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PROPOSTA DI RISOLUZIONE

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IT

Unita nella diversità

IT

Parlamento europeo

2019-2024

Documento di seduta

B9-0117/2021 8.2.2021

PROPOSTA DI RISOLUZIONE

presentata a seguito di una dichiarazione del vicepresidente della

Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

a norma dell'articolo 132, paragrafo 2, del regolamento sulla situazione in Myanmar/Birmania

(2021/2540(RSP))

Heidi Hautala, Francisco Guerreiro, Rosa D’Amato, Monika Vana, Bronis Ropė, Mounir Satouri, Saskia Bricmont, Ernest Urtasun, Hannah

Neumann, Sara Matthieu, Jordi Solé, Alviina Alametsä, Niklas Nienaß a nome del gruppo Verts/ALE

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B9-0117/2021

Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Myanmar/Birmania (2021/2540(RSP))

Il Parlamento europeo,

– viste le sue precedenti risoluzioni sul Myanmar/Birmania e sulla situazione dei rohingya, in particolare quelle del 7 luglio 20161, del 15 dicembre 20162, del 14

settembre 20173, del 14 giugno 20184, del 13 settembre 20185 e del 19 settembre 20196, – viste le conclusioni del Consiglio del 26 febbraio 2018 e del 10 dicembre 2018 sul

Myanmar/Birmania,

– vista la decisione del Consiglio del 23 aprile 2020 di prorogare le misure restrittive vigenti nei confronti del Myanmar/Birmania per altri dodici mesi,

– visto il sesto dialogo Unione europea-Myanmar/Birmania in materia di diritti umani, svoltosi in videoconferenza il 14 ottobre 2020,

– viste la dichiarazione rilasciata dal vicepresidente della Commissione/alto

rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza il 1° febbraio 2021 e la dichiarazione rilasciata dai ministri degli Esteri del G7 il 3 febbraio 2021 sulla situazione in Myanmar/Birmania,

– vista la relazione del Segretario generale del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale connessa ai conflitti, pubblicata il 23 marzo 2018 (S/2018/250), – viste la relazione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC), dell'8

agosto 2018, sulle conclusioni dettagliate della missione internazionale indipendente di accertamento dei fatti sul Myanmar/Birmania (UNIFFM) (A/HRC/42/50), la risoluzione dell'UNHRC, del 3 ottobre 2018, sulla situazione dei diritti umani in

Myanmar/Birmania dei musulmani rohingya e di altre minoranze (A/HRC/RES/39/2), la relazione dell'UNHRC del 5 agosto 2019 sugli interessi economici delle forze militari del Myanmar/Birmania (A/HRC/42/CRP.3), la relazione dell'UNHRC, del 7 agosto 2019, sul meccanismo investigativo indipendente delle Nazioni Unite per il

Myanmar/Birmania (A/HRC/42/66), nonché la relazione dell'UNHRC del 3 settembre 2020 sulla situazione dei musulmani rohingya e di altre minoranze in

Myanmar/Birmania (A/HRC/45/5),

– vista la relazione dell'UNIFFM, del 22 agosto 2019, sulla violenza sessuale e di genere in Myanmar/Birmania e l'impatto di genere dei conflitti etnici al suo interno

1 GU C 101 del 16.3.2018, pag. 134.

2 GU C 238 del 6.7.2018, pag. 112.

3 GU C 337 del 20.9.2018, pag. 109.

4 GU C 28 del 27.1.2020, p. 80.

5 GU C 433 del 23.12.2019, pag. 124.

6 Testi approvati, P9_TA-PROV(2019)0018.

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(A/HRC/42/CRP.4),

– viste le relazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel Myanmar/Birmania, dell'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani, nonché del meccanismo di vigilanza dell'ILO,

– viste la relazione finale e le raccomandazioni della commissione consultiva sullo Stato di Rakhine (relazione Annan),

– vista la decisione della terza Camera preliminare della Corte penale internazionale, del 14 novembre 2019, ai sensi dell'articolo 15 dello Statuto di Roma, relativa

all'autorizzazione di un'indagine sulla situazione nella Repubblica popolare del Bangladesh/Repubblica dell'Unione di Myanmar,

