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Sommario Diritti umani e imprese: a sessant’anni dalla Dichiarazione Universale

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Academic year: 2022

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Introduzione 3

Maggior coraggio per far rispettare i diritti umani 5 Sergio Marelli

Promozione e protezione di tutti i diritti umani, diritti civili, 10 politici, economici, sociali e culturali, incluso il diritto allo sviluppo John Ruggie

Un rappresentante sul tema diritti umani e imprese: 36 uno sforzo importante delle Nazioni Unite?

Mariarosa Cutillo

Per umanizzare l’impresa: le iniziative delle Acli 39 Andrea Olivero

Pragmatismo problematico 45

Il Rapporto Ruggie 2008: preparazione, analisi e prospettive Misereor

Risposta di John Ruggie a Misereor / Global Policy Forum 62 John Ruggie

Risposta al Prof. Ruggie da parte di Misereor e Global Policy Forum 64 Elisabeth Strohscheidt, Jens Martens

Promozione e protezione di tutti i diritti umani, 66 diritti civili, politici, economici, sociali e culturali,

compreso il diritto allo sviluppo

“Il rispetto della persona è l'unico metro 69

per giudicare qualsiasi politica”

PRIMO PIANO

DOSSIER

Sommario

Diritti umani e imprese:

a sessant’anni dalla Dichiarazione Universale

DOCUMENTI

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Introduzione

Il 3 giugno scorso, nel corso dell’ottava sessione del Consiglio Diritti Umani dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), il Rappresentante Speciale del Segretario Generale per le imprese e i diritti umani John Rug- gie, ha presentato il suo terzo rapporto intitolato “Protect, Respect and Re- medy: a Framework for Business and Human Rights”.

Poche settimane dopo, durante il Consiglio dei Diritti Umani del 18 giu- gno, con la Risoluzione 8/7 si è esteso per altri tre anni il mandato a Ruggie, attribuendogli anche una serie di importanti compiti, tra cui quello di forni- re pareri e raccomandazioni concrete e attuabili a livello nazionale, regionale ed internazionale per garantire i doveri statali di protezione e l’accesso a ri- medi effettivi per le vittime delle violazioni.

Il processo in corso alle Nazioni Unite relativamente ad imprese e diritti umani è stato al centro delle nostre attività di quest’anno, da una parte per dare continuità al lavoro svolto nell’ambito della CIDSE, la rete delle agen- zie di sviluppo della Chiesa cattolica di Europa e Nord America di cui FOC- SIV è il membro italiano, con il gruppo di lavoro su imprese e diritti umani, dall’altra perché proprio questo lavoro meritava tutto il sostegno possibile nell’anno di ricorrenza del 60° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

In questo contesto la FOCSIV ha lanciato ad aprile scorso l’azione di mobilitazione “2008 con le Nazioni Unite per un’IMPRESA UMANA”, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del rispetto dei diritti umani nel mondo e fare pressione sul nostro Governo affinché sostenesse il lavoro por- tato avanti dal relatore Speciale J. Ruggie accogliendone le raccomandazioni e l’invito ad adottare le misure necessarie per combattere le violazioni dei di- ritti umani da parte delle imprese.

Gli Stati hanno infatti la responsabilità primaria di preservare la persona umana contro qualsiasi tipo di violazione e, pertanto, si devono impegnare a far adottare le misure necessarie per ridurre l’impatto delle attività delle im- prese nei paesi dove si trovano ad operare.

Le nostre raccomandazioni si sono rivolte anche al relatore stesso, dal momento che l’obiettivo della nostra azione era di portare anche alla sua

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attenzione le posizioni e le richieste delle vittime, di tutti coloro cioè i cui diritti vediamo costantemente violati quando andiamo ad operare nei Sud con i nostri progetti.

All’azione di mobilitazione hanno aderito fin da subito gli Uffici Nazio- nali della CEI per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese e per i Problemi Sociali e il Lavoro e alcune organizzazioni nazionali rappresentative della so- cietà civile impegnandosi nella raccolta delle firme a sostegno del processo in corso alle Nazioni Unite.

Le numerose Firme, raccolte su tutto il territorio nazionale, sono state consegnate al Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini il 10 dicembre scorso, giorno in cui è celebrato in tutto il mondo il 60° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

In quell’occasione abbiamo sottoposto all’attenzione del Governo italia- no le questioni e gli approcci innovativi che, secondo il Rappresentante Speciale, meritano di essere presi seriamente in considerazione da parte degli Stati e ciò che, secondo noi, deve essere sostenuto sebbene non incluso da Ruggie nelle sue raccomandazioni.

Dagli articoli presenti in questo numero, si evince come non tutti concor- dano appieno sull’efficacia del lavoro di Ruggie, né sulle sue conclusioni. Da parte nostra si condivide lo spirito e molte delle raccomandazioni adottate, ma anche l’invito ad avere più coraggio nel proporre soluzioni appropriate.

Sicuramente ad un anno di distanza tiriamo le conclusioni di questa campagna con un moto di soddisfazione legato all’estensione del mandato di Ruggie, che conferma l’attenzione dedicata a questo tema, e tante speranze sulla futura evoluzione. Coscienti del fatto che tanto lavoro rimane ancora da fare per responsabilizzare le imprese e gli Stati sull’impatto che le attività private hanno nel Sud del mondo.

La FOCSIV si ritiene soddisfatta di questo lungo cammino che, si spera, porterà ad un effettivo cambio di rotta nell’operato delle imprese e una sem- pre più accentuata attenzione al rispetto dell’essere umano e dell’ambiente in cui vive per lo sviluppo integrale dell'uomo e lo sviluppo solidale del- l'umanità.

Volontari nel mondo - FOCSIV

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Il rapporto pubblicato nel giugno scorso dal Rappresentante Speciale del Segretario Generale per le imprese e i diritti umani John Ruggie, intitolato

“Protect, Respect and Remedy: a Framework for Business and Human Rights”, è un importante strumento su cui elaborare un quadro effettivo per la respon- sabilizzazione delle imprese quando vanno ad operare nei paesi del Sud del mondo, violando i diritti umani delle comunità residenti, non di rado con l’appoggio dei paesi di provenienza.

Come sottolineato dallo stesso Rappresentante Speciale nel discorso che ha accompagnato la presentazione del Rapporto, quest’ultimo rappresenta il risultato di un lavoro che, seppur relativamente breve, ha compreso l’analisi di quasi quattrocento casi di accuse verso imprese, di molti casi giudiziari, l’incontro con comunità locali vittime di abusi, con lavoratori impiegati nel- le catene di fornitura globali e con leader sindacali i cui colleghi sono stati uccisi dai paramilitari posti a protezione delle attività delle imprese: in tutti questi casi è emerso il bisogno urgente di un quadro comune di intesa, in ba- se al quale elaborare ulteriori proposte ed azioni.

In questo rapporto il Prof. Ruggie rivolge un’importante raccomandazio- ne al Consiglio Diritti Umani, sottolineando la necessità che vengano col- mati i vuoti di governance (governance gaps) generati a causa dell’incapacità delle società di gestire le conseguenze dannose derivanti dall’attività degli attori economici.

Per raggiungere questo obiettivo Ruggie richiede al Consiglio il sostegno al quadro di riferimento (framework) proposto, basato su tre principi fonda- mentali, sintetizzati dal titolo del Rapporto: il dovere dello Stato di proteg- gere (State duty to protect) dalle violazioni dei diritti umani poste in essere da soggetti terzi, tra cui le imprese; la responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani (corporate responsibility to respect human rights); la necessità di un più effettivo accesso a forme di rimedio (more effective access to reme- dies).

Lo schema proposto dovrebbe quindi essere reso operativo e dovrebbe esserne facilitata la comprensione da parte di tutti gli attori sociali rilevanti.

Il lavoro infine dovrà continuare ad essere svolto in stretto coordinamento

Maggior coraggio per far rispettare i diritti umani

Sergio Marelli *

* Direttore Generale Vo- lontari nel Mondo - FOCSIV

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Sergio Marelli

La necessità di un confronto

La dichiarazione della CIDSE/FOCSIV

Gli ambiti prioritari

con le Nazioni Unite ed altri organismi internazionali, uffici, dipartimenti e agenzie specializzate pertinenti, con una particolare attenzione per le altre procedure speciali del Consiglio Diritti Umani.

