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Valutazione strategica e dinamiche del vantaggio competitivo nel settore ferroviario dell'alta velocità: Caso NTV S.p.A.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

STRATEGIA MANAGEMENT & CONTROLLO

TESI DI LAUREA

Valutazione strategica e dinamiche del

vantaggio competitivo nel settore dell'alta

velocità: il Caso

NTV S.p.A.

Relatore:

Chiar.mo Prof. Corvino Antonio

Candidato:

Fontana Mattia

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Sommario

Capitolo 1. Le strategie competitive di base ... 5

1.1 La strategia aziendale: cenni teorici ... 5

1.2 Il modello della Formula Imprenditoriale ... 11

1.3 Valutazione dell’ambiente esterno dell’impresa ... 17

1.3.1 L’analisi SWOT ... 21

1.4 Le cinque strategie competitive di base ... 25

1.4.1 Strategia di leadership di costo ... 27

1.4.2 Strategia di differenziazione ... 29

1.4.3 Strategia del valore dell’offerta ... 31

1.4.4 Strategia di focalizzazione (o di nicchia) ... 32

1.5 Le dinamiche del vantaggio competitivo ... 34

Capitolo 2. Il settore dell’alta velocità ... 44

2.1 Criticità del mercato del trasporto ferroviario ... 44

2.2 L’evoluzione del settore: Liberalizzazione e regolamentazione ... 48

2.2.1 Il recepimento della normativa in Italia ... 57

2.3 Analisi comparata dei sistemi di trasporto passeggeri ... 62

2.4 Traffico ferroviario viaggiatori segmento Alta Velocità ... 66

2.5 Il sistema competitivo: la dinamica del settore e le forze competitive ... 72

Capitolo 3. Una lettura comparata della strategie competitive di NTV e Trenitalia ... 82

3.1 Una breve presentazione delle società ... 82

3.2 Una lettura comparata delle strategie competitive ... 83

3.2.1 La strategia competitiva di NTV S.p.A. ... 83

3.2.2 La strategia competitiva di Trenitalia S.p.A. ... 85

3.3 Le strategie di attacco e di difesa ... 86

3.4 La valutazione della coerenza strategica ... 102

3.5 Conclusioni ... 109

Bibliografia: ... 111

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Introduzione:

A partire dagli anni ’90, in Europa, il settore del trasporto ferroviario, tradizionalmente caratterizzato da assetti monopolistici e da una forte presenza dell’operatore pubblico, è stato interessato da un processo di liberalizzazione e privatizzazione volto a introdurre elementi di concorrenza. L'apertura del mercato del trasporto “su rotaia” costituisce per i paesi membri dell’ Unione Europea (UE) un obiettivo politico-amministrativo importante. A seguito di tale processo di liberalizzazione, il segmento del trasporto dell’alta velocità (AV) italiano ha evidenziato, tra i primi casi in Europa, l’ingresso di un competitor privato.

A tal proposito, nel presente lavoro si intende analizzare le scelte strategiche che hanno compiuto i due player nazionali: Trenitalia (Incumbent) e Nuovo Trasporto Viaggiatori (il new comer).

Il primo capitolo è incentrato su una rassegna della letteratura nazionale e internazionale dei principali strumenti di analisi strategica come, ad esempio, la SWOT analysis, la formula imprenditoriale e il modello delle cinque forze formulato da Porter.

Nel secondo capitolo si sofferma l’attenzione sul settore del trasporto ferroviario dell’AV, analizzando in primis le peculiarità e, successivamente, il processo di liberalizzazione nonché le normative nazionali ed europee che hanno coinvolto i diversi paesi membri dell’UE.

Nell’ultimo capitolo, è stata condotta una lettura comparata delle strategie competitive di NTV e Trenitalia, nell’intento di investigare, tramite l’approfondimento delle rispettive dinamiche competitive, non soltanto quali siano stati i principali motivi che hanno spinto il new comer ad entrare nel segmento dell’AV, ma anche quali siano stati gli effetti, sul piano economico, delle reazioni poste in essere dal leader.

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Capitolo 1. Le strategie competitive di base 1.1 La strategia aziendale: cenni teorici

La strategia, intesa come disciplina di studio, nasce nei primi anni ’50 negli USA, dove viene definito il primo concetto di “decisione strategica”, proposto da P. Drucker1

, e dove autorevoli esponenti del mondo universitario ed imprenditoriale americano si riunivano per dare avvio al primo convegno riguardante la strategia aziendale, presso la Harvard Business School. In tutti questi anni il concetto di strategia ha visto numerosi approcci, un susseguirsi di teorie e definizioni, che ancora oggi non riescono a trovare un filo conduttore, una concezione univoca che metta d’accordo tutti gli studiosi della materia. Nel 1987 H. Mintzberg raccolse diversi significati del concetto di “strategia aziendale”, ovvero quelli che venivano più utilizzati nella letteratura, parliamo in proposito delle cosiddette “Five Ps”2, rispettivamente:

 Strategia come piano (Plan)

 Strategia come modello (Pattern)

 Strategia come posizione (Position)

 Strategia come prospettiva (Perspective)

 Strategia come Manovra (Ploy)

La strategia nella prima accezione viene indicata come un “piano d’azione” elaborato dal management al fine di gestire operazioni ed attività di business, in pratica si evidenzia una linea guida da seguire per affrontare una situazione3. Più precisamente questa è una sequenza di decisioni, arricchite da vari strumenti di analisi, rese pubbliche attraverso un documento strategico che metta nero su bianco. Questa definizione di strategia ha due caratteristiche fondamentali: la strategia viene definita in anticipo rispetto alle azioni di riferimento, e viene sviluppata consciamente al fine di raggiungere un obiettivo desiderato, la sua definizione è molto meccanica, attraverso la redazione di documenti formali definiti come “Piani Strategici”. P. Drucker in proposito descrive la strategia dal punto di vista di un guerriero che durante la battagli deve adottare “un

1 Strategic planning is the continuous process of making present entrepreneurial (risk-taking) decisions

systematically and with the greatest knowledge of their futurity; organizing systematically the efforts needed to carry out these decisions; and measuring the results of these decisions against the expectations through organized, systematic feedback. Drucker P. (1973), “Management Task, Responsibilities,

Practices”, Harper & Row, New York, p. 121-122

2 Mintzberg H. (1987), “The strategy Concept I: five Ps for strategy”, California Management Review,

California, 30, n.1, p.11-21

3 Thompson A. A., Strickland III A. J., Gamble J. E. (2009), “Strategia aziendale: Formulazione ed

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pensiero analitico e definire le risorse necessarie per l’azione”, inoltre, ogni tentativo di prevedere il futuro viene considerato “sciocco” perché poco utile per le persone che cercano di cambiare e innovare il modo in cui queste lavorano e vivono4. Questo tipo di strategia è spesso attinente a diversi settori, tra cui quello militare, proprio nel campo di battaglia, la strategia riguarda “la preparazione del piano di battaglia”, sia per cercare di vincere la guerra che le singole battaglie, oltre alla definizione dei singoli compiti che dovranno essere svolti5. Possiamo ben vedere come l’accezione considerata abbia un’idea forse troppo meccanica e statica della vita aziendale, in cui la strategia viene rappresentata come il sistema articolato di decisioni, indicazioni e stratagemmi premeditati che consentono il corretto funzionamento dell’azienda, per questi motivi descrivere la strategia come piano ci sembra un po’ troppo riduttivo, si rende in proposito necessario descrivere anche il comportamento che ne deriva, il piano è la cornice che contiene la strategia, ed è per questo che si propone una definizione di strategia come modello, cioè come uno schema da seguire mediante una serie di azioni6. È importante quindi che i comportamenti tenuti per definire una certa strategia siano coerenti tra loro nel tempo, dove tale coerenza può essere anche inconsapevole, basta che sia presente. Quindi in altri termini si parla in questo caso di strategia come un modello, un disegno, consapevole o meno, che orienta le azioni7. Tuttavia risulta abbastanza evidente che anche questa definizione è un po’ riduttiva. La terza accezione individua la strategia e la definisce come posizione, intesa più precisamente, come posizionamento dell’azienda nel territorio. La strategia in questo caso rappresenta la forza mediatrice tra organizzazione e ambiente, quindi tra il contesto interno e quello esterno, ed esprime il legame fra l’impresa e il suo ambiente. Questa concezione di strategia sembra compatibile con le definizioni precedenti, dove tuttavia viene preso in considerazione anche l’ambiente esterno, che, in questo caso, sempre riprendendo il settore militare, viene visto come la zona occupata e protetta dalle truppe, che viene preselezionata attraverso un piano, e raggiunta attraverso un certo modello comportamentale8. La quarta accezione parla di strategia come una prospettiva, ovvero una percezione, quasi personale, del mondo che definisce un orientamento strategico di

