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Rieti ed il suo territorio. Idee, persone e beni in movimento nel mondo antico

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Rieti ed il suo territorio

Idee, persone e beni in movimento nel mondo antico

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COMUNE DI RIETI

Assessorato al Turismo, Culture e Promozione del territorio

(L. R. 42/97,PIANO ANNUALE2010)

Con la collaborazione di:

Pubblicazione in allegato con il dvd: Rieti ed il suo territorio.

Idee, persone e beni in movimento nel mondo antico.

Testo a cura di: Monica De Simone e Carlo Virili.

Grafica e stampa: Teseo Editore, Roma 2014 – www.teseoeditore.it Realizzato con il contributo di:

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RIETI ED IL SUO TERRITORIO.

IDEE, PERSONE E BENI IN MOVIMENTO NEL MONDO ANTICO

LE ORIGINI: CULTURA MATERIALE E SIMBOLI A partire dall’antica età del bronzo, cioè almeno dal XVIII sec. a. C. la Conca Velina fu abitata da gruppi umani stanziali. Questi uomini e queste donne popo- larono stabilmente e con continuità le aree a ridosso dei numerosi specchi d’acqua che caratterizzavano l’ambiente naturale. Vivevano in numerosi piccoli vil- laggi, molto vicini tra loro, occupando capillarmente il territorio e iniziarono a controllare e sfruttare le risor- se disponibili, come si evidenzia dai rinvenimenti di pesi per le reti da pesca e di strumenti per la filatura e tessitura dal sito di Paduli di Monte Cornello (Colli

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sul Velino, RI). In uno di questi siti, e precisamente a

“Campo di S. Susanna” (Rivodutri, RI), sono stati tro- vati alcuni oggetti di terracotta risalenti al XIII sec. a.

C. che con la loro inconsueta decorazione testimo- niano una volontà di rappresentazione che va al di là della semplice funzionalità. Osservando lo stesso fenomeno della migrazione, come in altre parti d’Europa, ma probabilmente in maniera indipenden- te, anche gli abitatori della Conca Velina iniziarono a replicare un’immagine evidentemente a loro familia- re e al tempo stesso evocativa.

Gli uccelli, spaziando da un ambiente ad un altro, collegano idealmente acqua, terra e cielo. In un periodo in cui aumentano in modo significativo spo- stamenti di persone e scambi di oggetti e di idee, si diffondono in aree molto vaste raffigurazioni spesso schematiche di uccelli acquatici, usate per decorare vasi d’argilla e altri oggetti d’uso, che venivano però

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caricati di un valore simbolico, forse alludendo ad una dimensione ultraterrena.

In un periodo più recente questo quadro di relazioni si definisce sempre più e si caratterizza, in una scala regionale, negli scambi e nei contatti tra le comunità stanziali, come si vede negli oggetti ritrovati. Questi testimoniano non soltanto il trasferimento di un oggetto da un luogo all’altro, ma il movimento degli stessi uomini e artigiani e, con loro, delle idee e dei modelli, che possono essere replicati e reinterpreta- ti a livello locale. Verso la fine dell’età del bronzo e nell’età del ferro, nella Conca Velina la quasi totalità dei reperti, infatti, non costituisce materiale di impor- tazione; si tratta di oggetti realizzati localmente e che attestano l’accettazione di modelli applicati anche da altre comunità non troppo lontane. Tra gli oggetti di uso quotidiano e allo stesso tempo caratterizzanti il ruolo sociale dell’individuo, la particolare forma di

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una spilla in bronzo permette di elaborare considera- zioni relative alle aree in cui questo modello era dif- fuso, in una macroregione centro-italica, per lo più gravitante sulle aree tirrenica ed appenninica. Per contenere le ceneri del defunto si ricorre talora alla riproduzione, in ceramica e in miniatura, di una capanna, probabilmente indicante la sepoltura di un capofamiglia. Pur se questo modello trova riscontro in alcune zone costiere del Tirreno centrale, gli esemplari rinvenuti nella Conca Velina, in particolare nella necropoli di Campo Reatino, mostrano una stretta affinità con le urne a capanna della zona dei Colli Albani.

