pag. 1 ABSTRACT
OBJECTIVES
Exenatide, a synthetic GLP-1 analogue, is an antidiabetic agent from the group of incretine mimetics coming into the daily clinical practice. In our study we evaluated the effect of 1 year treatment with exenatide (Byetta®) on long-term diabetes control, anthropometric and biochemical parameters in a group of type 2 diabetic patients.
METHODS
We included 50 patients with type 2 diabetes mellitus (mean HbA1c 8.2±1.1%) usually treated with oral antidiabetic agents. Exenatide was administered via subcutaneous injection twice daily for 1 year.
Patients were examined after 1 month, when the dose of exenatide was increased from 5 mcg twice daily up to 10 mcg twice. We evaluated the glucose control, biochemical parameters, body weight changes and side effects of exenatide.
RESULTS
One year exenatide treatment significantly decreased body weight
(90.8±17.3 vs 88.2±16.3 kg, p < 0.0001), BMI (33.8±6.4 vs 32.8±5.8
kg/m
2, p < 0.0001), HbA1c (8.2±1.1 vs 7.8±1.1% p < 0.05), serum
pag. 2 fructosamine (302.6±47.6 vs 277.2±70.1 mmol/L p < 0.01), SP (143±19.9 vs 136±14.6 mmHg p < 0.05), DP (86±9.2 vs 81±6.4 mmHg p <
0.05) and increased LDL-cholesterol (92.5±23.5 vs 98.5±28.1 mg/dL p
< 0.05). Fasting glycemia surely decreased at the end of the study, but the difference did not reach the statistical significance. No significance was also reached for total and HDL-cholesterol, triglycerides, creatinine, microalbuminuria and glycosuria.
CONCLUSION
Exenatide treatment in type 2 diabetic patients on oral drugs
significantly decreased body weight, did improve diabetes control as
well raised LDL-cholesterol. Exenatide is a good innovative
hypoglycaemic drug.
pag. 3 RIASSUNTO
INTRODUZIONE
Exenatide, un sintetico analogo del GLP-1, è un farmaco antidiabetico del gruppo incretino mimetici usato nella pratica clinica. In questo studio noi abbiamo valutato gli effetti di 1 anno di trattamento con exenatide (Byetta®) sui parametri glicometabolici, antropometrici e biochimici in pazienti affetti da diabete mellito tipo 2.
METODI
Abbiamo incluso 50 pazienti affetti da diabete mellito tipo 2 (HbA1c 8.2±1.1%) trattati con più farmaci antidiabetici orali. Exenatide veniva somministrata sottocute due volte al giorno per 1 anno. Ai pazienti dopo un mese di terapia veniva aggiustata la dose di exenatide da 5 mcg due volte al giorno a 10 mcg due volte al giorno.
Abbiamo valutato le variazioni dei parametri glicemici, del peso corporeo e dei parametri biochimici.
RESULTATI
Un anno di terapia con exenatide ha ridotto in modo statisticamente
significativo il peso corporeo (90.8±17.3 vs 88.2±16.3 kg, p < 0.0001),
il BMI (33.8±6.4 vs 32.8±5.8 kg/m
2, p < 0.0001), l’ HbA1c (8.2±1.1 vs
7.8±1.1%, p < 0.05), la fruttosamina sierica (302.6±47.6 vs 277.2±70.1
pag. 4 mmol/L p < 0.01), la PAS (143±19.9 vs 136±14.6 mmHg, p < 0.05) e la PAD (86±9.2 vs 81±6.4 mmHg, p < 0.05) mentre è aumentato l’ LDL- colesterolemia (92.5±23.5 vs 98.5±28.1 mg/dL, p < 0.05). La glicemia alla fine dello studio è risultata diminuita anche se non significativamente. Non emersero differenze significative per la colesterolemia totale, HDL, trigliceridemia, creatininemia, microalbuminuria e glicosuria.
