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IL PROBLEMA DELLA GESTIONE DELLE SCORTE IN UN AZIENDA DEL SETTORE FARMACEUTICO

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Academic year: 2022

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(1)

Università degli Studi di Bologna

Prof. Ing. EMILIO FERRARI

Prof. Ing. ALESSANDRO PERSONA DAVIDE FOLLI (Dirigente d’azienda)

Anno Accademico 1997 - 98

FACOLTA' Dl INGEGNERIA

Corso di Laurea in Ingegneria Gestionale GESTIONE DEGLI IMPIANTI INDUSTRIALI

Relatore della Tesi di Laurea:

Chiar.mo Prof. Ing. ARRIGO PARESCHI

Correlatori della Tesi di Laurea:

Autore:

Ing. MARCO SAGLIA

IL PROBLEMA DELLA GESTIONE DELLE SCORTE IN UN’ AZIENDA DEL SETTORE

FARMACEUTICO

(2)

Indice

RINGRAZIAMENTO

INTRODUZIONE

1: PRESENTAZIONE DELL’AZIENDA

2: MODELLO DI GESTIONE DELLE SCORTE DI PRODOTTI FINITI

3: L’APPLICAZIONE DEL MODELLO AL CASO AZIENDALE

3.1: CONSIDERAZIONI GENERALI 3.2: LA VARIABILITÀ DELLA DOMANDA 3.3: LA FREQUENZA DI CONFEZIONAMENTO

3.4 : LA FREQUENZA DI PROGRAMMAZIONE E L’ORIZZONTE CONGELATO 3.5: QUARANTENA E LEAD TIME DI TRASFERIMENTO

3.6: LA VARIABILITÀ DI CONFEZIONAMENTO

4: L’IMPATTO SUI SEMILAVORATI E LE MATERIE PRIME

5: I BENEFICI ECONOMICI

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

NOTA REDAZIONALE

Questa tesi si compone di 149 pagine

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Ringraziamento

Si ringrazia il Prof. Ing. E. Ferrari per la continua disponibilità dimostrata durante lo svolgimento di questo lavoro.

Un ringraziamento per la collaborazione anche agli addetti del Servizio di Pianificazione e Programmazione della Produzione della Chiesi Farmaceutici, in particolar modo al responsabile Sig. D. Folli, il cui impegno nel promuovere questo studio e i cui preziosi consigli si sono rivelati fondamentali.

Si ringrazia infine il sig. M. Massa per il costante sostegno durante la mia permanenza in Azienda.

(4)

Introduzione

L’oggetto di questo studio è l’analisi delle problematiche connesse alla gestione delle scorte, in particolar modo di quelle dei prodotti finiti.

Nell’Azienda presso cui è stato svolto questo studio, era necessario ridefinire i livelli di scorta obiettivo, in quanto non era mai stata fatta un’analisi accurata e razionale dei parametri che devono essere considerati per la determinazione degli indici target di copertura.

La convinzione di avere livelli di scorta troppo alti era abbastanza diffusa, ma, nonostante ciò, veniva richiesto al Servizio di Pianificazione e Programmazione della Produzione (S.P.P.P.) il mantenimento di un indice di copertura elevato, per evitare eventuali rotture di stock e assicurare così un migliore livello di servizio: non sempre, però, le scorte elevate sono sinonimo di “tranquillità”, perché possono convivere con bassi livelli di servizio e fungere da alibi all’inefficienza.

Il servizio, infatti, non può essere “subìto” come una conseguenza di altre decisioni aziendali, ma deve essere gestito in modo attivo: l’Alta Direzione ha la responsabilità di definirne tutte le componenti e di stabilire la politica più adatta alla strategia aziendale; come conseguenza, le scorte (in particolar modo quelle di sicurezza) devono essere dimensionate coerentemente con il livello di servizio da perseguire.

Il livello di copertura, inoltre, non era determinato sulla base delle caratteristiche specifiche di ciascun prodotto, ma era fissato identicamente per tutti gli articoli, nella convinzione che fosse sufficiente per proteggerli tutti in egual misura dal rischio di stockout. In particolare, la scorta di ogni prodotto finito doveva garantire una copertura pari a 2,3 mesi di vendita (il 60% doveva trovarsi nei depositi dislocati sul territorio), da innalzare a 2,8 nei periodi di alta stagionalità (discutibile, poiché, esprimendo l’indice di

(5)

copertura in unità temporali, si ottiene automaticamente l’adeguamento all’andamento della domanda).

Indici uguali per tutti gli articoli, allora, provocano un eccesso di scorte per alcuni prodotti e una copertura insufficiente per altri: dal momento che la scorta di sicurezza rappresenta una protezione contro la variabilità dei fabbisogni, essa deve essere stabilita attraverso una misura della variabilità specifica di ogni prodotto, mentre il livello medio delle scorte deve tenere conto anche della frequenza con cui quel prodotto viene realizzato.

Il primo passo (secondo capitolo) è stato quindi quello di definire un modello razionale di gestione delle scorte, condiviso all’interno dell’azienda, per la determinazione di livelli di scorta obiettivo specifici per ciascun prodotto, sulla base dei quali valutare anche le prestazioni del responsabile.

Questo ha richiesto l’individuazione dei parametri che devono essere considerati per la definizione di tali livelli, e che bisogna continuamente monitorare per avere sempre il pieno controllo delle scorte.

Dopo aver applicato tale modello alla realtà aziendale (terzo capitolo), si sono individuate diverse aree di intervento per ottenere valori più convenienti di tali parametri, e si sono suggeriti alcuni modi per conseguire i miglioramenti cercati.

Nel quarto capitolo si sono analizzati gli impatti dell’adozione del modello e degli interventi di miglioramento proposti sulle scorte dei semilavorati e delle materie prime.

Il quinto e conclusivo capitolo riassume i risultati ottenuti in termini di riduzione del capitale immobilizzato in scorte.

In tutto il presente lavoro, si è cercato di mettere in evidenza l’importanza dell’integrazione tra le diverse Funzioni aziendali: quello proposto, infatti, è un modello di gestione integrato, in quanto utilizza parametri controllati da enti diversi. Tutte le Funzioni coinvolte, allora, danno il proprio

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contributo (positivo o negativo) agli esiti raggiunti (e non solo con riguardo alla gestione delle scorte) e devono perciò impegnarsi e cooperare per perseguire i risultati migliori da un punto di vista globale, senza privilegiare gli interessi di parte, e devono essere supportate da un adeguato sistema informativo.

Tra i benefici specifici che consente di raggiungere, l’integrazione, sia quella orizzontale tra i vari organi aziendali che quella verticale tra l’Azienda e gli operatori esterni con cui intrattiene delle relazioni, permette sempre di conseguire almeno due vantaggi:

migliora le decisioni aziendali poiché ogni polo decisionale possiede visibilità “immediata” su tutte le informazioni necessarie;

• Aumenta drasticamente la velocità di risposta del sistema riducendo i tempi decisionali e di trattamento delle informazioni.

Si può desumere da quanto detto la chiara esigenza di incaricare una persona (o istituire una funzione) che controlli i valori dei suddetti parametri, che potrebbe configurarsi come “Supply-Chain controller”.

(7)

1: Presentazione dell’Azienda

Il problema della gestione delle scorte, oggetto di questo lavoro, è stato studiato presso la Chiesi Farmaceutici S.p.a., società appartenente al Gruppo CHIESI.

La foto 1 raffigura una ripresa aerea degli stabilimenti della sede di Parma.