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CIRCOLAZIONE DI UOMINI E IDEE:

ECONOMIA E RELIGIONE

Questi uomini e le loro idee si muovevano su percor- si consolidati, che seguono le vie naturali, i corsi d’acqua, le valli fluviali, i valichi. Questi uomini, che vivevano in villaggi e comunità stanziali, si muoveva- no per le esigenze legate alla stagionalità, con parti- colare riferimento alla transumanza. La transuman- za, il millenario trasferimento periodico delle mandrie e delle greggi dalle zone montane e collinari verso le pianure e le zone costiere, è una scelta obbligata per garantire il migliore sfruttamento delle risorse natura- li, ossia la piena utilizzazione dei pascoli estivi e invernali e l’ottimale rendimento degli animali.

Nell’ottica dell’approvvigionamento di materie prime, un ruolo peculiare riveste il sale, elemento di prima necessità per la produzione casearia e la conserva-

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zione degli alimenti, per il trattamento delle pelli e dei tessuti, per l’utilizzo medicale.

Nel quadro di un’economia di scambio di medio rag- gio basata sulla pastorizia si comprende come si sia mantenuto, anche nel linguaggio più recente il ricor- do degli indicatori della ricchezza nei termini salario e pecunia, rispettivamente derivanti dal latino sal (sale) e pecus (pecora).

Lo stesso asse di quella che in età romana sarà for- malizzata come via Salaria, e che caratterizza forte- mente il territorio della Sabina, prende origine da percorsi consolidati nel tempo legati alle esigenze di un’economia pastorale. I tracciati lungo i quali avvie- ne la transumanza, in seguito chiamati calles o trat- turi, vengono così a costituire percorsi privilegiati, battuti costantemente e utilizzati nel tempo non solo dai pastori, creando una rete di collegamenti, più tardi costellata di centri a controllo degli stessi e di

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stazioni di permanenza. In particolare, assumono una rilevanza significativa quei luoghi, lungo i trac- ciati, che dispongono di sorgenti perenni di acqua dolce per l’abbeveramento. Questi siti divengono ambienti privilegiati per l’incontro tra le comunità che vivono sparse sul territorio.

La strutturazione progressiva dei percorsi e dei loro presidi rende questi assi viari dei veri e propri attrat- tori per le diverse attività umane. Lungo questi trac- ciati nascono i luoghi dello scambio e i luoghi del sacro, spesso coincidenti. Una delle principali divi- nità connesse con l’attività dei pastori transumanti era Ercole. L’accoglimento di Ercole nel pantheon italico a partire già dalla fine del VII sec. a. C. passa attraverso la sua assimilazione alle divinità locali, primo fra tutti Silvano, probabilmente ad opera dei gruppi italici emergenti, come quelli militari che inte- ragiscono in una rete di scambi e di contatti con il

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mondo magno-greco campano. Da questa assimila- zione nasce l’Ercole italico, ben diverso dall’Eracle greco: infatti, oltre ad incarnare il tradizionale valore della forza fisica accoglie anche tutti quegli attributi di significato tipici degli aspetti sociali ed economici delle comunità italiche pre-romane, fondate su un’e- conomia agro-pastorale. Il pastore-mandriano, figura di rilievo e di rispetto e non immagine bucolica, era il detentore del potere e dell’economia, rappresentan- te di quel gruppo ristretto di principi centro-italici caratterizzato da una ricchezza che deriva dal pos- sesso del bestiame Ercole diventa così la divinità protettrice delle acque salutari, delle sorgenti, delle greggi, dei pastori, ma anche colui che previene e allontana i mali. In questa veste attraversa tutta l’età romana e continua ad essere diffuso nella religiosità locale, in particolare come protettore della mercatu- ra. Nei dintorni di Rieti sono note alcune aree sacre.

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Dal territorio di Contigliano provengono due iscrizio- ni che rimandano al culto di Ercole, appellato come Sanctus, Victor e Pater Reatinus. Il mercante Lucio Munio, che offre il monumento alla divinità, richiama lo stretto legame tra mercati, santuari e assi viari.