CONCLUSIONE
Il trattamento di pazienti affetti da diabete mellito tipo 2 con
exenatide è accompagnato da una riduzione significativa del peso
corporeo, da un miglioramento significativo del controllo metabolico
ed un aumento di colesterolemia LDL. Exenatide si dimostra,
pertanto, un innovativo e buon farmaco antidiabetico.
pag. 5 DIABETE MELLITO
Secondo l’OMS, sono circa 366 milioni le persone affette da diabete in tutto il mondo. Un numero che sembra destinato a raddoppiare entro il 2030, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, a causa della crescita e dell’invecchiamento della popolazione, ma soprattutto a causa di uno stile di vita non corretto. Se nei Paesi industrializzati i diabetici saranno principalmente persone oltre i 65 anni di età, nei Paesi in via di sviluppo questa malattia interesserà soprattutto persone tra i 45 e i 64 anni (1). Secondo l’International Diabetes Federation, i cinque Paesi con il più alto numero di diabetici sono l’India (32,7 milioni), la Cina (22,6 milioni), gli Stati Uniti (15,3 milioni), il Pakistan (8,8 milioni) e il Giappone (7,1 milioni). Inoltre, nonostante il diabete risulti la quarta causa di morte nella maggior parte dei Paesi industrializzati, il 50% dei diabetici non è consapevole della propria condizione, con punte dell’80% in alcuni Paesi (2).
I dati riportati dall’Annuario Statistico Istat 2010, indicano che è
diabetico il 4,8% degli italiani (5% delle donne e 4,6% degli uomini),
pari a circa 2.900.000 persone.
pag. 6 DIABETE MELLITO TIPO 2
È la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. Generalmente, la malattia si manifesta dopo i 30- 40 anni e sono ormai conosciuti numerosi fattori di rischio associati alla sua insorgenza. Tra questi:
la familiarità per diabete;
lo scarso esercizio fisico;
il sovrappeso;
l’appartenenza ad alcune etnie.
Riguardo la familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia.
Il diabete mellito di tipo 2 (DMT2) è una patologia ad eziologia complessa, che risente di influenze genetiche ed ambientali (3).
Sebbene i geni responsabili di questo disordine non siano ancora stati identificati, è noto che la malattia è poligenica e multifattoriale.
Numerosi loci genici contribuiscono alla suscettibilità e fattori
ambientali come dieta ed attività fisica, contribuiscono a modularne
l’espressione fenotipica. La concordanza del DMT2 nei gemelli
monozigoti si colloca tra 70 e 90%. I soggetti con anamnesi familiare
positiva per DMT2 hanno un rischio di diabete da due a quattro volte
pag. 7 superiore rispetto alla popolazione generale; se un genitore è diabetico di tipo 2, il rischio nei figli raggiunge il 38%, mentre se
sono affetti entrambi i genitori, la prevalenza del diabete è di circa il 60% a 60 anni.
Il fattore chiave nello sviluppo di questa patologia è rappresentato da resistenza insulinica ed alterata secrezione insulinica. L’ipotesi più accreditata è che la resistenza insulinica preceda il difetto di secrezione, nonostante numerose controversie sul difetto primitivo.
Le anomalie fisiopatologiche che caratterizzano questa malattia sono tre:
insulinoresistenza periferica;
alterata secrezione insulinica;
eccessiva produzione epatica di glucosio.
L’aspetto principale del DMT2 è rappresentato dalla ridotta capacità dell’insulina di agire efficacemente sui tessuti bersaglio periferici (muscoli e fegato).
La resistenza all’azione insulinica altera l’utilizzo del glucosio da parte
dei tessuti insulino-sensibili e aumenta la produzione epatica di
glucosio: entrambi gli effetti contribuiscono all’iperglicemia che si
riscontra nel diabete. L’aumentato rilascio epatico di glucosio è
pag. 8 responsabile dell’aumento dei livelli di glicemia a digiuno, mentre il ridotto utilizzo periferico di glucosio determina iperglicemia post- prandiale.
Nel muscolo scheletrico la glicogeno sintesi è maggiormente compromessa rispetto alla glicolisi.
Si ritiene che la causa principale dell’insulinoresistenza vada ricercata nei difetti di molecole implicate nei meccanismi postrecettoriali.
Un’altra teoria prevede che gli elevati livelli di acidi grassi liberi, come accade nell’obesità, possano contribuire alla patogenesi del DMT2 in diversi modi: alterando l’utilizzo del glucosio nel muscolo scheletrico, promuovendo la produzione epatica di glucosio e alterando le funzioni della cellula ß.
Nel DMT2 la secrezione insulinica è inizialmente aumentata, in
risposta alla resistenza insulinica, per conservare la normale
tolleranza glucidica. Successivamente, il difetto della secrezione
insulinica progredisce, fino ad un secrezione insulinica inadeguata. Le
cause del declino delle capacità secretive, non sono note. È stata
esclusa l’esistenza di un difetto genetico che, associato
all’insulinoresistenza, determini l’insufficienza delle cellula ß. Sono
stati chiamati in causa diversi meccanismi che possono alterare la
pag. 9 funzione insulare: depositi di fibrille amiloidi a livello delle insule, tossicità glucidica e lipotossicità.