– vista l'ordinanza della Corte internazionale di giustizia (CIG) del 23 gennaio 2020 concernente la richiesta di misure provvisorie presentata dalla Repubblica della Gambia nella causa relativa all'applicazione della Convenzione per la prevenzione e la

repressione del delitto di genocidio (Gambia contro Myanmar/Birmania);

– visti la Convenzione di Ginevra del 1949 e i relativi protocolli aggiuntivi, – vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,

– visti la Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 sullo status dei rifugiati e il relativo Protocollo del 1967,

– vista la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948,

– visto l'articolo 132, paragrafo 2, del suo regolamento,

A. considerando che le forze armate del Myanmar/Birmania, note anche come Tatmadaw, hanno arrestato leader politici e attivisti della società civile, tra cui il consigliere di Stato Aung San Suu Kyi e il Presidente Win Myint, in un colpo di Stato contro il legittimo governo civile del Myanmar/Birmania; che le forze militari hanno dichiarato lo stato di emergenza per un anno; che solo Win Myint, in qualità di presidente del

Myanmar/Birmania, è autorizzato dalla costituzione a introdurre uno stato di emergenza;

B. considerando che i diritti della popolazione del Myanmar/Birmania, tra cui la libertà di espressione, di informazione, di riunione e di associazione, sono stati ulteriormente limitati; che si è ricorsi illecitamente alla forza per disperdere le proteste; che

continuano ad essere organizzate proteste e campagne di disobbedienza civile; che in ampie zone del paese Internet e le linee telefoniche sono state limitate inutilmente e in maniera sproporzionata, impedendo il flusso di informazioni, il funzionamento dei servizi dei media e compromettendo la capacità delle persone di esprimere opinioni politiche; che, a tale riguardo, nel quadro dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, i fornitori di servizi Internet sono tenuti a prevenire gli impatti negativi sui diritti umani derivanti dalle loro operazioni;

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C. considerando che la prima sessione del parlamento eletto del Myanmar/Birmania avrebbe dovuto tenersi nella prima settimana di febbraio 2021; che non vi sono prove di brogli elettorali sistematici nelle elezioni parlamentari del novembre 2020; che, secondo le stime, a 1,5 milioni di elettori appartenenti a minoranze etniche nelle zone colpite da conflitti, la maggior parte dei quali sono rohingya, non è stato concesso di partecipare alle elezioni; che la legge sulla cittadinanza del Myanmar/Birmania dichiara i rohingya

"non cittadini" o "residenti stranieri", privandoli della cittadinanza;

D. considerando che il Myanmar/Birmania sta affrontando, come il resto del mondo, una crisi sanitaria con oltre 140 000 casi totali di COVID-19; che, attualmente, il sistema sanitario del Myanmar/Birmania è sottosviluppato a causa di anni di negligenza del regime militare e dipende in larga misura da finanziamenti esterni provenienti da istituzioni multilaterali; che gli sfollati interni in Myanmar/Birmania sono

particolarmente vulnerabili alla pandemia; che la risposta sanitaria del governo civile alla situazione degli sfollati interni non è sufficiente in quanto, ad esempio, non include i test per la COVID-19;

E. considerando che, dall'agosto 2017, oltre 740 000 rohingya sono fuggiti nel vicino Bangladesh in cerca di sicurezza, perché versavano in condizioni insalubri ed erano esposti a minacce nei campi profughi sovraffollati; che il numero totale di profughi rohingya in Bangladesh ha superato il milione; che i gruppi armati del

Myanmar/Birmania perpetrano omicidi, stupri e torture dei rohingya e ne incendiano i villaggi nello Stato di Rakhine per colpire definitivamente la struttura sociale dei rohingya e traumatizzare la popolazione;

F. considerando che, secondo le stime, circa 600 000 rohingya sono rimasti nello Stato di Rakhine, dove sono soggetti a continue politiche e pratiche discriminatorie, sistematiche violazioni dei loro diritti fondamentali e arresti arbitrari, e dove sono confinati in campi sovraffollati, sono privati della libertà di circolazione e hanno un accesso estremamente limitato all'istruzione e all'assistenza sanitaria;