Sempre dal territorio di Contigliano provengono due altari dedicati alla dea Vacuna, oggi al Museo Nazionale Romano. Vacuna è la divinità femminile più importante per i Sabini, attestata per lo più nella Sabina interna e viva nel ricordo odierno anche nei nomi di alcuni paesi, come Bacugno e Vacone; ini- zialmente una dea madre dalle caratteristiche varie- gate, legata alla fertilità e all’ottenimento dell’esito felice e del buon ritorno, anche in termini militari. Lo stesso nome richiamerebbe o il concetto di mancan- za/assenza o il concetto di cavità, collegabile anche con il lacus Cutiliae. Alimentato da sorgenti naturali e salutari, il lago aveva un carattere fortemente sacro.

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Dalla tradizione storiografica antica era identificato come umbilicus Italiae, luogo dal quale si pensavano essersi originati gli spostamenti dei popoli nella peni- sola, secondo il rito del ver sacrum. Le fonti romane ricordano in questo luogo riti cruenti di origine arcai- ca e le trasformazioni del culto ad opera dell’inter- vento civilizzatore di Ercole; il lago costituiva il luogo della memoria per i Sabini e in età romana era sacro a Vittoria, dea con la quale la sabina Vacuna venne assimilata. Poco distante, lungo il tracciato della via Salaria, un grande complesso terrazzato costruito in età tardo-repubblicana (II-I sec. a. C.) è stato inter- pretato come il santuario dedicato alla dea Vacuna, monumentalizzazione di età romana dei luoghi sacri alla dea e centrali nella costruzione dell’immagine identitaria del popolo sabino. Il complesso archeolo- gico, noto con il nome di Terme di Vespasiano o Terme di Cotilia, si estende su un’ampia area e com-

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prende diversi edifici disposti scenograficamente su più terrazze che affacciavano sulla Via Salaria.

Durante gli scavi, tra i vari materiali è stato rinvenu- to un frammento di terracotta architettonica probabil- mente raffigurante Ercole. Tra gli elementi di mag- gior rilievo spicca una grande piscina rettangolare che costituisce il fulcro monumentale del complesso, famoso nell’antichità per le proprietà curative delle sue acque. Prossimo alla fine, lo stesso imperatore Vespasiano, di origine sabina, si recò a Cotilia, dove era solito trascorrere l’estate nella casa di campagna dove morì nel 79 d. C. e dove, soli due anni dopo, morì anche suo figlio, l’imperatore Tito.

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IL CONTRIBUTO DI ROMA

Sovrastano il lago di Paterno imponenti strutture di una grande villa identificata come la residenza di campagna dei Flavi e nota oggi comunemente con il nome di Terme di Tito. La campagna reatina in età romana, infatti, era disseminata di molte fattorie e casali di modesta entità, mentre più diradate appaio- no le ville di grandi dimensioni, a un tempo residen- ze lussuose e aziende produttive.

Un esempio di villa, che testimonia la ricca decora- zione della parte residenziale, è la villa di Cottanello, attribuita all’importante famiglia di origine sabina dei Cotta, da cui deriva anche il nome del paese attuale.

Gli ambienti sono decorati con pavimenti musivi in bianco e nero e policromi, con una prevalenza di schemi geometrici molto elaborati, ma anche con immagini floreali e di genere; le terrecotte architetto-

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niche, che decoravano il peristilio, sono di alto livello esecutivo e raffigurano motivi del repertorio dell’età augustea, con figure femminili alate, gorgoni, ele- menti vegetali.