È previsto, inoltre, che il Rappresentante Speciale riferisca annualmente in merito al proprio mandato al Consiglio e all’Assemblea Generale.

Per discutere le modalità ed i mezzi per rendere operativo il quadro pro- posto, l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (OH- CHR) è stato invitato ad organizzare una riunione tra il Rappresentante Speciale, gli Stati, i rappresentanti delle imprese e tutti gli altri attori rile- vanti, inclusi le Organizzazioni non governative ed i rappresentanti delle vit- time degli abusi posti in essere dalle imprese, al termine della quale verrà elaborato un rapporto da presentare al Consiglio stesso.

Per contribuire al lavoro portato avanti da Ruggie, la CIDSE (la rete di quindici agenzie di sviluppo cattoliche di Europa e Nord America di cui la FOCSIV è il membro italiano) ha presentato una dichiarazione scritta1in vista della sessione di giugno del Consiglio Diritti Umani in cui ha espresso una valutazione del rapporto alla luce delle posizioni espresse nella proposta precedentemente trasmessa al Rappresentante Speciale2.

Alcune considerazioni meritano di essere qui riportate, soprattutto per capire quanto delle nostre raccomandazioni è stato recepito e quanto delle raccomandazioni di Ruggie vada ulteriormente rafforzato.

In primo luogo, dal nostro punto di vista sarebbero necessari più progressi affinché il Consiglio Diritti Umani possa adempiere il ruolo di leadership in- tellettuale delineato dal Rappresentante Speciale all’inizio del suo Rapporto.

Gli ambiti giudicati prioritari a questo scopo sono l’adozione di una legi- slazione extraterritoriale da parte degli Stati in cui le imprese hanno sede e l’istituzione di un Centro internazionale di consulenza per fornire assisten- za ai Paesi in via di sviluppo all’interno dei negoziati, per esempio, sui trat- tati bilaterali sugli investimenti.

Relativamente alla legislazione extraterritoriale, come evidenziato dallo stesso Ruggie nel suo rapporto (par. 19), è presente una crescente pressione a livello internazionale, sostenuta dagli stessi treaty bodies, i comitati di esperti indipendenti che monitorano il rispetto delle principali convenzioni inter- nazionali in materia di diritti umani, affinché gli Stati dove le imprese han- no sede, adottino misure normative per evitare che le stesse si rendano re- sponsabili di abusi nelle proprie attività all’estero. Questo tema viene ripreso anche nella Risoluzione 8/7, laddove, nel punto 2, il Consiglio Diritti Uma- ni riconosce la necessità di rendere operativo il quadro delineato, con l’o- biettivo di garantire una protezione più efficace ai singoli ed alle comunità nei confronti delle violazioni dei diritti umani di cui sono responsabili o in cui sono coinvolte le imprese, a prescindere dal fatto che si tratti di aziende a dimensione transnazionale o meno, e di contribuire al rafforzamento delle norme e degli standard pertinenti e di future iniziative, quale potrebbe essere l’elaborazione di un quadro generale a livello internazionale.

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1 A/HRC/8/NGO/19 del 28 maggio 2008

2 Imprese e diritti umani, raccomandazioni per prevenire le violazioni dei diritti umani nel mon- do. CIDSE/FOCSIV Volontari e Terzo Mondo 3/2007.

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1

Per quanto riguarda i negoziati sui trattati bilaterali sugli investimenti, all’interno del rapporto è stato preso atto della necessità di assicurare un equilibrio tra gli interessi degli investitori e le necessità, da parte degli Stati destinatari degli investimenti, di rispettare i propri obblighi in materia di di- ritti umani. Per questo motivo, sebbene nel rapporto non se ne sia fatta men- zione, continuiamo a chiedere che, al momento dell’adozione di misure spe- cifiche, venga presa in considerazione la proposta dell’istituzione di un centro internazionale di consulenza che fornisca tutta l’assistenza legale ne- cessaria ai negoziatori dei paesi più poveri al fine di tutelarne gli interessi.

Un’altra raccomandazione che avevamo inserito nelle nostre comunica- zioni a Ruggie, riguardava la necessità di istituire un difensore civico inter- nazionale. Nel rapporto, Ruggie riprende la nostra raccomandazione e sotto- linea la necessità di norme più efficaci, sia al livello nazionale che a quello internazionale, per offrire una soluzione al problema delle violazioni dei di- ritti umani poste in essere dalle imprese.

Ruggie sostiene infatti che l’idea di un difensore civico globale che abbia il potere di accertare e di punire gli abusi e di risarcirne le vittime, deve esse- re ulteriormente sviluppata, nella convinzione che un organo internazionale sia necessario affinché l’accesso a forme di rimedio possa essere effettivo e completo. A questo proposito, il Rapporto afferma che una tale innovazione potrebbe porre rimedio alle limitazioni poste alle competenze dei meccani- smi esistenti, anche se, prima di deciderne la creazione, sarebbe opportuno verificare il rispetto di una serie di criteri che ne garantiscano l’adeguatezza e l’efficacia.

Per quanto riguarda un’azione di lungo periodo, per noi il modo migliore per chiarire le responsabilità legali delle imprese rimane la creazione di un quadro internazionale vincolante sui diritti umani che sia direttamente ap- plicabile alle imprese. A fronte dell’esistenza di vuoti di governance a livello internazionale, è necessaria, in definitiva, una soluzione sullo stesso piano. Il rischio è che soluzioni alternative ad un livello inferiore risultino frammen- tarie e creino confusione tra tutti gli attori coinvolti nel processo. In più i codici etici non sono sufficienti in quanto essendo volontari non garantisco- no appieno la tutela dei diritti umani da parte delle imprese.

Per questo motivo, gli sviluppi del quadro delineato dal Rappresentante Speciale non dovrebbero precludere l’adozione di standard globali vincolanti nel lungo periodo, che per noi sono ben rappresentati dalle Norme ONU sul rispetto dei Diritti Umani da parte delle imprese, adottato nell’ambito della Commissione per i diritti umani nel 2003.

Rispetto a questo punto Ruggie prende le distanze, criticando l’imposta- zione delle norme ONU non tanto sul piano politico quanto sul piano del diritto internazionale, e privilegiando invece le Linee guida dell’OCSE che, a suo parere, dovrebbero essere riformate anche se nel Rapporto non vengo- no date indicazioni su come impostare tali riforme.

Tornando a ciò che lo Stato può fare per monitorare l’attività delle im- prese, come abbiamo sostenuto nel nostro documento di posizione, e come lo stesso Ruggie ha sottolineato nel suo rapporto, l’elaborazione di rapporti di sostenibilità da parte delle imprese permettono di valutare il loro impatto sociale ed ambientale e sulla tutela dei diritti umani. Tuttavia, rispetto a Ruggie, chiediamo più coraggio affinché ci sia la volontà politica per preten- dere che tali rapporti siano resi giuridicamente obbligatori e che siano ogget- to di monitoraggi esterni ed indipendenti dalle imprese che li adottano.

L’istituzione di un centro internazionale di consulenza

Il difensore civico internazionale

La creazione di un quadro internazionale

vincolante sui diritti umani

L’importanza

dei rapporti di

sostenibilità

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Sergio Marelli

Maggiore coerenza nelle politiche nazionali

Sfruttamento delle risorse e conflitti

Elaborazione di indicatori d’orientamento

È inoltre indispensabile che gli Stati accolgano l’invito del rappresentan- te speciale alla “coerenza delle politiche nazionali”, sia a livello verticale, attraverso l’attuazione degli impegni assunti dal Governo in materia di diritti umani, sia a livello orizzontale, evitando che l’azione dei diversi Ministeri in materia di commercio, promozione degli investimenti, sviluppo e affari este- ri, sia in conflitto con gli obblighi dello Stato in materia di diritti umani. Ad esempio, non dovrebbero essere concessi crediti all’esportazione e garanzie sugli investimenti alle imprese che non rispettano i più alti standard ricono- sciuti a livello internazionale in ambito OCSE, OIL, EITI.