G. considerando che la terza Camera preliminare della Corte penale internazionale il 14 novembre 2019 ha deciso di autorizzare un'indagine sulla deportazione di rohingya dal Myanmar/Birmania al Bangladesh; che, secondo la più recente relazione dell'UNIFFM, del 16 settembre 2019, le azioni del governo del Myanmar/Birmania continuano a iscriversi nel quadro di un attacco diffuso e sistematico ai rohingya rimasti nello Stato di Rakhine, e costituiscono atti persecutori e altri crimini contro l'umanità;

H. considerando che l'ordinanza della Corte internazionale di giustizia del 23 gennaio 2020 ha disposto misure provvisorie nella causa presentata dalla Repubblica della Gambia contro il Myanmar/Birmania, riguardo alla convenzione sul genocidio e ai rohingya; che il governo del Myanmar/Birmania, guidato dalla difesa di Aung San Suu Kyi dinanzi alla CIG, ha definito le accuse di genocidio un quadro fattuale, fuorviante e incompleto della situazione; che il governo del Myanmar/Birmania ha adottato un numero limitato di misure per contrastare le violazioni dei diritti umani attraverso diverse direttive presidenziali; che non ha ancora modificato né abrogato leggi fondamentali che facilitano la discriminazione nei confronti dei rohingya, tra cui la legge sulla cittadinanza del 1982;

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I. considerando che il Parlamento ha condannato in numerose occasioni le violazioni dei diritti umani e gli attacchi sistematici e diffusi contro la popolazione rohingya; che le autorità del Myanmar/Birmania rifiutano di procedere a indagini serie in merito alle violazioni dei diritti umani contro i rohingya e di chiamare i responsabili di tali atti a risponderne; che i più alti esponenti militari che hanno sovrinteso agli attacchi contro la popolazione rohingya conservano il loro posto; che le autorità rifiutano di cooperare con i meccanismi delle Nazioni Unite; che l'impunità è profondamente radicata nel sistema politico e giuridico del Myanmar/Birmania; che nessuna delle commissioni d'inchiesta né nessuno degli organi ad hoc istituiti dalle autorità del Myanmar/Birmania soddisfa i criteri per lo svolgimento di un'indagine imparziale, indipendente, efficace e

approfondita in materia di diritti umani;

1. condanna con fermezza il colpo di Stato compiuto dalle forze armate del

Myanmar/Birmania contro il governo civile, mirato a sovvertire il forte attaccamento del popolo del Myanmar/Birmania alla democrazia;

2. esorta le forze militari del Myanmar/Birmania a rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutti i leader politici e gli attivisti della società civile arrestati;

chiede di porre fine, senza indugio, allo stato di emergenza illegale e all'impunità nel paese, nonché di ripristinare il governo civile, ristabilire il percorso verso la democrazia e aprire rapidamente il parlamento alla partecipazione di tutti i rappresentanti eletti, come stabilito dalla costituzione;

3. esprime preoccupazione per la costituzione attualmente in vigore in

Myanmar/Birmania, imposta al popolo dall'esercito in un processo che non era né equo né libero e che non riflette la volontà o gli interessi del popolo e conferisce

illegittimamente alle forze militari poteri straordinari e ingiustificati, quali una quota fissa dei seggi parlamentari, un controllo governativo fisso su taluni ministeri e il diritto di bloccare qualsivoglia modifica costituzionale; esorta le forze militari e il governo democraticamente eletto del Myanmar/Birmania sotto la guida del presidente Win Myint ad avviare un processo libero ed equo di elaborazione e attuazione di una nuova costituzione insieme al popolo del Myanmar/Birmania, al fine di realizzare una vera democrazia e uno Stato che operi per il benessere e la prosperità di tutti i cittadini del Myanmar/Birmania, garantendo in particolare il riconoscimento e la rappresentanza di tutti i gruppi etnici presenti nel paese, compresi i rohingya, nonché la sicurezza, la libertà, l'armonia e la pace per tutti;

4. esprime profonda preoccupazione per il fatto che la popolazione del Myanmar/Birmania stia affrontando non solo una crisi umanitaria caratterizzata dalla persistente violazione dei diritti umani, segnatamente delle minoranze come i rohingya, una crisi sanitaria dovuta all'aumento dei casi di COVID-19, ma anche una crisi politica e della democrazia;

5. invita la delegazione dell'UE in Myanmar/Birmania e le ambasciate degli Stati membri a monitorare attentamente la situazione dei diritti umani e sul piano sanitario in