Fattorie e grandi ville costituiscono un sistema di sfruttamento agricolo del territorio che si sviluppa in età romana; questo sistema nella conca velina nasce con le assegnazioni di lotti di terreno ai capi- famiglia, conseguenti alla conquista della regione da parte di Manio Curio Dentato agli inizi del III sec.

a. C.. La presa di possesso del territorio da parte dei Romani comportò la bonifica della piana: il fiume Velino fu irreggimentato nella fossa Curiana per faci- litarne il deflusso in corrispondenza del salto delle Marmore; la campagna della Conca Velina divenne fruibile e appetibile per le attività agricole e dell’alle- vamento e i Romani attuarono la divisione del terri- torio secondo lo schema della centuriazione. Qui, tra

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le ville di maggior rilievo spicca senza dubbio quella attribuita al Senatore Quinto Assio, che ne possede- va anche un’altra in zona. In questo luogo avrebbe soggiornato anche Marco Tullio Cicerone, venuto per difendere gli interessi dei Reatini in una causa intentata dai Ternani proprio relativamente a danni e allagamenti causati dai fiumi Velino e Nera. Pur non avendo certezze in merito alla proprietà, le sostruzio- ni ancora esistenti testimoniano la qualità e l’impo- nenza delle strutture.

Il sistema insediativo sparso, legato alle peculiarità geomorfologiche del territorio, è caratteristico della Sabina, che non conobbe in età romana i livelli di urbanizzazione riscontrabili in altre zone della peni- sola. In Sabina, i maggiori centri di età romana non sono delle vere e proprie città, bensì poli essenzial- mente amministrativo-giuridici a cui fa riferimento il territorio circostante, e non furono mai caratterizzati

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da un’ampia concentrazione di popolazione. È que- sto il caso di Reate, trasformata dopo la conquista romana del territorio, agli inizi del III secolo a. C., in una praefectura, ossia un centro sotto il diretto con- trollo dei Romani e non dotato di autonomia ammini- strativa. Il centro mantenne questa situazione alme- no fino all’età augustea. L’impianto urbanistico anti- co rispecchia la natura dello status amministrativo che il centro doveva assumere; infatti le principali opere furono soprattutto infrastrutture viarie (il ponte e il viadotto), difensive (le mura) e amministrative (foro e capitolium) e non si attuarono interventi di popolamento inteso come attrazione di residenti all’interno delle mura. Il centro amministrativo, pre- cedentemente occupato da un abitato sabino, sorge- va su un’altura solcata dal fiume Velino, in prossimità di un antico asse di percorrenza che lo collegava alla valle del Tevere, poi regolarizzato nella via Salaria.

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La città antica è quindi strettamente collegata al suo territorio e agli assi viari a lunga percorrenza. Il pic- colo centro era difeso da mura in opera quadrata munite di torri; nel circuito si aprivano le porte che permettevano l’accesso delle arterie stradali. La via Salaria penetrava in linea retta all’interno del centro, oltrepassando il fiume Velino su un ponte in opera quadrata, restaurato nel I sec. d. C. nel periodo degli imperatori Flavi; un viadotto su arcate colmava il dislivello tra la piana fluviale e l’altura dove era ubi- cata l’area forense. La città moderna conserva i trac- ciati antichi: il viadotto è ricalcato dall’attuale via Roma e nelle cantine dei Palazzi prospicienti la via sono conservate le arcate del viadotto. Il percorso di crinale (attuali via Garibaldi e via Cintia) interseca sulla sommità il tratto urbano della Salaria, nel punto dove si colloca il foro antico; qui si affacciava il tem- pio cittadino, Capitolium, del quale sono conservati

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resti del podio nell’isolato attualmente occupato dall’Albergo Quattro Stagioni. Da questa zona e da quella immediatamente alle spalle dell’attuale palaz- zo comunale, nota come Ortaccio, provengono diversi frammenti architettonici e scultorei di età romana, che testimoniano l’aspetto monumentale dell’antico spazio pubblico. Probabilmente nell’età di Augusto Reate divenne un municipio (centro dotato di una certa autonomia amministrativa all’interno dello stato romano) e godette di un particolare favo- re nell’epoca di Vespasiano e dei suoi figli, in quanto i Flavi erano originari di questo territorio. Diverse epi- grafi testimoniano la storia di militari in congedo ai quali Vespasiano assegnò lotti di terreno proprio nel territorio di Reate. Le iscrizioni testimoniano anche le divinità a cui la città si affidava. Tra i culti non poteva mancare quello di Ercole: un’epigrafe rinvenuta nel centro urbano lo ricorda insieme a Giove, Minerva e

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Fortuna, in una dedica posta dall’associazione dei fabbri tignarii ossia i carpentieri.