Foto 1

La Chiesi Farmaceutici è la più antica società del Gruppo, fondata a Parma nel 1935 dal Dott. Giacomo Chiesi: inizialmente contava due soli dipendenti e non era che un piccolo laboratorio per la produzione di olio di fegato di merluzzo e acqua distillata; anche se in crescita, fino alla guerra si limitò a produrre ricostituenti e articoli per ostetricia.

Nel dopoguerra (1955) furono costruiti nuovi stabilimenti, dove lavoravano 50 persone e venivano prodotte diverse specialità medicinali, tra cui A-Col (anticolitico), Lyter (antiulcera), Tripnol (neurolettico) e Parminal

(8)

(sonnifero).

Nel 1982, con l’acquisizione della Farmalab in Brasile, iniziò lo sviluppo del Gruppo CHIESI, riassunto nella figura 1, che riporta anche l’indicazione del numero attuale dei dipendenti per ognuna delle società; si è inoltre conclusa da pochissimo l’acquisizione dei Laboratoires J. Logeais in Francia, che farà sensibilmente aumentare i 1.630 dipendenti presenti al 31/12/97.

Figura 1

1935: CHIESI FARMACEUTICI (762 dip)

1982: acquisizione FARMALAB - Brasile (324 dip)

1983: fondazione MASTER PHARMA – Italia (179 dip)

1987: fondazione CHIESI PAKISTAN – Pakistan (66 dip)

1992: fondazione CHIESI PH. Inc - USA (4 dip)

1992: acquisizione PROMEDICA - Francia (144 dip)

1995: acquisizione WASSERMANN – Spagna (139 dip)

1997: fondazione CHIESI HELLAS – Grecia (12 dip)

1997: partecipazione minoritaria in PROMOPHARM - Marocco

1630 dipendenti al 31/12/97

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Grazie alla continua espansione sia sul mercato nazionale che su quello internazionale, nel 1997 si è registrato un fatturato consolidato di 407 miliardi di lire, con una crescita del 9,6% rispetto all’anno precedente e superiore al 50% rispetto al 1993.

Figura 2

A questo risultato hanno contribuito in modo significativo sia la produzione italiana, con vendite pari a 221 miliardi (54% del totale), sia quella estera, che ha fatturato 186 miliardi.

La figura 2 illustra l’andamento delle vendite del Gruppo negli ultimi cinque anni, mentre la figura 3 ne evidenzia la ripartizione percentuale per area geografica.

77 192

116 172

146 190

169 202

186 221

1993 1994 1995 1996 1997

NAZIONALI (Mld.)

INTERNAZIONALI (Mld.)

407 371

336 269 288

(10)

Figura 3

Il margine operativo del Gruppo è stato pari al 14,6% dei ricavi consolidati, mentre l’utile netto è salito del 22,9% a 31,7 miliardi di lire.

Figura 4

SPAGNA 5%

EXPORT 9%

GRECIA 0,1%

BRASILE 10%

PAKISTAN

1% ITALIA

44%

FRANCIA 31%

RANKING GRUPPO QUOTA DI MERCATO %

1

2

3

4 5 6 7

MENARINI SIGMA TAU

CHIESI

ANGELINI RECORDATI ITALFARMACO ALFA WASSERMANN

6,99 3,45

1,50

1,46 1,24 0,99 0,86

(11)

In Italia, il Gruppo CHIESI è presente con due società, Chiesi Farmaceutici e Master Pharma, che si sono fuse nel corso del 1997 in CHIESI ITALIA, raggiungendo cosi una quota del mercato italiano pari all’1,5% e posizionandosi al 15° posto nella graduatoria a valori delle aziende del settore e al 3° posto tra quelle italiane (vedi figura 4).

L’evoluzione del numero di dipendenti di CHIESI ITALIA è positiva, come si desume dalla figura 5, che mostra anche la suddivisione del personale secondo le principali attività aziendali.

Figura 5 844

856

881

895

924

941

780 800 820 840 860 880 900 920 940 960

1992 1993 1994 1995 1996 1997

10% 17%

25%

48%

Produzione Marketing

Amministrazione R&D

(12)

Come appare dalle figure 1 e 2, la dimensione internazionale del Gruppo è tutt’altro che trascurabile: esso è presente in Francia, Spagna e Brasile con veri propri stabilimenti produttivi, mentre le filiali in Grecia, Pakistan, Stati Uniti e Marocco hanno carattere commerciale.

Particolarmente importante dal punto di vista strategico è l’autorizzazione recentemente ottenuta dalla Food & Drug Administration (F.D.A.) per la commercializzazione sul territorio nordamericano di due importanti prodotti preparati nei propri laboratori di ricerca (Brexin® e Curosurf ®).

Il portafoglio dei prodotti del Gruppo CHIESI

L’Azienda riuscì a raggiungere una quota significativa di mercato nel 1967, con l’immissione in commercio del Metacen (tuttora distribuito), un prodotto antireumatico a base di indometacina associata ad altri antiacidi e tamponanti.

Attualmente, le specialità medicinali strategiche del Gruppo sono tre:

Clenil® , Brexin® e Curosurf ® .

La prima, lanciata nel 1974, si è rivelata una scoperta importantissima, perché ha permesso all’Azienda di emergere nel mercato nazionale e di sviluppare, partendo dal Beclometasone Dipropionato (Glaxo), una linea forte di prodotti, che nell’ultimo anno ha fatturato 61 milioni di dollari, cioè quasi un quarto dell’intero fatturato del Gruppo. Il Clenil® ha inoltre consentito l’ingresso in una specifica area terapeutica, dove CHIESI ITALIA ha ormai raggiunto una posizione dominante.

Il Brexin® , lanciato grazie alla sintesi del Piroxicam Betaciclodestrina nel 1989, è la prima specialità rilevante frutto interamente della Ricerca Chiesi:

ad essa è legato un vero e proprio processo di internazionalizzazione, in quanto è commercializzata, sia in proprio che in licenza, in oltre 40 Paesi di

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tutti i continenti e sta per essere introdotta nel mercato cinese e in quello nordamericano. Nell’ultimo anno la linea di prodotti legata a questa specialità (commercializzata anche come Cycladol® ) è stata responsabile di un quarto del fatturato del Gruppo (65 milioni di dollari).

Il Curosurf® è un altro importante prodotto originale CHIESI (1992), è altamente specifico perché adatto alla cura di particolari patologie dell’apparato respiratorio dei neonati, ed ha segnato l’inizio di una strategia di nicchia che, come tale, richiede una diffusione globale per diventare significativa. Questo prodotto è commercializzato in 27 Paesi (anche grazie ad una licenza alla Serono) ed è imminente la sua introduzione in Nordamerica, ma è destinato ad un’ulteriore diffusione dovuta alla sua unicità; nell’ultimo anno ha fatturato 22 milioni di dollari.

Attualmente, il Gruppo CHIESI opera in quattro aree terapeutiche (respiratoria, cardiovascolare, muscolo-scheletrica e neuro-geriatrica) con circa 35 specialità; la figura 6 illustra la distribuzione delle vendite in Italia per area terapeutica.

Figura 6

AREA CARDIOVASCOLARE 22% (ITL 48,4 mld.)

AREA MUSCOLO- SCHELETRICA 12% (ITL 26,4 mld.)

AREA

RESPIRATORIA 62% (ITL 136,4 mld.) AREA NEURO-

GERIATRICA 4% (ITL 8,8 mld.)