Myanmar/Birmania, come pure i casi di leader politici e attivisti della società civile che si trovano attualmente in stato di arresto; chiede alle missioni diplomatiche dell'UE di offrire sostegno ed eventualmente protezione alle persone che sono a rischio di persecuzione, anche fornendo un rifugio sicuro presso le ambasciate e facilitando

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l'ingresso per l'asilo o il rifugio temporaneo; si attende che il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) assuma un ruolo guida nel coordinamento di una risposta umanitaria e sanitaria internazionale per la popolazione del Myanmar/Birmania in caso di urgenza;

6. è del parere che l'ASEAN, qualora necessario, possa canalizzare gli aiuti della comunità internazionale destinati al Myanmar/Birmania, come ha fatto quando il ciclone Nargis ha devastato il paese nel 2008; incoraggia inoltre l'ASEAN a svolgere un ruolo attivo di mediazione nella crisi in atto in Myanmar/Birmania; ritiene che le missioni di

osservazione elettorale possano rappresentare per l'ASEAN uno strumento efficace per sostenere il consolidamento democratico nei suoi Stati membri, dato che tali missioni conferiscono maggiore legittimità al processo elettorale;

7. valuta positivamente la decisione, adottata dal Consiglio nel 2020, di prorogare le misure restrittive vigenti nei confronti del Myanmar/Birmania per altri dodici mesi, fino al 30 aprile 2021, e di modificare l'elenco delle persone e delle entità soggette a misure restrittive; esorta il Consiglio a modificare il mandato dell'attuale regime di misure restrittive per includere le violazioni della democrazia e a estendere le sanzioni mirate all'intera dirigenza dell'esercito del Myanmar/Birmania, compreso il capo delle forze armate, il generale Min Aung Hlaing, e il suo vice, il generale Soe Win, nonché tutti coloro che hanno preso parte al colpo di Stato; esorta inoltre il Consiglio a modificare l'attuale regime di misure restrittive per includervi la possibilità di elencare le imprese ed estendere le sanzioni mirate alle vaste partecipazioni societarie detenute dalle forze armate del Myanmar/Birmania e dai suoi membri, che forniscono entrate all'esercito;

incoraggia l'UE a promuovere il coordinamento internazionale e l'azione multilaterale a tale riguardo;

8. ricorda che il Myanmar/Birmania è stato sospeso dal regime "Tutto tranne le armi"

("Everything but Arms" – EBA) nel periodo dal 1997 al 2013, ma è stato reintegrato come beneficiario dell'EBA nel 2013 sulla base della tendenza verso la

democratizzazione in atto nel paese; evidenzia che il processo di dialogo rafforzato era già iniziato nel 2018, incentrato sul rispetto delle convenzioni in materia di diritti umani e diritti del lavoro; sottolinea che il colpo di Stato ripristina la situazione precedente i processi di democratizzazione e compromette le condizioni per la concessione delle preferenze previste dal regime EBA; esorta la Commissione ad avviare rapidamente un'indagine a norma dell'articolo 19, paragrafo 1, lettera a), del regolamento sul sistema di preferenze generalizzate (SPG) al fine di sospendere le preferenze commerciali di cui il Myanmar/Birmania beneficia in taluni settori specifici, con particolare riferimento alle società detenute dai membri dell'esercito, e a tenere debitamente informato il Parlamento in merito ai passi da intraprendere;

9. saluta con favore la relazione A/HRC/42/CRP.3 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite del 5 agosto 2019, la quale evidenzia che le società aventi legami commerciali con le forze armate del Myanmar/Birmania e i relativi conglomerati finanziari, ovvero la Myanmar Economic Holdings Limited (MEHL) e la Myanmar Economic Corporation (MEC), assieme a tutte le controllate, sostengono la capacità finanziaria delle forze armate; chiede, a tale proposito, all'UE e ai suoi Stati membri di promuovere l'adozione di una risoluzione durante il prossimo Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per indagare sulle violazioni e sui rischi associati al colpo di Stato

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militare e di incaricare l'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani di elaborare una banca dati delle imprese commerciali che contribuiscono ai contratti commerciali con le forze armate del Myanmar/Birmania e i suoi conglomerati, o che ne traggono vantaggi economici;