Mentre nel centro di Reate non sono state indagate archeologicamente aree a destinazione sacrale, su un’altura nelle immediate vicinanze, a nord-est della città, si trova il santuario di Colle S. Basilio, frequen- tato a partire dal IV sec. a. C. I materiali rinvenuti, risalenti al periodo repubblicano romano, sono per lo più oggetti come teste e arti umani in terracotta, vasellame, riproduzioni in argilla di animali (bovini e suini). Queste offerte votive forniscono indicazioni relative alle aspirazioni e alle aspettative di una società tipicamente agro-pastorale. Per tutta l’età romana, la popolazione continuò a vivere in abitazio- ni e fattorie sparse nelle campagne e si recava a Reate per ragioni di ordine economico, amministrati- vo, giuridico, politico e religioso, alimentando un con- tinuo movimento di idee, uomini e merci.

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Indice delle immagini

Testa di Menade, II sec. d. C., particolare

Strumenti per la filatura e tessitura dal sito di Paduli di Monte Cornello (Colli sul Velino, Rieti), secc. XII-X a. C.

Uccello acquatico al Lago di Paterno (Castel S. Angelo, Rieti)

Urna a capanna dalla Tomba 2 della necropoli di Campo Reatino, IX sec. a. C.

Conca Velina, il Lago Lungo visto da Poggio Bustone, Rieti Tratto della via Salaria che corre lungo il Santuario noto come “Terme di Vespasiano” (Cittaducale, Rieti) Bronzetto di Ercole, con clava e pelle di leone, III sec. a. C.

Frammento di lastra fittile raffigurante Ercole.

Dal Santuario noto come “Terme di Vespasiano (Cittaducale, Rieti), I sec. d. C.

Altare con dedica a Vacuna da Cerchiara di Poggio Fidoni (Rieti), inizi I sec. d. C., ora al Museo Nazionale Romano

La grande piscina del santuario noto come “Terme di Cotilia”

o “Terme di Vespasiano”, in località Caporio (Cittaducale, Rieti) Copia in gesso di un ritratto di Vespasiano

(originale conservato alla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen) Sito archeologico della Villa Romana di Collesecco (Cottanello, Rieti) Tegola di gronda con gocciolatoio a testa di gorgone, inizi I sec. d. C., dalla Villa Romana di Collesecco (Cottanello, Rieti)

Frammento di epigrafe che ricorda Agrippa, il genero dell’imperatore Augusto, come patrono della praefectura reatina (seconda metà I sec. a. C.)

Resti del ponte romano sul fiume Velino. La via Salaria entrava nel centro antico di Reate oltrepassando il fiume sul ponte e proseguendo in linea retta sostenuta da un viadotto su arcate (III sec. a. C.)

Resti di una torre del circuito murario di Reate (III sec. a. C.) sull’attuale Piazza Oberdan

Epigrafe funeraria di Valerio Valente, veterano della IX Legione, assegnatario di un lotto di terra a Reate dove fu dedotto dall’imperatore Vespasiano (fine I sec. d. C.) Suino votivo in terracotta dal Santuario di Colle San Basilio, Rieti (III sec. a. C.) Panorama del Lago Lungo nella Piana reatina

p. 1 p. 4 p. 6 p. 8p. 10 p. 12 p. 14 p. 16 p. 18 p. 20 p. 22 p. 24 p. 26 p. 28 p. 30

p. 32 p. 34 p. 36 p. 40

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Si ringraziano per la disponibilità

alla riproduzione delle immagini e per la fattiva collaborazione:

Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma Museo Nazionale Romano

Museo della preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese di Valentano

Sistema museale PROUST della Regione Lazio Comune di Cittaducale, Rieti

Comune di Colli sul Velino, Rieti Comune di Cottanello, Rieti

Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile, Rieti Hotel Miramonti, Rieti

Società Rieti da Scoprire (Rieti Sotterranea), Rieti

d. C.)

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