Il fegato mantiene la normoglicemia durante il digiuno attraverso la glicogenolisi e la gluconeogenesi, usando substrati derivanti dal muscolo scheletrico e dal tessuto adiposo. L’insulina promuove l’accumulo di glucosio come glicogeno epatico e sopprime la gluconeogenesi. Nel DMT2 l’insulinoresistenza epatica origina dall’inefficacia dell’iperinsulinemia nel sopprimere la gluconeogenesi, che provoca iperglicemia a digiuno e ridotto accumulo di glicogeno da parte del fegato nella fase post-prandiale. L’aumento della produzione epatica di glucosio avviene precocemente, anche se probabilmente insorge dopo l’instaurarsi di anomalie della secrezione insulinica e di insulinoresistenza nel muscolo periferico.
Il DMT2 in genere non viene diagnosticato per molti anni poiché l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e inizialmente non è di grado tale da determinare la classica sintomatologia del diabete.
Solitamente la diagnosi avviene casualmente o in concomitanza con una situazione di stress fisico, quale infezioni o interventi chirurgici.
Il rischio di sviluppare la malattia aumenta con l’età, con la presenza
di obesità e con la mancanza di attività fisica: questa osservazione
consente di prevedere strategie di prevenzione “primaria”, volte a
prevenire l’insorgenza della malattia, che hanno il loro cardine
pag. 10 nell’adozione di uno stile di vita adeguato, con particolare riguardo nei confronti degli aspetti nutrizionali e dell’esercizio fisico.
La secrezione di insulina da parte del pancreas normalmente riduce la produzione di glucosio da parte del fegato, migliora l'assorbimento del glucosio da parte del muscolo scheletrico e inibisce il rilascio di acidi grassi dal tessuto adiposo. I numerosi fattori che contribuiscono alla patogenesi del DMT2 influenzano sia la secrezione di insulina, sia l’azione dell’insulina.
La diminuita secrezione insulinica, riduce il signalling dell’insulina nei suoi tessuti bersaglio.
Le condizioni di resistenza insulinica influenzano l'azione dell'insulina
a livello dei principali tessuti bersaglio, con conseguente aumento
acidi grassi circolanti, iperglicemia e diabete. A loro volta,
iperglicemia ed aumento degli acidi grassi liberi peggioreranno la
secrezione di insulina e la resistenza insulinica, con un meccanismo di
feed-back.
pag. 11 Diagnosi
I criteri per la diagnosi di diabete sono:
sintomi di diabete (poliuria, polidipsia, perdita di peso inspiegabile) associati a un valore di glicemia casuale, cioè indipendentemente dal momento della giornata, = 200 mg/dL;
oppure:
glicemia a digiuno = 126 mg/dL. Il digiuno è definito come mancata assunzione di cibo da almeno 8 ore.
oppure
glicemia = 200 mg/dl durante una curva da carico (OGTT). Il test dovrebbe essere effettuato somministrando 75 g di glucosio (4).
Terapia
In questo paragrafo vengono riportati i principali obiettivi contenuti
nel documento “Standard Italiani per la cura del diabete mellito di
tipo 2- Edizione per la Medicina Generale”, nato dalla collaborazione
della Società Italiana di Diabetologia (SID), della Associazione
Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Medicina
Generale (SIMG).
pag. 12 Controllo glicemico
L’HbA1c riflette la glicemia media degli ultimi 2-3 mesi. Può essere utile convertire il valore di HbA1c in un equivalente di glicemia media per migliorare la comprensione e l’interpretazione del risultato stesso dell’HbA1c (vedi Tabella).
Tabella: Correlazione tra livelli di HbA1c e glicemia plasmatica media basati sullo studio ADAG (A1C-Derived Average Glucose)
HbA1c (%) Glicemia plasmatica media (mg/dl)
6 126
7 154
8 183
9 212
10 240
11 269
12 298
Il dosaggio dell’HbA1c deve essere effettuato almeno 2 volte l’anno
in ogni diabetico, anche se il controllo glicemico è stabilmente
nell’obiettivo terapeutico.
pag. 13 Considerare frequenze più elevate, ogni 2-3 mesi, nei pazienti in cui è stata modificata la terapia ipoglicemizzante oppure l’obiettivo terapeutico non è ancora stato raggiunto o non è stabile nel tempo.
