali di Piazza Affari è arretrato di quasi otto punti percentuali e mezzo e che nemmeno le banche quotate tra i principali 600 titoli europei (+14,2% nel 2010 l'indice Euro Stoxx 600) hanno sfolgorato, ma la loro contrazione (-7,5% circa) è stata un quarto di quella dei concorrenti italiani. Se poi si guarda al mondo, le banche dell'indice Msci World hanno segnato un rialzo di quasi il 10%, pari a poco meno della metà di quello globale (+22,6%).

Eppure i motivi per nutrire ottimismo sul 2011 delle banche italiane non mancano. Secondo un recente report di Ubs, i campioni nazionali quest'anno potrebbero mettere a segno alcune delle migliori performance a livello globale: sia sul fronte del dividend yield (rapporto tra il dividendo annuale e il prezzo di un'azione) che su quello del payout ratio (percentuale dell'utile distribuito sotto forma di dividendi). Con un dividend yield atteso a fine 2011 oltre il 5,5%, le banche italiane sarebbero superate a livello mondiale solo da quelle australiane (poco meno del 7%), batterebbero sul filo di lana le concorrenti francesi e spagnole, staccando quelle britanniche, surclassando quelle tedesche (2,5% circa) e sbaragliando quelle statunitensi (poco più dell'1%). Secondo Ubs, d'altronde, tra le 20 banche mondiali che nel 2011 dovrebbero offrire il dividend yield più elevato si contano quattro istituti nazionali: Banca Popolare di Milano al quinto posto, con un 7,2% atteso che la porta vicinissima al record del Banesto (7,7%), UniCredit (dodicesima, con attese pari al 6,2%), Intesa Sanpaolo (sedicesima, 5,9%) e Mediobanca (diciannovesima, 5,7 per cento).

Ma la necessità di rafforzare il patrimonio di vigilanza, in linea con le regole di Basilea 3, imporrà una politica di distribuzione dei dividendi "morigerata". Che comunque sarà più generosa di quella delle concorrenti dei maggiori paesi europei. Il payout nazionale è atteso nei pressi del 45% circa. Se si considera che le banche italiane in Borsa quotano assai meno del loro valore di libro, ci sono dunque gli estremi per ritenere che alcuni titoli, ai corsi attuali, possano rivelarsi ottime opportunità di investimento in un'ottica di medio periodo.

Senza dimenticare, però, le avvertenze di cui dicevamo. È vero che nei bilanci delle banche italiane la quota di titoli "tossici" (illiquidi) è ben inferiore a quella, quasi tripla, della media dei concorrenti europei. È vero che

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le banche italiane sono assai meno esposte delle concorrenti francesi e tedesche al rischio sovrano targato Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Ma un riacutizzarsi degli attacchi speculativi sui titoli di stato dei paesi della cosiddetta "periferia europea", Italia compresa, potrebbe avere effetti pesantissimi sui bilanci bancari.

Anche una nuova frenata dell'economia non gioverebbe, impattando direttamente sulle nuove erogazioni e peggiorando ulteriormente la qualità dei prestiti erogati a imprese e famiglie. Se poi si considera che la leva del contenimento dei costi d'impresa sarà fondamentale per le banche e che nel 2011 si discuterà il rinnovo del contratto nazionale di categoria dei 330mila bancari italiani, con le nove sigle sindacali di settore – DirCredito, Fabi, Falcri, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl Credito e Uilca – che si preparano a contrastare i progetti dell'Abi, ci si accorge che le sfide non mancano nel futuro delle banche nazionali. Ma, come diceva il solito Bierce, il futuro è il tempo in cui i nostri affari prosperano, i nostri amici sono sinceri e la nostra felicità è assicurata...

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Quattro strade per un nuovo mutuo - In vista una proroga della misura che dà la possibilità di sospendere il pagamento

A CURA DI Stefano Rossi

Anno nuovo mutuo nuovo? Val la pena pensarci, se le condizioni pattuite non ci convincono più, ma è indispensabile conoscere quali sono le alternative e come muoversi. Tanto più che recentemente il Consiglio di Stato è intervenuto in materia, sottolineando la scarsa chiarezza sulle procedure indicate dalla normativa originaria. Se invece le rate stanno diventando insostenibili si sappia che è ancora possibile sospenderle temporaneamente o accedere al fondo di solidarietà (si vedano gli articoli sotto).