(14)

Figura 7

Grazie ai numerosissimi studi compiuti sul Beclometasone Dipropionato (BDP), il Gruppo entrerà presto nell’area dei prodotti gastrointestinali con il lancio dei clismi a base di BDP che, per la sua attività antiinfiammatoria, si è rivelato efficace anche nella cura delle coliti ulcerose. Questo è frutto dei notevoli investimenti sostenuti nella ricerca applicata del BDP, rivelatosi nel tempo un importante punto di forza per l’azienda, che ha sempre visto negli steroidi antiinfiammatori ad azione topica i prodotti principali del suo portafoglio.

L’attività di Ricerca e Sviluppo

Gli investimenti in R&S sono aumentati notevolmente nel corso degli ultimi cinque anni, raggiungendo nel 1997 i 42 miliardi di lire (pari al 10%

del fatturato) con 172 addetti concentrati presso la sede di Parma.

La figura 8 riporta l’andamento delle spese e degli investimenti in R&S.

La Ricerca (soprattutto applicata) riguarda principalmente i settori in cui il Gruppo è presente con il proprio portafoglio prodotti, ma anche quelli in cui ha intenzione di entrare (gastrointestinali e prodotti per diabetici).

Le figure 9-a, 9-b e 9-c riassumono i progetti in corso indicando anche lo stadio di sviluppo.

L’Azienda sta sviluppando anche nuove forme di somministrazione: ha

PRODOTTI IN LICENZA 34%

PRODOTTI R&D CHIESI 66%

(15)

brevettato un nuovo jet con la camera di espansione per l’aerosol dosato e un nuovo dispencer per l’inalazione di polveri. Nel corso del 1998, ha inoltre messo a punto una nuova tecnologia brevettata DREF per la produzione di compresse effervescenti, in grado di generare soluzioni limpide in tempi molto più brevi.

32,5 32,7 35,8 36,8

42,0

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0

Mld. di Lire

93 94 95 96 97

Figura 8

Figura 9-a (da fonti aziendali)

AREA

TERAPEUTICA

OBIETTIVO TERAPEUTICO

NOME PRODOTTO

FASE PRECLINICA/

TECNOLOGICA

FASE CLINICA

REGISTRAZIO- NE

MUSCULO- SCHELETRICA

Analgesia

Analgesia/

Antireumatico

Brexidol ®

Brexin® cpr.

Effervescenti DREF®

--- ---

--- ---

---X (USA) ---X

NUOVE TECNOLOGIE

Diabete CHF 1522 (glibencla- mide-

betaciclodestrina)

--- ---Fase II

Colite ulcerosa CHF 1514 (BDP cpr. gastroresistenti)

--- ----Fase III

Produzione cpr. Effer- vescenti con il sistema DREF®

---X

(16)

Figura 9-b (da fonti aziendali)

Figura 9-c (da fonti aziendali)

AREA

TERAPEUTICA

OBIETTIVO TERAPEUTICO

NOME PRODOTTO

FASE PRECLINICA/

TECNOLOGICA

FASE CLINICA

REGISTRAZIONE

SISTEMA NERVOSO CENTRALE

Epilessia CHF 3381 CHF 2993

Derivati acido valproico

---X ---X ---X

Morbo di Alzheimer

CHF 2819 (AChE- inibitore selettivo)

--- -Fase I

Morbo di Parkinson

CHF 1512 (LDME/carbidopa) CHF 1301 (LDME)

CHF 1526 (apomorfina)

---

--- ---

-Fase I

--- ---

----X ----X

AREA TERAPEUTICA

OBIETTIVO TERAPEUTICO

NOME PRODOTTO

FASE PRECLINICA/

TECNOLOGICA

FASE CLINICA

REGISTRAZIONE

CARDIO- VASCOLARE

Ipertensione CHF 1521 (dela- pril/manidipina)

--- -

---Fase II

Insufficienza Cardiaca Congestizia

CHF 1035 (DA2-αααα2 agonista)

--- -

---Fase III

RESPIRATORIA Asma Steroidi e broncodila- tatori (nuove formu- lazioni & packaging)

Clenil® Pulvinal® Butovent® Pulvinal®

---X

--- -

--- -

--- ---

---X (F, UK, I) ---X (F, UK, I)

Sindrome da Distress Respiratrio

Curosurf® --- -

--- ---X (USA)

(17)

L’attività commerciale del Gruppo

Operando principalmente nel mercato dei farmaci etici, è possibile solo un uso limitato delle tradizionali leve di marketing, ed è necessario sfruttare maggiormente la rete di vendita, che assorbe ben il 70,5% dei costi di marketing.

Il 20% di tali costi è invece dovuto al marketing interno e ai congressi (nazionali ed internazionali), mentre le altre leve non hanno un’incidenza significativa (vedi figura 10).

Figura 10

Come mostra la figura 5, l’apparato commerciale di CHIESI ITALIA assorbe quasi il 50% del personale, e la forza di vendita conta ben 415 addetti distribuiti su tre linee: 20 capi-area e 200 Informatori Scientifici del Farmaco (I.S.F.) sulla linea dei prodotti Chiesi, 15 capi-area e 160 I.S.F.

sulla linea dei prodotti Master Pharma, e 20 consulenti specialisti; una rete di vendita così numerosa spiega allora i costi sostenuti per mantenerla.

70,5%

10,9%

9,1%

9,5% Forza di

vendita Marketing interno Congressi

Altro

(18)

2: Modello di Gestione delle Scorte di Prodotti Finiti

Il modello di gestione delle scorte progettato è coerente con un sistema di programmazione della produzione di tipo “guardare avanti” e consente di misurare oggettivamente le prestazioni del gestore a prescindere dai diversi aspetti che, pur non essendo sotto il suo controllo, influenzano in modo spesso determinante il livello delle scorte.

Com’è noto, un sistema di programmazione con logica “guardare avanti”

consente di stabilire, a partire da un piano principale di produzione (M.P.S.) costruito sulla base delle previsioni di vendita e degli eventuali ordini acquisiti, i fabbisogni di semilavorati, materiali e materie prime necessari per la realizzazione di un determinato prodotto finito.

Il modello è applicabile nell’ipotesi che il M.P.S. venga costruito sulla base delle domanda prevista: il caso studiato, infatti, si riferisce a prodotti che l’Azienda distribuisce sul territorio nazionale1 e, quindi, gestiti esclusivamente in funzione delle previsioni di vendita.

Il primo passo da fare è stabilire a quale livello della distinta base sia necessario approntare una scorta: è evidente che più tale livello è alto (cioè lontano dal prodotto finito) e più il costo associato al mantenimento a scorta è basso a causa del minor valore aggiunto dell’oggetto in questione.

Si rende necessario, quindi, confrontare il tempo di attraversamento cumulato del prodotto finito (dall’istante in cui si ordinano le materie prime all’istante in cui il prodotto finito si rende disponibile per la vendita) con il livello di servizio richiesto dal cliente (o comunque fissato dall’Azienda) espresso come tempo di consegna (dall’istante in cui il cliente ordina il

1 Ben l’83% del fatturato ottenuto dalla commercializzazione dei prodotti realizzati in Italia (negli stabilimenti di Parma) deriva da tali prodotti ed è pari al 44% del fatturato del Gruppo.

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prodotto finito all’istante in cui questo viene consegnato).

