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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI

Dall’analisi precedentemente condotta, sia nei confronti degli authority systems in generale che degli authority record a confronto, è possibile evincere che i tre repertori sono stati pensati e mirano a scopi differenti. E’

possibile capire quanto e se questi scopi si avvicinino o si discostino dagli obiettivi di un authority file?

L’authority file deve in primo luogo garantire l’uniformità dei punti di accesso nel catalogo in modo da assicurare l’esaustività in fase di ricerca.

Questa definizione sembra primariamente rivolgersi alla coerenza interna di uno specifico catalogo e quindi riguardare essenzialmente la pratica catalografica. Tuttavia, lo sviluppo delle telcomunicazioni, la conseguente delocalizzazione e disomogeneità dell’utenza, la costante aspirazione alla condivisione di risorse informative che da sempre sottendono al lavoro bibliotecario e si incarnano nell’ottica UBC, vengono condensate nelle linee guida GARR che allargano la funzione delle registrazioni d’autorità alla creazione di un reticolo internazionale e multilinguistico che supporti l’utente/ricercatore nelle interrogazioni. Ciò significa che un simile reticolo, rivolto ad un’utenza differenziata, dovrà per forza di cose essere supportato da varie informazioni e delucidazioni per risultare intelleggibile.

BnF sembra essere l’archivio più attento a questa serie di problematiche.

Per quanto riguarda le qualificazioni relative ai dati biografici e alle note

informative, si spinge molto nel dettaglio indipendentemente dalla

necessità di disabiguare: oltre ad inserire regolarmente gli anni relativi alle

date anagrafiche nelle intestazioni, le definisce più dettagliatamente -

qualora in possesso dei dati - con giorno, mese, anno e relativi luoghi, nel

campo note; è inoltre l’unico repertorio che rende visibili le nazionalità

delle entità, l’eventuale indicazione di genere sessuale, il tipo di

responsabilità che le autorità esercitano nei confronti delle registrazioni

bibliografiche presenti in opac, le lingue utilizzate nella redazione delle

opere; tutte queste informazioni sono rigidamente strutturate essendo

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inserite in fase di registrazione in appositi e distinti campi identificanti. BnF sembra così trascendere la mera funzione “normalizzatrice” spettante all’authority file, proponendosi come un vero e proprio repertorio bio- bibliografico, tramite più dettagliate e – soprattutto - strutturate informazioni storico-biografiche sulle entità. Le forme varianti inoltre sono scelte considerando la probabilità dell’accesso e trascurando quelle meno ricercabili o la cui occorrenza si verifichi soltanto in una pubblicazione posseduta, per questo BnF lavora essenzialmente sui repertori generali classici; i rinvii sono inoltre “illustrati” da una vedetta che specifica sempre le relazioni tra le forme varianti e l’intestazione autorizzata.

Va sottolineato l’interessante tentativo di redarre la forme savante à valeur internationale : come risultato della congiunzione delle diverse forme redatte secondo le relative regole nazionali

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si inserisce ancora in una logica GARR e solo da questo punto di vista si preoccupa di un accesso eterografico (v. intestazioni in alfabeto greco per autori greci). Sebbene la strutturazione delle eventuali intestazioni “parallele” apra una prospettiva di effettiva condivisione delle registrazioni, attualmente non esistono collegamenti attivi tra le stesse, pur avvenendo in campi Unimarc adibiti proprio a questo scopo (i campi del blocco 7xx indicano rinvii ad altri record in cui l’intestazione indicata – parallela alla 2xx o in scrittura differente - è quella autorizzata).

BnF dimostra di muoversi anche nella direzione di una futura applicazione di FRBR inserendo, anche se ancora in maniera non sistematica, rinvii reciproci tra autore e titolo convenzionale dell’opera.

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Pino Buizza, Il controllo del punto di accesso alla registrazione per autore e titolo:

riflessioni sul comportamento delle principali agenzie bibliografiche nazionali a

quarant’anni dai Principi di Parigi, in ICCU, Catalogazione e controllo di autorità. Giornate

di studio. Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 21 e 22 novembre 2002.

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La situazione di SBN è più vaga trattandosi di un archivio ancora acerbo

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: i dati sono registrati in formato Unimarc ma non è possibile visualizzarne i campi e spesso ci si scontra con un’eccessiva essenzialità delle informazioni anche nel caso di autori di sua pertinenza: per esempio le date anagrafiche, qualora non siano necessaria parte dell’intestazione come in caso di omonimia, sono registrate solo nel campo “datazione” che è l’unico distinto dalla generica nota informativa discorsiva dove vengono annotati i luoghi anagrafici e le attività; la cittadinanza delle entità è inserita e visibile solo da gestionale.

I rinvii creati sono spesso un pò meno del necessario, sicuramente inferiori a quelli degli altri due repertori; la loro scelta è relativa a varianti linguistiche o morfologiche senza che vedette o campi codificati le qualifichino o ne specifichino le relazioni; i rinvii reciproci sono limitati a casi rarissimi (negli esempi considerati compare solo nel caso di cambio nome nell’ente permanente). Le fonti utilizzate oscillano da repertori di tipo classico e con tradizione consolidata inseriti nell’Archivio bibliografico delle fonti redatto a cura dell’ICCU ad altre risorse online spesso non sufficientemente qualificate o stabili. SBN inoltre cita quasi sempre, insieme alla BNI (dato che tratta di autori italiani), l’opac di BnF e LoC

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; la cosa non è vicendevole, nemmeno quando si tratti di autori italiani per cui la citazione della Bibliografia Nazionale Italiana o dell’authority nazionale sarebbe opportuna rendendo abbastanza esplicita la gerarchia