Più chiarezza

Nella sentenza 9322/2010 il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso dell'Autorità garante della concorrenza nei confronti di alcuni istituti bancari. I comportamenti delle banche ritenuti scorretti dall'Antitrust si sostanziavano nell'aver proposto ai clienti la sostituzione senza aver però evidenziato la possibilità di surroga che non comportava costi aggiuntivi. Secondo i giudici di palazzo Spada era tuttavia l'originario testo della legge 40/2007 a presentare la normativa in modo lacunoso, quindi nessuna colpa era addebitabile agli istituti bancari. Infatti solo con due successivi correttivi alla legge si poteva dire concluso l'iter delle procedure sulla portabilità. Oggi il risparmiatore insoddisfatto del mutuo sottoscritto si trova innanzi a regole più lineari e può più agevolmente muoversi tra portabilità (surroga), sostituzione e rinegoziazione del mutuo.

Ma ecco una sintesi delle alternative e dei passi da compiere (si veda anche l'infografica realizzata sulla base delle indicazioni di www.pattichiari.it).

«Migrazione»

L'operazione di portabilità o surroga è il trasferimento del mutuo da una banca a un'altra (articolo 8 Dl 7/2007 convertito in legge 40/2007). Queste le linee guida emanate dall'Abi: prima il cliente deve verificare sul mercato le migliori condizioni offerte, individuando la banca con cui effettuare l'operazione. Poi richiederà alla nuova banca di effettuare la surroga (senza quindi doversi rivolgere alla banca originaria). A questo punto la banca subentrante, tramite una procedura interbancaria elettronica, comunica al l'istituto originario la data di formalizzazione dell'operazione e richiede contestualmente di trasmettere l'importo del debito residuo del cliente sino a quella data. Entro 10 giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta da parte della banca originaria, sia quella subentrante sia il cliente devono conoscere le informazioni necessarie e fissare la data di trasferimento del mutuo.

La "subentrante" procede al perfezionamento dell'operazione mediante la stipula del contratto di mutuo e alla richiesta di annotazione (articolo 2843, codice civile) del trasferimento a suo favore della garanzia

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ipotecaria precedentemente iscritta. L'operazione di portabilità deve completarsi entro 30 giorni dalla data della richiesta: trascorso tale termine, il cliente ha diritto a richiedere alla banca originaria un risarcimento pari all'1% del valore del mutuo da trasferire, per ciascun mese o frazione di mese di ritardo. Con la portabilità il cliente non deve sopportare alcun costo di spese notarili o di penali per l'estinzione anticipata, tuttavia può cambiare il tipo di tasso o la durata, ma non il capitale residuo.

Estinzione e riaccensione

Con la sostituzione, invece, si ha l'opportunità di estinguere il vecchio mutuo accendendone uno nuovo presso un'altra banca, di importo maggiore rispetto al precedente e a migliori condizioni. Dunque affinché l'operazione sia vantaggiosa è necessario che il risparmio prodotto dalla riduzione del tasso di interesse sia maggiore delle spese di sostituzione. Infatti, l'operazione può comportare l'applicazione di penali per l'estinzione anticipata di mutui accesi prima del 2 febbraio 2007. Inoltre, possono esserci spese notarili o per l'iscrizione della nuova ipoteca sull'immobile o per l'istruttoria, perizia e spese assicurative della nuova pratica.

Condizioni riviste

La terza alternativa non prevede il cambio di banca, ma solo un accordo tra banca e cliente. Il contratto originario resta valido ma cambiano alcune condizioni come ad esempio il tasso di interesse o la durata.

Insomma, un'operazione semplice che consente al cliente di adeguare il rimborso a condizioni più in linea con la sua condizione economico-finanziaria. Quindi ci si può rivolgere alla propria banca concordando la variazione della tipologia del mutuo, il tasso d'interesse applicato o la durata. La legge 244/2007 consente al cliente di rinegoziare il mutuo senza l'onere di spese bancarie, sottoscrivendo semplicemente una scrittura privata anche non autenticata (ossia senza l'assistenza di un notaio). Dal maggio 2008 esiste una convenzione (tra Abi e governo) che consente al cliente di rinegoziare il proprio mutuo a tasso variabile in un mutuo a rata fissa (limitatamente ai finanziamenti a tasso variabile sottoscritti per la prima casa prima del gennaio 2007). Così, si avrà la trasformazione del mutuo ipotecario originario in rata fissa parametrata ai tassi di interesse applicati nel 2006. La differenza tra quanto dovuto con il mutuo iniziale e quello rinegoziato andrà accantonato in un conto di finanziamento accessorio intestato al cliente, sul quale si applicherà un tasso fisso pari al tasso Irs a 10 anni più uno spread dello 0,50 per cento. Alla scadenza del mutuo originario se il residuo del conto accessorio è negativo si allunga la durata del mutuo, con una rata fissa sino all'estinzione; se invece i tassi dovessero scendere sino ad azzerare il conto accessorio, il mutuo originario terminerà alla scadenza naturale.