Figura 11

La figura 11 illustra questo principio, ed evidenzia i due casi estremi:

quando il tempo di consegna desiderato eguaglia il 100% del tempo di attraversamento cumulato significa che il cliente accetta un’attesa pari a tale intervallo di tempo e quindi non si rende necessaria alcuna scorta di sicurezza a nessun livello della distinta base; se il tempo di consegna desiderato è pari allo 0% si rende necessaria una scorta di sicurezza al

Tempo di consegna (mesi) Tempo di attraversamento (mesi)

MP SL2 SL1 PF

1 2 3 4 5 6

1 2 3 4 5 6

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livello del prodotto finito, in quanto il cliente esige una consegna immediata. Nell’esempio in figura, un tempo di consegna di due mesi impone di tenere a scorta almeno il semilavorato di secondo livello, in quanto il tempo di attraversamento da tale livello al prodotto finito è proprio di due mesi.

Nella realtà dell’Azienda in questione, il tempo di consegna garantito è di 24/48 ore (secondo la distanza che separa il cliente-grossista dal deposito dei prodotti finiti), paragonato ad un tempo totale di attraversamento di diversi mesi; è evidente che tale tempo può essere rispettato solo disponendo di scorte di prodotto finito, in quanto, anche nel caso che si potesse confezionare in giornata uno sfuso di primo livello, non sarebbe possibile esaurire il controllo chimico e microbiologico sul prodotto finito ed effettuare il trasferimento ai depositi in un tempo così ridotto.

Il sistema di programmazione deve quindi consentire di produrre per il magazzino dei prodotti finiti, e il modello progettato deve razionalizzare la gestione di tali scorte.

Generalmente si possono individuare due componenti di scorte: quella tecnica e quella di sicurezza.

La prima è determinata dalla dimensione del lotto (o campagna, nel caso che ogni confezionamento interessi una quantità di pezzi diversa dal lotto o, comunque, un certo numero di lotti) di confezionamento, che è legato proporzionalmente alla frequenza dei confezionamenti: è intuitivo, infatti, che confezionare una certa frazione di un lotto consente di modificare nella stessa misura l’intervallo tra un confezionamento e quello successivo.

Tale dimensione rappresenta la quantità di riordino ottimale decisa in sede di pianificazione per bilanciare i costi complessivi di magazzino, di emissione degli ordini e di preparazione delle macchine.

La scorta tecnica è riducibile solo variando la dimensione del lotto e non sarebbe eliminabile nemmeno se la domanda fosse nota e costante e se non

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vi fossero mai imprevisti di altro tipo.

La scorta di sicurezza deve invece far fronte agli eventuali imprevisti, riducendo ad un minimo accettabile la probabilità di stockout e garantendo quindi la disponibilità del confezionato durante il tempo necessario per poter disporre di nuovo prodotto finito. Essa rappresenta quindi un livello di riordino: il sistema di programmazione deve richiedere la disponibilità di nuovo prodotto finito in quel momento dell’orizzonte di programmazione in cui si prevede che le scorte raggiungano tale livello di sicurezza, predisponendo una nuova campagna di confezionamento con un anticipo adeguato e definendo gli eventuali fabbisogni ai livelli inferiori della distinta base.

In altre parole, per ogni periodo dell’orizzonte di programmazione, si determinano dapprima il fabbisogno lordo sulla base del Piano Principale di Produzione e, successivamente, la disponibilità, calcolata sommando la giacenza iniziale di magazzino agli ordini aperti con scadenza precedente il periodo e sottraendo la scorta di sicurezza e le quantità già utilizzate per coprire fabbisogni precedenti: se tale disponibilità è inferiore al fabbisogno lordo, si origina un fabbisogno netto, che deve essere gestito predisponendo con il giusto anticipo una nuova campagna di confezionamento, la cui dimensione dovrebbe coincidere con la quantità di riordino ottimale.

E’ evidente che un fabbisogno netto a livello di prodotto finito può originare fabbisogni netti ai livelli inferiori della distinta base, che devono essere gestiti emettendo opportuni ordini di produzione o di acquisto con gli anticipi necessari.

La disponibilità di nuovo confezionato (pari alla scorta tecnica) riporta il livello di scorte al valore massimo: è quindi evidente che le scorte variano all’interno di un range centrato intorno ad un valore medio (vedi figura 12).

(22)

Figura 12

E’ necessario sottolineare fin d’ora che il livello di riordino non è fisso come nei sistemi di tipo “guardare indietro”, ma, coerentemente con un sistema di tipo “guardare avanti”, è espresso in unità temporali (giorni o mesi) di copertura e quindi varia in funzione dell’evoluzione della domanda.

La figura 12 mostra l’andamento dei tre livelli per un prodotto caratterizzato da una domanda fortemente stagionale: pur essendo costanti se espressi in mesi di vendita, i livelli tradotti in quantità sono più elevati nel periodo invernale, caratterizzato da una maggiore domanda, che in quello estivo, a conferma del fatto che si adeguano alle variazioni subite dalla domanda durante i mesi.

Lo scopo del modello è quello di definire nel modo più razionale possibile il livello minimo di sicurezza e, conseguentemente, quelli massimo e

I L i v e l l i d i s c o r t e o b i e t t i v o

0 1 0 0 . 0 0 0 2 0 0 . 0 0 0 3 0 0 . 0 0 0 4 0 0 . 0 0 0 5 0 0 . 0 0 0 6 0 0 . 0 0 0 7 0 0 . 0 0 0

gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

pezzi

l i v e l l o d i s i c u r e z z a = 1 , 4 m e s i l i v e l l o m a s s i m o = 2 , 3 m e s i l i v e l l o m e d i o = 1 , 9 m e s i

(23)

medio, fornendo nel contempo un indice di copertura obiettivo sulla base del quale valutare le prestazioni del gestore.

Innanzitutto è necessario monitorare e rilevare quei parametri che permettono di calcolare il valore del livello di sicurezza:

a) Variabilità della domanda b) Variabilità di confezionamento c) Frequenza di programmazione d) Orizzonte congelato

e) Frequenza di confezionamento f) Tempo medio di quarantena g) Lead time di trasferimento.

(24)

La Variabilità della Domanda

La variabilità della domanda è un valore statistico che esprime la differenza percentuale su orizzonte mensile tra le vendite reali e quelle previste.

La corretta stima degli errori di previsione delle vendite è di fondamentale importanza per il gestore delle scorte e per la valutazione delle sue prestazioni: in primo luogo, dato che il livello di sicurezza è determinato anche sulla base di tali errori, un elevato quantitativo di scorte può essere giustificato dalla necessità di cautelarsi dagli errori di previsione, probabili per definizione nella gestione commerciale di mercati non sempre conoscibili; in secondo luogo, se dovesse verificarsi un imprevisto di vendita di così grande portata da superare i limiti fissati dalla variabilità della domanda, il gestore delle scorte cercherebbe di limitare i danni (tentando di evitare la rottura di stock o di impedire una crescita smisurata delle scorte), ma non potrebbe essere ritenuto responsabile per un errore anomalo verificatosi in ambito commerciale.

La variabilità della domanda deve essere aggiornata indicativamente ogni anno ed è calcolata con la seguente formula:

VD = ∆∆∆∆ + kσσσσ,

dove

∆∆∆∆: valore medio degli scarti percentuali assoluti tra consuntivo e preventivo mensile degli ultimi 36 mesi;

σσσσ: deviazione standard degli scarti percentuali assoluti tra consuntivo e preventivo mensile nei 36 mesi considerati;

k: coefficiente di sicurezza legato al livello di servizio desiderato:

supponendo che gli scarti percentuali assoluti verificatisi nei mesi

(25)

degli ultimi tre anni siano distribuiti in modo normale intorno al loro valore medio, il livello di servizio è inteso come probabilità che si verifichino errori di previsione entro il limite fissato dalla variabilità della domanda stessa.