4 Drucker P. (1973), “Management Task, Responsibilities, Practices”, Harper & Row, New York, p.39 ss. 5

Von Clausewitz C. (1976), “On war”, Princeton University Press, Princeton, p. 177

6 Mintzberg H. (1978), “Patterns in Strategy Formation”, Management Science, USA, Vol. 24, No. 9,

p.934

7 Invernizzi G. (2008), “Strategia Aziendale e Vantaggio Competitivo”, McGraw-Hill, Milano, p.8 8 Grant G. R. (2002), “Contemporary Strategy Analysis. Concept, techniques, applications”, Blackwell

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fondo, piuttosto che una scelta di posizionamento. Più precisamente la strategia sta nella testa e nella “visione” dei manager o dell’imprenditore, con una visione di essa rivolta al futuro. In questo caso i fattori esterni (ambiente, mercato, clienti, fornitori, ecc.) non hanno un gran peso nel guidare le azioni dell’azienda. Possiamo notare come questa definizione si rivolge soprattutto al pensiero degli “strateghi” che sono all’interno di un impresa, si parla quindi dei tratti profondamente radicati nella realtà di un’azienda, che, possiamo definire “il DNA aziendale”. Ed è proprio con questa accezione di strategia che vengono coniati termini quali, visione, missione, cultura aziendale, elementi oggi ben radicati nell’impresa9

. In fine parliamo di strategica come manovra, intesa come una manovra voluta e pensata per contrastare un concorrente e quindi per conquistare / mantenere quote di mercato. La manovra come strategia può voler dire anche solo dare a vedere per scoraggiare i concorrenti, indipendentemente dall’effettiva realizzazione di ciò che si da ad intendere. Dando una breve descrizione di questi concetti di strategia sembra chiaro che hanno un leggero filo conduttore che li lega, tuttavia sono in gran parte discordanti e disomogenei tra di loro. Ad ogni modo proseguiamo con la trattazione sulla strategia introducendo il pensiero del Professore M. Porter, che proprio a seguito di queste numerose discordanze e discrepanze nei vari concetti di strategia, decise di dare una definizione più chiara del concetto di strategia, attraverso la pubblicazione di un famosissimo articolo intitolato “What is Strategy”, a cui oggi molti studiosi e professori si rifanno nel trattare l’argomento in questione. M. Porter definisce il posizionamento come il punto cardine della strategia, posizionarsi vuole dire scegliere attività diverse da quelle dei concorrenti. Tra gli altri concetti messi in campo da Porter troviamo che:

 L’efficienza operativa non viene considerata una strategia

 Una posizione strategica sostenibile richiede dei trade-off

 Strategia significa creare coerenza fra le diverse attività10.

Ovviamente Porter non fu risparmiato da critiche consistenti, da parte di altri autorevoli studiosi della materia, che giudicavano la sua visione eccessivamente statica, rispetto a un mercato che è fortemente dinamico. In proposito D’Aveni evidenzia come i concorrenti possono replicare qualsiasi posizione di mercato, ed il vantaggio

9 Coda V. (1988), “L’orientamento strategico dell’impresa”, UTET, Milano , p.107 ss.

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competitivo è solo temporaneo11. Cerchiamo di seguito di capire meglio questi concetti, per avere un idea di cosa Porter intende con la sua concezione di strategia. Innanzi tutto viene messo in luce il fatto che l’efficacia operativa non è strategia, Porter con questa definizione vuole in primis separare il concetto di efficacia operativa dal concetto di strategia, sostenendo che la prima non è considerabile come strategia, seppur estremamente essenziale per ottenere performance superiori, secondo vuole lanciare un avvertimento verso tutte quelle aziende che sempre di più cercano di sviluppare tecniche manageriali (total quality, outsourcing ecc.) volte ad ottenere maggiore produttività, riduzione dei costi e maggiore qualità, ma che spesso non portano ad avere una redditività sostenibile nel lungo periodo. Riguardo al primo problema, come è stato accennato, l’efficacia operativa non è strategia, questa rappresenta piuttosto l’esecuzione di attività simili, meglio dei propri concorrenti, utilizzando tecniche che di per se non rappresentano competenze distintive, ma che nella maggior parte dei casi sono usate anche dagli altri competitor. Le aziende, secondo la concezione porteriana, possono superare i concorrenti solo se riescono ad imporsi con qualcosa di diverso, di unico, e percepito come tale, che quindi sia distintivo dell’azienda e che possa essere preservato nel tempo, possiamo vedere come le attività sono un elemento di base del vantaggio competitivo, tuttavia solo eseguendo attività diverse rispetto a quelle dei concorrenti, o eseguendo attività simili ma in modo differente si può parlare di comportamento strategico che permette un posizionamento vincente dell’azienda all’interno del mercato. Inoltre, come accennato, l’autore vuole lanciare un monito alle imprese che puntano solo ad una efficienza operativa, dicendo che questa può portare effettivamente a dei risultati economici soddisfacenti, ma tale situazione di “benessere” non è sostenibile nel lungo periodo, perché sempre più competitors tenderanno a fare proprie queste attività relativamente facili da imitare, arrivando a una “Convergenza competitiva”, che porta le aziende a una rincorsa reciproca verso sentieri identici, dove alla fine nessuno risulterà vincitore, in quanto le aziende saranno portate a distruggersi a vicenda con guerre di logoramento che limitano la concorrenza stessa12. Come già accennato il posizionamento viene considerato per Porter il cuore della strategia, un posizionamento vincente che permetta il superamento dei concorrenti è possibile solo se l’azienda possiede delle attività distintive, uniche, e coerenti, che permettano per

11 D'aveni R. A. (1994), “Hypercompetition: managing the dynamics of strategic maneuvering”, The Free

Press, New York, p.50

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esempio di dare maggiore valore ai propri clienti, oppure un valore comparabile a minori costi. Quindi in questo contesto viene definita la strategia come la capacità dell’impresa di creare una posizione unica e vantaggiosa per l’impresa, attraverso la serie di attività caratteristiche dell’azienda stessa, quindi se esistesse una unica posizione ideale, che permette a tutti i competitor di fare profitto, non esisterebbe strategia13. La terza accezione, che sostiene che la posizione strategica sostenibile richiede dei trade-off, potrebbe essere vista come una reazione di Porter nei confronti di tutti quegli studiosi che criticavano la sua definizione di strategia considerandola troppo statica. A tale proposito lo studioso afferma che, “seppur il posizionamento sia fondamentale per una strategia, questo non è sostenibile nel tempo se non è accompagnato da scelte di trade-off rispetto ad altre posizioni”, anche perché come già affermato, se la posizione è valida, questa attirerà aziende pronte a copiarla, ed avere dei trade-off in questo caso è fondamentale per proteggersi dagli imitatori. Quindi le scelte strategiche devono incorporare trade-off per evitare incoerenze di immagine o di reputazione, perché le attività stesse originano inevitabilmente dei trade-off, e perché, se i vertici aziendali scelgono di operare e competere in un dato modo piuttosto che in un altro, riescono ad indicare chiaramente le priorità dell’impresa, senza generare confusione nella mente dei soggetti interni ed esterni all’azienda14