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Un beneficio di 18 mesi se la rata diventa insostenibile

Chi vuol prendere fiato con le rate della casa può avvantaggiarsi – a partire dal 15 novembre scorso – del Fondo di solidarietà per i mutui prima casa, istituito dalla legge 244/2007, regolamentato a giugno 2010 e sbloccato a ottobre, con la pubblicazione delle linee guida da parte del ministero dell'Economia e delle finanze.

Il beneficio consiste nella sospensione del pagamento delle rate fino a un massimo di 18 mesi. Durante il periodo di sospensione, il Fondo rimborsa alle banche i costi sostenuti per eventuali spese notarili e, soprattutto, gli oneri finanziari pari alla quota di interessi delle rate corrispondenti al "parametro di riferimento" (l'Euribor nel caso di mutui a tasso variabile, l'Irs nel caso di mutui a tasso fisso, mentre per i mutui con opzione di scelta il parametro di indicizzazione corrisponde a quello vigente al momento della presentazione della richiesta di sospensione). In sostanza, rimane a carico del cliente lo spread, cioè la maggiorazione che la banca applica al parametro di riferimento.

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Al Fondo possono accedere i clienti che hanno un contratto di mutuo da almeno un anno per l'acquisto della prima casa, con un capitale massimo di 250mila euro e un reddito non superiore a 30mila euro. Stabiliti anche gli eventi che consentono al mutuatario di usufruire dei benefici del Fondo sono i seguenti. Si tratta in pratica di cinque situazioni:

e perdita del posto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, termine del contratto di lavoro parasubordinato o assimilato, con assenza di un nuovo lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi;

r morte o non autosufficienza di uno dei componenti della famiglia che percepisce almeno il 30% del reddito imponibile complessivo del nucleo familiare;

t pagamento delle spese mediche o di assistenza domiciliare, anche se riferite ad altri componenti del nucleo per almeno 5mila euro all'anno;

u spese di manutenzione straordinaria, ristrutturazione o adeguamento funzionale della casa per cui è stato erogato il mutuo per almeno 5mila euro;

i aumento della rata del mutuo a tasso variabile rispetto alla rata precedente di almeno il 25% per le rate semestrali e del 20% per le rate trimestrali e mensili.

Dopo la presentazione della domanda, l'istituto di credito procede a un controllo formale rilasciando ricevuta.

Successivamente, la banca inoltra richiesta alla Consap (l'ente pubblico che gestisce il Fondo) ed entro cinque giorni dal via libera di quest'ultimo comunica al mutuatario la sospensione del mutuo. Quindi, la procedura si attiva entro 30 giorni dalla comunicazione al cliente.

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 - Rimborso spostato in caso di difficoltà

Stop alle rate del mutuo per domande presentate entro il 31 gennaio 2011. In sostanza si tratta di una misura straordinaria di sospensione del piano di rimborso per le famiglie che si trovino in difficoltà, grazie alla quale è possibile richiedere un blocco temporaneo del pagamento delle rate per un periodo di 12 mesi se nel biennio 2009-2010 si è verificato un evento grave quale: perdita dell'occupazione, morte, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso nella cassa integrazione. L'Abi ha però annunciato di voler prorogare di altri sei mesi la moratoria su questo tipo di debiti, con una ridefinizione dei dettagli della misura stessa.

Intanto, fino al 31 gennaio, possono partecipare alla procedura tutti i contratti di mutuo, anche in fase di preammortamento, garantiti da ipoteca per l'acquisto, costruzione o ristrutturazione del l'abitazione principale, a prescindere dalla tipologia di tasso di interesse contrattuale (fisso, variabile o misto). Il cliente inoltre dovrà avere un reddito imponibile non superiore a 40mila euro annui (riferito al singolo mutuatario), per un capitale non superiore a 150mila euro di mutuo. Il piano, con l'accordo sottoscritto nel novembre 2009 tra associazioni dei consumatori e Abi, prevede la sospensione anche in caso di ritardo nel pagamento della rata non superiore a 180 giorni consecutivi. In tal modo, la banca attiva la sospensione entro 45 giorni lavorativi dall'accoglimento della richiesta del cliente o comunica l'eventuale diniego alla domanda del cliente entro 15 giorni lavorativi dalla presentazione della stessa.