Questo equivale ad accettare una probabilità non nulla che si possano verificare errori di previsione oltre il suddetto limite.

L’Ufficio Commerciale ha evidentemente il compito di fissare un coefficiente di sicurezza in linea con la politica aziendale.

Figura 13

Distribuzione di probabilità degli errori di previsione della domanda per il Gamma

Sciroppo

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2

0% 10%

20% 30%

40% 50%

60% 70%

80% 90%

100% 110% errore percentuale assoluto

densità di probabilità

(26)

La Variabilità di confezionamento

La variabilità di confezionamento è un valore statistico che esprime la differenza media percentuale fra il confezionamento schedulato e quello reale.

In tutte le aziende dove la schedulazione di un programma di produzione non viene effettuata da chi ha definito il programma stesso, si può manifestare un’ulteriore differenza, quella tra il programmato e lo schedulato.

Normalmente, qualora non fosse possibile schedulare l’intero programma, questo tornerebbe al relativo responsabile, che dovrebbe apportare una modifica per consentire la schedulazione. In questo modo, quantità programmate e schedulate tornerebbero a coincidere prima di iniziare la lavorazione.

Assumendo questa ipotesi, rimane appunto solo la differenza tra quanto schedulato e quanto effettivamente realizzato, imputabile a diversi fattori, comunque tutti riconducibili a problemi sorti nell’ambito del reparto di produzione e confezionamento.

E’ evidente come sia possibile trascurare le differenze negative (cioè i casi in cui le quantità realizzate superano quelle schedulate) perché, ove fossero presenti, sarebbero dovute ad arrotondamenti, cioè al confezionamento di semilavorati residui, oppure ad anticipi tesi a saturare gli impianti.

Il dato in oggetto, da aggiornare anch’esso indicativamente ogni anno, è quindi pari al valore medio delle differenze percentuali positive tra quantità schedulate e confezionate mensilmente negli ultimi 36 mesi. In questo caso non è stata utilizzata la varianza per un semplice motivo: spesso le differenze in questione non sono dovute a reali problemi manifestatisi nel reparto operativo, ma ad interventi del responsabile della programmazione tesi a ritardare la disponibilità di nuovo prodotto finito.

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Il valore medio può allora rappresentare addirittura una sovrastima dei disguidi effettivamente verificatisi nel reparto operativo, ed è quindi già altamente significativo ai fini del modello.

Come la variabilità della domanda, anche quella di confezionamento contribuisce a definire il livello di sicurezza delle scorte, in modo tale che la valutazione delle prestazioni del gestore non dipendano da imprevisti nati nel reparto operativo.

Frequenza di programmazione

La frequenza di programmazione è la frequenza con la quale vengono rivisitati i piani di produzione, anche in funzione di eventuali revisioni delle previsioni di vendita.

E’ intuitivo che un’alta frequenza consenta una maggiore reattività, cioè una migliore capacità di adattamento e una più rapida risposta agli imprevisti. Proprio in sede di programmazione, infatti, tali imprevisti sono formalmente riconosciuti e resi noti ai diversi apparati aziendali.

Orizzonte congelato

L’orizzonte congelato è l’intervallo di tempo prima del quale non è possibile, di norma, modificare i piani di produzione e confezionamento, e non può ovviamente essere inferiore all’intervallo fra una programmazione e la successiva.

Esso è funzione del livello di flessibilità globale del sistema industriale e della Supply-Chain (limitatamente ai parametri che da essa dipendono).

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Frequenza di confezionamento

La frequenza di confezionamento è la frequenza media tra due lotti (o campagne) di confezionamento dello stesso prodotto finito.

Essendo legata alla dimensione del lotto (o della campagna) viene definita durante la fase di pianificazione successiva alla stesura del budget: sulla base dei volumi di vendita previsti e delle risorse a disposizione, infatti, si determina la dimensione ottimale del lotto (o della campagna) e, di conseguenza, la frequenza media di confezionamento. E’ importante sottolineare come questo parametro rappresenti, appunto, una grandezza media e come la frequenza reale dei confezionamenti possa essere maggiore o minore in occasione di picchi o cadute della domanda (come accade regolarmente per i prodotti con forte andamento stagionale).

E’ evidente che questo parametro deve essere corretto durante l’anno nell’eventualità che si registrino significativi cambiamenti delle previsioni di vendita rispetto ai valori indicati nel budget.

Al fine del calcolo del livello di sicurezza delle scorte, sarebbe forse più adatto individuare l’intervallo di tempo minimo necessario per riassortire il prodotto finito (qualora fosse già a disposizione il semilavorato di primo livello). In considerazione delle notevoli difficoltà che si incontrerebbero per determinare univocamente tale grandezza (dipendente infatti dalle situazioni contingenti di carico delle risorse), la frequenza di confezionamento ne rappresenta una misura probabilmente sovrastimata (e quindi cautelativa), ma immediatamente disponibile.

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Tempo medio di quarantena

Il tempo medio di quarantena è il tempo richiesto per l’eventuale controllo di qualità del prodotto finito.

E’ necessariamente una misura media in quanto la velocità di rilascio di una quantità di prodotto finito in attesa di approvazione dipende dalle disponibilità dell’Ufficio preposto, ovvero dal numero e dai diversi gradi di priorità dei lotti precedentemente in attesa: le risorse umane e le attrezzature in dotazione al Controllo di Qualità sono infatti limitate.

Lead time di trasferimento

Il lead time di trasferimento è l’intervallo di tempo massimo con cui si visitano e si riassortiscono i depositi di prodotto finito. Un lotto di prodotto disponibile nel magazzino centrale, infatti, deve raggiungere un deposito prima di poter essere venduto.

Più in generale, il livello minimo di sicurezza delle scorte deve tenere conto del fatto che un lotto di prodotto finito appena confezionato deve superare l’eventuale controllo di qualità ed essere trasferito ai depositi prima di poter essere commercializzato.

Dopo aver raccolto i dati relativi ai parametri precedenti, è necessario individuare quale orizzonte temporale è necessario coprire con le scorte di sicurezza, ovvero per quanto tempo è necessario cautelarsi da eventuali imprevisti (rappresentati dalla variabilità della domanda e da quella di

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confezionamento). A questo scopo è stato definito il lead time di confezionamento secondo la seguente formula:

lead time di confezionamento = frequenza di programmazione + max (orizzonte congelato, frequenza di confezionamento).

Esso è assunto come tempo massimo prima del quale non si ha la certezza di poter anticipare un confezionamento di prodotto finito, e quindi come tempo massimo di reazione agli imprevisti di mercato e di produzione che possono interessare un certo prodotto.

E’ necessario ora giustificare la validità della formula suddetta. La frequenza di programmazione fornisce una misura cautelativa del tempo richiesto per rilevare l’imprevisto: solo ad ogni data di programmazione, infatti, gli eventuali imprevisti vengono rilevati aziendalmente; nel caso che l’imprevisto si manifesti subito dopo una programmazione, quindi, esso sarà teoricamente rilevato solo alla programmazione successiva. Bisogna poi sommare l’orizzonte congelato in quanto è evidente che, se anche l’imprevisto è stato rilevato, in condizioni operative normali non è possibile intervenire sul programma di produzione all’interno di tale orizzonte. Tutte le attività che permettono di congelare un certo orizzonte, infatti, sono svolte dalle diverse funzioni aziendali tra una programmazione e la successiva e quindi, alla data di programmazione, un nuovo periodo sarà già di fatto congelato e in attesa del congelamento formale. Non è dunque consentito reagire ad un imprevisto rilevato in una data di programmazione intervenendo sul periodo che verrà congelato proprio in quella data.