. Anche in questo ambito viene aperta una critica verso i manager, che appunto, cercando di puntare sull’efficacia operativa spesso decidendo di eliminare i trade-off, ma questo porta esclusivamente alla insostenibilità del vantaggio competitivo, e quindi, a cercare di fare sforzi significativi per rimanere ancorati al solito punto facilmente attaccabile e sempre meno redditizio15. Strategia inoltre significa creare coerenza fra le attività, che vengono schematizzate in un altro importante contributo dell’autore, ovvero la cosiddetta “Catena del Valore”, che da definizione è l’insieme delle attività generatrici di valore che l’impresa realizza in un ASA, che permettono all’azienda di progettare, produrre, vendere e consegnare il proprio prodotto offrendo anche servizi di supporto16. Tornando alla trattazione precedente, è importante osservare come, l’insieme delle attività deve essere coerente, perché solo con questa coerenza l’azienda riesce a creare un valore superiore, in termini di minori costi o maggiore grado di differenziazione, in quanto il

13 Porter M. (1996), “What is Strategy?”, Harvard Business Review, Harvard, p. 64-68 14 Porter M. (1996), “What is Strategy?”, Harvard Business Review, Harvard, p. 67-70

15 Invernizzi G. (2008), “Strategia Aziendale e Vantaggio Competitivo”, McGraw-Hill, Milano, p.15 16 Porter M. (1985), “Competitive Advantage. Creating and sustaining superior performance”, The Free

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singolo valore di una attività non sarà mai comparabile al valore prodotto dalla catena di attività. Questo valore creato permette di mantenere un vantaggio sostenibile nel tempo, soprattutto perché è difficile per i competitor imitare una intera serie di attività interconnesse, dove fondamentalmente non si sa dove inizia e finisce la creazione di valore. Per le imprese risulta inoltre forviante spiegare il proprio successo in termini di punti di forza, competenze di base o risorse critiche. È presumibile che Porter con queste affermazioni critichi la visione della Resource Based View17, che vede l’azienda come un portafoglio articolato di risorse e competenze che rendono unica un impresa in quanto è unico il suo profilo di risorse e competenze. Il vantaggio competitivo di un impresa, secondo gli esponenti della RBV, dipende dalla diversa dotazione di risorse e competenze e dalla capacità di costruirle, combinarle, acquisirle e gestirle18. Quindi, rispondendo ora alla domanda, cosa è una strategia, Porter ci dice che “strategia è la creazione ed il mantenimento di un vantaggio competitivo stabile e duraturo che coinvolge diverse aree d’attività, definizione questa, tra le più valide e attualmente in circolazione”19. Riguardo agli studi strategici nel nostro paese, abbiamo numerosi esponenti di spicco, tra cui Demattè, Coda e Bertini che hanno dato un contributo alla definizione di strategia. Demattè per esempio evidenzia come la strategia sia un sistema di scelte ed azioni volte a determinare il posizionamento dell’azienda, in maniera strutturale e dinamica, rispetto a tutti i suoi interlocutori20. Possiamo notare come questa definizione presenta caratteristiche di strategia come modello, in quanto si delinea uno schema da seguire dato da un sistema di scelte e azioni rivolte verso un determinato obiettivo. In fine viene definita l’importanza del posizionamento dell’azienda nell’ambiente esterno, che si rifà appunto al filone delle strategie come posizionamento, come abbiamo già osservato in precedenza. Abbiamo capito quindi che ancora oggi non è possibile avere una definizione chiara ed esaustiva della strategia, non ostante le varie definizioni di strategia possano risultare disomogenee tra loro, è possibile comunque intravedere un leggero filo conduttore che le lega. Proseguiamo la nostra trattazione effettuando delle considerazioni sulla formula imprenditoriale, strumento che ogni

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La cosiddetta RBV è un filone di studi che ha dato nuovo impulso allo studio della costituzione e sostenibilità del vantaggio competitivo, questo approccio trova diffusione a livello accademico solo all’inizio degli anni ’90, dove i primi contributi risalgono a Penrose nel ’59 e Schumpeter nel ’34. Dizionario Treccani (2012), “Resource-based view”, in www.treccani.it

18 Grant R. M. (2001), “The Resource-Base Theory of Competitive Advantage: Implications for Strategy

Formulation”, California Management Review, California, p.114 e ss.

19 Porter M. (1996), “What is Strategy?”, Harvard Business Review, Harvard, p. 76-77

20 Demattè C. (1993), “I processi di transizione delle imprese familiari”, Mediocredito lombardo, Milano,

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manager dovrebbe sintetizzare all’interno del proprio business plan, elemento indispensabile per capire come la “business idea21”, ovvero il pensiero strategico, viene

effettivamente strutturata e se questa permette all’azienda di raggiungere un certo grado di economicità.

1.2 Il modello della Formula Imprenditoriale

Quando parliamo di strategia parliamo anche di gestione strategica, che si esplicita nel modo in cui un’azienda viene condotta, seguendo una certa strategia. La gestione strategica può essere vista come un “processo” che inizia con la definizione di una visione strategica che permette di chiarire quale sia il percorso da intraprendere e quale sia l’orientamento futuro dell’azienda in termini di prodotto, mercati, clienti e la tecnologia, ovvero tutti quegli elementi che caratterizzano l’azienda stessa. Questo si traduce nella definizione della missione aziendale. Ovviamente la missione aziendale deve essere seguita da un analisi dell’ambiente interno ed esterno all’azienda, per cercare una coerenza tra la missione e gli elementi interni ed esterni di essa. Successivamente è importante definire degli obiettivi che sono necessari all’impresa per avere dei criteri di valutazione delle performance e della crescita dell’impresa, necessari per predisporre un eventuale sviluppo futuro di essa. L’azienda dovrà quindi scegliere la strategia più idonea considerando i punti di forza e di debolezza di essa, combinate con le minacce e opportunità derivanti dal mercato. In fine si renderà operativa la strategia elaborata, analizzando successivamente le performance ed eventuali azioni correttive da apportare alla strategia stessa22. Nel governo strategico dell’impresa fondamentale è la valutazione della formula imprenditoriale, perché per avviare qualsiasi attività di gestione strategica, è importante innanzitutto valutare quale sia l’attuale impostazione imprenditoriale, giudicando se questa può considerarsi valida, ed eventualmente considerare l’idea di apportarvi delle modifiche23

. La formula imprenditoriale è quindi

21 Il concetto di Business Idea fu coniato da R. Normann, secondo il quale la B.I. è un sistema di fattori

endogeni ed esogeni in consonanza, che consente all’impresa di realizzare un processo di scambio efficiente e la dominanza nel segmento ambientale. Dove la coerenza è l’attributo fondamentale della fattibilità del progetto imprenditoriale e deve essere analizzato secondo le componenti: sistema di prodotto; segmento di mercato; risorse interne. Normann R. (2001),” Reframing Business: When the Map

Changes the Landscape“, John Wiley & Sons, New York, p.148

22 Bove A. E. (2010), “Strategic Planning: come definire, pianificare ed eseguire una strategia di

business vincente”, HOEPLI, Milano, p.52-55

23 Coda V. (1984), “La valutazione della formula imprenditoriale”, Sviluppo e Organizzazione, n. 82, p.

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considerata un importante strumento di analisi, che consente di individuare le variabili che compongono il disegno imprenditoriale, potendole leggere attraverso un quadro semplificato. Con late schema viene rappresentata la strategia in termini sia di posizionamento competitivo, che sociale, permettendo in questo modo una visione sintetica che consenta di analizzare, sia l’idea imprenditoriale, che rappresenta l’impostazione attuale dell’azienda, sia l’intento strategico, ovvero la visione del futuro. La formula imprenditoriale viene definita dal Coda come il risultato delle scelte di fondo riguardanti cinque variabili fondamentali:

I mercati, verso i quali l’azienda indirizza la propria offerta e i/il sistemi/a competitivi/o in cui questa è inserita.