L’HbA1c deve essere misurata con metodi calibrati secondo il sistema di riferimento IFCC. Il risultato deve essere riportato in unità mmol/mol e in % .
Intervalli di riferimento:
• per soggetti non diabetici (allineato al DCCT): 4,0-6,0%
• per soggetti non diabetici (allineato all’IFCC): 20-42 mmol/mol.
I valori di HbA1c tuttavia non forniscono una misura della variabilità glicemica o della presenza di ipoglicemie. In questi casi, il controllo glicemico e valutato in modo più efficace attraverso la combinazione dell’automonitoraggio e della misurazione della HbA1c.
Farmaci
Il farmaco di prima scelta per il trattamento del DMT2 è la metformina sia in presenza di sovrappeso che di normopeso.
Metformina, pioglitazone, sulfoniluree, repaglinide, inibitori del DPP4
e analoghi del GLP-1 sono parimenti efficaci nel ridurre l’emoglobina
glicosilata, ma meno efficaci rispetto all’insulina.
pag. 14 In molti pazienti, non in buon controllo in monoterapia, è necessario associare due o più farmaci.
Di seguito saranno illustrate le caratteristiche dei principali agenti farmacologici utilizzati nella terapia del DMT2.
A. Biguanidi
Nell’UKPDS, la metformina ha determinato, a parità di controllo glicemico, un minor rischio di complicanze, accompagnato da un ridotto numero di ipoglicemie e assenza di aumento di peso.
All’inizio della terapia circa il 10% dei pazienti riferisce diarrea e altri disturbi gastrointestinali, ma la percentuale si riduce se la terapia viene iniziata a basso dosaggio per 4-6 settimane.
B. Acarbosio
Gli inibitori dell’-glucosidasi, agendo sull’enzima che scinde i carboidrati complessi e i disaccaridi trasformandoli in monosaccaridi, ritardano l’assorbimento dei carboidrati dal tratto gastrointestinale riducendo conseguentemente le escursioni glicemiche post-prandiali.
La riduzione dell’emoglobina glicosilata è circa 0,6-0,7%.
Come la metformina, e al contrario di altre terapie farmacologiche,
non ha effetti negativi sul peso corporeo e, se usato da solo, non
causa ipoglicemie.
pag. 15 C. Tiazolidinedioni (glitazoni)
I tiazolidinedioni, più comunemente definiti glitazoni, sono agonisti del recettore PPAR-. Attualmente è disponibile solo il pioglitazone (anche in associazione con metformina o glimepiride). L’efficacia terapeutica viene raggiunta in un tempo più lungo (4-6 settimane).
D. Sulfoniluree e glinidi
Sono le molecole che hanno in supporto il maggior numero di studi randomizzati e controllati che ne dimostrino l’efficacia. Tutte le molecole sono in grado di ridurre l’HbA1c di circa 1-1,5%. La repaglinide ha efficacia almeno simile alle sulfoniluree con un maggiore effetto sull’iperglicemia post-prandiale e un minore rischio di ipoglicemia.
Tutte le sulfoniluree e le glinidi esercitano la loro azione di stimolo della secrezione di insulina legandosi a un recettore specifico presente sulle ß-cellule (Sulphonyl Urea Receptor 1) ma con isoforme presenti anche sulla muscolatura liscia delle arterie e del muscolo cardiaco.
E. Incretine
Il termine incretina si riferisce a una sostanza ormonale peptidica,
prodotta dal tratto gastroenterico, che attraverso diversi
pag. 16 meccanismi regola l’omeostasi glucidica in risposta a un pasto. Le incretine più importanti sono il GIP e il GLP-1.
Le incretine possono stimolare la biosintesi e la secrezione di insulina solo se glucosio-indotta (riducendo pertanto il rischio di ipoglicemia) e inibiscono la secrezione di glucagone, lo svuotamento gastrico e la secrezione acida. Interessante è che tali ormoni ridurrebbero l’introito alimentare e soprattutto mostrerebbero un effetto trofico sulla massa ßcellulare dimostrato tuttavia solo in modelli sperimentali.
Ai fini terapeutici sono stati sviluppati due tipi di farmaci: mimetici del GLP-1 (exenatide e liraglutide: somministrabili solo sottocute) e inibitori del DDP4 o gliptine (sitagliptin, vildagliptin e saxagliptin: che inibiscono l’enzima DPP4, responsabile della degradazione delle incretine). L’exenatide induce una significativa riduzione del peso corporeo, ma anche aumento di effetti collaterali gastrointestinali.