Altrettanto importante è che gli Stati si impegnino nella predisposizione e nel rafforzamento di procedure giudiziarie per esaminare le denunce ri- guardanti le imprese che operano o che hanno sede sul rispettivo territorio, nonché nella rimozione degli ostacoli che limitano l’accesso alla giustizia – anche nel caso si tratti di ricorrenti stranieri – soprattutto nel caso in cui gli abusi dichiarati raggiungano il livello di violazioni diffuse e sistematiche di diritti umani.

Questo punto il Rappresentante Speciale lo sottolinea come uno degli strumenti per garantire un “more effective access to remedies” come terzo prin- cipio fondamentale del sistema da lui delineato.

Un aspetto che merita ulteriore approfondimento è sicuramente quello legato allo sfruttamento delle risorse in zone di conflitto. Molto spesso in- fatti, attività private, sfruttamento delle risorse e conflitti sono strettamente interdipendenti e in questi casi è necessario un intervento immediato e più decisivo.

Riprendendo quanto affermato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite3è nostro dovere sostenere lo sviluppo di norme appropriate per evi- tare che le attività delle imprese non alimentino o aggravino conflitti, an- dando oltre le pratiche attualmente esistenti di valutazione d’impatto e ge- stione del rischio di competenza delle imprese, per lo più a titolo volontario.

Non è stato fatto abbastanza per rafforzare il quadro normativo internaziona- le e per incoraggiare gli Stati a promuovere, tra le imprese, pratiche che non amplifichino i conflitti.

Secondo quanto affermato dallo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite, è necessario sostenere l’estensione dell’uso di sanzioni nei confronti di attori non statali, approfondendo il dibattito, avviato all’interno del Con- siglio di Sicurezza, sul rapporto tra risorse naturali e conflitti, con lo scopo di aumentare, in questo ambito, la trasparenza delle attività del settore privato.

Tutto questo tenendo conto del fatto che, l’esercizio del potere di veto da parte di uno dei cinque membri permanenti potrebbe rendere questo mecca- nismo sanzionatorio poco efficace e praticabile.

Inoltre, come accennato all’interno del Rapporto del Rappresentante Speciale (par. 49), gli Stati dovrebbero elaborare degli indicatori in base ai quali orientare in modo tempestivo il comportamento delle imprese che operano in zone di conflitto, che a volte potrebbero non essere consapevoli del rischio di complicità in dinamiche connesse a gravi violazioni di diritti umani.

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3 S/2008/18 Report of the Secretary General on the implementation of Security Council Resolu- tion 1625 (2005) on conflict prevention particularly in Africa, paragrafi 19 e 20.

(9)

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1

Quando parliamo poi del commercio internazionale di armi, non dob- biamo dimenticare che i materiali utilizzati nelle guerre, incluse le pistole, i carri armati e le mine, sono prodotti e messi in commercio da imprese priva- te, e non sempre all’insaputa dei rispettivi Governi. Quando questi strumen- ti, che sono disponibili in grandi quantità ed a prezzi bassi, mettono ulterior- mente a repentaglio la pace e, di conseguenza, la possibilità di godere pienamente dei diritti umani.

Guardando all’evoluzione del lavoro del Rappresentante Speciale che ha visto riconfermato il suo mandato per altri tre anni, e considerando che l’Ita- lia sarà ancora membro del Consiglio Diritti Umani fino al 2010, ci auguria- mo che il lavoro avviato prosegua verso la definizione di misure più concrete e specifiche per regolamentare efficacemente l’operato delle imprese. Ora un quadro di riferimento c’è, con delle proposte molto interessanti che richiedo- no si un ulteriore approfondimento, ma anche la volontà politica di renderle operative.

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In risposta all'invito del Consiglio per i Diritti Umani al Rappresentante Speciale del Segretario Generale ad inviare, sulla questione dei diritti uma- ni, delle imprese multinazionali ed altre aziende economiche, le proprie con- siderazioni e raccomandazioni perché siano esaminate dal Consiglio, questo rapporto propone una struttura per fissare il dibattito sulle imprese e i diritti umani e per contribuire a guidare gli attori coinvolti. Tale struttura com- prende tre principi centrali: il dovere dello Stato di fornire protezione contro le violazioni dei diritti umani da parte di terzi, incluse le imprese; la respon- sabilità delle aziende di rispettare i diritti umani; infine, la necessità di un accesso più efficace ai risarcimenti. Questi tre principi formano un insieme complementare, in quanto ognuno di essi supporta gli altri nel raggiungi- mento del progresso sostenibile.

Promozione e protezione di tutti i diritti umani,

diritti civili, politici,

economici, sociali e culturali, incluso il diritto allo sviluppo

Proteggere, rispettare e risarcire: una struttura per i diritti umani e le imprese

John Ruggie *

P R I M O P I A N O

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* Rappresentante Speciale del Segretario Generale, sulla questione dei diritti umani e del- le imprese multinazionali ed altre aziende economiche.

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Introduzione

1. La comunità internazionale è ancora nelle prime fasi di adattamento del sistema dei diritti umani per fornire una protezione più efficace a indivi- dui e comunità contro le violazioni dei diritti umani da parte delle imprese.

Il presente rapporto al Consiglio per i Diritti Umani presenta una struttura concettuale e pratica, basata su certi principi, che mira a contribuire al rag- giungimento di tale scopo.

2. Il commercio è la fonte principale di creazione di investimenti e lavo- ro, ed i mercati possono rappresentare mezzi alquanto efficienti per la distri- buzione di risorse insufficienti. Costituiscono forze potenti in grado di gene- rare crescita economica, ridurre la povertà e, aumentando la richiesta del principio di legalità, contribuiscono alla realizzazione di un ampio spettro di diritti umani. I mercati, però, lavorano in maniera ottimale solo se inclusi al- l'interno di regole, consuetudini ed istituzioni. I mercati stessi ne hanno bi- sogno per sopravvivere e prosperare, mentre la società ne ha bisogno per ge- stire gli effetti negativi delle dinamiche di mercato e per produrre i beni pubblici che i mercati non forniscono a sufficienza. La storia, infatti, ci inse- gna che i mercati costituiscono il rischio maggiore – per la società e il com- mercio stesso – quando il loro ambito ed il loro potere superano la portata delle strutture istituzionali che consentono loro di funzionare senza problemi ed assicurano la loro sostenibilità politica. Al momento ci troviamo proprio in questa fase, e le sempre più numerose accuse di abusi dei diritti umani da parte delle aziende sono il “canarino nella miniera di carbone” che ci avver- te che non va tutto bene.

3. La causa alla radice della difficile situazione del commercio e dei diritti umani è rintracciabile nei vuoti di governance creati dalla globalizzazione – tra la portata e l'impatto delle forze e degli attori economici e la capacità delle società di gestirne le conseguenze negative. Queste lacune nella gover- nance creano l'ambiente ideale perché aziende di ogni genere commettano illeciti senza riparazioni o sanzioni adeguate. La sfida più grande è, per noi, restringere e, infine, colmare tali vuoti in rapporto ai diritti umani.

4. Il Rappresentante Speciale del Segretario Generale è stato nominato nel luglio 2005 per la questione dei diritti umani, le imprese multinazionali ed altre aziende economiche. Per far fronte alle esigenze impegnative di tale incarico, ha convocato quattordici consultazioni multistakeholder in cinque continenti; ha condotto oltre ventiquattro progetti di ricerca, alcuni con l'assistenza di studi legali globali e di altri esperti legali, Organizzazioni non governative (ONG), istituzioni internazionali e singoli individui impegnati;

ha prodotto più di mille pagine di documenti; ha ricevuto circa venti propo- ste e ha riferito due volte alla Commissione per i Diritti Umani ed al Consi- glio per i Diritti Umani1. Resoconti precedenti hanno risposto alle disposi- zioni del mandato chiedendo al Rappresentante Speciale di identificare, spiegare e ricercare le dimensioni chiave legali e politiche dell'ordine del giorno su commercio e diritti umani2. La presente relazione, assieme al suo

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1 Il mandato è contenuto nella risoluzione 2005/69 della Commissione sui Diritti Umani.