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La costruzione dell’archivio riflette d’altra parte il percorso della storia politica e bibliotecaria del nostro paese che da un lato ha visto costituirsi una propria unità territoriale solo di recente e dall’altro non ha ancora risolto il policentrismo dovuto a questo pregresso - emblematica è la duplicità delle nostre due Biblioteche Nazionali Centrali di Firenze e Roma. Fortemente discontinua è inoltre la pratica del deposito legale e di conseguenza l’esaustività della bibliografia nazionale corrente e dei relativi accessi redatti da parte dell’agenzia bibliografica adibita (BNCF). D’altra parte la pratica italiana dell’authority file è estremamente recente e in questo lavoro si trova a confronto da un lato, con la BnF - istituzione nazionale di un paese unitario da secoli – e dall’altro con la LoC, istituto di una delle maggiori potenze del mondo che peraltro ha sempre avuto una visione “pubblica” della diritto all’informazione.

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La citazione di cataloghi collettivi più che di veri e propri repertori bibliografici, riflette

il nuovo ruolo anche “repertoriale” che le grandi banche dati catalografiche vengono a

svolgere nell’ottica della condivisione delle registrazioni.

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tra questi tre authorities. La cosa è abbastanza normale da parte di LoC che ignora i cataloghi nazionali di riferimento anche per autori di rilievo, più anomalo da parte di BnF anche se spesso le schede di autorità di SBN sono state redatte posteriormente rispetto alle altre.

La creazione di un reticolo per collegare intestazioni parallele parimenti autorizzate, l’introduzione di scritture non latine, l’applicazione dell’universo FRBR sembrano al momento questioni un pò premature per SBN in quanto ancora occupato nella costruzione di una base esaustiva di schede d’autorità. Tuttavia tali problematiche andranno al più presto affrontate per dotare questo strumento di una precisa identità: nell’attuale situazione spuria in cui si trova infatti non risulta utile nè in sede di catalogazione per l’eccessiva scarnezza delle schede - e la “concorrenza”

di uno strumento ben più sofisticato da gestionale (vi sono visibili più record – anche quelli a livello di controllo molto inferiore - e più dati per ogni record) - nè, paradossalmente per lo stesso motivo, per l’utenza.

Il repertorio Loc è quello che si configura come maggiormente autoreferenziale: le note informative sono inesistenti o ridottissime e in nessun modo strutturate (vale per tutte il campo marc 678); le dazioni o fanno parte dell’intestazione - e in caso di omonimia la specificazione si spinge fino a definire mese e giorno di nascita - oppure sono riportate nelle note storico-biografiche a loro volta ricavate dalle fonti segnalate nella scheda; spesso addirittura, l’informazione anzichè esplicitata nel campo 678 va desunta dal campo 670 $b. La nazionalità non viene indicata. Le forme varianti presenti sono ricavate dalle singole pubblicazioni registrate nell’opac bibliografico senza una vedetta che le qualifichi o che risulti di qualche utilità orientativa per l’utenza persino in caso di forme in scritture non latine. Questa sistematica “disattenzione”

relativa alle indicazioni geografiche, alla cittadinanza, alle lingue di

scrittura rivela come l’authority filr LoC sia pensato non come strumento di

identificazione delle entità produttrici e dei loro rapporti con le opere,

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bensì quale un archivio – pur sia annotato - ad uso interno per l’assegnazione di intestazioni uniformi ai record bibliografici. Questa impostazione è desumibile anche dai record multigrafici - dichiaranti l’esistenza di questo neonato “machine-derived non-Latin script reference project”, partito il 13 luglio 2008 e tuttora in fieri anche nella definizione di linee guida: le varianti nei record LoC non sono contraddistinte da vedette che ne aiutino la contestualizzazione e non sono strutturate strettamente in campi che ne indichino lingue, alfabeti o codici di relazioni; non vengono inoltre create intestazioni parallele correlate (cosa d’altra parte non consentita dal formato Marc) nè rinvii reciproci tra le forme. La scelta dei rinvii oltretutto, piuttosto che su intestazioni autorizzate secondo altre regole di catalogazione o sulla verifica nei repertori, si basa sulle varianti concettuali (scelta dell’intestazione), formali (scelta della forma dell’intestazione) o grafiche (scrittura della forma dell’intestazione) presenti nelle singole pubblicazioni senza discrimine tra quelle molto o meno utilizzate anche a livello repertoriale. Gli strumenti repertoriali tradizionali compaiono infatti tra le fonti solo in alcuni casi relativi agli autori classici. Un pericolo concreto è quindi che un’incontrollata sovrabbondanza di dati non strutturati nè contestualizzabili si trasformi in una babele d’intestazioni.

L’applicazione di un modello a grappolo (di ascendenza FRBR) anche per gli authority record sia nel rapporto tra intestazioni autoriali che tra autore e opera potrebbe forse scongiurare tale scenario ma questa prospettiva pare essere totalmente estranea alla concezione e agli obiettivi LoC che si concentra invece su un orizzonte geograficamente (area anglofona) e

“tecnicamente” (mirata all’uso catalografico) del tutto interno.

Anche la questione del collegamento stabile tra autore e opera e

l’applicazione nei record name/title va sottoposta a profonda riflessione in

un’ottica di interscambio che rimane comunque difficilmente realizzabile in

quanto basata sul formato Unimarc/a nettamente più strutturato e

dettagliato rispetto all’uso attuale di Marc 21 adottato da LoC.

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