La procedura comporta il vantaggio di bloccare i pagamenti, ma si ricorda che nel periodo di sospensione gli interessi pattuiti continuano a maturare e dovranno essere rimborsati dal cliente in misura diversa a seconda che lo stop sia stato richiesto esclusivamente per la quota capitale o per la quota capitale e la quota interessi.

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 - Valutare le esigenze, i costi e l'ok della banca

Rinegoziare il mutuo con il proprio istituto o surrogarlo presso un'altra banca? O sostituirlo del tutto con uno nuovo? E quando conviene, invece, sospendere il pagamento delle rate avvalendosi della moratoria Abi? La risposta dipende in primo luogo dalle esigenze del singolo risparmiatore. Ma ci sono alcuni principi di base che possono aiutare a prendere la giusta decisione.

Considerazioni da fare

«Rinegoziare il mutuo – afferma Roberto Anedda, direttore marketing di Mutui Online – conviene quando non si riesce più a pagarne le rate, o se lo si è stipulato negli anni in cui i tassi erano più alti di quelli attuali.

La decisione di accogliere le richieste del cliente, però, è presa unilateralmente dalla banca». Per Anedda, la surroga del mutuo è quasi sempre preferibile alla rinegoziazione: «Quando è stata introdotta, la portabilità era piuttosto macchinosa; così, nel 2008, le surroghe effettuate erano 50-60mila, un numero equivalente a quello delle rinegoziazioni. Oggi però la portabilità funziona bene, in tempi rapidi ed è effettivamente a costo zero. Non a caso le richieste di surroga a oggi sono circa 300mila, e nel 2010 hanno rappresentato il 25% di tutte le operazioni sui mutui effettuate in Italia, mentre le rinegoziazioni non sono cresciute di pari passo».

La rinegoziazione, giudica Anedda, dovrebbe essere limitata ai pochi casi in cui la surroga non è possibile, in primo luogo per «ritardi nei pagamenti delle rate, o per una situazione reddituale problematica. La nuova banca, prima di concedere il mutuo di surroga, porta comunque avanti la sua istruttoria e le indagini del caso, e potrebbe quindi decidere di rifiutare l'erogazione».

Discorso simile per la sostituzione. Dall'Aduc rilevano come «questa operazione comporti una novazione del contratto, con tutte le problematiche che ne conseguono in termini di costo. Perché fare una sostituzione quando si può fare la surroga? Ha senso solo se la banca che propone il nuovo mutuo non accetta di fare la surrogazione, e se nel cambiare mutuo si ha contestualmente bisogno di nuova liquidità».

Punti da migliorare

Il giudizio dell'associazione dei consumatori sull'andamento delle operazioni sui mutui è positivo: «Dalle segnalazioni che ci pervengono sembra che le varie opzioni offerte per modificare il mutuo in essere siano entrate a regime: per esempio sono quasi scomparse le banche che chiedono il notaio per la surroga». C'è però ancora qualche problema: «Un caso molto frequente – rilevano i responsabili Aduc – è la presenza di assicurazioni sulla vita collegate al mutuo da trasferire e alla banca originaria. In questi casi, non di rado, i vantaggi connessi alla surroga vengono annullati o ridotti dalla perdita, totale o parziale, dei premi non goduti connessi all'assicurazione, che seppur facoltativa è spesso imposta al cliente in sede di accensione del mutuo».

Sulla sospensione dei pagamenti, infine, Anedda rileva: «In passato era legata alla crescita dei tassi, oggi alle difficoltà del mercato del lavoro. È ovviamente una misura temporanea, che non risolve i problemi dei clienti bancari ma li rimanda a un futuro in cui, si spera, le condizioni economiche saranno migliorate».

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Il Sole-24 Ore del lunedì - 2011-01-03 -

Shopping in saldo con le idee chiare per non farsi illudere dai falsi affari

Proprio questa settimana scatta la corsa ai saldi in quasi tutte le regioni. In realtà molti negozi, soprattutto quelli di abbigliamento, hanno già aperto la stagione più o meno ufficiosamente, alcuni applicando comunque una riduzione sui prezzi (dal 20 al 30%) dei prodotti acquistati la settimana scorsa, quella subito dopo Natale, altri invitando le clienti più fedeli a fare un "giro" con sconto prima del D-day. Un approccio

"disinvolto" alla vendita promozionale, questo, che spiega come mai da più parti, sul versante sia dei commercianti che dei consumatori, si chieda una maggiore liberalizzazione per quanto riguarda la possibilità di effettuare vendite "in saldo".

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