La liraglutide è un analogo del GLP-1 cui è legata una molecola di acido
grasso che ne permette il legame con l’albumina a livello del sito di
iniezione e quindi un lento rilascio (emivita di 11-15 ore), anch’essa
efficace nel ridurre la glicemia. Le gliptine (vildagliptin, sitagliptin e
saxagliptin) hanno l’indubbio vantaggio della somministrazione orale,
ma mancano dell’effetto sulla riduzione del peso corporeo. Anche per
le gliptine esiste il vantaggio dell’assenza del rischio di ipoglicemia
iatrogena.
pag. 17 F. Insulina
É la terapia più efficace nel ridurre l’HbA1c. La glargine riduce il rischio di ipoglicemia nei confronti della insulina isofano (NPH) nel DMT2.
Anche l’insulina detemir ha dimostrato nel confronto con la NPH una
riduzione del rischio di ipoglicemia notturna, ma anche una minore
variabilità di azione rispetto a glargine e l’assenza del tipico aumento
di peso che accompagna quasi ineluttabilmente il miglioramento del
controllo della glicemia. Non esistono differenze sostanziali in
termini clinici fra i tre diversi analoghi rapidi (lispro, aspart e
glulisina). Nel DMT2 la terapia insulinica è inizialmente aggiunta alla
terapia orale (aggiungendo glargine o detemir o umana NPH o lispro
NPH la sera, e/o piccoli boli di analogo rapido ai pasti) per poi, se
necessario, essere adattata o intensificata secondo lo schema basal-
bolus (insulina basale o NPH la sera e insulina rapida ai tre pasti
principali) o, in rari casi selezionati, con premiscelate (5).
pag. 18 INCRETINE
I peptidi chiamati incretine sono un gruppo di proteine gastrointestinali secrete in risposta all’ingestione di alimenti che stimolano la produzione di insulina da parte delle β-cellule del pancreas (6,7). L’effetto “incretinico” si riferisce alla osservazione del fatto che il glucosio innesca una risposta secretoria di insulina molto maggiore quando viene ingerito per via orale rispetto a quando viene somministrata per via endovenosa (8).
Questo effetto può rappresentare fino al 50% - 70% della totale secrezione di insulina dopo l’ingestione di glucosio.
Rappresentazione schematica della secrezione di incretine
Negli esseri umani, due molecole rappresentano le incretine principali:
1) il polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente, GIP;
2) il peptide simile al glucagone 1, GLP-1.
Il loro effetto incretinico è stato provato in studi sperimentali su
animali, nei quali la somministrazione di antagonisti recettoriali
pag. 19 riduceva sia le azioni ormonali che l’effetto incretinico stimolato dal glucosio orale. In aggiunta, topi knockout per il gene dei recettori del GLP-1 e del GIP diventano intolleranti al glucosio e topi con una delezione di entrambi i recettori mostrano un’ ulteriore riduzione della tolleranza al glucosio (9).
Il GIP è un peptide costituito da 42 aminoacidi prodotto nel duodeno dalle cellule K enteroendocrine. Esso viene inattivato dall’enzima dipeptidil peptidasi 4 (DPP4). Il GIP viene secreto dopo l’assunzione di cibo ed aumenta la secrezione di insulina glucosio-dipendente (10).
Originariamente ad elevate concentrazioni, nei cani, il GIP sembrava inibire la secrezione acida e la motilità gastrointestinale (11).
Il GIP esplica la sua azione mediante il legame con il suo specifico recettore (GIPR) costituito da sette segmenti trans membrana accoppiato ad una proteina G stimolatoria, che viene espresso principalmente nelle cellule delle insule pancreatiche ed in misura minore nel tessuto adiposo e osseo (12).
Le cellule di un soggetto diabetico sono relativamente resistenti all’azione del GIP (13).
Nonostante i meccanismi che riducono la risposta al GIP delle
cellule siano sconosciuti, studi recenti suggeriscono che l’iperglicemia
altera la risposta fisiologica in conseguenza di una minore
espressione/attività del GIPR (14). Le cellule di un soggetto diabetico
pag. 20 sono relativamente resistenti all’azione del GIP (13). Il GLP-1 (secondo peptide ad effetto incretinico) è un ormone rilasciato in circolo, come il GIP, in risposta all’assunzione di cibo. GLP-1 è un derivato del prodotto di trascrizione del gene proglucagone (15).