10. accoglie con favore l'inclusione nel programma di lavoro della Commissione per il 2021 di un'iniziativa legislativa riguardante una normativa obbligatoria sul dovere di

diligenza della catena di approvvigionamento in materia di diritti umani e di ambiente; è del parere che, per affrontare efficacemente la questione del lavoro forzato e di altre violazioni dei diritti umani nelle catene di approvvigionamento delle imprese, una siffatta legislazione dovrebbe anche prevedere il divieto di immettere sul mercato dell'UE i beni in questione; esorta la Commissione ad allertare con urgenza le imprese stabilite nell'UE riguardo ai rischi inerenti ai diritti umani, reputazionali e giuridici insiti nell'intrattenere rapporti commerciali con le forze armate del Myanmar/Birmania, nonché a sostenere le imprese stabilite nell'UE nel creare e rafforzare relazioni economiche con imprese di proprietà di soggetti privati civili; esorta altresì la

Commissione ad assicurare che nessun fondo dell'UE contribuisca alle operazioni e alla ricchezza dell'esercito del Myanmar/Birmania, come potrebbe accadere per la decisione di esecuzione della Commissione relativa al finanziamento del programma d'azione annuale a favore della regione asiatica per il 2020, parte 2, che ha consentito al governo del Myanmar/Birmania di gestire la crisi nello Stato di Rakhine attraverso l'impresa dell'Unione per l'assistenza umanitaria, il reinsediamento e lo sviluppo in Rakhine (UEHRD), apportando così benefici economici all'esercito;

11. esorta vivamente le imprese stabilite nell'UE a esercitare un'attenta dovuta diligenza in materia di diritti umani e a garantire di non avere legami con le forze di sicurezza del Myanmar/Birmania, con loro membri individuali o con entità da esse possedute o controllate, e di non contribuire, direttamente o indirettamente, alla repressione militare della democrazia e dei diritti umani; invita le imprese stabilite nell'UE, comprese le imprese madri e figlie, a rivalutare con urgenza le loro relazioni commerciali in Myanmar/Birmania e a sospendere qualsiasi eventuale relazione con società collegate alle forze armate; invita le imprese stabilite nell'UE a divulgare pubblicamente tutte le informazioni pertinenti, compresi i nomi, gli indirizzi e la proprietà, riguardo alle controllate, ai fornitori e ai partner commerciali appartenenti alla loro catena del valore all'interno del Myanmar/Birmania; si compiace, a tal riguardo, del fatto che il 5 febbraio 2021 la società Kirin Holdings Company Limited abbia comunicato che porrà fine al suo attuale partenariato in joint-venture con la Myanmar Economic Holdings Public Company Limited;

12. invita l'UE e gli Stati membri dell'UE a promuovere il coordinamento internazionale al fine di impedire l'esportazione illegale di merci non autorizzate dal Myanmar/Birmania, soprattutto a vantaggio economico delle forze militari, e a porre fine alla produzione di beni illegali, con particolare riferimento allo sfruttamento di risorse naturali, come ad esempio il legname raccolto illegalmente;

13. invita il Consiglio a rivedere ed eventualmente modificare l'embargo dell'UE sugli armamenti nei confronti del Myanmar/Birmania, al fine di garantire che tale embargo includa tutti i prodotti e le attrezzature a duplice uso, comprese le attrezzature di

sorveglianza, che possano essere utilizzati dall'esercito nella repressione dei diritti e del

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dissenso;

14. invita l'UE e gli Stati membri ad assumere un ruolo guida in vista del conseguimento dell'unità in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per quanto riguarda la condanna del colpo di Stato militare in Myanmar/Birmania e invita la Repubblica popolare cinese a porre fine al suo blocco in tal senso; esorta il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad adottare sanzioni individuali mirate, compresi il divieto di viaggio e il congelamento dei beni, nei confronti di coloro che sono responsabili del colpo di Stato e di gravi crimini a norma del diritto internazionale, nonché a imporre un embargo globale sulle armi a livello mondiale nei confronti del Myanmar/Birmania, sospendendo ogni fornitura, vendita o trasferimento diretti o indiretti, compresi il transito e il trasbordo, di tutte le armi e i prodotti a duplice uso, le munizioni e le altre attrezzature militari e di sicurezza, nonché la fornitura di addestramento o altre forme di assistenza militare e di sicurezza;