I prodotti e/o i servizi offerti, comprensivi di tutti quegli elementi che caratterizzano l’offerta aziendale, ovvero: i caratteri materiali del prodotto (qualità, gamma, livello tecnologico, affidabilità, ecc.), gli elementi immateriali ad esso connessi (quali prestigio, eleganza, salute, sicurezza), il servizio collegato al prodotto (velocità e puntualità di consegna, assistenza pre e post vendita, application engeenering, ecc.), le condizioni più strettamente economiche dello scambio (prezzo, termini e modalità di pagamento, condizioni di trasporto, garanzie, assicurazioni, ecc.).

La proposta progettuale rivolta alle forze economiche e sociali coinvolte o da coinvolgere nella proposta stessa (lavoratori, manager, azionisti, creditori, collettività locale, ecc.), offrendo determinate prospettive e richiedendo determinati contributi o consensi.

Il sistema degli attori sociali verso cui tale proposta è rivolta.

La struttura che consente all’impresa di presentarsi sul mercato con quella certa offerta e agli attori sociali con quella certa proposta progettuale24.

Le variabili in questione sono fortemente collegate tra loro e determinano la composizione della formula imprenditoriale, formula che viene schematicamente divisa in due sottoinsiemi che esprimono l’uno il modo di essere dell’azienda nell’area competitiva e l’altro il modo di essere nel contesto politico-sociale.

24 Coda V. (1984), “La valutazione della formula imprenditoriale”, Sviluppo e Organizzazione, n. 82, p.

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Figura 1.1 Gli elementi della formula imprenditoriale

Fonte: Coda V. (1984), “La valutazione della formula imprenditoriale”, Sviluppo e Organizzazione, n.85, p. 95

Ed è proprio nel primo sottosistema che la nostra analisi si concentrerà, tralasciando il triangolo inerente alla strategia sociale. Da notare come gli elementi considerati nella definizione della formula competitiva in questione sono in qualche modo ricollegabili agli elementi che compongono la business idea definita da Normann nel ‘77 (nicchia o segmento di mercato, sistema di prodotto e struttura)25. Perché la formula imprenditoriale abbia successo è importante che il sistema prodotto adottato dall’azienda, definito nell’ambito competitivo in cui questa si colloca, presenti dei vantaggi concorrenziali rispetto a quello delle aziende rivali. È inoltre importante che tali vantaggi siano in linea con i fattori critici di successo che caratterizzano un determinato settore, inoltre gli stessi vantaggi a loro volta sono ottenuti da una struttura che presenta delle competenze distintive rispetto alla struttura dei concorrenti. Nelle imprese di successo quindi sia la struttura che il sistema prodotto sono internamente coerenti, inoltre quest’ultimo si adatta bene sia alle caratteristiche della struttura, riuscendo a sfruttare i punti di forza, sia al sistema competitivo di cui riesce a coglierne le opportunità. Inoltre la struttura risulta perfettamente dimensionata rispetto alle dimensioni del mercato o nicchia controllato, avendo un livello di flessibilità/rigidità ideale per competervi validamente. In sintesi possiamo affermare che questa coerenza degli elementi, accompagnati da un’idea imprenditoriale valida è la base per ottenere un successo competitivo, perché permette di generare un vantaggio concorrenziale duraturo su uno o più fattori critici di successo, e un successo reddituale dell’impresa, in quanto l’azienda riesce con il suo prodotto a soddisfare sia il mercato che la struttura,

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producendo economicità26. La valutazione della validità della formula imprenditoriale, viene effettuata sia a livello ASA (rappresentata dal primo triangolo), sia a livello aziendale (secondo triangolo). Più precisamente al livello di ASA, si valuta la dimensione del successo imprenditoriale, dove le informazioni da considerare riguardano per esempio le quote di mercato assolute e relative, il grado di copertura del mercato, il livello qualitativo della clientela, la fedeltà dei consumatori, ecc. , si può vedere come questi siano il risultato del gioco competitivo e non i loro effetti. La dimensione economica (reddituale) invece riguarda per esempio l’analisi sulla redditività operativa dei mezzi investiti (ROI), margini di contribuzione, fatturato per addetto, ecc.27. Mentre a livello aziendale, si valuta la dimensione sociale e la dimensione economica e finanziaria, che in questo scritto non saranno trattati. La valutazione a livello di ASA può portare a diversi risultati, come possiamo osservare nella figura 1.2. L’azienda che si colloca nel quadrante in altro a destra per esempio presenta sia un successo competitivo che un successo reddituale, in questo caso abbiamo una formula competitiva di successo internamente coerente nei vari elementi che la compongono e una idea centrale valida. Spesso il successo reddituale causa il successo competitivo, che a sua volta alimenta il primo, creando un circolo virtuoso non casuale. Infatti le aziende che si collocano in questo segmento presentano una formula competitiva ben studiata che poggia su delle competenze distintive dell’azienda, in linea con i fattori critici di successo del mercato, che permettono un vantaggio competitivo, che alimenta un potere di mercato, grazie anche a una struttura ben dimensionata. Nel caso di quelle imprese che presentano un vantaggio reddituale nonostante non siano competitivamente affermate il ragionamento cambia. Probabilmente in questo caso la società riesce a produrre utili grazie a condizioni esterne favorevoli che aiutano l’impresa, come ad esempio un continuo e prolungato dilatarsi della domanda, l’esistenza di barriere all’entrata nei confronti di nuovi concorrenti, economie di scala e altri vantaggi di costo; tuttavia queste condizioni possono risultano molto incerte, rappresentando in qualche modo un elemento di fragilità strategica. In questo caso la formula imprenditoriale è molto semplice, basata su elementi non distintivi. Al contrario invece, le aziende che ottengono un vantaggio competitivo ma non un vantaggio reddituale, presentano una formula competitiva complessa con molti elementi collegati,

26 Coda V. (1984), “La valutazione della formula imprenditoriale”, Sviluppo e Organizzazione, n. 82, p.

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27 Invernizzi G. (2008), “Strategia aziendale e vantaggio competitivo”, The McGraw Hill, Milano, p.

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che spiega il vantaggio competitivo, di contro l’azienda presenta delle incoerenze nella formula imprenditoriale, ad esempio cultura dello spreco, squilibrio strutturale tra dimensione della nicchia dominata e capacità produttiva ecc., che non gli permettono di ottenere una redditività soddisfacente. In fine vi sono le società che non presentano ne un vantaggio competitivo ne un vantaggio reddituale, in questo caso si parla di una “mancanza di una ragione d’essere”28

. Riassumendo, una formula imprenditoriale è valida se l’impresa è posizionata favorevolmente rispetto ad entrambe le dimensioni del successo e se non è messa in pericolo da minacce che ne richiedano un cambiamento radicale. Tuttavia è importante sottolineare che il primo quadrante è considerato il punto di arrivo di un processo di apprendimento spesso costellato da errori, tentativi e insuccessi.