Struttura molecolare del GLP-1
È secreto in larga misura dalle cellule L del digiuno distale, dell’ileo e
del colon in due principali forme biologicamente attive, GLP-1 (7-36)
amide (la forma principale negli esseri umani) e la glicina-extended
GLP-1 (7-37). (16). Si ritiene che gli effetti di GLP-1 siano mediati
principalmente attraverso i recettori GLP-1 (GLP-1R) che sono
espressi nel pancreas endocrino (α e β-cellule), nel tratto
gastrointestinale, nello stomaco, nel cuore, nell’ipotalamo, nei reni e
nei polmoni. Il legame di GLP-1 con il suo recettore porta
all’attivazione dell’adenil ciclasi, causando un aumento intracellulare
dei livelli di AMP ciclico (6). Altri effetti mediati da GLP-1, oltre al
suo effetto insulinotropico, includono l’inibizione della secrezione di
pag. 21 glucagone (17) e l’inibizione della secrezione e motilità a livello del tratto gastrointestinale, in particolare inibendo lo svuotamento gastrico (18). GLP-1 ha anche dimostrato di ridurre l’appetito e l’assunzione di alimenti ed è stato correlato alla perdita di peso.
Infine, il GLP-1 può avere effetti trofici sulle β-cellule pancreatiche, con concomitante riduzione della apoptosi cellulare (19).
In pazienti con DMT2, la secrezione postprandiale di GLP-1 sembra essere diminuita (20), ma, soprattutto, gli effetti di GLP-1 esogeno sulla secrezione di insulina, sulla soppressione del glucagone, e sull’inibizione dello svuotamento gastrico rimangono inalterati. Come accade a GIP, GLP-1 viene rapidamente inattivato dalle DPP4; l’emivita del GLP-1 circolante è di 1-2 min. La breve emivita del GLP endogeno a causa della rapida degradazione da parte dell’enzima DPP4 ha limitato il suo utilizzo nel trattamento cronico del DMT2, dal momento che il peptide deve essere somministrato attraverso infusione continua endovenosa o sottocutanea. Per superare questo limite, sono stati sviluppati degli inibitori della DPP4 e degli agonisti del recettore GLP-1 resistenti alla DPP4. Esempi di inibitori del DPP4 che sono commercialmente disponibili includono sitagliptin, saxagliptin e vildagliptin.
L’uso di questi agenti in genere determina un raddoppio della
presenza di GLP-1 endogeno e sono stati associati ad una riduzione
pag. 22 dello 0,7-1% dell’HbA1c. Questi farmaci sono somministrati per via orale, non influiscono sul peso, e sono generalmente ben tollerati. Gli agonisti del recettore del GLP-1 disponibili in commercio comprendono exenatide e liraglutide.
L’uso di queste sostanze è stato associato ad una riduzione dello 0,8- 1,1% del valore di HbA1c (21). In contrasto con gli inibitori DPP4, questi farmaci possono essere somministrati a livelli farmacologici più elevati e possono portare ad attivazione maggiore del recettore.
Inoltre, questi agenti sono stati associati ad una modesta perdita di peso (circa 3 kg in 6 mesi) (21).
SECREZIONE DI INCRETINE NEI PAZIENTI CON DMT2
Nel DMT2, la secrezione di GLP-1 dopo l’assunzione di un pasto, contestualmente ad una ridotta secrezione di insulina, è stata comunemente, ma non universalmente, descritta come ridotta mentre è normale (se non aumentata) quella di GIP ( 22).
Con la progressione della malattia diabetica, la produzione post-
prandiale di GLP-1 tende a ridursi ulteriormente, mentre la
produzione di GIP resta pressoché inalterata (20). Alla luce di queste
osservazioni è stato ipotizzato un ruolo terapeutico del ripristino dei
livelli di GLP-1, ma non necessariamente di GIP, con l’obiettivo di
migliorare la funzione insulare (aumento della secrezione di insulina e
pag. 23 riduzione di quella di glucagone) e, quindi, favorire il ripristino dell’omeostasi glucidica (23).
GLP-1 e GIP, una volta secreti, vengono rapidamente degradati ad opera del DPP-4. Di conseguenza l’emivita dei due peptidi è molto breve, nell’ordine di 2 e 7 minuti, rispettivamente.