L'intera documentazione prodotta da e per il mandato è reperibile sul sito web del Busi- ness and Human Rights Resource Centre: http://www.business-humanrights.org/Getting- started/ UNSpecialRepresentative. Il Rappresentante Speciale ringrazia tutti coloro che hanno contribuito al mandato.

2 E/CN.4/2006/97; A/HRC/4/35 e add. 1-4; A/HRC/4/74.

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John Ruggie

relativo rapporto ed alle appendici3, risponde al mandato di sottoporre al- l'attenzione del Consiglio opinioni e considerazioni. La vastità, la completez- za e la trasparenza del programma di lavoro del mandato hanno consentito al Rappresentante Speciale di riflettere sulle sfide, di imparare ed apprendere dalle diverse prospettive e di sviluppare idee su come procedere meglio.

5. Il dibattito su commercio e diritti umani è privo, al momento, di un punto focale autorevole. Proliferano proposte e controproposte, abbondano le iniziative, eppure nessuno sforzo raggiunge dimensioni significative. In questa confusione i ritardatari – gli stati come le compagnie – continuano a volare al di sotto del radar.

6. Alcuni stakeholder ritengono che la soluzione sia in una lista limitata di diritti umani per i quali saranno responsabili le imprese, alle quali dovrà essere esteso, laddove esse abbiano influenza, lo stesso tipo di responsabilità degli stati. Per le ragioni che saranno riportate in seguito, il Rappresentante Speciale non ha adottato questa formula. In breve, il commercio può in- fluenzare a tutti gli effetti ogni diritto riconosciuto a livello internazionale.

Per questo, qualsiasi lista limitata sarebbe priva, quasi certamente, di uno o più diritti che potrebbero risultare significativi in un caso particolare, costi- tuendo, quindi, una guida ingannevole. Allo stesso tempo, le imprese hanno responsabilità uniche in qualità di attori economici. Se tali responsabilità si intrecciano agli obblighi dello Stato, diventa allora difficile, se non impossi- bile, stabilire chi è responsabile di cosa. Per tale motivo, il presente docu- mento preferisce considerare le responsabilità specifiche delle imprese in relazione a tutti i diritti sui quali potrebbero avere influenza.

7. Non esiste una soluzione immediata e definitiva per i disallineamenti istituzionali nel rapporto tra affari e diritti umani. Al contrario, tutti gli atto- ri sociali – Stati, imprese e società civile – devono imparare a fare molte cose in maniera diversa; a loro volta, queste cose devono essere coerenti e diven- tare globali, da qui l'importanza critica di porre le giuste fondamenta.

8. Ogni gruppo di stakeholder, nonostante le divergenze, ha espresso la necessità urgente di una struttura concettuale e pratica comune, una base sulla quale possano costruire pensiero e azione. Al termine dei primi due anni del suo mandato, nell'autunno 2007 il Rappresentante Speciale ha introdotto gli elementi di una struttura di lavoro nelle consultazioni multistakeholder 4.

9. Tale struttura si basa su responsabilità distinte ma complementari e comprende tre principi centrali: il dovere dello Stato di fornire protezione contro le violazioni dei diritti umani da parte di terzi, incluse le imprese; la responsabilità delle aziende di rispettare i diritti umani; infine, la necessità di un accesso più efficace ai risarcimenti. Ogni principio è un componente es- senziale della struttura: il dovere dello stato di proteggere perché è il nucleo centrale del sistema internazionale dei diritti umani5; la responsabilità azien- dale di proteggere è l'aspettativa basilare che la società ha nei confronti del commercio; infine, l'accesso ai risarcimenti, perché nemmeno tutti gli sforzi comuni possibili sono in grado di prevenire ogni violazione, mentre l'accesso

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3 A/HRC/8/5/Add.1 e 2 e A/HRC/8/16.

4 Ad ognuna di queste consultazioni ha partecipato un'Organizzazione non governativa (ONG).

5 Il dovere di proteggere è ben definito dalla legge internazionale e non dev'essere confuso con il concetto della responsabilità di proteggere nel dibattito sugli interventi umanitari.

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alla riparazione giudiziaria presenta spesso dei problemi e gli strumenti non giudiziari sono limitati nel numero, nella portata e nell'efficacia. Questi tre principi formano un insieme complementare, in quanto ognuno di essi sup- porta gli altri nel raggiungimento del progresso sostenibile.

I. PROTEGGERE, RISPETTARE E RISARCIRE

10. L'individuazione delle sfide per la creazione di linee di condotta può avere conseguenze profonde nell'assegnazione delle responsabilità ai relativi attori e nel determinare se la combinazione è in grado di far fronte agli obiettivi generali. L'agenda sul commercio e i diritti umani non riesce a pro- gredire perché non è ancora stata inquadrata in un modo che rifletta tutte le complessità e le dinamiche della globalizzazione e fornisca ai governi ed agli altri attori sociali una guida efficace.

A. La sfida

11. In che modo le sfide odierne devono essere elaborate, per poterne co- gliere le caratteristiche principali? Come già detto all'inizio, il nostro obietti- vo dovrebbero essere i modi per ridurre o compensare i vuoti nella governan- ce causati dalla globalizzazione, poiché fanno sì che avvengano delle violazioni dei diritti umani da parte delle aziende, anche quando non sono intenzionali.

12. Prendiamo il caso delle imprese multinazionali. I loro diritti legali so- no stati estesi in maniera notevole nel corso dell'ultima generazione. Ciò ha incoraggiato investimenti e flussi commerciali, ma ha anche generato situa- zioni di squilibrio tra aziende e Stati che possono risultare dannosi per i dirit- ti umani. Ne sono un valido esempio gli oltre duemilacinquecento accordi per investimenti bilaterali attualmente in vigore. Se da una parte forniscono una legittima protezione agli investitori esteri, dall'altra gli stessi trattati per- mettono loro di sottoporre gli Stati ospitanti all'arbitrato internazionale vin- colante, ad esempio per presunti danni risultanti dall'attuazione di leggi che migliorino i livelli sociali ed ambientali interni – anche quando la legislazio- ne è applicata egualmente a tutte le aziende, straniere e nazionali. Su queste basi una compagnia mineraria europea che opera in Sud Africa ha di recente messo in discussione le leggi di sostegno economico per la popolazione nera6. 13. Allo stesso tempo, la legislazione che disciplina le multinazionali opera ancora come prima della globalizzazione. Una compagnia madre e le sue sussidiarie continuano ad essere strutturate come entità legali autonome, quindi, la compagnia madre non è solitamente imputabile per gli illeciti commessi da una sussidiaria, anche quando è l'unico azionista, a meno che la sussidiaria sia sotto un controllo operativo talmente stretto da parte della compagnia madre da poter essere considerata come sua semplice agente.

Inoltre, nonostante i cambiamenti trasformativi nel paesaggio economico globale generati dall'offshore sourcing, l'acquisto di beni e servizi persino da fornitori singoli resta una transazione separata tra le parti. Simili fattori ren- dono estremamente difficile chiedere conto alle imprese estese di eventuali violazioni dei diritti umani.

14. Ogni azienda distinta a livello legale è soggetta alle leggi dei paesi in cui ha base e opera. Tuttavia i paesi, in particolare quelli in via di sviluppo,

Ridurre o compensare i vuoti

della governance

La legislazione pre-globalizzazione

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6 Piero Foresti, “Laura De Carli and others v. Republic of South Africa” (International Centre for Settlement of Investment Disputes, caso n. ARB (AF)/07/1).

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John Ruggie

Poca forza dei Pvs per far rispettare le leggi

La necessità di approcci più coerenti e concentrati

potrebbero non avere la forza istituzionale, anche volendo, di far rispettare le leggi nazionali contro le multinazionali presenti sul loro territorio, oppure potrebbero sentirsi scoraggiati a farlo dall'eventuale competizione internazio- nale per ottenere investimenti. Gli Stati d'origine delle imprese multinazio- nali, a loro volta, potrebbero esitare a perseguirle per i danni causati all'este- r o , p e r c h é l a p o r t a t a d e l l a l e g i s l a z i o n e n a z i o n a l e c o n e f f i c a c i a extraterritoriale rimane poco conosciuta, oppure per timore che quelle im- prese possano perdere opportunità di investimento o trasferire le proprie sedi centrali.