La scelta di sommare alla frequenza di programmazione il valore massimo tra l’orizzonte congelato e la frequenza di confezionamento consente di dotarsi di un’ulteriore misura cautelativa: quando l’intervallo medio tra due confezionamenti è particolarmente lungo (maggiore dell’orizzonte congelato) può significare che le attività che si snodano lungo la catena del valore sono particolarmente lente e non c’è allora la garanzia di poter

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intervenire subito dopo l’orizzonte congelato; oppure, pur avendo a disposizione i materiali per il confezionamento e i semilavorati, esigenze di ottimizzazione in sede di schedulazione possono sconsigliare di inserire un confezionamento straordinario immediatamente dopo l’orizzonte congelato.

Per calcolare finalmente la scorta di sicurezza obiettivo, ovvero il fabbisogno, espresso in unità temporali, richiesto per cautelarsi dagli imprevisti che si possono manifestare durante il lead time di confezionamento, è necessario moltiplicare la variabilità della domanda e quella di confezionamento per il lead time di confezionamento stesso:

contributo 1 = variabilità della domanda × lead time confezionamento contributo 2 = variabilità di confezionamento × lead time confezionamento

A questi due contributi è infine necessario sommare il tempo medio di quarantena e il lead time di trasferimento: come già anticipato, la disponibilità di nuovo prodotto finito al termine del lead time di confezionamento, non significa che sia possibile un riassortimento immediato dei depositi; solo dopo il tempo richiesto per gli inevitabili controlli e dopo avervi trasferito il prodotto essi saranno effettivamente riassortiti. Bisogna quindi che i depositi siano dotati di una scorta aggiuntiva che copra i due periodi suddetti.

Si può dunque definire il livello minimo di sicurezza, ossia il livello di riordino variabile delle scorte di prodotto finito (espresso in giorni o mesi), come:

Scorta di Sicurezza = contributo 1 + contributo 2 + tempo medio di quarantena + lead time di trasferimento.

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A questo punto è possibile definire anche il livello massimo di scorte, aggiungendo al valore di sicurezza la scorta tecnica, ovvero la dimensione media di una campagna di confezionamento, che, espressa in una dimensione temporale, risulta pari alla frequenza di confezionamento:

Scorta Massima = Scorta di Sicurezza + Scorta Tecnica =

= Scorta di Sicurezza + frequenza di confezionamento.

Per definire un indice obiettivo della scorta media (sulla base del quale valutare le prestazioni del gestore) è necessario valutare il profilo delle vendite cumulate all’interno del mese: tutte le volte che esso può essere approssimato con un andamento lineare, è legittimo stimare il livello medio delle scorte con la media aritmetica dei valori minimo e massimo:

Scorta Media = (Scorta di Sicurezza + Scorta Massima)/2.

A questo punto sono doverose alcune osservazioni.

Il metodo di calcolo utilizzato per la variabilità della domanda presenta due peculiarità:

1) Il livello medio delle scorte di prodotti finiti è probabilmente sovrastimato, in quanto presuppone sia che gli errori dovuti a vendite maggiori del previsto bilancino mediamente quelli dovuti a vendite minori, sia che la capacità di reazione del gestore delle scorte sia identica nei due casi. Anche se la prima ipotesi fosse rispettata, la facilità con cui è possibile ritardare una produzione già programmata a causa di vendite inferiori alle previsioni (liberando così le risorse per recuperare eventuali crisi su altri prodotti) non è certo la stessa con cui, in caso di vendite superiori, è possibile anticiparne una ed evitare di attingere alle scorte di

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sicurezza. E’ quindi probabile che il gestore riesca a mantenere le scorte ad un livello medio più basso di quello preventivato.

2) Non è affatto detto che si verifichi il bilanciamento di cui al punto 1). Questo impatta in modo considerevole sul livello minimo di sicurezza (sovrastimandolo o sottostimandolo a seconda dei casi) e, di riflesso, anche sul livello medio.

Nel caso che gli errori percentuali assoluti più elevati siano dovuti a scarti negativi (vendite inferiori alle previsioni), il livello di sicurezza viene aumentato rispetto a quanto realmente necessario, ottenendo così una sovrastima.

Nel caso invece che gli errori percentuali assoluti più bassi siano dovuti a scarti negativi, il livello di sicurezza viene abbassato rispetto a quello realmente necessario, ottenendo una sottostima e, quindi, una situazione potenzialmente dannosa.

Queste considerazioni permettono di evidenziare come sia importante che l’Ufficio Commerciale riduca innanzitutto gli errori per difetto (previsioni inferiori alle vendite reali) e come una decisa e durevole riduzione delle scorte sia possibile solo riducendo congiuntamente sia la varianza sia il valore medio degli errori di previsione commessi dal Dipartimento Commerciale. A questo proposito sarebbe opportuno modificare l’attuale sistema di valutazione delle prestazioni dei Product Managers: esso dovrebbe essere orientato a premiare non solo gli incrementi di fatturato, ma anche la precisione delle previsioni di vendita, in quanto gli errori legati alle previsioni mettono in enormi difficoltà altri settori dell’Azienda perché tali previsioni sono l’input fondamentale sulla base del quale si sviluppano i piani industriali; inoltre, a parità di livello di servizio offerto e di flessibilità degli impianti (modificabile solo nel lungo periodo), previsioni poco accurate fanno crescere i costi connessi alle scorte di sicurezza.

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Un possibile miglioramento nella tecnica di misurazione della variabilità della domanda, che permette anche di eliminare le due particolarità precedentemente citate, consiste nel considerare separatamente gli scarti positivi e quelli negativi. Con questo metodo, la formula per il calcolo della variabilità è sempre

VDp = ∆∆∆∆p + kσσσσp, ma ∆∆∆∆p e σσσσp hanno significati diversi:

∆∆∆∆p: valore medio degli scarti percentuali positivi tra consuntivo e preventivo mensile degli ultimi 36 mesi;

σσσσp: deviazione standard degli scarti percentuali positivi tra consuntivo e preventivo mensile nei 36 mesi considerati.

In questo modo il livello minimo di sicurezza non è né sovrastimato né sottostimato, ma è quello strettamente necessario per garantirsi da eventuali rotture di stock con la probabilità fissata dal coefficiente di sicurezza k.

Rimane però il problema di un livello medio (e massimo) di scorte potenzialmente più alto di quello preventivato nel caso in cui gli scarti negativi siano mediamente più alti di quelli positivi. Anche se il gestore ha buone possibilità di riuscire a ritardare la disponibilità di nuovo prodotto finito se si registrassero vendite inferiori alle attese, non sarebbe corretto valutarne negativamente l’operato a causa di scorte elevate dovute a previsioni di vendita gonfiate.

A questo proposito è opportuno definire un indice di tolleranza, calcolato come:

It = VDn – VDp se VDn > VDp It = 0 se VDn <= VDp, dove:

VDn = ∆∆∆∆n + kσσσσn;

∆∆∆∆n: media dei valori assoluti degli scarti percentuali negativi tra

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consuntivo e preventivo mensile degli ultimi 36 mesi;

σσσσp: deviazione standard dei valori assoluti degli scarti percentuali negativi tra consuntivo e preventivo mensile nei 36 mesi considerati.