Figura 1.2 Formula imprenditoriale a livello di ASA

Fonte: Coda V. (1984), “La valutazione della formula imprenditoriale”, Sviluppo e Organizzazione, n. 82, p. 103

Come abbiamo già accennato in precedenza l’idea imprenditoriale ruota attorno ad una formula competitiva, cioè alla business idea che esprime il modo di essere dell’azienda nell’attuale contesto competitivo, tuttavia la sopravvivenza e lo sviluppo dell’azienda nel tempo sono strettamente dipendenti dal modo in cui questa si rapporta con l’ambiente, e quindi dalla qualità delle proposte progettuali che essa offre agli interlocutori sociali, ossia il secondo sottosistema, che non è sicuramente meno importante del primo. Purtroppo spesso non è così semplice spiegare la strategia aziendale e la formula imprenditoriale dell’azienda, visto che nella mente degli stessi

28 Coda V. (1984), “La valutazione della formula imprenditoriale”, Sviluppo e Organizzazione, n. 82, p.

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responsabili della governance aziendale queste sono definite in modo confuso29. Un enunciato strategico, ossia una descrizione sintetica dell’idea imprenditoriale e della strategia aziendale, che deriva da tale idea, deve basarsi sicuramente sulla preventiva analisi di quattro aspetti, ossia:

Ambito scelto e ruolo da assumere in esso, cioè il contesto competitivo in cui operare e il ruolo che l’azienda intende assolvere in esso;

Elementi di diversità che conferiscono al sistema di prodotto fattori di unicità rispetto alle aziende competitrici (il cosiddetto vantaggio concorrenziale), e quindi nella definizione delle componenti essenziali della strategia è necessario evidenziare quali sono gli elementi di diversità del sistema di prodotto (riguardo elementi materiali, immateriali, finanziari, ecc.) che conferiscono fonti di vantaggio concorrenziale;

Obiettivi a lungo termine, visto che la strategia, che deve fornire una buona forza motivante e un adeguato impatto organizzativo, deve per forza essere plasmata riguardo obiettivi a lungo termine;

Logica con la quale l’azienda intende assumere il ruolo che si è data, perseguendo in modo economico il vantaggio concorrenziale: non è sufficiente evidenziare i tre aspetti prima esplicitati, ma è importante definire il perché l’azienda con la sua struttura, le sue risorse e competenze, i suoi processi potrebbe essere in grado di realizzare, secondo condizioni di economicità, quel vantaggio. La logica in altre parole è il concetto di fondo che porta l’impresa a raggiungere un determinato vantaggio, e quindi una certa economicità, con le caratteristiche prima esposte30.

Comunque sia, è necessario evidenziare che il processo di concettualizzazione dell’idea imprenditoriale non può riguardare soltanto l’impostazione strategica “dell’oggi”, ma anche essere orientata all’impostazione strategica “del domani”, ossia l’intento strategico. I manager, quindi, devono necessariamente essere orientati al futuro.

29 Bianchi Martini S. (2008), “Introduzione all’analisi strategica dell’azienda”, Giappichelli, Torino,

p.128

30 Bianchi Martini S. (2008), “Introduzione all’analisi strategica dell’azienda”, Giappichelli, Torino,

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1.3 Valutazione dell’ambiente esterno dell’impresa

L’azienda, per poter creare una visione strategica che fissi l’obiettivo da raggiungere, deve necessariamente ragionare in chiave strategica sull’ambiente esterno e sull’ambiente interno. Tutte le imprese operano in un macro ambiente‚ sul quale influiscono il sistema economico in generale, le variabili demografiche, i valori sociali e gli stili di vita, le leggi e i regolamenti imposti dalle autorità, la tecnologia e infine variabili che interessano più da vicino l’impresa, ossia le condizioni del settore e dell’area competitiva in cui opera. In sintesi il macro ambiente dell’impresa include tutte le variabili che influenzano le decisioni finali in merito all’orientamento di fondo da seguire, gli obiettivi, la strategia e il modello di business da adottare, oltre alla redditività media che è possibile ottenere nel settore stesso31. Ovviamente è facile osservare come il settore sia fortemente collegato al successo della formula competitiva di un’azienda, proprio per questo è importante un analisi approfondita di esso. Porter ci dice in proposito che ogni settore è caratterizzato da cinque forze che esercitano una certa pressione competitiva, determinando le condizioni competitive del settore stesso in termini di attrattività, influenzando la redditività media del settore stesso, per questo un significativo studio di esse permette un giudizio sulla qualità della strategia adottata. Le cinque forze competitive evidenziate da Porter sono32:

 La rivalità tra le imprese concorrenti del settore;

 Le minacce derivanti dai potenziali entranti;

 Il potere contrattuale esercitato dai clienti;

 Il potere contrattuale esercitato dai fornitori;

 Le minacce portate dai prodotti sostitutivi.

Nella figura che segue si evidenziano le forze che influenzano il settore, e le determinanti che caratterizzano il grado di intensità della pressione competitiva, questo schema fu messo a punto dallo stesso Porter.

31 Thompson A. A., Strickland III A. J., Gamble J. E. (2009), “Strategia aziendale: Formulazione ed

esecuzione” , McGraw-Hill, Milano, p.10

32 Porter M.E. (1980), “Competitive Strategy. Techniques for analyzing industring and competitors”, Free

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Figura 1.3 Le cinque forze competitive di Porter

Fonte: Porter M. E. (1985), “Competitive Advantage”, The Free Press, New York, cap. 1, p. 13

Come abbiamo già accennato prima, ogni forza competitiva è caratterizzata da determinanti che definiscono l’intensità e la direzione della pressione esercitata, queste determinanti rappresentano caratteristiche economiche e tecniche che caratterizzano il settore stesso. Analizziamo di seguito i vari elementi:

La minaccia dei nuovi entranti: Quando un settore ottiene un rendimento del capitale superiore al costo del capitale stesso, esso esercita un effetto di attrazione su imprese esterne al settore e, a meno che non esistano barriere all'entrata, il tasso di profitto scenderà verso il suo livello competitivo. Per questo motivo valutare la dimensione delle barriere esistenti all’entrata è indispensabile, perché il grado di minaccia di nuovi entranti dipende dalla presenza di barriere o meno. Queste barriere possono essere di vario tipo, per esempio: economie di scala, fabbisogno di ingenti risorse finanziarie, necessità di un marchio forte, elevati costi di riconversione per i clienti, barriere istituzionali e legali ecc.. I nuovi contendenti quindi saranno attratti quando i margini di profitto sono elevati e le barriere all’entrata sono basse. Tuttavia è possibile che la minaccia di entrata in un settore possa attivare l’azione ritorsiva delle aziende già consolidate nel settore stesso, che cercheranno di proteggersi, rendendo poco profittevole l’entrata. La dimensione del vantaggio delle imprese affermate sulle nuove determina l'entità delle barriere all'entrata.

L’intensità della concorrenza all’interno del settore: Una analisi importante deve essere

svolta relativamente all’intensità concorrenziale, che affligge il settore, da parte dei soggetti che già operano in esso. Nella maggior parte dei settori, la situazione

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competitiva e il livello generale di redditività sono influenzati principalmente dalla concorrenza tra le imprese esistenti. Vi sono vari metodi e applicazioni della concorrenza, in alcuni settori le imprese competono in modo aggressivo sul prezzo, in altri preferiscono concentrarsi sulla pubblicità e l'innovazione. Sono presenti diversi fattori che hanno un ruolo rilevante nella determinazione della natura e dell’intensità della concorrenza, questi sono:

La concentrazione: questa si riferisce al numero di imprese operanti in un dato mercato. Nel caso infatti ci sia una sola impresa leader quest’ultima avrebbe un notevole potere discrezionale nell’imporre i propri prezzi al mercato. Quando invece il settore è frammentato, costituito cioè da molte imprese, allora è più difficile controllare i prezzi ed è facile che questi si riducano (guerra dei prezzi).

La diversità strutturale: quanto più le imprese si assomigliano per obiettivi, strategie, strutture di costo, origini, tanto più difficile sarà sottrarsi alla concorrenza basata solo sul prezzo.

La differenziazione dell’offerta: quanto più i prodotti offerti alla clientela saranno simili tra le imprese, tanto più il cliente è disposto a scegliere in base unicamente al prezzo; questo spinge le imprese a ribassare ulteriormente i prezzi nella speranza di incrementare le vendite.

La capacità produttiva: se c’è eccesso di capacità produttiva le aziende sono incoraggiate ad abbassare i prezzi per ricevere più ordini e riuscire a distribuire i costi fissi su un volume di vendite più ampio.