15. La dinamica appena descritta non è limitata alle multinazionali. Per attrarre investimenti e promuovere le esportazioni, i governi potrebbero esentare le aziende nazionali da alcuni obblighi legali e regolatori o evitare in primo luogo di adottare certi standard.

16. Quali sono i risultati? Nella relazione del 2006 il Rappresentante Speciale ha esaminato le accuse legate ai peggiori casi di violazioni dei diritti umani da parte di imprese. Come previsto, si erano verificate dove maggiori erano le sfide per la governance: la maggior parte nei paesi più poveri; in paesi appena emersi da un conflitto o che ancora vi erano coinvolti; infine, in paesi in cui la legalità era debole ed il livello di corruzione elevato. Una par- te significativa delle accuse vedeva le imprese complici delle azioni dei go- verni o di fazioni armate7. Uno studio recente, condotto per il mandato da parte dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, conferma tale analisi, ma dimostra che gli effetti negativi delle aziende sui diritti umani non sono limitati a quei contesti8.

B. Struttura di lavoro

17. Finché i vuoti nella governance saranno alla base del conflitto tra commercio e diritti umani, le soluzioni davvero efficaci devono mirare a col- mare tali lacune. Tuttavia, le azioni individuali, da parte di Stati o aziende, potrebbero essere troppo ostacolate dalle dinamiche competitive appena de- scritte. Per questo sono necessari approcci più coerenti e concertati. La strut- tura composta da proteggere, rispettare e risarcire è in grado di aiutare tutti gli attori sociali – governi, aziende e società civile – a ridurre le conseguenze ne- gative per i diritti umani di quegli squilibri9.

18. Si consideri per primo il dovere dello Stato di proteggere. Ha dimen- sioni politiche e legali. Come già documentato nella relazione del 2007 pre- sentata dal Rappresentante Speciale, la legge internazionale stabilisce il do- vere dello Stato di proteggere chi vive all'interno del suo territorio contro violazioni dei diritti umani da parte di attori non appartenenti allo Stato, in- cluse le imprese10. Per far sì che gli Stati comprendano come tale dovere si applichi nell'ambito delle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani, gli organi di controllo del trattato sono soliti raccomandare agli Stati di in- traprendere tutte le azioni necessarie per la protezione contro quegli abusi –

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7 E/CN.4/2006/97

8 V. Add. 2 di questo rapporto.

9 Iniziative multistakeholder come il Kimberley Process riflettono tutti e tre i principi; sono state discusse approfonditamente nel rapporto dello scorso anni (A/HRC/4/35, par. 52- 61).

10 A/HRC/4/35 e A/HRC/4/35/Add.1. Alcuni stati ritengono che tale dovere sia limitato alla protezione delle persone che siano all'interno del loro territorio e giurisdizione.

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prevenire, investigare e punire le violazioni – e per rendere possibile l'acces- so ai risarcimenti11. Gli Stati possono decidere quali misure adottare, ma gli organi del trattato giudicano appropriato regolare e sanzionare le attività delle imprese in relazione ai diritti umani. Suggeriscono, inoltre, che tale do- vere si riferisca a ogni attività economica – nazionale e transnazionale, limi- tata ed estesa – e che sia applicato anche a tutti i diritti che le parti private potrebbero indebolire. Gli ordinamenti regionali sui diritti umani sono giun- ti alle stesse conclusioni.

19. Gli esperti non sanno dire se la legge internazionale richieda che gli Stati contribuiscano ad evitare violazioni dei diritti umani in altri paesi da parte delle imprese che hanno la sede centrale nei loro territori. Più ampio consenso esiste, invece, sul fatto che a quegli stessi Stati è permesso farlo nel caso in cui esista una base di giurisdizione riconosciuta12, e le azioni da essi intraprese rispondano a certi criteri di ragionevolezza, che includono il non- intervento negli affari interni degli altri Stati13. Si assiste, infatti, ad un sem- pre crescente incoraggiamento a livello internazionale affinché gli Stati in- traprendano un'azione regolatrice per prevenire violazioni da parte delle loro compagnie all'estero14.

20. La relazione del 2007 descrive anche l'espansione del tessuto della re- sponsabilità aziendale per crimini internazionali che riflette i parametri in- ternazionali imposti, però, dai tribunali nazionali15. Come si vedrà nella prossima sezione, in alcune giurisdizioni le innovazioni in materia di norme e sanzioni si muovono verso un più ampio riconoscimento delle complesse for- me organizzative che caratterizzano le imprese moderne.

21. È altamente auspicabile un ulteriore miglioramento della compren- sione, da parte di organi autorevoli nazionali ed internazionali, del dovere dello Stato di proteggere. Tuttavia, anche all'interno dei principi legali esi- stenti, le dimensioni organizzative del dovere di proteggere richiedono mag- giore attenzione e approcci più ingegnosi da parte degli Stati.

22. È opinione diffusa che i governi siano l'ente adatto a prendere quelle decisioni complesse necessarie a conciliare i diversi bisogni della società. Il lavoro del Rappresentante Speciale, tuttavia, pone in luce dubbi sull'effetti- vo equilibrio raggiunto dai governi. Le consultazioni e ricerche da lui svolte, tra le quali un'indagine presso tutti gli Stati membri, indicano che numerosi governi si servono di un approccio limitato nei confronti della gestione del rapporto tra diritti umani e imprese16 . Spesso, infatti, esso è ristretto al pro- prio ambito concettuale e a quello istituzionale (di solito debole) – tenuto separato, o ritenuto di scarsa importanza, da altri ambiti rilevanti che danno forma alle pratiche economiche, quali la politica commerciale e quella degli

Problemi di giurisdizione

Un approccio limitato da parte dei governi

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11 A/HRC/4/35/Add.1.

12 Basi note includono i casi in cui l'attore o la vittima sono un cittadino, le azioni hanno considerevoli effetti negativi sullo stato o sono coinvolti crimini internazionali specifici.

V. A/HRC/4/35/Add.2.

13 L'intero sistema dei diritti umani potrebbe sembrare mettere in discussione il principio di non intervento, ma il dibattito qui si basa su cos'è coercitivo.

14 Ad es., il Comitato per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale ha di recente inco- raggiato un partito a “intraprendere le misure legislative o amministrative appropriate”

per prevenire effetti negativi sui diritti di popolazioni indigene di altri paesi causati dalle attività di imprese registrate nello stato di appartenenza di quel partito (CERD/C/CAN /CO/18, par. 17).

15 A/HRC/4/35, par. 19-32.

16 A/HRC/4/35/Add.3.

(16)

John Ruggie

Inadeguatezza nazionale ed internazionale

Mancanza di sistemi interni delle imprese

investimenti, normative sulla sicurezza e governance delle imprese. L'inade- guatezza di questa politica interna si rispecchia in quella internazionale. I go- verni non devono credere di favorire il commercio se non applicano una re- golamentazione adeguata nei confronti dell'impatto che le imprese possono avere sui diritti umani. Al contrario, meno i governi fanno, maggiori sono i rischi per le aziende, tra cui quelli reputazionali. Il secondo capitolo del pre- sente studio tratterà questo argomento.

23. La responsabilità aziendale di rispettare i diritti umani costituisce il secondo principio. È riconosciuto in strumenti soft law, come la Dichiarazio- ne Tripartita dei Principi sulle Imprese Multinazionali e la Politica Sociale17, ed alle linee guida OCSE per le imprese multinazionali18. Il principio è invo- cato dalle più grandi organizzazioni economiche globali nella loro accettazio- ne del mandato, dove si legge che le imprese “devono obbedire alla legge, an- che quando non è imposta, e devono rispettare i principi degli strumenti internazionali pertinenti ove sia assente la legislazione nazionale”19. È uno de- gli impegni sottoscritti dalle imprese che entrano a far parte del Global Com- pact20. Le indagini svolte dal Rappresentante Speciale documentano il fatto che sempre più aziende nel mondo affermano di rispettare i diritti umani21.