EFFETTI PANCREATICI
Gli effetti pancreatici delle incretine sono molteplici, mediati da meccanismi diretti o indiretti che coinvolgono le cellule delle isole di Langerhans, e al momento non ancora del tutto chiari. Le isole pancreatiche esprimono una notevole densità di recettori per il GLP- 1, più elevata di quella riscontrabile in altri tessuti dell’organismo umano (24, 25).
In condizioni sperimentali, l’aggiunta di GLP-1 o GIP nel terreno di
coltura di isole pancreatiche determina un incremento glucosio-
dipendente della secrezione insulinica. Questo effetto è mediato
dalla depolarizzazione della membrana cellulare successiva alla
chiusura dei canali del potassio ATP-dipendenti, cui consegue
l’apertura dei canali del calcio voltaggio-dipendenti, l’ingresso di
calcio e, infine, l’esocitosi dei granuli di insulina. Questi processi
dipendono, primariamente, dal fatto che dopo essersi legati ai propri
recettori specifici, le incretine inducono l’attivazione dell’enzima
pag. 24 adenil-ciclasi, cui consegue generazione di AMP ciclico ed attivazione della protein-chinasi A.
L’esposizione cronica (2-5 giorni) di isole pancreatiche alle incretine determina un significativo miglioramento della risposta insulinica a concentrazioni crescenti di glucosio (26) ed una migliore conservazione della morfologia delle isole con riduzione dell’apoptosi (26). L’esposizione prolungata di isole pancreatiche (sia di soggetti normali che di pazienti con DMT2 a GLP-1 o exendina-4 (un agonista del GLP-1) favorisce i processi di differenziamento dei precursori delle β-cellule e di proliferazione delle β-cellule esistenti (27, 28).
Tale effetto potrebbe favorire il mantenimento o addirittura
l’incremento della massa β-cellulare, che nel DMT2 è ridotta già nelle
fasi iniziali della malattia. Peraltro, questi risultati attendono di
essere confermati in vivo nell’uomo. Per quanto in varie condizioni
sperimentali si assista anche ad una riduzione del rilascio di
glucagone in risposta al GLP-1, l’effetto diretto delle incretine, ed in
particolare del GLP-1, sull’α-cellula rimane dubbio. Infatti, il
potenziamento del rilascio di insulina potrebbe essere sufficiente a
ridurre, di per sé, la secrezione di glucagone. Anche le cellule δ,
produttrici di somatostatina, esprimono recettori per GLP-1
suggerendo una complessa regolazione tra incretine e network
endocrino dell’isola pancreatica.
pag. 25 In vivo, l’infusione di GLP-1 determina l’aumento della secrezione di insulina in maniera glucosio-dipendente e la concomitante soppressione della secrezione di glucagone. Ne consegue un innalzamento del rapporto molare insulina:glucagone a livello del circolo portale, con una più efficace soppressione della produzione epatica di glucosio. La glucosio-dipendenza della risposta ormonale pancreatica è di particolare interesse perché determina la diminuzione della secrezione di insulina ed il concomitante aumento di quella di glucagone con il ridursi dei valori di glicemia. Tutto ciò è fondamentale per evitare diminuzioni eccessive della glicemia durante il trattamento con analoghi del GLP-1 o inibitori del DPP4. Il GLP-1 inibisce fortemente la secrezione di glucagone grazie al fatto che circa il 20% delle cellule pancreatiche presenta il recettore per il GLP-1.
Dato che nei pazienti con DMT2 è presente un’iperglucagonemia a digiuno così come anche esagerate risposte del glucagone in seguito all’assunzione del pasto e, poichè in modo simile l’iperglucagonemia contribuisce all’iperglicemia dei pazienti, questo effetto inibitorio del GLP-1 potrebbe essere importante dal punto di vista clinico tanto quanto gli effetti insulinotropici (29).
Infatti, nei pazienti con diabete di tipo 1 e completa mancanza
dell’attività delle cellule (C-peptide negativi), il GLP-1 è ancora capace
di abbassare le concentrazioni di glucosio plasmatiche a digiuno,
pag. 26 presumibilmente come conseguenza della potente capacità del GLP-1 di abbassare le concentrazioni plasmatiche di glucagone (30).