Struttura di costo: in termini di rapporto tra costi fissi e costi variabili, quando i costi fissi sono maggiori ai costi variabili, le imprese accetteranno qualsiasi prezzo in grado di coprire i costi variabili, questo ovviamente può determinare conseguenze disastrose sulla redditività.

Il potere contrattuale dei clienti: considerando che il potere contrattuale di un soggetto,

in una negoziazione tra due parti, è la forza che ciascuno di essi è in grado di esercitare nel raggiungimento di un accordo; essendo che in quest’ultimo viene definito un certo valore, il modo in cui questo valore viene distribuito dipende appunto dal potere contrattuale. In questo caso possiamo vedere che il potere di un clienti, ovvero una delle due parti del contratto, dipende da due fattori:

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La sensibilità al prezzo, che dipende da una serie di determinanti, per esempio: se il costo del bene acquistato ha un incidenza rilevante sul totale dei costi, questo determinerà una sensibilità maggiore al prezzo, analogamente, quanto maggiore è il grado di standardizzazione del prodotto offerto. Viceversa un cliente sarà meno sensibile al prezzo quanto maggiore è l'importanza del prodotto acquistato, per qualità o servizio ecc.

Il potere contrattuale relativo, potere contrattuale che è costituito dal potenziale rifiuto a concludere una transazione, questo potere è influenzato da diversi fattori, quali:

 Possibilità di integrazione verticale: questo punto fa riferimento alla possibilità che un cliente ha di scegliere se comprare un dato prodotto oppure se produrlo da se, spostandosi a monte o a valle del mercato di acquisto o di vendita.

 Concentrazione della clientela: quanto più basso è il numero di clienti che l’azienda ha nel proprio portafoglio, tanto maggiore sarà il loro potere contrattuale.

 Dimensioni degli acquisti: ovviamente se il volume di acquisti generato dallo stesso cliente è una parte notevole del fatturato totale, tanto maggiore è il potere contrattuale del cliente.

Il potere contrattuale dei fornitori: analogamente ai clienti, l’analisi dei fornitori mira a

mettere in evidenza chi sono e come possono influire sulla capacità competitiva dell’azienda. La forza contrattuale del fornitore può dipendere da elementi quali:

 % di acquisti presso un unico fornitore: se esistesse un unico fornitore probabilmente avrebbe un potere elevatissimo, visto che senza di lui l’azienda chiuderebbe.

 Esistenza di prodotti sostitutivi: se il bene che il fornitore procura ha delle caratteristiche esclusive, allora tanto maggiore sarà il potere contrattuale dello stesso.

 Costi di cambiamento del fornitore: quanto maggiori sono le spese (risoluzione di contratti prima del termine, ecc.), in caso di interruzione dei rapporti con il fornitore, tanto maggiore sarà il suo potere contrattuale.

 Possibilità di integrazione verticale, come abbiamo già spiegato per il cliente.

La minaccia di prodotti sostitutivi: questa impone spesso un tetto ai prezzi praticabili al

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all’altro. Il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare per un prodotto dipende, in parte, dalla presenza sul mercato di prodotti sostitutivi, dove l’assenza di sostituti comporta una relativa insensibilità al prezzo. E' importante tenere presente che, la propensione del consumatore a sostituire il prodotto è il rapporto tra prezzo e qualità dei prodotti sostitutivi. Tuttavia la minaccia esiste solo se c’è un elevato grado di similitudine tra i prodotti, e inoltre, solo se i costi di riconversione, ossia quelli che il consumatore dovrà sostenere nel passare da un prodotto all’altro, sono modesti. I costi di passaggio da un prodotto all’altro si possono riassumere in, quelli dovuti alla poca dimestichezza con il nuovo prodotto, necessità di adattamento, possibilità che non soddisfi pienamente i bisogni del cliente, ecc..

1.3.1 L’analisi SWOT

Dopo aver analizzato l’ambiente esterno, l’azienda dovrà valutare se la strategia che intende adottare, o che sta adottando in un determinato settore è efficace. In questo frangente uno strumento molto utile, sia per le imprese che intendono entrare, definire una strategia di penetrazione di nuovi mercati, o segmenti, sia per quelle che già operano nel settore, è l’analisi SWOT. Questo è uno strumento di pianificazione strategica di un progetto, o di un programma, che originariamente supportava il management nella definizione di una strategia, ma successivamente si è esteso in diversi ambiti. L’analisi SWOT mira a individuare i punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce di un determinato progetto imprenditoriale. Tale analisi può essere effettuata in diversi momenti della vita aziendale; in fase ex-ante, per migliorare l’integrazione del programma nel contesto prescelto; in fase intermedia, consente di verificare se, in relazione ai cambiamenti intervenuti nel contesto, le linee di azione individuate siano ancora pertinenti e fornisce uno strumento per decidere modifiche al programma; in corso d’opera, tale analisi consente a più riprese la verifica delle linee strategiche adottate, se cioè esse siano ancora pertinenti o se necessitino di modifiche che le adattino ai mutamenti intervenuti. Tutto questo è reso possibile dalle caratteristiche intrinseche di flessibilità di questa metodologia, che ha la qualità di un processo sia iterativo che interattivo, e di conseguenza è applicabile ripetutamente ed è adeguabile continuamente al contesto; in fase ex post serve a contestualizzare i risultati finali dei piani e programmi. Nell’eventualità che sia mutato l’ambiente in cui il progetto è stato concepito e realizzato, si potrà quindi adeguare anche il progetto al nuovo contesto.

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Quest’ analisi si basa su due concetti fondamentali:

 Competenze distintive

 Fattori chiave di successo

Attraverso l’analisi dei punti di forza e debolezza l’impresa studia la sua organizzazione alla ricerca delle sue competenze distintive, cioè ciò che sa fare meglio degli altri, le attività che la distinguono sul mercato, individuando anche quegli elementi su cui l’azienda deve migliorarsi, che potrebbero essere facile preda di attacchi da parte della concorrenza. Nell’analisi delle opportunità e minacce l’azienda rivolge il suo sguardo all’esterno, verso il mercato, al fine di cogliere gli aspetti di cui potrebbe approfittare per migliorare la propria posizione competitiva, cercando di avere un occhio vigile anche sulle minacce, per cercare di schivarle in tempo, o trasformarle in opportunità. L’analisi SWOT si compone di diverse fasi tipiche che iniziano con la definizione dell’obiettivo che si vuole raggiungere, per esempio quale strategie adottare, con quali strumenti, in un determinato contesto competitivo. Segue la fase definitoria dei punti principali dell’analisi (Punti di forza, debolezza, minacce e opportunità), questo può essere visto come un processo suddivisibile in tre fasi:33

Individuare le opportunità: Le “opportunità di mercato” rappresentano un fattore decisivo ai fini dell’elaborazione strategica. Per sviluppare una strategia adeguata alla situazione dell’impresa, i manager devono innanzitutto individuare le opportunità di mercato e valutare la crescita e il potenziale di profitto di ciascuna. In base alle circostanze le opportunità che si presentano all’impresa possono essere numerose o scarse, temporanee o durature, estremamente attraenti (da non perdere) o appena degne di interesse (a causa di un potenziale di crescita e di profitto incerto) o persino inadeguate (per una scarsa corrispondenza con i punti di forza e le capacità dell’impresa). Più le condizioni nel mercato sono instabili e quindi imprevedibili, più sarà difficile per l’impresa riuscire a individuarle prima della maggior parte dei concorrenti. Le opportunità di mercato più rilevanti per l’impresa sono quelle che si addicono alle sue possibilità finanziarie e alle sue risorse organizzative, che offrono le maggiori possibilità di crescita e di profitto e che presentano il potenziale più elevato ai

33 Thompson A. A., Strickland III A. J., Gamble J. E. (2009), “Strategia aziendale: Formulazione ed

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fini di un vantaggio competitivo. L’individuazione di queste opportunità avviene attraverso diversi strumenti, per esempio attraverso il monitoraggio delle tendenze del mercato (trend), per esempio visitando fiere internazionali, facendo ricerche di mercato ad hoc ecc., con lo studio delle aree di insoddisfazione degli utilizzatori del prodotto, facendo notare quali sono le inadeguatezze dell’attuale offerta presente sul mercato ecc.. Spesso tuttavia alcuni fattori dell’ambiente esterno rappresentano minacce alla redditività e alla competitività dell’impresa. Tali minacce possono avere origine dall’avvento di tecnologie più efficaci o economiche, dall’introduzione di prodotti nuovi o aggiornati da parte dei concorrenti, dall’ingresso di un concorrente straniero a basso costo in un’area di mercato strategica per l’impresa, dall’introduzione di normative che gravano sull’impresa ecc.. L’azienda in questo caso deve essere pronta a monitorare, valutando l’effettivo grado di minaccia e cercare di fronteggiarle, o sfruttarle a proprio favore se possibile.