24. Rispettare i diritti significa in essenza non usurpare i diritti altrui – in poche parole, non nuocere. Poiché le aziende possono influire su ogni diritto riconosciuto a livello internazionale, dovrebbero considerare la propria re- sponsabilità di rispettare come riferita a tutti i diritti, anche se alcuni potreb- bero richiedere maggiore attenzione di altri in contesti particolari. Vi sono situazioni nelle quali le imprese hanno responsabilità aggiuntive, ad es.

quando svolgono certe funzioni pubbliche o hanno assunto volontariamente ulteriori impegni. Tuttavia, la responsabilità al rispetto è alla base di quanto ci si aspetta dalle aziende in ogni situazione.

25. Come fanno le imprese a stabilire se rispettano i diritti umani? Han- no sistemi interni che consentono loro di supportare questa affermazione con un certo grado di sicurezza? La maggior parte non li ha. Ciò che si ri- chiede è la diligenza dovuta, un procedimento per il quale le imprese non as- sicurano solo l'adeguamento alle leggi nazionali, ma gestiscono anche il ri- schio di violazioni dei diritti umani con lo scopo di evitarle22. La portata della diligenza dovuta in rapporto ai diritti umani è determinata dal contesto in cui opera la compagnia, dalle sue attività e dalle relazioni associate a tali attività.

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17 Bollettino Ufficiale ILO, Serie A, n. 3 (2000).

18 V. Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, DAFFE/IME/WPG (2000)15/FINAL.

19 Organizzazione Internazionale degli Industriali, Camera Internazionale di Commercio, Comitato Consultivo Economico e Industriale presso l'OCSE, “Business and Human Ri- ghts: The Role of Government in Weak Governance Zones”, dicembre 2006, par. 15, http://www.reports-and-materials.org/Role-of-Business-in-WeakGovernance-Zones-Dec- 2006.pdf.

20 V. http://www.unglobalcompact.org/AboutTheGC/TheTenPrinciples/humanRights.html.

21 A/HRC/4/35/Add.3, A/HRC/4/35/Add.4 e “Human Rights Policies of Chinese Compa- nies: Results from a Survey”, consultabile alla pagina http://www.businesshumanrights.

org/Documents/Ruggie-China-survey-Sep-2007.pdf .

22 Una definizione classica di diligenza dovuta è “la diligenza che ci si aspetta ragionevol- mente, o che è normalmente esercitata da una persona che cerca di adempiere a un dovere legale o di soddisfare un obbligo”. Tratto da “Black’s Law Dictionary”, ottava edi- zione (2006).

(17)

26. L'accesso ai risarcimenti costituisce il terzo principio. Anche dove il funzionamento delle istituzioni è ottimale, possono verificarsi dispute riguar- do alle sue conseguenze sui diritti umani. Al momento l'accesso agli stru- menti giudiziari è spesso più difficile proprio dove il bisogno è maggiore, mentre gli strumenti non giudiziari sono gravemente sottosviluppati – dal li- vello delle compagnie a quello nazionale e internazionale. Il quarto capitolo del presente studio identificherà i criteri di efficacia dei meccanismi di recla- mo e suggerirà metodi per rafforzare il sistema esistente.

II. IL DOVERE DELLO STATO DI PROTEGGERE

27. La natura generale del dovere di proteggere è ben compresa dagli esperti di diritti umani all'interno dei governi. Ciò che sembra meno assimi- lato è il gran numero di ambiti attraverso i quali gli Stati potrebbero compie- re questo dovere nel rispetto dell'attività economica, ad es. sostenendo una cultura aziendale rispettosa dei diritti umani in patria e a all'estero. Ciò do- vrebbe essere considerato dai governi una priorità politica – resa necessaria dalla maggiore esposizione di popolazioni e comunità agli abusi commessi dalle imprese, e dalla crescente esposizione per le aziende a rischi sociali che non sono chiaramente in grado di affrontare da sole.

28. La seguente discussione non ha lo scopo di insistere su determinate azioni legislative o politiche, bensì di illustrare questioni rilevanti e approcci innovativi che il Rappresentante Speciale ritiene degni di seria considerazio- ne. L'aggiudicazione sarà affrontata di seguito nel quarto capitolo.

A. Cultura aziendale

29. I governi hanno un ruolo unico nell'appoggiare quelle culture azien- dali che vedono nel rispetto dei diritti una parte integrante dell'economia.

Ciò sarebbe a sua volta di sostegno, infatti, a quei passi che le compagnie stesse devono compiere per dimostrare il proprio rispetto dei diritti, come sarà descritto nel quarto capitolo. Qui sono illustrati due approcci.

30. Primo, i governi possono appoggiare e rafforzare la pressione dei mer- cati sulle compagnie affinché rispettino i diritti. Chiedere conto della soste- nibilità consente agli stakeholder di mettere a confronto i risultati sui diritti umani. Numerosi Stati, autorità subnazionali e borse valori iniziano a pre- tendere questa divulgazione23. La Svezia esige per le aziende di proprietà del- le Stato resoconti verificati in maniera indipendente che si basino sulle linee guida fornite da Global Reporting Initiative, mentre la Cina ha di recente emesso un'opinione consultiva sull'argomento24. Alcune giurisdizioni sono andate oltre e hanno ridefinito il dovere fiduciario. La recente revisione del- lo United Kingdom Companies Act nel Regno Unito richiede ai direttori di

“porre attenzione” ad alcune questioni, quale “l'impatto delle operazioni del- la compagnia sulla comunità e l'ambiente”25; inoltre, gli enti di vigilanza

La priorità politica per i governi

Esempi di sostenibilità per il

rispetto dei diritti

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23 Tra i molti esempi, la Borsa di Johannesburg ha reso obbligatorio riferire sulla sostenibi- lità, così come la legge francese sulle nuove regolamentazioni economiche.

24 Guidelines for external reporting by Swedish State-owned companies”, adottate il 29 novembre 2007, consultabili alla pagina web http://www.sweden.gov.se/sb/d/8194/a /93506 ; e “Instructing opinions about central State-owned enterprises fulfilling social responsibility”, emanate dalla Commissione di supervisione e amministrazione del patrimo- nio statale del Consiglio di Stato cinese il 4 gennaio 2008.

25 Sezione 172 (1) (d) del Companies Act del Regno Unito(2006), entrato in vigore il 1 ot- tobre 2007.

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John Ruggie

Come decidere le responsabilità criminali delle imprese

Incoerenza verticale e orizzontale

Stati ospiti

respingono sempre più spesso i tentativi da parte delle imprese di bloccare le proposte degli azionisti di discutere le questioni riguardanti i diritti umani durante le riunioni generali annuali26.

31. Secondo, gli Stati iniziano a servirsi della cultura aziendale per deci- dere delle responsabilità criminali delle imprese27. Esaminano le politiche, le regole e le pratiche di una compagnia, per determinarne la responsabilità cri- minale e la pena, anziché basarsi sugli atti singoli di impiegati o funzionari.

Questi principi possono essere invocati durante la fase preliminare di un pro- cedimento legale, in fase di condanna e durante l'esercizio della discreziona- lità procedurale da parte della procura28. Entrambi incentivano le compagnie ad avere adeguati sistemi di conformità.

32. In teoria, dovrebbe essere più semplice incoraggiare una cultura aziendale rispettosa dei diritti nelle aziende possedute dallo Stato. La direzio- ne in queste aziende è di solito nominata da enti statali ai quali deve anche riferire; infatti, lo Stato stesso potrebbe essere ritenuto responsabile dalla leg- ge internazionale per le azioni illegali commesse dalle aziende possedute, se queste ultime sono considerate organi di Stato o si ritiene che abbiano agito per suo conto o dietro suoi ordini. Al di là di ogni obbligo legale, le violazio- ni dei diritti umani causate da questi tipi di aziende si ripercuotono diretta- mente sulla reputazione dello Stato che le possiede, che si sente, quindi, in- centivato ad esercitare un controllo maggiore per l'interesse nazionale. Ciò è valido anche per i fondi sovrani e per l'impatto sui diritti umani dei loro in- vestimenti.

