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Academic year: 2022

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Maria Franca Tricarico Prem essa

« Ciò che mi preoccupa continuamente è la questione di che cosa sia veramente per noi, oggi, il Cristianesimo. È passato il tempo in cui questo lo si poteva dire agli uomini tramite le parole - siano esse parole teologiche oppure pie -. Che cosa significano una Chiesa, una comunità, una predicazione, una liturgia, una vita cristiana in un mondo non-religioso ? ». Era questo l ’interrogativo che si poneva Dietrich Bonhoeffer nella lettera scritta dal carcere di Tegel a Eberhard Bethge il 30 aprile 1944.

La risposta a tale interrogativo in u n ’epoca in cui l ’uomo è sempre più sganciato dal riferimento al Trascendente ci viene dal Papa Paolo VI quando diceva che quest’uomo ha bisogno più di testimoni che di maestri. E più recentemente il Papa Giovanni Paolo II, nell’udienza generale del 14 aprile 2000 ha detto che

« testimoniare Dio Padre è la risposta cristiana all’ateismo ».

Le parole dei due Pontefici sono un programma pastorale, u n ’esortazione a prestare attenzione alle sfide dell’oggi scristianizzato e allo stesso tempo anche alle origini del Cristianesimo, per ricevere da quelle origini la luce per u n ’efficace comunicazione della fede. A questo riguardo, nel trattato Contro le eresie, S. Ireneo scriveva che Dio voleva educare il popolo a perseverare nel suo servizio richiamandolo per mezzo delle cose secondarie alle primarie, con le figure alle verità, con le cose temporali alle eterne, con quelle carnali alle spirituali e con quelle terrene alle celesti.

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In passato tutte le cose del mondo, tutti gli eventi erano intesi come simboli della presenza, dell’azione di Dio, oggi a tutte queste cose, a tutti questi eventi si attribuisce unicamente un significato pragmatico.

Eppure l ’uomo contemporaneo sente profondamente, seppure non sempre consapevolmente, il bisogno di restaurare la capacità simbolica di percepire il mondo attorno a sé e di trovare in esso la strada per comprendere l ’Incomprensibile.

Come dare una risposta a questa esigenza ? Come annunciare Cristo agli uomini del nostro tempo, abituati alla cultura mediatica i cui messaggi sono veicolati da segni-simboli che propongono modelli di (pseudo)-amore, felicità, libertà, benessere per uscire dai problemi della vita quotidiana ?

1. L a cen tralità della n arrazio n e

Nella nostra epoca mediatica, la comunicazione della fede dovrà attuarsi come processo di trasformazione delle attività pragmatiche e dei simboli culturali in simboli del Regno. Il primo e paradigmatico comunicatore della fede in questi termini è lo stesso Gesù.

Con le sue parabole egli fa leva su concrete situazioni esistenziali che carica di significato simbolico. Si tratta sempre di situazioni di vita che sono importanti per i suoi interlocutori e che possono diventare per loro simboli del Regno dell’amore.

Il suo dire è narrazione di situazioni esistenziali che danno una risposta, una soluzione a bisogni concreti come ad esempio nel caso della Samaritana. La donna sente forte il bisogno di liberarsi dalla schiavitù di portare l’acqua e le parole di Gesù, a poco a poco,

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le svelano come proprio l ’acqua - l’acqua della vita - la può liberare (cf. Gv 4 )1.

Così l ’annuncio di Gesù, che è un narrare pieno di immagini da interpretare, anticipa quanto oggi sostengono gli antropologi culturali e cioè che i valori vengono trasmessi da una generazione ad u n ’altra attraverso il racconto di storie, e di storie che

« gratificano » i bisogni esistenziali più profondi.

In definitiva, la forma privilegiata della comunicazione della fede è oggi, come fin dalle origini, il racconto di storie dove fatti e personaggi sono segni-simbolo di eventi di salvezza. Gesù stesso ordina di narrare : « T o m a a casa tua e racconta quello che Dio ti ha fatto » dice all’uomo liberato dai demoni {Le 8, 39).