Valutare le opportunità più promettenti: La valutazione attenta di queste dalla fase precedente è un’attività fondamentale, poiché non sempre si rivelano tali. Quando sono esaminate in profondità è importante disporre di dati e informazioni molto precise riguardanti il contesto, la raccolta di informazioni può essere fatta, per esempio, stimando le dimensioni del mercato cui l’opportunità si rivolge, l’analisi dei competitor e dei loro modelli di business, l’aspetto logistico.

Valutare la situazione interna: in questo caso si cerca di analizzare le potenzialità interne all’azienda, attraverso l’individuazione di punti di forza, ma anche eventuali punti di debolezza da migliorare, valutando se l’azienda, con essi, è in grado di cogliere le opportunità di mercato, ovvero i fattori chiave di successo34. Per quanto riguarda i punti di forza questi sono attività per le quali l’impresa dimostra particolari attitudini o delle caratteristiche che potenziano la sua competitività sul mercato, per esempio, beni e risorse materiali di valore, risorse umane e capacità intellettuali di valore, competenze, abilità o capacità rilevanti sul piano competitivo ecc.. Dai punti di forza dipende la capacità

34Critical Success Factors are those few things that must go well to ensure success for a manager or an

organization, and, therefore, they represent those managerial or enterprise area, that must be given special and continual attention to bring about high performance. CSFs include issues vital to an organization's current operating activities and to its future success. Boynton A.C., Zmud R.W. (1984),”An assessment of

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dell’impresa di migliorare la propria posizione competitiva e la performance finanziaria. Per quanto riguarda i punti di debolezza‚ sono delle mancanze, riguardo quelle attività che le imprese non sono in grado di svolgere in modo adeguato rispetto ai concorrenti, o situazioni che pongono l’azienda in condizioni di svantaggio. I punti di debolezza possono riguardare abilità, conoscenze o capitali intellettuali inferiori in aree competitivamente rilevanti, carenze nelle strutture fisiche, nell’organizzazione o nelle attività immateriali oppure a un’assenza di capacità o a un’inferiorità competitiva in aree considerate fondamentali. I punti di debolezza interni sono carenze del mix di risorse dell’impresa e rappresentano lacune competitive.

Figura 1.4 Analisi SWOT

Fonte: Raimondi M. (2005), “Marketing del prodotto/servizio”, Hoepli, Milano, p.50

Individuati i quattro punti appena menzionati il management potrà cercare di intraprendere tutte quelle attività volte a raggiungere gli obiettivi prefissati attraverso la definizione di una o più strategie, che permettano di fare leva sui punti di forza, neutralizzare l’effetto dei punti di debolezza, consentire di cogliere le opportunità ed eludere e fronteggiare le minacce. Ad ogni modo questo strumento non è privo di criticità, questo può definire una rappresentazione della realtà molto semplificata, spesso l’azienda e lo stesso mercato di riferimento sono eccessivamente complessi per essere studiati e cogliere i quattro punti di analisi in maniera significativa potrebbe essere molto complicato. Inoltre questo strumento è spesso soggettivo, quindi i risultati ottenuti potrebbero essere contaminati dal modo di pensare del soggetto o dei soggetti che lo redigono35.

35 Fleisher C., Bensoussan B. (2002), “Strategic and Competitive Analysis”, The MindShifts Group Pty.,

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1.4 Le cinque strategie competitive di base

L’analisi della strategia competitiva di base è la seconda tappa nella comprensione della strategia competitiva, che assume come punto di partenza l’analisi del settore. Una strategia competitiva consiste nello schema d’azione con cui il management intende rendere l’impresa capace di competere con successo e di assicurarsi un vantaggio competitivo duraturo rispetto agli avversari. L’obiettivo della strategia competitiva è superare la concorrenza riuscendo a soddisfare i bisogni e le preferenze dell’acquirente meglio dei propri rivali36. Porter in proposito sostiene che in ogni strategia l’impresa sviluppa una fonte di vantaggio competitivo, che può essere ricollegato per esempio a minori costi sostenuti, o un migliore grado di diversificazione, che in qualche modo è significativo per il target di clienti che l’impresa decide di servire, cercando in oltre di definire una politica che permetta a essa di mantenere questo vantaggio competitivo in maniera duratura nel tempo. Le strategie competitive adottate dalle imprese presentano infinite varianti, perché ognuna di esse elabora l’approccio strategico in base alla propria situazione e alle condizioni di settore. La personalizzazione della strategia rende molto improbabile che due organizzazioni, pur operando nello stesso settore, possano adottare strategie identiche in ogni dettaglio. Nella teoria vi sono diversi filoni di interpretazione rispetto alle strategie competitive di base, per esempio Porter sostiene la presenza di quattro strategie di base, dove, la capacità di ottenere una performance superiore rispetto alla media deriva dalla capacità di scegliere e interpretare in modo coerente una delle quattro strategie di base:

 Leadership di costo

 Differenziazione

 Focalizzazione orientata ai costi più bassi

 Focalizzazione orientata alla differenziazione37

36 Thompson A. A., Strickland III A. J., Gamble J. E. (2009), “Strategia aziendale Formulazione ed esecuzione”,

The McGraw Hill Companies, Milano, p. 231

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Figura 1.5 Strategie competitive di base, Porter

Fonte: Porter M. (1985), “Competitive advantage: creating and sustaining superior performance”, The Free Press, New York, p. 5

Le strategie di base rappresentano quindi strade alternative per raggiungere una redditività superiore alla media nel medio-lungo periodo e presuppongono il raggiungimento e la difesa di un vantaggio competitivo, che può essere di costo o di differenziazione. È tuttavia indispensabile scegliere tra i due vantaggi perché altrimenti questo porterebbe l’azienda a trovarsi a “metà del guado”, che si traduce nell’incapacità di ottenere qualsiasi vantaggio, oltre ad essere in una posizione sfavorevole e facilmente attaccabile dai competitors che scelgono un vantaggio di costo o di differenziazione. La possibilità di avere entrambe i vantaggi è possibile, ma solo in casi eccezionali e transitori. Porter definisce tre casi, dove si evidenzia questa situazione di godimento di doppi vantaggi:

 Quando un concorrente ha un vantaggio grande che deriva dalle quote di mercato e dalle interrelazioni (caso Honda)38.

 Quando un produttore introduce per primo una novità importante (caso Philips39).

 Quando i concorrenti sono bloccati a metà del guado. Condizione transitoria alla quale i concorrenti alla fine reagiscono facendo una scelta.