Questo indice può essere utilizzato per definire un livello medio di tolleranza delle scorte, in modo tale che la responsabilità di scorte medie superiori al livello medio normalmente preventivato (calcolando la variabilità della domanda considerando solo le differenze positive) e inferiori a quello medio di tolleranza non sia attribuita al gestore delle scorte:

Livello medio di tolleranza = livello medio + (indice di tolleranza ×××× lead time di confezionamento)/2.2

Il livello medio di tolleranza è quindi semplicemente pari a quello medio, aumentato di una quantità imputabile a quelle differenze negative tra consuntivo e previsione che possono fare aumentare le scorte in quanto non controbilanciate da differenze positive di uguale entità.

E’ opportuno mettere in rilievo come un plus del modello sia la capacità di svolgere, una volta entrato a regime, un’importante funzione di integrazione aziendale, in quanto utilizza parametri che sono sotto il diretto controllo di diverse Funzioni al fine di definire un unico obiettivo. Il gestore delle scorte, normalmente appartenente alla Logistica di Produzione, dovrà infatti interagire con la Divisione Commerciale, la

2 Livello medio di tolleranza = (Livello di sicurezza + Livello massimo + indice di tolleranza x lead time di confezionamento)/2 = = (Livello di sicurezza + Livello massimo)/2 + (indice di tolleranza x lead

time di confezionamento)/2 = = Livello medio + (indice di tolleranza x lead time di confezionamento)/2.

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Produzione, il Controllo di Qualità e la Logistica Distributiva e la Funzione Acquisti.

Il gestore delle scorte può inoltre utilizzare questo modello non solo per programmare i fabbisogni sulla base del livello di riordino variabile, ma anche per controllare le proprie prestazioni sulla base del livello medio, che funge da indice obiettivo di copertura media.

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3: L’applicazione del modello al caso aziendale

3.1: Considerazioni Generali

Per applicare ai prodotti dell’Azienda il modello teorico descritto nel capitolo precedente, si è individuato un campione di 18 items che potesse rappresentare l’intera gamma dei prodotti-Italia (circa 100 items) con riferimento ai seguenti criteri:

• Analisi ABC delle vendite e delle giacenze: dopo essere stati ordinati in ordine decrescente sia rispetto alle vendite in Italia che alle giacenze, i prodotti che rappresentano il 70% del totale sono stati considerati di classe A, quelli che rappresentano il 20% di classe B e i rimanenti di classe C. Non si sono trovati items di classe A per le vendite che non lo fossero anche per le giacenze.

Si è rilevato anche che fatturato e valore a giacenza sono distribuiti secondo una legge di Pareto.

• Tipologia di produzione: con linea dedicata o per reparto. E’

opportuno aggiungere che la produzione con linea dedicata riguarda un solo prodotto, che tuttavia rappresenta ben il 30% del fatturato fra i prodotti-Italia.

• Tipologia di prodotto: solidi, spray, liquidi iniettabili, liquidi monodose, sciroppi e liquidi polidose. I solidi comprendono i confetti, le compresse, le capsule, le bustine di granulato e le supposte; i jet si differenziano dagli spray solo per il device di somministrazione (applicato durante la fase di boccagliamento manuale immediatamente precedente il confezionamento); i liquidi monodose si differenziano dai polidose per il fatto che ogni flaconcino monodose deve essere somministrato interamente

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in un’unica soluzione.

Per motivi di riservatezza, sono stati cambiati i nomi dei prodotti e alcuni dati relativi ai costi.

D’accordo con la Direzione, è stato deciso di inserire all’interno del campione tutti i prodotti di classe A (13 items) più altri 5 di classe B e C. In questo modo, il modello costruito può fornire subito indicazioni significative, perché relative a prodotti con grande impatto sulle vendite e sulle giacenze aziendali.

Dal punto di vista della tipologia di prodotto, il campione è costituito da 10 solidi, 2 spray, 1 jet, 1 iniettabile, 2 monodose, 1 polidose e 1 sciroppo.

Per quanto riguarda il ciclo di lavorazione, esso prevede la realizzazione di due grandi macrofasi, che nel seguito saranno indicati come produzione e confezionamento.

La macrofase di produzione riceve in ingresso le materie prime (principi attivi ed eccipienti) e, dopo una serie di trasformazioni, fornisce in uscita il semilavorato di primo livello (sfuso); la macrofase “confezionamento”

provvede a confezionare lo sfuso utilizzando gli appositi materiali.

In funzione della tipologia di prodotto, la produzione può comprendere varie fasi e un numero diverso di semilavorati intermedi.

Per quanto riguarda i solidi, possono essere presenti fino a tre fasi, a ognuna delle quali corrisponde un semilavorato; ogni fase prevede una serie di operazioni che vengono svolte sequenzialmente.

La figura 14-a mostra come la produzione di Alfa sia costituita da una sola fase (con un solo livello di semilavorati) che prevede cinque operazioni sequenza. La foto 2 raffigura l’interno della macchina per l’operazione di confettatura.

Fra i 10 solidi dal campione, sette hanno un solo livello di semilavorati, due

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ne hanno due (il prodotto Omega e l’Epsilon compresse) ed il rimanente ne ha tre (l’Epsilon bustine).

Foto 2

La produzione degli spray e dei jet, invece, prevede sempre tre fasi (quindi tre livelli di semilavorati): solvatazione/micronizzazione, ripartizione e boccagliamento (vedi figura 14-b).

In particolare, l’ultima di esse è completamente manuale e consiste nel boccagliamento delle bombolette: è quindi particolarmente flessibile, in quanto non soggetta ai vincoli tipici delle altre fasi meccanizzate e automatizzate. Bisogna aggiungere che, in tale fase, confluisce spesso quella manodopera che risulta temporaneamente in esubero: la sua durata dipende quindi fortemente dal numero degli operatori ad essa assegnati.

La foto 3 raffigura l’impianto impiegato per la fase di ripartizione, mentre la foto 4 riprende un momento della fase di boccagliamento manuale.

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Foto 3 Foto 4

In Azienda è prassi consolidata realizzare una fase della produzione in un mese, la fase successiva in quello seguente, e così via fino al confezionamento finale: questo ritmo non tiene conto dei tempi realmente necessari e comporta ovviamente un inutile allungamento del tempo di attraversamento complessivo. Inoltre la prassi di confezionare in un’unica soluzione tutto lo sfuso realizzato il mese prima al fine di minimizzare i costi di attrezzaggio introduce notevoli elementi di rigidità, senza peraltro garantire l’ottimizzazione dei processi dal punto di vista dei costi totali.

Questi importanti aspetti saranno esaminati più in dettaglio successivamente.

Un discorso a parte meritano i prodotti in forma liquida (monodose, polidose, sciroppi e iniettabili): la loro produzione è costituita da una sola fase (la preparazione della soluzione/sospensione), mentre l’esigenza di confezionare nel più breve tempo possibile lo sfuso liquido richiede che il confezionamento segua la produzione senza tempi di attesa intermedi. Solo per gli iniettabili, che devono essere prodotti in condizioni di completa sterilità, l’unica fase della produzione è distanziata nel tempo dal confezionamento: lo sfuso costituito dalle fiale non ancora confezionate,

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infatti, deve rimanere circa venti giorni in quarantena per evidenziare eventuali sepsi.