I media come possono contribuire a narrare la storia della salvezza ? Come possono essere mediazione di trascendenza ? Possono costituire un locus theologicus, un documento cioè in cui trovare riflessi del Trascendente ?

Facciamo innanzi tutto alcune considerazioni che ci vengono dagli studi sulla comunicazione mediatica.

I testi mediatici, nella forma di narrazioni, accompagnano senza sosta il nostro quotidiano. Il loro narrare è una trascrizione simbolica della realtà che ci circonda, è una rappresentazione della realtà che chiama in causa un processo riproduttivo e insieme trasfigurativo/interpretativo2.

In altri termini, i media sono il centrai story teller system del nostro tempo . Le loro storie suscitano varie forme

1 Al riguardo sono interessanti le considerazioni di W HITE R., La comunicazione pastorale, in STENICO T. (a cura di), Era mediatica e nuova evangelizzazione, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2001, 172.

2 C f CASETTI F. - VILLA F. (a cura di), La storia comune. Per uno sguardo sui generi televisivi,Torino, Nuova ERI 1992 9-19; 23-29.

3 C f SILVERSTONE R., The Message o f Television. Myth and Narrative in Contemporary Culture, London, Heinemann 1981.

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dell’immaginario, talvolta al massimo grado inverosimile, ma allo stesso tempo molto aderenti al quotidiano. Le fabulae mediatiche, cioè, costruiscono, perfezionandone e disegnandone i contorni, un doppio del nostro mondo, ad esso parallelo.

I racconti mediatici, inoltre, vengono fruiti secondo un calendario di appuntamenti che trasmettono l ’impressione di partecipare a un rito, di celebrare in qualche modo qualcosa.

Questi racconti si connotano proprio come quei riti di confine descritti dagli antropologi, riti che mettono in contatto lo spazio dell’immaginazione con lo spazio della realtà ; sono una sorta di varco che ci permette l’ingresso in un mondo altro, dalla forte carica simbolica ; sono riti che si sporgono sul possibile della nostra esistenza4.

La funzione più importante della narrazione mediatica è dunque quella di trascrivere simbolicamente il reale. In questo modo essa fornisce delle istruzioni per interpretare gli eventi. Pertanto le storie mediatiche sono sì rappresentazioni della nostra realtà, ma anche chiavi di lettura per decifrarla. Sono una costante ermeneutica del sociale, impongono e propongono dei modelli, che possono diventare per noi una risorsa di cambiamento. L ’importante sta nel capire quali siano questi modelli5.

2. Le suggestioni degli studi della com unicazione m ediatica Rispetto alla cultura - come sostiene Denis McQuail6 - i media sono « u n a fonte importante di definizioni e immagini della realtà sociale e l ’espressione più diffusa di un ’identità comune ; sono il

4 C f CAZENEUVE J., Lespoavoirs de la télévision, Gallimard, Paris, 1976.

5 C f BUONANNO M., Il Reale è immaginario. La fiction italiana. L ’Italia nella fiction, Torino, Nuova ERI, 1991.

6 M cQUAIL D., Sociologia dei Media, Bologna, Il Mulino 2001, 23

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principale mezzo di intrattenimento e di svago che fornisce più di ogni altra istituzione, l ’“ambiente culturale” condiviso per la maggior parte delle persone »7.

Gli studi che si collocano nel panorama della ricerca sugli effetti dei media, inoltre, hanno fatto emergere che l’efficacia dei testi mediatici è connessa alla gratificazione dei bisogni dell’audience (teoria degli uses and gratifications). E già le parole di Gesù - come si è visto nel caso della Samaritana - sono un soddisfacimento dei bisogni.