38 Negli anni 60’ Honda si affaccia sul mercato USA, attraverso il commercio di moto di piccola

cilindrata presso i grandi magazzini e non in negozi specializzati, Honda riuscì quindi a offrire un prodotto percepito come unico, puntando su campagne pubblicitarie che definivano la moto Honda, una moto per persone ingamba, ma che fosse anche un prodotto low costs, questo le permise di ottenere una quota di mercato superiore al 50%. Berger A. (2011), “Global Corporate Strategy - Honda Case

Study”,Green Verlag, Nordersterdt Germany, n.1, p. 1-3

39

Philips introdusse per primo nel mercato i lettori compact disc di seconda generazione, come azienda innovatrice, riuscì per un certo periodo di tempo a beneficiare di un vantaggio di differenziazione, dato dal modello innovativo introdotto, ma anche un vantaggio di costo dato soprattutto dal maggiore stato di avanzamento nell’industrializzazione del prodotto. Questo vantaggio durò fino a che i competitors non definirono strategie competitive efficaci di differenziazione o di costo. Invernizzi G. (2009),”Strategia

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È importante dire che quello che afferma Porter non è accolto da tutti gli studiosi J.A. Parnel per esempio afferma che le aziende possono perseguire sia, un’unica strategia considerata generica (strategia di costo, o differenziazione) sia, possono tentare di combinare due o più strategie insieme, dove non è garantito il successo, ma in alcuni casi questo è possibile, e le aziende riescono a trarne grande vantaggio nel tempo40. In proposito alcuni autori come per esempio, A. A. Thompson e J. E. Gamble affermano la presenza di una quinta strategia competitiva di base che può essere adottata dalle imprese per competere nel mercato, si parla in questo caso della strategia dell’offerta, in sintesi questa consiste nell’offrire ai clienti un miglior rapporto valore/prezzo proponendo caratteristiche di prodotto buone o ottime a un costo inferiore rispetto a quello dei concorrenti. L’obiettivo è ridurre i costi e praticare prezzi più bassi rispetto alle altre imprese che offrono caratteristiche analoghe41.

Figura 1.5 Le cinque strategie competitive di base

Fonte: Thompson A. A., Strickland III A. J.,. Gamble J. E (2009) “Strategia aziendale Formulazione ed esecuzione”, The McGraw Hill Companies , p. 232

1.4.1 Strategia di leadership di costo

Questa strategia è valida soprattutto nei mercati con un’elevata sensibilità al prezzo degli acquirenti. Un’impresa raggiunge una leadership di costo quando riesce a operare ai costi più bassi dell’intero settore. Con questa strategia i manager devono offrire caratteristiche e servizi ritenuti essenziali dagli acquirenti; un’offerta di un prodotto troppo povera compromette l’attrattività del prodotto e può allontanare gli acquirenti, anche se il prezzo è inferiore rispetto a quello dei rivali. Tuttavia se i metodi di riduzione dei costi possono essere facilmente imitati dai concorrenti con un impegno e investimenti relativamente modesti, il vantaggio del leader non sarà abbastanza duraturo

40 Parnell J. A. (2010) "Strategic clarity, business strategy and performance", Journal of Strategy and

Management, Vol. 3 Iss: 4, p.304 – 324.

41 Thompson A. A., Strickland III A. J., Gamble J. E. (2009) “Strategia aziendale Formulazione ed esecuzione”,

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28

da generare una superiorità di mercato rilevante. Esistono due possibilità per la trasformazione di un vantaggio di costo sui rivali in una performance di profitto interessante. La prima consiste nel convertire il margine sui costi in un prezzo inferiore a quello dei concorrenti allo scopo di attrarre gli acquirenti sensibili al prezzo in quantità tali da incrementare i profitti. Il segreto consiste nel mantenere la riduzione di prezzo al di sotto del vantaggio di costo dell’impresa (così da beneficiare sia di un margine di profitto unitario più elevato sia dei profitti aggiuntivi derivanti da un maggiore volume di vendita) oppure nel creare un volume di vendita aggiuntivo tale da incrementare il profitto complessivo nonostante i margini più contenuti (un volume di vendita più elevato può compensare la riduzione dei margini di profitto se la differenza di prezzo rispetto ai concorrenti genera un sufficiente incremento di vendite). La seconda possibilità consiste nel mantenere il prezzo corrente, accontentarsi della quota di mercato attuale e sfruttare il vantaggio di costo per incrementare il margine di profitto su ogni unità venduta, con un conseguente aumento dei profitti complessivi e della redditività del capitale. Riassumendo, per avere successo con una strategia di leadership di costo, il management deve tenere sotto controllo ogni attività fonte di costo e individuare i fattori che influiscono sul livello di spesa dell’organizzazione. In oltre se necessario dovrà riconfigurare la catena del valore ed eliminare le fasi non essenziali e le attività a basso valore. I leader di costo sono esperti nel limitare le spese e di norma investono in modo aggressivo in risorse e capacità che promettono una riduzione dei costi42. Nella dottrina sono individuati cinque presupposti che determinano la superiore redditività del capitale investito derivante dalla condizione di vantaggio di costo rispetto ai concorrenti:

 ROI superiore alla media di settore nel medio-lungo periodo

 Costi unitari di produzione inferiori a quelli di tutti i concorrenti di riferimento

 I prezzi di vendita non presentino, rispetto a quelli dei concorrenti una differenza tale da compensare lo scarto ottenuto nei costi unitari di produzione

 Le attività svolte all’interno dell’impresa presentino elementi di unicità rispetto a quelle dei concorrenti

42 Amit R. (2006), “Cost leadership strategy and experience curves”, Strategic Management Journal,

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 Le attività svolte per produrre e offrire il prodotto siano coerenti dal punto di vista economico-finanziario. Al contrario il prezzo ottenuto non sarebbe sufficiente a coprire i costi di produzione43.

In linea di massima un leader di costo si trova nella posizione ottimale per conquistare i clienti sensibili al prezzo, fissare la soglia minima del prezzo di mercato e continuare a trarre profitto. E’ importante sottolineare come questa strategia racchiuda delle insidie poiché l’offerta delle imprese che aspirano alla leadership di costo deve sempre includere caratteristiche sufficienti a destare l’interesse del potenziale acquirente. Un prezzo basso, di per sé, non rappresenta sempre un richiamo efficace. Il pericolo più grande in questa strategia è di farsi trascinare in riduzioni di prezzo troppo aggressive (guerre dei prezzi) che determinano non un aumento, ma una riduzione dei profitti.

1.4.2 Strategia di differenziazione

La strategia di differenziazione consiste nel creare un’offerta di valore percepita come unica dai clienti target dell’azienda o rispetto a determinati bisogni di essi. Per arrivare a ottenere un vantaggio competitivo, l’azienda dovrà, quindi offrire un’offerta unica ottenendo cosi un premium price, oppure vendere una quantità di prodotti maggiore a parità di prezzo. A tal proposito in dottrina sono individuati sei presupposti necessari per ottenere un vantaggio competitivo di differenziazione:

 ROI superiore alla media del settore

 Prezzi medi maggiori rispetto al prezzo medio dei concorrenti (Premium Price), da cui deriva un Price Premium44.

 Costi di produzione che non presentino, rispetto a quelli dei concorrenti, una differenza tale da erodere il premio ottenuto grazie ai maggiori prezzi di vendita

 Prodotto o servizio offerti percepiti e apprezzati come unici

 Le attività svolte all’interno dell’azienda presentino elementi di unicità rispetto a quelle dei concorrenti

43 Porter M. (1985), “Competitive Advantage: creating and sustaining superior Performance”, Free

Press, New York, p. 12-14

44 Il Price Premium è la capacità dell’impresa di ottenere un prezzo più alto (Premium Price), di vendere

più prodotti a un dato prezzo, o di ottenere maggiore fedeltà dai consumatori. Porter M. (1985), “Competitive Advantage: creating and sustaining superior Performance”, Free Press, New York, p. 120

Figura

Figura 1.2 Formula imprenditoriale a livello di ASA
Figura 1.4 Analisi SWOT
Figura 1.5 Le cinque strategie competitive di base
Figura 2.1 Schematizzazione degli strumenti normativi UE
+7

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