B. Allineamento politico

33. Gli effetti negativi dell'incoerenza della politica interna sono Stati più volte segnalati durante una consulta tenuta dal Rappresentante Speciale:

incoerenza verticale, con la quale i governi si assumono impegni per i diritti umani senza curarsi della loro attuazione; incoerenza orizzontale, con la quale i vari uffici – per il commercio, la promozione di investimenti, lo sviluppo, gli affari esteri – lavorano con fini opposti rispetto agli obblighi dello Stato nei confronti dei diritti umani e delle agenzie incaricate della loro attuazione29. Si considerino due esempi: il primo riguarda gli Stati ospiti, il secondo gli Stati d'origine delle imprese.

34. Per attrarre gli investimenti dall'estero, gli Stati ospiti offrono prote- zione per mezzo di trattati bilaterali di investimento e accordi governativi.

Promettono di trattare gli investitori in maniera giusta, equa e senza alcuna discriminazione e di non apportare cambiamenti unilaterali alle condizioni di investimento. La protezione per gli investitori, però, si è estesa quasi senza

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26 Trends in the use of corporate law and shareholder activism to increase corporate re- sponsibility and accountability for human rights” preparato per il Rappresentante Spe- ciale dallo studio legale Fried Frank e consultabile alla pagina web http://www.business- humanrights.org/Documents/Fried-Frank-Memo-Dec-2007.pdf .

27 “Corporate culture as a basis for the criminal liability of corporations” preparato per il Rappresentante Speciale dallo studio legale Allens Arthur Robinson, e consultabile alla pagina web http://www.reports-and-materials.org/Allens-Arthur-Robinson-Corporate- Culture-paperfor-Ruggie-Feb-2008.pdf.

28Per esempi sul primo caso quanto detto, v. la sezione 12.3 del Criminal Code Act austra- liano del1995 (Cth) e l'articolo 102 del codice penale svizzero; per un esempio sul se- condo, v. il capitolo 8 dello United States Federal Sentencing Guidelines Manual: (2006)

§8C2.5(b)(1).

29 V. add. 1 del presente rapporto.

(19)

alcun riguardo per il dovere dello Stato di proteggere i diritti umani, provo- cando uno squilibrio. Di conseguenza, gli Stati ospiti possono avere difficoltà nel rafforzare i livelli sociali e ambientali interni, compresi i diritti umani, senza temere reazioni da parte degli investitori stranieri, che potrebbero av- venire tramite l'arbitrato internazionale vincolante.

35. Un simile squilibrio è in grado di causare difficoltà a tutti i paesi. Gli accordi tra Stati ospiti e compagnie comprendono spesso la promessa di con- gelare la legislazione esistente per la durata del progetto, che può arrivare anche a cinquant'anni per i maggiori lavori sulle infrastrutture e per le indu- strie estrattive. Durante il ciclo di vita dell'investimento anche i cambia- menti legislativi sociali ed ambientali che vengono applicati anche alle imprese nazionali rischiano di essere contrastati dagli investitori stranieri, che potrebbero chiedere esenzioni o risarcimenti.

36. Questo squilibrio è problematico in special modo per i Paesi in via di sviluppo. Uno studio condotto per il presente mandato e la Società Finanzia- ria Internazionale mostra che i contratti firmati con paesi non appartenenti all'OCSE vincolano la legislazione dei paesi ospiti in maniera chiaramente maggiore che con paesi facenti parte dell'OCSE – la sola valutazione dei ri- schi di quel paese non sembra poter giustificare una simile differenza30. Cio- nonostante lo sviluppo legislativo è più urgente proprio nei Paesi in via di sviluppo.

37. Quando le cause per gli investimenti vengono giudicate tramite l'ar- bitrato internazionale, sono generalmente trattate come dispute commercia- li, nelle quali l'interesse pubblico, inclusi i diritti umani, non hanno presso- ché alcuna importanza. Inoltre, questo tipo di processi si svolge spesso nella massima riservatezza, tanto che la popolazione del paese in questione potreb- be anche non esserne a conoscenza. Quando si tratta di diritti umani ed altri interessi pubblici, la trasparenza dovrebbe essere il principio regolatore, sce- vro dai pregiudizi che legittimano la riservatezza commerciale.

38. Stati, compagnie, le istituzioni che appoggiano gli investimenti e quelle che stabiliscono le procedure di arbitraggio dovrebbero lavorare per lo sviluppo di strumenti migliori per bilanciare gli interessi degli investitori e i bisogni degli Stati ospitanti, al fine di assolvere i propri obblighi sui diritti umani31.

39. Si consideri ora un esempio dal punto di vista dello Stato d'origine di un'impresa. Riguarda le Agenzie di Credito all'Esportazione (ACE), che finan- ziano o garantiscono esportazioni e investimenti che potrebbero risultare troppo rischiosi per il solo settore privato. Le ACE sono agenzie statali o pri- vatizzate, ma sono tutte autorizzate dallo Stato e svolgono una funzione pub- blica. Nonostante questo legame con lo Stato, relativamente poche ACE tengono in esplicita considerazione i diritti umani in una qualunque fase del loro coinvolgimento; infatti, nel corso di colloqui informali, in molti hanno

Uno squilibrio dovuto al

”congelamento”

della legislazione

Le ACE e i diritti umani

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30 V. “ S t a b i l i z a t i o n c l a u s e s a n d h u m a n r i g h t s ” , c o n s u l t a b i l e a l l a p a g i n e w e b http://www.reportsand-materials.org/Stabilization-Clauses-and-Human-Rights-11-Mar- 2008.pdf.

31 Preoccupazioni analoghe sono state sollevate in merito agli accordi di investimento in- ternazionali e regionali, in particolare sulla capacità dello stato di assicurare l'accesso ai servizi essenziali e di proteggere il diritto alla salute. Il Rappresentante Speciale non ha avuto la possibilità di condurre una ricerca indipendente su questi problemi legati al commercio.

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John Ruggie

Maggiore sostegno a livello

internazionale

dichiarato che, per farlo, avrebbero bisogno di un'autorizzazione specifica da parte dei loro supervisori.

40. Basandosi solo su motivazioni politiche, è possibile insistere affinché le ACE, che rappresentano non solo interessi commerciali ma anche il più ampio interesse pubblico, esigano dai loro clienti l'esercizio della giusta dili- genza dovuta per quanto riguarda il loro impatto sui diritti umani. In questo modo le ACE sarebbero in grado di sottolineare i casi in cui le condizioni dei diritti umani meritano maggiore attenzione e, possibilmente, indicare dove l'appoggio dello Stato dovrebbe proseguire o essere interrotto.

41. È auspicabile anche un migliore allineamento tra le ACE di uno Sta- to e la sua agenzia ufficiale per lo sviluppo. Un'agenzia per lo sviluppo po- trebbe considerare l'ingresso di un investimento privato sostenuto dalle ACE in una particolare regione come una ragione per concentrare i propri sforzi altrove. Tuttavia, se l'investimento ha marcati effetti materiali e sociali, po- trebbe anche causare forti pressioni, per gestire le quali le autorità locali po- trebbero aver bisogno d'aiuto, un aiuto che non sempre l'agenzia per lo svi- luppo nazionale sarebbe in grado di fornire.

42. Questo non è che un piccolo numero di casi in cui, affinché l'agenda sul commercio e i diritti umani ottenga un sostegno maggiore, è necessario un allineamento delle politiche più efficace da parte degli Stati.

C. Il livello internazionale

43. Guida e sostegno efficaci a livello internazionale aiuterebbero gli Stati a sviluppare una maggiore coerenza delle politiche. Gli organi del trattato possono giocare un ruolo importante nel fornire raccomandazioni agli Stati sull'attuazione dei loro obblighi di proteggere i diritti di fronte alle azioni del- le imprese32. Anche i mandatari delle procedure speciali possono sottolineare que- stioni rilevanti33. L'OHCHR è in grado di contribuire alla costruzione in quei paesi che non possiedono gli strumenti adatti, fornendo assistenza tecnica.