Gli studi mediatici hanno pure evidenziato che l ’influenza dei media è legata al valore che l’audience attribuisce a determinate tematiche e al quadro interpretativo attraverso cui queste tematiche vengono recepite. Si tratta di un impatto cognitivo per cui i testi mediatici interagiscono con gli schemi mentali degli individui soprattutto dal punto di vista della selezione e dell’attivazione di comici di senso veicolate implicitamente dagli stessi testi mediatici (teoria dell 'agenda setting).

Anche fermandoci solo a queste due teorie - quella degli uses and gratifications e quella dell 'agenda setting - è lecito sostenere che i testi mediatici possono svolgere oggi un m olo importante nella trasmissione della fede secondo quella che era la metodologia comunicativa di Gesù, ossia il narrare.

La narrazione, quindi, come metodo e come contenuto8.

L ’uomo contemporaneo, infatti, come quello biblico ha bisogno di essere avvicinato mediante una modalità di annuncio che passi non solo e non tanto attraverso l ’argomentazione, quanto piuttosto attraverso la narrazione di eventi interpellanti e coinvolgenti che lo sollecitano a prendere coscienza e a riflettere sul proprio vissuto o

7 C f MAZZARELLO M. L. - PERON A., La narrazione in catechesi nell'ultim o ventennio, in Rivista di Scienze dell’Educazione 31 (1993) 2, 241-284.

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su quello di altri - i testimoni ; ha bisogno di eventi che diano risposte alle domande fondamentali - qual è il senso della vita, quale la ragione dell’esistenza umana, quali i compiti dell’uomo, ecc - e che lo sollecitino alla ricerca, alla con-versione.

In definitiva, i media possono evangelizzare proponendo situazioni esistenziali - le nuove parabole - che assumono valore di simbolo.

Nel simbolo - nella narrazione simbolica - si sperimenta più significato di quanto possa esprimerlo l ’argomentazione ; il simbolo suscita impulsi di pensiero e di vita, provoca, dischiude orizzonti imprevisti. La narrazione, infatti, suscita quell’interesse che soggiace a ogni forma di conoscenza.

Così nelle narrazioni di vita, nella loro eccedenza di significato, si può scoprire il valore di ciò che è evocativo. Ed è appunto la dialettica tra la visibile concretezza e l’invisibile profondità che si fa mediazione di trascendenza possibile, appunto, nel linguaggio simbolico.

Al riguardo delle narrazioni di vita nella loro forza evocatrice è interessante il libro pubblicato nel 1995 dal giornalista vaticanista del quotidiano il Corriere della Sera Luigi Accattoli, Cerco fatti di Vangelo dove è forte la forza testimoniale della vita quotidiana di cristiani comuni.

Come pure è interessante il libro Storie eretiche di cittadini perbene pubblicato nel 1999 da Nando Dalla Chiesa, un docente universitario di sociologia impegnato pure in politica. In questo libro vengono presentate sei storie di cittadini impegnati nel civile, portatori di valori e principi in cui tanti possono riconoscersi, e pur tuttavia cittadini « diversi », « eretici » per dignità civile, per l’attaccamento alle proprie convinzioni morali, al senso coerente della propria dignità

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In definitiva, le storie riportate nei due libri testimoniano un nuovo tipo di presenza nelle zone sismiche della storia per lasciare intravedere la luce della risurrezione.

Già in Cicerone, in Seneca, in Quintiliano si trova religiosus con il significato di leale, veridico, e testis religiosissimus come testimone coscienzioso, leale, veridico, attendibile. E per l ’uomo di oggi sono proprio le azioni dell’uomo che possono rendere visibile Cristo.

Così anche gli eventi, le azioni umane raccontate dai media diventano per così dire una « storia degli effetti » che svelano per via analogica quelli che sono o che non sono i comportamenti tipici dei cristiani, e questi comportamenti, anche se per viam negatìonìs, possono diventare l ’occasione per individuare valori e/o disvalori in conformità alla dignità umana e sociale dei singoli e dei popoli, come pure l ’occasione della ricerca di Dio.