15. valuta favorevolmente la decisione della Corte penale internazionale (CPI) di autorizzare un'indagine sulla deportazione di rohingya dal Myanmar/Birmania al Bangladesh; invita, ancora una volta, il Myanmar/Birmania a diventare parte firmataria dello Statuto di Roma della CPI; invita il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a deferire alla CPI la situazione in Myanmar/Birmania, compresi tutti i reati di

competenza della CPI commessi nei confronti dei rohingya, o a creare un tribunale penale internazionale ad hoc; invita nuovamente l'UE e i suoi Stati membri ad assumere un ruolo guida in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in merito alla richiesta di deferire alla CPI la situazione in Myanmar/Birmania; valuta altresì

positivamente l'ordinanza iniziale emessa dalla CPI in riferimento all'adozione di misure provvisorie nella causa relativa all'applicazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio (Gambia contro Myanmar/Birmania);

16. valuta molto favorevolmente il ruolo guida di cui ha dato prova l'UE nell'istituzione del meccanismo investigativo indipendente delle Nazioni Unite per il Myanmar/Birmania (IIMM), al fine di raccogliere, consolidare, preservare e analizzare le prove delle più gravi violazioni e dei più gravi crimini internazionali commessi in Myanmar/Birmania dal 2011; esorta il Myanmar/Birmania a cooperare con gli sforzi internazionali volti a garantire l'assunzione di responsabilità, anche consentendo infine all'IIMM il pieno accesso al paese; invita l'UE, i suoi Stati membri e la comunità internazionale a

garantire che l'IIMM disponga del sostegno necessario, anche in termini finanziari, per adempiere al suo mandato;

17. esprime preoccupazione per la recente relazione A/HRC/45/5 dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani del 3 settembre 2020, che segnala gravi e continue violazioni dei diritti umani nei confronti dei rohingya e altre minoranze in diverse zone del Myanmar/Birmania; esorta il governo del Myanmar/Birmania ad adottare le misure necessarie per porre fine immediatamente a tali violazioni dei diritti umani, tra cui violenze sessuali e di genere;

18. insiste affinché le autorità del Myanmar/Birmania garantiscano il rimpatrio sicuro, ordinato e legale dei rohingya, sotto l'egida delle Nazioni Unite, una volta soddisfatte le condizioni per il rimpatrio; ribadisce il principio di non respingimento e insiste sul fatto che nessun rifugiato dovrebbe essere rimpatriato forzosamente in Myanmar/Birmania;

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esorta il governo del Myanmar/Birmania ad attuare pienamente e senza indugio le raccomandazioni della commissione consultiva sullo Stato di Rakhine e l'ordinanza della CPI e a nominare quanto prima un organo di attuazione; esorta l'UE, le Nazioni Unite e gli altri attori internazionali a sostenere tale processo;

19. incoraggia il Myanmar/Birmania a firmare e ratificare il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; incoraggia inoltre la ratifica da parte del Myanmar/Birmania delle quattro convenzioni fondamentali dell'OIL che non ha ancora ratificato, segnatamente la Convenzione sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva del 1949 (n. 98), la Convenzione sull'uguaglianza di remunerazione del 1951 (n. 100), la Convenzione concernente l'abolizione del lavoro forzato del 1957 (n. 105) e la Convenzione

concernente la discriminazione in materia di impiego e di professione del 1958 (n. 111);

esorta il Myanmar/Birmania a dare rapidamente seguito alle ripetute richieste ricevute nell'arco di molti anni dal meccanismo di vigilanza dell'OIL, con particolare riferimento al lavoro forzato e minorile e alla libertà di associazione;

20. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e al

parlamento legittimi del Myanmar/Birmania, al Presidente del Myanmar/Birmania Win Myint, alla Consigliera di Stato del Myanmar/Birmania Aung San Suu Kyi, alle forze armate del Myanmar/Birmania (Tatmadaw), al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alla

Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri dell'UE, al Segretario generale dell'ASEAN, alla commissione intergovernativa dell'ASEAN sui diritti umani, al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel

Myanmar/Birmania, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.

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