Le foto 5 e 6 riprendono due momenti della produzione dello Iotaplus (fiale iniettabili) in condizioni di completa sterilità.

Foto 5 Foto 6

Foto 7

La macrofase di confezionamento non ha alcuna sottofase per nessuna tipologia di prodotto, è completamente automatizzata e costituita da diverse operazioni, che sono svolte dalle macchine disposte sequenzialmente lungo

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la linea. La figura 14-a mostra come il confezionamento di Alfa comprenda tre operazioni realizzate da tre macchine in linea: blisteratrice, astucciatrice e imballatrice.

La foto 7 raffigura l’operazione di blisteratura, mentre la foto 8 rappresenta il percorso sulla linea di confezionamento che porta le confezioni dall’astucciatrice all’imballatrice.

Foto 8

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Figura 14-a

eccipienti

p r o d u z i o n e

Principio attivo

Semilavorato livello 1 setacciatura

miscelazione essicazione

compressione

confettatura

blisteratura

astucciatura

imballaggio

C o n f e z i o n a m e n t o

Prodotto Finito Materiale di

confezionamento

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Figura 14-b

eccipienti

p r o d u z i o n e

Principio attivo

Semilavorato livello 1 micronizzazione

solvatazione

astucciatura

imballaggio

C o n f e z i o n a m e n t

Prodotto Finito o

Materiale di confezionamento

Semilavorato livello 3

ripartizione

Semilavorato livello 2

(sfuso)

boccagliamento

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Per quanto riguarda lo stoccaggio dei prodotti finiti, l’Azienda dispone di un magazzino centrale, per raccogliere i prodotti finiti dopo il confezionamento, e utilizza diversi depositi (attualmente sei, ma in via di riduzione), dislocati sull’intero territorio nazionale e gestiti da terzi depositari, che agiscono in nome e per conto altrui percependo una commissione sul fatturato intermediato.

Tali depositi sono interfacciati a valle con i clienti, prevalentemente grossisti (ai quali è diretto il 96,5% delle vendite), ma anche ospedali e case di cura; devono sempre essere abbastanza forniti da garantire ai grossisti una consegna entro 24/48 ore dal ricevimento dell’ordine

Attualmente, i piani di spedizione ai depositi sono formulati dal Servizio di Pianificazione e Programmazione della Produzione, in modo tale da assicurare ad ognuno di essi una copertura di 1,3 mesi per tutti gli articoli;

si è già discussa nell’Introduzione l’inadeguatezza di un indice di copertura unico per tutti gli articoli.

Nel corso di questo studio, si definiranno però degli indici di copertura globali, non differenziati in base ad ogni deposito, determinati perciò considerando la domanda nella sua globalità e i tempi di trasferimento necessari per il raggiungimento del deposito più lontano.

Tali indici dovrebbero poi essere applicati ad ogni deposito, nell’ipotesi di utilizzare il magazzino degli stabilimenti produttivi solo come “polmone”

di transito, conservandovi cioè la merce per il tempo necessario all’allestimento di un carico completo da spedire, e non per mantenervi stabilmente una parte delle scorte.

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I Prodotti del Campione

Sono stati scelti, come già detto, 18 prodotti finiti che possano rappresentare secondo i criteri suddetti i circa 90 items destinati al mercato italiano.

Segue una breve presentazione di tali prodotti:

Alfa: è prodotto in confezioni di 30 confetti da 600 mg ed appartiene alla classe A da entrambi i punti di vista. E’ un antiasmatico efficace anche nelle affezioni croniche, con domanda mensile molto variabile, ma senza regolarità stagionale.

Beta monodose: è un prodotto importantissimo per l’Azienda e viene commercializzato in confezioni da 10 flaconcini monodose da 2 ml.

Lanciato sul mercato alla fine del 1991, rappresenta oggi il 30% delle vendite e più del 20% del fatturato in Italia. E’ l’unico ad avere una linea dedicata che ne consenta la produzione e il confezionamento quotidiano durante tutto l’anno. Essendo un farmaco diretto contro l’asma ed impiegato anche per le affezioni delle alte vie respiratorie causate da influenza o da raffreddamento, le vendite hanno un andamento fortemente stagionale, con picchi elevati nei mesi autunnali ed invernali.

Gamma Inalante: Appartiene alla classe A sia riguardo alle vendite che alle giacenze ed è distribuito in flaconi polidose da 40 ml. Viene somministrato come coadiuvante nel trattamento delle bronchiti (appartiene alla categoria dei mucolitici) e presenta quindi anch’esso elevati picchi di vendita nei mesi freddi.

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Deltaminus: è preparato in confezioni di 30 capsule da 50 mg.

Utilizzato nei casi di insufficienza cardiaca, fa parte della classe A secondo entrambi i criteri.

Epsilon CPR: è un antiinfiammatorio e un antidolorofico distribuito in scatole di 20 compresse. Appartiene alla classe B sia rispetto alle vendite che alle giacenze.

Sigma 0,25 CPR: è un prodotto utilizzato nella terapia delle affezioni riguardanti l’apparato muscolo-scheletrico (appartiene alla categoria dei calcificanti). La versione commercializzata in confezioni di 30 compresse da 0,25 mg, appartiene alla classe B secondo le vendite e alla classe C secondo le giacenze.

Beta Spray: è distribuito in dispositivi spray da 15,5 gr.; appartenente anch’esso alla classe A, è adatto nelle forme più gravi di asma acuta e cronica e non è collegato all’alternanza delle stagioni.

BetaPlus Jet: è un prodotto usato contro le affezioni delle vie respiratorie medio-basse come broncodilatatore ed antiinfiammatorio, efficace anche nelle forme asmatiche acute. Il jet spacer è un device per la somministrazione che sostituisce il tradizionale spray, è molto innovativo sia per il design che per l’efficacia, in quanto gli effetti collaterali sono ridotti e le basse vie respiratorie meglio raggiungibili da parte del principio attivo. Appartiene alla classe C secondo le vendite e alla B secondo le giacenze.

Sigma 0,5 CPR: si differenzia dal precedente solo per la quantità confezionata (30 compresse da 0,5 mg) ed appartiene alla classe C

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secondo entrambi i criteri.

(Le due versioni di Sigma sono state inserite nel campione per valutare se una piccola differenza in termini di processo produttivo possa essere associata a differenze significative dei parametri che determinano l’indice di copertura obiettivo.)

Iotaplus: è un antiinfiammatorio e un antidolorifico delle articolazioni e viene commercializzato in confezioni di 6 fiale iniettabili da 2 ml;

appartiene alla classe C rispetto alle vendite, ma alla classe A secondo le giacenze.

Epsilon Bustine: ha le stesse indicazioni terapeutiche della forma distribuita in compresse, ma il processo produttivo è significativamente diverso. Appartiene alla classe A da entrambi i punti di vista.

BetaPlus Spray: è identico al prodotto dotato di jet per la somministrazione, anche se dotato del tradizionale spray per l’applicazione. Le differenze nel processo produttivo riguardano quindi solo l’ultima fase della produzione (quella manuale) e il confezionamento. Appartiene alla classe A sotto entrambi gli aspetti.

Tauplus: è un antiipertensivo distribuito in confezioni di 28 compresse da 30 mg ed appartiene alla classe A secondo entrambi i criteri.

Tetaplus: analogo al Tauplus dai punti di vista della tecnologia produttiva, del tipo di confezione e della classe di appartenenza, contiene però un principio attivo aggiuntivo e permette quindi un’azione ipotensiva più completa.

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