La « via negativa », infatti, ha un valore dialettico e non si risolve in un principio agnostico, al contrario, può essere fortemente interpellante9.

Evidentemente, il racconto mediatico non salva, né fa aumentare la fede. Solo l ’Evento salva. Il racconto lo può rendere un p o ’ più trasparente. E questo è possibile proprio perché ogni realtà terrena porta in sé un doppio significato che sollecita a discoprire qualcosa di nascosto ; è quel « quel doppio significato che Gesù stesso trovava nei fiori del capo, negli uccelli dell’aria, nel fanciullo tra la folla. Niente è solo se stesso » 10.

9 «Convenientissimus modus significandi divina fit per negationem» (S.

TOM M ASO d ’AQUINO, In I Sent. 34, 3, 2).

10 BROOKS P., La comunicazione della fede nell’era dei m edia elettronici, Leumann (TO), Elle Di Ci 1987, 77.

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3. Quali racconti mediatici per dire il Trascendente ?

Nella scelta dei racconti mediatici occorre prestare alcune attenzioni.

La tipologia testuale dei racconti mediatici efficace per veicolare contenuti di fede sono i così detti « testi aperti », ossia racconti fortemente connotativi che fanno appello all’immaginazione, alla logica delle associazioni11. Si tratta di testi che ripropongono in forma indiretta la « vicenda di Gesù », e che niente hanno a che vedere con quei prodotti che del fatto religioso colgono esclusivamente gli aspetti straordinari, miracolistici, spettacolari che non fanno nessuna presa sull’uomo contemporaneo.

Tra i generi mediatici più diffusi sono particolarmente adatti il docu-drama, il dramma, il genere comico, la biografia.

- Il docu-drama è un testo (documentary dramà) che si ispira a fatti realmente accaduti. Si registrano tre forme di docu-drama :

- il docu-drama puro : si tratta della presentazione di un dramma umano ripreso dal vivo, nel momento stesso in cui accade ;

- il docu-drama che è una fiction parziale : le persone che hanno vissuto un dramma nella realtà della vita, lo interpretano e lo rappresentano (ad esempio i reality shows televisivi) ;

- il docu-drama che è totalmente una fiction (fictionalized account) : è la ricreazione di un dramma in forma narrativa dove i personaggi reali sono sostituiti da attori.

- Il dramma è un testo che presenta le vicende pubbliche e/o private di un personaggio « inventato » dall'immaginazione {fiction), ad esempio : la novella, il romanzo, il fumetto, il film a soggetto, lo sceneggiato televisivo, ecc. Nel dramma l'uomo è visto

11 C f FISKE J., Teìevisìon Culture, London-New York, Routledge 1991, 94- 95.

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attraverso il prisma psicologico, sociale, etico, religioso che lascia emergere passioni, colpe, virtù, la gioia, l'angoscia, il bene, il male.

Il genere comico è un testo il cui contenuto tende a cambiare lo spettatore, lo induce a ridere di molte cose che si è abituati a ritenere serie ; induce a ridere di se stessi insegnando ad « andare oltre », a crescere, a liberarsi.

Il genere comico è giocato

- sull’accentuazione dei caratteri peculiari di un personaggio ridicolizzandoli (caratterizzazione) ;

- sulla presentazione di personaggi « normali » collocandoli in una situazione ridicola, oppure sulla presentazione di personaggi

« ridicoli » collocandoli in una situazione normale ;

- sulla presentazione della realtà (ambiente, modo di vivere, concezioni, ecc.) mettendone in risalto alcuni aspetti in modo arguto, spiritoso.

- La biografìa è il racconto della storia di un personaggio reale più o meno noto (life story), oppure la storia di un personaggio creato (fictional persorì).