44. Gli Stati sono incoraggiati a condividere le informazioni sulle diffi- coltà e le pratiche migliori, per promuovere approcci più coerenti e, forse, per aumentare le aspettative reciproche riguardo alla promozione dei diritti contro le violazioni da parte delle imprese. Gli Stati faciliterebbero l'appren- dimento tra pari, includendo informazioni sul commercio nelle loro relazioni inviate per la revisione annuale universale.

45. Per quegli Stati cui mancano le risorse tecniche o finanziarie per di- sciplinare le compagnie e controllarne la conformità, l'assistenza da parte di Stati che possiedono la conoscenza e l'esperienza adatte rappresenta uno strumento importante per rafforzare l'applicazione dei diritti umani. Simili collaborazioni risulterebbero particolarmente feconde sia tra gli Stati con forti legami commerciali e di investimenti sia tra gli Stati d'origine e quelli in cui operano le stesse multinazionali.

46. Infine, le linee guida dell'OCSE sono al momento l'insieme in asso- luto più applicabile di standard, approvati dai governi, riguardo alla respon- sabilità delle aziende ed ai diritti umani. La maggior parte si è aggiornata al

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32 Nel giugno 2007 il Rappresentante Speciale ha incontrato i rappresentanti degli organi di trattato, per discuterne la guida emergente.

33 Nel giugno 2007 il Rappresentante Speciale ha incontrato gli altri mandatari per i diritti umani con lo scopo di condividere le esperienze.

(21)

2000 e i loro provvedimenti sui diritti umani non solo mancano di precisio- ne, ma, negli aspetti chiave, sono indietro rispetto ai livelli stabiliti volonta- riamente da aziende e organizzazioni commerciali. Sarebbe necessaria una re- visione delle linee guida in merito a questi problemi.

D. Zone di conflitto

47. È ben noto, ormai, che alcune delle violazioni dei diritti umani più clamorose, incluse quelle commesse dalle aziende, avvengono in zone di conflitto. Il sistema dei diritti umani non può funzionare adeguatamente in circostanze di violenza saltuaria o continua, di collassi nella governance, ed in assenza del principio di legalità. Innovazioni politiche specifiche sono neces- sarie per prevenire violazioni da parte delle imprese, eppure sembra che mol- ti Stati rimangano indietro, rispetto alle istituzioni internazionali ed alle im- prese responsabili, nell'affrontare questi problemi spinosi34.

48. Le politiche e le pratiche statali – se e quando esistono – sono limita- te, frammentarie e, il più delle volte, unilaterali. L'uso delle sanzioni da parte del Consiglio di Sicurezza nei confronti di quelle compagnie accusate di aver contribuito ai conflitti nella Repubblica Democratica del Congo, in Sierra Leone ed in Liberia hanno avuto un effetto restrittivo. Una relazione recen- te del Segretario Generale raccomanda di continuare e potenziare tale stru- mento coercitivo35. Tuttavia c'è bisogno di politiche più attive per prevenire coinvolgimenti dannosi delle imprese nelle situazioni di conflitto. Come ha scritto il Segretario Generale, gli Stati devono fare di più per “promuovere pratiche più attente al conflitto nei loro settori commerciali”36.

49. Gli Stati originari delle imprese potrebbero stabilire degli indicatori per far scattare l'allarme riguardo alle compagnie presenti in zone di conflitto.

Potrebbero anche fornire o facilitare l'accesso a informazioni ed assistenza – sia dall'interno sia dalle ambasciate all'estero – per aiutare le aziende ad af- frontare gli elevati rischi per i diritti umani e per far sì che agiscano in manie- ra adeguata nei rapporti con gli attori locali. Potrebbe accadere che lo Stato d'origine ritiri del tutto il suo appoggio, tuttavia ciò non sminuisce i doveri dello Stato ospitante di proteggere contro ogni violazione commessa dalle im- prese all'interno della sua giurisdizione, comprese le zone di conflitto.

E. Riassumendo

50. Il sistema dei diritti umani poggia sul ruolo basilare degli Stati. Per questo il dovere di proteggere è un principio centrale della struttura su com- mercio e diritti umani. Affrontare le sfide dell'economia e dei diritti umani, però, richiede la partecipazione attiva delle imprese stesse. Di seguito verrà trattato il secondo principio.

III. LA RESPONSABILITÀ DELLE AZIENDE DI RISPETTARE 51. Quando si discute del ruolo che le compagnie devono svolgere, lo sco- po del dibattito è stato, finora, soprattutto l'identificazione di un insieme limi- tato di diritti per i quali le aziende debbano essere responsabili. Ad esempio,

Gli strumenti coercitivi non bastano

I compiti degli Stati d’origine

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34 Per esplorare questa materia, il Rappresentante Speciale ha tenuto una consultazione in collaborazione con la ONG Global Witness; v. add. 1 al presente rapporto.

35 S/2008/18, in particolare i par. 16-18. In alcuni casi, le liste che identificavano I singoli e le compagnie da sanzionare sono state criticate in base al principio del processo dovuto.

36 Ibid, par. 20.

(22)

John Ruggie

La problematicità nel delineare i

diritti lesi

gli abbozzi normativi sulle responsabilità delle imprese multinazionali e delle altre imprese economiche riguardo ai diritti umani hanno generato discussio- ni accese: la lista dei diritti era troppo estesa o troppo breve; inoltre, alcuni diritti non erano Stati inclusi, mentre altri sì. Allo stesso tempo le norme avrebbero esteso alle imprese l'intera gamma di doveri posseduti dagli Stati, distinti solo dai concetti vaghi di obbligo primario e obbligo secondario e di sfe- ra d'influenza delle aziende. Tale formula enfatizza proprio la parte sbagliata dell'equazione, poiché definisce una lista limitata di diritti legata a responsa- bilità imprecise e vaghe, anziché stabilire le responsabilità specifiche delle imprese riguardo a tutti i diritti.

52. La tavola seguente mostra perché ogni tentativo limitare i diritti ri- conosciuti a livello internazionale è di per sé problematico. Tracciato in base ad oltre trecento relazioni sulle accuse di violazioni dei diritti umani da parte delle imprese, lo schema sottolinea un punto critico: sono pochi, pochissimi, i diritti riconosciuti a livello internazionale che le aziende non influenzano – o che non sembrano influenzare – in una maniera o nell'altra; quindi, le compagnie dovrebbero tenere in considerazione tutti i diritti. A scopo indi- cativo potrebbe essere utile delineare quali diritti tendono ad essere più in- fluenzati dalle compagnie in situazioni o settori particolari37. Per le compa- gnie è importante capire anche come i diritti umani siano collegati alle loro funzioni gestionali, che includono le risorse umane, la sicurezza del patrimo- nio e del personale, le catene di approvvigionamento e la partecipazione at- tiva della comunità38. Sarebbe bene sviluppare entrambi gli strumenti per migliorare la direzione intrapresa, tuttavia nessuno dei due può limitare la gamma di diritti che le imprese dovrebbero considerare.

Impatto delle imprese sui diritti umani

Diritti dei lavoratori Libertà di associazione

Diritto a una paga equa e proporzionata al lavoro

Diritto di organizzare e partecipare alla contrattazione collettiva Diritto all'uguaglianza sul posto di lavoro

Diritto di non essere discriminato

Diritto a una remunerazione giusta e vantaggiosa Abolizione della schiavitù e del lavoro forzato Diritto ad un ambiente di lavoro sicuro Abolizione del lavoro infantile Diritto al riposo ed al tempo libero Diritto al lavoro

Diritto alla vita in famiglia

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37 Ad es., il Consiglio Internazionale dell’Estrazione e dei Metalli ha condotto uno studio su trentotto casi di accuse di violazioni dei diritti umani o di abusi correlati che vedevano coinvolte compagnie minerarie, con lo scopo di svelare nuovi scenari dell'impatto sui di- ritti umani. Seconda presentazione al Rappresentante Speciale, ottobre 2006,consultabi- le alla pagina web http://www.icmm.com/newsdetail.php?rcd=119.

38 Le compagnie facenti parte del Business Leaders Initiative on Human Rights (BLIHR) stan- no sviluppando tale approccio. V. http://www.blihr.org.

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