EFFETTI SUL TRATTO GASTRO-INTESTINALE
Altri importanti effetti del GLP-1 includono l’inibizione della secrezione e della motilità gastrointestinale. È stato notato che il GLP-1 inibisce negli uomini la secrezione acida indotta dalla gastrina, e che il GLP-1 inibisce anche la secrezione indotta dal pasto così come anche lo svuotamento gastrico e la secrezione pancreatica. Entrambi i peptidi sono mediatori dell’effetto “ileal brake”, cioè dell’inibizione endocrina delle funzioni del tratto gastrointestinale superiore stimolata dalla presenza di alimenti non assorbiti nell’ileo e mediata dall’innervazione vagale (31).
EFFETTI SUL SISTEMA NERVOSO CENTRALE
Studi recenti hanno indicato un effetto del GLP-1 sull’appetito e
sull’assunzione di cibo e studi successivi più dettagliati hanno
confermato questi effetti dopo la somministrazione
intracerebroventricolare di basse dosi del peptide. I neuroni del
tronco cerebrale che producono il proglucagone possono
rappresentare un collegamento in un sistema in cui gli stimoli
enterocettivi, ma forse anche l’ingestione alimentare, trasmettono
segnali di sazietà al cervello. È stato dimostrato infatti che i
pag. 27 recettori del GLP-1 sono espressi anche in molte regioni del cervello ed in particolare nel nucleo arcuato ed in altre regioni dell’ipotalamo coinvolte nella regolazione dell’assunzione del cibo e come detto precedentemente, la processazione del proglucagone, che avviene anche nei neuroni del tronco cerebrale, porta alla formazione del GLP-1, del GLP-2 e dell’oxintomodulina, tutti ormoni implicati nell’inibizione dell’assunzione del cibo dopo somministrazione intracerebroventricolare (32).
Parecchi studi hanno mostrato che le infusioni del GLP-1 significativamente ed in modo dose dipendente aumentano la sazietà e riducono l’assunzione di cibo nei soggetti normali (33). Questo effetto sulla sazietà e sull’introito di cibo è tra l’altro conservato nei soggetti obesi così come nei soggetti obesi con DMT2. Questo conferma la possibilità che il GLP-1 non sia soltanto un regolatore fisiologico dell’assunzione di cibo ma anche un possibile agente terapeutico.
Studi clinici recenti hanno mostrato che le iniezioni sottocutanee di un agonista recettoriale stabile del GLP-1, somministrato due volte al giorno per parecchi anni ai pazienti con diabete di tipo 2 sono associati con una perdita di peso graduale e lineare senza segni di alterata efficacia nel tempo (34).
Il meccanismo attraverso cui il GLP-1 somministrato perifericamente
inibisca l’assunzione del cibo non è chiaro. Sono state avanzate
pag. 28 diverse ipotesi, tutte non ancora confermate; si assume tuttavia che il GLP-1 somministrato perifericamente sia in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e quindi di interagire con i suoi recettori presenti in diverse aree cerebrali, come il nucleo arcuato, implicate nella regolazione dell’assunzione del cibo (35).
EFFETTI PERIFERICI
È stato anche compreso che gli agonisti del GLP-1 migliorano la capacità di apprendimento e la memoria e promuovono la sopravvivenza neuronale nei modelli sperimentali di neurotossicità (36).
Inoltre il GLP-1 migliora la contrattilità cardiaca e si è rivelato un agente citoprotettivo ottimale per i cardiomiociti vulnerabili dopo infarto del miocardio in studi preclinici, riducendo anche le dimensioni dell’area infartuale e la disfunzione del ventricolo sinistro (37).
È noto che il GLP-1 non influenza l’insulino sensibilità periferica (in condizioni di clamp euglicemico), sia in soggetti non diabetici (38) che diabetici (39).
Alcuni studi condotti sull’animale suggeriscono che il GLP-1 può inibire
la produzione epatica di glucosio indipendentemente dagli ormoni
insulari, non vi sono tuttavia evidenze sull’uomo (40).
pag. 29 EXENATIDE
Per ovviare alla rapida degradazione del GLP-1 ad opera dell’enzima DPP4 sono stati messi a punto numerosi farmaci incretino-mimetici che attualmente sono in corso di valutazione ma Exenatide è l’unico attualmente disponibile.
Exenatide, nome commerciale Byetta®, è una molecola di sintesi sostanzialmente simile a exendin-4, un peptide isolato dalla saliva del Gila Monster (Heloderma suspectum), una lucertola velenosa del sud dell’Arizona (41).
Gila Monster (Heloderma suspectum)
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Struttura molecolare dell’exenatide