Nella scelta di queste « nuove parabole »

- si proporranno testi che riflettono un realismo intenso, un realismo che mette a confronto con ima realtà narrata in cui vi è di più di ciò che appare e che pertanto si trasforma in « immagine di mistero » perché suscita domande « importanti » ;

- si eviteranno testi portatori di messaggi spiritualistici lontani dalla mentalità odierna e proposti in modo sommario, meramente contenutistico che finiscono per diventare moraleggianti e privi di vera forza evocativa12. Al contrario, testi con un ’apparente assenza di contenuti di fede tematizzati, ma che hanno forza evocativa

12 C f SBARDELLA A. (a cura di), Cinema e spiritualità, Roma, SEM AR 2000, VII.

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grazie agli eventi di personaggi-testimoni efficacemente narrati, possono essere in grado di aprire al Trascendente ;

- si eviteranno quei testi che in nome del divertissement provocano lo stordimento delle coscienze e non suscitano nessun interrogativo di senso ;

- si terrà presente che i testi mediatici per la trasmissione della fede devono andare oltre la bellezza puramente formale tipica di tanto cinema d ’intrattenimento hollywoodiano che Americo Sbardella definisce come utile solo alla « giocondità della vita inutile » .I ^

Il più delle volte, infatti, i testi mediatici si presentano come prodotti esteticamente belli, ma in realtà sono brutti perché frivoli.

Karl Rosenkranz nella sua opera Estetica del brutto (scritta nel 1853 e che è la prima e più importante opera sul tema dell’estetica che caratterizza le definizioni dell’arte moderna) dice che il brutto non è ciò che in natura ripugna, ma è l’egoismo che si manifesta in gesti frivoli e perfidi, nella passione, nello sguardo torvo, nel crimine.

Ecco allora che certi testi mediatici hanno una bruttezza che in qualche modo è difficile rilevare perché in apparenza sono belli, ma in realtà sono brutti perché frivoli, mentre la bellezza ha profondità, non ha riserve culturali o ermetismi di linguaggio : parla in tennini di estrema chiarezza per cui si lascia capire da chiunque e commuove chiunque, così come si lasciavano capire e com-muovevano i racconti di Gesù.

Nei testi mediatici per la trasmissione della fede, dunque, si dovrebbe fare riferimento a una « forma » che, in u n ’unica sintesi, comprenda in sé anche il « contenuto ».

13 C f ivi XI.

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Al riguardo, il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar dice che

« il contenuto non giace dietro la forma ma in essa. Chi non riesce a vedere e a « leggere » la forma non può cogliere nemmeno il contenuto. A colui al quale la forma non dà luce, rimarrà invisibile anche la luce del contenuto » 14.

E in ultima battuta, prendendo a prestito le parole di Derrick De Kerckhove, il massmediologo di Toronto, discepolo di Marshall McLuhan, un riferimento alla scrittura elettronica come possibilità di auto-rivelazione, di narrazione del sé in ricerca. La posta elettronica - dice il De Kerckhove - è uno straordinario sistema di rivelazione della persona, fa venire a galla ciò che sta dentro di noi, suscita il bisogno di « raccontarsi », di confrontarsi, di entrare in contatto per colmare vuoti, per penetrare di più ciò che ci circonda.

E nell’età di Internet - dice ancora il De Kerckhove - tutte queste attività volte alla comprensione diventano attività spirituale15.

In definitiva, i comunicatori cristiani devono poter essere sempre più in grado di riorientare il narrare mediatico perché questa narrazione non risulti vanificante e vuota di significato, ma interpelli la coscienza individuale, quel microcosmo che è teatro della lotta perenne tra le forze del male contro quelle del bene.

14 Von BALTHASAR H. U., Gloria. U n’estetica teologica I, Milano, Jaca Book 1965, 137.

15 C f Intervista a Derrick De Kerckhove “Quando il Vangelo diventa connettivo”, in Avvenire (9 marzo 2000).

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